DOTTORATO DI RICERCA IN
Diritto dell9Unione Europea e Ordinamenti Nazionali
36° Ciclo
Coordinatore: Xxxxx.xx Prof. Xxxxxxxx Xx Xxxxxxxxxx
GLI OBBLIGHI DI TUTELA PENALE NELLA
CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL9UOMO
PROSPETTIVE EVOLUTIVE NEL CONTESTO DELLE ATTIVITÀ A RISCHIO BASE LECITO
Settore scientifico disciplinare IUS/17
Dottorando: Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxx
Tutor: Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxxxx
Anni 2020/2023
Alla cara memoria di mia zia, Xxxxxxxx Xxxxx
«Si può e amar troppo la virtù, e comportarsi smodatamente in un9azione giusta» Xxxxxx xx Xxxxxxxxx, 1580
INDICE
Introduzione: i piani dell9indagine 7
CAPITOLO I
ORIGINI E CATEGORIE DEGLI OBBLIGHI DI TUTELA PENALE
1. Le fondamenta: la giurisprudenza della Corte costituzionale federale tedesca 11
2. I primi passi& e il contesto attuale. Le due dicotomie 15
CAPITOLO II
GLI OBBLIGHI POSITIVI DI TUTELA PENALE DERIVANTI DAI CORE RIGHTS
1. Gli obblighi di protezione del diritto alla vita e alla incolumità individuale 19
1.1. & Dai pericoli per persone determinate (di violenza domestica) 20
1.2. & Dai pericoli per la generalità dei consociati (di uso delle armi) 32
2. L9art. 2 CEDU e le scriminanti. La disciplina delle operazioni di polizia 38
2.1. Gli artt. 52 e 53 c.p. nel prisma dell9art. 2 par. 2 CEDU 52
3. Gli obblighi di protezione dalla tortura e dai trattamenti inumani o degradanti (Rinvio) 64
4. Gli obblighi di incriminazione della tortura perpetrata da soggetti pubblici e privati 71
4.1. La quaestio della identità della tortura statale 83
4.2. La tenuta dell9art. 613 bis c.p. rispetto agli obblighi positivi 93
5. L9art. 3 CEDU e le scriminanti. I nodi della marital immunity e del reasonable chastisement 96
6. Gli obblighi di incriminazione della schiavitù e del lavoro forzato e delle forme che assumono nella contemporaneità 104
6.1. Esiste un vuoto di tutela in Italia quanto al lavoro forzato? 116
7. Gli obblighi di incriminazione delle violazioni della vita privata. I reati a sfondo sessuale 121
CAPITOLO III
GLI OBBLIGHI POSITIVI DI TUTELA PENALE NELL9AMBITO DELLE ATTIVITÀ A RISCHIO BASE LECITO
1. Il dovere di punire al cospetto delle aree di rischio consentito 135
2. Il right to environment e la preferenza per il diritto alla vita privata 137
3. I disastri come laboratorio dell9art. 2 CEDU nelle dinamiche etiologiche complesse 150
4. L9esposizione a sostanze tossiche e le leggi scientifiche tra protezione del diritto alla vita e del diritto alla vita privata intra- ed extra- contesti lavorativi 158
4.1. Il buio scientifico, la CEDU e il principio di precauzione 163
5. I disastri come matrice non solo di criteri di accertamento della causalità ma anche della colpa 170
6. La compiuta definizione del limite soggettivo della tutela penale: la circolazione su strada 182
7. La recklessness (e la mise en danger) quale requisito soggettivo minimo per determinare l9insorgenza di obblighi positivi 192
8. Il limite soggettivo colposo e la sua dimensione sistemica 197
9. (Segue) E le sue possibili ripercussioni de lege lata e de lege ferenda 198
10. La natura ancipite della colpa medica 202
10.1. L9intervento equilibratore in ottica CEDU della Corte di Cassazione sulla responsabilità medico-sanitaria 213
CAPITOLO IV
GLI OBBLIGHI NEGATIVI DI TUTELA PENALE
1. L9esercizio delle libertà fondamentali come argine al diritto penale 219
2. Il divieto di punire il godimento del diritto alla vita privata e l9esercizio delle libertà di pensiero e di riunione 221
3. L9archetipo del chilling effect 233
4. Il divieto di punire l9esercizio della libertà di espressione 236
4.1. La illegittimità costituzionale della pena detentiva per la diffamazione a mezzo stampa commessa dal giornalista 244
4.2. Gli ulteriori profili di contrasto con gli obblighi negativi derivanti dall9art. 10 CEDU 256
Conclusioni: le funzioni di scudo e di spada dei diritti umani 263
Bibliografia 273
Introduzione: i piani dell9indagine
Gli obblighi di tutela penale sono come noto uno dei temi di elezione nello studio del diritto penale e uno di quelli ove sono state nel tempo elaborate raffinate ricostruzioni sulla teoria del reato.
In questo ambito, un ruolo di progressivamente sempre maggiore rilevanza è stato assunto dal dovere di punire proveniente dalla Convenzione europea dei diritti dell9uomo, per come interpretata dalla Corte europea dei diritti dell9uomo. Le positive obligations appaiono infatti quale complemento necessario dell9analisi giuspenalistica, attraversando incisivamente e diametralmente l9an e il quomodo della sanzione penale.
È appena il caso di ricordare, in proposito, che gli obblighi di tutela penale sono distinguibili tra positivi (di previsione di certe condotte quali fattispecie di reato) e negativi (di astensione dal criminalizzare determinate pratiche) oppure tra sostanziali (riferiti all9adeguatezza del quadro normativo di diritto penale) e procedurali (relativi alla idoneità di indagini e processi svolti dalle autorità inquirenti e giudicanti <in risposta= a una violazione della CEDU).
Questo elaborato si propone di realizzare un affresco della teorica degli obblighi positivi e negativi di tutela penale e dei suoi riflessi sull9ordinamento penale italiano, ponendo l9accento sulle quelli attinenti alle aree di rischio base lecito.
Siffatto campo di osservazione comporta delle scelte di tipo contenutistico. Soprattutto, l9attenzione sarà concentrata sugli aspetti riguardanti il diritto penale sostanziale.
Dunque, non troveranno spazio (se non in guisa di necessari cenni) quelle statuizioni nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo precipuamente afferenti alla procedura penale, riguardanti cioè le fasi delle indagini preliminari, del processo e della esecuzione penale.
Cionondimeno, come si avrà modo di constatare, la Corte EDU pur formalmente riportandole negli obblighi positivi procedurali, compie delle valutazioni sulle iniziative assunte dalle autorità statali propriamente riconducibili al diritto penale sostanziale.
Per esempio, la contrarietà talvolta espressa dai giudici di Strasburgo rispetto all9applicazione di cause di esclusione della punibilità, benché tecnicamente trovi collocazione tra gli obblighi procedurali (perché concernente un processo celebrato successivamente a una inosservanza della Convenzione EDU) impatta frontalmente sulla disciplina di parte generale dell9ordinamento interno (in quanto afferente alla interpretazione del singolo istituto ritenuta compatibile con la CEDU).
La preferenza in termini di approfondimento dottrinale accordata agli obblighi positivi è motivata dalla loro incomprimibile problematicità e, per l9effetto, dalla esigenza di un9attenta ponderazione della loro incidenza sul sistema penale.
Da un lato, occorre interrogarsi su quali siano le ragioni e, in parallelo, quali le conseguenze dello svilupparsi e dell9affermarsi di tale indirizzo nella Convenzione EDU.
Dall9altro, si rende necessario misurare il grado di influenza che tale approccio ha rispetto tanto alla parte generale quanto a quella speciale del diritto penale.
Pertanto, essendo questo il focus dell9elaborato, è opportuno sin d9ora evidenziare che verranno lasciate da parte talune positive obligations, che, seppur numerose e significative, tuttavia non sono pertinenti al perimetro di investigazione.
Non si guarderà, segnatamente, né a quelle estranee al diritto penale, come quelle promananti dai diritti sociali (ad esempio, l9assicurazione del diritto alla salute) né a quelle che, pur riguardando il diritto penale, non si traducono in un dovere di <attivare= (o <disattivare=) il suo uso (esemplificativamente, la garanzia di uno spazio vitale minimo per i detenuti nelle celle).
Ancora, non si rinverrà nel testo il riferimento a quelle a carattere <indiretto=, come, indicativamente, l9assenso delle autorità giudiziarie a richieste di estradizione provenienti da Stati esteri per l9esecuzione di condanne a pene contrarie alla CEDU (si pensi a quelle corporali), poiché prive di un immediato influsso su disposizioni del codice penale e delle leggi speciali.
Ulteriormente, verranno per quanto possibile tralasciati i temi c.d. sensibili, come, inter alia, la disciplina penale del fine-vita, in quanto non destinatari di obblighi di incriminazione, essendo infatti riconosciuto ai Paesi Parte un notevole margine di apprezzamento in tema. Venendo quindi alla struttura del lavoro di ricerca, essa può essere illustrata dal seguente itinerario concettuale.
In primo luogo, saranno sondate le origini storiche degli obblighi positivi di tutela penale (rintracciabili nella giurisprudenza del Tribunale costituzionale tedesco degli anni 870) e i fattori costitutivi degli stessi, con particolare riferimento a due tradizionali dicotomie: obblighi positivi/negativi e obblighi sostanziali/procedurali.
In secondo luogo, si tratteggeranno quelli derivanti dai core rights, consacrati agli artt. 2, 3 e 4 CEDU, oltre all9art. 8 CEDU, a mezzo dello studio di sotto-temi riferiti a ciascuna disposizione, sempre tenendo a mente la compatibilità con le relative statuizioni assicurata dal nostro ordinamento penale.
In specie, saranno menzionati: gli obblighi di protezione di persone determinate (in relazione alla violenza domestica) e della generalità dei consociati (riguardo all9uso delle armi) nonché
le scriminanti nelle operazioni di polizia e i limiti agli artt. 52 e 53 c.p. (art. 2 CEDU); gli obblighi di incriminazione della tortura c.d. pubblica e c.d. privata e la risposta dell9art. 613 bis c.p. offerta dall9ordinamento italiano, oltre all9ammissibilità di cause di giustificazione di common law come la marital immunity e il reasonable chastisement (art. 3 CEDU); gli obblighi di incriminazione della schiavitù e del lavoro forzato e delle loro forme contemporanee (art. 4 CEDU); e infine gli obblighi di incriminazione delle violazioni della vita privata con riferimento ai reati a sfondo sessuale (art. 8 CEDU).
In terzo luogo, si proporrà uno studio su uno degli ambiti di più significativa evoluzione delle positive obligations, benché ancora meno indagato, cioè quello delle attività a rischio base lecito.
