Contract
Il lavoro intermittente nella riforma del mercato del lavoro
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Premessa
Il Disegno di legge recante le disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (DDL 3249), presentato dal Governo lo scorso 4 aprile 2012, all’articolo 7 (rubricato Lavoro intermittente) interviene sul contratto di lavoro intermittente (definito anche a chiamata o job on call). In particolare, la quasi totalità delle norme che attualmente regolano il lavoro intermittente saranno abrogate e/o modificate. Infatti, l’art. 7 del DDL 3249 dispone che:
• l’art. 34, comma 2, d.lgs. 276/03 sarà abrogato;
• sarà inserito il comma 3-bis all’art. 35 del d.lgs. 276/03;
• gli articoli 37 e 40 del d.lgs. 276/03 saranno abrogati.
Caratteristiche
Il lavoro intermittente è un contratto di lavoro subordinato, che può essere stipulato sia a tempo indeterminato che determinato, con il quale il prestatore di lavoro, mettendosi a disposizione del datore di lavoro, svolge prestazioni di carattere discontinuo o intermittente.
Nel caso di assunzione a termine non devono essere rispettate le ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive, che legittimano la stipula di un contratto a tempo determinato ex d.lgs. 368/01. Inoltre, il lavoro intermittente a termine è rinnovabile o prorogabile senza alcun limite temporale.
A tal proposito, il Ministro del Lavoro, con Circolare n. 4/2005, ha specificato che «con riferimento alla assunzione a tempo determinato va chiarito che non è applicabile la disciplina del d.lgs. 368/01, che infatti non è espressamente richiamata dal d.lgs. 276/03 come avviene invece, per esempio, con riferimento al contratto di inserimento al lavoro». Quindi, nel caso di riassunzione a termine con contratto di lavoro intermittente, non è necessario rispettare il periodo di intervallo obbligatoriamente previsto per i contratti a termine (cioè 10 gg. di stop per contratti a tempo determinato sino a 6 mesi, o 20 gg. di stop per quelli con durata superiore ai 6 mesi).
Forma del contratto
Il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta ad probationem e contenere i seguenti elementi:
98 Una riforma a metà del guado
1) durata del contratto;
2) requisiti (oggettivi o soggettivi);
3) luogo della prestazione;
4) eventuale disponibilità del lavoratore, comprendente anche il preavviso di chiamata, che comunque non può essere inferiore ad un giorno lavorativo;
5) trattamento economico (non inferiore a quello percepito da un lavoratore di pari livello, riproporzionato alla prestazione effettivamente eseguita);
6) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e dell’eventuale indennità di disponibilità;
7) eventuali misure di sicurezza specifiche adottate.
Periodi predeterminati: le modifiche prospettate
Con il DDL 3249, in merito alle prestazioni predeterminate, perseguendo il costante obiettivo di ridurre al minimo l’utilizzo di tale tipologia contrattuale, verrà abrogato l’art. 37 del d.lgs. 276/03 che attualmente concede la possibilità «nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali, l’indennità di disponibilità di cui all’art. 36 è corrisposta al prestatore di lavoro solo in casi di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro. Ulteriori periodi predeterminati possono essere previsti dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale».
Requisiti soggettivi: possibili interventi di modifica
Con la normativa in vigore sino ad oggi, inoltre, i datori di lavoro possono stipulare contratti a chiamata con soggetti di età inferiore ai 25 anni o con più di 45 anni (anche pensionati), a prescindere dal tipo di attività da svolgere. Inoltre, la verifica dell’età del lavoratore deve essere effettuata all’atto dell’assunzione. Con l’abrogazione del comma secondo dell’art. 34 del d.lgs. 276/03, tale possibilità verrà eliminata. Nella convinzione del legislatore che ciò possa delimitare l’utilizzo fraudolento di tale tipologia contrattuale.
Le due tipologie di lavoro intermittente: con e senza obbligo di rispondere alla chiamata
Il lavoro intermittente può essere stipulato con o senza obbligo di rispondere alla chiamata, nel primo caso per compensare economicamente la posizione di attesa della chiamata con impegno a rispondere alla stessa, il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore una “indennità di disponibilità”, che non può essere inferiore al 20% della retribuzione prevista dai CCNL. Con l’abrogazione del primo comma dell’art. 37 l’indennità dovrà essere corrisposta anche se non vi è effettiva chiamata nei periodi predeterminati di svolgimento del lavoro a chiamata.
Nel contratto di lavoro a chiamata con obbligo di risposta alla chiamata può essere inserita una clausola che prevede delle conseguenze nel caso di possibile impedimento alla chiamata. Infatti, si può stabilire che in caso di malattia e di ogni altro evento che rende temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto ad informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. Ove il lavoratore non provveda ad effettuare tale informazione, perde automaticamente il diritto all’indennità (secondo quanto stabilito dal contratto).
Inoltre, il contratto individuale può prevedere una clausola per regolamentare espressamente le conseguenze al rifiuto di rispondere alla chiamata, comportando: la risoluzione immediata del contratto
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intermittente; la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto; il risarcimento del danno al datore di lavoro, da parte del lavoratore, nella misura stabilita dalle parti, o secondo quanto fissato dal contratto collettivo nazionale, territoriale o aziendale.
Divieti
Il lavoro intermittente seguiterà ad essere vietato:
• per la sostituzione di lavoratori in sciopero;
• salvo diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni oppure presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti od una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a chiamata;
• da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del d.lgs. 81/2008, così come modificato dal d.lgs. 106/2009.
Novità sulle comunicazioni obbligatorie per contrastare gli abusi
Fra le novità previste dal DDL 3249, l’art. 7, comma 2, lett. b) afferma che «prima dell’inizio della prestazione lavorativa il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante fax o posta elettronica certificata. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate ulteriori modalità semplificate di comunicazione. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma trova applicazione la sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 6.000 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non trova applicazione la procedura di diffida di cui all’art. 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124».
Quindi, con l’entrata in vigore della nuova disposizione ora riportata, dovrà essere effettuata una comunicazione preventiva in occasione di ogni chiamata al lavoro (e non una unica comunicazione ab initio). Quindi, effettuata la comunicazione preventiva obbligatoria per l’instaurazione del rapporto di lavoro intermittente (attraverso il Sistema CO con il modello UniLav) per ogni successiva chiamata sarà necessaria una comunicazione alla DTL, tramite fax o PEC.
Validità dei contratti sottoscritti anteriormente alla riforma
Per quanto concerne la validità dei contratti di lavoro intermittente in essere al momento dell’entrata in vigore della riforma, il comma 2 dell’art. 7 afferma esplicitamente che «i contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, che non siano compatibili con le disposizioni di cui al presente articolo, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge».