Collective bargaining, occupational welfare and productivity-related wage after the Jobs Act
Índice
Contrattazione collettiva, welfare aziendale e premi di produttivitá dopo il jobs act
Collective bargaining, occupational welfare and productivity-related wage after the Jobs Act
Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Dottoranda in Diritto del Lavoro
Fondazione Xxxxx Xxxxx, Università di Modena e Reggio Emilia xxxxxxxx.xxxxxxxx@xxxxxxx.xx
Riassunto: Dopo una breve analisi del sistema italiano di contrattazione collettiva e delle sue linee di tendenza evolutive, l’articolo esamina le ultime modifiche normative sulle retribuzioni di produttività e sul welfare aziendale e delinea le loro possibili ricadute sulla contrattazione collettiva.
Parole chiave: Contrattazione collettiva; Welfare aziendale; Retribuzione di produttività; Jobs Act; Legge di Bilancio.
Abstract: After a brief analysis of the Italian collective bargaining system and its evolutionary trends, the article examines the latest legislative amendments on productivity-related wage and on occupational welfare and deepens their possible impact on collective bargaining.
Key words: Collective Bargaining; Occupational Welfare; Productivity-related Wage; Jobs Act; General Budget Law.
Fecha de entrega: 18/10/2016 Fecha de aceptación: 07/01/2017.
Sommario: I. L’importanza del welfare aziendale.- II. Verso il decentramento della contrattazione collettiva.- III. Il nuovo impulso alla contrattazione collettiva decentrata: le leggi di bilancio.
I. L’importanza del welfare aziendale.
A fronte delle più recenti trasformazioni politiche ed economiche intervenute nel panorama italiano, può essere importante, a nostro parere, analizzare le potenzialità e le criticità che emergono dall’introduzione ed implementazione di misure di welfare aziendale da parte della contrattazione collettiva. Per farlo è utile dar conto delle modifiche legislative intervenute nell’ambito della contrattazione di secondo livello per opera, da ultimo, del Jobs Act.
Sul finire del secolo scorso si è assistito alla sperimentazione di strategie organizzative e manageriali diversificate. Al ricorso massiccio alla delocalizzazione ed alle strategie di ristrutturazione sul piano transazionale, è seguito un rallentamento di tali processi ed una parziale inversione di rotta, evidenziata dalle nuove tendenze di reshoring che si sono diffuse in Europa, anche in considerazione dei principi direttivi assunti a livello comunitario 1 . Ai tradizionali schemi fordisti si sono affiancate nuove tipologie organizzative, sotto l’algida dei nuovi vessilli dell’efficienza organizzativa, quali lean production, lean manufacturing, lean thinking. Al ripensamento degli organigrammi interni, ha corrisposto, su altro versante, la dematerializzazione dell’impresa, da intendersi non solo come finanziarizzazione del capitale, ma anche e soprattutto come ridefinizione e sfumatura dei suoi confini esterni. Come evidenziato dall’analisi xxxxxxxx0 sulla natura dell’impresa, teoria poi sviluppata dagli studi sulla contractual integration3, emerge sempre più chiaramente la presenza di strutture reticolari, modelli ibridi, alternativi all’impresa ed al
1 In tal senso le Comunicazioni della Commissione Europea “A stronger European Industry for Growth and Economic Recovery” ottobre 2012, “For a European Industrial Renaissance” gennaio 2014. È interessante osservare come lo stesso diritto di derivazione europea abbia incentivato, per altro verso, fenomeni di outsourcing. Si pensi ad esempio al concetto di impresa accolto nella sentenza della Corte di Giustizia Europea 6 marzo 2014 (C-418/12) relativa all’istituto del trasferimento di azienda. Ciò che emerge è una tendenza verso la smaterializzazione dell’impresa, nonché una rimodulazione delle tutele e degli interessi coinvolti nei processi di esternalizzazione, facilitando operazioni di outsourcing ed i programmi di reengineering reticolare. XXXXXXX, M.: “Trasformazioni della figura del datore di lavoro e flessibilizzazione delle regole del diritto”, in La figura del datore di lavoro articolazioni e trasformazioni. Atti del congresso nazionale di diritto del lavoro di Catania, Xxxxxxx, Milano, 2010, pp. 2 ss.; XXXXXX, C.: “La fattispecie: la nozione di azienda, di ramo d’azienda, e di trasferimento fra norme interne e norme comunitarie”, in QDLRI, 2004, pp. 52 ss.; XXXXXXX, A.: “Tecniche di tutela nei fenomeni di esternalizzazione”, in ADL, 2003, pp. 476 ss.
2 XXXXX, X.X.: “The Nature of the Firm”, in Economica, pp. 386 ss., 1937, trad. it. ,“La natura dell’impresa”, in Impresa, Mercato e diritto, Il Mulino, 1995, pp. 73 ss.
3 XXXXXXXXXX, X.X.: “The vertical integration of production: market failure considerations”, in American Review, 2, 1971. Riguardo alle ripercussioni sul diritto del lavoro: CORAZZA, L.: «Contractual integration» e rapporti lavoro, Cedam, 2004; DE XXXXXXX, V.: “Subfornitura, decentramento produttivo e lavoro a progetto: affinità delle tecniche di tutela e contrasto legislativo all’incompletezza contrattuale. Appunti per una ricerca”, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT, n. 106, 2010.
mercato, la cui convenienza si individua proprio alla luce delle caratteristiche dei contratti relazionali. La sperimentazione del modello reticolare ha dato luogo, attraverso una serie successiva di stratificazioni, a reti variamente caratterizzate. La rete, infatti, rappresenta una frontiera di particolare importanza per la realtà italiana, caratterizzata dalla presenza preponderante di micro e piccole imprese4 . Nell’attuale scenario di perdurante crisi, emergono gli esempi positivi di alcune imprese che, seppur piccole, riescono non solo a sopravvivere, ma anche a crescere grazie a prodotti innovativi, al legame con il territorio ed alla capacità di commercializzazione su mercati internazionali. Molte di queste realtà sono frutto delle strategie di imprenditori che fanno del Made in Italy una precisa scelta strategica.