In questo contesto della responsabilità penale, si esaminerà il dovere di punire rispetto: per un verso, all9accertamento del nesso di causalità nei casi di incertezza scientifica, ragionando su diritto all9ambiente, delitti di disastro ed esposizione a sostanze tossiche nel contesto lavorativo e al suo esterno; e, per altro verso, alle violazioni caratterizzate dalla colpa, tentando di individuare quale sia il limite minimo di rimproverabilità soggettiva preteso nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo, attraverso l9analisi della casistica concernente sempre le fattispecie di reato riguardanti i disastri e, ulteriormente, i settori specifici della circolazione su strada e dell9attività medico-sanitaria.
Esaurita la disanima degli obblighi positivi di tutela penale, si volgerà lo sguardo, per ragioni di completezza, a quelli negativi.
Questi ultimi verranno presentati non tanto nel loro significato di dovere di astensione dall9adozione di una misura statale contraria alla Convenzione EDU, quanto piuttosto in quello di decriminalizzazione di certi fenomeni.
In questo versante, verranno contemplati in specie il diritto alla vita privata e altresì le libertà di pensiero e di riunione.
Sarà poi scandagliata la nozione di chilling effect, che assume un valore archetipico rispetto alle negative obligations in criminal law. In proposito, si riserverà un9attenzione speciale alla libertà di espressione, atteso il rilievo dei pronunciamenti della Corte EDU per i delitti tutelanti il bene giuridico dell9onore.
Alla fine del percorso di indagine, si potranno così rassegnare brevi osservazioni conclusive.
CAPITOLO I
ORIGINI E CATEGORIE DEGLI OBBLIGHI DI TUTELA PENALE
SOMMARIO: 1. Le fondamenta: la giurisprudenza della Corte costituzionale federale tedesca. 3 2. I primi passi& e il contesto attuale. Le due dicotomie.
1. Le fondamenta: la giurisprudenza della Corte costituzionale federale tedesca
L9avvento degli obblighi positivi1, e in specie di quelli di tutela penale2, derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell9uomo è sicuramente debitore della giurisprudenza del
1 Tra gli altri, v. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights. Within and Beyond Boundaries, Oxford, 2023; V. ZAGREBELSKY, L9applicabilità della convenzione, in V. ZAGREBELSKY 3 X. XXXXXX 3 X. XXXXXX, Manuale dei diritti fondamentali in Europa, Bologna, 2019, p. 131 e ss.; D.J. XXXXXX 3 M. O9BOYLE 3 X.X. XXXXX 3 X.X. XXXXXXX, Law of the European Convention on Human Rights, Oxford, 2018, p. 24 e ss.; L. XXXXXXXX, Human Rights in a Positive State. Rethinking the Relationship between Positive and Negative Obligations under the European Convention on Human Rights, Cambridge, 2016; D. XENOS, The Positive Obligations of the State under the European Convention of Human Rights, New York, 2012; e A. XXXXXXX, The Development of Positive Obligations under the European Convention on Human Rights by the European Court of Human Rights, Oxford, 2004.
2 Inter alia, v. L. LAVRYSEN 3 N. MAVRONICOLA (a cura di), Coercive Human Rights. Positive Duties to Mobilise the Criminal Law under the ECHR, Oxford, 2020; X. XXXXX, Alcune chiavi di lettura del sistema convenzionale di tutela dei diritti umani e della giurisprudenza della Corte EDU, in X. XXXXX 3 X. XXXXXXXXXX, Introduzione al diritto penale europeo. Fonti, metodi, istituti, casi, Torino, 2020, p. 167 e ss.; X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, in Arch. pen., n. 3/2020, p. 1 e ss.; X. XXXXXXXXX, Il sindacato di legittimità costituzionale in malam partem, in X. XXXXX 3 X. XXXXXXXXX, La legge penale illegittima. Metodo, itinerari e limiti della questione di costituzionalità in materia penale, Torino, 2019, p. 532 e ss.; X. XXXXX, Awakening the Leviathan through Human Rights Law 3 How Human Rights Bodies Trigger the Application of Criminal Law, in Utrecht Journal of International and European Law, n. 2/2018, p. 170 e ss.; X. XXXXXX, Prosecuting Human Rights Offences, Leiden, 2017, p. 217 e ss.; A. XXXXXXXX, Positive Obligations in Criminal Law, Oxford, 2013, p. 196 e ss.; X. XXXXXXXXX, <Dovere di punire=? Gli obblighi di tutela penale nell9era della internazionalizzazione del diritto, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 4/2012, p. 1364 e ss.; X. XXXXX, Il giudice nel labirinto. Profili delle intersezioni tra diritto penale e fonti sovranazionali, Roma, 2012, p. 114 e ss.; X. XXXXXX, Obblighi convenzionali di tutela penale?, in X. XXXXX 3 V. ZAGREBELSKY (a cura di), La Convenzione europea dei diritti dell9uomo nell9ordinamento penale italiano, Milano, 2011, p. 243 e ss.; ID., L9arbitrio del non punire. Sugli obblighi di tutela penale dei diritti fondamentali, in X. XXXXXXXXX 3 X. XXXXXX 3 G. FORTI (a cura di), Studi in onore di Xxxxx Xxxxxx, Napoli, 2011, p. 2645 e ss.; F. XXXXXXX, The Paradoxical Relationship between Criminal Law and Human Rights, in Journal of International Criminal Justice, n. 9/2011, p. 577 e ss.; A. XXXXXXX-XXXX, Prosecuting Serious Human Rights Violations, Oxford, 2009,
p. 111 e ss.; X. XXXXXXXX, Gli obblighi di tutela penale. La discrezionalità legislativa nella cornice dei vincoli costituzionali e comunitari, Pisa, 2009, p. 184 e ss.; A. XXXXXXXX, Il diritto penale <flessibile=. Quando i diritti umani incontrano i sistemi penali, Torino, 2008, p. 478 e ss.; X. XXXXXXXXXX 3 X. XXXXXX 3 F. OST 3 M. VAN DE KERCHOVE 3 S. XXX XXXXXXXXXXXXXX, Les droits de l9homme, bouclier ou épée du droit pénal?, Bruxelles, 2007; G. DE VERO, La giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in G. DE VERO 3 X. XXXXXXXXXX, Delitti e pene nella giurisprudenza delle Corti europee, Torino, 2007, p. 24 e ss.; X. XXXXXX, Obblighi di criminalizzazione tra sistema penale italiano e Corte europea dei diritti dell9uomo, in Leg. pen., n. 1/2006, p. 171 e ss.; E. NICOSIA, Convenzione europea dei diritti dell9uomo e diritto penale, Torino, 2006, p. 255 e ss.; e
Bundesverfassungsgericht3. Dai giudici di Karlsruhe è stato come noto dapprima creato e, quindi, sviluppato il concetto di dovere di protezione attraverso il diritto penale di interessi giuridici aventi sede nella Costituzione, icasticamente riconducibili ai termini Untermaβverbot e Übermaβverbot.
Con il primo, si intende l9esigenza di scongiurare l9abuso dello strumento penalistico, laddove, cioè, venga superata la proporzione tra esigenze di protezione e di garanzia in favore di quelle di protezione.
Con il secondo, invece, si fa riferimento alla necessità di offrire una nuova o migliorata tutela penale o di mantenere quella esistente (ad esempio, censurando leggi di depenalizzazione oppure quelle introduttive di cause di esclusione della punibilità di natura sostanziale o processuale).
Il Tribunale costituzionale tedesco, infatti, ha stabilito tre degli ambiti di operatività degli obblighi positivi4, consistenti in imposizioni riferite a: in primis, globalità dell9intervento pubblico, attraverso l9esperimento di un esame comprensivo di più branche del diritto: civile, amministrativo e penale; in secundis, tutti i poteri statali tradizionalmente intesi: legislativo, esecutivo e giudiziario; in tertiis, entrambe le tipologie di rapporti sociali, cioè quelle: verticale (tra autorità pubblica e cittadino) e orizzontale (tra gli individui fra loro, c.d. Drittwirkung).
Come si avrà modo di approfondire infra, del resto, l9esigenza di protezione <ereditata= dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo si esplica proprio su questa triplice direttrice analitica, specialmente prendendo in considerazione il quadro normativo in essere, la sua attuazione nella prassi applicativa e interpretativa, financo per come esso concretamente viene <messo in opera= nei rapporti tra privati; con ciò intendendosi, a livello astratto, l9esistenza di una disciplina legislativa che preveda determinate condotte violative della CEDU come reato.
La dignità umana, al cuore della Costituzione tedesca e, quindi, necessariamente, delle pronunce dei giudici di Karlsruhe, è divenuta il perno sul quale edificare una teoria degli obblighi di tutela penale, ricomprendente anche altri diritti comunque riconducibili alla Würde des Menschen.
X. XXXXXXXX, Diritti umani e impunità. Obblighi positivi degli Stati in materia penale, Milano, 2003, p. 35 e ss.
3 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 13 e ss.
4 Cfr. X. XXXXXXXX, Die Lehre von den grundrechtlichen Schutzpflichten, Berlino, 2005.
Come è stato sottolineato5, è la notoria sentenza sulla criminalizzazione della interruzione della gravidanza del Bundesverfassungsgericht del 25 febbraio 1975, che ha bloccato le modifiche alla disciplina del c.d. Xxxxxxxxxxxxxxx, quella che può essere considerata quale pronuncia pioniera relativamente alla interpretazione degli obblighi positivi di tutela penale. Effettivamente, nell9argomentazione addotta in quella sede, si è incominciata ad affacciare una pretesa verso i poteri pubblici non solo di tipo passivo, ma più propriamente attivo: nella vicenda trattata, la tutela della vita imponeva infatti che non vi fosse solamente un comportamento negativo dello Stato, ma anche uno positivo, nel senso dell9adozione di un quadro normativo adeguato, sub specie di norme di incriminazione di determinate condotte di interruzione volontaria della gravidanza.
Nell9ottica dei giudici di Karlsruhe, poi, è stata ritenuta necessaria un9attività di bilanciamento tra i diritti e gli interessi fra loro potenzialmente confliggenti (quali, nei fatti di causa, le aspettative del diritto del nascituro e la dignità e la salute della gestante), fintantoché questi ultimi trovino sede nella Costituzione tedesca.
In questo senso, dunque, il diritto alla vita e la dignità umana assumono un9importanza sovraordinata rispetto a quant9altro è in gioco; ciò si deve anche alla scelta di rottura con il passato nazionalsocialista del Paese e con il valore attribuito alla vita in quel sistema.
Da tale ordine di considerazioni, il Tribunale costituzionale tedesco ha dunque ricavato una protezione di tipo assoluto del bambino non ancora nato.
