Conflitto di interessi
Conflitto di interessi
Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento
e l’estensione del modello al credito ai consumatori
Tribunale di Venezia, sez. II - Sentenza del 22 novembre 2004, n. 2654
G.U. Caprioli - Ric. Pitteri, Klamer - Res. Deutsche Bank S.p.A.
Obbligazioni e contratti - Servizio di investimento - Informazione - Adeguatezza - Conflitto di interessi - Violazione
- Nullità degli ordini - Responsabilità della banca - Restituzione delle somme investite - Interessi legali - Decorrenza
Ai sensi dell’art. 21, X.Xxx. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza) e degli artt. 28 e 29 del Regolamento Consob n. 11522/98 le banche devono operare in modo che i clienti siano adeguatamente informati sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio e devono astenersi dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. Sussiste conflitto di interessi rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 21 T.U.F. e dell’art. 27 del Regolamento Consob n. 11522/98 in mancanza di specifica informazione sulla situazio- ne di conflitto di interessi. La violazione comporta la nullità dell’ordine ed il conseguente obbligo della banca di restituire la somma di denaro investita dal cliente con gli interessi dalla data del versamento.
C
Svolgimento del processo
on atto di citazione notificato in data 12 dicem- bre 2002 Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx ci- xxxxxx in giudizio la Deutsche Bank s.p.a. chie-
dendo la declaratoria di nullità dei contratti conclusi con l’istituto bancario per vizi di forma e per violazione delle norme imperative e la condanna della convenuta al rim- borso delle somme investite dagli attori con gli interessi legali dalla data degli investimenti al saldo; in via subor- dinata chiedevano che, previo accertamento dell’ina- dempimento contrattuale dell’Istituto agli obblighi nego- ziali assunti, venisse dichiarato lo scioglimento del con- tratto e per l’effetto pronunciata la condanna al risarci- mento dei danni subiti nella misura ritenuta di giustizia. A sostegno delle proprie richieste esponevano di aver acquistato dalla Deutsche Bank s.p.a. in data 29 giugno 1998 ed in data 1° luglio 1998 delle obbligazioni argen- tine emesse da un ente denominato «Argentina cap pro- tect» con scadenza 8 maggio 2018 per il controvalore di
L. 295.025.330; di aver richiesto all’Istituto, una volta verificatasi l’insolvenza dell’emittente, l’applicazione della clausola di garanzia; di aver richiesto nella circo- stanza all’Istituto,una volta verificatesi l’insolvenza del- l’emittente, l’applicazione della clausola di garanzia; di aver appreso nella circostanza che detta garanzia sarebbe stata operante solo alla scadenza.
Rilevavano di non essere stati informati dalla banca al- l’atto della stipulazione del contratto sui rischi dell’ope- razione e di non aver saputo neppure quale fosse la ra- gione sociale della società emittente; di aver accertato, dopo lunghe ricerche, che la società emittente aveva se- de nelle isole Cayman ed aveva un capitale sociale di $
50.000 suddiviso in 50.000 azioni da un dollaro. Osservavano che la formula «cap protect» intesa inizial- mente dagli attori secondo un’interpretazione di buona fede, come garanzia di rimborso del capitale in caso di in- solvenza dell’emittente non aveva invero detto signifi- cato dovendosi riferire alla garanzia bancaria di rimborso del capitale senza interessi alla scadenza del prestito vale dire nel 2018.
Ritenevano pertanto violati alla luce delle considerazio- ni sopra esposte gli artt. 21 e 23 del D.L. 24 febbraio 1998, n. 58.
In particolare evidenziavano come la banca avesse omesso di fornire le informazioni circa l’elevatissimo ri- schio dell’investimento proposto senza neppure redigere per iscritto il contratto con il relativo ordine e senza con- segnarne né la copia al cliente né alcuna documentazio- ne riguardante l’operazione in questione.
Concludevano come in epigrafe.
Si costituiva la Deutsche Bank s.p.a. contestando il fon- damento della domanda e chiedendone il rigetto.
Rilevava che gli attori erano conosciuti dalla Banca co- me persone che operavano sul mercato borsistico abi- tualmente con operazioni di trading accettando i rischi correlati all’investimento, come emergeva dalla consi- stenza dei depositi titoli.
Osservava che all’epoca dei fatti in contestazione la Banca non aveva ragione di dubitare, di fronte ad una ri- chiesta di diversificazione del portafoglio dell’esperienza e della consapevolezza da parte dei clienti dei rischi con- nessi all’operazione in quanto proporzionali alla redditi- vità dell’investimento.
Sottolineava che nel gennaio del 1998 oltre 1/3 del pa- trimonio attoreo risultava investito in titoli azionari di speculazione (Fiat, Parmalat ed Eni) con repentine va- riazioni nella composizione del portafoglio.
Xxxxxxxxx inoltre che in occasione dell’accensione del contratto di deposito amministrato di cui è causa in data 24 giugno 1998 la Banca aveva consegnato ai clienti il documento contenente le domande sui rischi finanziari che si intendevano correre e che questi ultimi avevano rifiutato di fornire informazioni al riguardo.
Rilevava che gli ordini erano stati impartiti dai clienti non per iscritto ma telefonicamente in data 29 e 30 giu- gno, evidenziando che i relativi supporti magnetici di re- gistrazione non erano più disponibili dal momento che gli stessi devono essere conservati dalla banca per i due anni successivi, termine entro il quale possono essere fat- te valere eventuali riserve.
Sottolineava poi che trattandosi di una compravendita avvenuta in un mercato secondario non era prescritta la consegna del prospetto informativo - che era obbligato- rio solo, per contro, se il titolo viene proposto al cliente in fase di collocamento.
Osservava, per quanto riguardava la denunciata assenza di consulenza e di assistenza da parte della Banca, che la crisi finanziaria argentina aveva colto di sorpresa tutti gli operatori.
Contestava l’esistenza dei dedotti adempimenti contrat- tuali e comunque dell’applicabilità delle richiamate di- sposizione normative rilevando che le stesse sono riferi- bili alle gestioni di portafogli e non alla fattispecie in esa- me che è di deposito amministrato.
Radicato in tal modo il contraddittorio le parti sviluppa- vano nelle memorie ex art 180 Codice di procedura civi- le le rispettive tesi puntualizzando in quelle ex art 183, quinto comma, Codice di procedura civile le proprie do- mande e le relative eccezioni.
La causa, istruita solo documentalmente, veniva tratte- nuta in decisione all’udienza del 14 maggio 2004 con concessione alle parti di termini massimi di legge per conclusionali e repliche.
L’
Motivi della decisione
azione promossa dagli odierni attori trae origine dalla pretesa violazione da parte dell’Istituto ban- cario convenuto di una pluralità di norme; alcune
inserite nel programma negoziale concordato con la
Deutsche Bank s.p.a., ed altre contenute nel D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 riguardante la disciplina degli inter- mediari e nel regolamento di attuazione del 1° luglio 1998, n. 11522.
In particolare contestano la mancanza del requisito del- la forma scritta che avrebbe dovuto essere osservata per l’operazione di acquisto delle obbligazioni argentine ; l’o- messa o comunque carente informazione circa i rischi dell’investimento prescelto; il compimento dell’opera- zione in situazione di conflitto di interesse; l’inadegua- tezza dell’investimento rispetto all’entità complessiva del patrimonio mobiliare.
Le violazioni sopra dedotte in quanto in contrasto con norme imperative, quale devono ritenersi le prescrizioni contenute nel T.U. 1998/n. 58 comporterebbero, secon- do la prospettazione attorea, la nullità dei contratti di ac- quisto o comunque legittimerebbero lo scioglimento del rapporto per le gravi inadempienze agli obblighi contrat- tualmente assunti.
La domanda è fondata nei termini di seguito esposti. L’indagine giudiziale deve prendere le mosse dall’esame del programma negoziale quale sottoscritto fra le parti in data 24 giugno 1998 unitamente all’esame della norma- tiva di settore raccolta nel T.U. 24 febbraio 1998, n. 58 delle disposizioni in materia di intermediazione finanzia- ria e del successivo regolamento attuativo del 1° luglio 1998 che ha puntualmente specificato i doveri degli in- termediari dando corpo ai principi codificati nel richia- mato testo unico.
Normativa che integra lo statuto dell’intermediatore fi- nanziario e che, in quanto tale, deve applicarsi come re- gola generale di comportamento a tutte le operazioni da lui eseguite ove non sia disposto diversamente dalla legge. In questi termini deve essere disattesa l’eccezione formu- lata dalla banca convenuta secondo cui la disciplina in oggetto non sarebbe applicabile ai contratti di deposito amministrati.
Ciò posto si osserva che con il menzionato contratto contenente, come si legge testualmente, le norme per la negoziazione, la recezione e la trasmissione di ordini al punto 1 è previsto che gli ordini e le revoche sono con- ferite alla Banca per iscritto o telefonicamente. Nel con- tratto vengono descritte le modalità formali di recezione dell’ordine.
È altresì stabilito, sempre al punto 1), che la Banca non possa «effettuare operazione se non dopo aver fornito al Cliente informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione la cui cono- scenza sia necessaria al cliente per effettuare consapevo- li scelte di investimento o di disinvestimento».
Si aggiunge nel comma successivo che la Banca quando riceve dal Cliente ordini relativi ad una operazione rite- nuta non adeguata informa il cliente di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere all’e- secuzione dell’operazione stessa specificando che qualo- ra il cliente intenda comunque dar corso all’operazione la Banca eseguirà la stessa solo sulla base di un ordine im-
partito per iscritto o nel caso di ordine telefonico, regi- xxxxxx nel quale sia fatto esplicito riferimento alle avver- tenze ricevute.
Tale previsione negoziale ricalca i principi codificati nel- l’art. 21 del D.Lgs. n. 58/98, che come si è detto ha det- tato una disciplina organica a tutto il settore dell’inter- mediazione.