Di assoluto interesse è lo studio di come (e se) il diritto del lavoro possa supportare e coadiuvare tali realtà nella loro “impresa impossibile”5. Se i fenomeni di decentramento produttivo hanno posto al centro del dibattito gli studi relativi agli istituti di utilizzazione ed acquisizione indiretta del lavoro6, quelli reticolari hanno (soprattutto in ragione delle recenti innovazioni intervenute per le imprese parti di contratti di rete) messo in discussione la natura unitaria del datore di lavoro7 e l’utilizzo condiviso dei lavoratori all’interno della rete8. In questo quadro è importante porre attenzione sulle misure e le strategie messe in atto dalle imprese che hanno deciso di spostare il “campo di battaglia” in altra sede, focalizzando i propri obiettivi in un’ottica rivolta al miglioramento ed all’ottimizzazione dell’ambiente interno all’impresa, invece che concentrare le proprie strategie in ottiche di risparmio, destinate a produrre una perdita di know how, di competenze preziose e di capitale umano. Si tratta di quelle realtà che hanno deciso di non delocalizzare o risparmiare sulla forza lavoro e che hanno invece puntato sulle risorse umane, sulla loro formazione e sull’environment in una prospettiva di lungo termine.
4 XXXXXXX, X.: “L’economia della conoscenza nel capitalismo delle reti, in Sinergie”, n. 76, 2008; CAFAGGI, F., XXXXXXXX, P., XXXXX, G.D.: Il contratto di rete per la crescita delle imprese, Xxxxxxx, 2012.
5 FORMIGLI, C.: Impresa impossibile, Mondadori, 2013.
6 Ex plurimis, senza pretesa di completezza: CARINCI, M. T.: Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro: somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d’azienda e di ramo. Diritto del lavoro e nuove forme di organizzazione dell’impresa, III ed., Xxxxxxxxxxxx, 2013; CESTER, C.: “La fattispecie: la nozione di azienda, di ramo d’azienda, e di trasferimento fra norme interne e norme comunitarie”, in QDLRI, 2004, pp. 27 ss.; XXXXXX, P.: “Lavoro e responsabilità solidale negli appalti: dalla legge Bersani alla Finanziaria 2007”, in XX, x. 0, 2007, pp 467 ss.; DE XXXX XXXXXX, R.: “La terziarizzazione intra moenia ovvero la fabbrica multisocietaria”, in DML, 2009, pp. 49 ss.
DE XXXX XXXXXX, R. (a cura di): I processi di esternalizzazione. Opportunità e vincoli giuridici, Edizioni Scientifiche Italiane, 2002, con i contributi di XXXXXXXXXX, X., XXXXXXXXXXX, S., XXXXXXX, L., DE XXXX XXXXXX, R., XXXXXX, S.; XXXXXXXX, M.: “Profili evolutivi dell’appalto di manodopera”, in DLRI, 1999, p. 411; XXXXXX, P.: “Le nuove forme del decentramento produttivo”, in RIDL, III, 1999, pp. 149 ss
7 Av. Vv.: La figura del datore di lavoro articolazioni e trasformazioni. Atti del congresso nazionale di diritto del lavoro di Catania, Xxxxxxx, 2010, con i contributi di: XXXXXX, C., XXXXXXX, M., XXXXXX, G., XXXXXXX, M.T., XXXXXX, C., DE MARINIS, N., XXXXXXXX, M., XXXXXXX, X., LA MACCHIA, C., XXXXXXXX, S., XXXXXXXXXX, F., XXXXXXX, G., XXXXXX, C., XXXXX, V., XXXXX, X., XXXXXXXXX, O., XXXXX, R., XXXXXXX, L.; XXXXXXXX,
V.: “Gruppi di imprese e codatorialità: introduzione a un dibattito”, in RGL, n. 1, 2013, pp. 3 ss.
8 XXXXX XXXXXX, X., XXXXX, M. (a cura di): Contratto di rete e diritto del lavoro, CEDAM, 2014; XXXXXXX, L.: “Reti di imprese e nozione di datore di lavoro”, in Scritti per la costituzione del dipartimento giuridico dell’Xxxxxxxxxx xxx Xxxxxx, Xxx, 0000, pp. 249 ss.; XXXXX, M.G.: “Distacco e codatorialità nelle reti di impresa”, in ADL, II, 2014, pp. 380 ss.
Clima aziendale, qualità dell’ambiente di lavoro e motivazione sono leve che influiscono fortemente non solo sulla produttività del lavoro, ma anche sulla capacità di resistere alle fasi critiche, garantendo all’impresa anche una certa quota di flessibilità aggiuntiva9. Si intende dunque analizzare due modelli alternativi, quello della retribuzione di produttività10 e quello del welfare aziendale, ossia quegli strumenti che, come emerge dalle ultime leggi di bilancio, il legislatore italiano ha scelto di valorizzare, contestualmente incentivando il ricorso alla contrattazione collettiva come luogo di progettazione, implementazione e sviluppo degli stessi.
