MAGGIO 2022
MAGGIO 2022
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA E DI DOTTRINA
• UNA PROPOSTA AL MESE • | di XXXXXXX XXXXXXX | ||
Consulente del Lavoro in Sassari |
CARO CONTRATTO A TERMINE,
il nostro è un amore impossibile!
È
senza dubbio uno degli argomenti che negli anni il nostro ordinamento ha maggiormente modificato, integrato, trasfor- mato, ritoccato, quasi sempre bistrattato e, a volte, poche per la verità, migliorato, ma co- munque reso sempre di difficilissima, com-
plessa e rischiosa applicazione.
Di fatto, quasi ogni ministro competente ha sentito il bisogno irrefrenabile di apporre il suo “tocco personale”, per quanto, spesso ininfluente ed in alcuni casi persino dannoso. Le 34 modifiche normative intervenute nell’ar- co di 14 anni1 sono chiara espressione di un grande - e disturbato – amore per la materia. Eppure, a ben vedere, questa forma contrattua- le, i cui paletti applicativi sempre più rigidi sono diventati politicamente il baluardo della lotta alla precarietà, con piccoli, ma incisivi ritocchi, potrebbe divenire un elemento fondamentale per gestire la flessibilità del personale, con note- vole vantaggio per le aziende e, senza per que- sto, cagionare alcun danno al lavoratore.
Partiamo dalla Direttiva 1999/70/CE (consi- glio del 28 giugno 1999), relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato che, al comma 1 della clausola n. 5 - Misure di prevenzione degli abusi - recita:
“Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di la- voro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma
1. Camera R., Contratto a tempo deter- minato: come scrivere la causale prevista dal CCNL, Qi, Ipsoa, 26 agosto 2021.
delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno
E non è neces“sario perdersi
in astruse strategie,
tu lo sai, può ancora vincere chi ha il coraggio delle idee.
(R. Zero, “Il coraggio delle idee”)
introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata massima totale dei contratti o rap- porti di lavoro a tempo determinato successivi;
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.”
Secondo la allora CE, pertanto, per evitare l’abuso dei contratti a termine, sarebbe stato sufficiente adottare UNA-O- PIÙ-MISURE tra quelle proposte. Una o più… noi italiani, super efficienti, non solo ne abbiamo recepito due - le causali, di cui alla lettera a), e la du- rata massima, di cui alla lettera b) -, ma ne abbiamo addirittura introdotte delle altre, ovvero un limite al numero massimo di con- tratti stipulabili per azienda e un limite ulte- riore al numero massimo di proroghe.
E non solo: abbiamo anche stabilito che detti limiti debbano essere riferiti all’intera vita dei medesimi soggetti datore di lavoro - lavoratore. Fermo restando che gli abusi vanno sempre limitati e combattuti, tutta questa regola- mentazione, neanche a dirlo, rende quanto- meno complesso, per usare un eufemismo, ➤
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l’utilizzo di questa tipologia contrattuale, e anche quando, per una serie di fortunate congiunture astrali si riesca ad utilizzarla, meglio fare i dovuti scongiuri in quanto ca- dere in fallo è di una facilità estrema.
Per iniziare, la prima idea che ci sovviene, è di limitare il periodo a cui riferire le verifiche del rispetto di tutti i limiti ad un tempo “congruo”, ed evidentemente congruo non può essere illimitato, come lo è attualmente. A tal proposito è intervenuta recentemente anche la Corte d’Appello di Milano ritenen- do un lasso di tempo pari a 7 anni un ragio- nevole lasso di tempo superato il quale i rap- porti a termine tra i medesimi soggetti “decadono” e non devono più essere compu- tati nella durata massima dei 24 mesi (sen- tenza n. 1375/2021). Questo servirebbe ad evitare sanzioni per chi, in assoluta buona fede, dovesse malauguratamente escludere dal computo della durata massima uno o più rapporti di lavoro vetusti, magari risalenti - e non sarebbe infrequente - in tempi in cui non esistevano le comunicazioni telematiche, o i cui documenti cartacei sono stati eliminati poiché trascorsi oltre 5 anni2.
Altro paletto eccessivamente limitante è il numero massimo di 4 proroghe, soprattutto per i lavoratori stagionali, per i quali non è mai stato affermato in modo incontrovertibi- le che, vista la natura dell’attività svolta, non rientrino in tale casistica.