Detta norma stabilisce infatti che nelle prestazioni di servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati de- vono comportarsi con diligenza correttezza e trasparenza nell’interesse del cliente e per l’integrità dei mercati, ac- quisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che gli stessi siano sempre adeguatamente infor- mati.
I contenuti di questa clausola generale, della quale è pe- raltro indubbio il valore precettivo già fissato dall’art. 17 del D.Lgs. n. 415/96 sono ulteriormente specificati dai Regolamenti esecutivi successivamente emanati.
Proseguendo nell’esame dell’accordo negoziale e delle clausole più significative ai fini dell’individuazione degli obblighi e della valutazione delle prestazioni si legge al punto 4 che l’esecuzione delle operazioni fuori dai mer- cati regolamentati è possibile semprecchè per ogni sin- gola operazione sia stata preventivamente richiesta/au- torizzata per iscritto dal cliente e sia possibile realizzare un prezzo migliore nell’interesse del cliente medesimo; specificando che nel caso di ordine impartito telefonica- mente la predetta richiesta/autorizzazione dovrà risultare dalla registrazione.
La portata dell’obbligo assunto dalla Banca nei termini sopra esposti offre significativi elementi ai fini in que- stione.
È infatti di tutta evidenza che attraverso l’attività infor- mativa circa l’adeguatezza dell’operazione l’istituto ban- cario non ha circoscritto il suo compito ad una supina mera ricezione degli ordini, ma si è impegnato a prestare una diversa e ulteriore attività che si sostanzia in quella che si può definire una attività di consulenza.
È quindi alla stregua di queste articolate fonti di discipli- na che vanno valutati i profili di inadempimento dedot- ti e che possono riguardare sia il mancato rispetto della legge che del contratto
In particolare, iniziando l’analisi dai lamentati vizi for- mali, vale a dire dalla carenza del requisito della forma scritta, occorre rilevare che le due operazioni di investi- mento in oggetto del 29 giugno 1998 e del 1° luglio 1998 sono state compiute in esecuzione del contratto sotto- scritto in data 24 giugno 1998.
Xxxxxx si deve rilevare che in relazione a quest’ultimo contratto nessuna censura viene sollevata essendosi gli attori limitati a contestare la nullità di quelli successivi stipulati in esecuzione del primo.
Nullità che, secondo la prospettazione attorea, si fonda sulla pretesa violazione dell’art. 23 del D.Lgs. n. 58/’98 che esige, a pena di nullità,il requisito della forma scritta per i contratti relativi alla prestazioni di servizi di inve- stimento ed accessori nonché sulla asserita violazione
dell’art. 1 del contratto 24 giugno 1998 che impone la redazione per iscritto di un ordine ricevuto allo sportello dal funzionario di banca o nel caso di ordine impartito telefonicamente il requisito della registrazione ora non più disponibile.
Le censure sotto entrambi i profili non possono essere condivise.
Xxxxx infatti evidenziare che gli effetti conseguenti alla violazione di una norma imperativa, quale deve ritener- si il richiamato art. 23 in considerazione degli interessi sottesi alla regola formale (tutela del risparmio), non possono essere analoghi a quelli che discendono dalla violazione di una norma contrattuale ove le parti non l’abbiano espressamente pattuito.
Il riferimento normativo dei «contratti relativi alla pre- stazione dei servizi di investimento» cui fa riferimento l’art. 23 sembra circoscrivere l’obbligo formale ai soli contratti destinati alla disciplina delle prestazioni di ser- vizio, esentandone invece le singole operazioni poste in essere sulla base di un accordo quadro.
Conclusione questa che appare rafforzata dalla constata- zione che al contratto quadro, per il quale è imposta la forma scritta a pena di nullità, viene invece lasciata la li- bertà di individuare le modalità con le quali il cliente impartisce ordini e disposizioni. Libertà che è il contra- rio di imperatività, e che, lungi dall’imporre la forma scritta, si estende a poter conferire, come prevede l’art 1, ordini e revoche telefonicamente, e per i quali si impone solo la registrazione.
In quest’ottica si deve escludere che la fattispecie in esa- me rientri poi nell’ipotesi prevista dall’art. 1352 Codice civile.
Infatti, a ben vedere, l’art. 1 del contratto stipulato in da- ta 24 giugno 1998, per il quale è sì obbligatoria la forma scritta, disciplinando il momento esecutivo prevede le modalità di conferimento degli specifici ordini che dan- no concretezza all’accordo.
Modalità che si sostanziano in una sequenza procedi- mentale di atti unilaterali avviati dall’ordine del cliente, seguito dalla documentazione dell’ordine posta a carico della banca, dall’obbligo di informazione da parte di que- st’ultima sulla natura e sui rischi dell’operazione, e così via via sino ad arrivare all’art. 6 che prevede e regola la documentazione relativa alle operazioni eseguite.
Ove pertanto ci si ponga in questa prospettiva appare evidente che l’imposizione di cui all’art. 1 piuttosto che al processo di formazione dell’accordo, deve essere riferi- ta alle modalità di esecuzione e di documentazione di operazioni che trovano la loro fonte in un contratto qua- dro che, per questa via ha individuato diritti, poteri e ob- blighi delle parti.
Ne consegue che, sotto questo profilo,non può parlarsi di nullità dell’ordine specifico, ma il mancato rispetto della forma contrattualmente prescritta potrà al limite essere valutato solo nella prospettiva dell’inadempimen- to e delle responsabilità contrattuali.
Esclusa per le ragioni sopra esposte la nullità dei contrat-
ti di acquisto aventi ad oggetto le obbligazioni argentine sotto questo profilo formale occorre valutare la sussisten- za dei lamentati inadempimenti negoziali alla luce degli obblighi specificamente assunti dall’Istituto bancario at- traverso l’accordo del 26 aprile 1998 e della regole di comportamento codificate nel decreto legislativo del 1998, n. 58, artt. 21 e 23 al fine di regolamentare il set- tore dell’intermediazione immobiliare e del regolamento di attuazione del 1° luglio 1998, n. 11522.
Sotto il primo profilo occorre evidenziare che nella di- sciplina negoziale quale concordata fra le parti è stato previsto all’art 1 punto 2 che la Banca non possa effet- tuare operazioni se non dopo aver fornito al cliente informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle im- plicazioni della specifica operazione, la cui conoscenza sia necessaria al cliente per effettuare scelte consapevoli. È stato altresì previsto al punto 3 che quando la banca ri- ceve dal cliente ordini relativi ad un’operazione ritenuta non adeguata deve informare il cliente di tale circostan- za e delle ragioni per cui non è opportuno procedere al- l’esecuzione dell’operazione stessa e nel caso in cui il cliente intenda comunque dare corso all’operazione, ha previsto l’esecuzione dell’ordine da parte della Banca so- lo se impartito per iscritto o, nel caso di ordine telefoni- co, registrato nel quale si faccia esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
Il comportamento della convenuta, per quanto sopra detto, deve essere valutato non solo alla luce della disci- plina negoziale ma soprattutto di quella normativa spe- ciale e segnatamente dall’ art. 21 del decreto legislativo richiamato che impone a tutti i soggetti abilitati ad ope- rare nei servizi di investimento l’obbligo di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati nonchè di acquisire le informazioni necessarie dai clienti operando in modo che essi siano adeguatamente informati.
Principi questi che avevano trovato già attuazione nel regolamento Consob del 30 luglio 1997 adottato ai sen- si del decreto legislativo del 23 luglio 1996, n. 415, art 18, comma primo, art. 33, commi secondo e quinto, e art. 25, commi secondo e terzo.
In esso infatti erano stati previsti (art. 5) a carico degli intermediari,prima dell’avvio dell’operazione di investi- mento precisi oneri, quali quello di chiedere all’investi- tore notizie circa la sua esperienza in materia di investi- menti, la sua situazione finanziaria, i suoi obbiettivi di investimento, nonché circa la propensione al rischio con l’obbligo di far risultare nel contratto l’eventuale ri- fiuto del cliente a fornire le notizie.
Era stato altresì previsto che gli intermediari non potes- sero effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazione del- la specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investi- mento o disinvestimento.
Si tratta di regole la cui sostanza precettiva non ha subi-
to alcuna modifica sotto il profilo che qui interessa ad opera del successivo regolamento Consob n. 11522 en- trato in vigore il 1° luglio 1998 che all’art. 28 testual- mente le ribadisce.
È quindi su tali principi che, trasfusi nella disciplina pat- tizia, deve essere misurato il comportamento tenuto dal- la banca, tenendo presente che a norma dell’art. 23, comma 6 del decreto legislativo del 1998 n. 58 l’onere di provare di aver adempiuto con la specifica diligenza pro- fessionale richiesta ad un soggetto che opera come inter- mediario incombe sulla banca convenuta.
Principi giova aggiungere, che, imposti dalla legge spe- ciale, imprimono ai comportamenti dovuti una logica che non può essere letta riduttivamente, nel quadro del- la disciplina del mandato.
Infatti se a questa figura giuridica si può per taluni aspet- ti riferirsi, questo deve essere fatto tenendo presenti quei contenuti normativi che, connotandola attribuiscono alla fattispecie elementi differenziatori individuati nella complessità di obblighi posti a carico dell’intermediario. Ciò posto si deve escludere che la banca abbia agito in relazione alle due operazioni in questione in conformità di quanto prescritto dal combinato disposto degli art. 21, lettera a) e b) del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e dall’art. 28 del regolamento, principi che come si è detto sono stati recepiti nel regolamento pattizio.
Vero questo la Banca, sulla base degli impegni contrat- tuali sottoscritti con gli attori, ma ancor prima sulla base delle previsioni normative, era tenuta ad agire con la dili- genza dell’operatore particolarmente qualificato nel qua- dro di un rapporto in cui è imposto la tutela del cliente. Ora nel momento in cui i titoli argentini sono stati ac- quistati dagli attori la banca era in possesso del regola- mento del prestito prodotto in causa.