II. Verso il decentramento della contrattazione collettiva.
La tendenza espressa dalle misure legislative degli ultimi anni ha visto crescere il favor dell’ordinamento verso il decentramento della contrattazione collettiva, preferenza concretizzatasi in una serie di misure poste a valorizzazione del livello aziendale di contrattazione. Il presupposto è rinvenibile nella teoria secondo la quale tale livello costituirebbe il luogo più adatto ad intercettare ed interpretare in modo efficace le esigenze e gli interessi delle parti, garantendo, conseguentemente, una maggiore flessibilità, velocità di adattamento e, in definitiva, competitività del sistema imprese. Il sotto testo, ravvisabile in trasparenza, rileva la convinzione di una maggiore idoneità della trattativa aziendale a raggiungere migliori equilibri tra tutela ed istanze dei lavoratori e le esigenze imprenditoriali.
La mancata attuazione dell’art. 39 della Costituzione, il “fronte dell’Isonzo”11 del sistema sindacale nostrano, ha fatto sì che in Italia il contratto collettivo, in coerenza con il principio di libertà sindacale12, operasse quale contratto di diritto comune, stipulato da associazioni sindacali come parti private e regolato dalle norme generali sui contratti di cui al Codice Civile. Uno dei principi cardine del sistema è costituito dall’inderogabilità13 in pejus della legge da parte del contratto collettivo nonché da parte del contratto individuale
9 TREU, T.: “Le istituzioni del lavoro nell’Europa della crisi,” relazione presentata al convegno AIDLASS La crisi economica e i fondamenti del diritto del lavoro, Bologna, 16 e 17 maggio 2013.
10 Sulle potenzialità di una «retribuzione di produttività» legata all'implementazione di misure di flessibilità interna ed allo sviluppo di forme partecipative: XXXXX M.: “Retribuzione di produttività, flessibilità e nuove prospettive partecipative”, in RIDL, 2, 2014, pp. 337 ss.. Sulle linee evolutive delle relazioni di lavoro, avuto riguardo al tema centrale della retribuzione di produttività e sulla relativa capacità di valorizzare la competenza e la motivazione: XXXXXXX, D., XXXXXXX, L.: “Il ruolo dei sistemi di risorse umane tra istanze di produttività e contrattazione collettiva”, in DRI, 3, 2009, pp. 703 ss.
11 XXXXXXX, X.: “Al capezzale del sistema contrattuale: il giudice, il sindacato, il legislatore”, WP C.S.D.L.E. Xxxxxxx X’Xxxxxx, It, 133, 2011, p. 77.
12 XXXXXXX, X.: “Teorie e cronache del diritto sindacale e autorità del punto di vista giuridico”, in ADL, 1, 2016, pp. 16 ss.
13 Per una recente disamina del principio e sulla sua attuale tenuta: XXXXXXX XXXXXXXXXX G.: “Autonomia privata individuale e collettiva e norma inderogabile”, in RIDL, 1, 2015, pp. 61 ss. Vedi inoltre: CESTER, C.: “La norma inderogabile: fondamento e problema nel diritto del lavoro”, in DLRI, 2008, pp. 341 ss.; VALLEBONA, A.: “L’efficacia derogatoria dei contratti aziendali o territoriali: si sgretola l'idolo dell'uniformità oppressiva”, in MGL, 2011, pp. 682 ss.
di lavoro 14 . Quanto alla gerarchizzazione tra livelli contrattuali, furono i sindacati confederali (già dal 1962) ad introdurre un’articolazione basata su più livelli, nazionale ed aziendale, ed a sancire per via negoziale l’inderogabilità del contratto di livello superiore ad opera di quello inferiore. Il rapporto tra i livelli di contrattazione è stato poi regolato da una serie di accordi interconfederali. I più recenti (2011 e 2013)15, seguiti ad un periodo di forti tensioni tra sindacati ed alla inesorabile caduta della loro rappresentatività, sono stati accorpati nel testo unico del 10 gennaio 201416. Con quest’ultimo le parti hanno stabilito che il contratto nazionale può individuare limiti e procedure secondo cui il contratto aziendale può derogare le clausole del contratto nazionale in senso peggiorativo e che, in assenza del CCNL, le modifiche in pejus possono essere stabilite a livello aziendale. In quest’ultimo caso, tuttavia, tali accordi devono essere stipulati d'intesa con le organizzazioni sindacali territoriali di categoria che siano espressione delle confederazioni firmatarie dell'accordo interconfederale. Lo spostamento del baricentro verso il livello aziendale ha subito un’importante accelerazione, a livello legislativo, con l’emanazione del Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” (conv. l. 14 settembre 2011, n. 148). Tale decreto ha introdotto una norma, l’art. 8, che è stata foriera di ampio dibattito dottrinale17 , il quale si è
14 Il fondamento dell’inderogabilità in peius delle clausole del contratto collettivo da parte delle clausole del contratto individuale è stato individuato dalla giurisprudenza nell’art. 2077 c.c. (nonostante quest’ultimo fosse stato posto a regolazione del rapporto tra contratto individuale e contratto corporativo, che, al contrario del contratto di diritto comune, era un atto normativo).
15 XXXXXXX, X.: “L’accordo interconfederale del 28 giugno 2011: armistizio o pace?”, in CSDLE, It, 125, 2011; XXXXXXXX, M.: “Regole certe su rappresentanze sindacali e contrattazione collettiva con l’Accordo interconfederale 28 giugno 2011”, in XX, 0000, 8, pp. 653 ss.; PERSIANI, M.: “Osservazioni estemporanee sull’accordo interconfederale del 2011”, in ADL, 2011, 3, pp. 451 ss.; XXXXXXXXX, F.: “Rappresentatività e contrattazione tra l'accordo di giugno e le discutibili ingerenze del legislatore”, in CSDLE, It, 127, 2011.
16 RICCI, M.: “L’accordo interconfederale 28 giugno 2011: un’inversione di tendenza nel sistema di relazioni industriali”, in ADL, 2012, pp. 43 ss.; XXXXXXXXX, F.: “Intervento”, in “Opinioni a confronto. L’accordo interconfederale del 28 giugno 2011”, in RGL, 2011, I, pp. 643 ss.; XXXX, P.: “L’accordo interconfederale 28 giugno 2011: verso una (nuova) autoricomposizione del sistema contrattuale”, in ADL, 2011, pp. 1221 ss.
17 Sulla contrattazione di prossimità vedi, senza pretesa di esaustività: DE XXXX, R.: “Crisi economica e relazioni industriali: prime osservazioni sull’art. 8 del d.l. 13 agosto 2011”, in ADL, 1, 2012, pp. 19 ss.; DEL PUNTA, R.: “Cronache da una transizione confusa (su art. 8, l. n. 000/0000, x xxxxxxxx)”, xx LD, 1, 2012, pp. 31 ss.; XXXXXXX, X.: “Il contratto collettivo dopo l’art. 8 del decreto legge n. 138/2011”, in ADL, 2011, pp. 305 ss.; XXXXXXX, A.: “L’art. 8 della legge n. 148/2011 nel sistema delle relazioni sindacali”, in ADL, 1, 2012, pp. 31 ss.; XXXXXXXXXX, X.: “Dopo l’accordo del 28 giugno 2011 (e l’art. 8 della l. n. 148): incertezze, contraddizioni, fragilità”, in LD, pp. 55 ss.; XXXXXXX, M.: “La contrattazione di prossimità nell’articolo 8 della manovra 2011: i primi passi della dottrina giuslavoristica”, in DRI, 1, 2012, pp. 41 ss.; XXXXXXXX, M.: “In difesa dei contratti di prossimità di competenza esclusiva dello Stato”, in LG, 2012, pp. 1166 ss.; PAPA, V.: “Verso l’autarchia contrattuale? L’efficacia erga omnes del contratto collettivo specifico (e separato) al tempo della prossimità”, in RIDL, 3, 2012, pp. 712 ss.; XXXXXXX, A.: “La contrattazione collettiva di prossimità: teoria, comparazione e prassi”, in RIDL, 4, 2013, pp. 918 ss.; XXXXX, R.: “Ancora sull’articolo 8 della seconda manovra estiva. Quali spazi per la contrattazione di prossimità?”, in DRI, 1, pp. 57 ss.; XXXXXXX XXXXXXXXXX, G.: “Accordo interconfederale 28 giugno 2011 e art. 8 d.l. 138/2011 conv. con modifiche L. 148/2011: molte divergenze e poche convergenze”, in ADL, 6, 2011, pp. 1224 ss.; XXXXXXXXX, F.: “Il contratto collettivo nell’art. 8 d. l. n. 138 del 2011: problemi e prospettive”, in Risistemare il diritto del lavoro, X. XXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Xxxxxx Xxxxxx, 2012; TAGLIENTE, T.: “Contrattazione di prossimità: clausole derogatorie, limiti ed opponibilità. Problematiche contributive”, in DRI, 2, 2015, pp. 342 ss.
sostanzialmente concentrato sulla legittimità ed opportunità di una norma che, introducendo i cosiddetti contratti di prossimità18, ha abbattuto una violenta picconata sul muro dell’inderogabilità in pejus della legge19, con tutte le conseguenze ed implicazioni in punto di tutela dei lavoratori, di tenuta del sistema contrattuale e di compatibilità con i principi costituzionali20 e sovranazionali21. L’effettiva applicazione della norma è difficile da valutare, ciò soprattutto in ragione di una certa reticenza delle parti sociali, stigmatizzata dall’efficacissimo motto secondo cui i contratti di prossimità in deroga “si fanno ma non si dicono”22. Tale norma è stata in parte superata per opera della riforma attuata con il Jobs Act, il quale ha delegato un’ampia serie di deleghe e competenze ai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali. Tutti e tre i livelli contrattuali, infatti, sono stati richiamati all’interno del decreto legislativo n. 81/2015 emanato, in attuazione della legge delega 10 dicembre 2014 n. 183, per la “disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni”. Ai sensi dell’art. 51 ogni rinvio alla contrattazione collettiva contenuto nel decreto è da intendersi riferito, salvo diversa previsione, ai “contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e (a)i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”. Come sarà di seguito illustrato, proprio a quest’ultima norma di rinvio generale fa riferimento anche la Legge di Stabilità 2016, che ne ha incentivato il ricorso, finalizzandolo all’applicazione del nuovo regime fiscale stabilito per i premi di produttività e per i piani di welfare aziendale.
18 Nonostante l’ampio dibattito intervenuto sul tema, evidenzia Xxxxx come sia passata piuttosto inosservata la possibilità di introdurre con il contratto di prossimità non meglio specificate “forme di partecipazione” dei lavoratori e come tale fatto costituisca “ulteriore conferma dell'idea, anche del legislatore ante Fornero, che fosse il contratto decentrato il terreno d’elezione per l’adozione sia di forme di partecipazione dei lavoratori, sia per sperimentazioni sul tema del salario di produttività”. XXXXX, M.: “Retribuzione di produttività, flessibilità e nuove prospettive partecipative”, in RIDL, 2, 2014, pp. 339.