Ai fini della presente trattazione, deve sottolinearsi come il ricorso al diritto penale, nell9economia della sentenza, diviene non meramente ammesso, quanto imposto a livello costituzionale.
Bersaglio dei giudici di Karlsruhe è così risultata la proposta governativa di adoperare invece altre branche del diritto, su presupposti sia di tipo simbolico (di percezione non adeguata del disvalore insito nella condotta tenuta) sia normativo (residuando una lacuna nella protezione offerta al nascituro).
In particolare, la pena 3 secondo il ragionamento addotto dal Tribunale costituzionale tedesco 3 avrebbe altrimenti smarrito la propria funzione di <tavola di valori=, orientativa dei consociati, e, quindi, di prevenzione generale.
È però nell9opinione dissenziente dei giudici Xxxx-v. Xxxxxxxx e Xxxxx 3 i quali si sono rifatti alla sentenza della Corte costituzionale austriaca che ha affrontato il medesimo tema
5 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 17 e ss.
nel 1974 (giunta, però, a conclusioni diverse dalla omologa tedesca) 3 che si colgono taluni profili del dibattito che prenderà forma anche nel contesto della Convenzione EDU6.
Specialmente, è la critica dagli stessi rivolta alla mancanza di certezza ermeneutica di tale imposizione punitiva costituzionale che coglie particolarmente nel segno. Del resto, la difficoltà di individuare dei criteri sufficientemente chiari per potere comprendere quando sussistono obblighi positivi di tutela penale è uno degli aspetti di natura problematica che emergeranno con maggiore frequenza nel prosieguo della trattazione con riferimento alle decisioni dei giudici di Strasburgo.
Diversamente dai colleghi, i due giudici hanno proposto che la censura di incostituzionalità fosse limitata solamente a quelle situazioni ove la protezione a mezzo del diritto penale fosse, in maniera radicale ed evidente, assente oppure erronea.
Quello che maggiormente convince è in specie il timore manifestato da Xxxx-v. Xxxxxxxx e Xxxxx rispetto tanto agli scopi quanto alla tecnica degli obblighi positivi di tutela penale.
Per il primo verso, essi hanno intravisto la potenziale autoritarietà insita in tale indirizzo, che certamente apriva al rischio di indebite espansioni della sfera del diritto penale a discapito della libertà dell9individuo.
Per il secondo verso, gli stessi hanno scorto l9assenza di elementi a suffragio (anche di natura empirica) riguardo la sbandierata efficacia della sanzione penale, additando la fiducia malriposta nella pena, innanzitutto perché trattasi di convinzione spoglia di conferme sulla sua idoneità generalpreventiva.
Proprio tali appunti contenuti nella opinione dissenziente hanno poi portato a un opportuno ridirezionamento del Bundesverfassungsgericht, con la sentenza 28 maggio 19937. Segnatamente, l9assolutezza del diritto alla vita del feto è stata temperata, attribuendo valore anche allo sviluppo della personalità della madre. E, in particolar modo, quanto alla scelta dei mezzi di tutela, essa è stata lasciata alla discrezionalità del legislatore (comunque sottoposta al controllo dei giudici di Karlsruhe).
All9esito di tale secondo pronunciamento, attraverso l9Untermaβverbot viene eretta una diga contro, contemporaneamente, il ricorso al diritto penale (pur rientrante nei limiti della necessità e proporzionalità) e, altresì, l9esperibilità di un controllo sulle scelte del legislatore fondato su presupposti diversi da quelli del giudizio di ragionevolezza.
6 Cfr. ivi, p. 20 e ss.
7 Cfr. ivi, p. 22 e ss.
2. I primi passi& e il contesto attuale. Le due dicotomie
Nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, gli obblighi positivi fanno la propria comparsa a cavallo tra gli anni 870 e gli 8808. In coerenza con il periodo di espansione del welfare state, il loro ambito di elezione ai primordi era quello dei diritti economici, sociali e culturali9.
Inizialmente, considerato che la Convenzione europea dei diritti dell9uomo non li prevedeva esplicitamente, si era registrata una certa ritrosia da parte dei giudici di Strasburgo a riconoscerne l9esistenza10.
Segnatamente, la prima pronuncia in merito è Xxxxxx c. Belgio11, che riguardava la disciplina del diritto della persona e della famiglia. In tale sentenza, è stato enunciato l9obbligo positivo inerente al rispetto della vita familiare, con particolare riguardo alla parificazione tra i figli nati all9interno e al di fuori del matrimonio.
In breve, pur mancandone una definizione nella CEDU e omettendo loro stessi di fornirla12, i giudici di Strasburgo hanno letto il significato degli obblighi positivi nel senso dell9assicurazione di una tutela effettiva dei diritti umani attraverso l9imposizione di un dovere di attivarsi o duty to take action in capo alle autorità statali. Parallelamente, la Corte XXX ha ammesso anche l9esistenza di obblighi negativi, intesi come necessità di astensione, per lo Stato, dal compimento di determinati atti contrastanti con i diritti fondamentali.
Pur non essendo mai stata enunciata un9autentica <teoria generale= delle positive obligations13, è stato nondimeno edificato un costrutto teorico sul quale fondarle, rappresentato dal combinato disposto di due disposizioni: l9art. 1 CEDU (obbligo di rispettare i diritti dell9uomo), ove è previsto che i Paesi Parte riconoscano a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà, e il singolo diritto c.d. fondamentalissimo in evidenza, di cui agli artt. 2, 3 e 4 CEDU, oltre all9art. 8 CEDU.
8 Per una ricostruzione storica v. A. XXXXXXX, The Development of Positive Obligations under the European Convention on Human Rights by the European Court of Human Rights, cit., spec. p. 227 e ss.
9 Cfr. D.J. XXXXXX 3 M. O9BOYLE 3 X.X. XXXXX 3 X.X. XXXXXXX, Law of the European Convention on Human Rights, cit., p. 24.
10 Cfr. Opinione dissenziente del giudice Xxxxxxxxxxx (annessa a X.XXX, sent. 21 febbraio 1975, Xxxxxx c. Regno Unito).
11 X.XXX, sent. 13 giugno 1979, Xxxxxx x. Xxxxxx.
12 Cfr. A. XXXXXXX, The Development of Positive Obligations under the European Convention on Human Rights by the European Court of Human Rights, cit., p. 2.
13 Cfr. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., p. 2. A tale deficit l9Autrice riconduce le critiche che sono state mosse contro di esse, ritenute contrarie ai principi di certezza e prevedibilità.
Ciò che ha <rotto gli argini= nella ravvisabilità di obblighi positivi è il concetto della c.d. Drittwirkung14. Tale nozione è mutuata dalla dottrina e dalla giurisprudenza tedesche (cfr. supra, cap. I, par. 1) e corrisponde alla considerazione secondo la quale i diritti umani devono esplicarsi, oltre che verticalmente, nei rapporti intercorrenti tra cittadino e Stato, anche orizzontalmente, in quelli fra le persone. Il fondamento teorico è costituito dalla responsabilità che l9Autorità ha verso chi vi è sottoposto, laddove i suoi rappresentanti abbiano reso l9inosservanza più probabile o anche solo possibile. Come è immediatamente percepibile, ciò ha comportato che un numero molto più consistente di fenomeni sociali fosse potenzialmente suscettibile di rientrare nella sfera di vigenza della Convenzione EDU.
Il diritto penale ha fatto la propria comparsa tra gli obblighi positivi solo a distanza di tempo dal precedente citato, incontrando anche qualche resistenza15.
In proposito, è possibile distingue tra obblighi positivi e negativi di tutela penale e ancora tra obblighi sostanziali e procedurali.
Le positive obligations in criminal law si possono esplicare in obblighi di protezione16 di persone determinate oppure della generalità dei consociati dalle violazioni della CEDU17 e obblighi di incriminazione18 e punizione19 di condotte contrarie alla stessa. Occorre, quindi, che queste ultime siano oggetto di indagini, processi, condanne ed esecuzioni idonei20.
Lo stesso dicasi, in direzione uguale e contraria, per gli obblighi negativi, visti quali doveri di astensione dalla previsione di fattispecie di reato e dalla inflizione di una pena (che
14 Cfr. X.X. XXXXXX, The Third-Party Applicability or <Drittwirkung= of the European Convention on Human Rights, in X. XXXXXXXX 3 X. XXXXXXX (a cura di), Protecting Human Rights: The European Dimension, Colonia, 1988, p. 33 e ss.
15 Cfr. Opinione concorrente riunita dei giudici Tulkens, Ziemele e Bianku (annessa a X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania). Cfr. infra, cap. II, par. 4.
16 Cfr. X. XXXXXXX 3 X. XXXXXXX, Positive Obligations and Coercion. Deterrence as a Key Factor in the European Court of Human Rights9 Case Law, in L. LAVRYSEN 3 N. MAVRONICOLA (a cura di), Coercive Human Rights. Positive Duties to Mobilise the Criminal Law under the ECHR, Oxford, 2020, p. 56 e ss.
17 Su tale discrimen v., in relazione all9art. 2 CEDU, X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, in X. XXXXXXX 3 X. XXXXXX (a cura di), Corte di Strasburgo e giustizia penale, Torino, 2022, rispettivamente, p. 65 e ss. e p. 69 e ss.
18 Xxxxxxxx Xxxxxx parla di «human rights offences» intendendo «All criminal breaches of human rights, irrespective of whether they are committed by the state or by a private party, which attain the minimum level of severity necessary to attract the specific heightened protection under international human rights law and which should therefore constitute a criminal offence under the relevant domestic criminal law» X. XXXXXX, Prosecuting Human Rights Offences, cit., p. 19.
19 Sulla distinzione tra «obligation to criminalise» e «obligation to punish» v. L. LAVRYSEN, Positive Obligations and the Criminal Law. A Bird9s-Eye View on the Case Law of the European Court of Human Rights, in L. LAVRYSEN 3 N. MAVRONICOLA (a cura di), Coercive Human Rights. Positive Duties to Mobilise the Criminal Law under the ECHR, Oxford, 2020, p. 29 e ss. Sulla difficoltà di distinguere, <a monte=, tra
«substantive obligations» e «procedural obligations» v. xxx, pp. 30-32.
20 Secondo Xxxxx Xxxxxxx si è in presenza di «coercive duties on the state to criminalize, prevent, police, and prosecute harmful acts» X. XXXXXXX, Positive Obligations and Criminal Justice: Duties to Protect or Coerce?, in L. ZEDNER 3 J.V. XXXXXXX (a cura di), Principles and Values in Criminal Law and Criminal Justice: Essays in Honour of Xxxxxx Xxxxxxxx, Oxford, 2012, p. 136.
rappresentano invero la maggioranza delle situazioni)21. Si tratta, insomma, di scongiurare qualsiasi <attivazione= dello strumento penale, sin dall9intervento delle forze di polizia.
