Contratti a termine 1
Contratti a termine 1
12 mesi
La durata massima di un contratto privo di causali
Contratti a termine /1
Tornano le causali dopo i primi 12 mesi anche per i rapporti in corso Due motivi per ricorrere ai contratti a tempo
Entrano oggi in vigore le nuove regole introdotte dal decreto estivo. Il contratto a termine “libero” potrà essere sottoscritto fino a 12 mesi; dopo si ripristinano le causali, vale a dire le ragioni che giustificano il ricorso da parte del datore a un rapporto a tempo determinato. In questi casi, si potrà attivare un contratto a termine solo per due motivazioni, cioè per «esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria; oppure per necessità
«temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria, o per esigenze sostitutive di altri lavoratori» Un freno a rinnovi e stabilizzazioni
Introdotte per la prima volta nel 1962, le causali sono state poi cancellate, nel 2014, con il decreto Xxxxxxx, e ora ritornano. In più di 50 anni non hanno mai prodotto particolari risultati, visto che sono di incerta applicazione, lasciano ampi margini di discrezionalità ai giudici, e portano solo ampio contenzioso. L’effetto pratico sarà quello di penalizzare i lavoratori a termine oltre i 12 mesi: per loro infatti sarà più difficile ottenere la stabilizzazione o un nuovo rapporto a tempo
IN SINTESI
Dopo i primi 12 mesi di contratto a termine libero, tornano le causali. La novità vale per i nuovi contratti ma anche per quelli in corso in caso di rinnovi o proroghe
0,5%
Il sovracosto
L’aumento dei contributi per ciascun rinnovo a termine 2
La durata scende a 24 mesi, 4 le proroghe, rinnovi più costosi
Rapporti a tempo determinato più cari
Il decreto legge riscrive in maniera piuttosto robusta il decreto Poletti del 201, che come si ricorderà, aveva liberalizzato i contratti a termine per tutta la durata
massima di 36 mesi, confermando un tetto quantitativo
al loro utilizzo (20% dell’organico complessivo). Ebbene, a oggi, la durata complessiva di un rapporto a termine scende da 36 a 24 mesi, sono ammesse quattro proroghe
(finora, cinque), e «in occasione di ciascun rinnovo», anche in somministrazione, scatta un incremento contributivo di 0,5 punti percentuali, in aggiunta all’1,4% già da oggi, la durata complessiva di un rapporto a termine scende da 36 a 24 mesi, sono ammesse quattro proroghe
(finora, cinque), e «in occasione di ciascun rinnovo», anche in somministrazione, scatta un incremento contributivo di 0,5 punti percentuali, in aggiunta all’1,4% già previsto, dal 2012, dalla legge Fornero, e utilizzato per finanziare la Naspi (l’indennità di disoccupazione)
Si rischiano effetti negativi sull’occupazione
La normativa diventa complessivamente più severa sui contratti flessibili. Il rischio, concreto, è di non produrre effetti sull’occupazione. Xxxx, di avere un impatto negativo, come stima, del resto, la relazione tecnica al Dl che parla apertamente di 80mila contratti a termine a rischio
(già oggi oltre i 24 mesi), e di questi, 8mila (il classico 10% che indica sempre la Ragioneria generale dello Stato) che sicuramente non verranno proseguiti
IN SINTESI
La durata di un contratto a tempo scende da 36 a 24 mesi, le proroghe si fermano a 4 (attualmente
5) e a ciascun rinnovo scatta un addendum contributivo di 0,5 punti
702mila
Con le Agenzie hanno avuto almeno un contratto dipendente
3
SOMMINISTRAZIONE
Il giro di vite scatta anche per le Agenzie per il lavoro
Cancellata la distinzione tra due istituti
La disciplina del lavoro in somministrazione viene equiparata a quella del contratto a termine. Si applicano anche alle Agenzie di lavoro le nuove norme sulla durata massima del contratto a termine acausale di 12 mesi. La durata massima scende da 36 a 24 mesi, ma per ogni rinnovo si dovranno indicare le causali, e per ogni rinnovo scatterà un incremento del costo dei contributi dello 0,5%. Bisognerà rispettare lo “stop and go”, ovvero la pausa tra un contratto e l’altro, e le proroghe scendono da 5 a 4. Le uniche due esclusioni riguardano l’obbligo di precedenza
nelle assunzioni e il tetto di utilizzo pari al 20% dei contratti a termine rispetto ai tempi indeterminati.