19 Per un ridimensionamento della prorompenza innovativa della norma Xxxxx Xxxxxx, secondo il quale la tecnica l’art. 8 non fa che replicare una tecnica legislativa giù utilizzata in altri ambiti e che comporta la sostituzione del tradizionale meccanismo di inderogabilità con efficacia sostitutiva con un “meccanismo incentrato sulla norma semimperativa, derogabile cioè da altra fonte espressamente indicata dalla prima”. XXXXX XXXXXX
,G.: “Prima e dopo l’art. 8: ma cambia veramente qualcosa?”, in Quaderni Fondazione Xxxxx Xxxxx, Saggi, II, 2011, pp. 6.
20 D’altronde la Corte Costituzionale ha evidenziato la natura “chiaramente eccezionale” della disposizione (C. Cost. 4 ottobre 2012, n. 221).
21 Specificamente sui limiti costituzionali e sovranazionali: XXXXXXX, S.: “Contrattazione collettiva di prossimità e limiti costituzionali”, in ADL, 6, 2012, pp. 1219 ss.; XXXXXXX, S.: “Limiti di operatività̀ e profili di illegittimità costituzionale della contrattazione aziendale in deroga ex art.8 l. n. 148/2011”, in LG, 5, 2012, pp. 450 ss.; XXXXX, L.: “Limiti sovranazionali all’efficacia derogatoria della contrattazione collettiva di prossimità”, in LD, 1, 2014, pp. 124 ss.; XXXXXXXX, M.: “L’articolo 8 è contro la Costituzione”, in Eguaglianza & Libertà, rivista on-line, 2011.
22 XXXXXXX, X.: “A proposito dell’art. 8 della legge n. 148/2011: le deroghe si fanno, ma non si dicono”, in DLRI, 2, 2013, pp. 170 ss.; per un’analisi della contrattazione di prossimità vedi anche: XXXXXXX, A.: “Finalizzazione e oggetto degli accordi di prossimità”, in RGL, 2012, I, pp. 486 ss.; XXXXXX, A.: “Il grado di evoluzione della c.d. contrattazione di prossimità a partire dall’Osservatorio trentino su diritti sociali del lavoro”, in X. XXXXXXX e X. XXXXXXX (a cura di): Xxxxxxxx, dissenso e rappresentanza: le nuove relazioni sindacali, 2014, pp. 77 ss.
III. Il nuovo impulso alla contrattazione collettiva decentrata: le leggi di bilancio.
Un nuovo impulso quanto ai contenuti della contrattazione collettiva decentrata è stato determinato, negli ultimi due anni, dalla emanazione delle Leggi di Bilancio 2016 (l. 28 dicembre 0000, x. 000, X.X. x. 000 del 30 dicembre 2015) e 2017 (l. 11 dicembre 2016, n. 232, G.U. n. 297 del 21 dicembre 2016), le quali hanno modificato la normativa in materia di retribuzioni di produttività e di welfare. La rilevante entità di tali modifiche ha determinato certa dottrina ad evidenziare come in materia fiscale siano state attuate “profonde revisioni di alcuni principi di tassazione del reddito di lavoro dipendente”23. Ne risulta un regime di rinnovato favore fiscale nei confronti delle iniziative di welfare aziendale, che ha inciso o, perlomeno, ha tentato così di influenzare, i contenuti del dialogo tra le parti sociali, auspicabilmente favorendo un re indirizzamento delle relazioni industriali in una direzione di minor scontro e maggior collaborazione.
Le misure finanziarie degli ultimi due anni hanno evidenziato una virata nella tecnica legislativa fino a poco fa utilizzata. La reintroduzione della tassazione agevolata sugli emolumenti retributivi di ammontare variabile erogati ai dipendenti ha infatti inciso, determinandone l’eliminazione, sul preesistente sgravio contributivo24. Quest’ultimo era stato introdotto per la prima volta nel 2007 al fine di incentivare lo sviluppo della contrattazione di secondo livello. La legge n. 247 del 2007 aveva istituito un Fondo (650 milioni di euro per anno) per il finanziamento di uno sgravio contributivo su alcune voci di retribuzione di importo variabile. Si trattava, in particolare, delle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali delle quali fossero incerti la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura fosse correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità e altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati. L’attuazione dello sgravio era stata affidata all’emanazione di un apposito decreto interministeriale annuale e lo stanziamento annuale doveva essere autorizzato ogni anno con la Legge di Stabilità (necessità poi eliminata dalla c.d. Riforma Fornero con la l. n. 92/2012, che aveva reso lo sgravio strutturale25). È seguita, negli anni successivi, una progressiva riduzione
23 XXXXXXXXXX, X.: “Dalla legge di bilancio novità per welfare aziendale e produttività”, in CT, 45, 2016, p. 3475.
24 Sul precedente regime di sgravio e decontribuzione vedi: CAMPANELLA, P.: “Decentramento contrattuale e incentivi retributivi nel quadro delle politiche di sostegno alla produttività del lavoro”, in PRISMA, Economia Società Lavoro, n. 1, 2013.
