DOTTORATO DI RICERCA IN
Alma Mater Studiorum-Università di Bologna
DOTTORATO DI RICERCA IN
“Stato, Persona e Servizi nell’Ordinamento Europeo Internazionale”
Ciclo XXVI
Settore Concorsuale di afferenza: 12/A1 - DIRITTO PRIVATO Settore Scitifico disciplinare: IUS/01 - DIRITTO PRIVATO
“Natura giuridica del contratto di mediazione”
Presentata dal: Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx
Coordinatore Dottorato Relatore
Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxx Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxx
Esame finale anno 2013
ÍNDICE
INTRODUZIONE 7
1. PUNTO DE PARTIDA 14
1.1. Terminología 14
1.2. El concepto esencial de la mediación 17
1.3. Apuntes históricos y antecedentes normativos de la mediación 19
1.4. Regulación actual de la mediación 25
1.4.1. España 25
1.4.2. Italia 33
2. RELACIÓN DE HECHO O NEGOCIO JURÍDICO 42
2.1. Complejidad fáctica del hecho mediador 45
2.2. Causa eficiente 48
2.3. Interés jurídico tutelado 52
2.4. Complejidad obligacional 57
2.5. Compatibilidad del hecho y el negocio sobre mismo objeto 60
2.6. Cuasicontrato, o no 65
2.6.1. Xxxxxxx xx xxxxxxxx xxxxxx 00
2.6.2. Enriquecimiento injusto 69
2.7. Derecho contractual europeo 72
2.7.1. Actos jurídicos 73
2.7.2. Causa 74
2.7.3. Xxxxxxx xx xxxxxxxx 00
2.7.4. Enriquecimiento injusto 79
3. DEL NEGOCIO UNILATERAL AL CONTRATO SINALAGMÁTICO 81
3.1. Origen, posiciones y razones 81
3.1.1. Obligaciones accesorias 83
3.1.2. Condicionalidad 86
3.1.3. Onerosidad 88
3.2. La relación bilateralmente obligatoria como categoría 90
3.3. Análisis económico del contrato sinalagmático como indicio de idoneidad 93
3.4. Promesa unilateral y precontrato como alternativas de unilateralidad 100
3.4.1. Promesa unilateral 100
3.4.2. Precontrato 101
3.5. Derecho contractual europeo 104
4. CARACTERÍSTICAS DEL CONTRATO DE MEDIACIÓN 109
4.1. Tipicidad nominal 109
4.2. Contrato principal y autónomo 115
4.3. Contrato consensual 119
4.4. Contrato oneroso 122
4.5. Contrato de duración indeterminada 128
4.6. Contrato de confianza 132
4.7. Imparcialidad del mediador 143
4.8. Contrato común o mercantil 149
4.8.1. Clasificación dogmática 151
4.8.2. Efectos de la eventual mercantilidad 155
5. El RIESGO “ALEATORIO” DE LA MEDIACIÓN 160
5.1. Consideraciones generales sobre los contratos aleatorios 161
5.2. Características de los contratos aleatorios 164
5.3. Efectos de los contratos aleatorios 170
5.4. Proyección sobre la mediación 172
6. OBLIGACIÓN DE MEDIOS O RESULTADO 180
6.1. Concreción del riesgo relevante y neutralizable por la obligación de resultado 181
6.2. Concreción del contenido de la obligación a “resultar”: deber, posibilidad y
responsabilidad 183
6.3. Aplicación a la mediación 197
6.3.1. Efectos 197
6.3.2. Estado actual de la cuestión, algún origen pretérito, y futura necesidad de cambio 202
6.3.3. Problemas específicos y soluciones “exclusivas” 211
6.4. Derecho contractual europeo 220
7. ANÁLISIS ECONÓMICO DEL XXXXXXX XX XXXXXX 000
7.1. Reparto eficiente del riesgo 230
7.2. Costes y xxxxxxx xx xx xxxxxxxxx x xxxxxxxxxxx xx xxx xxxxxxx 000
7.2.1. El riesgo secundario 234
7.2.2. Volviendo al riesgo primario 239
7.3. Conclusiones: Estímulos específicos frente al riesgo. Una vez más: reparto.242
8. ESENCIALIDAD DEL RIESGO EN LA MEDIACIÓN. ALTERNATIVAS PARA SU TRATAMIENTO 247
8.1. La especialidad del riesgo en la mediación como razón, y razón de la especialidad 247
8.2. Alternativas a la alteración de la naturaleza prestacional xx xx xxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx 000
0.0.0. Xxxxxxxx xxx xxxxxx y garantía 252
8.2.2. Cumplimiento diligente de los resultado por la naturaleza de la prestación 255
8.2.3. Reducción económica a través de pacto remunerativo 257
9. LA MEDIACIÓN COMO UN “XXXXXXXX XX XXXXXXXXX” 000
0.0. Xx xxxxxxxx xx xxxxxxxxx xxxx categoría general 266
9.2. Efectos 277
9.3. Derecho europeo para el contrato de servicios 283
9.4. Distinción de otras figuras o categorías contractuales afines 290
10. CONCLUSIONI 296
BIBLIOGRAFÍA 302
INTRODUZIONE
Che la mediazione sia attualmente rilegata a un secondo piano appare evidente quando, nell’introdurre il tema, persino in un ambiente tecnico, la prima questione da affrontare consiste nello specificare che non si tratta di una forma di risoluzione extragiudiziale delle controversie, bensì di una figura contrattuale. Si potrebbe pensare ad una mera ipotesi di omonimia, ciononostante non si tratta di un caso isolato, quanto piuttosto di un ulteriore indizio di una preterizione prolungata, e in molti casi involontaria, del contratto di mediazione.
Ciò non dovrebbe supporre un problema: non tutti i contratti sono uguali, né se ne fa il medesimo uso, né tantomeno richiedono la stessa attenzione scientifica. Difatti, il censo consegnativo non suscita probabilmente lo stesso interesse, né ha la stessa applicazione pratica della compravendita, della locazione e del prestito.
Tuttavia la mediazione non è assolutamente una figura storica di applicazione aneddotica. Al contrario, si tratta di un contratto pienamente vigente e in uso, per quanto, in certi casi, appaia camuffato. Ne è la prova il fatto che, dopo aver passato parte del secolo scorso celata tra il mandato e altri contratti, e nonostante abbia visto riconosciuta la propria indipendenza, la mediazione continua a rimanere occultata dietro altre denominazioni affini. Addirittura oggi si conosce nominalmente, un esempio tra tanti, la cosiddetta relazione di “agenzia immobiliare” come agenzia e non come mediazione, nonostante si tratti di due figure diverse.
Neppure supporrebbe un problema se si trattasse soltanto di mere questioni terminologiche, le quali però, in realtà, lasciano intravedere gravi lacune normative, che hanno portato all’abbandono di un contratto incapace di sostenere la propria vitalità ed espansione crescenti.
L’importanza della mediazione non è casuale né passeggera, bensì è il frutto di un mercato ogni giorno più ampio ed agile, in cui l’offerta, nel tendere alla
globalità, spesso impedisce che i soggetti, da soli, siano in grado di assimilare e mettere in relazione l’offerta e la domanda. Da lì la necessità di un intermediario che, apportando una specifica conoscenza del mercato corrispondente, associ le posizioni contrattuali di parti con interessi concorrenti. Tutto ciò con un costo di utilità inferiore a quanto richiesto, como controprestazione, al beneficiario della gestione corrispondente; che, a sua volta, è minore dell’utilità che costerebbe al committente realizzarlo autonomamente.
Se dunque la vigenza pratica del contratto è evidente e la sua regolazione non esemplare, è lecito chiedersi a cosa sia imputabile una mancanza di attenzione legislativa, giurisprudenziale e, suprattutto in Spagna e in misura minore, dottrinale così persistente da portare il contratto all’ostracismo.
È possibile che il problema iniziale continui a essere alimentato dai problemi da esso derivati, in modo tale che le deficenze esistenti in merito all’ordinamento giuridico del contratto facciano preferire, qualora sia possibile, alternative di superiore tecnica giuridica. Situazione che, a sua volta, porta a una disattenzione nei confronti di una regolazione che potrebbe favorire una rigenerazione del contratto.
D’altra parte, potrebbero non esserci alternative alla mediazione in altri contratti, benché si cerchino e, persino, sembrino coincidere, poiché l’oggetto e la causa del contratto sono talmente specifici e diversi da altre figure affini che qualsiasi tentativo di sostituzione non può che essere parziale, inevitabilmente destinato a ritornare alla regolazione imperfetta da cui si cercava di sfuggire.
La causa di tutte queste difficoltà non va cercata in una regolazione difettosa, bensì in una che non presenta difetti. E nemmeno virtù. Una regolazione che è direttamente inesistente in Spagna e insufficiente in Italia. Ostacolo ulteriormente aggravato, e in modo sostanziale, dal fatto che la categoria contrattuale generale di riferimento, all’interno della quale dovrebbe trovare posto il contratto atipico o insufficiente, è anch’essa inesistente o altrettanto esigua.
Se il contratto in questione non è tipico o completo, né è regolata la categoria
contrattuale di riferimento, non è facile trovare una fonte legale palese per la sua regolazione. Sarà un contratto lecito, inquadrato all’interno della legittima autonomia della volontà delle parti, tuttavia le parti non possono far altro che regolare il loro contratto in specifico. In questo punto è dove la dottrina giurisprudenziale, all’estrarre principi comuni e separare differenze specifiche, ha cercato di prefigurare un contratto di mediazione generale, tenendo conto dell’oggetto e della causa rispettivi.
Non è stato sufficiente. Senza la sufficiente regolazione del negozio, né diretta né, quasi, indiretta, fatta eccezione dei comportamenti reiterati delle parti e delle aspettative che questo genera, appare estremamente difficile -appena lecito- qualsiasi tentativo in questo senso. Questa mediazione "creata" non solo sarà instabile e incerta, ma implica il rischio che, nonostante si tratti di una creazione pratica legata a fatti e tempi specifici, si finisca per confonderla con una costruzione persistente di tipo teorico o, ancor più grave, normativo.
Accettare il dogma della tipologia stabilita non soltanto supporrebbe il rischio di perdere la maggior parte delle opportunità a favore di una adeguata costruzione dogmatica e sistematica, ma potrebbe portare a una pietrificazione anacronistica, priva di sistematicità, inefficiente e persino ostile rispetto alla funzione propria del contratto. Come, in parte, potrebbe essere già accaduto.
In questo senso, neppure esiste un accordo univoco a livello di dottrina in merito alla natura più elementare dell’istituto, arrivando a metterne in dubbio persino la contrattualità. La sua regolazione, in apparenza pacifica, presenta una serie di specificità non sempre giustificate e, nella magior parte dei casi, forzate, generate più dalla preoccupazione di risolvere problemi pratici concreti che dalla volontà di offrire una soluzione coerente con il resto del sistema giuridico- contrattuale.
Questo trattamento ad hoc fa sorgere il dubbio che la mediazione sia realmente un istituto giuridico così speciale da richiedere una regolazione discordante con il resto del sistema negoziale; o, piuttosto, che questo sia il risultato
della giustapposizione di soluzioni specifiche intorno a una figura di per sé complessa, che storicamente non aveva mai avuto l’importanza pratica che ha raggiunto nell’attualità.
Sollevato questo dubbio, non possono considerarsi validi, da soli, i risultati della pratica quotidiana, sostenuti dall’inerzia. Come neppure la dottrina giurisprudenziale incaricata di dirimerne i casi contenziosi; né le considerazioni dottrinali che trattano unicamente di quanto riferito nel punto anteriore. Non ci si può limitare ad accettare, semplicemente, motivazioni ed approcci antecedenti non normativi. È necessario, nel punto in cui ci troviamo ora, ricostruire la mediazione come contratto. Dall’inizio, e passo dopo passo.
La situazione descritta non si limita soltanto a mettere in luce un problema, bensì offre, soprattutto, un’opportunità. Vale a dire, la possibilità non solo di rivedere la dottrina più rilevante sul tema, ma di indirizzarla verso la determinazione di quel contratto che la mediazione dovrebbe rappresentare per poter svolgere la propria funzione economica e sociale. Tale sforzo, privo dell’appoggio di fonti normative dirette sufficienti, potrebbe imbattersi negli stessi ostacoli e limiti che si vogliono evitare. Tuttavia, un approccio che tenga conto di queste carenze potrebbe cercare di individuare, qualora esistano, le basi contrattuali della mediazione, fondarle sulle strutture generali in cui dovrebbe incardinarsi, e sottoporre il tutto ai criteri, non solo della tecnica giuridica, ma anche di idoneità ed efficacia, in relazione con le finalità del contratto.
In questo senso, si rivela fondamentale lo strumento dello studio comparativo di due Ordinamenti come, nel caso specifico, sono quello spagnolo e quello italiano. Ciò è dovuto principalmente a tre ragioni: in primo luogo, visto che la funzione economica e sociale sarà la medesima in due società equiparabili sul piano giuridico, economico e civile, gli elementi essenziali della regolazione dovranno essere anch’essi uguali.
In secondo luogo, la storia giuridica di entrambi gli Stati non è stata uguale, dunque non lo sono neppure le attuali norme vigenti. Per ciò che riguarda
specificamente la mediazione, in Italia, contrariamente alla Spagna, essa è prevista espressamente dall’ordinamento giuridico (tipica). Ciò, pur non elimando problemi e dubbi, offre un diverso punto di partenza che, tuttavia, appare particolarmente significativo dal momento in cui non risolve gran parte dei problemi che la mediazione presenta in Spagna divuti alla sua condizione atipica.
In terzo luogo, e in relazione con le due motivazioni citate, le difficoltà, le lacune e le inadeguatezze comuni funzioneranno come indizi della stessa patologia, con l’obiettivo di individuare i problemi fondamentali nella regolazione della mediazione e cercare di ricavare una risposta adeguata ai problemi che essa pone.
Oltre al citato strumento del Diritto comparato e all’analisi delle categorie e degli aspetti propri del negozio giuridico, altre due componenti sono state essenziali nella realizzazione della ricerca: il Diritto contrattuale europeo e un’analisi economica di base degli elementi fondamentali della mediazione.
Benché non esista un Diritto contrattuale europeo nel senso stretto del termine, è lecito difendere l’esistenza di alcuni principi contrattuali comuni, oltre ad essere fuor di dubbio l’utilità della ricerca e dello studio in questo campo, come dimostrato soprattutto negli ultimi tempi.
Sono frutto di questo lavoro le attuali proposte scientifiche di modernizzazione ed armonizzazione contrattuale, le quali, al di là di possibili discussioni in merito alla loro virtualità normativa, offrono un’ampia informazione, riferita tanto a elementi riconosciuti come comuni, e pertanto propri, quanto agli strumenti proposti come idonei.
Per quanto riguarda l’analisi economica del contratto, essa rappresenta sempre un completamento interessante ai fini di qualunque tipo di studio contrattuale. E questo non solo per l’importanza ineludibile dell’utilità economica del contratto rispetto alla società a cui spetta regolarlo, ma anche, e soprattutto, con l’obiettivo di concretare la causa del contratto, tanto nell’aspetto oggettivo come nella vertente soggettiva della stessa. In questo senso, ci si propone di valutare, in
ognuna delle fasi, che le conclusioni parziali su cui si fonderanno i successivi stadi della ricerca non soltanto siano sistematiche, ma anche idonee ai fini di garantire lo scopo del contratto e, quindi, delle parti.
Inoltre, al trattarsi di contratti poco regolati, la loro dimensione economica ed i loro effetti non solo permettono la riflessione, ma favoriscono anche la critica. La quale, benché non possa offrire da sola risposte sufficienti, sì che può aiutare a scartare le opzioni meno idonee in ogni caso specifico.
Prendendo come base la premessa appena riferita, e servendoci degli strumenti proposti, si rivela necessario un’esame dettagliato e progressivo della mediazione, partendo dalle strutture più elementari per avanzare verso quelle di maggiore complessità, consolidando ognuna delle conclusioni raggiunte come base delle successive, oltre che, al tempo stesso, come sostegno delle precedenti.
Tuttavia, tenendo conto che un approccio di questo tipo può portare ad una notevole espansione del tema, risulta opportuno delimitare un oggetto di studio più concreto rispetto alla totalità degli elementi e degli aspetti che riguardano la medizazione. Ciò nella consapevolezza che, vista la vaghezza normativa e l’imprecisione delle fonti, l’analisi di ogni elemento, nel passaggio dalle considerazioni generali agli aspetti specifici, può richiedere un’integrazione tale da offuscare le considerazioni sulla mediazione con una pari quantità di informazione sulle categorie generali utilizzate.
Una volta riconosciuta questa tendenza ad una certa dispersione, si è cercato di circoscrivere l’oggetto di studio. Nel contempo, si è tentato di trarre profitto dalle inferenze reciproche, in modo tale da affrontare da una prospettiva diversa, con gli strumenti citati, alcuni istituti contrattuali che non stati ritenuti sufficientemente chiari. Parallelamente, si cercherà di estrapolare la natura della mediazione attraverso un’indagine che va dagli aspetti generali alle questioni specifiche; infine, tenteremo di servirci della concretezza che questa forma di procedere suppone come un elemento di critica specifica.
Rispetto alla delimitazione dell’oggetto di studio anteriormente citata, la
presente ricerca verterà specificamente sulla natura giuridica della mediazione, rimandando ad un secondo momento l’integrazione delle conclusioni che qui presenteremo con le condizioni prestazionali della stessa mediazione. In ogni caso, non si tratta di parti totalmente svincolate, emergeranno infatti influenze reciproche che renderanno necessario anticipare contenuti prossimi all’orbita dinamica delle obbligazioni delle parti.
Pertanto, dagli approcci che considerano la mediazione come una mera relazione di fatto, si avanzerà verso la considerazione della stessa come contratto. Con questo obiettivo, si separeranno le categorie o gli istituti ritenuti inadeguati rispetto alla natura della mediazione, per entrare nei dettagli delle sue strutture fondamentali, fino ad arrivare alla considerazione contrattuale della stessa.
Dalla prospettiva contrattuale, si tratteranno elementi quali la sinallagmaticità, la principalità, l’onerosità o la consensualità, oltre ad altre circostanze, essenziali o naturali, per poi passare ad affrontare la caratteristica che probabilmente merita maggiore riflessione: il rischio aleatorio della mediazione.
Sulla base di quanto esposto finora, si arriverà a delineare un’unica categoria contrattuale, il più possibile chiara e precisa, messa in relazione anche con un’analisi economica di ognuno dei suoi elementi costitutivi; inoltre, partendo dagli stessi presupposti, si procederà a una comparazione con le proposte del Diritto contrattuale europeo.
Come risultato avremo un contratto definito come categoria, ma non per questo regolato. Dunque, l’ultimo passo necessario consistirà nell’inserirlo in una categoria contrattuale più ampia, capace di rendere conto delle sue caratteristiche con una regolazione sufficiente, a partire dalla quale stabilire una normatività reale. In conclusione, ci si propone di arrivare a una ricostruzione del contratto di mediazione stabilendo delle basi solide e sicure, sistematiche ed idonee, su cui poter elaborare -in termini dottrinali, giurisprudenziali ed anche legislativi- un corpo normativo moderno ed efficace, tanto a livello tecnico, come economico e
sociale.
1. PUNTO DE PARTIDA
1.1. Terminología.- 1.2. El concepto esencial de la mediación.- 1.3. Apuntes históricos y antecedentes normativos de la mediación.- 1.4. Regulación actual de la mediación.- 1.4.1. España.- 1.4.2. Italia.
1.1. Terminología.
Una vez identificado el concepto, la terminología con la que nos refiramos al mismo en lo sucesivo no parece una cuestión de extrema importancia. Con todo, por mor de la precisión jurídica, así como de la propia categorización de las instituciones, conviene advertir que la falta de acuerdo respecto de la mediación, aun de forma leve, comienza en su propia denominación.
En Italia, gracias a la tipificación del instituto, sí ha quedado asentado el término “mediazione” para el supuesto, así como “mediatore” para quien desempeña la prestación mediadora1.
En España, sin embargo, se ha denominado, de forma generalmente indistinta, “mediación” o “corretaje2”. De hecho, habida cuenta la inexistencia de
1 Artículos 1754 y ss. del Codice civile, que se detallarán en el apartado 1.4.2.
2 «La doctrina, la jurisprudencia, así como los Códigos Civiles (…) utilizan indistintamente los vocablos mediación o corretaje para referirse a este contrato. Incluso, se utilizan ambos conceptos juntos, hablando entonces de contrato de corretaje y/o mediación», XXXXXX XXXXXXXX, El contrato de corretaje, Ed. Colegio de Registradores, de la Propiedad y mercantiles, Madrid, 2008, p. 17. «Creemos que ambos conceptos pueden utilizarse como sinónimos; en la doctrina» XXXXXXXXX XXXX XX XXXXX, El contrato de corretaje inmobiliario: los agentes de la propiedad inmobiliaria, Editorial Aranzadi, Madrid, 2000, p. 166. CUADRADO «No obstante, tanto la doctrina como la jurisprudencia españolas han optado, con carácter general, por referirse a este tipo contractual, indistintamente, con los términos «corretaje» y
«mediación», “Consideraciones sobre el contrato de corretaje”, Revista Xxxxxxx xx Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxx, Xxx Xx 00, Xx 000, Xxxxxx, 2007, p. 2482. En contra XXXXXXX XXXXXXX, para quien «en el caso del corretaje tiene o puede tener bastante importancia que se le atribuya un sinónimo tan confuso como es el término “mediación” (…) Mejor sería, en lo futuro, prescindir de él y acoger tan sólo el término corretaje», El contrato de corretaje, Editorial Montecorvo, Madrid, 1965, pp. 51-52. También en contra de la equivalencia, aunque de forma más moderada,
una denominación típica, podría tratarse también como “intermediación” o incluso, de no ser por la deriva histórica del vocablo, “proxenetismo”3.
Respecto a la preferencia entre corretaje y mediación, cada uno de los términos tiene sus inconvenientes. Así, “mediación”, como se ya se apuntó, sufre de homonimia con xx xxxxxxxxxxxxx xx xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxx xxx, xxxxxx, xx una figura protagonista del derecho positivo actual, y no sólo en España4.