La somministrazione perde appeal
Diventerà più difficile proseguire i contratti di somministrazione oltre i 12 mesi. Non solo per l’aggravio dei costi, ma anche perchè le causali fanno riferimento ad esigenze temporanee estranee all’ordinaria attività, non programmabili, fattispecie quasi impossibili per giustificare
il ricorso alla somministrazione. La pausa tra un contratto e l’altro penalizza lo stesso lavoratore.
IN SINTESI
Si penalizza il ricorso ad una forma di flessibilità tutelata per il lavoratore che ha lo stesso trattamento economico e contributivo di un lavoratore subordinato, con il supporto del welfare e della formazione.
80mila
Sono i contratti «fuori regola» che superano i 24 mesi di durata 4
REGIME TRANSITORIO
Al via la stretta su proroghe e rinnovi e sui futuri contratti
Più difficili proroghe e rinnovi
La nuova disciplina si applica ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, che è la giornata odierna, nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data. Dalle nuove misure è esclusa la pubblica amministrazione, per la quale si continua ad applicare la disciplina precedente.
Posti di lavoro a rischio
La relazione tecnica evidenzia che sui 2 milioni di contratti a tempo attivati (esclusi gli stagionali, agricoli, Pa e compresi i lavoratori somministrati), di questi 80mila superano la durata effettiva di 24 mesi. Le previsioni della Rgs sono che il 10% di questa platea potenzialmente a rischio non troverà altra occupazione dopo i 24 mesi, cioè in 8mila l’anno resteranno senza lavoro (3,3mila per i restanti mesi del 2018).
IN SINTESI
I contratti a termine in essere sono a rischio, perché quando scadranno sarà più difficile rinnovarli; l’imprenditore dovrà indicare la causale, esponendosi al arischio di contenzioso, e pagare uno 0,5%
in più ogni rinnovo. La tentazione, in molti casi, potrebbe essere quella di stipulare nuovi contratti a termine a causali di durata fino a 12 mesi, o ricorrere ad altre tipologie contrattuali (con meno tutele per i lavoratori) rischio di contenzioso, e pagare uno 0,5% in più ogni rinnovo. La tentazione, in molti casi, potrebbe essere quella di stipulare nuovi contratti a termine a causali di durata fino a 12 mesi, o ricorrere ad altre tipologie contrattuali (con meno tutele per i lavoratori)
dovrà indicare la causale, esponendosi al rischio di contenzioso, e pagare uno 0,5% in più ogni rinnovo. La tentazione, in molti casi, potrebbe essere quella di stipulare nuovi contratti a termine a causali di durata fino a 12 mesi, o ricorrere ad altre tipologie contrattuali (con meno tutele per i lavoratori)
36mesi
Sale l'indennità in caso di licenziamento illegittimo 5
Indennizzi
Per le aziende diventa più costoso licenziare
Arrivano i maxi indennizzi
Il primo decreto di politica economica del governo Xxxxx interviene anche sul nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, in vigore dal 7 marzo 2015. Il provvedimento prevede un incremento del 50% degli indennizzi monetari, minimo e massimo, in caso di licenziamento illegittimo, che dagli attuali 4 e 24 mensilità passano ora a 6 e 36 mensilità. Si torna così a rivedere il quadro dei regimi di tutela attualmente esistenti a fronte di recessi datoriali ingiustificati. Nei soli licenziamenti individuali, se ne arrivano a contare ben 13. Alla faccia della semplificazione!