Solitamente22, si riconduce questa evoluzione alla sentenza X e Y c. Paesi Bassi23 (cfr. infra, cap. II, par. 6). Rinviando alla trattazione che segue, può sin d9ora essere anticipato che in questa decisione, attinente alla contrarietà alla Convenzione EDU del regime di procedibilità a querela della sola persona offesa del reato di violenza sessuale commesso su minori disabili mentali, si colgono alcuni degli aspetti identificativi che contraddistinguono la «dottrina»24 degli obblighi positivi di tutela penale.
In tale occasione, infatti, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto sussistente una violazione del dovere di punire una determinata condotta lesiva del diritto alla vita privata (sub specie di integrità sessuale) di un <soggetto debole= (una persona disabile)25 ad opera di un privato (non identificabile, cioè, nelle autorità pubbliche).
Quanto agli obblighi positivi sostanziali, è stato stabilito che presupposto della offerta di una protezione consona alla CEDU è che le condotte che si pongono in contrasto con essa vengano adeguatamente sanzionate nel quadro normativo del Paese Parte. Ne consegue che innanzitutto occorre che vi sia una norma incriminatrice che le punisca.
In particolare, non è sufficiente la mera previsione quale fattispecie di reato di una certa condotta per soddisfare gli obblighi positivi di tutela penale: occorre che quest9ultima sia
<ben disegnata=, che non lasci, cioè, vuoti di tutela. Da ciò si ricava che il dovere di punire enunciato dalla Corte EDU non è limitato all9astratta previsione di un certo delitto o contravvenzione, ma che esso concerne anche la selezione del soggetto attivo, della condotta e dell9evento, arrivando fino, come già evincibile dal caso X e Y c. Paesi Bassi, alla tipologia di regime di procedibilità.
Rispetto agli obblighi positivi procedurali, si è affermato, in ossequio al principio di effettività26, che non basta che il legal framework sia consono <sulla carta=: occorre poi che nella prassi esso sia coerentemente applicato.
21 Cfr. A. XXXXXXXX, Positive Obligations in Criminal Law, cit., pp. 196-197. Cfr. infra, cap. IV.
22 Cfr., inter alia, v. N. MAVRONICOLA 3 L. XXXXXXXX, Coercive Human Rights: Introducing the Sharp Edge of the European Convention on Human Rights, in L. LAVRYSEN 3 N. MAVRONICOLA (a cura di), Coercive Human Rights. Positive Duties to Mobilise the Criminal Law under the ECHR, Oxford, 2020, p. 4 e ss.
23 X.XXX, sent. 26 marzo 1985, X e Y c. Paesi Bassi.
24 X. XXXXX, Alcune chiavi di lettura del sistema convenzionale di tutela dei diritti umani e della giurisprudenza della Corte EDU, cit., p. 171.
25 Sulla speciale attenzione riservata a categorie vulnerabili quali bambini, vittime di violenze sessuali e domestiche e individui discriminati per orientamento sessuale e identità di genere e sul rischio di un «coercive overreach» in proposito v. C. HERI, Shaping Coercive Obligations through Vulnerability. The Example of the ECtHR, in L. LAVRYSEN 3 N. MAVRONICOLA (a cura di), Coercive Human Rights. Positive Duties to Mobilise the Criminal Law under the ECHR, Oxford, 2020, p. 93 e ss.
26 Sulla sua problematicità rispetto al principio di ultima ratio v. N. PERŠAK, Positive Obligations in View of the Ultima Ratio Principle, in L. LAVRYSEN 3 N. MAVRONICOLA (a cura di), Coercive Human Rights. Positive Duties to Mobilise the Criminal Law under the ECHR, Oxford, 2020, p. 150. V. anche X.X. XXXXXX, Struggle
Da questo presupposto logico deriva che anche le indagini preliminari, il processo e financo l9esecuzione penale debbano essere conformi alla Convenzione EDU: la violenza sessuale (riprendendo X e Y c. Paesi Bassi) deve trovare una concreta risposta punitiva, perché questo è il tipo di sanzione considerata adatta a quella determinata situazione. Occorre, insomma,
<ben indagare, processare e punire=.
La successiva giurisprudenza dei giudici di Strasburgo ha gradatamente esteso l9influenza degli obblighi positivi di tutela penale sui core rights della CEDU: quelli previsti dagli artt. 2, 3 e 4 CEDU.
Infatti, maggiore è l9importanza del diritto fondamentale violato nella vicenda in questione maggiore è la disponibilità a offrirne tutela attraverso il mezzo che appare più incisivo (assicurando teoricamente un elevato standard di protezione): il diritto penale.
Dunque, al sopracitato X e Y c. Paesi Bassi sono seguiti altri leading cases come, tra gli altri: Xxxxx x. Regno Unito (relativo all9art. 2 CEDU, v. infra, cap. II, par. 1.1); Z e altri c. Regno Unito (riferito all9art. 3 CEDU, v. infra, cap. II, par. 3); e altresì Siliadin x. Xxxxxxx (riguardante l9art. 4 CEDU, v. infra, cap. II, par. 6).
Nel tempo, quindi, le positive obligations hanno assunto il volto di un intervento a tutto campo nel diritto penale sostanziale, trovando una particolare espansione nel contesto delle attività a rischio base lecito come impresa e industria, eventi disastrosi dovuti a fenomeni atmosferici, circolazione su strada e responsabilità medico-sanitaria, per ciò che concerne il nesso di causalità e la colpa penale (v. infra, cap. III, rispettivamente parr. 2 e ss. e 5 e ss.). Diversamente, le negative obligations rappresentano un laboratorio sulle criticità del ricorso allo strumento penale e sul bisogno di una sua riduzione. Ciò si coglie soprattutto in relazione, oltre che al godimento del diritto alla vita privata, all9esercizio di libertà fondamentali quali la libertà di pensiero, di espressione e di riunione (v. infra, cap. IV). È in questo contesto e specialmente in quello dell9art. 10 CEDU che si è sviluppata la importante teorica del c.d. chilling effect o effetto dissuasivo (v. infra, cap. IV, par. 3).
in Favour of a Criminal Law as an 8ultima ratio9. Critical Observations on the Criminalisation Obligations Arising from the Jurisprudence of the European Court of Human Rights in the Light of the Principle of Subsidiarity, in European Criminal Law Review, n. 2/2023, p. 135 e ss.
CAPITOLO II
GLI OBBLIGHI POSITIVI DI TUTELA PENALE DERIVANTI DAI CORE RIGHTS
SOMMARIO: 1. Gli obblighi di protezione del diritto alla vita e alla incolumità individuale. 3 1.1. & Dai pericoli per persone determinate (di violenza domestica). 3 1.2. & Dai pericoli per la generalità dei consociati (di uso delle armi). 3 2. L9art. 2 CEDU e le scriminanti. La disciplina delle operazioni di polizia. 3 2.1. Gli artt. 52 e 53 c.p. nel prisma dell9art. 2 par. 2 CEDU. 3 3. Gli obblighi di protezione dalla tortura e dai trattamenti inumani o degradanti (Rinvio). 3 4. Gli obblighi di incriminazione della tortura perpetrata da soggetti pubblici e privati. 3 4.1. La quaestio della identità della tortura statale. 3 4.2. La tenuta dell9art. 613 bis c.p. rispetto agli obblighi positivi. 3 5. L9art. 3 CEDU e le scriminanti. I nodi della marital immunity e del reasonable chastisement. 3 6. Gli obblighi di incriminazione della schiavitù e del lavoro forzato e delle forme che assumono nella contemporaneità. 3 6.1. Esiste un vuoto di tutela in Italia quanto al lavoro forzato? 3 7. Gli obblighi di incriminazione delle violazioni della vita privata. I reati a sfondo sessuale.
1. Gli obblighi di protezione del diritto alla vita e alla incolumità individuale
L9art. 2 CEDU27, tutelando il diritto alla vita, è una delle disposizioni che sono poste a fondamento della Convenzione europea dei diritti dell9uomo in quanto l9esistenza e l9integrità fisica di una persona rappresentano il presupposto per il godimento degli altri diritti ivi custoditi. Infatti, conosce le sole eccezioni che vengono specificamente previste al paragrafo 2 (sulle quali cfr. infra, cap. II, par. 2) e non è derogabile neppure quando vi sia una guerra oppure una situazione che minacci l9esistenza dello Stato, ex art. 15 CEDU. A
27 Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., p. 46 e ss.; V. ZAGREBELSKY, Diritto alla vita, in V. ZAGREBELSKY 3 X. XXXXXX 3 X. XXXXXX, Manuale dei diritti fondamentali in Europa, Bologna, 2019, p. 163 e ss.; D.J. XXXXXX 3 M. O9BOYLE 3 X.X. XXXXX 3 X.X. XXXXXXX, Law of the European Convention on Human Rights, cit., p. 205 e ss.; e X. XXXXXXXX, sub art. 2 Cedu, in X. XXXXXXX 3 P. DE SENA 3 V. ZAGREBELSKY (a cura di), Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell9uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2012, p. 36 e ss.
riconferma, la Corte europea dei diritti dell9uomo spesso lo qualifica quale one of the basic values of the democratic societies making up the Council of Europe. Ne consegue, a maggior ragione, che le garanzie a esso sottese devono essere <pratiche ed effettive= e la sua interpretazione occorre che venga svolta <in senso restrittivo=.
Nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo, il diritto alla vita consta generalmente di due diverse componenti: il divieto di privarne intenzionalmente le persone e, inoltre, l9obbligo di proteggerla attraverso la legge (art. 2 par. 1 CEDU). Ovviamente, considerato che ogni Paese Parte della CEDU punisce l9omicidio volontario diviene rilevante comprendere quale sia esattamente l9obbligo positivo di protezione, come esso si atteggi e venga disciplinato, a fronte di condotte dolose perpetrate, oltre che da soggetti direttamente nella responsabilità dello Stato, anche da privati cittadini (c.d. Drittwirkung). Su questo profilo ci si concentrerà ora, passando successivamente alla trattazione delle cause di giustificazione ammesse per la violazione del diritto alla vita e alla compatibilità con queste ultime delle scusanti previste nel codice penale.
È possibile distinguere due filoni giurisprudenziali di particolare momento che prevedono doveri di punire rivolti alle autorità statali, sulla base di quali sono le persone destinatarie di aggressioni da parte di soggetti pericolosi (in concreto o in potenza), rispettivamente: soggetti previamente individuabili (rispetto ai quali vengono imposte le positive obligations of protection28) oppure l9intera collettività29.