Podría discutirse si en tal procedimiento se produce de hecho un contrato de mediación, entendiendo la transacción extrajudicial como el contrato mediado; pero, aunque muy probablemente pudiera justificarse tal conclusión, el problema persiste en la medida que se trataría de un “contrato de mediación” para un “proceso de mediación”. No es un problema grave, ni tampoco insalvable con la aposición especificativa “contractual” o “procedimental”; o añadiendo la expresión “contrato de” o “procedimiento de”.
En cuanto a la significación literal, no técnica, de mediar, aportada por la Real Academia, no concuerda con el contenido jurídico de la institución sustantiva,
«Mediación puede entenderse como un término más amplio, es decir la acción de situarse entre dos partes e intentar que sus intereses contrapuestos afloren en un punto común satisfactorio a ambos (…)sin embargo, el término corretaje se ciñe más al propio contrato (…) [el corredor] también es un mediador o intermediario para intentar conseguir llegar a la perfección del contrato principal» XXXXXXXX XXXXXX, Contrato de mediación o corretaje y estatuto del Agente de la Propiedad Inmobiliaria, Dykinson, Madrid, 2009, p. 35-36.
3 Aunque el “proxeneta” haya quedado relegado, terminológicamente, a un concreto tipo de intermediario de prácticas ilícitas, como sinónimo de “rufián”; quizá fuera el primer nombre técnico normado de la proto-mediación. D. 50, 14, 2 (ULP. 31 ad edictum): «Si proxeneta intervenerit faciendi nominis, ut multi solent, xxxxxxxx an possit quasi mandator teneri, et non puto teneri, quia hic monstrat magis nomen quam mandat, xxxxxxx laudet nomen, idem dico, et si aliquid philanthropi nomine acceperit: nec ex locato conducto erit actio, plane si dolo et calliditate creditorem circumvenerit, de dolo actione tenebitur». También D. 50, 14, 1 (ULP. 42 ad Sab.), o D. 50, 14, 3 (ULP. 8 de ómnibus tribunalibus).
4 Baste citar, ilustrativamente, la Legge 18 giugno 2009, n. 69, que en su artículo 60
«Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali», desarrollado en el Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, en vigor desde el 21 de marzo de 2011, que la establece como requisito de procedibilidad en numerosas causas civiles. O, en España, la Ley 5/2012, de 6 de xxxxx, de mediación en asuntos civiles y mercantiles; si parte, razonablemente, del principio de voluntariedad, y cuyo efecto sustantivo más significativo es, quizá, la suspensión –no interrupción- de la caducidad y prescripción.
acercándose más a la procedimental5. Tampoco parece un factor especialmente importante, sobre todo en la inteligencia de la especificidad diferencial del lenguaje jurídico.
El “corretaje”, por su parte, xx xxxxxxx xx xxxxxx xxxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxx xxxxxxxx xxxxxxxxx x, xx xxxxxx xxxxx, xxxxxx más cercano a la institución estudiada en cuanto a su definición literal de la Real Academia6. Sin embargo, ni dicha definición es realmente adecuada, pues en rigor sería una metonimia7, ni tampoco especialmente fiable como fuente del lenguaje técnico-jurídico8.
En fin, no se pretende dar más importancia de la que se le restó de principio, aunque pudieran encontrarse argumentos favorables a uno u otro término9. No afectando a la naturaleza jurídica del contrato estudiado se reconocerá que, aunque a efectos de claridad absoluta, “mediación o corretaje” sería la locución más correcta10, no es la más cómoda de escribir, ni tampoco de leer. Así, necesitando escoger un término, se prefiere “mediación” precisamente, por ser un vocablo más italianizado x xxxxxx a “mediazione”, con el que insistentemente se va a comparar a lo largo del estudio que sigue.
5 «(Del lat. mediāre). 1. intr. Llegar a la mitad de algo. U. t. en sent. fig. 2. intr. Interceder o rogar por alguien. 3. intr. Interponerse entre dos o más que riñen o contienden, procurando reconciliarlos y unirlos en amistad. (…)», AAVV, Diccionario de la Lengua Española, 22ª edición, Real Academia Española, 2001.
6 «1. m. Comisión que perciben los corredores de comercio sobre las operaciones que realizan. 2. m. Diligencia y trabajo que pone el corredor en los ajustes y ventas», AAVV, Diccionario de la Lengua Española, 22ª edición, Real Academia Española, 2001.
7 Pues llama al acto por su consecuencia, entendiendo a la retribución como consecuencia del corretaje.
8 Baste pensar en que, en el mismo diccionario, se define al “corredor de seguros” incluyendo, precisamente, el término “mediador”, aunque también se hace referencia a la agencia: « 1. m. Agente mediador en el contrato de seguro».
9 Por ejemplo, la mayor tradición histórica del “corretaje”, si bien casi nunca con la significación concreta del contrato al que ahora nos referimos (y muchas veces un significado apenas diferencial de “xxxxxxxx”). Ya se hablaba en la Ley 33, Título 26 de la Partida 2ª de los “corredores de subastas”, como «aquellos, que andan en las almonedas, e venden las cosas, pregonando quanto es lo que dan por ellas. E porque andan corriendo, de la una parte a la otra, mostrando las cosas, que venden, por esso son llamados corredores».
10 Que no la idónea, pues lo más adecuado sería escoger una u otra opción. Sin embargo, dicha elección ni puede tomarse desde la arbitrariedad o el azar, ni sirve de mucho en un trabajo aislado. Como no cabe ningún método de elección general doctrinal, tampoco jurisprudencial, sólo sabe confiar que el Legislador lo aclare o, en su caso, el tiempo lo decida.
1.2. El concepto esencial de la mediación.
Para un concepto inicial, básico, de la mediación, podría referirse la misma como la relación entre dos sujetos en la que uno, el mediador, facilita al otro la oportunidad efectiva de perfeccionar un determinado contrato con un tercero.
Dicha definición, parca y seguramente insuficiente, parte de las limitaciones de ser general. Pudiendo variar la naturaleza de la mediación entre un mero acto jurídico y un contrato sinalagmático, con otras tantas alternativas entre ambos extremos, cualquier otra conceptualización podría ser tendenciosa, en cuanto a asignar atributos aún no demostrados11.
Más interesante puede ser la dicotomía de cada uno de los hechos y actos que componen el ejercicio de la mediación como estructura mínima.
De este modo, el hecho primero habrá de ser el interés de al menos un sujeto A en concluir un determinado negocio jurídico.
En segundo lugar, como interés derivado y concurrente al anterior, también debe interesar al mismo sujeto A una injerencia externa, que facilite la satisfacción
11 Así, por ejemplo, cuando define GARRIGUES el “concepto del xxxxxxxx xx xxxxxxxxx”, xx xxxxx xx xxxx xx xxx xx un contrato, sino que, en la propia definición predispone su naturaleza: «Por virtud de este contrato una de las partes se obliga a abonar a la otra, llamada mediador, una remuneración por el hecho de indicar la oportunidad de celebrar un contrato o por el hecho de conseguir por su propia actividad esa celebración (…)» Curso de Derecho Mercantil, T. II, X. Xxxxxxx Xxxxx, impresor, 1966, p. 126. Aclara xx xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxx xx xx xxxxxxxxxx xxxxxx xxxxxx, xx xx xxxxx página que «(…) tampoco es un arrendamiento de servicios, porque el mediador no tiene derecho a la retribución si el contrato previsto no se celebra, aunque haya desplegado toda su actividad para este fin»; de forma que sus efectos no siguen a su naturaleza, sino su naturaleza a sus efectos. De la misma forma, pero en sentido contrario, por ser favorable a la sinalagmaticidad del contrato, CASTÁN define
«contrato de corretaje o mediación aquel por el cual una de las partes (el corredor) se compromete a indicar a la otra (que se le llama comitente o mandante) la oportunidad de concluir un negocio jurídico con un tercero o a servirle de intermediario en esta conclusión, a cambio de una retribución (llamada comisión o premio)», CASTÁN TOBEÑAS, Derecho Civil español, común x xxxxx, Tomo IV, Reus, Madrid, 1957, p. 510. Estos planteamientos no sólo son válidos, sino idóneos para obras como las citadas; se aprovecha para dejar claro la diferencia de planteamiento de este estudio monográfico, en el que, al revés, intentando determinar la naturaleza del contrato, habrán de encontrarse sus efectos. En todo caso las influencias son recíprocas.
de su interés principal, y a cambio la cual estaría dispuesta a realizar un sacrificio patrimonial.
En tercer lugar, un sujeto B debe llegar a conocer y comprender los dos intereses antes mencionados.
En cuarto lugar, el sujeto B debe, además, tener él mismo interés en desempeñar las acciones pertinentes para satisfacer los dos intereses del sujeto A, uno de forma directa y otra indirecta.
En quinto lugar, habida cuenta del interés anterior, el sujeto B actuará para conseguir, con una adecuada relación de causalidad, facilitar que el sujeto A se encuentre en situación de poder perfeccionar el negocio que pretendía con un tercero.
En sexto lugar, el sujeto A pagará al segundo aquello que le interesaba sacrificar a cambio del interés expresado o, al menos, quedará obligado a ello.
En séptimo lugar, y como hecho fundamentalmente diferenciador de otras figuras afines, el sujeto B se mantiene independiente respecto de los intereses subjetivos que el negocio mediado representa, afectándole únicamente de manera indirecta12.
Los enunciados anteriores, simples y aparentemente autoevidentes – excepto, quizá, el último-, ni lo son tanto ni resultan indiscutidos. Además, por abstracta que se pretenda la presentación, esta enumeración de hechos y acciones también presupone inevitablemente algunas conclusiones o, cuanto menos, insinúa algunas tendencias que seguirá el estudio.
La utilidad de las premisas enumeradas viene dada por su desarrollo, parejo al de la propia naturaleza del concepto que conforman, sirviendo de límite frente a
12 Esta última nota, que se ha considerado característica lo es, como se indica, precisamente por su carácter diferencial, no tanto por se un elemento indiscutible de la estructura básica de la mediación (aunque lo sería, si se quiere diferenciar de otras figuras afines como la agencia, el mandato o la comisión). Sobre la discusión a cerca de la imparcialidad del mediador, vid. epígrafe 4.7. Respecto a las diferencias de la acción mediadora con otras afines, ver epígrafe 9.4.
todo aquello que resulte incompatible con la existencia vinculada de dichos extremos. Servirán así como base mínima, para ser analizada y completada jurídicamente con las categorías que permitan, en un primer lugar, mantener indemne su esencia, acorde a sus fines; y en un segundo, optimizarla conforme en relación el sistema jurídico y la eficacia económica y social del interés jurídico que supone.
1.3. Apuntes históricos y antecedentes normativos de la mediación.
El desarrollo histórico de la mediación tiene una utilidad cierta pero limitada, en relación con su naturaleza. La institución ha cambiado tanto como el sector de la sociedad sobre el que está llamada a desplegar sus efectos; o los intereses que la informan. Por ello, los primeros orígenes romanos y su devenir medieval tiene mucha menos influencia en la actual regulación de la mediación que en la mayoría de los contratos “clásicos”, sobre todo en lo que a los típicos se refiere.
Además, cualquier precedente remoto13 apenas será una figura en la que se pueda reconocer alguna característica de la mediación14, sin llegar a tratarse nunca de una auténtica mediación en sentido moderno15. Tampoco será propiamente una
13 Así De proxeneticis, ver nota 3.
14 El mediador medieval, aunque intermediario, ejercía un papel intermedio entre el cónsul, el agente y, en ocasiones, el representante directo. Así, respecto de los corredores en la Francia medieval, «erano coloro che svolgevano attività di intermediazione tra commercianti di nazionalità diversa, soprattutto, proteggendo i commercianti stranieri e redigendo e traducendo i testi contrattuali», D'XXXXXX, MARASCIULO, La mediazione, tra modello normativo e prassi negli affari (a cura de XXXXXXX), (Trattato diritto comm. pubbl. econ.), Xxxxx, Pavoda, 2011, p. 20.
15 De este modo, cuando se advierte, por ejemplo, un precedente en el contrato
aestimatorius, como XXXXX XXXXXX, “El contrato de corretaje o mediación”, Anuario de Derecho civil, Editorial Ministerio de Justicia, Madrid, 1951, p. 1623, más se tienen en cuenta, probablemente, la aleatoriedad de la mediación como categoría que como circunstancia; haciendo de precedente del sustantivo el que pudo serlo, en su caso, del adjetivo. El que el riesgo de la mediación, como se verá, sea un elemento esencial y diferencial, puede tener mucho que ver con esto, así como con cualquier otro tratamiento que, partiendo de dicho riesgo, lo toma como protagonista, por encima de otras circunstancias. Vid. epígrafe 8.1.
mediación, en el sentido técnico actual, la primera institución afín regulada en España en la Edad Moderna16, aunque se trata de un concepto más cercano.
Sin embargo, la evolución histórica de la figura ofrece, al menos, dos conclusiones reseñables en cuanto al presente estudio. Una supondría la afirmación de la esencial novedad de la mediación. Esto es: es una institución actual, que cubre necesidades sociales y económicas actuales17, configurando un interés jurídico antes mucho más difuso. Xxxx, a su vez, sustenta otra serie de planteamientos:
Primero, la naturaleza actual de la mediación no será dependiente de figuras genéticamente afines (aunque, en muchos casos, sí podrá ser análoga).
Segundo, la novedad de la institución dificulta su incardinación simple en el resto del sistema, como contrato atípico, lo que ha llevado a las distintas teorías sobre la naturaleza de la mediación, que se verán en adelante.
Tercero, como toda figura novedosa, no se limita a surgir ex nihilo como una creación perfecta. Al contrario, necesita un periodo de concreción y adaptación a su propia causa, creando una serie de prácticas, no siempre óptimas, que bien ajustarán los siglos o, de forma más deseable, el Legislador. De ahí que tampoco se
16 Título VI del Libro Noveno de la Novísima Recopilación, De los corredores, que recoge una serie prohibiciones limitativas del ejercicio de los mismos, a saber: «Prohibición á los extrangeros del oficio de corredor (…); Prohibición del xxxxxx xx xxxxxxxx xx xxxxxx xxx xx xxxxxxxxxxxx xx xxx xxxxxxx xxx xxxxxx costumbre de hacerlo (…); Prohibición de comprar los corredores para sí cosas que les dieren á vender(…); Prohibición de comprar las mercaderías los corredores, y de vender y negociar las que fueren suyas». Se trata, en todo caso, de un tipo de mediación difícilmente separable de la agencia, en términos actuales. De forma análoga, en Italia, también las normas más tempranas son regulaciones, fundamentalmente administrativas, del ejercicio de la profesión, más que verdaderas normas sobre el instituto jurídico, su naturaleza o dinámica prestacional. Así la Legge republicana del 2-17-1791, «che consente a chiunque la facoltà di esercizio della mediazione a condizione che sia munito di patente» XXXXXXX, La mediazione (I Libri dell'Istituto giuridici italiano), Cedam, Padova, 1992, p. 4.
17 «Una de las características propias de la sociedad actual (…) xx xxxxxxxxxxxx xx xxx
xxxxxx xx xxxxx x xx xxxxxxx xx xx xxxxxxx deseada se han convertido en elementos que pueden marcar la diferencia entre el éxito o el fracaso. Esta situación ha exigido que el interesado en desarrollar ciertos negocios requiera de la asistencia de un tercero (…) dentro de esta categoría destaca especialmente el contrato de corretaje o mediación (…)» XXXXXX XXXXXXXX, El contrato de...op. cit., pp. 15-17. También XXXXX XXXXXXX «(..) el corretaje, como forma específica de mediación, es una figura jurídica relativamente moderna en la que, si bien puede advertirse una tipicidad social arraigada en la realidad, ésta no se corresponde aún, en todo caso, con una conformación normativa que confiera a la referida modalidad contractual total autonomía y un alcance y contenido plenamente delimitados», “Introducción al estudio del corretaje”, Revista xxxxxxx xx xxxxxxx, Xx 000, Ed. Revista General del Derecho, 1987, p. 694.
pueda referir la actual mediación a la figura que empezó a perfilarse, jurisprudencial o normativamente, a principios del siglo pasado sin someterla a una revisón crítica de adecuación respecto a su esencia y utilidad actual18.
No se trata, en fin, que el supuesto fáctico de la mediación tal y como se describió no se diera en ningún periodo histórico anterior; sino que por mor de la organización social y comercial, respondía sólo a determinados presupuestos circunstanciales (fundamentalmente a la necesidad de bilocación del xxxxxxxx para multiplicar sus operaciones); y no a otros ahora esenciales en la mediación, cual es la pura búsqueda de la oportunidad de un negocio ajeno al propio.
En cuanto a la segunda conclusión relevante, íntimamente relacionada con la anterior, se trata de la individualización progresiva de la mediación respecto de otros contratos tipo en los que se había intentado acomodar, hasta que la evolución de la misma impulsó su emancipación. Esta particularización de una actividad de gestión muy probablemente fuera casi indiferenciada en sus orígenes; por lo que es difícil establecer categorías no casuísticas que entonces delimitaran lo que hoy consideramos mediación de la actual agencia, del mandato, o de la comisión mercantil.
Así, en un principio se asimiló al contrato, a pesar de la gratuidad del mismo, a la locatio operis; aunque también empezó a apuntase su autonomía atípica, ya en el siglo XIX19. A pesar de ello, siguió tratándose de forma indiferenciada hasta
18 «El avance de la tecnología y de la ciencia y la necesidad de adecuar los negocios jurídicos influyen en que las normas reguladoras de las figuras que podemos denominar clásicas, pierdan vigencia y nos encontramos con situaciones de hecho que no se adecuan a las normas contenidas en un cuerpo legislativo. Esto es precisamente lo que ocurre con todas las actividades de intermediación (…)» XXXXXXX XXXXXXX, El contrato de mediación o corretaje, Xx Xxx, Xxxxxx, 0000, p. 11. Aunque referido, quizá, más directamente a la “regulación” decimonónica que a la producida en el siglo XX.
19 Desarrollado todo lo anterior, sobre todo, en Alemania, como trata XXXXXXX «In
Germania si sviluppa nel secolo scorso un acceso dibattito sulla qualificazione del negozio di mediazione (…) Una prima tesi riconduce il Mäklergeschäft a la figura del mandato (…) un’altra opinione (…) al modelo della locatio operis (…) Una diversa construzione (…) fra i contratti innominati (…), La mediazione, op. cit., p. 5.
principios del XX20. No es un caso aislado, pues el origen de gran parte de las figuras contractuales actuales puede derivarse del contrato de mandato y del arrendamiento de servicios21. Acaso influyó, no sólo la especialidad de aquellas figuras, sino también por el estancamiento de las categorías matrices, incapaces de contener la novedad por su propia anacronicidad22.
Por lo que hace a los antecedentes directos de la regulación actual, en España las normas positivas más recientes siguieron la xxxxxx de las ordenaciones regias, regulando más el ejercicio de la profesión que el instituto jurídico que se ejercía. Ello, además, de forma generalmente sectorial23. Disposiciones normativas,
20 Así SSTS de 2 xx xxxxxxxxx xx 0000, x xx 00 xx xxxxxxxxx xx 1919 trataban a la mediación como un tipo de mandato. Incluso la STS de 11 de junio de 1947 consideraba que «el contrato de mediación, como el de corretaje, no son regulados por el Derecho constituido, no son sino figuras y especialidades comprendidas en el mandato, por cuyas genéricas disposiciones han de regirse, siendo el mediador un mandatario». No obstante esta tendencia, extendida hasta mitad de siglo, el reconocimiento de la autonomía del contrato fue anterior – aunque no indiscutido-, en la STS de 10 de enero de 1922, de la que CASTÁN, comenta que
«esta sentencia modifica el sentido en que ese había orientado anteriormente la jurisprudencia, pues hasta ahora, los contratos de intervención, agencia o intermediación en las ventas se habían equiparado a los de mandato o comisión mercantil (…) y se habían considerado como condicionales y subordinados a los de venta», op. cit., p. 512. Por otra parte, incluso ahora aparece regulada la mediación, en el Código civil suizo, dentro del Título XII, rubricado como “Del mandato”.
21 «(…) del simple arrendamiento de servicios, hoy cada vez menos frecuente, y del mandato, han surgido un sinfín de nuevos contratos, sobre los que las normas sobre esta materia de los cuerpos legales clásicos no sólo se han visto insuficientes, sino incluso contradichas por la nueva ordenación que se les ha dado» SANPONS XXXXXXX, op. cit., p. 26.
22 Como se verá más adelante, mientras que se defiende que la segregación de la mediación del mandato se debe a la especialidad; su separación del arrendamiento de servicios se propone debido a la anacronicidad e insuficiencia de ésta categoría, no tanto a su ineptitud. Vid. el epígrafe 9 y, en concreto, 9.1 y 9.4.
23 Así, respecto a la mediación inmobiliaria, seguramente una de las más importantes formas de mediación desde un punto de vista económico y social, se suceden las regulaciones administrativas desde el Decreto del Ministerio de la Xxxxxxxx xx 00 xx xxxxxxxxx xx 1948. Le siguen el Decreto 3248/1969 de 4 de diciembre; o el Decreto 55/1975, en la etapa pre- constitucional; regulándose ahora el estatuto de tales Colegios profesionales en el Real Decreto 1294/2007, xx 00 xx xxxxxxxxxx. Xxxxxxx xx xxxxxxx, xxxx xx propio a un sector tan específico y normado como el del Seguro, los corredores de seguros en la Ley 26/2006, de 00 xx xxxxx, xx xxxxxxxxx xx xxxxxxx y reaseguros privados. Entre otros supuestos igualmente específicos, sectoriales y poco significativos cara al presente estudio. En cuanto al Derecho autonómico, se menciona al mediador inmobiliario en la Ley 18/2007, de 28 de diciembre, del derecho a la vivienda, aunque su virtualidad normativa se limita a poco más que a actuar con diligencia,
por tanto, con un carácter eminentemente administrativo de las que, si bien podrían llegar a extraerse efectos sobre la naturaleza y efectos de la mediación, quedan supeditadas a su propia finalidad y origen. Así, en el importante ámbito de la mediación inmobiliaria, toda la reglamentación relativa al ejercicio de la profesión decayó al liberalizarse el ejercicio de la misma en 200324.
Cabe advertir que, si bien xx Xxxxxx xx Xxxxxxxx xx 0000 xxxxxxx, xxxx xxxxxxx del Título VI del Libro I “De los Agentes Mediadores del Comercio”, no lo hace con la adecuada técnica jurídica, pues se refiere únicamente a los comisionistas que actúan por cuenta de su comitente25.