Un freno a rinnovi e stabilizzazioni
Si agisce con una doppia mossa che penalizza le aziende. Da un lato, infatti, si introduce una normativa più severa sui contratti flessibili; dall’altro, si aggravano gli indennizzi nei licenziamenti illegittimi legati al contratto stabile a tutele crescenti. Il rischio è di non produrre effetti sull’occupazione. Semplicemente perché si disincentivano, contemporaneamente, entrambe le tipologie negoziali
IN SINTESI
Cambiano gli indennizzi in caso di licenziamento illegittimo: da 4 a 24 mensilità si sale, adesso, a 6 e 36 mensilità
20%
La tolleranza
La distanza tra redditi e tenore di vita oltre cui scattano i controlli
6
Lotta all’evasione
Il redditometro viene congelato per i controlli dal 2016 Stop al provvedimento attuativo
Per il redditometro si profila uno stand by. Pur essendo ormai uno strumento di accertamento poco utilizzato, il Dl 97/2018 abroga il provvedimento attuativo varato dal Mef nel settembre 2015 che quindi non consente più di ricorrere a questo tipo di controllo dall’anno d’imposta 2016 e uccessivi. Restano, invece, validi tutti gli inviti rivolti ai contribuenti su cui si sono già posati gli “occhi” del redditometro a fornire dati e notizie rilevanti fino all’anno d’imposta 2015. Così come restano validi gli atti di accertamento che sono stati già recapitati e non saranno in alcun modo rimborsate le somme già versate
Scadenze riviste per lo spesometro
Il decreto estivo interviene anche sul calendario dello spesometro, ossia l’invio alle Entrate dei dati delle fatture emesse e ricevute nel 2018. Per la trasmissione del terzo trimestre ci sarà tempo fino al 28 febbraio 2019, mentre le due scadenze per l’invio semestrale saranno 1° ottobre (il 30 settembre cade di domenica) e 28 febbraio 2019
IN SINTESI
Che cosa succederà ora al redditometro? Il nuovo decreto sugli indici di capacità contributiva potrà essere adottato dal Mef sentite l’Istat e le associazioni dei consumatori. Si tratterà di capire se lo strumento resterà nella sua formula attuale o se sarà destinato a cedere il passo a un meccanismo simile alle nuove “pagelle fiscali” per le partite Iva
35 milioni
Il costo del dietrofront sui professionisti per il 2018 7
Semplificazioni
I professionisti ritrovano l’esclusione dallo split payment
Il dietrofront dopo un anno
È durata appena un anno l’applicazione dello split payment ai professionisti che era stata introdotta dalla manovrina della primavera dello scorso anno. Il decreto estivo opera un dietrofront mettendo nero su bianco che l’esclusione dal meccanismo della scissione dei pagamenti (in pratica i soggetti obbligati che acquistano le prestazioni professionali poi erogano il compenso al netto dell’Iva che provvedono a versare direttamente all’Erario) riguarda i compensi assoggettabili alla ritenuta
alla fonte sul reddito ma anche a titolo di acconto
Le operazioni dopo l’entrata in vigore
L’esclusione dei professionisti dallo split payment scatterà per le operazioni per cui sarà emessa fattura dopo l’entrata in vigore del Dl 97/2018 (stabilita per oggi)
IN SINTESI
Il dietrofront è arrivato dopo il pressing arrivato da Ordini e rappresentanti dei professionisti per superare lo split payment. Ora resta da capire se si arriverà a un superamento tout court del meccanismo, come da tempo richiedono le imprese proprio per gli effetti negativi in termini di liquidità. Anche in considerazione del fatto che con il debutto dell’obbligo di fatturazione elettronica tra privati a partire dal 2019 l’amministrazione finanziaria potrà disporre in tempo reale di tutte le operazioni che verranno fatturate
0,5%
L’aumento
Sale il prelievo erariale unico sulle macchinette 8
Giochi
Lo stop agli spot trascina al rialzo il prelievo sulle slot
Divieto di pubblicità assoluto
Il decreto introduce una stop alla pubblicità del gioco, sia diretta che indiretta, su qualsiasi mezzo, dai giornali alle televisioni, dalle radio a internet. Si salvano solo la lotteria della Befana e gli annunci dei Monopoli sul gioco responsabile. Sono esclusi dalla stretta anche i contratti di pubblicità in vigore fino al 14 luglio 2019 (un anno dall’entrata in vigore del Dl) o comunque in scadenza prima di quella data.