1.1. & Dai pericoli per persone determinate (di violenza domestica)
Il leading case della Corte europea dei diritti dell9uomo con riguardo agli obblighi di prevenire «condotte dolose lesive del diritto alla vita»30 è Xxxxx x. Regno Unito31, dal quale, successivamente, sono gemmati molteplici indirizzi giurisprudenziali dedicati a singoli settori specifici, come ad esempio la violenza domestica. Prima di approfondire questi ultimi è dunque necessario innanzitutto soffermarsi su tale sentenza apripista.
I fatti consistevano nell9uccisione di un cittadino britannico residente in Gran Bretagna e al ferimento di suo figlio da parte di un insegnante di quest9ultimo, all9esito di una «escalation
28 Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., p. 65 e ss.
29 Ivi, p. 69 e ss.
30 Così X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 71.
31 X.XXX, Grande Camera, sent. 28 ottobre 1998, Xxxxx x. Regno Unito. Con nota di X. XXXXXX, A Tort Lawyer9s View of Xxxxx v United Kingdom, in King9s College Law Journal, n. 2/1999, p. 238 e ss.
persecutoria»32. I ricorrenti, la vedova e il ferito, ritenevano che fossero stati violati gli artt. 2, 6 e 8 CEDU poiché le autorità statali avevano ignorato i chiari segnali d9allarme sulla base dei quali era possibile inferire che l9autore dell9assassinio fosse un soggetto che rappresentava una seria minaccia per l9incolumità del suo ex allievo e della sua famiglia33. I giudici di Strasburgo hanno statuito il principio di diritto secondo il quale l9art. 2 par. 1 CEDU impone allo Stato Membro non solo di astenersi dal togliere intenzionalmente e illegalmente la vita, ma anche di adottare misure adeguate a salvaguardare la vita di coloro che rientrano nella sua giurisdizione. Tale obbligo va oltre il dovere primario di garantire il right to life mettendo in atto disposizioni penali efficaci per dissuadere dalla commissione di reati contro la persona, supportate da un quadro normativo per prevenire, reprimere e sanzionare le violazioni di tali disposizioni: l9art. 2 CEDU può anche implicare, infatti, un obbligo positivo per le autorità nazionali, in alcune circostanze ben definite, di adottare misure operative preventive volte a proteggere un individuo la cui vita è in pericolo dalle condotte penalmente rilevanti di un altro34.
La Corte EDU ha comunque specificato che il combinato disposto della difficoltà insite nello svolgimento delle attività di polizia nelle società moderne, dell9imprevedibilità del comportamento umano e della necessità di fare scelte operative sulla base di priorità e di risorse disponibili implica che non possa gravare sul Paese Parte un onere eccessivo e sproporzionato. Ne consegue che non tutti i rischi per la vita determinano l9insorgenza di un obbligo di attivarsi da parte delle autorità statali per prevenire la realizzazione di quel rischio. Parallelamente, l9attività di polizia deve essere svolta nel rispetto delle altre garanzie della Convenzione europea dei diritti dell9uomo riferite all9attività di prevenzione e controllo del
32 La descrive in questi termini X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., p. 65.
33 Si confrontavano due tesi. Per un verso, i ricorrenti auspicavano l9introduzione di un obbligo in capo alle autorità statali di predisposizione di tutte le misure necessarie a prevenire qualsiasi lesione del diritto alla vita in presenza di ogni presunta minaccia contro di esso. Per altro verso, il Governo britannico sosteneva l9esistenza di obblighi positivi solamente in presenza di una ricostruzione della responsabilità consistente in un grave errore o in una deliberata inadempienza del dovere di proteggere la vita da parte delle autorità statali (similare, nell9ordinamento penale italiano, a quella nei reati omissivi impropri). Su tali asserzioni contrapposte
v. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 71 e ss.
34 «The Court notes that the first sentence of Article 2 § 1 enjoins the State not only to refrain from the intentional and unlawful taking of life, but also to take appropriate steps to safeguard the lives of those within its jurisdiction (see the L.C.B. v. the United Kingdom judgment of 9 June 1998, Reports of Judgments and Decisions 1998-III, p. 1403, § 36). It is common ground that the State9s obligation in this respect extends beyond its primary duty to secure the right to life by putting in place effective criminal-law provisions to deter the commission of offences against the person backed up by law-enforcement machinery for the prevention, suppression and sanctioning of breaches of such provisions. It is thus accepted by those appearing before the Court that Article 2 of the Convention may also imply in certain well-defined circumstances a positive obligation on the authorities to take preventive operational measures to protect an individual whose life is at risk from the criminal acts of another individual. The scope of this obligation is a matter of dispute between the parties» X.XXX, Grande Camera, sent. 28 ottobre 1998, Xxxxx x. Regno Unito, par. 115.
crimine, quali quelle del giusto processo all9art. 6 CEDU, e anche le altre che limitano l9operato delle forze dell9ordine (come, ad esempio, quelle di cui agli artt. 5 e 8 CEDU)35. Svolte queste premesse, i giudici di Strasburgo hanno coniato il nuovo criterio interpretativo di riferimento: per ravvisare una violazione delle positive obligations derivanti dall9art. 2 CEDU, nel senso di prevenire e reprimere i reati contro la persona, occorre dimostrare in modo soddisfacente: in primis, che le autorità nazionali sapevano o avrebbero dovuto sapere all9epoca della esistenza di un rischio reale e immediato per la vita di uno o più individui identificati a causa delle condotte costituenti un illecito penale perpetrate da terzi; e, in secundis, che esse hanno omesso di adottare misure nell9ambito dei loro poteri che, giudicate ragionevolmente, avrebbero potuto evitare tale rischio36.
La Corte EDU, nel decidere del caso sottoposto al suo scrutinio, per quanto riguarda l9art. 2 CEDU ha escluso che vi fosse stata una sua inosservanza poiché non vi era stata alcuna fase decisiva della vicenda nella quale la polizia sapeva o avrebbe dovuto sapere che la vita della famiglia Xxxxx era in pericolo reale e immediato in ragione delle possibili condotte dell9insegnante37. In quest9ottica, i giudici di Strasburgo hanno valorizzato l9esigenza che l9operato della polizia rispetti anche gli altri diritti della CEDU e, quindi, la presunzione di innocenza. Di talché, l9omessa adozione di provvedimenti limitativi delle libertà della persona non può essere utilizzata quale elemento di prova della violazione del right to life. L9importanza sistematica di Xxxxx x. Regno Unito è lapalissiana. L9innovatività della regola di diritto introdotta dalla Corte europea dei diritti dell9uomo si coglie soprattutto su
35 «For the Court, and bearing in mind the difficulties involved in policing modern societies, the unpredictability of human conduct and the operational choices which must be made in terms of priorities and resources, such an obligation must be interpreted in a way which does not impose an impossible or disproportionate burden on the authorities. Accordingly, not every claimed risk to life can entail for the authorities a Convention requirement to take operational measures to prevent that risk from materialising. Another relevant consideration is the need to ensure that the police exercise their powers to control and prevent crime in a manner which fully respects the due process and other guarantees which legitimately place restraints on the scope of their action to investigate crime and bring offenders to justice, including the guarantees contained in Articles 5 and 8 of the Convention» X.XXX, Grande Camera, sent. 28 ottobre 1998, Xxxxx x. Regno Unito, par. 116.
36 «[&] The Court does not accept the Government9s view that the failure to perceive the risk to life in the circumstances known at the time or to take preventive measures to avoid that risk must be tantamount to gross negligence or wilful disregard of the duty to protect life (see paragraph 107 above). Such a rigid standard must be considered to be incompatible with the requirements of Article 1 of the Convention and the obligations of Contracting States under that Article to secure the practical and effective protection of the rights and freedoms laid down therein, including Article 2 (see, mutatis mutandis, the above-mentioned XxXxxx and Others judgment, p. 45, § 146). For the Court, and having regard to the nature of the right protected by Article 2, a right fundamental in the scheme of the Convention, it is sufficient for an applicant to show that the authorities did not do all that could be reasonably expected of them to avoid a real and immediate risk to life of which they have or ought to have knowledge. This is a question which can only be answered in the light of all the circumstances of any particular case» X.XXX, Grande Camera, sent. 28 ottobre 1998, Xxxxx x. Regno Unito, par. 116.
37 Sulla base di un giudizio di ragionevolezza, infatti, non erano esperibili iniziative che avrebbero portato alla eliminazione del correlato rischio, quali, ad esempio, l9inflizione di condanne in sede penale o comunque l9emissione di un ordine di ricovero ospedaliero.
due direttrici di rapporti: orizzontale, tra l9autore della condotta dolosa (come l9omicidio, in Xxxxx x. Regno Unito) e la vittima; e verticale, tra lo Stato Membro gravato dall9obbligo di attivarsi e il cittadino che dalle autorità statali deve essere protetto.
L9eccessiva ampiezza di tale potenzialmente universale facere rivolto al Paese Parte conosce una moderazione poggiante su una duplice ratio, l9una concreta e l9altra valoriale.
La prima risiede nella constatazione che i mezzi a disposizione delle forze dell9ordine sono finiti. Pretendere, infatti, che il Paese Parte possa prevenire ogni rischio per tutti i soggetti è irrealistico.
La seconda si fonda su una visione globale della Convenzione europea dei diritti dell9uomo, nella quale non possono essere dimenticati i diritti dell9indagato.
Il pregio di questa decisione senza precedenti, dalla quale deriva appunto l9omonimo Xxxxx test 3 al quale si fa, oggi, costante riferimento nella giurisprudenza 3 si coglie nell9attenzione al principio di ragionevolezza, in uno con quello della libertà dell9individuo.
In effetti, è nel <respiro= lasciato allo Stato nell9attività di bilanciamento tra i doveri di attivarsi nel proteggere la vita (attraverso lo Stato) e di non ingerirsi ingiustificatamente nelle garanzie della persona (dallo Stato) che si apprezzano la delicatezza e la significatività della valutazione che deve essere compiuta per accertare una violazione dell9art. 2 CEDU. Come evincibile dal decisum nel caso Xxxxx x. Regno Unito, la valutazione sul rispetto del diritto alla vita è basata sul giudizio di utilità o meno di atti invasivi (quali perquisizioni e sequestri probatori nonché misure cautelari personali e reali) ed esso deve essere svolto attraverso una prognosi postuma ex ante a base parziale.
Altrimenti, se si dovesse prevenire qualsivoglia pericolo per persone determinate prescindendo dalla ponderazione delle correlate ricadute rispetto ai diritti dal soggetto interessato dai controlli, il logico corollario sarebbe quello della instaurazione di uno stato di polizia legittimato dalla tutela dei diritti umani. In ossequio al diritto alla vita, si giustificherebbe dunque ogni iniziativa degli inquirenti volta a impedire l9insorgenza di rischi per la stessa.