Si legge a pag. 1 del suddetto regolamento che l’investi- mento nelle obbligazioni in questione è adatto ai soli in- vestitori che hanno la necessaria conoscenza ed espe- rienza finanziaria e di affari nonché l’accesso con cogni- zione di causa mediante appropriata analisi, alle valuta- zioni contenute nelle informazioni del «Programma Me- morandum e in questo Supplemento al Programma Me- morandum» circa il merito e i rischi di un investimento nell’emittente nel contesto delle circostanze e nella po- sizione finanziaria dell’investitore; che sono capaci di so- stenere i rischi economici di un investimento nell’emit- tente per un indefinito periodo di tempo; che intendono acquistare le obbligazioni per metterle nel proprio conto, non con l’intenzione di rivenderle, distribuirle o dispor- re di esse; che sono consapevoli che potrebbe essere im- possibile trasferire le obbligazioni per un notevole perio- do di tempo se non per sempre.
Il regolamento evidenzia poi le caratteristiche dell’obbli- gazioni e di quelli che sono i rischi connessi all’investi- mento.
Nel prospetto risulta un altro dato importante ai fini del- la valutazione dell’operazione, l’enorme sproporzione esistente fra il capitale della società emittente, domici-
liata presso Xxxxxx e Xxxxxx Isole Cayman, pari a 1000 dollari Usa e l’ammontare del prestito pari a 100.000.000 marchi tedeschi corrispondenti all’epoca a circa 100 miliardi delle vecchie lire.
Il regolamento del prestito prevedeva inoltre una modi- fica in senso peggiorativo delle condizioni del prestito dopo due anni passando dall’iniziale rendimento del 9% al 7%.
Inoltre, sempre secondo quanto emerge nel suddetto re- golamento le agenzie più qualificate (Xxxxx, Standard and Poor’s e Fitch) non avevano fornito il «rating» in- ternazionale sicchè, in assenza di tale dato, non era pos- sibile accertare il grado di solvibilità del debitore e per questo i rischi dell’operazione dovevano ritenersi alta- mente elevati.
Molteplici erano dunque gli elementi a conoscenza del- l’istituto al momento della sottoscrizione dell’ordine,ele- menti che, ove adeguamente ponderati, avrebbero in- dotto un soggetto particolarmente qualificato alla mag- giore prudenza possibile e a evidenziare la rischiosità del- l’investimento sconsigliando ai clienti una tale tipo di operazione.
Nulla di tutto ciò risulta sia avvenuto nel caso in esame. Né ci si può trincerare, specie quando tutta la disciplina legislativa regolamentare e contrattuale si impernia sul- le informazioni circa i rischi che l’operazione di investi- mento comporta, davanti ad una asserita mancanza di obbligo di trasmettere al cliente quel prospetto informa- tivo che dette circostanze pone in luce.
Non è certo dato di pensare che i rischi dell’operazione devono essere conosciuti dall’intermediario, e che questi possa tacerli al cliente.
La banca, che era gravata del relativo onere probatorio, non ha infatti fornito alcuna dimostrazione di aver as- solto in modo adeguato a quell’obbligo di informazione imposto dalla richiamata normativa di legge ed anche oggetto di un impegno contrattuale.
Né può valere come esimente per la Banca la circostan- za che gli attori in quanto operanti già in precedenza nel mercato borsistico attraverso l’acquisizione dei titoli azionari, come Fiat, Parmalat, Mediobanca, erano con- sapevoli del rischio che correvano.
Sul punto giova rilevare che l’acquisto di tali titoli, no- toriamente a bassa volatilità, unitamente a quelli dello Stato come risulta dagli atti di causa, non trasforma au- tomaticamente l’investitore, nella specie un pensionato ed una casalinga (come risulta dall’estratto conto), in un soggetto esperto in grado di valutare i rischi dell’opera- zione.
Occorre poi osservare che gli attori non hanno sotto- scritto il questionario che la Banca aveva loro sottoposto e nel quale accanto alle informazioni relative alle condi- zioni socio-economiche avrebbero dovuto indicare la lo- ro propensione al rischio sicchè non si può ritenere, co- me pretende la convenuta, che gli stessi avessero mani- festato una « media» propensione al rischio valorizzando le precedenti scelte di investimento ripartite - a ben ve-
dere - fra titoli di Stato e azioni largamente diffuse all’e- poca fra i risparmiatori.
In ogni caso quand’anche si accedesse alla tesi della Ban- ca qui contestata si deve comunque escludere, proprio sulla base dei passati investimenti, che il profilo di ri- schio dei clienti si potesse individuare in quello ad alto rischio speculativo.
Sotto distinto profilo gli attori lamentano che le opera- zioni oggetto del presente giudizio siano viziate a causa del conflitto di interessi.
Denunciano infatti la violazione dell’art. 21 del TUIF il quale impone che una organizzazione che «riduca al mi- nimo il rischio di conflitti di interessi» e che «in situazio- ne di conflitto», impone di «agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento». Deducono inoltre che non sarebbe stato rispettato l’art. 5 del contratto stilato in data 24 giugno 1998 che, rece- pendo la disciplina regolamentare di secondo grado,con- sente l’effettuazione di operazioni ancorché vi sia con- flitto di interessi, purchè si sia «preventivamente rileva- to per iscritto al cliente la natura e l’estensione dell’inte- resse nell’operazione ed il cliente abbia aderito per iscrit- to all’effettuazione della stessa. Ove l’ordine sia imparti- to telefonicamente, l’assolvimento del citato obbligo informativo da parte del cliente risulterà dalla registra- zione telefonica».
Rileva questo Giudice che l’insieme della disciplina evi- denzia che se è vero che la legge non vieta la possibilità di concludere operazioni in conflitto di interessi tutto ciò è condizionato, da un lato, dalla esplicita richiesta di una specifica autorizzazione, e, dall’altro, dal fatto che l’esistenza dell’autorizzazione prescrittiva non esime co- munque dall’osservanza delle regole di correttezza e dili- genza poste in capo all’intermediario che deve informa- re il cliente circa «la natura e l’estensione dell’interesse». Ciò posto occorre preliminarmente verificare se le ope- razioni in questione siano state svolte in conflitto di in- teressi, ed in caso positivo accertare se sia stata rispetta- ta la relativa disciplina.
Sostengono gli attori che la convenuta era portatrice di un proprio interesse alla collocazione dei prodotti in questione tra la propria clientela, non solo «per lucrare le commissioni (sotto questo profilo il comportamento della banca non sarebbe neppure censurabile, entro cer- ti limiti, perché la negoziazione degli strumenti finanzia- ri rientra negli scopi istituzionali dell’ente di credito) ma anche e soprattutto perché aveva assunto l’incarico di gestire il collocamento contro una provvigione che comprendeva il servizio di distribuzione del prodotto e la garanzia dell’acquisto in proprio in caso di mancato piaz- zamento dell’intera partita».
A tale impostazione e a queste precisazioni nulla si è re- plicato; si è opposto, in primo luogo, che alle operazioni in questione non si applica l’art. 45 del Regolamento Consob il quale riguarda il contratto di gestione di por- tafoglio, assolutamente estraneo - si è affermato - alla fat- tispecie in esame.
Si è altresì aggiunto che una volta che la banca abbia il- lustrato le caratteristiche del titolo di cui il cliente, nel- l’ambito di un rapporto di deposito amministrato, ordini l’acquisto, non è previsto alcun obbligo o altro circa il mercato o il modo di reperimento del titolo da parte del- la banca, che deve solo adempiere al proprio obbligo di farlo acquistare «al meglio» e quindi può liberamente prelevarlo dal proprio portafoglio per venderlo al cliente. Gli argomenti dedotti per contrastare gli assunti attorei non sono condivisibili.
Per quanto attiene alla non applicabilità alla fattispecie in esame della disciplina relativa al conflitto di interessi detta conclusione appare infatti smentita dalla specifica clausola contrattuale che la prevede e la regola, impo- nendo particolari e dettagliati obblighi informativi, che, come sopra si è detto, discendono dalla legge quanto im- perativamente detta le modalità di comportamento del- l’intermediario finanziario.
Obblighi informativi che non attengono alle sole carat- teristiche del titolo - che peraltro nella fattispecie alla lu- ce degli oneri probatori che caratterizzano queste parti- colari operazioni, non risultano essere stati assolti - ma che investono l’informazione circa l’esistenza del conflit- to di interessi sulla cui natura ed estensione il cliente de- ve essere preventivamente informato.
Ora appare evidente che nella fattispecie in esame - con- siderandosi che nel caso concreto l’intermediario non svolge solo una semplice e normale attività di interme- diazione ma ha assunto in proprio il rischio di colloca- mento, e con questo quello dei risultati dell’investimen- to - ricorra l’ipotesi di conflitto di interessi. Conflitto che si sostanzia nell’interesse dell’intermediario a trasferire al cliente quell’elevatissimo rischio di risultato che altri- menti correrebbe in proprio.
In sostanza si ritiene che il problema del conflitto debba essere colto con riferimento alle caratteristiche che, di volta in volta, danno corpo a specifiche «nature», ed è di queste che il cliente deve essere consapevole in quanto contribuiscono a illuminarlo nel processo decisionale circa l’effettuazione dell’operazione.
Per questo si deve escludere che l’esistenza di una situa- zione di conflitto possa essere sanzionata prescindendo dalle informazioni dovute e limitatamente all’esistenza di un danno misurato con esclusivo riferimento al «prez- zo» e alla sua differenza di collocamento nel mercato del prodotto finanziario.
Una simile impostazione interpretativa, che riporta il problema nel quadro dell’art. 1394 Codice civile, non è sostenibile dal momento che la fattispecie in esame ap- pare ben più complessa.