Il gioco come bancomat
La stretta sulla pubblicità sarà pagato da un nuovo aumento in due tempi del Preu sulle slot: uno 0,25% di aumento scatterà già dal 1° settembre 2018 per garantire i 35 milioni necessari a coprire l’abolizione dello split payment per i professionisti; l’altro 0,25%, che porterà il Preu al 19,50% per le Awp e al 6,5% per le Vlt, scatterà dal 1° maggio 2019 per assicurare all’Erario 147 milioni per il prossimo anno e 198 milioni a decorrere dal 2020.
IN SINTESI
Lo stop alle pubblicità del gioco così come alla sponsorizzazioni metterà fine agli annunci pubblicitari su scommesse, gratta e vinci, lotto, slot e superenalotto per citare i giochi più noti. Le violazioni potranno costare fino al 5% della sponsorizzazione o della pubblicità e comunque in misura non inferiore a 50mila euro
5
Gli anni di vincoli
Revoca degli aiuti per chi trasferisce l’attività entro 5 anni 9
DELOCALIZZAZIONI
Colpiti gli imprenditori che si trasferiscono anche in Italia e nella Ue
Impresa sanzionata entro 5 anni dall’aiuto
Le imprese che trasferiscono entro 5 anni l’attività o «una sua parte» dal sito produttivo per cui hanno ricevuto un aiuto di Stato che prevede un investimento produttivo dovranno restituirlo. Se lo spostamento avviene all’interno della Ue o in Italia dovranno restituire l’importo più gli interessi (maggiorati di 5 punti).
In caso di trasferimento extra Ue oltre alla revoca dell’aiuto si prevede una sanzione da due a quattro volte l’importo del beneficio. Punita anche la delocalizzazione dei beni e dei macchinari incentivati con l’iperammortamento di industria 4.0. In questo caso l'impresa è tenuta a restituire - attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile - i benefici fiscali applicati nei periodi di imposta precedenti.
Il rischio di spaventare gli investitori
Le nuove norme sulle delocalizzazioni rispondono a un fenomeno dove non sono mancate abusi anche in Italia. Ma la nuova disciplina rischia innanzitutto di spaventare gli investitori e creare più di un incertezza.
La stretta potrebbe colpire soprattutto il Sud dove si concentrano molti aiuti per le imprese.
IN SINTESI
Pugno duro contro le imprese che delocalizzano dopo aver ricevuto un aiuto di Stato. Oltre alla revoca previste sanzioni in caso di trasferimento fuori dalla Ue.
50%
Taglio agli occupat
Revoca totale degli aiuti se gli occupati si riducono di oltre la metà
10
Livelli di occupazione
Stop alle agevolazioni per l’azienda che riducel’occupazione. Il decreto estivo prevede una stretta sugli aiuti di Stato non legata per forza alle delocalizzazioni. Si tratta della misura che riguarda le imprese che riducono l'occupazione dopo aver incassato una agevolazione che prevede «la valutazione dell’impatto occupazionale ». Nel decreto si stabilisce la revoca dei benefici concessi alle imprese che riducono i livelli occupazionali degli «addetti all'unità produttiva o all'attività interessata dall'aiuto» nei cinque anni successivi alla data di completamento dell’investimento. La decadenza dal beneficio avviene in presenza di una riduzione dei livelli di occupazione superiore al 10% ed è proporzionale alla riduzione del livello occupazionale. Ed è «comunque totale in caso di riduzione superiore al 50 per cento».
Nel mirino sia le imprese italiane che estere
La nuova misura riguarda tutte le imprese italiane o estere che operano nel territorio nazionale. Con una precisazione di peso: che la misura si applicherà ai benefici concessi o banditi e a tutti quegli investimenti agevolati avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. IN SINTESI
Revoca proporzionale degli aiuti di Stato alle imprese in base ai livelli di riduzione dell’occupazione