Por tanto, no puede encontrarse ninguna norma positiva que, de forma directa y sin recurrir a la analogía, haya regulado históricamente ningún aspecto sustantivo de la actual mediación26.
En Italia la regulación de la mediación comienza siendo mercantil27, desde el Xxxxxx xx xxxxxxxx xx 0000 xxxxx xx xx 0000. No prejuzgaba eso su naturaleza civil o mercantil pues, además del destino conocido de dicha división en Italia28, se
responsabilidad, independencia, legalidad y ética, lo que podría servir para cualquier profesión imaginable.
24 Establece el artículo 3 de la ley 10/2003, como condiciones para el ejercicio de la actividad de intermediación inmobiliaria, «(…) personas físicas o jurídicas sin necesidad de estar en posesión de título alguno, ni de pertenencia a ningún colegio oficial, sin perjuicio de los requisitos que, por razones de protección a los consumidores, establezca la normativa reguladora de esta actividad ». Xxxxx así toda la regulación antes citada, y también casi todas las inferencias que, de la misma, se hubieran podido hacer a la institución de la mediación en sí misma considerada.
25 «(…) pese al rótulo legal, esos agentes no todos son verdaderos mediadores y que la
función estricta de la mediación mercantil no aparece clara en ningún precepto del C. de c. (…) este no contiene ningún precepto sobre el contrato de mediación (…)» GARRIGUES, Curso de Derecho mercantil, Tomo II, op. cit., pp. 125-126.
26 Y, como quiera que para usar la analogía hay que deducir cuál es la naturaleza análoga, hay que saber antes cual es la naturaleza propia, por lo que el puro ejercicio de analogía, además de no ser estrictamente normativo, no es útil aisladamente en cuanto a este cometido.
27 «(…) la mediazione, nelle varie fasi di evoluzione del diritto italiano, è stata per lungo tempo considerata un instituto proprio ed exclusivo della legislazione mercantile», MARINI, La mediazione, comm. delle art. 1754-1765, Il Codice Civile. Commentario. Xxxxxxx, Milano, 1992, p. 6.
28 Vid. epígrafe 4.8.
mantuvo desde el principio xx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xx xx xxxxxx xxxxx00. En cuanto a la regulación concreta de la figura, se encontraba en el Libro I, bajo la rúbrica “de los mediadores”, en los artículos del 28 al 34.
No se ofrece, sin embargo definición o concepto propio de la mediación30, sino que se limita a regular la relación que surge de ésta31. Sí se ponen las bases, aunque sin apenas demasiados cambios notables32.
Al tiempo, y contrariamente a lo sucedido en España en cuanto a la restricción del ejercicio de la mediación, se afirma xx xxxxxxxxx xx xxxxxxxx xx xx xxxxx00, dotando de cierta irrelevancia la regulación de la profesión al margen de la propia institución.
De este modo, en España se encuentra un contrato atípico de ejercicio tradicionalmente regulado; mientras que en Italia la mediación fue ya típica con anterioridad al Código civil vigente, y tradicionalmente libre en su ejercicio.
29 Aunque no de forma indiscutida, ya lo reclamaba BOLAFFIO, Dei mediatori. Delle obbligazioni commerciali in generale, Utet, Torino, 1922. p. 38 y ss. En concreto sobre la aplicación analógica del artículo 31 del Cod. Comm, en la p. 56, nota 2.
30 No obstante, en el proyecto de Código de comercio de 1940, sí se definía al mediador:
«È mediatore colui che professionalmente esercita una attività diretta a mettere in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato con l’una o l’altra da rapporti di collaborazione, di dependenza o di rappresentanza. Restano salve le disposizioni che riguardano materia speciali», clara influencia de la norma actual, como se verá.
31 «(…) non fornisce la definizione della figura considerata, né si sofferma sulla mediazione intesa in senso oggettivo, ma si limita a regolamentare il rapporto che trae origine da questa», XXXXXXX, La mediazione, op. cit., p. 6.
32 Quizá el más tratado sea, precisamente, el cambio de la ubicación sistemática, en cuanto a las discusiones relativas a la contractilidad de la mediación, como se verá.
33 Por el artículo 26 del Reglamento del Código, X.X. xx 00 xx xxxxxxxxx xx 1882, n. 1139: «la professione del mediatore è libera». Confirmado en el artículo 21 de la Ley 000 xx 00 xx xxxxx xx 0000.
1.4. Regulación actual de la mediación.
Para fijar las circunstancias actuales de uso jurídico de la mediación se expondrá la realidad normativa de la misma, tanto normativamente, sobre todo en Italia, como judicialmente, en España.
Este primer acercamiento tratará de ser lo más acrítico posible, sugiriendo únicamente los problemas y soluciones que se tratarán a lo largo del estudio. No obstante, la premisa de estas premisas es su contingencia. La doctrina jurisprudencial, si bien es un complemento digno y cualificado cuando interpreta las normas; en este caso en el que la interpretación directa es imposible, sólo implica una interpretación indirecta y extensiva, demasiado cercana a la creación normativa, aun en la atipicidad.
Una creación normativa que, sin poder pretender serlo, adolecerá de problemas estructurales, así como carecerá planteamientos generales, abstractos y con vocación de permanencia. Como es en extremo difícil impartir justicia concreta y, al tiempo, crear Derecho objetivo; se tratará de una labor indispensable pero, sobre todo, discutible.
Del mismo modo, aunque exista una base legislativa como la italiana y, con ello, las decisiones xxxx más fundadas normativamente y la discusión quede más limitada, no ocurre lo mismo con la crítica; toda vez que lo indeterminado puede variarse e incluso lo establecido llegar a ser mejor.
1.4.1. España.
De entre las numerosas sentencias que, desde principio de siglo, han configurado, de forma más o menos uniforme, el contrato de mediación, podría ofrecerse un concepto como: «el contrato de mediación se integra en los xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx x xxxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxxx, xxxx xxxxxxx reside en la prestación de servicios
encaminados a la búsqueda, localización y aproximación de futuros contratantes, sin intervenir en el contrato ni actuar propiamente como mandatario. Constituye un contrato atípico, consensual, bilateral y aleatorio, puesto que su resultado es incierto, y se rige por las estipulaciones de las partes que no xxxx contrarias a la ley, a la moral o al orden público y, en lo no previsto, por los preceptos correspondientes a figuras afines, como xx xxxxxxx, xx xxxxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx x xx xxxxxxxx xxxxxxxxx», recogido en la STS 685/2012, de 19 noviembre34.
El recorrido que lleva hasta el concepto presente recorre décadas de doctrina jurisprudencial auto referencial35, integrando el contenido de los contratos con la poca base normativa general, ante la inexistencia de la específica. Es de señalar la utilización, como elemento de integración -al menos interpretativo- de la propia legislación italiana, aquí utilizada en sentido análogo. Así la STS 348/2007 de 30 de marzo: «El contrato de mediación se integra en los contratos de colaboración y gestión de intereses ajenos (...) sin intervenir en el contrato ni actuar propiamente como mandatario o, como dice el art. 1754 del Código italiano36, sin estar ligado a los contratantes por relaciones de colaboración, de dependencia o de representación (...)». También la STS 713/2010, de 15 noviembre «todo lo cual encuentra su apoyo normativo en el artículo 1754 del Código Civil italiano, que puede tomarse en vía de ejemplo».
Repasando de forma más concreta alguna de características afirmadas de la mediación, se mantiene que es un contrato atípico y con sustantividad propia,
34 En los mismos términos, las STS 878/2011 de 25 de noviembre; 360/2009 de 25 de mayo; o 348/2007, de 30 de marzo, entre otras muchas.
35 Aunque sí existan pequeñas variaciones y correcciones, sobre todo terminológicas y técnicas, la esencia del contrato puede rastrearse, en la concatenación de referencias, hasta mitad del siglo XX, una vez estabilizada y unificada la consideración del mismo como un contrato independiente del mandato o el arrendamiento de obra o servicios. Así lo presentan, casi en los términos actuales, las SSTS xx xxxx xx xxxxx xx xxx xxxxxxxxxxx xxxxxxxxx, XX 0000\0000; de veintisiete xx xxxxxxxxx xx xxx xxxxxxxxxxx xxxxxxx x xxx, XX 0000/0000; y tres de marzo de mil novecientos sesenta y siete RJ 1967\1243. A su vez, la sentencia.
36 La tendencia ya iniciada en la STS de 27 de diciembre de 1962, justifica, desde la
doctrina jurisprudencial, no sólo la utilidad del presente estudio, sino la aplicabilidad, aunque sea indirecta, de las conclusiones dogmáticas que puedan extraerse del Derecho italiano y, a fortiori, de los principios comunes que pudieran extraerse del Derecho contractual europeo.
aunque presente una relación de analogía respecto a algunos aspectos de otros contratos afines. Así la STS 713/2010, de 15 noviembre37: «(...) el contrato de mediación o corretaje, es un contrato atípico en nuestro derecho, que aunque tenga similitud o analogía con el de comisión, con el de mandato e incluso con xx xx xxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx, xxx xxxxxxx nunca responderá a una combinación formada con los elementos a dichas figuras contractuales típicas. Pero a pesar de ello su enorme práctica comercial y la importancia que ha adquirido en dicha área hacen preciso que se fijen las normas por las que ha de regir su nacimiento, desarrollo y producción de efectos. Para ello habrá de recurrir a lo pactado por las partes a tenor de la facultad xxxxxxxx xxx xxx xxxxxxxxx 0000 x 0000 xxx Xxxxxx Xxxxx , xxxxxxx a las normas generales de las obligaciones y contratos comprendidos en los Títulos I y II del Libro Cuarto del Código Civil, más tarde a los usos comerciales y normas complementarias, así como a la jurisprudencia pacífica y consolidada establecida por las sentencias de esta Sala; sin olvidar, en su caso, la doctrina científica y derecho comparado, recogidos en dicha jurisprudencia38».
También lo entiende como un contrato condicional la STS 348/2007, de 30 marzo39: «En consonancia con ello, esta Sala tiene declarado que dicho contrato está
37 También lo entiende así la STS 738/2011, de 13 octubre: «Es un contrato atípico, cuya semejanza con el mandato o xx xx xxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx x xx xx xxxx, xx permiten la aplicación directa de sus normas, sino que se regulará por lo pactado, por la normativa xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx x xxxxxxxxx x xxx xxx xxxx x xxxxxxxxxx. (...)»; o, anteriormente, la STS de 2 de octubre 1999: «nunca responderá a una combinación formada con los elementos de dichas figuras contractuales típicas” (mandato o prestación de servicios, con los que tiene analogías)». Se trata también como "innominado", aunque se refieran igualmente a su atipicidad, en las SSTS 973/1994, de 4 noviembre; 348/2007, de 30 marzo; o 1185/1992, de 22 diciembre.
38 De nuevo se invoca al Derecho comparado a efectos de resolver lo irresoluble, en
cuanto a la complejidad de la figura, la insuficiencia ordinaria de los pactos de las partes, y la ausencia de normativa aplicable. El requisito que mantiene la sentencia en cuanto a la necesidad de que la doctrina o el Derecho comparado estuviesen recogidos jurisprudencialmente no deja de ser un imposible lógico en su formulación absoluta, pues si sólo fuera relevante una vez recogido, pero no pudiera recogerse en tanto no fuera relevante, resultaría un imposible. Seguramente sea más adecuado pensar que sólo cuando las conclusiones fueran adecuadas y aplicables en el Ordenamiento español, habrían de ser aplicadas, heterointegrándolo de forma indirecta, al fundarlas no tanto en su valor normativo como dogmático, aprovechándolas para extraer, de nuestros propios principios y normas -comunes- conclusiones asimilables.
39 También la STS de 26 marzo de 1991, RJ 1991\2447: «Que el contrato de corretaje o
comisión pactado se halla sometido a la condición suspensiva de la celebración del contrato pretendido»; o la STS de 19 octubre 1993, RJ 1993\7744: «(...) la esencia de la mediación radica en que la función del mediador está dirigida a poner en conexión a los que "pueden ser
supeditado, en cuanto al devengo de honorarios, a la condición suspensiva de la celebración del contrato pretendido, salvo pacto expreso».
Queda claro el especial carácter de confianza que reviste el contrato, como recogen las SSTS 713/2010, de 15 noviembre, «mandato y comisión son contratos "factio ut des" (la relación contractual es de resultado) e "intuitu personae" (basado en la confianza), características presentes en el de corretaje, distribución o agencia inmobiliaria»; o 360/2009, de 25 mayo, «tratándose de un contrato de duración indeterminada, basado en la confianza mutua entre las partes que lo conciertan, por lo que puede ser revocado cuando la misma cesa»; entre muchas otras.
Asimismo se ha afirmado su onerosidad en la STS 13/2010, de 15 noviembre: «se trata de un contrato atípico, consensual y oneroso», de conformidad con lo establecido, de forma generalizada, por la jurisprudencia menor, a su vez inspirada por doctrina más antigua del Supremo, cual la recogida en las SSTS de 27 xx xxxxxxxxx xx 0000 x 0 xx xxxx xx 000000.
Aprecia el carácter de aleatorio la Sentencia 682/2012, de 2 noviembre41:
«Constituye un contrato atípico, consensual, bilateral y aleatorio, puesto que su resultado es incierto, y se rige por las estipulaciones de las partes que no xxxx contrarias a la ley, a la moral o al orden público y, en lo no previsto, por los preceptos correspondientes a figuras afines, como el mandato, el arrendamiento de servicios o la comisión mercantil».
Las dos citas mencionadas en los párrafos precedentes recogen, a su vez, el
contratantes", "sin intervención del mediador en el contrato", ni actuar como mandatario; se halla sometido a la condición suspensiva de celebración del contrato, no por sí mismo (como ha entendido con error la Sala) sino por los interesados»; entre otras muchas.
40 Sentencia núm. 724/2010 de 25 octubre de la Audiencia Provincial de Pontevedra: «No ha de ofrecer duda el carácter oneroso de la mediación»; sentencia núm. 121/2006 de 5 mayo de la Audiencia Provincial de Santa Xxxx de Tenerife: «Se trata, sin duda y como la jurisprudencia ha señalado desde antiguo (sentencias del Tribunal Supremo de 27 xx xxxxxxxxx xx 0000 x 0 xx xxxx xx 1963), de un contrato esencialmente oneroso en el que la remuneración es un elemento sustancial del mismo (junto con la actividad de mediación), e integra una obligación genuina del oferente, pues el corretaje sólo vincula a quienes lo hayan concertado»; Sentencia núm. 166/2006 de 28 marzo de la Audiencia Provincial de Málaga: «(...) siendo meridianamente claro que nos encontramos en presencia de un contrato oneroso en el que el agente desempeña funciones de intermediación a cambio de una retribución».
41 Asimismo la STS 503/2011, de 27 junio; reproduciendo ambas los términos de la STS
de 6 de octubre de 1990.
carácter consensual de la mediación, como hace también, en idénticos términos, la STS 000/0000, xx 00 xxxxxxxxx.
Xxxxx xxxxxxxx xx la consideración de si se trata de un contrato unilateral o bilateral, declarado ambas posibilidades la STS 348/2007, de 30 marzo: «En definitiva un contrato que pueda ser de carácter bilateral, o unilateral del que nace el encargo, cuando la obligación de pago al mediador queda condicionada a que la mediación sea eficaz y se celebre el contrato». Lo describen únicamente como bilateral las citadas SSTS 685/2012, de 19 noviembre; o 682/2012, de 2 noviembre.
Más expresiva ha sido la jurisprudencia menor, incidiendo en el problema dogmático la Sentencia de la Audiencia Provincial de Baleares 26/2012, de 18 enero:
«Se trata de un negocio atípico o innominado, facio ut des, consensual, principal y oneroso, discutiendo la doctrina si es unilateral, por obligar sólo a la parte oferente que hace el encargo a pagar la remuneración si la mediación es eficaz, o bilateral, al crear recíprocas obligaciones para las partes, pues el mediador queda obligado a desplegar una adecuada y normal actividad de mediación»; y dándolo por resuelto en la doctrina jurisprudencial posterior a 1990: «La jurisprudencia (...), lo ha considerado siempre como contrato bilateral que crea obligaciones sinalagmáticas , quedando obligado el mediador a efectuar las gestiones que xxxx usuales en el tráfico a que se dedique». Enuncia también la unilateralidad la Sentencia 66/1999, de 5 febrero, de la Audiencia Provincial de la Rioja: «(...) incluso la propia jurisprudencia (...) ha llegado a sostener que la mediación es un contrato unilateral, en el que sólo se obliga la parte que hace el encargo al mediador subsistiendo el derecho a la remuneración aunque el contrato celebrado no llegue a consumarse, devengándose tal remuneración siempre que de las gestiones del mediador se haya aprovechado quien concluya el contrato (...)»; citando sentencias del Tribunal Supremo anteriores a 1970.
En el mismo sentido de la bilateralidad, utilizando el término más preciso42
42 Toda vez que la del Tribunal Supremo, cuando se declara meramente la categoría sin profundizar en la misma, por no ser ratio decidendi, pudiera dar lugar a confusión dado que la bilateralidad no siempre coincide con sinalagmaticidad, sino que también puede usarse como sinónimo de consensual. En todo caso, al declararse en conjunto ambas categorías podría descartarse tal significación.
sinalagmaticidad, también se pronuncia la jurisprudencia menor. Así la Sentencia 604/2012, de 27 septiembre, de la Audiencia Provincial de Murcia, «El contrato de intermediación o corretaje es de carácter sinalagmático y conlleva obligaciones y derechos recíprocos para las partes, consistente en la labor de mediación por parte de la intermediaria, y el pago de un precio por quien contrata sus servicios». También la Sentencia 100/2012, de 0 xxxxx, xx xx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx xx Xxxxx Xxxxxxxx: «(...) dicho contrato es de carácter bilateral y sinalagmático y que, por consiguiente, produce obligaciones recíprocas e interdependientes entre los contratantes». Asimismo la Sentencia 262/2009 de 23 xxxxx de la Audiencia Provincial de Xxxx: «La jurisprudencia ya de antiguo (...) lo ha considerado siempre como contrato bilateral que crea obligaciones sinalagmáticas, quedando obligado el mediador a efectuar las gestiones que xxxx usuales en el tráfico a que se dedique».
El problema viene de la remisión, por la mayor parte de la doctrina jurisprudencial a este respecto, menor y mayor, a las SSTS de 6 xx xxxxxxx xx 0000 x 00 xx xxxxxxxxx xx 1992 como fuente xx xxxx xxxxxxxxxxxxxxxx, xxx xxxx xx xx xxxxxxxxxx xx xxxxxxx del mediador. Ni son tan claras estas dos sentencias; ni tampoco absolutamente coordinadas. Así, mientras la más reciente declara que
«parece evidente, conforme a la normativa general de las obligaciones y contratos, contenida en los Títulos primero y segundo de Libro cuarto de CC, por la que se rige el que nos ocupa, que el derecho del agente x xxxxxxxx al cobro de sus honorarios ha de nacer desde el momento en que quede cumplida o agotada su actividad mediadora (única a la que se había obligado), o sea, desde que , por su mediación, haya quedado perfeccionado el contrato de compraventa cuya gestión se le había encomendado»; establece la anterior que «el mediador no promete la conclusión del contrato objeto del encargo, ya que ese hecho, aquí no discutido, como se dice en la sentencia de 3 de marzo de 0000, xx xxxxxxx xx xx xxxxxxxx xxxx xx xx xx los interesados». Xx xxxxx, xxxx xxxxxxxxx xx 0000 xxxxxxxxxx xxxxx xx xxxxxxxxxx del comitente -extremo del todo compatible con la unilateralidad-, sin pronunciarse sobre la del mediador, pese a las construcciones posteriores erigidas sobre la misma.
Más clara al respecto es la Sentencia 665/2005, de 22 xxxxx, de la Audiencia Provincial de Málaga: «La mayoría de la doctrina mercantil (Garrigues, Broseta y Uria) consideran que se trata de un contrato sinalagmático o bilateralmente obligatorio, porque origina recíprocas obligaciones para las partes; el corredor queda obligado al menos a desplegar una actividad y diligencia normal en el ejercicio de su mediación; cuando el corredor acepta el encargo, crea una apariencia y esperanza de gestión, que ha de ser correspondida con el desarrollo de una diligente actividad de búsqueda y captación de contratantes», aunque acabe remitiéndose a las sentencias citadas, además de otras sentencias anteriores a 1960.
Es generalmente aceptado que se trata, además, de una obligación de resultado, como expresa la STS 878/2011, de 25 noviembre: «Es pues, una obligación de resultado: solamente se cumple si se obtiene el resultado previsto en el contrato de mediación, que no es otro, que la perfección del contrato proyectado». También lo entiende, incluso aunque se hubiera pactado expresamente la mediación como obligación de medios, la STS 738/2011, de 13 octubre: «No se trata de una interpretación del contrato sino de una calificación del mismo y siendo de mediación, su propia esencia es la que se ha expuesto. La retribución de la mediación se produce por la perfección del contrato objeto de la misma, como efecto (nexo causal) de la actividad mediadora; entender otra cosa es desnaturalizar el concepto».
En cuanto a cuál es el resultado al que se queda obligado, a día de hoy se entiende que es la perfección del contrato, del que el mediador no es parte. Así las ya citadas SSTS 878/2011 de 25 noviembre; 738/2011 de 13 octubre; o 348/2007, de 30 marzo. Sin embargo, en un momento anterior se dio una cierta indeterminación entre la perfección y la consumación del negocio mediado, así STS de 2 de diciembre de 1902 y, acogiendo la doble xxxxx, xx 00 xx xxxxxxxxx xx 0000. Lo cierto es que no se percibe una diferencia cualitativa entre una y otra posibilidad de resultado, salvo que la consumación implica un mayor riesgo, pues ambas son
ajenas a la cualquier diligencia posible en la acción del mediador43. Si bien se suele hacer referencia al "aprovechamiento" de la mediación44, siempre revierte sobre la perfección como xxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxxx -x xxxxx xxxx xxxxx xxxxxx xxxxxxxx xx xx xxxxx-.
El tratamiento del resto de carácteres de la mediación, que se estudiarán en adelante, se encuentra subsumido en la doctrina jurisprudencial aportada. Así, por ejemplo, la independencia del mediador respecto al comitente, sin actuar como representante o mandatario, ni tener más obligación que la pura intermediación45. No tiene así demasiado sentido reiterar más características que ya han sido enunciadas, por no haber tenido éstas un tratamiento mucho más profundo que su enunciado en las citadas definiciones jurisprudenciales.