Infatti, ove si seguisse questa strada si finirebbe con il rendere inutile proprio quella particolare disciplina informativa che, ponendo l’accento sul pericolo di dan- no e sulla correttezza nei comportamenti, è diretta a sal- vaguardare la fiducia del risparmiatore, e che caratterizza l’articolato e complesso regolamento a tutela dell’intero mercato finanziario.
In questo senso può dirsi che l’obbligo informativo ac- quista una sua autonomia nella costruzione della fatti- specie e la sua valutazione, quando vi è inadempienza, deve essere portata nel più complessivo quadro degli ob- blighi di correttezza, diligenza e trasparenza che sono fondamentali all’ordinamento finanziario.
Obblighi che danno al conflitto di interessi una conno- tazione particolarmente intensa che, misurata dal giudi- zio di adeguatezza, implica un comportamento diligente e trasparente che non può non riflettersi sulle stesse scel- te ove queste, a qualsiasi titolo, privilegino l’intermedia- rio a scapito degli interessi del cliente e siano dal primo maliziosamente orientate.
Quadro che nel caso in questione si sostanzia, come si è detto, in un trasferimento del rischio di investimento che viene posto in capo al cliente senza renderlo edotto di quelle circostanze che danno all’operazione compiuta dal- l’intermediario un connotato di interessi particolari e che devono essere preventivamente conosciuti come mo- mento essenziale per la formazione delle volontà del clien- te nel concedere o non concedere la sua autorizzazione. Da quanto sopra ne consegue che entrambe le operazio- ni sono state eseguite in palese violazione di quell’obbli- go informativo imposto dall’art. 21, lett. a) e b) nonché delle previsioni contenute nel relativo regolamento di attuazione artt. 27 e 28, norme queste la cui natura è im- perativa ai sensi dell’art. 1418 Codice civile in ragione degli interessi generali tutelati (diligenza degli interme- diari e tutela del risparmio; cfr. sul punto anche Xxxx. 7 marzo 2001, n. 3272 che ha enunciato il suddetto prin- cipio in termini generali) e la cui violazione è stata fatta valere dal contraente danneggiato.
Gli ordini impartiti il 29 giugno 1998 e del 1° luglio 1998 devono pertanto ritenersi nulli.
La convenuta dovrà corrispondere agli attori gli importi ricevuti dai clienti per le operazione in oggetto pari ad un controvalore in euro 152.367,86 (L. 295.025.330) maggiorati ai sensi dell’art. 2033 Codice civile degli in- teressi legali a decorrere dalla data del versamento al sal- do dovendosi escludere sulla base dei comportamenti so- pradescritti che la Banca fosse in buona fede.
Non sussistono i presupposti per il riconoscimento del maggior danno ai sensi dell’art. 1224, secondo comma, Codice civile.
Poiché l’obbligazione di restituzione delle somme versa- te quale conseguenza della dichiarata nullità degli ordini costituisce un debito di valuta avendo ad oggetto una somma di denaro sin dal suo sorgere, il risarcimento a norma del richiamato articolo è subordinato alla prova da parte del creditore di aver subito un maggior danno (quale, ad esempio, quello derivante da specifici investi- menti programmati e non attuati, ovvero da acquisto di danaro a condizioni particolarmente vantaggiose non realizzato) rispetto a quello misurato dagli interessi lega- li (Cass. 12 marzo 2004, n. 4830).
Dimostrazione questa che nella specie non è stata nep- pure allegata.
Le spese del procedimento vanno poste a carico della convenuta secondo il principio della soccombenza e li- quidate in euro 8000,00 di cui 571,00 per spese e 3200,00 per diritti oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale di Venezia, seconda sezione civile, in funzio- ne di Giudice Unico pronunciando nella causa promos- sa da Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx nei confronti della Deutsche Bank così provvede:
1) dichiara la nullità dell’ordine di acquisto del 29 giu-
gno 1998 e 1° luglio 1998 delle obbligazione argentine emesse da un ente denominato «Argentina cap protect» espresse in D.M. con scadenza 8 maggio 2018 per un controvalore di euro 152.367,86;
2) condanna la convenuta a corrispondere agli attori la somma di euro 152.367,86 oltre agli interessi legali dalla data del pagamento sino al saldo;
3) rigetta ogni altra domanda;
4) condanna infine l’Istituto convenuto al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi euro 8000,00 oltre accessori di legge.
IL COMMENTO
di Xxxxxxx Xxxxxxx
L’Autore esamina sotto diversi rilevanti aspetti una sentenza di merito che applica in maniera attenta la disciplina specialistica del conflitto di interessi nei servizi di investimento. In particolare si evidenzia la pregevole soluzione consistente nel ravvisare la viola- zione della disciplina pur in presenza di un acquisto operato al prezzo di mercato. Si evidenzia come il cuo- re della disciplina risieda nell’articolato dovere di informazione e di consulenza al cliente, secondo un modello di derivazione comunitaria che va estenden- dosi fuori dai servizi di investimento, in particolare, all’ambito del credito cl consumo.
Premessa: la rilevanza del mercato dei servizi di investimento, la disciplina legislativa
e regolamentare e la prassi di mercato dei soggetti abilitati
I servizi di investimento presentano due caratteri no- tevoli.
Il primo carattere è che essi sono una componente fondamentale dell’economia del tempo presente.
Il secondo è che comportano per i soggetti che ad es- si accedono rilevanti pericoli di perdita, parziale o tota- le, del patrimonio investito.
Il diritto comunitario, al servizio del mercato, assicu- ra l’esistenza e l’espansione dello specifico mercato dei servizi di investimento con regole che mirano a rafforza- re la fiducia dei risparmiatori. Si tratta di regole legislati- ve di fonte comunitaria e di regolamenti dettati da un’Autorità indipendente, la Consob; le une e le altre
dettate in materia consistono in gran parte di prescrizio- ni ispirate alla protezione dell’interesse dei clienti.
Queste prescrizioni sono tanto analitiche e numero- se, quanto opportune.
Infatti, la «prassi di mercato» alla quale quotidiana- mente ricorrono i soggetti abilitati, non soltanto nei ca- si drammatici quali Argentina, Cirio, Parmalat, resta lontana dagli standard di condotta richiesti dalla legisla- zione comunitaria e dai regolamenti interni (1). Così si è espresso, nella sua veste istituzionale, il 7 giugno 2004 il Presidente di Consob (i corsivi sono miei): «L’intero anno (2003) ha impegnato una parte significativa delle ri- sorse dedicate alla vigilanza sugli intermediari nello svol- gimento di verifiche ispettive sui principali intermediari bancari italiani. Tale attività ha portato alla individua- zione e alla contestazione di specifiche responsabilità de- gli intermediari ispezionati, che hanno negoziato i titoli con la clientela non professionale. Allo stato, si è potuta rilevare una diffusa inidoneità delle procedure adottate ad as- sicurare una corretta informazione degli investitori rispetto alle condizioni di rischio/rendimento degli strumenti trattati, anche con riferimento alle caratteristiche del cliente e ai suoi obiettivi di investimento, nonché a in- dividuare e segnalare al cliente i possibili conflitti di in- teressi (…). Nei casi in cui sono state rilevate specifiche situazioni di conflitto di interessi, oltre alle carenze pro- cedurali, sono state contestate anche infrazioni di carattere comportamentale».
I soggetti abilitati operano come se l’informazione del cliente costituisse un semplice vincolo di forma; co- me se il cliente non professionale dovesse assumere la re-
regole, largamente tributarie di modelli provenienti dal-
l’ordinamento nordamericano.
Naturalmente il diritto in tanto può aspirare a raffor- zare la fiducia dei risparmiatori in quanto ne protegga gli interessi.
È per questo che le regole legislative e regolamentari
Nota:
(1) Si leggano: X. Xxxxx, I risparmiatori e la Cirio: ovvero, pelati alla me- ta. Storie di ordinaria spoliazione di azionisti e obbligazionisti, in Mercato, con- correnza regole, 2003, 499 ss.; X. Xxxxxxxxx - A. Portolano, Latte, lacrime (da coccodrillo) e sangue (dei risparmiatori). Note minime sul caso Parmalat, in Mercato, concorrenza, regole, 2003, 193 ss.
sponsabilità esclusiva delle sue scelte, sia quando decide se concludere un contratto di negoziazione, o di raccolta ordini, o di gestione, sia quando emette un ordine ine- rente ad una specifica operazione; come se il conflitto di interessi fosse neutralizzabile con una semplice informa- tiva (cioè con l’adempimento di un onere formale); co- me se fosse sufficiente per l’adeguata tutela dell’interesse del cliente che una determinata operazione, ad es. l’ac- quisto di obbligazioni argentine, sia effettuata, come si suol dire, «al meglio», vale a dire, alle condizioni di prez- zo corrispondenti al prezzo corrente, sul mercato, di quell’acquisto (e indipendentemente dal grado di rischio dell’investimento).
La vicenda della vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine e la pregevole sentenza del Tribunale di Venezia
La prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di ob- bligazioni argentine, pronunciata pochi mesi orsono dal Tribunale di Mantova, ha avuto notevolissimi meriti (2). Sulla scorta dell’accertamento, in fatto, che il rischio dell’operazione era altamente elevato, essa ha dichiarato la nullità degli ordini del cliente per violazione delle nor- me imperative dettate dal Testo Unico bancario - e del- le correlative prescrizioni regolamentari dettate del rego- lamento Consob 11522 del 1998 - ed ha condannato la banca alla restituzione delle somme investite, maggiora- te degli interessi dal momento del versamento (stante la
mala fede della banca).
Le violazioni accertate riguardavano sia il mancato adempimento degli obblighi di informazione sul grado di rischio - noto alla banca - dell’operazione, sia il mancato adempimento dell’obbligo di astenersi dall’eseguire ordi- ni inadeguati al profilo di rischio del cliente.