D’altronde, se già abbiamo limitato la durata massima del contratto, viene spontaneo chie- dersi per quale motivo debba esserci anche un numero massimo di proroghe, il primo po- trebbe tranquillamente escludere il secondo. Relativamente alle proroghe, vi è anche poca chiarezza per quanto riguarda i contratti a ter- mine stipulati per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, ed in particolare in caso di apposizione del ter-
2. A tal proposito vedi Xxxxxxx X., Una proposta al mese: Il tempo determinato…con una memoria a tempo indeterminato?, Sin- tesi, ottobre 2019.
mine senza una data ben definita, ma condi- zionata al rientro del lavoratore sostituito.
In tali casi, se l’assenza del lavoratore si pro- trae, siamo dinanzi ad una proroga? E se il lavoratore assente protrae la sua assenza per oltre 4 volte, e quindi, qualora considerassi- mo lo spostamento del termine condizionato come una proroga, arrivati alla quarta sarem- mo obbligati a cessare il rapporto o, in alter- nativa, a trasformarlo a tempo indeterminato pur non avendone alcuna intenzione, poiché la stipula è avvenuta per una necessità con- tingente che ha un fine ben definito?
In realtà il caso specifico potrebbe essere ge- stito con la “modifica del termine inizial- mente fissato” come una delle alternative presenti nel modello Unilav, d’altronde, se non è una modifica del termine (necessaria) questa, non si comprende quale potrebbe es- serlo. In questo modo ci si libererebbe dal problema proroga, ma nessuno ha mai scritto nero su bianco tutto ciò.
In alternativa, liberalizzare la durata del con- tratto per sostituzione, o comunque prevede- re un termine più ampio di 36 o 48 mesi, sarebbe senz’altro un’azione di buon senso.
Relativamente alla sostituzione del lavoratore assente, un’altra problematica frequente si ve- rifica allorquando il lavoratore sostituito ri- entra a lavoro, ma nel frattempo l’azienda ha maturato la necessità di prorogare il rapporto del lavoratore assunto in sostituzione. Ebbe- ne, il Ministero del lavoro nella circolare n. 17/2018 ha affermato che “la proroga presup- pone che restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza. Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la mo- tivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disci- ➤
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plina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rap- porto.”, precludendo secondo tale assunto la possibilità di procedere alla proroga nel caso prospettato e obbligando le parti contraenti a stipulare un rinnovo, quindi con due obbli- ghi contestuali: l’apposizione della causale al rinnovo e il rispetto dello stop-and-go, pena la trasformazione del secondo contratto a tem- po indeterminato.
Si potrebbe quindi eliminare lo stop-and-go, almeno in caso di rinnovo contrattuale con- seguente ad un precedente contratto a termi- ne per sostituzione.
E, diciamolo, a fronte di tutte le limitazioni esistenti, ben si potrebbe escludere, almeno entro i 12 mesi, l’obbligo di causale agli in- tervenuti rinnovi, che, come nel caso analiz- zato, di fatto sono delle proroghe per cui è variata la motivazione.
Curiosamente, tra l’altro, la differenziazione tra rinnovo e proroga è squisitamente made in Italy, l’Unione Europea nella sua direttiva menziona infatti solo i rinnovi.
Certo, tutto potrebbe essere risolto con l’i- dentificazione della mitica causale, se non fosse che, come già approfondito in questa stessa Rivista3, le causali identificate dal Le- gislatore sono:
-esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; quindi, per inciso, atti- vità diverse da quella abitualmente svolta. L’a- zienda dovrebbe quindi diversificare per poter utilizzare tale causale;
-esigenze di sostituzione di altri lavoratori, con le criticità su esposte;
-esigenze connesse a incrementi temporanei, si- gnificativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. Non si comprende bene il senso della frase non programmabili.
Giusto per fare un esempio, la vincita di una gara d’appalto è da considerarsi programma- bile perché partecipando alla gara in qualche
3. A tal proposito vedi X. Xxxxxxx, Sul tempo determinato (a partire dal Decreto Dignità), Sintesi, luglio 2018.
modo ho coscienza della probabilità dell’in- cremento dell’attività, e quindi non potrei utilizzare l’appalto come causale per il con- tratto a termine o, al contrario, è da conside- rarsi non programmabile perché non vi è cer- tezza di vincerla?