43 Sobre todo sí, como afirma la STS 591/2006, de 13 junio, «el derecho del corredor a ser remunerado depende, pues, del cumplimiento del encargo que se le hace, de modo que no adquiere derecho a percibir corretaje, aunque halle persona dispuesta a comprar, si surge en el curso de las negociaciones cualquier diferencia sustancial que obste a la celebración de la venta, porque en tal caso ésta no llega al estado de perfección».
44 Así la STS 973/1994, de 4 noviembre: «El derecho a la remuneración subsiste aun cuando el contrato objeto del corretaje no llegue a consumarse, siempre que de las gestiones del mediador se haya aprovechado quien concluyó el contrato, con independencia de las vicisitudes que éste experimenta a lo largo de todo su desarrollo (...)», oponiéndolo finalmente a la consumación, pudiendo utilizarse el mismo argumento frente a la perfección, si se pudiera probar de otra forma la utilidad o aprovechamiento. En un sentido de la utilidad algo más distante del resultado perfectivo, la Sentencia 00/0000, xx 00 xxxx, xx xx Xxxxxxxxx Provincial de Almería: «Resulta pues evidente la realización de servicios o gestiones por parte de la inmobiliaria a los que se había comprometido según el contrato, y no a la finalidad de la adquisición por el actor de vivienda. Como consecuencia de tales servicios y en contraprestación a los mismos, causa en contrato oneroso, surge la obligación de pago del Sr. Xxxxxx ».
45 Al respecto, en todo caso, además de las sentencias citadas, SSTS de 12 de marzo de
1986; 00 xx xxxxx xx 0000; 0 xx xxxxx xx 0000; x 00 xx xxxxx xx 2003. Con mayor concreción en la jurisprudencia menor, SSAAPP de Xxxxxxxxx, xx 00 xx xxxxxxx xx 0000; xx Xxxxxx, xx 15 xx xxxxxxxxx xx 0000, x xx Xxxxxxxxx, xx 00 xx xxxxxxxxx xx 2000, que aclara: «el contrato de mediación o corretaje puede definirse como aquel por el cual una parte se obliga frente a otra, sin relación de dependencia, a desplegar una actividad dirigida, a procurar la conclusión de una operación o contrato».
1.4.2. Italia
Como se ha afirmado en varias ocasiones, la mediación es típica en Italia, pero no por ello clara o suficiente en regulación46, ni actualizada en su contenido47. Contenida en el Capítulo XI del Título II del Libro cuarto del Código civil, incluye los artículos 1754 a 1765 del mismo.
Define, el art. 1754 del Código civil italiano al mediador, sin definir a la mediación en sí, como «colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza». Queda así como acción nuclear el “relacionar” 48 (conectar, o coligar) a dos sujetos para que devengan partes de un negocio. Ello fundamentalmente de forma directa, presentando a las partes; o bien informando de una oferta o interés a una de las mismas49.
Si bien en un principio se entendió que la relación del mediador con las partes debía de ser siempre frente a todas ellas50, pronto se llegó a la conclusión de que, aun manteniendo su independencia, podía actuar el mediador bajo el encargo de una sola de las partes51, o incluso encargado por un tercero52.
46 «(…) la figura guiridica prevista dall’art. 1754 e ss. del Codice civile non cessa di essere circondata da alcune zone d’ombra, come dimostra, peraltro, nei numeri e nel contenuto, l’accresciuto contenzionso guidiziario in materia» D’XXXXXX, MARASCIULO, en La mediazione, op. cit., p.1.
47 Regulando el Código civil «una figura di mediatore che oggi non existe più», GRASSI,
Il contratto di mediazione, Cedam, Padova, 2009, p. 165.
48 «(…) si ricolleghi all’opera da lui svolta per l’avvicinamento dei contraenti inteso come avvichinamento delle respettive contrastanti posizioni di interesse» Xxxx. N. 1566/1988.
49 Cass. N. 2030/1977, n.; o Cass. N. 23438/2004, entre otras muchas.
50 Sobre todo jurisprudencia “menor” (di meritto), como Appello Cagliari 10.06.1968, aunque también parte de la doctrina.
51 Cass. N. 1750/1984. Anticipado no obstante por la doctrina; así XXXXXXXX, «la configurazione del contratto non postula di necessità il concorso di una terza parte contraente, e cioè della persona, da noi denominata mediatario, interessata alla conclusione dell’affare, che il mediatore debe mettere in relazione con l’intermediato (…) la posizione del mediatario rispetto al rapporto guiridico di mediazione pu`attegiarse in un duplice modo: o nel senso dell’estraneità, o in quello della partecipazione al rapporto», La mediazione, vol II. T.2, fasc 2. del Trattato di Diritto Civile Italiano, dirigido por Xxxxxxx, Editorial Uniones Tipografico Editrice Tronese, Torino, 1957, p. 51.
52 Cass. N. 17628/2002.
Mientras que el artículo 1754 establece la acción típica mediadora, el artículo 1755 describe la consecuencia jurídica de la misma: «Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento». De este modo, la acción mediadora debe mantener un vínculo de causalidad finalista con un negocio perfeccionado entre las partes relacionadas.
Dicho vínculo no necesita de una prueba exhaustiva, sino de una simple relación causal, que incluiría el mero señalamiento de la otra parte53, o de la simple posibilidad del xxxxxxx00.
En cuanto a la posición de la doctrina jurisprudencial sobre la naturaleza de la mediación, se afirma hoy la naturaleza contractual55 y consensual56 de la misma; aunque no resulta una postura unívoca57. Es, por lo demás, suficiente la manifestación xxxxxx xx xx xxxxxxxx00, xxxx xx xxxx xxxxxxxx mantenido frente a la evidencia de acción mediadora59. Así la sentencia de la Xxxxx Xxxxxxx xx Xxxxxxxx,
00 Cass. N. 530/1992.
54 Cass n. 6813/1988.
55 Cass. N. 7759/2005; Cass. N. 7126/2001; Cass. N. 6963/2001; entre otras tantas.
56 Cass. N. 7759/2005 o, más reciente, Cass. 12390/2011.
57 Posición más discutida a principios del siglo XX (afirma la naturaleza no negocial de la mediación la sentencia de la suprema Xxxxx xx 00 xx xxxxx xx 1926) o incluso hasta mediados del mismo (calificando como acto negocial no necesariamente contractual ni consensual la sentencia de la Corte di Cassazione de 6 de noviembre de 1956; o bien como acto unilateral atípico –respecto de la mediación codificada-, así Cass. 13.03.1944, o Cass. 09.04.1954. Persiste, sin embargo, en ocasiones más recientes, como Xxxx. N. 3531/1980, o, incluso, Cass. 16382/2009:
«(…) il mediatore, sempre pre quanto fonfigurato nell’art. 1754 c.c. acquista il diritto alla provvigiione non in virtù di un negozio posto in essere ai sensi dell’art. 1322 c.c. ed i cui effetti si producono ex art. 1372 x.x. xxxxx sulla base di un mero comportamento (la messa in relazione di due o più parti) che il legislatore riconosce per ciò solo fonte di un rapporto obligatorio e dei connessi effetti giuridici». Si bien lo que trata la sentencia, más de de subrayar un carácter no negocial de la mediación, es de incidir en su naturaleza unilateral, como no obligatoria para el mediador.
58 «Il raporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o più persone
per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula necesariamente un preventivo accordo (…) me é configurabilie pure in relazione ad una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente» Xxxx. N. 21737/2010. Hay que advertir que la “actividad material” a la que se refiere, mediando consentimiento, aun tácito, sigue siendo consensual y, por ende, negocial. También Cass. N. 6004/2007; Cass. N. 7759/2005; o Cass. N. 8136/2001; entre otras.
59 En este sentido «il rapporto di mediazione non può configurarsi, e non sorge quindi il diritto alla provviguione qualora le parti, pura vendo concluso l’affare grazie all’attività di mediatore, non siano state messe in grado di conoscere l’opera di intermediazione sovolta (…)»,
n. 6813 de 14 de diciembre de 1988, ampliamente utilizada: «Il rapporto di mediazione ha natura contrattuale, sia nel caso in cui gli interessati conferiscano preventivamente l’incarico al mediatore, sia nel caso in cui accettino comunque l’attività da lui prestata in quanto, in entrambi i casi, tre origine e fondamento dalla volontà dei soggetti, manifestata esplicitamente o implícitamente, mediante fatti concludenti(…)».
Respecto a la compatibilidad de dicha mediación contractual con otra atípica, que revista diferentes carácteres y naturaleza, si bien cierta jurisprudencia niega tal posibilidad60, reconduciendo estos supuestos al ámbito contractual de mediación; la doctrina jurisprudencial más reciente y abundante61 acepta la posibilidad de una mediación negocial atípica62, que escapa del marco tradicional con el que se ha interpretado la mediación tipificada.
Se entiende la mediación como naturalmente onerosa63, y la actividad del mediador esencialmente imparcial64. Dicha imparcialidad ha sido llevada al extremo como base de la unilateralidad obligacional del contrato, entendiendo que, si ha de quedar obligado el mediador, se trataría de una mediación atípica, más próxima al mandato65. Parcialmente opuesta a la posición anterior, aunque sobre la
de forma que sin elemento intelectivo, no puede haber tampoco voluntad ni consentimiento, en Cass. N. 6004/2007. También Cass. N. 11521/2008.
60 Así Cass. N. 4591/1990, «(…) le parti, possono derogare al principio fissato dall’art. 1755 c. c. stabilento il diritto del mediatore al compenso anch enei casi di revoca anticipata dell’incarico».
61 Cass. N. 5846/1991; Cass. N. 2766/1997; o Cass. N. 7273/2000.
62 Es posible que esa “huída” del tipo se dé no tanto por la inadecuación de la mediación contractual, sino por la configuración tradicional de la misma que, hasta ahora, se ha venido haciendo. O, de otra forma: con otra propuesta sobre la naturaleza de la mediación, los negocios que se dicen atípicos encajarían dentro del tipo básico mediatorio, además de los que ahora recoge, como se verá.
63 Cass. N. 3457/1973.
64 «Va rilevato che l’art. 1754 pone come requisito soggetivo negativo per l’esercizio dell’attività di mediazione l’inesistenza di rapporti di dipendenza, collaborazione, rappresentanza tra il mediatore e le parti (…) nell’esigenza di garantiré l’imparzialità del mediatore anziché nel fine di evitare una duplicazione di rapporti o un cumulo di retribuzioni» Xxxx. N. 1231/2000. También «Il requisito dell’impazialità, essenziale nell’attività del mediatore (…)» Xxxx. N. 5845/1997. En el mismo sentido; Cass. N. 1294/1986; Cass. N. 9380/2002; o Cass. N. 12106/2003.
65 Así Cass. 16382/2009; siguiendo a Xxxx. 24333/2008; y seguida por Tribunale di Termi,
a 6 de xxxxx de 2010 «il conferimento ad un mediatore professionale dell’incarico di reperire un acquirente od un venditore di un immobile dà vita ad un contratto di mandato e non di
base de la unilateralidad, se acepta que cuando se dé una posición pasiva del mediador en la relación obligatoria, responda a una relación jurídica compleja, añadida a la simple mediación66.
En cuanto a la naturaleza de la acción del mediador, de dudosa obligatoriedad, se trata de una “acción” de resultado causal67, tipificada respecto a la perfección del negocio mediado68, pudiendo pactar las partes que el resultado sea la consumación del mismo69. Parte del rigor de la “acción” de resultados xxxxx por la compensación en caso de incumplimiento inimputable70, expresamente recogido en la norma71, aunque desplazable por la autonomía de la voluntad.
En cuanto a los artículos del Código civil que siguen a los ya reproducidos y comentados, del 1756 al 1765, regulan aspectos concretos de la mediación relativos
mediazione, essendo quest’ultima incompatibile con qualsiasi vincolo tra il mediatore e le parti».
66 «il rapporto di mediazione non è incompatibilie con la sussistenza di un rapporto contrattuale di altro tipo tra il mediatore ed uno dei soggetti messi in contatto, come accade allorché al mediatore sia affidato l’incarico unilaterale di attivarsi per la ricerca del partner commerciale» Xxxx. N. 24333/2008.
67 «(…) per il diritto del mediatore al compenso (…) è determinante [un suo intervento] all’accordo definitivo (…) sempre però che tale attività constituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e poi valorizzata dalle parti» Xxxx. N. 28231/2005. También «per aversi diritto alla provvigione non basta che l’affare sia stato concluso, ma, in forza dell’art. 1755 c.c. occorre che la conclusione sia avvenuta per effetto dell’intervento del mediatore» Xxxx. N. 15880/2010.
68 Así, aunque el tipo habla de la conclusión de un affare, «la nozione di affare (…) è referibilie (…)ad ogni operazione generatrice diobbligazioni, ed infine può essere riferita anche alla conclusione di un solo contratto, ma anche di una pluralità di contratti tra loro collegati» Xxxx. 17628/2002. También «(…) per conclusione di affare debe intendersi il compimento di “una operazione di natura económica generatrice di un rapporto obligatorio tra le parti”(…)», Xxxx. N. 7400/1992; o «Per conclusione dell’affare dalla quale norma dell’art. 1755 c.c. sorge il diritto alla provvigione del mediatore, debe intendersi il compimento di una operazione di natura económica generatrice di un rapporto obligatorio tra le parti (…)» Xxxx. N. 22000/2007, precisando que cuando se trate de un contrato, incluso de un precontrato, se considerará perfección a estos efectos «sempre che si tratti di contratto válidamente concluso e rivestito dei prescritti requisiti e, quindi, della forma scritta richiesta “ad substantiam».
69 Cass. N. 6472/1982.
70 Toda vez que no se puede hablar, pacíficamente, de obligación, tampoco de incumplimiento, por lo que se trataría, en rigor, de no consecución del fin propuesto por la tendencia imprimida a la acción causal del mediador.
71 Art. 1756: «Xxxxx xxxxx o usi contrari, il mediatore ha diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite anche se l'affare non è stato concluso».
a la dinámica prestacional72 de la misma, aspectos accesorios de la relación jurídica73, cautelas normativas74 o incluso sanciones administrativas75. Muchos de los preceptos serán útiles a la investigación, y así se estudiarán en su momento. Xxx xxxxxxx, x x xxxxxxx xx xxxxx xx xxxxxxxxxx xxxxxx xx xx xxxxxxxxxx del contrato, no es necesario profundizar introductoriamente más en los mismos.
Por otra parte, y de forma inversa a lo ocurrido en España con la Ley 10/2003, y en contra de la tradición italiana76, la regulación jurídica de de la mediación cambió con la Ley 000/0000, xx 00 xx xxxxx, x, xxxxx todo, con la Ley 39/1989, de 23 de xxxxxxx00, que modifica la anterior, estableciéndose un régimen xx xxxxxxx xx xxxxxxxxx xx xx xxxxxxxxx xx xxxxxxxx, xxxxxxxxxxxx xxx xx Xxxxxxx Ministerial 452/1990, de 21 de diciembre78.
El elemento más significativo de esta norma es la imposición de la inscripción como elemento habilitador para ejercer tanto la pura mediación como todas las actividades complementarias que xxxx necesarias para la misma79. Se establece como sanción del incumplimiento la negación de la acción del derecho a la retribución del mediador no inscrito80; pero también sanciones administrativas pecuniarias, y hasta penales en caso de reiteración de la actividad mediadora no
72 Art. 1756 Rimborso delle spese; art. 1759 Responsabilità del mediatore ; art. 1760 Obblighi del mediatore professionale; art. 1762 Contraente non nominato.
73 Art. 1757 Provvigione nei contratti condizionali o invalidi; art. 1758 Pluralità di mediatori; art. 1761 Rappresentanza del mediatore; art. 1763 Fideiussione del mediatore.
74 Art. 1764 Sanzioni.
75 Art. 1765 Leggi speciali.
76 Vid. notas 23 y 32.
77 Cuyo objeto queda concretado, efectivamente, «ai mediatori di cui al capo XI del titolo III del libro IV del codice civile», conforme al art. 1 de la norma.
78 También lo desarrollan, para aspectos más concretos, el D.M. 21 dicembre 1990, n. 452, en cuanto al examen prescrito para la inscripción, y distintas circulares relativas a la mediación en diferentes sectores.
79 Art. 3.1 «L'iscrizione nel ruolo abilita all'esercizio dell'attività di mediazione su tutto il territorio della Repubblica, nonché a svolgere ogni attività complementare o necessaria perla conclusione dell'affare».
80 Art. 6 «Hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli (...)».
inscrita81.
El reconocimiento de aquellas acciones accesorias pero necesarias para la mediación, vino a confirmar no sólo el esquema factual complejo del concepto; sino también las implicaciones del mismo, fundamentalmente la contractualidad82. Apoya la conclusión anterior la concreción del requisito anterior para cualquiera que ejerza la mediación, en términos generales83, aparentemente incompatibles con la existencia de varias "mediaciones" de distintas naturalezas, no sujetas a la norma84.
Se trata, en todo caso, xx xxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx, xx xxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxx00, lo que lleva a dudar de la verdadera influencia de
81 Art. 8.1 « Chiunque esercita l'attività di mediazione senza essere iscritto nel ruolo è punito con la sanzione amministrativa (...) A coloro che siano incorsi per tre volte nella sanzione di cui al comma 1, anche se vi sia stato pagamento con effetto liberatorio, si applicano le pene previste dall'articolo 348 del codice penale, nonché l'articolo 2231 del codice civile (...)».
82 «Lo svolgimento di dette attività presuppone, con tutta evidenza, un rapporto fiduciario tra le parti, fatto questo che di solito si realizza nell'ambito di una mediazione contrattuale» GRASSI, Il contratto...op. cit., p. 35.
83 Así el art. 2.1 in fine, «coloro che svolgono o intendono svolgere l'attività di mediazione, anche se esercitata in modo discontinuo o occasionale», pero también el art. 6.1 o el 8.1.
84 Sí se discute si de la norma puede deducirse una especie de mediación, "unilateral", a
tenor de lo dispuesto en el art. 2.2 de la norma, que individualiza a los mediadores bajo mandato oneroso. Así XXXXXXX, op. cit., «Altra rilevante novità introdotta dalle legge in esame è la tipizzazione della mediazione unilaterale» p. 11. Se trata, empero, no de la unilateralidad que se discutirá más adelante -esto es, la opuesta a la sinalagmaticidad-, sino a la mediación, sólo, para una parte. Lo aclara también el autor: «(...) il legislatore, parlando di agenti muniti di mandato a titolo oneroso, ha inteso riferirsi ai mediatori unilaterali, i quali operano su incarico e nell'interesse esclusivo di una parte ed unicamente da questa possono pretendere la provvigione», p. 12. Esta figura, además de estar muy próxima -quizá demasiado- a la pura agencia, podría ser alternativa a otra interpretación del artículo que diera al mediador, independiente, un mandato concreto para perfeccionar determinados negocios conforme a unas instrucciones previas: en vez de ser un nuncius de una oferta -que podría ser vinculante en ciertos casos-, tendría poder para concluirla.
85 «la norma, ancora una volta, riveste un interesse dicarattere publicistico (...)» GRASSI, op. cit., p. 36. Se refiere, en concreto, al art. 5.5 de la Ley, último que comenta, pero nada obsta su extensión al resto de la norma. También «La ragioni dell'introduzione di tale rigido controllo pubblicistico sull'esercizio dell'attività mediatoria (...) si afferma in essa che l'attività considerata sta assumendo, da un punto di vista sociale ed economico, un'importanza sempre crescente nella società moderna» XXXXXXX, op. cit., p. 9. Continúa «L'iscrizione considerata ha carattere di accertamento costitutivo di uno status profesionale (...) per effetto di un atto unilaterale della pubblica amministrazione», pp. 10-11. Al respecto de la naturaleza administrativa de este procedimiento, SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 1989, pp. 679 y ss.
estas normas sobre la mediación y su naturaleza. Ocurre, por una parte, que tratar la propia institución no fue nunca intención de la norma y, si bien pueden aportar una determinada regulación de la misma, a la hora de imponer sus propios efectos públicos sobre su ejercicio, no tienen preceptos de aplicación directa, ni tampoco de remisión expresa.
En el mejor de los casos podrían considerarse sus disposiciones, respecto a las del Código civil que regulan la mediación, como una suerte de interpretación auténtica. Lo más probable es que ni siquiera se trate de eso, sino que la ratio legis esté limitada al objeto de la norma, por lo que trata únicamente de cubrir todos los supuestos posibles, cara a la no defraudación del mandato público; y no de intentar configurar uno u otro tipo de mediación.
Además, aceptar la sustantividad normativa de la interpretación que pudiera deducirse de las normas reguladoras del ejercicio de la profesión podría llevar a un problema mayor en el caso de que, como en España, se cambiase la tendencia legislativa hacia la liberalización del sector. Si así fuese, acaso habría de entenderse derogada también aquella interpretación auténtica o, por el contrario, mantenerla, pese a la falta de vigor de la norma.
Tanto por el objeto de la norma; el contenido de su texto; su carácter público; y la falta de una relación sólida de vocación permanente con la regulación sustantiva de la mediación; parecía más razonable no sobrevalorar la importancia de estas normas ni, por tanto, completar con ella la regulación dispuesta en el Código civil.
Las previsiones y cautelas anteriores se confirmaron con la publicación del Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, que recibe la Directiva 123/2006/CE, de 123 de diciembre.
La Directiva, en xxxx xx xx xxxxx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxx xxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, y para favorecer el xxxxxxxxxxx xxxxxxxxx x xxxxxxxxxxx xx xx xxxxxx
xx xx Xxxxx00, xx prohíbe de forma terminante las limitaciones al ejercicio de la mediación, aunque sí impone la simplificación de los procedimientos87; haciéndolos además válidos en toda la Unión, en virtud del principio de confianza recíproca88; limitando de forma notable los xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxx00.
Xx xxxxxxxxx xx xx Xxxxxxxxx con la norma nacional italiana no ha liberalizado el ejercicio de la mediación90, si bien ha sustituido xx xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxx00 xxx xxx xxxxxxxxxxx xx xxxxxx xx xxxxxxxxx00. Persiste, como sanción, la pérdida del derecho a la retribución del mediador no inscrito93, así como las disposiciones administrativas y penales, variando el
86 «Para fomentar xx xxxxxxxxxxx xxxxxxxxx x xx xxxxxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxx xx xx Xxxxx Europea resulta esencial un mercado xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx (…) »Xxxxxxxxxxxx 0x xx xx Xxxxxxxxx; «El objetivo de la presente Directiva es crear un marco jurídico que garantice la libertad xx xxxxxxxxxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxx Xxxxxxx xxxxxxxx (…)» Considerando 12 de la Directiva.
87 Artículo 5. Simplificación de los procedimientos 1. «Los Estados miembros verificarán los procedimientos y trámites aplicables al acceso a una actividad de servicios y a su ejercicio. Cuando los procedimientos y formalidades estudiados de conformidad con este apartado no xxxx lo suficientemente simples, los Estados miembros los simplificarán (…)»
88 Arts. 5 y 16, principalmente.
89 Artículo 9 Xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx 0. «Xxx Xxxxxxx xxxxxxxx solo podrán supeditar el acceso a una actividad de servicios y su ejercicio a un régimen de autorización cuando se reúnan las siguientes condiciones (…)»
90 En el sentido de remover todo requisito administrativo, pues persisten. «A ben guardare, infatti, il servicio di mediazione continua ad essere regolato, per quanto concerne il possesso dei requisiti abilitanti (…)», D'XXXXXX, MARASCIULO, La mediazione, op. cit., 2011, p. 41.
91 Art. 73 (Attivita' di intermediazione commerciale e di affari) 1. E' soppresso il ruolo di
cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, e successive modificazioni(…). Sin embargo, entiende XXXXXXXX, que «la situazione, nella sostanza, non è peraltro mutuata, essendo stata l'iscrizione nel ruolo sostituita con altra formalità alla quale sono stati collegati i medesimi effetti che la l. n. 39/1989 aveva collegato all'iscrizione a ruolo», en La incostituzionalità della riserva, ai soli mediatori iscritti, dell'esercizio anche occasionale dell'attività, Obbligazioni e contratti, Vol. 6, Fasc. 12, Utet, Torino, 2010.
92 «Insoma, ormai siamo di fronte ad un regime che prevede una trasformazione del titolo autorizzatorio in dichiarazione di inizio attività (…)» XXXXX XXXXXXXXXX, La mediazione inmobiliarie. Attivitá, respponsabilitá del mediatora, tutela del consumatore, Xxxxxxx, Milano, 2012, p.
88. En todo caso esta declaración no es una mera declaración unilateral y recepticia, sino sujeta a control por las Cámaras de comercio.
93 «(…) in assenza di abrogazione della l. n. 39 del 1989, art. 6, ma in presenza della sola soppressione del ruolo, la norma di cui all’art. 6 va letta nel senso che, anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla normativa di cui al d. lgs. N. 56 del 2010, hanno diritto alla
presupuesto del tipo.
Aunque se mantengan efectos de la norma discutibles, y aún tenga que asentarse su interpretación, la conclusión en cuanto al valor normativo de las disposiciones estudiadas, en relación con la naturaleza de la mediación, es clara. Se trata de normas públicas, variables, que no afectan, ni pretenden hacerlo, a la regulación sustantiva de la institución. Por tanto, su valor es limitado, auxiliar de la verdadera –aunque insuficiente- regulación jurídica del contrato de mediación.
provvigione solo i mediatori che sono iscritti nei registri tenuti dalla Camera di comercio secondo l’art. 73» Cass. 8.7.2010, n. 16147.
2. RELACIÓN DE HECHO O NEGOCIO JURÍDICO
2.1. Complejidad fáctica del hecho mediador.- 2.2. Causa eficiente.- 2.3. Interés jurídico tutelado.- 2.4. Complejidad obligacional.- 2.5. Compatibilidad del hecho y el negocio sobre mismo objeto.- 2.6. Cuasicontrato, o no.- 2.6.1.- Gestión de negocios ajenos.- 2.6.2. Enriquecimiento injusto.- 2.7. Derecho contractual europeo.- 2.7.1. Actos jurídicos.- 2.7.2. Causa.- 2.7.3. Gestión de negocios.- 2.7.4. Enriquecimiento injusto.
Aunque las posiciones actuales sobre la mediación xxxx relativamente estables, doctrinal y jurisprudencialmente, en rigor no existe un acuerdo científico unánime sobre su naturaleza jurídica. Ni siquiera en sus consideraciones más elementales, lo que da idea de la magnitud del problema dogmático. Problema que, sin embargo, queda desafiado por una reiterada práctica que aparenta indemnidad respecto a aquel, aunque sólo sea con una máscara de ineficiencia.
En todo caso, la existencia de esta cierta incertidumbre relativa a su clasificación ya plantea que la atipicidad de la mediación no tiene únicamente que ver con su inclusión o no en la norma escrita –pues en Italia sí está prevista-; sino con sus características particulares, que no terminan de satisfacer plenamente las posibles categorías jurídicas.
Asimismo, la falta de premisas estables aconseja un análisis minucioso y progresivo, avanzando desde los estadios más básicos hasta las consideraciones y clasificaciones más complejas.
Se puede anticipar que se defenderá el carácter negocial de la mediación; pero definir el concepto de negocio jurídico y asimilar al mismo la mediación no basta. Ni el concepto de negocio jurídico es unívoco y sencillo94 – al menos desde la
94 No se trata de negar relevancia o evitar el propio concepto del negocio jurídico –que, en todo caso, se construye por oposición a otras categorías más generales o específicas-, sino de comenzar desde el principio. En todo caso, y obviando la génesis histórica en pro del actual valor doctrinal del concepto, valdrá, como punto de referencia, una definición clásica del
perspectiva de su evolución histórica-, ni es indiscutible la incardinación de la mediación en tal categoría.
Los efectos de la clasificación de la figura, así como los efectos que de la naturaleza de la misma resulten, no son meramente formales. Sería así posible, de adoptarse la perspectiva del mero acto jurídico sin mas cautelas, que una sola de las partes del negocio medido llevara unilateralmente dicho negocio a una situación de mediación que habría de afectar también a la otra parte, totalmente ajena a la existencia de la mediación95 o las concretas circunstancias de la.
También haría posible, esta eventual naturaleza de la mediación, cara al propio mediador, la concurrencia de múltiples mediadores sobre un mismo negocio, sin que estos pudieran controlar los efectos de su concurrencia96, ni tampoco quede claro como determinar, fruto de aquella conjunción, el precio o comisión que repartir97.
negocio, como «la declaración o acuerdo de voluntades, con que los particulares se proponen conseguir un resultado, que el Derecho estima digno de su especial tutela, sea en base sólo a dicha declaración o acuerdo, sea completado con otros hechos o actos», DE XXXXXX XXXXX, El negocio jurídico, Instituto Xxxxxxxx xx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 34. Precisa, seguidamente, que «el término tradicional de "declaración de voluntad" no es completamente satisfactorio, y para tener en cuenta la realidad jurídica hubiera sido preferible utilizar el de "conducta significativa"».
95 Como solución a este problema, precisamente, se ha creado en la doctrina italiana la
necesidad de conocimiento de la mediación, como una suerte de aceptación tácita si no hay declaración de voluntad negativa una vez conocida. «(…) la mancata conoscenza della mediazione, impedisce il sorgere del diritto del mediatore alla provvigione (…)» D'XXXXXX y XXXXXXXXXX, D., La mediaizone, op. cit., p. 65. Remedio fuera de la estricta literalidad de la norma y que responde precisamente al problema apuntado. De esta forma, un recurso alternativo, sin la necesidad de ser creado ad hoc, sería establecer de forma indubitada la consensualidad del negocio. Vid. epígrafe 4.3.
96 Estable el art. 1758 del Codice civile que «Se l'affare è concluso per l'intervento di più
mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della provvigione». Sin embargo, ni aclara si dichas cuotas serán alícuotas, ni los criterios de determinación o reparto de las mismas. El esfuerzo y la relación de causalidad podrán ser desiguales y, sin embargo, como cada mediador será un tercero respecto al otro, no podrán prevenir la eventualidad frente al mismo. Podría prevenirse frente al comitente –que no frente al tercero quien, como se señaló, podría tener también deber de pago-, pero de forma incompleta más allá del acuerdo de exclusividad. Solución esta última, de nuevo, demasiado específica y, quizá por ello, inefectiva, para un problema más fácilmente resoluble desde la categorización contractual de la mediación.
97 No obstante la previsión expresa del Codice civile, art. 1755, respecto a la falta de
Por otra parte, al margen de la idoneidad de la categoría que resulte, el presente análisis trata más de las características esenciales de la mediación que de la dicción literal de las posibles normas aplicables. De hecho, salvo inequívoca categorización del legislador, sería atrevido extraer de la mera redacción de la consecuencia jurídica una configuración inatacable, sobre todo si de ello derivan consecuencias jurídicas asistemáticas y económicamente ineficientes.
En principio, la redacción normativa –o, incluso, la doctrina jurisprudencial- habrán de ser tratados, analíticamente, como indicios –razonables o incluso muy cualificados-, que no eximirán de un juicio completo98. De su propia naturaleza dependerá la concreción, de tal forma que se clasifique por lo que es y no sea por cómo se clasifique.
Por ello, cabe estudiar la mediación en su conjunto, sin supeditar su contenido a una mera descripción que, más allá de la nuda literalidad, podría tener que completar su sentido con la sistemática, finalidad y técnica de su propio Código, o del sistema jurídico-contractual en el que se incardina, y bajo cuyos principios despliega sus efectos.
pacto de precio, que será determinado conforme a tarifas profesionales (cada vez menos usuales, a tenor de las limitaciones -discutibles- de la Directiva 2006/123/CE, art. 15.2.g); usos (tampoco demasiado compatibles con la realidad económica de la competencia); o la equidad judicial que, sin embargo, habrá de basarse en alguno de los elementos anteriores. En fin, se harán necesarias una demanda y oferta significativas para fijar un valor común o de mercado que permitan determinar el importe de la retribución, lo que no será posible siempre para todo tipo de mediaciones en cualquier lugar geográfico. Lo mismo surge de la aplicación genérica del art. 1657 del mismo Código para la retribución de los contratos de servicios, esencialmente idéntico al comentado.
98 De hecho, y para la norma italiana, cabría enfrentar de principio a la mera literalidad
de la “mera” acción mediadora la interpretación sistemática del Codice, comenzando por observar la situación de la mediación en la estructura de la norma, pues se incluye en el Libro de las Obligaciones, capítulo XI del título III, relativo a la doctrina de los contratos singulares. Así lo señala XXXXXXXX, La mediazione, vol II. T.2, fasc 2. del Trattato di Diritto Civile Italiano, dirigido por Xxxxxxx, Editorial Uniones Tipografico Editrice Tronese, Torino, 1957. No es en sí mismo un criterio, si no un indicio de la necesidad de la crítica exhaustiva sobre la naturaleza discutida, comenzando por la estructura más básica de la misma.
2.1. Complejidad fáctica del hecho mediador.
Para aquellos ordenamientos en los que, como el italiano99, se reocojan las consecuencias de la acción mediadora en la propia ley, sin supeditarlo a acuerdo expreso previo, se podría llegar a afirmar que la eventual obligación derivada de dicha actividad se dispone ex lege, por lo que el acto mediador se sitúa en una mera relación jurídica de hecho, y no en un negocio jurídico100
De esta forma, cuando la propia norma declara la situación activa del mediador, concluido el negocio mediado gracias a su intervención, crea una consecuencia jurídica que será aplicable a todo aquél que realice la acción tipificada
–presupuesto fáctico-, reproduciendo la conducta volitiva que conformaría el acto jurídico. En concreto, no habría más relación jurídica que la obligación de pagar al mediador generada en el momento en que éste lleve a cabo la acción que le define.
A efectos de indagar esa posibilidad, se puede partir, en cuanto a la sustantividad obligacional de la mediación, de la categoría general del hecho jurídico101. Desde ahí, se habrá de dirimir la posibilidad de encuadrar la mediación en la categoría de los meros hechos jurídicos, que quedan al margen de la voluntad finalista del que los ejecutare, antes de llegar a los actos jurídicos en sentido estricto.
99 Vid. epígrafe 1.4.2.
100 Así CARRARO, para la mediación típica, «(...) non ci si propone qui di dimostrare la impossibilità che la mediazione venga concepita in astratto quale rapporto contrattuale, ma più semplicemente di indagare quale sia la natura dell'istituto che il legislatore disciplina agli articoli 1754 ss. c. c. Io credo anzi di poter affermare (...) non abbbia natura negoziale (...)», La mediazione, Cedam, Padova, 1960, p. 10 y 11. También CARTA, “Mediazione di contrato no contratto di mediazione”, Il Foro italiano, Zanichelli, Bologna, 1947, 296 y ss. FERRI, Manuale di Diritto Commerciale, Utet, Torino, 1950, 576. A su vez, XXXXXXXX, C., XXXXX, FERRI, Manuale di diritto commerciale, Utet Giuridica, Edizione: XIII, 2010, p. 905. Fuera de Italia, VON XXXX, Commentar zum allgemeinen deutsches Handelgesetzbuch, vol. I Braunshweig, 1894, pp. 320 y ss; citado y explicado por XXXXXXXX, La mediazione, Torino, 1957, pp. 26-30.
101 Definido como «todo suceso o fenómeno acaecido en la realidad [que] lleva aparejada
como consecuencia la producción de un efecto jurídico», CASTÁN TOBEÑAS, Derecho Civil español, común x xxxxx, Reus, Madrid, 1957, p. 633. «Cualquier acontecimiento, natural o humano, a cuya verificación el ordenamiento jurídico liga cualquier efecto jurídico, constitutivo o modificativo o extintivo de relaciones jurídicas» XXXXXXX, El negocio jurídico, Tirant Lo Xxxxxx, Valencia, 1992, p. 21.
Es en extremo raro que, de forma espontánea y no planificada, cualquier sujeto acabe mediando de forma efectiva un negocio jurídico; pues en un sentido técnico el elemento volitivo de la acción es necesario. No se trata, además, de que el acto sea voluntario, sino que la dirección de la voluntad –hacia la consecución de la mediación- es la que le da sentido y sustancia; no pudiendo entenderse la acción si no es en referencia a la misma. Siendo así la voluntad natural y necesaria, para cada acción finalista, debe ser presupuesto requerido para todo acto juríco, difernente del hecho jurídico sin más.
Se parte, pues, de un acto volitivo finalista fruto de una representación intelectiva, orientada a la deliberada producción de una concatenación de actos, hacia unas determinadas consecuencias fácticas y jurídicas.
Descartado así el mero hecho jurídico, aún podría tratarse de un acto jurídico en sentido estricto102. Sin embargo, parece que dicha categoría es la
102 Para los meros actos jurídicos la voluntad dirigida o su ausencia es indiferente, pues su único requisito es el ser humanos y conscientes. Vid. X. XXXXXXX FERRARA, El negocio jurídico, Xxxxxxx, Madrid, 1956, pp. 27 y 32. La voluntariedad es, por tanto, meramente originaria. En este punto xxxxxx xxxxxxxx xx xx xxxxxxxxx xxxxxxxx xx xx xxxxx, xx bien luego aclara el mismo autor que «en el negocio jurídico tiene valor y relevancia la voluntad del declarante, no sólo en cuanto es voluntad de declarar y manifestar, sino en cuanto es voluntad del contenido y fin de la manifestación o declaración, mientras que, por el contrario, para la ley es irrelevante una tal actitud de la voluntad, si accidentalmente existe en las otras manifestaciones [actos jurídicos en sentido estricto]» , p. 29. XXXXXX, siguiendo a XXXXXXXXXX, a estos actos se refiere como “actos semejantes a los negocios”, que «son actos semejantes a los negocios los actos de derecho (…) pero en los cuales el efecto jurídico se produce ex lege y no ex voluntate (…) estos actos se ejecutan con la conciencia de sus efectos, y a veces con la intención de darles vida». CARNELUTTI lo plantea desde otra perspectiva, comprendiendo en la categoría actos jurídicos en sentido estricto los negocios, resoluciones, actos debidos y los actos ilícitos, en Sistema del diritto processuale: Atti del processo, Volumen 2, Cedam, Padova, 1938, p. 60. También O´CALLAGAN «En el acto jurídico lícito pueden, a su vez, distinguirse los actos de derecho, también llamados actos jurídicos en sentido estricto, que son aquellos cuyos efectos derivan directamente y con carácter forzoso de la ley; es decir, los efectos se producen porque la ley los impone, prescindiendo de que el sujeto los quiera», si bien los elige al elegir realizar el acto. Compendio de Derecho Civil. Tomo 1, Lección 22ª, Dijusa, Madrid, 2009.
102 Cabría esta caracterización dentro de una interpretación limitada de la “teoría del
efecto jurídico” de Xxxxxxx, en cuanto a la relación “fin jurídico” –conocido y aceptado, aunque no elegido- y “causa objetiva” –limitada en cuanto a su determinación, pero no en su contenido- pues se asumen, para este tipo de actos, los efectos jurídicos provocados; si bien la voluntad que lo acepta –no lo busca-, será eventual o irrelevante, nunca protagonista de la causa que motiva la acción.
indicada sólo cuando la acción se incorpora a una situación jurídica preestablecida, integrándose la voluntad en el plan propuesto, sin crearlo ni darle sentido subjetivo alguno. En el acto jurídico en sentido estricto dominaría la causa objetiva103, en el negocio se añade el elemento subjetivo de la misma104. Esto es especialmente relevante para los contratos atípicos o aquéllos de regulación insuficiente, pues, al carecer de una concreción legal bastante, se tendrá que tomar en consideración la causa subjetiva de las partes para hallar la función económico- social que concreta y desarrolla105.
Además, en el complejo proceso mediador, el iter actionis que ha de considerar la norma implica la necesaria atención respecto a un fin jurídico cuyos elementos esenciales no quedan limitados a la mera creación de un derecho de crédito ilíquido; sino que necesita, por su naturaleza y destino, de unos
103Entendiendo como tal la función económico social del negocio. Así lo hacen, en la doctrina italiana BETTI, E., Teoría general del negozio giuridico, 2ª Ed, Edizione Scientifiche Italiane, Napoli, 1994, MESSINEO, Manuali di diritto civile e commerciale, vol. 5, Xxxxxxx, Milano, 1958, pp. 119-120 y 135, x XXXXXXX-FERRARA, op. cit., p. 596. En la doctrina española, para ROCA XXXXXX «la causa es por qué inmediato, jurídico y objetivo, que no se refiere ni a la obligación ni al contrato, sino a la declaración de voluntad». “La causa en el negocio jurídico”, Estudios de Derecho Privado, I, Bosch, Barcelona, 1948, p 53; para XXXXXXXXXX «… la causa es el fin inmediato y objetivo a la que la atribución se dirige…; la causa de cada atribución es la misma para cada tipo de negocio (…)», “La causa”, Revista de Derecho Privado, abril, Reus, Madrid, 1958, p. 318.
104 Entendiendo como tal el propósito finalista de la acción, que resulta también la
motivación de la misma, que concreta y especifica, en el marco de licitud, la función económico social del negocio. Vid. XXXXXXXX XXXXXXXXX, “La causa del contrato”, Studia Albornotiana, Publicaciones del Real Colegio de España, Bolonia, 1998, pp. 111-115. Para DE XXXXXX, «(…) La causa puede ser así considerada como: aquel propósito negocial que es medido por la regla legal, y también como la regla que sirve para medir dicho propósito negocial», El negocio jurídico, Instituto Xxxxxxxx xx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 190. XXXX XXXXXX, al respecto: «(…) hay casos en que el resultado perseguido o buscado, cuando se incorporal al contrato (….), adquiere una relevancia que despliega su influjo respecto del contrato (…)»,Fundamentos del Derecho civil patrimonial, Vol. II, Civitas, Madrid, 2008.
105 Para DÍEZ-XXXXXX «(…) siempre que se utilice un tipo jurídicamente preordenado,
tal preordenacion significa un reconocimiento de la tutela jurídica que merece. El problema será entonces de valoración de los tipos socialmente reconocidos en los contratos atípicos, que inevitablemente tendrá que ser realizada (…)», incluso, añade, de ser típicos «será preciso valorar las desviaciones respecto del tipo legal si éste existe, pero también considerar (…) el propósito empírico o práctico que las partes tratan de conseguir y el resultado social que pretenden instaurar». XXXX XXXXXX x XXXXX DE XXXX, Fundamentos del Derecho civil patrimonial, Vol. II, Civitas, Madrid, 2008, pp. 235-236.
presupuestos y relaciones, fácticos y jurídicos, que podrán derivar en la eventual conclusión del negocio mediado.
Así, desde la obtención de la información referente al objeto de la mediación; la voluntad de ser mediado por una o ambas partes; o los concretos presupuestos o consecuencias de la mediación; son hechos que no se pueden entender de forma aislada, sino como parte de un proceso complejo e indivisible cara a su categorización.
En fin, la mediación integra por exigencias de su propia naturaleza, al menos, una declaración de voluntad y una causa, con su vertiente subjetiva y objetiva. Elementos xxxxxxxxxx000 xx xx xxxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxx000. X xx xx que necesite de aquellos elementos por ser un negocio, sino que lo es, precisamente, por necesitar de los mismos; como se confirmará en adelante.
2.2. Causa eficiente.
Desde el planteamiento anterior, y enlazándolo, paradigmáticamente, con la formulación del Código italiano de una mediación aparentemente; se podría concluir que la propia interpretación literal de la norma implica la incompleción autónoma del supuesto. Pese a que se parta de la concreta disposición italiana, las implicaciones del estudio causal108 del supuesto serán aplicables en general para
106 Todos ellos son esenciales, aunque no son todos los esenciales. De todas formas, la declaración implicará bien el consentimiento -expreso o tácito-, o un rechazo relevante (como se verá, sobre todo, cuando se trate la relación entre la mediación y la gestión de negocio ajeno, vid. epígrafe 2.6.1). El objeto va de suyo con la realidad fáctica de la mediación, no puede haber acción si no hay objeto sobre el que proyectarla. Caben patologías, como la ilicitud, la imposibilidad o el error sobre su existencia, pero que no afectan a la naturaleza dogmática que ahora se trata.
107 Que también son los del contrato. Siguiendo a PUIG PEÑA, que sigue a CASTÁN, en
Compendio de Derecho civil, Xxxx X, Nauta, 1966, Barcelona, pp. 591-592. Recogidos, por lo demás, en el art. 1325 del Codice civile italiano; o en el art. 1261 del Código civil español.