Non sufficientemente meditata, però, appariva la mo- tivazione della sentenza del Tribunale di Mantova, sul punto della violazione della disciplina dettata per il con- flitto di interessi del soggetto abilitato. La sentenza, infat- ti, escludeva che la banca avesse violato la disciplina del conflitto di interessi, ad onta del fatto che le obbligazioni fossero state acquistate da un’impresa del gruppo, e ciò perché accertava che, in fatto, l’acquisto delle obbligazio- ni argentine non era stato effettuato a condizioni di prez- zo deteriori rispetto al prezzo che le obbligazioni avevano in quel momento. Ed in questo ragionamento erano rav- visabili almeno due passaggi, non meritevoli di adesione. Il primo, per cui la disciplina del conflitto di interessi in materia di servizi di investimento si tradurrebbe in una regola corrispondente a quella abitualmente ricavata, nella materia della rappresentanza, dall’art. 1394 Codice civile. Il secondo, per cui il conflitto di interessi - in ma- teria di servizi di investimento, ma anche, in generale, in materia di rappresentanza - sarebbe escluso in assenza di contrarietà dell’atto all’interesse del dominus, ed in parti- colare che la contrarietà all’interesse sarebbe esclusa, sol che non siano contrarie all’interesse le condizioni econo- miche dell’atto - in specie, quelle attinenti al prezzo - (3).
Non si trattava di passaggi argomentativi che inci- dessero sul dispositivo, dal momento che anche un di- verso argomentare avrebbe condotto il Tribunale di Mantova a dichiarare la nullità degli ordini ed a con- dannare la banca alla restituzione delle somme con gli interessi legali dal versamento. Tuttavia, si trattava di un’occasione mancata, da parte della giurisprudenza di merito, per avviare una lettura moderna della disciplina specialistica del conflitto di interessi, cioè di una fatti- specie legale che tanto rilevante importanza riveste nel- lo strumentario giuridico di protezione dell’interesse del cliente dalle «prassi di mercato» dei soggetti abilitati.
Un’importanza che può ben dirsi centrale.
Ora constatiamo che l’occasione per una lettura mo- derna, corretta della disciplina specialistica era soltanto rinviata di pochi mesi.
Con una pregevole sentenza, pronunciata in un altro caso di vendita a risparmiatori (4) di obbligazioni argen- tine, il Tribunale di Venezia, accertato, anche in questo caso, che il rischio dell’operazione era altamente elevato (5), motiva l’accertamento della nullità degli ordini, e la conseguente condanna del soggetto abilitato alla restitu- zione delle somme investite con gli interessi dalla data del versamento, con la violazione degli obblighi di infor- mazione (6) e di adeguatezza (7), ma non si arresta qui,
Note:
(2) Trib. Mantova 18 marzo 2004, in Banca, borsa tit. cred., 2004, II, 440 ss., con commento di X. Xxxxxxx, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbli- gazioni argentine, ed in Giur. it., 2004, 2124, con nota di X. Xxxxxx, Doveri di comportamento degli intermediari finanziari.
(3) Cfr. X. Xxxxxxx, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investi- mento, cit., 454 ss.
(4) In giudizio la banca sosteneva che i clienti fossero soggetti esperti del settore per avere effettuato in passato «l’acquisto di titoli notoriamente a bassa volatilità, unitamente a quelli dello Stato»; la sentenza rigetta, mo- tivando che questo dato storico «non trasforma automaticamente l’inve- stitore, nella specie un pensionato ed una casalinga (come risulta dall’e- stratto conto), in un soggetto esperto in grado di valutare i rischi dell’o- perazione». Assai rilevante è che la sentenza attribuisce rilievo alla circo- stanza che i clienti non avessero «sottoscritto il questionario che la ban- ca aveva loro sottoposto e nel quale accanto alle informazioni relative al- le condizioni socio-economiche avrebbero dovuto indicare la loro pro- pensione al rischio» al fine di trarne la conseguenza che la banca non po- teva, per il fatto della mancata compilazione e sottoscrizione, identifica- re in capo a quei clienti una media propensione al rischio.
(5) Motiva il Tribunale di Venezia che «nel momento in cui i titoli ar- xxxxxxx sono stati acquistati dagli attori la banca era in possesso del rego- lamento del prestito prodotto in causa» e che «l’investimento nelle ob- bligazioni in questione è adatto ai soli investitori che hanno la necessaria conoscenza ed esperienza finanziaria e di affari nonché l’accesso con co- gnizione di causa mediante appropriata analisi alle valutazione contenu- te nelle informazioni del Programma (…)»; «le agenzie più qualificate (Xxxxx, Standard and Poor’s e Fitch) non avevano fornito il «rating» in- ternazionale sicché, in assenza di tale dato, non era possibile accertare il grado di solvibilità del debitore e per questo i rischi dell’operazione dove- vano ritenersi altamente elevati».
(6) «Non è certo dato di pensare che i rischi dell’operazione devono es- sere conosciuti dall’intermediario, e che questi possa tacerli al cliente».
(7) La banca avrebbe dovuto «evidenziare la rischiosità dell’investimen- to sconsigliando ai clienti un tale tipo di operazione».
perché procede ad una ricostruzione attenta e puntuale, sotto più profili, della disciplina del conflitto di interessi, accertandone l’intervenuta violazione.
La sentenza del Tribunale di Venezia merita, oltre che una convinta adesione, un attento esame.
Se ricostruito correttamente e adeguatamente valo- rizzato, il modello di disciplina del conflitto di interessi, che troviamo all’opera nella materia dei servizi di inve- stimento, può rendere utilissimi servigi.
Non solo nel senso, ovvio, che i giudici potranno far- ne corretta applicazione anche in casi di mancata tutela dell’interesse dei clienti di servizi di investimento, in cui meno intensamente si avverta il peso dell’attenzione di un’opinione pubblica massicciamente schierata contro le imprese, com’è nel caso della vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine, e si richieda pertanto una più solida premessa maggiore per il sillogisma giudiziale.
Ma anche perché il modello di disciplina del conflit- to di interessi, che incontriamo nella materia dei servizi di investimento, sta per estendersi in altri ambiti della materia contrattuale, al di fuori dell’alveo tradizionale suo proprio, che è quello dei rapporti di sostituzione.
Una conferma: servizio di investimento,
e non mandato. Oneri di allegazioni e prova. Risarcimento e restituzione
La conferma positiva che giunge dal Tribunale di Ve- nezia risiede nella statuizione, già presente nella senten- za del Tribunale di Mantova (8), della peculiare natura dei servizi di investimento e, pertanto, della impossibi- lità di adottare, in sede di identificazione della disciplina applicabile e di ricostruzione di principi, o di singole re- gole di decisione, la prospettiva di una riconduzione del servizio di investimento alla prestazione del mandatario. La statuizione non potrebbe essere più chiara: i «princi- pi (…) imposti dalla legge speciale» - si legge nella sen- tenza - «imprimono ai comportamenti dovuti una logica che non può essere letta riduttivamente nel quadro del- la disciplina del mandato».
Si badi: l’impossibilità di riconduzione al mandato non è affermata con riferimento a questo o a quel servi- zio di investimento, ma a tutti, nessuno escluso, sulla ba- se dell’individuazione di un tratto comune, caratteriz- zante, che, ad avviso del Tribunale, «integra lo statuto dell’intermediario finanziario e che, in quanto tale, deve applicarsi, come regola generale di comportamento a tutte le operazioni (…) ove non sia diversamente dispo- sto dalla legge».
Di nuovo, ed opportunamente, la statuizione gioca un ruolo decisivo nella motivazione della decisione, per- ché è posta all’inizio della motivazione, come una pre- messa, ed effettivamente lo è, giacché è proprio questa premessa che conduce poi ad escludere in radice che la responsabilità di fondo delle scelte di investimento ope- rate possa spettare in via esclusiva al cliente - che è ciò che sostiene, a mò di tesi di fondo, il soggetto abilitato, convenuto nel giudizio - e ad interpretare ed applicare
correttamente la disciplina specialistica di tutela, dai di- versi rilevanti punti di vista dell’informazione, dell’ade- guatezza dell’operazione, del conflitto di interessi (9).
In prospettiva i giudici e gli interpreti potranno omettere il medio logico della distinzione fra servizio di investimento e mandato codicistico. Ad oggi il passag- gio è quasi obbligato, sia perché il mandato è disciplina- to dentro il codice civile che è sempre il grande libro del diritto privato, sia perché il servizio di investimento ha in comune con il mandato l’appartenenza al genus dei rapporti di sostituzione.
La sentenza in commento conferma anche che spet- ta al soggetto abilitato fornire la prova di avere eseguito la prestazione con la diligenza professionale richiesta (10). L’onere della prova, testualmente disciplinato dal- l’art. 23, comma sesto del T.U.F., non esclude che in- comba sul cliente, che agisce per il risarcimento del dan- no, l’onere di allegare i fatti costituitivi della domanda e così la stipulazione del contratto, il compimento dell’o- perazione e la perdita patrimoniale (11).
Peraltro, una precisazione si impone con riferimento alla nozione che va consolidandosi nella giurisprudenza di merito, di perdita patrimoniale derivata dal compi- mento dell’operazione.
Per il cliente generalmente l’allegazione che il risul- tato dell’operazione compiuta dal soggetto abilitato inte- gra un danno, poiché il risultato è peggiore rispetto a quello dedotto in obbligazione, è malcerta, perché po- trebbe non essere difficile per il soggetto abilitato conve- nuto dimostrare che il risultato dell’operazione dipende dalle condizioni del mercato (bad state of nature).
Per questo, il cliente allega di avere contrattato, di avere effettuato versamenti, ma non allega che il sogget- to abilitato abbia agito senza la specifica diligenza profes- sionale, bensì allega che il soggetto abilitato ha violato la normativa imperativa, primaria e secondaria.