Sarebbe utile, anche in tal senso, chiarire me- glio il concetto, o anche stabilire un limite temporale di riferimento entro il quale l’in- cremento di attività si possa considerare o meno programmabile.
Qualche contratto collettivo ha introdotto al- cune causali, che spesso si sono però rivelate inadeguate in quanto, come da giurispruden- za consolidata, esse devono indicare in modo specifico “le circostanze che contraddistinguo- no una particolare attività e che rendono con- forme alle esigenze del datore di lavoro, nell’am- bito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e l’utilizzazione del lavo- ratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collega- mento con la stessa” (Cassazione n. 22496/2019). In buona sostanza la causale è idonea se iden- tifica in maniera chiara e verificabile la ne- cessità che ha reso legittima l’applicazione del termine contrattuale.
Nell’attesa che permane dal 2018, anno del decreto “Dignità", di parti sociali impavide che individuino tali ragioni giustificatrici, perché non interviene il Legislatore onde evi- tare impugnazioni fin troppo facili? Si parla tanto della necessità di deflazionare il con- tenzioso, non a caso è in atto proprio in que- sti mesi la riforma del processo civile, sarebbe pertanto oltremodo propizio il momento per rendere chiaro a tutti quando il termine con- trattuale sia legittimamente applicabile.
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Inoltre, sarebbe opportuno prendere coscien- za che, nonostante il termine, vi potrebbe es- sere, ahimè, la necessità di interrompere il contratto prima della scadenza da ambo le parti, e non solo per giusta causa. Perché non prevedere tale possibilità allora, magari come già da più parti proposto, stabilendo delle pe- nali a carico del soggetto che recede, propor- zionandole alla durata del contratto, o al tempo che residua dalla cessazione alla sca- denza inizialmente stabilita.
Anche sul periodo di prova il Legislatore nic- chia da sempre, nemmeno nello schema di decreto approvato in Consiglio dei Ministri che modifica il D.lgs. n. 152/97 è riuscito a dare una definizione certa della durata della prova nei contratti a tempo determinato.
Eppure, il modo ci sarebbe, il più immediato potrebbe essere quello di rapportare il periodo di prova previsto per il contratto a tempo inde- terminato alla durata del contratto a termine, identificando la durata minima e massima, ma, in effetti, così sarebbe troppo semplice… Infine, la previsione che consente di “riparti- re da zero” ai fini del raggiungimento della durata massima di 24 mesi in caso di stipula di un contratto a termine con lo stesso lavo- ratore, ma per mansioni di livello e categoria legale differenti, non è comunque da consi- derarsi un rinnovo? Sarà quindi soggetto a causale pur nell’ambito dei primi 12 mesi e assoggettato alla contribuzione addizionale, che tra l’altro cresce esponenzialmente ad ogni rinnovo? Anche in riferimento a ciò,
senz’altro sarebbe cosa buona e giusta chiari- re la problematica, oltre che fissare una misu- ra massima del contributo addizionale.
Nell’attuale momento storico, con la condi- zione economica in cui versano le aziende, probabilmente sarebbe utile agevolare l’occu- pazione flessibile, anziché costringerle forzo- samente ad utilizzare il solo contratto a tem- po indeterminato.
Non dobbiamo mai dimenticare che la flessi- bilità iniziale spesso rappresenta il biglietto d’ingresso per la stabilità, ma a condizione che vi siano regole certe per tutti.
E allora, a conclusione alla nostra riflessione, da sognatori innamorati del diritto in quanto fondamento di certezze per chi lo deve inter- pretare ed applicare, la semplificazione estre- ma, perfettamente in linea con quanto im- partito dall’Unione Europea, è indicare UNA sola delle misure proposte, ovvero, ad esempio, la durata massima consentita, abo- lendo tutti gli altri farraginosi limiti, in at- tuazione anche del comma 4 della clausola 8
- Disposizioni di attuazione - della già citata direttiva CE, in cui si afferma: “Il presente accordo non pregiudica il diritto delle parti so- ciali di concludere, al livello appropriato, ivi compreso quello europeo, accordi che adattino e/o completino le disposizioni del presente accor- do in modo da tenere conto delle esigenze spe- cifiche delle parti sociali interessate.”
Ma si sa, quando un concetto è troppo sem- plice, chissà come mai, diviene automatica- mente impopolare.
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