108 Estudio causal este que no se refiere a la "causa" jurídica (vid. epígrafe 2.7.2.), sino a la relación "causa-efecto" de los hechos consistente en la acción típica mediadora.
toda situación de atipicidad o inconcreción suficiente –que, habida cuenta las especialidades de la figura, será lo normal-.
“Pone(r) en relación dos o más partes para la conclusión de un negocio (...)”109 sugiere diversas acciones, muchas concurrentes, y no todas finalistas respecto del resultado indicado. Que “el acuerdo sea celebrado como consecuencia de su intervención”110, introduciendo la causalidad111, da dos posibles alternativas principales112: en primer lugar, que dicha causalidad sea natural, de tal forma que la consecuencia pueda relacionarse con su posible causa comprobando la posibilidad
-o probabilidad- de que, eliminando ésta, aquélla se hubiese producido igualmente. En segundo lugar, que se trate de una causalidad de “adecuación”, discriminando los hechos cuyo nexo no contenga un contenido adecuado para conseguir el fin propuesto, dentro de una tendencia deliberada.
1091754 del Códice civile italiano, literalmente «E' mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.»
1101755 del Codice civile: «Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti (2950), se l'affare è concluso per effetto del suo intervento», novedad legislativa que el código introduce respecto a la legislación precedente, «Il codice vigente ha, dunque, recipito l’indirizzo dottrinale e giurisprudenziale affermatosi sotto il vigore del codice abrogato (…)», MARINI, “La mediazione...”, op. cit. p. 100.
111 «È necesario ed inscindibile, quindi, l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto tra l’intervento del mediatore e la conclusione dell’affare», GRASSI, “Il contratto di mediazione”, op. cit., p. 55. Un nexo causal del que la doctrina jurisprudencial tampoco ha concretado poco más que un sistema casi omnicomprensivo, ni siquiera de adecuación, sino, más bien, de mera relación, con una suerte de presunción casi objetiva cuando el mediador haya tenido algún contacto con quienes finalmente perfeccionen el contrato mediable. Así sigue la autora «Si ha conclusione dell’affare anche nel caso in cui le trattative tra il mediatore e le parti si siano interrotte per poi essere ripresse successivamente senza la presenza del mediatore stesso, o nel caso in cui le parti si rifiutino di trattare ulteriormente con l’intermediario, o nel caso in cui le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione conclusiva», p. 56, recogiendo el sentido de Xxxx. 20549/2004.
112Lo que puede ser aplicado, igualmente, a “poner en relación”. En todo caso lo que
sigue es una simplificación, cabiendo muchos matices. Conviene tener en cuenta que, en la presente síntesis, se trata la causalidad natural como una mera causalidad eficiente, mientras que la causalidad de adecuación necesita, para definirse, también la causa final.
De seguir una causalidad natural de la acción113, en la descripción normativa podrían acogerse distintas acciones concomitantes. Así, por ejemplo, para la compra de un producto a través de una página electrónica114, son indispensables y, por ende, causales, al menos las siguientes: a) las acciones del titular de la página que informa de las ofertas y canaliza las declaraciones de voluntad; b) también el proveedor del servicio -del acceso al medio de información-; c) todos aquéllos que hubieran aportado información relevante -decisiva- sobre el objeto del negocio concluido; d) el intermediario del pago, cuyas condiciones y garantías integran de forma definitiva la conclusión del negocio a pagar; e) incluso, el propio servicio de información general que hubiera llevado a cualquiera de las partes a conocer de la oferta -incluyendo la información general sobre la existencia de la concreta página que proporciona la información específica-.
Dichos sujetos intervinientes, que pueden reproducirse de forma aproximada para todo negocio en el que la oferta se integre en un medio de comunicación, podrán reducirse, según criterios casuísticos de razonabilidad. Ello no obsta para rechazar, con carácter general, desde una perspectiva teórica integradora tendente a la mayor certeza conceptual posible -así como a la
113 «(…) é causa di un evento l’insieme delle condizioni necessarie e sufficienti a produrlo (…) ritiene causa dell’evento quando –secondo un giudizio causale ex post, ad evento avvenuto sia stata anche soltando una delle condiziioni necessarie per il verificarsi di questo. Ed é accertabile como condizione necessaria quando, eliminándola mentalmente dal proceso causale, l’evento verrebe meno». MANTOVANI, Diritto Penale, Parte Generale, Cedam, Padova, 2007, p. 137. Pese a tratarse de doctrina penalista, que bien ha estudiado la acción y la causalidad, la conceptualización lógica y jurídica de la misma es, en general, aplicable, como lo es esta categoría de causalidad natural, desarrollada por BURI. Como “teoría de equivalencia de las condiciones”, para XXXXX XXXXX, Derecho penal parte general, Tirant lo Xxxxxx, Valencia, 2010, p. 227. Las conclusiones indicadas serían también aplicables aunque se atemperara el causalismo puramente natural con el criterio de “humanidad” de ANTOLISEI; esto es: tener en cuenta sólo los factores o concausas sobre los que el actor tenga dominio directo o indirecto previsible.
114 «(…) la aparición de nuevos medios de información a través de las llamadas
“autopistas de la información” repercute en la mediación que podríamos llamar tradicional, apareciendo lo que podríamos denominar mediación virtual (…) que puede presentar algunos problemas, en primer lugar su propia consideración como intermediación», XXXXXXX XXXXXXX, El contrato de mediación o corretaje, Xx Xxx, Xxxxxx, 0000, p. 13.
seguridad interpretativa que implica-, esta pluralidad de "intermediarios" como causantes del negocio.
Por su parte, la causalidad de adecuación115 debe tener en cuenta, además del propio hecho, la existencia de otros íntimamente relacionados y necesarios para asegurar la previsibilidad de la consecuencia de la acción iniciada -conocimiento y valoración del objeto material sobre el que recae la acción principal, aunque no únicamente-.
Así, estos hechos periféricos terminarían resultando también en causa eficiente del proceso intelectivo que ordena, en atención a los mismos, las acciones que llevarán a la promoción de la conclusión del negocio mediado116. De ahí se puede inferir el necesario contenido volitivo del acto que apunta al interés jurídico
115 Esto es, sometiendo a la causa eficiente, para que resulte relevante, a un juicio ex ante de razonabilidad y previsibilidad, bien general bien específica, dependiendo del objeto del proceso casual o de su autor. Enunciada por VON KRIES, su formulación específica en ocasiones se considera, con terminología autónoma, “causalidad científica”. Al respecto MANTOVANI, Diritto Penale, Parte Generale, Cedam, Padova, 2007, pp. 138 y 139; XXXXX XXXXX, Derecho penal parte general, Tirant lo Xxxxxx, Valencia, 2010, p. 228. Por lo demás, como no se busca una causalidad ontológica, sino relevante a los efectos jurídicos, no cabría una adecuación o causalidad científica radical, sino atemperada por la “causa jurídicamente razonable”. Ello al margen de ulteriores precisiones, o de la moderación que puede introducir la teoría de la imputación objetiva (originaria de LARENZ, recogida por HONING y consagrada por XXXXX), si bien esta última, no siendo tanto un juicio causal como teleológico (vid. XXXXXX-XXXXXX, Imputación objetiva, causa próxima y alcance de los daños indemnizables, Comares, Granada, 2008, p. 4) se distancia –que no separa- del acto, esencialmente ajeno a la voluntariedad. En todo caso el “aumento del riesgo” podría interpretarse, en hipótesis, como “aumento de la probabilidad”, en este caso de conclusión del negocio mediado, con lo que, si bien podría ser aplicable, subsisten los problemas aludidos para las otras categorías causales, respecto al mero acto.
116 Se trata, de momento, de una causalidad eficiente. Si bien se volverá, más adelante,
sobre la causa final del negocio jurídico -que también precede a la eficiente-, baste adelantar que se parte de una acción humana volitiva que opera a través de anticipaciones, teleológicamente, quedando invertido, a estos efectos, el orden temporal de la secuencia causal natural, en aras de la representación mental del futuro como causa del acto. Así «We perceive the world before we react to it, and we react not to what we perceive, but always to what we infer» (KNIGHT, Risk, Uncertainty, and Profit, Xxxx, Xxxxxxxxx & Xxxx; Xxxxxxxx Mifflin Co., Xxxxxx XX, 0000, p. 201/p.181). «However successful mechanistic science may be in explaining the reaction in terms of a past cause, it will be still irresistibly convenient for common sense to think of it as prompted by a future situation present to consciousness. The role of consciousness is to give the organism the “knowledge” of the future». Esto, tenga o no relevancia con la “causa jurídica”, es determinante a la hora de comprender el “acto humano”.
tutelado por la mediación117; lo que desborda la sencilla autonomía relativa del mero acto jurídico.
En definitiva, y en cuanto a la teoría causal de la mera acción, cabe concluir que para la mediación, la realidad compleja que conforma la acción finalista sobre un objeto e intereses ajenos avoca a la imposibilidad de un tratamiento aislado y absolutamente unilateral, centrado en un elemento puramente activo que prescidna de la representación intelectiva y volitiva del proceso causal.
Por tanto, la realidad fáctica de la mediación implica que su tratamiento jurídico haya de construirse, en aras de una ordenación adecuada, desde una categoría negocial más compleja que la del mero acto jurídico.
2.3. Interés jurídico tutelado.
Que el Derecho otorgue efectos a los actos jurídicos no responde a un azaroso capricho del legislador, sino que debe existir un interés jurídico que lo justifique, para cada figura tutelada. En el negocio jurídico dicho el interés se verá siempre acompañado, reforzado y delimitado por la voluntad de las partes; en el mero acto habrá de ser inmanente al mismo118.
Así, si fuese la mediación, como mero acto jurídico unilateral, ajena a la voluntad del propio mediador (al menos como protagonista de la misma) y, más aún, a la de las partes mediadas, surgirían efectos no deseados que, precisamente, podrían atacar y lesionar el propio interés que justifica la tutela: la conclusión del negocio mediado.
117 Vid. epígrafe 2.3.
118 De este modo, ya fuera por la mero valor que la vinculación promisoria; ya por el interés económico-social que concretan; el negocio resulta justificado. Al respecto DE XXXXXX, sobre la cuestión político-jurídica de la causa, en El negocio jurídico, op. cit., p. 164. El hecho, sin embargo, resultando ajeno a la voluntad, habrá de ser obligatorio sólo por sus efectos.
En dicho negocio las voluntades declaradas podrían o no tener en cuenta, de manera directa, la mediación. De ser la mediación acto, la voluntad sólo podría ser tenida en cuenta de forma indirecta, pues de su existencia no deviene del consentimiento representado ni implica, por tanto, previsibilidad obligacional119 para las partes. Si fuse un mero acto, cabría una duda permanente sobre la existencia de la mediación para cada contrato concluido, persistiendo el riesgo para las partes no sólo del resultado de la mediación120, sino de la propia aparición de un eventual mediador como objeto del riesgo, con las consecuencias jurídicas previstas para su acción mediadora -principalmente el devengo de la comisión-.
Una acción completamente unilateral no sujeta a las vinculaciones negociales es, también para terceros, siempre incierta121. Dicha incertidumbre habrá de trasladarse a rechazo de la propia mediación por las partes contratantes, en aras de limitar la inseguridad, contraria a los intereses generales y abstractos del tráfico jurídico122.
119Opuesto a la incertidumbre o al peligro, el contrato limita el riesgo por la ejecutabilidad. Hasta tal punto resulta relevante, en la teoría económica, que cara a las decisiones estratégicas para obtener el máximo beneficio en una negociación, la diferencia fundamental entre un “juego cooperativo” y un “juego no cooperativo” se halla, precisamente, en la posibilidad de firmar un contrato. maximizando siempre el beneficio el cooperativo (que, además, incluye la posibilidad de no cooperar). Al respecto, PINDICK x XXXXXXXXX, Microeconomía, Ed. Xxxxxxxx Xxxx, 1995, p. 458.
120 Elemento esencial y característico de la mediación. Vid. epígrafes 6, 7 y,
especialmente, 8.
121 Por eso el artículo 1333 del Codice civile, aun para los negocios unilaterales, da relevancia al consentimiento, tanto como fuente de la irrecovabilidad de la oferta unilateral «La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata», como fuente de rechazo del propio origen de la obligación, para el destinatario de la misma «Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso».
122 Seguridad y certeza entendidas como valores informadores del Ordenamiento. Ello
en un sentido práctico, «las decisiones de los tribunales son previsibles hasta cierto grado y, por ende, calculables, de suerte que los sujetos sometidos al derecho pueden orientarse en su comportamiento», XXXXXX, Teoría Pura del Derecho, Universidad Nacional Autónoma de México, Facultad de Derecho, 1960, p. 260; sobre la misma cuestión «en muchos casos las decisiones jurídicas son la única razón propiamente dicha de una planificación de futuro» AARNIO, Lo racional como razonable, Madrid, Xxxxxx xx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 26.; o IRTI, La etá della decodificazione, Milano, Xxxxxxx, 1986, p. 95. Pero también en un sentido sustantivo: «la seguridad jurídica es un valor jurídico, tomando la noción de valor
Por tanto, la tutela xxxxxxxx xx xx xxxxxxxxx xxxx xxxx xxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxx, xx xxxxx indirectamente, la conclusión de los negocios que sufrieran una mayor incidencia de esta mediación123. Ello es contrario a la esencia del instituto y, por ende, de su interés a tutelar.
Además, en la medida que en la mediación como mero acto también sería extraño al acto mediador la relación que pudiera tener su autor con las partes, así como el rechazo de éstas al mediador124; ni las partes estarían obligadas a proveer de información al mediador, ni tampoco habrían de querer hacerlo. De hecho, y pese a la situación abstracta de beneficio simétrico, éste no será tal, de forma que el titular del interés prestable más necesitado de mediación quedaría más beneficiado por la acción del mediador si éste desplegara su actividad sobre dicho interés125.
originaria de la Filosofía del Derecho. Sin dejar de ser un valor jurídico, a que hace referencia el Preámbulo de la Constitución, es un principio general del Derecho, constitucionalizado en el art. 9.3», XXXXXXX RICO, “La articulación de las relaciones entre la seguridad jurídica y la justicia: “la cosa juzgada y algunos de los mecanismos procesales que permiten desconocerla”, Anuario de la Facultad de Derecho de la Xxxxxxxxxxx xx Xx Xxxxxx, Xx Xxxxxx, 0000, x. 000-000; o «la giurisprudenza costituzionale ha individuato una serie di limiti generali all’efficacia (…) delle leggi, limiti attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali, tra cui (…) la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico (ex plurimis: sentenze n. 209 del 2010 e n. 397 del 1994)». Corte Constituzionale sentenza n. 271 del 2011.
123 Como se ha venido argumentando, como consecuencia de la eliminación de la
cooperación se propugna la decisión egoísta dominante, que sacrifica el beneficio en aras de obtener una seguridad que, por lo demás, no será nunca igual a la opción contractual. Esta pérdida de beneficio, además, repercutirá sobre el bien mediado, por lo que su demanda será menor por el mismo precio. Por ende, perjudicaría tanto al concreto negocio mediado, como al mercado susceptible de mediación. Sin cooperación posible la incertidumbre hace que la mejor solución posible llegue por el “equilibrio de Xxxx”; mientras que, de otra forma –como es el principio general de sistema jurídico-patrimonial-, contractualmente, se puede llegar al “valor de Xxxxxxx”, que maximiza la eficiencia y, con ello, estimula el tráfico. Si bien se está simplificando y en la práctica no siempre se podrán alcanzar estas soluciones –concretamente el “valor de Xxxxxxx” sólo será inmune a desviaciones en algunos tipos de juegos, como los convexos, si bien por ello no pierde la tendencia su valor-. Al respecto, XXXXX-XXXXXXXXX, “El Reparto del Botín”, Un Paseo por la Geometría, X. Xxxxxx-Xxxxxx and. M. Xxxxx-Xxxxxxx (eds.), Xxxxxxxxxxx xxx Xxxx Xxxxx, 0000.
124 Las partes podrían, bajo la premisa de que la mediación es mero acto, limitar la
contingencia de la misma repartiendo el riesgo entre ellas como estimen oportuno, así como la prohibición interna de acudir a tal figura, si bien dicho pacto no podrá tener efectos frente a terceros –singularmente el propio mediador-.
125 Cuanto mayor sea la demanda de una determinada prestación, menor será el beneficio para el ofertante que haya de pagar la mediación, si el precio de esta fuera unitario. Le
Así, la coadyuvación de la parte más beneficiada a la mediación, si ésta fuera un acto directo e inevitable, al repartir el coste de un beneficio concentrado podría suponer una actuación contraria a la buena fe, de no haber informado a la otra parte igualmente deudora de la comisión. Un posible dolo126, en caso conocer la efectiva intervención -y coste- del mediador y no comunicarlo; o, en su defecto, un enriquecimiento injusto por su actuación.
Distinto sería si se considerara, pese a la unidad de acción, distinta la utilidad proporcionada a cada parte y se retribuyera no mediante un reparto de la misma -pues supondría el reparto una sola utilidad, aunque partida-, sino por medio de la imputación individual de la utilidad reportada127. Sin embargo, sería tanta la complejidad que la utilidad de la figura quedaría aún menos justificada. Además, en ausencia de pacto que interpretar -que no podrá existir si se trata de un acto jurídico-, sería difícil acudir a la costumbre integradora, sobre todo cuando no preexiste al problema. Igualmente insegura sería una solución de exclusiva equidad; así como costoso y paralizante la necesidad de acudir a un tercero dirimente.
Por otra parte, y por los mismos motivos pero en dirección opuesta, el mediador, que sí estará interesado siempre en consumar su acción, no tendrá una forma jurídica útil de conseguir la información. Su acción, desprovista de la
resultará siempre perjudicial la mediación cuando la utilidad de la misma resulte menor su precio. Por el contrario, el demandante de una prestación de oferta reducida saldría normalmente beneficiado. Todo neutralizando los intereses particulares del supuesto, así como eliminando de la mediación todo contenido puramente “negociador”.
126 Muy probablemente de valor incidental, como recogen los artículos 1140 del Codice civile «Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni »; o el 1270, in fine, del Código civil « El dolo incidental sólo obliga al que lo empleó a indemnizar daños y perjuicios».
127No sería tan sencillo como una mera división mancomunada de la comisión, pues la utilidad de la actividad mediadora para cada parte sería desigual; podría aplicarse, mutatis mutandi, lo expuesto en la nota 96 respecto al artículo 1758 del Codice civile, al artículo 1755, in fine, del mismo código, «e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità».
compleción que sólo la acción conjunta de colaboración e información de las partes puede conseguir, sería naturalmente inepta para el fin propuesto; quedando abandonada, en puridad, a poco más que el mero azar.
La única forma de completarlo sería, en la unilateralidad que carácteriza la acción jurídica, conseguir por sí mismo la información necesaria para facilitar la conclusión del negocio mediado. Ello incluiría, al menos, el interés concreto de una parte sobre un determinado objeto cuyas características también se habrán de conocer. Sin embargo, la divulgación de tal información ajena sin consentimiento de su titular resultaría xxxxxxx000, xxxxxxxxx, xxxxxx xx xx xx xxxxxxxxxx xxx xxxx xxxxxxx, en la propia antijuridicidad del acto y, por ende, su posible ineficacia.
Todo lo anterior no responde a la realidad consecuente de tratar, en la práctica jurídica, a la mediación como un acto jurídico, sino de las consecuencias de hacerlo desde la dogmática pura. No cabe duda que dichos efectos se atemperarían valorando e interpretando cada caso, limitando los excesos. Sin embargo, acaso no se estaría acudiendo a criterios causales y fácticos relativos a las voluntades declaradas de las partes, reconociendo también así la mayor utilidad y adecuación del negocio como categoría de la mediación.
Por lo demás, es patente que a efectos de que la tutela del interés jurídico sea efectiva, es necesario dotar a la mediación, así como del negocio mediado, de la suficiente nitidez, seguridad y fuerza autónoma como para ser contemplado y asumido en la voluntad de las partes, donde la mediación encuentra sentido xxxxxx, xxxxxxxx x xxxxxx.
000 Xxxxxx xx la eventual responsabilidad extra contractual por el daño que la injerencia en la esfera personal del propietario pudiera inferir, serían de aplicación disposiciones específicas, como la normativa protectora de datos. Así la Ley Orgánica 15/1999, de Protección de Datos de Carácter Personal, preceptúa, en su artículo 3.a., como dato de carácter personal, cualquier información concerniente a personas físicas identificadas o identificables, lo que abarcaría, casi siempre, los datos relativos a los bienes mediados y sus propietarios. Podría matizarse la aplicación de la normativa dependiendo de la publicidad de dichos datos, que pudiera haber sido decidida, de forma independiente a la mediación, por su titular; pero el derecho de controlar tal publicidad –pudiendo restringirla o incluso anularla, conforme a lo dispuesto en la norma citada-, así como el carácter predominantemente profesional del mediador remunerado, permiten generalizar en el sentido apuntado.
2.4. Complejidad obligacional
Tras las objeciones lógicas, sistemáticas y causales propias de la naturaleza autónoma de la acción mediadora, queda contemplar la inclusión de la misma, como instituto jurídico, en una categoría jurídica del sistema jurídico. Con todo, se plantea un problema previo de difícil solución: su lugar en el sistema dependerá de su naturaleza, que, a su vez, podrá verse influida por los principios propios del sector del sistema en el que se sitúe. Por eso, y sobre la base de las aserciones previas, cabe únicamente inferir una estructura mínima en la que depositar el núcleo esencial de la actividad mediadora.
De este modo, la actividad mediadora implica, si se elimina el puro azar como único rasgo constitutivo, la convergencia de distintos elementos de representación mental desarrollados volitivamente en una acción causal compleja; orientada hacia un fin previsto; asistida por otras acciones basales (de información, principalmente). Se infiere así, de la acción desarrollada, una potencial pluralidad de relaciones entre los sujetos afectados por la acción que podrán concretarse en obligaciones. En general, para una situación fáctica compleja, cabría esperar una situación obligacional igualmente compleja129. Ello por la propia dinámica de la acción causal que prefigura los elementos fácticos como dependientes y, por ende, necesitados de un nexo que los relacione para llegar al fin proyectado.
Como dichos elementos fácticos necesarios para la consumación de la mediación necesitan de una relación entre distintos sujetos, entre ellos se darán relaciones -de hecho y de derecho- asimismo indicativas de la naturaleza de la categoría de la que son accesorias. Así, sin entrar aún en la reciprocidad de aquellas obligaciones -o, por el contrario, su eventual carácter unilateral-130, parece
129 «(…) se reconoce por todos que el supuesto de hecho negocial será generalmente una situación compleja», DE XXXXXX, El negocio jurídico, op. cit., p. 25.