Grazie, invece, come visto poc9anzi, all9imposizione, nella medesima regola di diritto, della esigenza di protezione anche delle garanzie proprie del procedimento penale (e altresì amministrativo), si conferisce a queste ultime il rango almeno di comprimarie nella protezione della persona assieme al right to life, in coerenza con uno stato di diritto liberaldemocratico.
Come anticipato, Xxxxx x. Regno Unito ha rappresentato la matrice per svariate altre decisioni nelle quali è stato imposto un obbligo allo Stato Membro di intervenire in favore di persone previamente individuabili quali potenziali bersagli di condotte aventi esiti letali.
Tra si esse vi sono situazioni come: l9omicidio di un detenuto; la tutela di un testimone chiamato a deporre in un processo penale; le uccisioni perpetrate in una zona di conflitto; l9omicidio di un coscritto durante il servizio militare; e il sequestro di una persona38.
L9ambito ove si registrano le pronunce di maggiore rilievo rispetto agli obblighi di protezione di persone determinate è in specie quello della violenza intra-familiare in generale e contro le donne39 o di genere in particolare40. Un caso emblematico riguardante lo Stato italiano inerente al governo del pericolo per potenziali bersagli di uccisioni e aggressioni così connotate è Talpis c. Italia41.
Gli avvenimenti consistevano nelle aggressioni subite da una donna da parte di suo marito mentre i due si trovavano in Italia: la prima aveva riguardato lei e sua figlia; la seconda solamente lei; e la terza lei e il figlio, che era rimasto ucciso all9esito della colluttazione. Successivamente alla seconda aggressione, la donna aveva sporto denuncia nei confronti del coniuge e, dopo la terza, ne era derivato un processo nel quale il marito era stato imputato per omicidio del figlio, tentato omicidio della moglie e maltrattamenti nei confronti di quest9ultima. La ricorrente si doleva della violazione degli artt. 2, 3 e 8 CEDU poiché le autorità italiane, pur essendo a conoscenza delle condotte del marito per esserne state rese
38 Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., p. 65.
39 Come gruppo, le donne non sono però ritenute una categoria vulnerabile. Cfr. C. HERI, Shaping Coercive Obligations through Vulnerability, cit., p. 108.
40 Per un lavoro monografico, v. X. XXXXX, La violenza di genere al cospetto della corte europea dei diritti dell9uomo. Tutela della donna: retrospettive e prospettive, Milano, 2020.
41 X.XXX, sez. I, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia. Con note di P. DE XXXXXXXXXX, Violenza domestica: dal caso Rumor al caso Talpis cosa è cambiato nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell9Uomo?, in Giur. pen., n. 1/2018, p. 1 e ss.; N. FOLLA, Violenza domestica e di genere: la Corte EDU, per la prima volta, condanna l9Italia, in Fam. e dir., n. 7/2017, p. 626 e ss.; X. XXXXXXXXX, L9Italia condannata per non aver protetto le vittime di violenza domestica e di genere, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 3/2017, p. 1192 e ss.; X. XXXXXXX, La protezione delle vittime di violenza domestica davanti alla Corte europea dei diritti dell9uomo. Alcune osservazioni a margine del caso <Talpis c. Italia=, in Oss. font., n. 3/2017, p. 1 e ss.; X. XXXXXXX, La violenza domestica e le azioni positive (di secondo livello) dello Stato: brevi riflessioni costituzionali sulla recente sentenza della Corte Edu Talpis c. Italia, in Arch. pen., n. 2/2017, p. 1 e ss.; e M.F. XXXXXXXXX, Violenza domestica e inerzia delle autorità: la Corte EDU condanna l9Italia, in Giur. pen., n. 3/2017, p. 1 e ss. Tra le sentenze più recenti nei riguardi dello Stato italiano si possono annoverare: X.XXX, sez. I, sent. 7 aprile 2022, Xxxxx c. Italia (con note di X.X. XXXXXXX, La corte EDU condanna l9Italia per violazione degli obblighi positivi di tutela del diritto alla vita in un caso di violenza domestica, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 3/2022, p. 1369 e ss.; E.A.A. DEI-CAS, La Corte europea condanna ancora l9Italia per violazione degli obblighi positivi derivanti dall9art. 2 nei confronti di vittime di violenze domestiche, in Arch. pen., n. 2/2022,
p. 1 e ss.; e X. XXXXXX, La Corte EDU promuove le riforme dell9Italia in materia di violenza domestica, ma boccia la grave inerzia delle autorità nell9applicare le misure di protezione (sentenza Xxxxx c. Italia, 7 aprile 2022), in Giur. pen., n. 4/2022, p. 1 e ss.); X.XXX, sez. I, sent. 16 giugno 2022, De Giorgi c. Italia (con nota di X. BOTTO, Osservatorio. Art. 3 Cedu. Corte europea dei diritti dell9uomo, Prima Sezione, 16 giugno 2022, De Giorgi c. Italia, (ric. n. 23735/19), in Ind. pen., n. 3/2022, p. 642 e ss.); e X.XXX, sez. II, sent. 7 luglio 2022, M.C. c. Italia (con nota di X. XXXXX, Diritti umani e violenza domestica, in Cass. pen., n. 11/2022, p. 4095 e ss.). Offrono una lettura complessiva di tale case-law N. FIANO, Le recenti novità in tema di protezione delle donne vittime di violenza. Un9analisi alla luce del diritto costituzionale, in xxxxxxxxxxx.xx, 2/2023, p. 30 e ss.; X. XXXXXXXXX, La Corte EDU si pronuncia nuovamente sugli obblighi positivi nei casi di violenza domestica. Le sentenze Xxxxx, Xx Xxxxxx e M.S. c. Italia a confronto, in Ord. int. dir. um., n. 4/2022, p. 1024 e ss.; e S. DE VIDO, Verso un <test= di dovuta diligenza sensibile al genere nei casi di violenza domestica? Sulla recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, in Dir. um. dir. int., n. 3/2022, p. 613 e ss.
xxxxxx, per inerzia e indifferenza avevano omesso di adottare le misure necessarie e appropriate allo scopo di proteggere la vita sua e del figlio rispetto al pericolo, reale e conosciuto, rappresentato dal coniuge, da ultimo, non impedendo che venissero perpetrare le violenze in questione.
La Corte europea dei diritti dell9uomo ha ricordato, riprendendo la sentenza resa in Opuz c. Turchia42, che in particolare i bambini e le altre persone vulnerabili (ivi comprese le vittime di violenze domestiche)43 hanno diritto alla protezione dello Stato, con ciò intendendosi una prevenzione efficace, che li metta al riparo da forme altrettanto gravi di offese all9integrità della persona44. Ancora, ha ribadito che le positive obligations promananti dall9art. 2 CEDU (o anche dall9art. 3 CEDU e dall9art. 8 CEDU, da solo o in combinato disposto con l9art. 3 CEDU) possono implicare un obbligo di porre in essere e attuare un quadro normativo adeguato, nel senso che offra protezione dagli atti di violenza che possono essere commessi da parte di <soggetti non pubblici=45. Inoltre, ha stabilito che l9Osman test è applicabile anche nell9ambito della violenza intra-familiare46.
42 X.XXX, sez. III, sent. 9 giugno 2009, Opuz c. Turchia. Con note di X. XXXXXX, Diritto alla vita, <crimini d9onore= e violenza domestica: il caso Opuz c. Turchia, in Fam. e dir., n. 4/2010, p. 331 e ss.; X. XXXXXXX, Developing Human Rights Principles in Cases of Gender-based Violence: Opuz v Turkey in the European Court of Human Rights, in Human Rights Law Review, n. 4/2009, p. 657 e ss.; e A. XXXXXXX, Violenza domestica, discriminazione e obblighi degli Stati per la tutela delle vittime: il caso Opuz dinanzi alla Corte europea dei diritti umani, in Dir. um. dir. int., n. 3/2009, p. 667 e ss. I fatti si riferivano a delle violenze poste in essere da un marito nei confronti della moglie e della madre di lei, quest9ultima venendo infine uccisa con un colpo di pistola, mentre tentava di aiutare la figlia a fuggire dalla casa coniugale. Gli eventi e i timori delle donne per le loro vite erano stati ripetutamente portati all9attenzione delle autorità pubbliche. In particolare, è stata riscontrata la violazione dell9art. 3 CEDU per l9inadeguatezza della risposta statale a fronte della gravità dei reati commessi, motivata dalla mitezza delle sanzioni penali inizialmente applicate, dall9assenza in allora di una disciplina ad hoc per la domestic violence e dall9inerzia degli inquirenti pur a fronte della ripetizione di tali atti. Insomma, è stata criticata l9assenza di efficacia deterrente delle misure adottate.
43 Sulle categorie di vulnerability v. A. XXXXXXX, Violenza domestica, discriminazione e obblighi degli Stati per la tutela delle vittime, cit., n. 3/2009, pp. 9-10.
44 «A questo proposito, la Corte ribadisce che i bambini e le altre persone vulnerabili 3 tra cui vi sono le vittime di violenze domestiche 3 in particolare, hanno diritto alla protezione dello Stato, sotto forma di una prevenzione efficace, che li metta al riparo da forme altrettanto gravi di offese all9integrità della persona (Opuz, sopra citata,
§ 159)» X.XXX, sez. I, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia, par. 99. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
45 «La Corte, inoltre, ha già affermato che gli obblighi positivi che gravano sulle autorità 3 in alcuni casi in virtù dell9articolo 2 o dell9articolo 3 della Convenzione, e in altri casi in virtù dell9articolo 8 considerato da solo o in combinato disposto con l9articolo 3 3 possono comportare un dovere di istituire e applicare un quadro normativo adeguato che offra una protezione contro gli atti di violenza che possono essere commessi da privati (si veda, tra altre, Xxxxxxxx e S. c. Bulgaria, n. 71127/01, § 65, 12 giugno 2008, Xxxxxx Xxxxxxxx c. Croazia,
n. 38478/05, § 45, 5 marzo 2009, A. c. Croazia, n. 55164/08, § 60, 14 ottobre 2010, e Xxxxxxxx c. Croazia, n. 41526/10, §§ 141-143, CEDU 2012 M. e M. c. Croazia, n. 10161/13, § 136, CEDU 2015 (estratti)» X.XXX, sez. I, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia, par. 101. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
46 «Pertanto, ogni asserita minaccia contro la vita non obbliga le autorità, rispetto alla Convenzione, ad adottare misure concrete per prevenirne la realizzazione. Perché vi sia un obbligo positivo, deve essere accertato che le autorità sapevano o avrebbero dovuto sapere lì per lì che una determinata persona era minacciata in maniera effettiva e immediata nella sua vita e che esse non hanno adottato, nell9ambito dei loro poteri, le misure che, da un punto di vista ragionevole, avrebbero senza dubbio ovviato a tale rischio (Xxxxxx c. Regno Unito, n. 27229/95, §§ 89-90, CEDU 2001 III, Gongadzé c. Ucraina, n. 34056/02, § 165, CEDU 2005 XI, e Opuz sopra citata, § 129-130)» X.XXX, sez. I, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia, par. 101. Traduzione non ufficiale a
Con riferimento all9art. 2 XXXX, i giudici di Xxxxxxxxxx hanno affermato la rilevanza di tale disposizione per la ricorrente, malgrado ella non fosse rimasta uccisa in esito alle aggressioni, poiché, per quanto fosse sopravvissuta, la sua vita era stata comunque messa in pericolo. La censura della Corte EDU si è concentrata sulla conduzione delle indagini e sulle scelte in ordine all9esercizio dell9azione penale, che avevano privato di ogni efficacia la denuncia, creando un contesto di impunità tale da permettere al marito di reiterare le violenze nei confronti della moglie e dei familiari. Ciò si era verificato senza che le autorità nazionali avessero proceduto a una valutazione dei rischi posti dal coniuge e facendo sì che tale contesto culminasse nei fatti di cui alla terza aggressione, coincidente con la morte del figlio e il tentato omicidio della consorte.