25 Con la l. n. 92/2012 si era data attuazione al “Patto per la produttività”, siglato il 21 novembre 2012, il quale riportava: “Le Parti firmatarie del presente documento considerano la contrattazione collettiva uno strumento utile per perseguire xx xxxxxxxx xxxxx xxxxxxxxxxxx x xxxxx xxxxxxxxxxxxx xx Xxxxxx. Attraverso la contrattazione collettiva è, infatti, possibile definire modalità e strumenti per perseguire e raggiungere obiettivi di miglioramento della produttività contemperando le ragioni delle imprese e delle persone che vi lavorano (...). Le Parti, pertanto, chiedono al Governo e al Parlamento di rendere stabili e certe le misure previste dalle disposizioni di legge per applicare, sui redditi da lavoro dipendente fino a 40 mila euro lordi annui, la detassazione del salario di produttività attraverso la determinazione di un’imposta, sostitutiva del’IRPEF e delle addizionali, al 10%. Le Parti, con riferimento alla decontribuzione del salario di produttività, chiedono che venga data compiuta applicazione ai contenuti della legge numero 247 del 2007 che prevede lo sgravio contributivo per incentivare la contrattazione collettiva di secondo livello fino al limite del 5% della retribuzione contrattuale percepita ” (firmato da Xxx, Ania, Confindustria, Lega
degli stanziamenti finanziari, ciò fino alla Legge di Stabilità 2016. Per l’attuazione delle misure da quest’ultima introdotte in materia di premi di produttività e di welfare aziendale, infatti, era stata stimata una perdita di gettito annuale pari a circa 525 milioni di euro. Il legislatore ha deciso di far fronte a tale onere tramite la progressiva riduzione dello stanziamento di cui alla l. 247 del 2007, ossia il Fondo per la decontribuzione. Ciò ha determinato il venir meno, già dal 2015, del suddetto beneficio contributivo. Vista la nota composizione del tessuto imprenditoriale italiano, il regime di decontribuzione era stato sfruttato soprattutto in realtà di una certa dimensione, già coperte da contrattazione collettiva e rispetto alle quali, dunque, l’introduzione dello sgravio non aveva effettivamente svolto un ruolo di stimolo all’introduzione di una nuova stagione di accordi di secondo livello. Si era d’altronde posto il problema delle realtà aziendali di dimensioni più ridotte nelle quali, in un’ampia percentuale di casi, non erano e (spesso ancora non sono) presenti rappresentanze sindacali. La questione ha determinato le parti sociali a ricercare nuove soluzioni e scenari, determinando l’emergere di alcuni interessanti contributi da parte della contrattazione territoriale. Si pensi, tra le esperienze pilota, a quella verificatasi nella provincia di Treviso. Si fa riferimento all’intesa tra Unindustria Treviso e Cgil – Cisl – Uil con cui le parti, già nel 2012, avevano predisposto, in attuazione del “Patto per lo sviluppo” 7.02.2011, una serie di intese, differenziate per categoria merceologica ed adottabili su via volontaria nelle aziende prive di sindacati. Sulla base di tali accordi le imprese hanno avuto la possibilità di introdurre piani di retribuzione variabile, idonei a usufruire del beneficio contributivo, semplicemente aderendo all’accordo quadro ed individuando i parametri di produttività, redditività e qualità cui legare la determinazione e corresponsione dei premi tra quelli predisposti a livello territoriale.
La Legge di Bilancio 2016 ha determinato il venir meno della decontribuzione sui premi di risultato. L’obiettivo rimane quello di favorire intese che introducano in azienda premi di produttività e piani di welfare aziendale, ma l’intervento si segnala, come si accennava, per una virata nella tecnica di incentivo, ora condotta sul campo del c.d. cuneo fiscale. La
l. 28 dicembre 2015 n. 208 ha reintrodotto26 la detassazione per la produttività aziendale ed incentivato la sostituzione di componenti variabili di retribuzione con misure di welfare (il c.d. Welfare di produttività) 27 . In particolare, quanto ai cc.dd. premi di
Cooperative, Rete Imprese Italia, Cisl, Uil e Ugl). Per il relativo commento: FADDA, S.: “Commento all’accordo sulla produttività”, in Nota ISRIL, 4, 2013; XXXXXXXXX, G.: “Un patto per la produttività programmata, subito”, xxx.xxxxxxxxx.xx – ottobre 2012.
26 Il termine utilizzato si riferisce al fatto che già dal 2008 era stata introdotta, in via sperimentale, la detassazione dei premi di risultato. L’incentivo era stato poi prorogato, con varie modifiche relative alle condizioni di accesso al beneficio ed ai termini di fruizione dello stesso, per i successivi periodi d’imposta. La proroga si è perpetuata sino al 2014, venendo poi a cadere per il 2015 a causa di una carenza di risorse finanziarie. Sull’argomento: XXXXXXX, F.: “Retribuzioni variabili e incentivi fiscali tra segnali di cambiamento e indicazioni contraddittorie”, in Corr. Trib., n. 31, 2008, pp. 2487 ss.; XXXXXX, A.: “Tassazione agevolata del salario di produttività: modifiche e questioni interpretative”, in Corr. Trib, 1, 2011, pp. 40 ss; XXXXXX, S.: “Imposta sostitutiva sulla retribuzione di produttività: le regole per il 2013”, in Il fisco, 9, 2013, pp. 2929 ss; TEA, A.: “Restyling della detassazione dei premi di produttività: D.P.C.M. 22 gennaio 2013”, in Il fisco, n. 10, 2013, pp. 1 ss.
27 Art. 1, comma 184, l. 28 dicembre 2015 n. 208. Il Decreto attuativo è stato emanato il 25 marzo 2016 ed il commento dell’Agenzia delle entrate è rinvenibile nella circolare n. 28/E/2016.
produttività, l’art. 1, comma 182, di tale legge disponeva: “salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili (…), nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa”28. Quanto al secondo aspetto, inerente ai piani di welfare aziendale, sono state attutate una serie di rilevanti modifiche al Tuir. La più rilevante, a nostro parere, è la previsione secondo la quale gli stessi emolumenti di importo variabile non sono soggetti a imposizione né ordinaria né sostitutiva, nei casi in cui siano convertiti, su scelta del lavoratore, nella fruizione di somme, beni e servizi di cui all’art. 51, commi 2 e 3, ultimo periodo Tuir. La previsione è interessante in quanto fa emergere un’ulteriore preferenza del legislatore tra i due principali elementi incentivati con la manovra. Lo stesso art. 51 è stato modificato, in un’ottica di razionalizzazione e semplificazione, con l’aggiornamento di somme, servizi e prestazioni non concorrenti alla formazione del reddito di lavoro dipendente29. Infine si è prevista30la non imponibilità delle opere e dei servizi di utilità sociale dal datore di lavoro erogati alla generalità o categorie di dipendenti e ai loro familiari, volontariamente o contrattualmente, per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria o di culto31. Ciò che è cambiato, rispetto alla previgente disciplina, è stata l’eliminazione del requisito della volontarietà32 dell’erogazione il che ha consentito la contrattazione di tali corresponsioni nell’ambito di accordi sindacali, ulteriormente incentivandone l’adozione. È stato poi precisato, nella manovra fiscale 2017, che i suddetti opere e servizi non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente ove riconosciuti non solo a livello aziendale, ma anche in conformità a disposizioni di contratto collettivo nazionale del lavoro, di accordo interconfederale e di contratto collettivo territoriale (art. 1, comma 162).
In seguito, la Legge di Bilancio 2017 ha per un verso innalzato i limiti di accesso al beneficio fiscale ed il suo ammontare33, dall’altro, ha apportato alcune ulteriori modifiche all’art. 51 del Tuir ad incremento della sfera di operatività del welfare. L’innalzamento del tetto reddituale massimo previsto per l’accesso alla tassazione agevolata avrà come effetto l’ampliamento della platea di destinatati del beneficio, all’interno del quale potranno essere ricompresi, a seconda del reddito effettivamente percepito, anche quadri e dirigenti. La manovra finanziaria ha poi introdotto nuove ipotesi di non concorrenza alla formazione
28 L’agevolazione è riservata ai lavoratori dipendenti (a tempo determinato, a tempo indeterminato e in somministrazione) del settore privato.
29 La norma ha in tal senso modificato il comma 2, lett. f bis) dell’art. 51 Tuir.
30 La norma ha in tal senso modificato il comma 2, lett. f dell’art. 51 Tuir.
31 Di cui all’art. 100 Tuir.
32 Non concorrevano alla formazione del reddito le “spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto” (art. 100, comma 1, del Tuir).
33 L’art. 1, comma 160, della Legge di Bilancio 2017 ha: innalzato da 50.000 a 80.000 euro il tetto massimo di reddito di lavoro dipendente che consente l’accesso alla tassazione agevolata; innalzato l’importo dei premi erogabili da 2.000 a 3.000 euro, nella generalità dei casi, da 2.500 a 4.000 per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
del reddito di lavoro dipendente 34 e ha ulteriormente incentivato la possibilità di scambiare il compenso variabile con beni e servizi in esenzione (totale o parziale) fiscale e contributiva. È importante notare come, ad una scelta di questo tipo, sia stato ricollegato un vantaggio che supera persino alcuni limiti quantitativi intrinseci al sistema, quali quelli vigenti in materia di previdenza complementare, di contribuzione sanitaria nonché in materia di azionariato dei dipendenti35.
Va poi evidenziato che, a differenza di una precedente versione provvisoria, dalla Legge di bilancio 2017, è stata espunta la previsione che avrebbe reintrodotto l’esenzione per “i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente”. Non è nota la ragione del mancato inserimento, ma potrebbe essere colto quale ulteriore segnale della volontà legislativa di affidare alle rappresentanze sindacali il compito di mediare tra i rilevanti interessi che operano in tale ambito36. Come visto, la legge di stabilità 2017 è intervenuta a modifica ed integrazione della manovra fiscale precedente37. Per tale ragione devono intendersi ancora validi e vigenti le condizioni ed i limiti fissati dalla Legge di stabilità 2016. Come in precedenza, dunque, le somme oggetto di agevolazione devono essere erogate in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’art. 51 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 8138. La normativa sulla detassazione continua a prevedere la necessità
34 Ad esempio i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie (tramite l’aggiunta della lettera f-quater al comma 2 dell’art. 51 del Tuir).
35 Ai sensi dell’art. 1, comma 160, l. 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di Bilancio 2017), all'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Bilancio 2016) è aggiunto il comma 184 bis, che dispone: “Ai fini dell’applicazione del comma 184, non concorrono a
formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all'imposta sostitutiva (…):
a) i contributi alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, versati, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati all'articolo 8, commi 4 e 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005. Tali contributi non concorrono a formare la parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari ai fini dell'applicazione delle previsioni di cui all'articolo 11, comma 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005;
b) i contributi di assistenza sanitaria di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, versati per scelta del lavoratore in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati nel medesimo articolo 51, comma 2, lettera a);
c) il valore delle azioni di cui all'articolo 51, comma 2, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ricevute, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedente il limite indicato nel medesimo articolo 51, comma 2, lettera g), e indipendentemente dalle condizioni dallo stesso stabilite; (…)”
36 Sul tema vedi: SENATORI, I.: “Il ruolo della contrattazione collettiva nella promozione del welfare aziendale”, in Quaderni Fondazione Xxxxx Xxxxx, Saggi, 2, 2012. In prospettiva transnazionale: SENATORI, I.: “Occupational Welfare Arrangements Negotiated at the Transnational Level. A Laboratory for European Social Dialogue?”, in European Labour Law Journal, 3, 2015, pp. 215 ss.