130 Vid. epígrafe 3.
razonable asumir como xxxxxx xxxxx xx xxxxx xx xxxxx xx000 del mediador para con los sujetos mediados, y de éstos para con el mismo132.
La buena fe, principio general positivizado133, no sólo es indicio de la relación obligacional que complementa, sino que por sí misma opera como fuente de responsabilidad134. Cabe considerar que, sea cual sea la naturaleza de la mediación, la parte mediada que actuara de forma contraria a la buena fe, sería
131 Tomando, como punto de partida, a la «fides (…) como principio básico de derecho que es y de rango universal (…) que pertenece indistintamente a toda la Humanidad», XXXXXX, Osservazioni sulla bona fides nel diritto romano, Studi Xxxxxxx-Xxxx X, Milano, 1952, p. 248; en su dimensión normativa. ENNECCERUS, Tratado de Derecho civil, Vol. XX-0, Xxxxx, Xxxxxxxxx, 1937, p. 228: «principio supremo y absoluto que domina todo el derecho de obligaciones, el de que todas las relaciones de obligación en todos sus aspectos y contenido, están sujetas al imperio de la buena fe». En todo caso, la presente referencia a la buena fe, sin ánimo de profundizar en la misma, se aproxima a su consideración como standard jurídico previsible y, por tanto, exigible –con todas las matizaciones que a ello cabe añadir-. Sobre la idea general de la concreción, DE LOS MOZOS, El principio de la buena fe, Bosch, Barcelona, 1965, p.
54 y XXXX XXXXXX, La doctrina de los actos propios. Estudio crítico sobre la jurisprudencia del Tribunal Supremo. Editorial Bosch, Barcelona, 1963, p. 138.
132 «La doctrina ha ido así descubriendo que la relación negocial no consiste sólo en exigencias contrapuestas, sino que origina ciertos deberes de cooperación, conforme a las exigencias de la buena fe», DE XXXXXX, El negocio jurídico, op. cit. p. 39. Dada una relación de la que se induce lógicamente la cooperación, operará la buena fe. Si la relación es jurídica, resultará asimismo normativa –aunque también, en ocasiones, si no fuera jurídica la relación-. Al respecto XXXXXXX, La buena fe en el cumplimiento de las obligaciones, Xxxxxxxxxxx xx Xxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, x.00. Xx otro modo: la buena fe –en su dimensión jurídica- presupone relación obligacional, así como la relación obligacional implica buena fe. FADDA, por su parte, restringe la buena fe a los contratos y, entre estos, los bilaterales, Parte generale con speciale riguardo alla teoria del negozio giuridico, Imprenta: X. Xxxxxx, Napoli, 1909, p. 693; lo que parece excesivo –si bien en estos casos la extensión de la buena fe, así como su nitidez, puede ser mayor-.
133 Lejos de ser una mera inferencia de los Principios Generales del Derecho, ha sido
positivizado en la mayoría de Derechos continentales –si bien persiste, por su naturaleza, la abstracción de su propio concepto y contenido, necesitado de concreción dogmática y técnica-. Así queda expresamente recogida, como regla general, en los artículos 7 y 1258 del Código civil español; en el artículo 1134 párrafo tercero del Código xxxxxxx; en los parágrafos 157 y 242 del BGB o en los artículos 1375 y 1374 del Codice civile italiano. La contravención de dicho precepto supondrá, en cada caso, responsabilidad por el ilícito cometido, proyectada sobre el objeto del a buena fe de que se trate –contractual o no-. El Common Law, por su parte, comparte cierto contenido de esta buena fe, considerada como máxima de conducta ético-jurídica previsible; «en muchos casos se aproxima a las reglas y brocados de la equity anglosajona», WIEACKER, “Xx xxxxxxxxx xxxxxxx xx xx xxxxx xx”, Xxxxxxxxx Civitas, Madrid, 1977, p. 60.
134 Esta formulación incluye tanto la creación de situaciones pasivas, como la limitación
del ejercicio de derechos subjetivos o poderes jurídicos, siendo la extralimitación ilícita y, por ende, causa de responsabilidad. «Más allá de la buena fe el acto de ejercicio de un derecho se torna inadmisible y es antijurídico», XXXX XXXXXX, Prólogo a El Principio General de la Buena fe, de WIEACKER, Cuadernos Civitas, Madrid, 1982, p. 20.
responsable. La naturaleza del acto y sus elementos esenciales atraen obligaciones accesorias a su compleja órbita jurídica.
Así, por ejemplo, si una parte proporcionara información falsa que impidiera la efectiva mediación, al tiempo que creara la representación mental de su posibilidad en el actor, sería responsable de tal acto y sus consecuencias. De otro modo: si no se protege la veracidad de la información así como su vocación de permanencia durante un mínimo tiempo, al margen de su posible contingencia, se atenta de forma directa contra el interés jurídico tutelado135.
Ni el daño, ni la propia antijuridicidad de la acción que atentara contra la cooperación elemental, se pueden comprender si no es en relación con la dimensión volitiva y causal de una acción compleja que desborda las limitaciones del mero hecho jurídico. Si se tomase la mediación únicamente como el mero acto xx xxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxx, xx xxxxxxxxxx xx xx xxxx fe sería imperfecta, toda vez que no hay ninguna situación jurídica sobre la que proyectarla, sino un instante jurídicamente relevante.
Se podría mantener que, precisamente, por ser los deberes de buena fe inmanentes en todo acto jurídico, no afecta a la configuración del acto mediador, sino que lo complementa, como a cualquier otro136. Sin embargo, los deberes de buena fe, respecto a los actos, pueden de extenderse sobre la acción nuclear de los mismos y no sobre otras acciones, por necesarias o complementarias que xxxx para los primeros. Ello salvo que se subsuman, en unidad conceptual, dentro de una misma categoría actuaria137.
135 Vid. epígrafe 2.3.
136 De hecho, XXXXXXXXXX afirma que «de la buena fe puede resultar también que el deber de prestación sea más amplio que el contenido fijado en el contrato o por la ley». De lo último puede inferirse su extensión, también para los actos jurídicos. Tratado de Derecho civil, Vol. XX-0, Xxxxx, Xxxxxxxxx, 0000, p. 19.
137 Parte dicha aserción de que la buena fe necesita de una voluntad como presupuesto esencial, y en el acto dicha voluntad está limitada, tanto en cuanto al objeto como al protagonismo de la misma –que acaba relegándose a la mera voluntariedad-. Además, se evita el desplazamiento de la autonomía privada como fuente única del negocio jurídico: la buena fe objetiva u obligacional es siempre accesoria, necesitada de un negocio principal, fuente primaria a la que complementar. La buena fe subjetiva, si bien también es complementaria, no extiende
Cualquiera de aquellos actos complementarios que convergen en la mediación -a efectos de determinar la buena o mala fe con la que se ejercitaran, así como la intensidad de la misma y los perjuicios eventualmente causados-, no podrían valorarse si no se sitúan en relación con la finalidad a la que se orientan y las expectativas que crean. Como si se tratara, precisamente, de un negocio jurídico.
Por tanto, ni la eficacia limitativa de la buena fe; ni la responsabilidad que de ello se derivara; ni tampoco la eficacia obligacional complementaria de la misma; son compatibles con la naturaleza simple del mero acto. A su vez, son esenciales para el cumplimiento efectivo del fin xxxxxxxx x xxxxxxx xx xx xxxxxxxxx, xxxxxxxxxxxx xx xx xxxxxxxxx económico-social de la misma.
2.5. Compatibilidad del hecho y el negocio sobre mismo objeto.
Sería posible eludir o atenuar algunos de los argumentos señalados si se considerara que el hecho mediador es un complemento a un negocio jurídico, de forma que los vacíos que ofrece la figura vinieran a quedar colmados con el mismo. De este modo, un acuerdo respecto a la información necesaria, valorando la relevancia económica de la misma así como las expectativas y obligaciones e las partes, podría contener la acción mediadora de “medios”, añadida al acto de “resultado”.
La respuesta completa a esta posición necesita de un estudio más profundo de la acción mediadora como “medio” o “resultado”, que se afrontará más adelante138. Sin embargo, se puede advertir desde esta perspectiva que, aun partiendo de la mera acción mediadora, sería necesario, para cada mediación, un contrato anejo. Un contrato, además, cuyos propios elementos esenciales se extenderían de forma particular al acto mediador. Así, aunque el desarrollo del iter
tanto las obligaciones como, principalmente, crea nuevas a partir del ilícito que pre-configura –o de la ilicitud aparente que, en su caso, sana-.
138 Vid. epígrafe 6
actionis puede quedar cubierto con el contrato complementario; la necesaria causa de la mediación finalista no puede sustituirse con la de un contrato ajeno, aunque esté relacionado con el acto de cualquier forma, salvo si el contrato absorbe al acto.
Motivos de economía jurídica, certeza y rigor dogmático apuntan a la artificialidad esencial de un construcción compleja basada en la supersposición de figuras jurídicas cuando, tutelando el mismo interés, público y privado, se puede encajar, de forma más sencilla y adecuada, el mismo objeto e interés en la figura contractual que se pretende vincular. Es decir: aunque el acto más el contrato resultaran una construcción válida; también lo sería el contrato sin el acto disociado, lo que parece una alternativa mejor.
Por otra parte, también cabría mantener que la alternatividad entre el negocio y el acto mediador, que pudieran darse de forma independiente sobre el mismo objeto139. Ello implicaría la disposición de la mediación como acto jurídico en sentido estricto como derecho general –por defecto-, pudiendo desplazarse con un negocio sobre el mismo objeto140, aun de forma implícita141. A ello se puede objetar:
En primer lugar, en la medida que el acto jurídico no depende, per se, de ningún otro hecho, puede operar de forma autónoma y sin consentimiento. El uso del negocio jurídico como alternativa resulta difícil, toda vez que éste debe
139DÍEZ XXXXXX, «no siempre es contractual la fuente de la mediación», aceptando así la doble posibilidad, Sistema de Derecho civil II, Tecnos, Madrid, 2000, p. 426. También STS de 23 xx xxxxxxxxxx xx 0000,x 00 xx xxxxx xx 1992.
140La figura que la norma localizara por defecto ha de ser necesariamente, en caso de que coexistieran la posibilidad contractual y la actuarial, la del acto jurídico. El acto, ajeno a la voluntad, no puede ser voluntariamente aceptado, pues no se puede acordar que el acuerdo no es un acuerdo, sino, como mucho, intentar darle, en la medida de lo posible, los efectos del acto al acuerdo -si bien los principios generales del negocio jurídico, así como la normativa imperativa sobre el mismo, serían inevitablemente aplicables.
141 Tal y como en Italia se admite el mero conocimiento de la mediación, sin oposición,
como aceptación de la misma «La giurisprudenza, come si è detto, ritiene che tale ipotesi vada ricondotta alla tipología della mediazione contrattuale sul rilievo che per la sussistenza di questa non occorre un esplicito incarico ed un espresso consenso, ma è suficiente che la parte anche per facta concludentia abbia accettato l’attività di interposizione del mediatore (…)» XXXXXXX, La mediazione, op. cit., p. 166.
perfeccionarse de forma consensual. Así el mediador, una vez realizados los actos que pudieran generar la mediación, habría ya generado las consecuencias del mero hecho; pudiendo siempre rechazar todo pacto ulterior, sin que el sujeto mediado pudiera evitarlo142.
Incluso si se aceptara que la voluntad unilateral del comitente pudiera imponer de forma unilateral la forma negocial a la mediación a un mediador indeterminado143, sería de difícil concreción práctica. Esto es así porque, para destruir la norma general –aplicable por defecto-, dicha declaración de voluntad negocial sólo podría afectar a terceros desde que fuera efectivamente conocida144. Este carácter recepticio la declaración exigiría que cada declaración del oferente del objeto mediable, que pudiera dar a conocer la existencia del negocio a mediar, incluyera la exclusión expresa de la mediación fáctica. De otra forma, el mediador de hecho podría no conocer de la exclusión y, por tanto, no verse afectado145.
En segundo lugar, admitiendo la posibilidad de un acto mediador como derecho por defecto, el acuerdo de voluntades (o la declaración recepticia sin
142 Ello bajo la idea de que, como acto, no necesita consentimiento, al margen de que el tratamiento doctrinal del mismo en sede italiana, aplicando analógicamente el artículo 1333 del Codice civile, de los negocios unilaterales, a los actos unilaterales. Analogía discutible, por cuanto difieren fundamentalmente los negocios de los actos, ambos unilaterales, en la voluntad, por lo que en razón de la ratio no común, no debieran extenderse los efectos. Sería una solución posible, no obstante, a través de la buena fe o los principios generales, pero esa misma sería, de hecho, la respuesta negativa a la mediación como mero acto; pues si, por cualquier medio, se llega a la conclusión de que el acto mediador no es ajeno al consentimiento; entonces es que no es un mero acto jurídico.
143 Como ocurre en la práctica, mediante la aplicación general del consentimiento tácito
por el mero conocimiento silente. Vid. notas de la 56 a la 59.
144Pues de otra forma la mera reserva mental, o una mínima exteriorización de la misma, bastarían para destruir la norma por defecto en favor de la subsidiaria, lo que invalidaría dicha sistemática estructura.
145 En la vertiente probatoria de lo aducido, se podrán aportar las declaraciones completas que incluyan la excepción, pero no aquéllas que podrían no incluirlo -y, por ende, no existir-. Es cierto que esto puede moderarse mediante la aplicación del artículo 217.7 de la LEC, o, lo que es lo mismo, aplicando una suerte de inversión de la carga probatoria cuando fuera necesario. Sin embargo, y además de los problemas materiales de llevar lo anterior a la práctica, la mediación responde frente a dos sujetos, de ofertas contrapuestas, de manera que en ambos habría de reunirse las exigencias declarativas para excluir la mediación, y aún se podría discutir las xxxxxxx de conocimiento indirecto, ya que, como tanto se ha dicho, al acto jurídico las circunstancias extrañas al mismo -como la forma de generación de la voluntad mediadora, o sus xxxxxxx-le resultan indiferente.
oposición) que lo desplazara podría ser tácito146. Pues bien, para el sujeto mediado, conforme a lo expuesto, la mediación fáctica no implica ningún beneficio, sino que, como mucho, puede ofrecer la misma utilidad que un contrato (obviando la posibilidad conceptual de que esto ocurra descausalizadamente); pero sin ofrecer ninguna seguridad ni certeza. Cualquier contrato sería mejor que cualquier mediación fáctica147.
Por tanto, cabe pensar que, por ser lo anterior un hecho notorio148, sería asimismo adecuada una presunción, al menos iuris tantum, de que la voluntad del eventual mediado será siempre limitar la mediación fáctica149. De no ser relevante su voluntad unilateral, persiste el problema señalado en el apartado anterior. De
146 Una vez más, de la misma forma, aproximada, que hasta ahora ocurre en el sistema italiano. Así «nella mediazione, l’attuazione equipara il silenzio delle parti a consenso; oppure, che l’attuazione conclude un contratto non consensuale, purché non intervenga una previa rinunzia (da parte dal mediatore) o una prohibitio (da parte del cliente)», SACCO, Il contrato, en Trattato del diritto civile italiano, diretto da XXXXXXX, Torino, 1975 p. 94.
147Se llega a esta conclusión puesto que, si bien resulta difícil ponderar la onerosidad de todas las situaciones posibles, en caso de que el interés del actor eventualmente mediado se viera seriamente lesionado siempre podrá elegir, desde la vertiente negocial, renunciar al acuerdo, mientras que si se trata de un acto jurídico habrá de asumirlo forzosamente. La limitación del daño es, por tanto, un valor equivalente a la potenciación del beneficio.
148 De notoriedad lógica, incluso desde un punto de vista procesal, no solamente teórico, a efectos de determinar e interpretar la voluntad de las partes. Así, conforme al art. 281.4 LEC, no sería necesario probarlo. Incluso, según REDENTI, no sería necesario siquiera alegarlo, Citado por XXXXXXX XXXXXX, “Premisas básicas sobre una posible redefinición de la teoría procesal del hecho notorio”, Justicia: revista de Derecho procesal, N.3, Bosch, Barcelona, 1991, pp.
587. Con todo, la tendencia subjetiva del hecho exigiría un tratamiento más profundo de la cuestión.
149 En un sentido análogo, aunque distinto, refiere XXXXXXX que el silencio consciente de las partes del negocio mediable podrán y, en muchos casos, mantendrán voluntades distintas a la vinculación contractual «Si osserva in senso contrario che essa implica la voltontà delle parti di avvantaggiarsi dell’attività dell’intermediario, ma non l’intenzione delle medesime di stipulare un contratto che le impegni a corrispondergli un compenso», La mediazione, op. cit., pp. 166-167. La interpretación de la voluntad de las partes es equívoca; como mucho podrá presumirse que coincide con aquello que más les interese (como regla general de orientamiento subjetivo de la voluntad); y puede resultar excesivo imponerles la carga de manifestar determinada voluntad, sin haber creado ellos ninguna actividad. Continúa el autor, de nuevo de forma análoga a lo afirmado: «Questa conclusione si fonda sulla considerazione secondo cui ha natura equivoca il comportamento degli interessati all’affare, i quali lasciano fare a constui utilizando i risultati della sua opera (…) Non ritengo che costituisca un procedimento corretto di ermeneutica della volontà delle parti (…) da cui si possa desumere la volontà del beneficiario di dare rilevanza guiridica all’ingerenza non richiesta del soggetto menzionato, obbligandosi, contrattualmente a corrispondergli la provvigione» p. 167.
xxxxx, aunque fuera teoréticamente posible desde esta perspectiva, no debería interpretarse jamás la existencia de un acto estricto de mediación.
En tercer y último lugar, todos los inconvenientes dogmáticos y prácticos señalados anteriormente en contra de la mediación como acto jurídico persistirían pese a la existencia de una alternativa negocial, por lo que seguirían sugiriendo la exclusiva naturaleza negocial de la misma.
Por lo demás, aquellos casos en los que existe una situación en la que la acción material pueda ser análoga a la típica mediadora, aún podrán ser reconducidos a otras figuras jurídicas, acaso más apropiadas, precisamente por sus diferencias con la mediación, como se verá en el apartado siguiente.
Resta, en fin, la posible coexistencia simultánea entre acto y negocio para una misma mediación, tratando la hipótesis de la mediación como la conclusión de un negocio gracias a la intervención de un tercero como un hecho jurídico relevante ab alio, esto es: como condición suspensiva de los efectos del contrato condicional que contendría propiamente la mediación. Existiría así un acto jurídico en sentido estricto150 ajustado a su propio concepto, que desataría las consecuencias jurídicas previstas por el contrato que, a su vez, sería la causa eficiente de las obligaciones de las partes.
150 LALAGUNA, advierte, en Estudios de Derecho Civil, Obligaciones y contratos, Tirant lo Xxxxxx, Valencia, 1993, p. 224, que «La idea de que los hechos jurídicos voluntarios son “actos jurídicos” no es exacta, puesto que hay actos humanos que tienen un mero significado de hecho jurídico, sin alcanzar valor de acto jurídico, como es, por ejemplo, el comportamiento constitutivo de una condición potestativa (…) el primero se sustrae en su realización en alguna medida al dominio de la voluntad, en tanto que el segundo depende en su realización radicalmente del poder de la voluntad». Sin embargo, tanto “en alguna medida” como “radicalmente” son magnitudes discutibles para cada caso, con lo que es posible que se esté discutiendo únicamente la voluntariedad proyectada sobre un único acto finalista; o la ausencia de esta voluntad directora concreta. Más atrevido sería afirmar que la condición que fuera acto jurídico sería inválida, conforme al artículo 1115 del Código civil, que declara nulas las condiciones que dependan de la exclusiva voluntad del deudor, puesto que “radicalmente dependiente” no es lo mismo que “puramente potestativo”.
A esa construcción, cuya separación autónoma no está no exenta de artificio, se podrían oponer las consideraciones anteriores puesto que, si bien la condición suspensiva de cualquier obligación puede ser un acto, sería éste una circunstancia y no la categoría. La sustancia a estudiar, regular, y aplicar seguirá siendo el contrato. Llámese, así, mediación fáctica al hecho desencadenante circunstancial, y aplíquese el contrato de mediación que aquí se trata.
2.6. Cuasicontrato, o no.
A efectos de limitar la naturaleza negocial de la mediación, podría acudirse a la consideración de la misma como una subespecie de otras xxxxxxx de obligaciones distintas del negocio (al menos en cuanto a la remuneración del mediador). Además, de entenderse restringidas las xxxxxxx de las obligaciones151 y negar la naturaleza negocial de la mediación, la categoría del cuasi contrato podría devenir casi forzosa para llegar a la obligatoriedad152.
151 Como ocurre en el caso español, ex arts. 1089 y 1887 y ss. del Código civil. El Codice civile italiano, por el contrario, aunque también las recoja acaba con una cláusula de apertura casi omnicomprensiva, bajo el criterio de idoneidad, en el art. 1173 «(…) o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico».
152 Xxxx en el entendido de que los cuasicontratos tuvieran una sustantividad propia, necesaria para que los principios generales que contienen resultaran fuente de obligaciones. Si, por el contrario, la figura fuera más bien una tautología, fruto de un producto histórico dogmáticamente injustificado, podría derivar su obligatoriedad de la norma que contempla las figuras, con lo que resultarían igualmente forzosas en los sistemas que no recogen la mediación como acto de forma expresa. «L’istituto del quasi-contratto non ha avuto, come si suol dire, una buona stampa» XXXXXX, Diritto civile III, Unione Tipográfico-Editrice Torinese, Torino, 1919- 1934, p. 203. O «il quasi-contrato è una finzione che non esiste», SCIALOJA, “Le fonti delle obligacioni”,Rivista di Diritto Commerciale,Piccin, Padova, 1904, p.55. Por su parte, PUIG PEÑA
«(...) se trata de un hecho al que el Ordenamiento jurídico vincula el nacimiento de una obligación, quedando, por consiguiente, reducido a simples obligaciones legales», Derecho civil. vol. III, Editorial Revista de Derecho Privado. Madrid, 1971, p. 1140. Dependerá, también en este caso, de la extensión que se le dé a la regulación del cobro de lo indebido, particularmente en el caso español, y la cabida o no en el mismo, del enriquecimiento injusto. Al contrario, no entiende O'XXXXXXXXX a los cuasicontratos como especies de una categoría principal, emanada de los Principios Generales: “Todos los llamados cuasicontratos no son sino expresión del enriquecimiento injusto”. Opina, además, en el mismo texto, que «(...) lo que el Código civil denomina cuasicontrato no son sino casos de negocios jurídicos que producen obligaciones
2.6.1. Gestión de negocios ajenos.
La mediación podría, en primer lugar, tomar la fuerza obligatoria y estructura dogmática xx xx xxxxxxx xx xxxxxxx xxxxx000, quedando excluida la necesidad de acudir al puro negocio jurídico154. De este modo, la propia comunicación de la información necesaria para conocer un negocio útil podría entenderse como la gestión de un interés ajeno -incluso anónimo-, que no puede realizar por sí mismo el informado-interesado al no conocer previamente la concreta oferta del negocio mediado.