Dunque, è stata affermata la violazione del diritto alla vita poiché, tenuto conto della particolarità della violenza domestica, le autorità statali non avevano adottato, rispetto alle loro competenze, quelle misure che, ragionevolmente, avrebbero senza dubbio attenuato, se non proprio impedito, il concretizzarsi di un rischio reale per la vita della ricorrente e del figlio. È stato inoltre specificato che, in tale settore, i diritti dell9aggressore non possono prevalere sui diritti alla vita e all9integrità fisica e psichica delle vittime47. In definitiva, le autorità nazionali erano venute meno al loro obbligo di diligenza.
Pertanto, l9Italia è stata condannata per violazione dell9art. 2 CEDU.
In proposito, pare utile mettere in evidenza che, statisticamente, non si registrano solo pronunciamenti sanzionatori, ma ve ne sono anche alcuni ove non vi è un9affermazione di responsabilità contro lo Stato italiano, come, ad esempio, verificatosi in Penati c. Italia48.
cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx. Invero, tale operazione ermeneutica è già stata compiuta nella sopracitata Opuz c. Turchia. Cfr. X. XXXXXXX, La protezione delle vittime di violenza domestica davanti alla Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., pp. 6-7.
47 «La Corte rammenta che, nelle cause in materia di violenza domestica, i diritti dell9aggressore non possono prevalere sui diritti alla vita e all9integrità fisica e psichica delle vittime (Opuz, sopra citata, § 147)» X.XXX, sez. I, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia, par. 123. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
47 «Pertanto, ogni asserita minaccia contro la vita non obbliga le autorità, rispetto alla Convenzione, ad adottare misure concrete per prevenirne la realizzazione. Perché vi sia un obbligo positivo, deve essere accertato che le autorità sapevano o avrebbero dovuto sapere lì per lì che una determinata persona era minacciata in maniera effettiva e immediata nella sua vita e che esse non hanno adottato, nell9ambito dei loro poteri, le misure che, da un punto di vista ragionevole, avrebbero senza dubbio ovviato a tale rischio (Xxxxxx c. Regno Unito, n. 27229/95, §§ 89-90, CEDU 2001 III, Gongadzé c. Ucraina, n. 34056/02, § 165, CEDU 2005 XI, e Opuz sopra citata, § 129-130)» X.XXX, sez. I, sent. 2 marzo 2017, Talpis c. Italia, par. 101. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
48 X.XXX, sez. I, sent. 11 maggio 2021, Penati c. Italia. Con nota di X. XXXXXXXX, Violenza domestica e tutela convenzionale del diritto alla vita. Considerazioni a margine del caso <Penati contro Italia=, in Riv. it. dir. pen. proc., n. 3/2022, p. 1123 e ss. La vicenda riguardava un caso di family violence su ricorso presentato dalla madre di un bambino ucciso dal padre durante un incontro protetto, rispetto alla quale ella lamentava la violazione sia del profilo sostanziale sia di quello procedurale dell9art. 2 CEDU. Sulla base del criterio stabilito in Xxxxx c. Regno Unito (e, quindi, in Talpis c. Italia) non è stata ravvisata una manchevolezza meritevole di declaratoria di inosservanza del diritto alla vita. Per un9analisi unitaria di Talpis c. Italia e Penati c. Italia v.
X. XXXXXXXXXX, Tutela dei diritti fondamentali e <violenza domestica=. Gli obblighi dello Stato secondo la Corte EDU, in Leg. pen., 12.06.2018, p. 1 e ss.
La sentenza della Corte europea dei diritti dell9uomo poc9anzi trattata, benché riguardante specialmente le indagini e i processi e l9art. 3 CEDU, mantiene una sicura importanza anche con riguardo all9art. 2 CEDU. Infatti, ha traslato e riadattato nell9ambito della violenza intra- familiare la regola di diritto statuita in Xxxxx c. Regno Unito49.
Certamente, tale decisum ha avuto un <peso= (soprattutto per la disciplina procedurale) nella riforma organica del c.d. Codice rosso50, varata proprio per offrire migliore protezione dalla gender-based violence51. Questo obbiettivo ultimo, a giudizio delle stesse istituzioni del Consiglio d9Europa, si direbbe in astratto raggiunto. Nel proprio rapporto sull9Italia, infatti, il GREVIO (Council of Europe Group of Experts on Action against Women and Domestic Violence) ha manifestato un generale apprezzamento per tale modifica normativa52, pur esprimendo delle riserve specifiche53.
Venendo all9argomentazione adottata dai giudici di Strasburgo, soprattutto ove si sostiene che i diritti dell9accusato (perpetrators9 rights nel testo in inglese) non possono prevalere (cannot supersede) sul diritto alla vita e alla integrità fisica della vittima essa si presta a critiche, a maggior ragione se rapportata a quella del precedente Xxxxx x. Regno Unito.
49 Per una proposta di sostituzione del requisito della <immediatezza= del rischio con quello della sola
<presenza= dello stesso, qualora si tratti di domestic violence, v. S. DE VIDO, States9 Positive Obligations to Eradicate Domestic Violence: The Politics of Relevance in the Interpretation of the European Convention on Human Rights, in ESIL Reflections, 6.07.2017, pp. 7-8, la quale riprende il test formulato dal giudice Xxxxx xx Xxxxxxxxxxx nel caso Xxxxxxxxxx x. Lituania: «If a State knows or ought to know that a segment of its population, such as women, is subject to repeated violence and fails to prevent harm from befalling the members of that group of people when they face a present (but not yet imminent) risk, the State can be found responsible by omission for the resulting human rights violations» Opinione concorrente del giudice Xxxxx xx Xxxxxxxxxxx (annessa a X.XXX, sez. II, sent. 26 marzo 2013, Valiulienė c. Lituania), p. 31.
50 Tra le monografie, v. X. XXXXXX 3 A. XXXXXXXXX, Codice rosso. Commento alla l. 19 luglio 2019 n. 69, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, Pisa, 2020 e P. DI XXXXXX XXXXXXXXXX 3
X. XXXXXXXX, Codice rosso. Il contrasto alla violenza di genere: dalle fonti sovranazionali agli strumenti applicativi. Commento alla legge 19 luglio 2019, n. 69, Milano, 2020.
51 Cfr., inter alia, X. XXXXXXXX, Le indagini in materia di violenza di genere: in capo agli organi inquirenti un onere investigativo rafforzato, in Riv. it. dir. pen. proc., n. 4/2020, p. 2114 e A. VALSECCHI, <Codice rosso=: un commento sulle principali novità interessanti il diritto penale sostanziale, in Dir. pen. proc., n. 2/2020, p.
166. Nella relazione dell9Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione si legge: «Le disposizioni processuali della nuova legge, inoltre, sembrano ispirate anche dalla sentenza della Corte EDU Talpis c. Italia» (Relazione su novità normativa. Legge 19 luglio 2019, n. 69, Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, 27.10.2019, p. 3). Anche la Relazione di accompagnamento al d.d.l. lo conferma: «L9intervento normativo proposto trae la sua origine, come si è visto, dall9esigenza di dare pieno sviluppo alle previsioni della direttiva 2012/29/UE e, d9altro lato, dalla volontà di uniformare l9ordinamento alle indicazioni e agli insegnamenti provenienti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo e, in particolare, dal precedente rappresentato dalla pronuncia n. 412378/14 del 2 marzo 2017 nella causa Talpis c. Italia» (Modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, n. 1455, 17.12.2018, p. 12). Cfr. X. XXXXXXXXX, La Corte EDU si pronuncia nuovamente sugli obblighi positivi nei casi di violenza domestica, cit., p. 1033.
52 Cfr. GREVIO9s (Baseline) Evaluation Report on legislative and other measures giving effect to the provisions of the Council of Europe Convention on Preventing and Combating Violence against Women and Domestic Violence (Istanbul Convention). ITALY, disponibile su xxx.xxx.xxx.
53 Tra le quali, per quanto concerne strettamente la disciplina di diritto penale sostanziale, il regime di procedibilità a querela delle lesioni personali lievissime contro le donne e della violenza sessuale semplice. Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., p. 67.
Innanzitutto, nell9ambito del diritto penale le garanzie dell9indagato e dell9imputato devono avere la precedenza poiché costituiscono l9argine all9abuso dello strumento maggiormente limitativo della libertà e della dignità di una persona, rappresentato dalla pena della reclusione. Dall9analisi di questa espressione <simbolica=, in effetti, viene in evidenza qual è la priorità nel disegno di questo filone di giurisprudenza sovranazionale: la prevenzione dei rischi <ad ogni costo=, anche se si tratta di comprimere garanzie costituzionali primarie in materia penale. Diversamente, la formulazione dell9Osman test si accompagna al presidio dei diritti relativi agli artt. 5 e 8 CEDU, per l9appunto al fine di scongiurare il rischio di un9espansione fuori misura di strumenti estremamente invasivi come possono essere, tra l9altro, determinati mezzi di ricerca della prova e misure cautelari (oltre che misure di polizia). Nel caso Talpis c. Italia, viceversa, tale attenzione verso (perlomeno) il riequilibrio tra tali due contrapposte esigenze (e, quindi, prerogative della persona) sembra mancare.
I principi di diritto vigenti in relazione all9adeguatezza del legal framework riguardante la gestione della violenza di genere sono stati nel tempo meglio esplicitati. Quelli attualmente vigenti si possono cogliere nella recente decisione in Xxxx x. Austria54.