37 La l. 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di Bilancio 2017) ha modificato l’art. 1, commi 182 e 184 della
legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Bilancio 2016).
38 L’art. 1, co. 187, l. 208/2015 stabilisce che “ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 182 a 191, le somme e i valori di cui ai commi 182 e 184 devono essere erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”. Salvo quanto
di depositare gli accordi sui quali si basa la corresponsione dei premi. È interessante porre attenzione ai dati resi noti dal Ministero del Lavoro il 15 dicembre 201639 e che emergono appunto dall’analisi dei contratti collettivi sino a tal data depositati. I contratti aziendali e territoriali depositati, redatti secondo l’art. 5 del D.M. 25 marzo 2016, sono stati 17.318 (a fronte dei 15.078 risultanti al 15 settembre) di cui 13.580 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 10.091 di redditività, 7.781 di qualità e 3.445 prevedono misure di Welfare Aziendale (a fronte dei 2.626 precedenti). Il numero rimane molto basso ove si considerino gli accordi che prevedano piani di partecipazione40 (1.839).
Quanto alla diffusione di tali contratti, si segnala che il 14 luglio 2016 è stato perfezionato un accordo interconfederale tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria che prevede uno schema di accordo quadro territoriale relativo ai premi di produttività. Le parti firmatarie hanno evidenziato che “tenendo conto del suo carattere cedevole rispetto ad eventuali e specifiche intese aziendali o pluriaziendali” e nel “confermare il modello e la funzione dei due livelli di contrattazione, così come esplicitato nel Testo unico della rappresentanza del 10 gennaio 2014” tale accordo quadro costituisce un “modello utile per l’attuazione delle finalità perseguite dalla legislazione in materia di incremento della produttività del lavoro e, pertanto, per il conseguimento dei relativi benefici per i lavoratori”. L’accordo permette anche alle imprese associate a Confindustria o che conferiscano “espresso mandato alle associazioni aderenti al sistema di rappresentanza di Confindustria” di accedere al beneficio fiscale anche in assenza di RSU o RSA, tramite l’adesione e l’applicazione dell’accordo quadro. Questo accordo quadro costituirà certamente uno stimolo per un ulteriore aumento della contrattazione decentrata dedicata all’introduzione di premi di produttività. Tuttavia, si ritiene che i maggiori cambiamenti potrebbero aversi nell’ambito del welfare aziendale, rispetto al quale, oltre al regime fiscale agevolato, restano anche interessanti vantaggi contributivi.
Ci si chiede se l’accento posto sull’introduzione di questo tipo di piani avrà un impatto tale da influenzare non solo i contenuti degli accordi, ma anche un diverso modo di confrontarsi e di vivere le relazioni sindacali. Le prefigurazioni di una nuova cultura della partecipazione e di una rinnovata ed armoniosa collaborazione tra le parti sociali cui così spesso si è sentito inneggiare, continuano a rappresentare un orizzonte dal profilo incerto e, forse, ancora un poco utopico. Tuttavia, la strada prescelta al fine di favorire i piani di welfare aziendale, potrebbe essere quella giusta. La natura degli interessi in gioco, posti ora dal legislatore sullo scacchiere della negoziazione, sarà sempre più ampia e coinvolgerà l’adozione di schemi assistenziali o di prestazioni finalizzate al benessere del lavoratore e
previsto dal sopra menzionato art. 1, comma 162, l. 232/2016.
39 Comunicazione del Ministero del Lavoro.
40 Sul dibattuto futuro della partecipazione dei lavoratori nel sistema italiano vedi, tra molti: XXXXX, M.: Il nodo della Partecipazione dei lavoratori in Italia. Evoluzioni e prospettive nel confronto con il modello tedesco ed europeo, Egea, 2013; XXXXX, M.: “On uses and misuses of worker participation. Different forms for different goals of employee involvement”, in International Journal of Comparative Labour Law & Industrial Relations, 2014, 30, 4, 459 ss.; SENATORI, I.: “La partecipazione dei lavoratori in Italia tra realtà e utopia”, in Quaderni della Fondazione Xxxxx Xxxxx, sezione Saggi, 7, 2013; Aa.Vv.: Xxxxxx e impresa: la partecipazione dei lavoratori e le sue forme nel diritto italiano e comparato, Atti del convegno organizzato dal Centro Studi in Diritto del Lavoro X. XXXXXX e X. XXXXXXX, in collaborazione con l’Associazione di Diritto Pubblico Comparato Ed Europeo, Università degli studi di Bologna, 18 giugno 2014, Giappichelli, 2015.
del suo nucleo familiare. Certo, realisticamente meditando, abbiamo consapevolezza del fatto che l’input resta uno stimolo di tipo economico, ma non è così improbabile che la diffusione di questo tipo di schemi favorisca, se ben gestito, un dialogo di stoffa diversa, più spessa, foriera di rinnovate responsabilizzazioni e, soprattutto, di reciproche soddisfazioni e che queste ultime non siano più ambientate in mondi iperuranici, ma nella concretezza della prassi.
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