Sin embargo, la gestión de negocios ajenos no tiene como fin el forzar, incluso en contra de la voluntad del eventual mediado (titular del “negocio” gestionado), propias y exclusivas relaciones jurídicas155. Al contrario, presupone
(como los contratos; no como-contratos o cuasicontratos) pero careciendo de causa», en Compendio de Derecho civil, Tomo 0, Xxxxxx, Xxxxxx, 0000. Entiendo aplicable la premisa también a los actos jurídicos. Volviendo a las xxxxxxx de las obligaciones, puede considerarse que junto a las xxxxxxx de las obligaciones emanadas de la Xxx xxxxxx otras derivadas de los Principios Generales si no entran en contradicción con las primeras; lo que daría igualmente sentido y fuerza a las figuras tratadas.
153 Cuando no tuviera la mediación regulación autónoma, bajo alguna de las premisas enunciadas, y siempre que la gestión de negocio ajeno esté recogida normativamente. Así Italia (arts. 2028 y ss. Codice civile), España (arts. 1888 y ss. del Código civil) x Xxxxxxx; no así Alemania o Suiza, también en el entorno europeo.
154 Así lo entiende XXXXXX XXXXXXXX «La mayoría de los contratos de colaboración o de gestión, como el mandato o la gestión de negocios ajenos, encierran en mayor o menor medida una mediación. Dentro de estos contratos de colaboración destaca especialmente el contrato de corretaje (…) conocido también como contrato de mediación«. La diferencia –si bien parece hacerlo sobre la base de lo general y lo especial- más adelante: «una actuación incentivada o requerida por otra persona (…) diferencia al mediador del gestor de negocios ajenos. Es necesario un encargo para mediar, no siendo suficiente que el mediado o mediados se beneficie de la actividad realizada»; o «el corredor necesita un encargo previo para mediar, lo que diferencia xxxx xxxxxx xx xx xxxxxxx xx xxxxxxxx xxxxxx», en “El contrato de corretaje”, Revista de Derecho Privado - Núm. 3-4/2005, Marzo – Abril, Reus, Madrid, 2005. Confronta las figuras, por su parte, XXXXX XXXXXX, «la simple situación de mediación, por el hecho de una puesta en contacto de las partes, sin un previo acuerdo de voluntades, no tiene eficacia por sí solo. Si tal ocurriera no estaríamos ante un supuesto de mediación, supondría una gestión de negocios ajenos, una prestación de servicios a impulsos de beneficencia o liberalidad o incluso un contrato innominado, pero nunca una relación de mediación. Incluso surgiría el peligro de confundir la mediación típica con la mera información»: “La mediación. (A propósito de la obra de Xxxxx Xxxxxxx)” en Anuario de Derecho Civil, Tomo V, 3, Editorial Ministerio de Justicia, Madrid, 1952. p. 1058.
155 En este motivo, como en otros presentados con anterioridad, late la prohibición
una excepción, actuando siempre xx xxxxx xx xxxxx xx000.
Esa buena fe podría subsistir bajo los parámetros propuestos en aquellas situaciones en las que, de forma concreta, la utilidad de la mediación sea superior a su coste y, además, este hecho sea notorio ex ante para el mediador157. Pero no puede obviarse el requisito esencial de que la intervención del gestor esté justificada por la ausencia absoluta de cuidado sobre el asunto158; que ha de comprenderse no sólo conforme a la circunstancia del objeto en un determinado momento, sino también valorando la posibilidad del dominus de ejercer o no dicho cuidado sobre lo suyo159.
general de injerencia indeseada en las relaciones jurídicas ajenas, teniendo su extremo en la usurpación y suplantación. Ya XXXXXXXX «culpa est inmiscere se rei ad non pertinenti» (fr. 36 Digesto 50, 17). También XXXXXXXXXX propone evitar las ingerencias inoportunas y arbitrarias, Istituzioni di Diritto privado italiano, 3ª ed (riv. ed. aum. VASALLI), Roma, 1921, p. 000. Xxxxx XXXXXX, «xxxxxxxxxx xx una gestión no autorizada, el gestor, bajo ciertos presupuestos, viene obligado a indemnizar daños», pues resulta un hecho ilícito, Derecho de Obligaciones, Tomo II, Revista de Derecho Privado, Reus, Madrid, 1958, p. 362. Asismismo, y en una formulación más general, pero igualmente aplicable, «è dato investiré di una situazione giuridica vantaggiosa un soggetto sensza la sua volontà, ma non contro», BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, Xxxxxxx, Milano, 1969, p. 170.
156 Resultando parte esencial de la misma la actuación conforme al «interés rectamente
entendido del dueño del negocio». XXXXXX, Derecho de obligaciones…op. cit., p. 368.
157 El artículo 1891 del Código civil español, haciendo responder, incluso por caso fortuito, al gestor que actúe en contra de la voluntad presunta del dominus o, primando su propio interés respecto de aquel, cuanto más hará responder al gestor por su acción voluntaria. Más directo es, incluso, el artículo 2030 del Codice civile italiano, que obliga al gestor como si fuese un mandatario, haciéndole responsable en estos términos de los daños que pueda causar culpablemente, sin perjuicio de la facultad moderadora del juez en tales casos. Más aún: de forma directa lo prohíbe el artículo 2031, in fine, relativo a las obligaciones del beneficiado por la gestión: «Questa disposizione non si applica agli atti di gestione eseguiti contro il divieto dell'interessato, eccetto che tale divieto sia contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume».
158 Junto con otros tres requisitos, a saber: a) Que los negocios que de que el gestor se
hace cargo xxxx “ajenos”; b) Que el gestor tenga la intención de gestionar el negocio ajeno por cuenta y en interés del “dominis negotii”; c) que sea un acto puramente voluntario -esto es, no responda a un mandato o disposición legal-. PUIG PEÑA, Derecho civil. vol. III, Editorial Revista de Derecho Privado. Madrid, 1971, p. 1153-1157, completando el artículo 1888 del Código civil. Respecto al último, entiendo que lo que no ha de responder a disposición legal es la voluntad como respuesta a un deber imperativo, no que la norma inspire la actuación, ni tampoco que discipline los efectos de tal voluntad. Así el ejemplo de XXXXXX: «gestión de negocios no apoyado en ninguna relación jurídica preexistente -ya se base en un contrato o ya en la ley (como la del tutor, administrador del concurso, etc.)-», Derecho de obligaciones, op. cit., , p. 361.
159 De este modo no bastaría un mero desatendimiento, pues es lícita dicha actitud respecto a lo propio, sino que éste se vea acompañado bien de una involuntariedad o bien de
Además, aún en caso de entenderse lícito y adecuado, serían los efectos patrimoniales resultantes únicamente la reintegración de los gastos necesarios y útiles que hubiera efectuado el hipotético gestor-mediador y la indemnización por los perjuicios sufridos160. Por tanto, no existiría una retribución por el trabajo efectuado. Queda así justificada, habida cuenta la inexistencia objetiva de ánimo de lucro161, la excepcional injerencia en lo ajeno del instituto, lo que supone un aspecto esencial indisponible por una hipotética especialidad.
Finalmente, aún en el caso de que fuera admisible el uso analógico de la gestión de negocio ajeno, en el momento en el que el titular del interés mediado fuera consciente de la actuación del mediador, cesaría la situación interina que le da sentido, de forma que, si queda autorizada, cerrará con el consentimiento del dominus el vínculo negocial de mandato.
Tampoco sería, por tanto, mero acto ésta clase de mediación162. Esto implica, a su vez, que si el titular del interés gestionado conociera de la actividad del gestor- mediador antes de la conclusión del negocio, aun confirmando la actuación previa,
una apariencia de la misma, respecto a la apreciación del eventual gestor de buena fe. En todo caso esto puede reconducirse a la voluntad presunta o expresa, conocida o no, del dominus. «El interés sólo es decisivo cuando esté fuera de duda que al gestor no le es cognoscible la voluntad real o presunta del dueño». XXXXXX, Derecho de obligaciones…op. cit., p. 371.
160 Artículo 1893 del Código civil; o artículo 2031 del Codice civile.
161 Tanto es así que incluso podría pensar en negar el derecho a la reintegración o hasta la indemnización en los casos en los que el gestor no haya tenido intención de exigir indemnización al dueño del negocio, como recoge expresamente la ley alemana , sección 685 BGB. En inglés: «The voluntary agent has no claim if he did not intend to demand reimbursement from the principal ». Señala XXXXXX que puede interpretarse dicha limitación como “un caso de la prohibición de “venire contra factum propium”, Derecho deo bligaciones, op. cit., p. 373, si bien puede pensarse que la doctrina de los actos propios depende más de la extereorización de los mismos -y con ella las expectativas creadas- que de la representación mental, privada, que domina, la disposición citada -al margen del eventual problema de prueba-. Asimismo XXXXXX «non debe cioè il gestore gerire quell’affare donandi animo o pietatis animo», Diritto civile III, Unione Tipográfico-Editrice Torinese, Torino, 1919-1934, p. 213.
162 Art. 1892 del Código civil español; prácticamente en los mismos términos que el art.
2032 del Codice civile italiano. En todo caso, y como mero apunte, entiendo que los efectos del mandato no habrían de retrotraerse al comienzo de la gestión, en la que se pudo, incluso, desconocer la nota de ajenidad, sino proyectarse desde el momento de la autorización, aún expresa, sometiéndose el periodo previo a las normas específicas xx xx xxxxxxx.
xxxxxx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xx xx xxxxxxx000 de forma irrevocable164. Se impediría en cualquier momento, instantes antes de la conclusión del negocio mediado, el propio nacimiento de la mediación. Podría aducirse que los efectos se proyectarían causalmente de igual forma, pero no sería desde una suerte de gestión, pues ya habría quedado transformada en mandato terminado.
En conclusión: no es posible utilizar la gestión de negocios ajenos para asimilar, ni siquiera analógicamente, la mediación a sus características y regulación. Más bien al contrario, de suponer una injerencia no autorizada por la voluntad de las partes del negocio a mediar, bien podría resultar un acto ilícito.
2.6.2. Enriquecimiento injusto.
Se objetó en los apartados precedentes, respecto a la relación del mediador y mediado fuera de un cauce negocial, la ausencia de causa jurídica bastante que justifique las eventuales consecuencias jurídicas de la mediación. Podría plantearse que dicha ausencia de causa pudiera señalar que, para cada acto de mediación, corresponde una situación de enriquecimiento injusto165 del mediado que re- equilibrar166. Así, el trabajo desarrollado por el mediador en favor del mediatario,
163 «consento nell’opinione, che chi ha gerito l’affare altrui prohibente domino, non possa sperimentare la actio negotieorum gestorum contraria (…)» XXXXXX, Diritto civile III, Unione Tipográfico-Editrice Torinese, Torino, 1919-1934, p. 214. También vid. XXXXXX, Derecho de obligaciones…op. cit., p. 371.
164 Irrevocabilidad relativa según XXXXXX que, sobre la gestión incluso prohibida «(…) Ritengo infatti che egli potrà intentare la actio de in rem verso, almeno per ricuperare la somma corrispondente all’arricchimento del dominus negotii, se duri lo speso», Diritto civile III, Unione Tipográfico-Editrice Torinese, Torino, 1919-1934, p. 214.
165 «Nemo cum alterius detrimento locupletior fieri debet» (D. 12,6,14) no está enunciado expresamente en el Derecho positivo español, aunque sí informa el mismo, en ocasiones de forma directa (arts. 1145 o 1158 del Código civil, entre otros), está pacíficamente reconocido y utilizado por la doctrina jurisprudencial (así su categorización y requisitos pueden observarse, entre muchas, en la STS de 21 de septiembre de 2010). En Italia queda regulado en los arts. 2041 y 2042 del Codice civile.
166 Así, según XXXXXXXXX XXXX XX XXXXX El contrato de corretaje inmobiliario: los
con el resultado verificado en la realización del negocio mediado, supondría un desplazamiento patrimonial sin “justa causa” jurídica. El hecho mediador167 es la causa eficiente de un empobrecimiento del primero paralelo al enriquecimiento del segundo. Procedería, por tanto, el restablecimiento del equilibrio entre los dos patrimonios168.
Al margen del carácter residual por subsidiario de la figura –que no hay problema en aceptar dada la sistemática utilizada169-, se habrá de comprobar la
agentes de la propiedad inmobiliaria, Editorial Aranzadi, Madrid, 2000, cuando el tercero se aprovecha de la actuación del corredor, la conoce y no la desautoriza, no se obliga a retribuir a éste, ya que faltaría una relación contractual con él; sin embargo, este mismo autor manifiesta que «en todo caso habría que acudir a una acción de enriquecimiento injusto», p. 449. Anteriormente VARELLI, La mediazione, Casa Editrice Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxx, Napoli, 1953, pp. 20 a 28. En opinión de este autor, si el segundo contrayente no consiente la mediación, no habrá contrato de corretaje, aunque aproveche las gestiones de la persona que intentó ser mediador; en ese caso, los contrayentes no satisfarán los honorarios del mediador, si bien habrán de pagárselos en concepto de indemnización por enriquecimiento.
167 A los efectos presentes, y al margen de la mayor amplitud potencial de la palabra, se seguirá tratando el hecho volitivo finalista, no el eventual o aleatorio.
168 Principio general ampliamente positivizado en el Derecho español, está presente en los artículos del Código civil. 1901, 358 y ss., 451 y ss., 1358, 1364, 1756, 1888 y ss., 1895 y ss, 1124, 1295, 1298, 1303; art. 65 de la Ley Cambiaria, entre otros, con temprana base en las Partidas (7, 34, 17). Siguiendo a CASTÁN TOBEÑAS, en la misma línea que a la generalidad de la doctrina tradicional bajo la influencia del Xxxxxxx xxxxxx, xxxxxxxxxx xx xx xxxxxxxxx 000 de su Código civil, en Derecho Civil español, común x xxxxx, Reus, Madrid, 1957, p. 717, parafraseando a XXXXX XXXXX, El enriquecimiento sin causa en el Derecho español, Reus, Madrid, 1934. Expresamente recogido xxxxxxx xx xx xxxxxxxx 0000 x 0000 xxx Xxxxxx xxxxx italiano, y arts. 473 y ss. del Código civil portugués. Ello, además, con cierta independencia, en cuanto a la esencia de la figura, de la causalidad o no del sistema contractual de cada Ordenamiento. PUIG PEÑA, Derecho civil. vol. III, Editorial Revista de Derecho Privado. Madrid, 1971, p. 660, siguiendo a SHOM, lo define como «el hecho por el cual una persona se lucra o aumenta su patrimonio a costa de otra cuando no haya relación jurídica alguna que le sirva de base que lo justifique o sea contraria a la voluntad del Derecho». Sobre la literalidad de tal definición, entiendo que no es necesaria que la conducta activa sea del enriquecido –como recoge, asimismo, el mismo autor más adelante en la misma página-; por otra parte, si “contrario a la voluntad del Derecho” es el acto antijurídico, no lo entiendo incluido dentro de los parámetros de esta figura –como se verá-
, al margen de los efectos que le xxxx propios a la eventual nulidad que de ello se derivase. En el
Derecho italiano está recogido en el Título VIII del Libro IV del Código civil, arts. 2041 y 2042; en el Xxxxxxx xxxxxx xx xx xxxxxx 00 del Libro II; etc.
169 Lo que no implica que se acepte tal carácter subsidiario con carácter general en cualquier Ordenamiento, singularmente el español, sino que, aun de ser así, persistiría la validez del análisis. En todo caso ver XXXXXXXX XXXXXXXXX, “La causa del contrato”, Studia Albornotiana, Publicaciones del Real Xxxxxxx xx Xxxxxx, Xxxxxxx, 0000; también STS xx 00 xx xxxxxxxxx xx 0000. Xx xx Xxxxxxx italiano se recoge expresamente la subsidiariedad de la acción en el artículo 2042 del Codice civile.
posibilidad de tal categorización. De este modo, en cuanto a la premisa, sería la actividad mediadora, como acto unilateral del mediador, la causa de dos efectos paralelos: un enriquecimiento para el mediatario, toda vez que logra su fin económico; tun empobrecimiento para el mediador, que realiza una prestación no retribuida. Todo ello faltando una causa jurídica suficiente170 que justificara la gratuidad del fenómeno.
Aunque no sea necesaria la mala fe del enriquecido para la consideración del injusto171, no se puede obviar la vertiente subjetiva de la relación de empobrecimiento, pues no sólo puede tener mala fe el enriquecido. Habida cuenta la naturaleza y función de la categoría –o, en su caso, de las que la inspiren172-, sería adecuado utiliar la eventual ausencia de buena fe para rechazar, en este caso, el recurso al enriquecimiento injusto173.
Además, para la prestación de servicios en general, siempre que el prestador conozca la inexistencia de la causa negocial174, no se da siquiera la relación esencial
170 Los tres requisitos que exige el enriquecimiento injusto en España, según XXXX XXXX, Derecho civil. vol. III, Editorial Revista de Derecho Privado. Madrid, 1971, p. 000 xxx xx xxxxxxxxxxxxxxx, xx xxxx, xx xxxxxxxx causal xxxxx xxxxx x xx xxxxx xx xxxxx xxxxx xx xx xxxxx. La comparte el Tribunal Supremo, en sentencias xx 00 xx xxxxx xx 0000; 0 xx xxxxxxxxx xx 1980; o 00 xx xxxxx xx 2004. Las mismas características advierte GALLO, P., «1) l’arricchimento; 2) il danno; 3) la correlazione tra danno ed arricchimento; 4) la mancanza di giusta causa 5) la sussidiarietà dell’azione», Arricchimento senza causa e quasi contratti (i rimedi restitutori), Utet, Torino, 2008, p. 34. Añade CASTÁN la inexistencia de un precepto legal que excluya la aplicación del enriquecimiento sin causa en la p. 718, si bien, de alguna forma, la inexistencia de un precepto invalidante se puede considerar como una suerte de requisito común a todas las categorías jurídicas. XXXX PAIRÓ añade, en Teoría General de las Obligaciones, 2ª ed, vol. II, Librería Temis, Bogotá, 1948, p. 22, la inexistencia de otra acción reintegradora del equilibrio lo cual supone, principalmente, remarcar el carácter subsidiario que el autor le pretende. Los mismos requisitos señalados en primer lugar recoge el artículo 2041 del Código civil italiano.
171 XXXX XXXXXX y XXXXXX XXXXXXXXXXX, Sistema de Derecho civil II, Tecnos,
Madrid, 2000, 527, superando el carácter “torticero” derivado de la formulación en las Partidas que revestía la figura.
172 Evitando la discusión sobre la autonomía o no de un principio general autónomo o derivado para el enriquecimiento injusto, como señala XXXXXXXX XXXXXXXXX, “La causa del contrato”, Studia Albornotiana, Publicaciones del Real Colegio de España, Bolonia, 1998, p. 671.
173 Artículo 7.1 del Código civil español. Aplicable, como principio general de los principios generales. Xx xx Xxxxxxx xxxxxx, xx xxxxxxxxx 000 prevé expresamente, como límite del enriquecimiento injusto, la representación intelectiva del actuante empobrecido de la falta de débito de su acción libremente ejecutada.
174 Esto es: se excluye el error, tanto a cerca de la existencia de la causa, como del sujeto
de desequilibrio toda vez que, bien el servicio se ve desprovisto de valor patrimonial por su autor; bien éste es el medio de un uso ilegítimo, abusivo, del Derecho por parte de quien lo ejecuta175. Lo contrario posibilitaría la creación unilateral de obligaciones ajenas.
En fin, no parece asumible tampoco la incardinación de la mediación, en ésta institución de enriquecimiento injusto ni, por tanto, en ninguna de las categorías cuasi-contractuales.
2.7. Derecho contractual europeo
Después de justificar la negación de la categoría de mero acto jurídico a la mediación, utilizando consideraciones tradiconales del Derecho patrimonial176, conviene confirmar las aserciones practicadas en contraste con los trabajos de Derecho contractual europeo, a efectos de verificar si acaso no hubiera alguna alternativa entre las que, hasta ahora, se han tratado.
Con todo, la consideración de la mediación desde la perspectiva del Xxxxx Xxxxx de Referencia177, pasa por reconocer la naturaleza, entidad y límites del
u objeto a que ésta pudiera atañer.
175 Proscrito de forma expresa por xx xxxxxxxxx 000 xxx Xxxxxx xxxxx xxxxxx para el caso del enriquecimiento injusto, cabría aplicar, entiendo, el artículo 7.2 del Código civil al mismo supuesto. Al respecto XXXXXX, Xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx, xx. xxx., xx. 000 x xx.
000 Resulta en sí mismo significativo que, en cuanto a los conceptos generales utilizados, pero también en cuanto a la configuración más concreta de los institutos tratados, así como de sus efectos; el contenido haya sido prácticamente el mismo en los ordenamientos europeos utiliados, fundamentalmente el italiano y el español. Indicio añadido no sólo sobre la utilidad del estudio comparado en este ámbito, sino sobre la aptitud de las conclusiones para ser comunes –o, incluso “comunitarias”-.
177 En rigor, aún, “borrador” del mismo. Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law Draft Common Frame of Reference (DCFR), Outline Edition Prepared by the Study Group on a European Civil Code and the Research Group on EC Private Law (Acquis Group), Based in part on a revised version of the Principles of European Contract Law, Edited by Xxxxxxxxx xxx Xxx, Xxxx Xxxxx and Xxxx Xxxxxxx-Xxxxx and Xxxx Xxxxx, Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxx Xxxx,
proyecto que, al