Di conseguenza, benché non sia dubbio che siamo in presenza di «giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente», come recita l’art. 23, comma sesto, T.U.F., i
Note:
(8) Trib. Mantova 18 marzo 2004, cit., 443 s.
(9) Cfr. X. Xxxxxxx, Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investi- mento, cit., 453. Più diffusamente in X. Xxxxxxx, Conflitto di interessi nel contratto e rimedi, Milano, 2002, 479 ss.
(10) «La banca, che era gravata dal relativo onere probatorio, non ha (…) fornito alcuna dimostrazione di aver assolto in modo adeguato a quell’obbligo di informazione imposto dalla richiamata normativa di leg- ge ed anche oggetto di un impegno contrattuale».
(11) Non del tutto convincente è il passaggio della motivazione in cui il Tribunale di Venezia, accertato il mancato rispetto, in occasione del con- ferimento dei singoli ordini, degli obblighi di forma che erano stati pat- tuiti in contratto, statuisce che «il mancato rispetto della forma contrat- tualmente prescritta potrà al limite essere valutato solo nella prospettiva dell’inadempimento e delle responsabilità contrattuali». Sembra, infatti, che l’accertamento dell’inadempimento a vincoli di forma contrattual- mente assunti imponesse una più meditata considerazione della proposta domanda di accertamento della nullità - anche sotto siffatto profilo - de- gli ordini, ai sensi dell’art. 1352 Codice civile.
giudizi hanno ad oggetto, non già una pretesa obbliga- zione risarcitoria del soggetto abilitato, ed una correlativa prestazione risarcitoria, conformata secondo il dettato de- gli artt. 1218 ss. Codice civile, bensì un’obbligazione re- stitutoria dipendente da nullità (artt. 1422, 2033 ss. Co- dice civile), ed una correlativa prestazione conformata nel suo contenuto secondo quanto previsto dall’art. 2033 Codice civile, e così con la maggiorazione, alla somma restituenda, degli interessi legali dalla data del versamento, data la mala fede, al momento della accep- tio, del soggetto abilitato (ma senza la rivalutazione mo- netaria sulla somma da corrispondere al cliente, come accade se il debito ha natura risarcitoria) (12).
Il progresso: la corretta ricostruzione della fat- tispecie e della disciplina del conflitto di inte- ressi nella prestazione dei servizi di investi- mento
Mentre il Tribunale di Mantova aveva appiattito la disciplina specialistica del conflitto di interessi nella materia dei servizi di investimento sul modello della di- sciplina codiscistica dettata dall’art. 1394 Codice civile, applicabile alla rappresentanza ed al mandato con rap- presentanza (art. 1704 Codice civile), invece il Tribu- nale di Venezia chiarisce che sono diversi, nei due am- biti, sia la fattispecie del conflitto di interessi sia la disci- plina.
Sembra, così, accolta in giurisprudenza la prospetti- va della pluralità dei modelli di disciplina del conflitto di interessi, nei diversi ambiti della materia contrattuale (13).
Resta pertanto confermato che, mentre nella rap- presentanza e nel mandato con rappresentanza il rime- dio impugnatorio ed il rimedio risarcitorio sorgono sol- tanto se l’interesse in conflitto ha inciso sull’atto posto in essere in nome e per conto, invece il cliente può agi- re nei confronti del soggetto abilitato con i rimedi im- pugnatorio e risarcitorio sul semplice presupposto che questi, in situazione di conflitto di interessi, non abbia adempiuto agli specifici obblighi previsti dalla discipli- na legislativa e regolamentare. In altre parole, se il sog- getto abilitato, in situazione di conflitto di interessi, non ese- gue correttamente la sua prestazione, osservando le prescri- zioni che gli sono imposte, il rischio dell’insuccesso dell’ope- razione è a suo carico (14).
Un importantissimo passo avanti che si trova nella sentenza del Tribunale di Venezia riguarda la statuizione secondo cui è irrilevante ai fini della violazione della di- sciplina in materia di conflitto di interessi che l’opera- zione sia stata eseguita «al meglio». In particolare la sen- tenza in commento motiva, con estrema lucidità, che «si deve escludere che l’esistenza di una situazione di con- flitto possa essere sanzionata (…) con esclusivo riferi- mento al «prezzo» e alla sua differenza di collocamento nel mercato del prodotto finanziario» e, quasi dialogan- do con il precedente del Tribunale di Mantova, chiarisce che «una (…) impostazione che riporta il problema nel
quadro dell’art. 1394 Codice civile non è sostenibile dal momento che la fattispecie in esame appare ben più complessa».
Era su questo punto che si era arrestato il Tribunale di Mantova, il quale si era adagiato sopra la massima - stan- camente tralatizia - formatasi nell’applicazione dell’art. 1394 Codice civile, secondo cui il vizio del conflitto di interessi non sussisterebbe ove il rappresentato non sia danneggiato sotto lo specifico profilo del prezzo dell’ope- razione. Massima che, formatasi in casi in cui si discute- va se l’interesse in conflitto avesse inciso per l’appunto sul prezzo, non diceva e non dice ovviamente nulla sulla rilevanza che può assumere il conflitto nei casi in cui ciò di cui si discute è se l’interesse di cui si tratta abbia inci- so su aspetti e profili dell’atto gestorio diversi dal prezzo (es.: la scelta della controparte dell’atto; la scelta del mo- mento in cui compiere l’atto; il carattere rischioso del- l’operazione; la previsione di una qualunque clausola normativa, con diretti o indiretti riflessi patrimoniali; e così via).
Quale differenza corra fra le due soluzioni è immedia- tamente evidente, quando si tratti di stabilire se il sog- getto abilitato abbia operato bene o abbia operato male acquistando per conto del cliente, senza informarlo nel- le forme e nei modi richiesti, strumenti finanziari ad ele- vatissimo rischio così causandogli una perdita patrimo- niale. In questi casi la contrarietà dell’operazione all’in- teresse del cliente è addirittura un fatto pacifico in causa (il soggetto abilitato nega di essere responsabile, non ne- ga la perdita del cliente e non nega che la perdita costi- tuisca per il cliente uno svantaggio) ed appare strava- gante l’argomento per cui la contrarietà all’interesse non sussisterebbe per essere stati gli strumenti finanziari ac- quistati al «giusto prezzo» (15).
Conflitto di interessi e tutela dell’interesse della controparte contrattuale
Fattispecie e disciplina del conflitto di interessi sono correttamente ricostruiti dal Tribunale di Venezia.
Note:
(12) Fa eccezione Trib. Taranto, III sez. civ., 27 ottobre 2004, n. 2273,
G.U. Xxxxxxxxx, inedita, la quale argomenta proprio dalla testuale previ- sione di cui all’art. 23, comma sesto del T.U.F. per affermare che la con- dotta del soggetto abilitato contraria all’interesse del cliente integra ina- dempimento, con conseguente risarcimento del danno.
(13) La pluralità dei modelli di disciplina del conflitto di interessi nei di- versi ambiti dell’ordinamento è sostenuta e sviluppata in X. Xxxxxxx, Conflitto di interessi nel contratto, cit., 18 ss.; 48 ss.; X. Xxxxxxx, Tutela del- l’interesse e conflitto di interessi nella rappresentanza e nel mandato, in Riv. dir. priv., 2004, 253 ss.
(14) X. Xxxxxxxxx, La disciplina del conflitto d’interessi nel mercato mobiliare, in Nuova giur. civ. comm., 2002, II, 486 ss.; X. Xxxxxxx, Conflitto di interes- si nel contratto, cit., 479; X. Xxxxxxx, Il conflitto di interessi tra intermediari e clienti nello svolgimento dei servizi di investimento e accessori: un problema ri- solto ?, in Riv. dir. civ., 2001, 214.
(15) Contro l’idea che il conflitto di interessi si risolva in una mera que- stione di prezzo rinvio amplius a X. Xxxxxxx, Conflitto di interessi nel con- tratto, cit., 282 ss., in particolare 283 e 284.
La fattispecie del conflitto di interessi consiste di una
«situazione», com’è testualmente previsto dall’art. 21 del
T.U.F.
Opportunamente, la sentenza in commento esclude che ad integrare una situazione di conflitto di interessi ri- levante ai fini dell’art. 21 del T.U.F. sia sufficiente l’inte- resse del soggetto abilitato a lucrare la commissione (16). Invero l’interesse al corrispettivo contrattuale non può considerarsi in conflitto con quello della controparte contrattuale se non nel senso che un fisiologico conflit- to di interessi è alla base di qualsiasi contrattazione (ma, allora, la stessa espressione «conflitto di interessi» assu- me il significato genericissimo di situazione che accom- pagna la conclusione di qualsiasi contratto (17)).
Esattamente, invece, la sentenza identifica l’interes- se della banca, in conflitto con quello del cliente, nell’«interesse dell’intermediario a trasferire al cliente quell’elevatissimo rischio di risultato che altrimenti cor- rerebbe in proprio» (18).
La disciplina del conflitto di interessi - oltre che nel-
Il dovere di consulenza. I modelli
di disciplina del conflitto di interessi
e la diffusione del modello della tutela dell’interesse della controparte contrattuale fuori dai rapporti gestori: la proposta
di nuova direttiva sul credito ai consumatori
Se procediamo un poco oltre lo stretto commento al- la sentenza e ci chiediamo quali siano le ragioni di poli- tica legislativa che hanno ispirato la scelta del legislato- re speciale, nella materia dei servizi di investimento - un legislatore, ricordiamo, preoccupato di assicurare l’esi- stenza e l’espansione del mercato dei servizi di investi- mento - ci avvediamo che il legislatore speciale, intento ad elaborare una disciplina per i contratti inerenti ai ser- vizi di investimento, ha operato una scelta, all’interno della gamma dei modelli noti di disciplina del conflitto di interessi in materia contrattuale, che è consistita nel- l’adozione di tutti i modelli - modello della prevenzione dell’insorgenza di una situazione; modello preventivo della trasparenza in situazione di conflitto; modello suc-
l’obbligo di cui all’art. 21 T.U.F. del soggetto abilitato di
organizzarsi in modo da ridurre al minimo i rischi di insor- genza di situazioni di conflitto di interessi - si articola nel- l’obbligo del soggetto abilitato di informare il cliente della natura e dell’estensione dell’interesse in conflitto, com’è specificato nella normativa secondaria, e, oltre a ciò, nel- l’obbligo di tutelare comunque l’interesse del cliente, com’è previsto nello stesso art. 21 T.U.F., dove compare la for- mula «equo trattamento» del cliente, la quale significa tu- tela dell’interesse di ciascun singolo cliente - e non, invece, contemperamento fra gli interessi dei vari clienti - come è confermato sia dall’indagine esegetica sull’art. 21 T.U.F.
(19) sia dalla presenza, accanto all’obbligo di equo tratta- mento, dell’obbligo di compimento di operazioni adeguate (suitability rule), cioè, adeguate a quel singolo cliente. Profili, codesti, felicemente colti dalla sentenza in commento, che nota come gli «obblighi» a carico dell’»intermediario (…) danno al conflitto di interessi una connotazione par- ticolarmente intensa che, misurata dal giudizio di adeguatez- za (il corsivo è mio), implica un comportamento diligen- te e trasparente che non può non riflettersi sulle stesse scelte ove queste, a qualsiasi titolo, privilegino l’interme- diario a scapito degli interessi del cliente (…)» (20).
Il legislatore speciale, preoccupato di rafforzare la fi- ducia dei risparmiatori nel mercato dei servizi di investi- mento, ricorre sia al modello preventivo-organizzativo della prevenzione dell’insorgenza di situazioni di conflit- to di interessi, sia al modello, ancora preventivo, della trasparenza e dell’informazione in situazioni di conflitto, sia al modello successivo della sanzione della contrarietà dell’atto all’interesse del dominus.
Il Tribunale di Venezia coglie e valorizza tutti i tre momenti di disciplina ed accerta correttamente le corri- spondenti violazioni da parte della banca convenuta, la quale avrebbe dovuto, secondo i giudici, «evidenziare la rischiosità dell’investimento sconsigliando ai clienti un tale tipo di operazione».
Note:
(16) Ovviamente fanno eccezione le ipotesi patologiche come il chur- ning.
(17) X. Xxxxxxxxx, Rapporti non vincolanti e regola di correttezza, Padova, 1977, 137 s., distingue, dalla generica locuzione «conflitto d’interessi», volta ad indicare il «fenomeno che giustifica, in generale la conclusione del contratto», «la locuzione conflitto d’interessi positivamente (corsivo mio) utilizzata, che esprime la situazione in cui un soggetto porta l’inte- resse proprio e quello altrui, ciò che comporta, di regola, l’invalidità del contratto eventualmente concluso dallo stesso».
(18) Fra le situazioni che generano conflitto di interessi in materia, che sono richiamate nel recentissimo provvedimento Xxxxxxxx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxxxxx x xxx xxxxxxx, 00 ottobre 2004, n. 13697 «Associazione Bancaria Italiana», vi è, secondo Assoreti, il caso della «vendita di pro- dotti di società nei cui confronti la banca ha un’esposizione debitoria, co- me è avvenuto nei casi Cirio e Parmalat». Anche il Presidente di Con- sob nella sua relazione in data 7 giugno 2004 si è riferito ai «conflitti di interessi derivanti dalla eventuale esposizione della banca nei confronti degli emittenti delle obbligazioni negoziate con la clientela». Manifesta spunti critici o eccettuativi, sulla scorta di considerazioni di analisi eco- nomica, X. Xxxxxxx, Il danno risarcibile tra benessere ed equità: dai massimi si- stemi ai casi «Cirio» e «Parmalat», in Giur. comm., 2004, 348, il quale evi- denzia come, a suo avviso, o la prova del conflitto di interessi è diabolica per il risparmiatore, ed allora l’individuazione di un conflitto di interessi è inutile, ovvero il costo del risarcimento ai singoli risparmiatori diviene un costo collettivo inaccettabile, ed allora l’individuazione di un conflit- to di interessi è indesiderabile.
(19) Laddove il nostro art. 21, comma primo, lett. c) del T.U.F. ha con- servato l’espressione «equo trattamento», invece la traduzione del pre- cetto di «equo trattamento» nell’ordinamento tedesco suona, in lingua inglese, così (§ 32, para 1, n. 2 WpHG): «An investment firm shall (…) try to avoid conflicts of interest and, when they cannot be avoided, cen- sure that the client’s order is executed with due observance of the client’s interests (il corsivo è mio)». Si veda questa preziosa osservazione in F. Sar- tori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004, 294, nota 370.
(20) Soggiunge la motivazione: «(…) e siano dall’(intermediario) mali- ziosamente orientate». Tuttavia, si tratta di un’affermazione in obiter, che non integra la ratio decidendi della sentenza. Invero, la «malizia», cioè il dolo, del soggetto abilitato, non è richiesto, perché sorga la responsabilità del soggetto abilitato né perché l’operazione possa essere impugnata dal cliente, essendo sufficiente la violazione della disciplina imperativa di legge e regolamentare.
cessivo del controllo della rispondenza del risultato al- l’interesse - ad eccezione del modello, duro, del divieto, che pure è diffusissimo in diversi ambiti della materia contrattuale, ricollegate a generiche situazioni di conflit- to di interessi oppure a situazioni di conflitto preindivi- duate con riferimento alla qualità dei soggetti o al tipo di atti cui il legislatore fa seguire un divieto di contrattare: co- me esempi basta pensare alle fattispecie di cui gli artt. 320, comma sesto, 347, 360, 394, comma quarto, 424 Codice civile (in cui la situazione di conflitto di interes- si non è preindividuata) od agli artt. 1395, 323, 378, 396, comma secondo, 424, 1471, 1261, 2233, comma terzo (in cui invece la situazione di conflitto che fa scat- tare il divieto è variamente preindividuata, appunto, con riferimento alla qualità dei soggetti o al tipo di atto). Nella materia dei servizi di investimento il legislato-
re disciplina l’organizzazione, per prevenire il pericolo; il legislatore impone di informare, per neutralizzare il peri- colo, o trasferirlo, senz’altro, sul cliente; il legislatore im- pone il risarcimento, se al pericolo segue un danno.
Il legislatore fa tutto questo. Ma il legislatore non vie- ta il compimento dell’atto. Più analiticamente, il legisla- tore detta una disciplina che si articola in precetti, dalla cui violazione gli interpreti, e i giudici, fanno discendere il rimedio impugnatorio ed il rimedio risarcitorio attiva- bili, dal cliente, se il soggetto abilitato non informa e se, comunque, fa prevalere l’interesse in conflitto, così com- piendo un’operazione non conforme all’interesse del cliente. Ma nessun rimedio impugnatorio spetta al clien- te se, in situazione di conflitto di interessi, vi è stata informazione ed è stato tutelato l’interesse del cliente e ciò diversamente da quanto accade al rappresentato nel caso in cui il rappresentante volontario contratti con se stesso (art. 1395 Codice civile) o nel caso in cui il rap- presentante legale contratti in conflitto di interessi (artt. 320, comma sesto, 323, 347, 360, 378, 394, comma quarto, 396, comma secondo, 424 Codice civile) o quando venga violato un divieto di acquistare (art. 1471 Codice civile) o un divieto di cessione del credito (art. 1261 Codice civile) o un professionista stipuli un patto relativo ai beni che formano oggetto di una controversia affidata al suo patrocinio (art. 2233, comma terzo, Codi- ce civile). In tutti questi casi si è in presenza di una si- tuazione di conflitto di interessi ed il contratto è vietato e, se concluso, è nullo o annullabile indipendentemente da qualsiasi informativa o dalla circostanza che non sia sta- to inciso dall’interesse in conflitto.
Dunque, la scelta del legislatore speciale, nella materia dei servizi di investimento, è quella di dettare una serie di obblighi di condotta a carico del soggetto abilitato. Ma non è quella di vietare il compimento dell’operazione.
La ratio è che l’adozione di un divieto, secco, impedi- rebbe il compimento di una rilevantissima percentuale di operazioni - che sono caratterizzate da una situazione di conflitto di interessi del soggetto abilitato - e così deprime- rebbe il mercato dei servizi di investimento, del quale l’or- dinamento intende assicurare l’esistenza e l’espansione.
Naturalmente, questa scelta comporta un sacrificio degli interessi dei clienti, poiché il rischio della prova del carattere non svantaggioso dell’operazione, in situazioni di conflitto di interessi, resta a loro carico. Si tratta del minor grado di tutela che si registra ogni volta che ad un rimedio incentrato sul pericolo prossimo dell’incidenza sul contratto di un fatto concomitante - qual è il conflit- to di interessi - si sostituisca un rimedio incentrato sul- l’incidenza del fatto.
Dunque la disciplina speciale dettata in materia di servizi di investimento mira a rafforzare la fiducia dei ri- sparmiatori, in misura maggiore di quanto effettivamente tuteli l’interesse di ciascuno di essi.
Esiste un altro mercato fondamentale per l’economia del tempo presente ed anch’esso pericoloso per i soggetti che vi accedono. È il mercato del credito ai consumatori, dominato dal pericolo del sovraindebitamento (21).
In quel mercato, va elaborandosi in sede comunitaria una disciplina speciale dove un’importanza centrale ri- veste una previsione, simile a quella dettata per il con- flitto di interessi nei servizi di investimento.
Come la tutela del risparmiatore risiede nella previ- sione dell’obbligo dei soggetti abilitati di prendersi cura dell’interesse del risparmiatore, così la tutela del consu- matore che conclude un contratto di credito risiede - se- condo quanto è previsto dalla proposta di Xxxxxxxxx dell’11 settembre 2002 - nella previsione dell’obbligo degli operatori di «cercare, tra i contratti di credito che essi offrono o per i quali intervengono abitualmente, il tipo e l’importo totale del credito più adatti, tenuto con- to della situazione finanziaria del consumatore, dei van- taggi e degli svantaggi inerenti al prodotto proposto e della finalità del credito» (art. 6, comma terzo). Affian- cato a questo è l’altro obbligo dell’operatore finanziario di «stimare preventivamente, con ogni mezzo a sua di- sposizione, che il consumatore e, se del caso, il fideiusso- re saranno in grado di rispettare gli obblighi derivanti dal contratto» (cd. prestito responsabile, art. 9). Ancillare all’uno ed all’altro obbligo - di consulenza, e di «prestito responsabile» - è la previsione di una fittissima serie di obblighi informativi, da parte dell’operatore, ma anche del consumatore (finalizzati a rendere edotto l’operatore del proprio profilo di solvibilità).
Il modello decodificante del conflitto di interessi, pro- prio delle più recenti discipline specialistiche e consi- stente nell’obbligo di un contraente di assicurare la tute- la dell’interesse dell’altro contraente, è esteso al di fuori dei rapporti di sostituzione (22).
Si tratta, a mio avviso, di un dato sistematico note-
Note:
(21) La proposta di nuova Direttiva sul credito ai consumatori mira alla
«prevenzione dell’eccessivo indebitamento»; cfr. pag. 8 della Relazione alla proposta.
(22) L’estensione del modello del conflitto di interessi fuori dai rapporti di sostituzione è intuita da X. Xx Xxxx, Conflict of interests and the fair dea- ling duty, in Riv. dir. priv., 2002, 484.
volissimo, che appare rafforzato da un indice lessicale non trascurabile, vale a dire dal ricorso all’espressione
«consulenza al cliente» per sintetizzare i doveri dell’im- presa sia nella disciplina dei servizi di investimento sia nella disciplina del credito ai consumatori. Nella sen- tenza in commento, il Tribunale di Venezia afferma che il soggetto abilitato è obbligato «a prestare una diversa e ul- teriore attività che si sostanzia in quella che si può definire at- tività di consulenza». Si tratta di quella che la Consob e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato defi- niscono «consulenza incidentale», distinta dal vero e proprio servizio di consulenza («consulenza in senso stretto») perché «connaturata alla prestazione dei servi- zi di investimento e, nel servizio di gestione, perfino as- sorbita nell’attività svolta dal gestore che individua le operazioni da compiere e le pone direttamente in essere» (23). Sull’altro versante, la rubrica dell’art. 6 della pro- posta di Direttiva dell’11 settembre 2002 in materia di credito ai consumatori recita «obbligo di consulenza».
Non c’è timore, cioè, a denominare «consulenza al cliente», che significa «consulenza alla controparte con- trattuale», una regola operante nell’ambito contrattuale e che si propone come antinomica - negli ambiti in cui è espressamente prevista - rispetto al tradizionale principio
- in cui si sostanzia l’autonomia - secondo cui contrattare significa raffigurarsi e curare, manifestando una corrispon- dente volontà, l’interesse proprio, anche, eventualmente, in- ducendo la controparte in perdita (sull’altro versante: raffi-
singolo versamento, ma con la rilevante differenza - spe- cie se la sentenza interviene dopo un tempo apprezzabi- le - della rivalutazione monetaria sulla somma da corri- spondere al cliente (27)).
Apparirebbe però scarsamente produttivo, a mio av- viso, sul piano di un’indagine sistematica, accedere alla tesi che riporta il «dovere di consulenza» di cui discor- riamo al normale contenuto di una prestazione profes- sionale intellettuale. Sia perché, nelle materie dei servi- zi di investimento e del credito al consumo, il dovere di consulenza non costituisce un semplice naturale negotii, bensì si traduce in un’articolata serie di previsioni nor- mative, imperative testuali e severe; sia perché restereb- be da giustificare l’analogia fra quelle che sono tipiche prestazioni d’impresa - indirizzate al profitto - e la pre- stazione di un professionista intellettuale - caratterizza- ta, soprattutto per le prestazioni classiche, dall’esigenza di protezione della salute o delle garanzie di difesa dei diritti -.
Considerazioni finali
Se, nei servizi di investimento, costituisce un dato di fatto acquisito che, ad oggi, la «prassi di mercato» dei soggetti abilitati fatica ad adeguarsi ad uno standard di condotta ispirato al «dovere di consulenza al cliente», va pure registrato che anche gli operatori del credito al con- sumo, dal canto loro, sono piuttosto increduli di fronte
gurarsi e curare, manifestando una corrispondente volontà,
l’interesse proprio, anche correndo il rischio di raffigurarsi male l’interesse proprio, o il modo della sua cura e, per- tanto, eventualmente incorrendo in una perdita in occasio- ne del contratto) (24).
Il «dovere di consulenza» - che, conviene osservarlo con chiarezza, va al di là del dovere di informazione (25)
- incide a fondo sulla conclusione del contratto perché al dato naturalistico - riconosciuto e favorito dall’ordina- mento - secondo cui il contraente, quando tratta e quan- do conclude, si raffigura l’interesse proprio, affianca un obbligo di raffigurarsi l’interesse della controparte contrat- tuale.
Nella giurisprudenza di merito in materia di servizi di investimento si affaccia anche l’argomento secondo il quale la «prestazione di consulenza» del soggetto abilita- to non sarebbe distinta dall’analoga prestazione di con- sulenza che caratterizzerebbe l’attività di «qualsivoglia altro professionista (medico, avvocato, notaio) che, rice- vuto un incarico (…) non fornisca al richiedente quelle informazioni grazie alle quali lo stesso può operare una scelta consapevole (…)» (26).
Questa tesi, originale e suggestiva, si segnala per l’esi- to al quale conduce, che non è quello dell’accertamento della nullità con conseguente restituzione dell’indebito bensì quello della pronuncia della risoluzione del con- tratto per inadempimento, con conseguente risarcimen- to del danno (sempre commisurato alla perdita rispetto al denaro investito, sempre con gli interessi da ciascun
Note:
(23) Xxxxxxxx xxxxxxx xxxxx xxxxxxxxxxx x xxx xxxxxxx, 00 ottobre 2004,
n. 13697 «Associazione Bancaria Italiana».
(24) X. Xxxxxxx, Autonomia privata e costituzione, in Banca, borsa tit. cred., 1997, I, 1, 19: «Se si vuole la libertà di contratto si deve pure am- mettere che una parte possa perdere e l’altra guadagnare». X. Xxxxx, in X. Xxxxx - G. De Nova, Il contratto, III ed., I, Torino, 2004, 17 (e vedi anche 40): «Le parti escono dal contratto arricchite. La delusione può esserci; ma nascerà ad es. da una speranza frustrata in ordine ai vantaggi offerti dall’uso della cosa; cioè nascerà da un errore (di previsione). L’errore è possibile. E può ben avvenire che entrambe le parti errino, entrambe per- dano. È una prima gravissima svista, pensare che il contratto sia un’ope- razione in cui la somma dei vantaggi e delle perdite è pari a zero. Chi in buona fede ha in mente questo strafalcione passerà poi il suo tempo a cer- care una regola onesta, che impedisca al primo contraente di guadagnare, onde impedire che il secondo contraente perda. Chi ragiona così vede poi in ogni scambio una estorsione, operata da un contraente (chiamato con- traente forte) ai danni dell’altro (chiamato contraente debole)».
(25) Di per sé l’informazione non è lo strumento risolutivo di ogni pro- blema di tutela del risparmiatore. Lo nota X. Xxxx, La direttiva sui merca- ti finanziari e la tutela del risparmiatore, in Contratti, 2004, 743, il quale evi- denzia il rischio che «un eccesso di informazioni finisca per disorientare il cliente, o renderlo refrattario a questa forma di tutela». Ampi e meditati argomenti a sostegno dell’insufficienza della mera informazione per un’a- deguata tutela del consumatore si trovano in X. Xxxxx, Il consumatore co- me cittadino - Il cittadino come consumatore: riflessioni sull’attuale stato della teoria del diritto dei consumatori nell’Unione Europea, in Nuova giur. civ. comm., II, 351 ss.
(26) Così Trib. Taranto, III sez. civ., 27 ottobre 2004, n. 2273, cit.
(27) Ma occorre fornire la prova «che investimenti finanziari alternativi avrebbero reso interessi superiori al tasso legale»: lo ricorda Trib. Taranto, III sez. civ., 27 ottobre 2004, n. 2273, cit. che, infatti, non riconosce al cliente la rivalutazione, in mancanza di prova del maggior danno.
alla prospettiva di recezione della previsione di un «do- vere di consulenza al cliente».
Ma il vero è che al legislatore comunitario il model- lo del «dovere di consulenza al cliente» appare ben ri- spondente allo scopo di assicurare la fiducia dei rispar- miatori.
Prevedere un dovere di consulenza è un modo di sop- perire ad un’insufficienza del mercato (28), qual è la stes- sa esistenza di mercati, pericolosi, ma essenziali per l’eco- nomia (29).
Note:
(28) «Insufficienza», e non, «fallimento» del mercato; così sembra op- portuno tradurre l’espressione market failure, come ha insegnato U. Mat- tei, Tutela inibitoria e tutela risarcitoria, Milano, 1987, 9.
(29) Costituisce un dato acquisito ed indiscusso che scopo della discipli- na sia la tutela del mercato, prima che degli interessi dei singoli rispar- miatori: per tuti X. Xxxx, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei merca- ti finanziari e sulla tutela del risparmiatore, in Banca, borsa tit. cred., 1998, I, 372; X Xxxxxxxx, Le tecniche di prevenzione del moral hazard risk nella nor- mativa italiana in tema di intermediazione gestoria, in Banca impresa soc., 1996, 316.