Il ricorso veniva presentato dalla madre di un bambino ucciso dal padre. Quest9ultimo aveva già commesso abusi nei confronti della moglie. La ricorrente lamentava la violazione dell9art. 2 CEDU in quanto riteneva che le autorità nazionali avrebbero dovuto impedire il verificarsi dell9omicidio del bambino.
La Corte europea dei diritti dell9uomo ha dapprima posto l9accento specialmente sulla Convenzione di Istanbul e gli standard elaborati dal GREVIO55. Successivamente, ha ripreso l9Osman test, leggendolo alla luce delle positive obligations concernenti la violenza domestica.
Ha così identificato tre doveri in capo agli Stati Membri: risposta immediata a tali contestazioni; valutazione dei rischi; e adozione di misure operative. Xxxxx concentrarsi sul secondo e sul terzo obbligo.
Riguardo al secondo obbligo, i giudici di Strasburgo hanno osservato che, per essere nelle condizioni di poter sapere se esista un rischio reale e immediato per la vita di una vittima di
54 X.XXX, Grande Camera, 15 giugno 2021, Xxxx x. Austria. Con note di S. DE VIDO, Verso un <test= di dovuta diligenza sensibile al genere nei casi di violenza domestica?, cit., p. 613 e ss.; A. XXXXXXXXXX, Violenza domestica e (mancata) protezione delle vittime, tra Roma e Strasburgo, in Quad. cost., n. 3/2022, p. 645 e ss.; e L.S. XXXXX, La tutela del diritto alla vita nell9ambito delle violenze domestiche: di nuovo al vaglio della Corte di Strasburgo i doveri e i limiti derivanti dall9art. 2 CEDU, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 4/2021, p. 1612 e ss. 55 Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., pp. 66-67. Cfr. anche X. XXXXXXXXX, Due Diligence Versus Positive Obligations: Critical Reflections on the Council of Europe Istanbul Convention, in X. XXXXX 3 X. XXXXXX 3 X. XXXXXXXXX (a cura di), International Law and Violence Against Women, Londra-New York, 2020, p. 95 ss. Sulla Istanbul Convention v. S. DE VIDO 3 M. XXXXXX (a cura di), Preventing and Combating Violence Against Women and Domestic Violence. A Commentary on the Istanbul Convention, Cheltenham, 2023.
violenza domestica, le autorità statali hanno il dovere di effettuare una valutazione del
«lethality risk» che sia autonoma, proattiva e completa56. Con i primi due aggettivi, si intende che tale assessment non deve essere basato esclusivamente sulla percezione della vittima, ma occorre che sia integrato da una valutazione autonoma delle autorità procedenti. Con il terzo aggettivo, invece, ci si riferisce al ricorso anche a check-list standardizzate.
La Corte EDU ha quindi adattato il suddetto test (con il relativo requisito di
<immediatezza=), precisando che i Paesi Parte quando considerano il rischio di un9ulteriore escalation di violenza (anche successivamente alla emissione di un ordine di interdizione e protezione) devono tenere da conto le conoscenze generali e l9ampia ricerca disponibile sulla domestic violence. Da ciò, ha derivato un9applicazione più flessibile dei criteri rilevanti se paragonata a situazioni del <tipo Xxxxx=.
Rispetto al terzo obbligo, i giudici di Strasburgo hanno chiarito che la verifica dell9adeguatezza del quadro normativo (ricompresa nella nozione di <misure nell9ambito dei loro poteri= dell9Osman test) attiene anche alla disponibilità da parte delle autorità pubbliche di sufficienti misure operative, sia normative sia pratiche, nel momento critico in cui devono decidere come reagire a una situazione di violenza domestica57.
La Corte EDU, ad ogni buon conto, ha ritenuto che la decisione delle autorità in merito alle misure operative da adottare richieda inevitabilmente, tanto a livello di politica generale quanto individuale, un9attenta ponderazione dei diritti in gioco e degli altri vincoli pertinenti. In specie, ha sottolineato l9esigenza di un bilanciamento tra la necessità imperativa di proteggere i diritti umani delle vittime alla vita e all9integrità fisica e psicologica e, allo stesso tempo, quella di garantire che la polizia eserciti i propri poteri di controllo e prevenzione del crimine nel pieno rispetto del giusto processo e delle altre garanzie che legittimamente pongono limiti alla portata delle sue azioni, ivi comprese quelle racchiuse negli artt. 5 e 8 CEDU58.
56 «[&] The Court notes that in order to be in a position to know whether there is a real and immediate risk to the life of a victim of domestic violence (compare the Xxxxx test in paragraph 158 above), the authorities are under a duty to carry out a lethality risk assessment which is autonomous, proactive and comprehensive» X.XXX, Grande Camera, 15 giugno 2021, Xxxx x. Austria, par. 168.
57 «Whether sufficient operational measures are available to the authorities in law and in practice at the critical moment of deciding how to react to a situation of domestic violence is closely related to the question of the adequacy of the legal framework (the <measures within the scope of their powers= aspect of the Xxxxx test)» X.XXX, Grande Camera, 15 giugno 2021, Xxxx x. Austria, par. 179.
58 «Next, the Court considers that the decision by the authorities as to which operational measures to take will inevitably require, at both general policy and individual level, a careful weighing of the competing rights at stake and other relevant constraints. The Court has emphasised in domestic violence cases the imperative need to protect the victims9 human rights to life and to physical and psychological integrity (see Opuz, § 147, and Xxxxxx, § 123, both cited above; compare also the conclusions of the CEDAW Committee in the case of Xxxxxx Xxxxxx v. Austria 3 see paragraph 92 above). At the same time, there is a need to ensure that the police exercise their powers to control and prevent crime in a manner which fully respects due process and other safeguards that legitimately place restraints on the scope of their actions, including the guarantees contained in Articles 5
Riassumendo, i giudici di Strasburgo hanno sostenuto che le autorità pubbliche devono: dare una risposta immediata alle accuse di violenza domestica; stabilire se esiste un rischio reale e immediato per la vita di una o più vittime di violenza domestica identificate, effettuando una valutazione del rischio autonoma, proattiva e completa; la realtà e l9immediatezza di tale pericolo devono essere esaminate tenendo in debito conto il contesto particolare rappresentato dai casi di violenza domestica; se il risultato del risk assessment è che esiste un rischio reale e immediato per la vita, scatta l9obbligo per le autorità di adottare misure operative preventive; e tali iniziative devono essere adeguate e proporzionate al livello di rischio valutato59.
La Corte EDU, nell9applicare i principi di diritto stabiliti, ha valutato che nel caso concreto non vi fosse stata una violazione dell9art. 2 CEDU. In particolare, ha raggiunto tale conclusione poiché le autorità statali: avevano assicurato una reazione immediata alle accuse di domestic violence (senza che vi fossero stati ritardi o inattività); avevano compiuto un risk assessment di qualità adeguata (verificando i fatti senza basarsi solo sul racconto della vittima, ma anche su svariati altri dati ed elementi di prova e prendendo in esame i fattori di rischio settoriali rilevanti); attese le conoscenze in allora disponibili, non potevano attendersi che esistesse un rischio per la vita del figlio della ricorrente.
In definitiva, non essendo ravvisabile un real and immediate risk per la vita dei bambini, e, quindi, non essendo stato soddisfatto l9Osman test (nel contesto della violenza domestica), i giudici di Strasburgo non hanno ravvisato alcun obbligo per le autorità austriache di adottare misure operative preventive, ulteriori rispetto a quelle già assunte, specificamente dirette nei confronti dei figli della ricorrente. Inoltre, considerando i requisiti del diritto penale nazionale e dell9art. 5 CEDU, hanno escluso che dovesse venire applicata una misura cautelare personale di tipo custodiale nei confronti del padre.
Osservandola nel quadro della rassegna di giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo di cui sopra, Xxxx x. Austria rappresenta un punto fermo nella ricostruzione delle positive obligations penali riguardanti la domestic violence.
and 8 of the Convention (compare Xxxxx, § 116, and Opuz, § 129, both cited above)» X.XXX, Grande Camera, 15 giugno 2021, Xxxx x. Austria, par. 182.
59 «To summarise, the Court reiterates that an immediate response to allegations of domestic violence is required from the authorities (see paragraph 165 above). The authorities must establish whether there exists a real and immediate risk to the life of one or more identified victims of domestic violence by carrying out an autonomous, proactive and comprehensive risk assessment (see paragraphs 168 et seq. above). The reality and immediacy of the risk must be assessed taking due account of the particular context of domestic violence cases (see paragraph 164 above). If the outcome of the risk assessment is that there is a real and immediate risk to life, the authorities9 obligation to take preventive operational measures is triggered. Such measures must be adequate and proportionate to the level of the risk assessed (see paragraphs 177 et seq. above)» X.XXX, Grande Camera, 15 giugno 2021, Xxxx x. Austria, par. 190.
Era infatti divenuta pressante l9esigenza di una lettura dedicata dei requisiti giurisprudenziali a seguito dell9arresto in Xxxxx x. Regno Unito, che si giovasse del contributo proveniente soprattutto da: atti e documenti internazionali che, nel tempo, sono stati adottati, quali specialmente la Istanbul Convention e i report GREVIO; nonché studi anche di carattere criminologico che permettessero di migliorare le iniziative (mediante checklist e toolbox) volte alla tutela delle persone coinvolte in tale fenomeno criminoso. Conseguentemente, si introduce «un <test= di dovuta diligenza radicato negli obblighi discendenti dalla Convenzione europea dei diritti umani, come interpretati alla luce della Convenzione di Istanbul»60; due diligence, questa, che rappresenta «il fondamento normativo che sta alla base del test»61.
Lo stesso Xxxxx test viene pertanto a essere modificato, sia in senso riduttivo sia in senso
espansivo.
Quanto al primo senso, il requisito del rischio reale e immediato viene reso elastico fino a perdere di importanza. Infatti, nel contesto specifico della domestic violence è ormai sufficiente, in ragione della tendenza all9escalation dei casi di violenza familiare, la mera probabilità che i danni inflitti tornino a ripetersi in futuro62.
Rispetto al secondo senso, viene domandata una procedura di risk assessment che permetta, con indici scientificamente validi, di controllare le scelte statali. L9insorgenza di positive obligations per lo Stato dipende dall9identità e dal grado di tali rischi. A differenza del primo senso appena esplorato, questa ulteriore novità sembra estendibile alle altre situazioni del
<tipo Xxxxx=, non essendo, in effetti, limitata alla violenza intra-familiare. Essa assume, pertanto, una valenza sistematica63.
Ulteriormente, dall9analisi di Xxxx x. Austria si comprende come sia stato svolto un aggiornamento dei doveri per lo Stato Membro derivanti da tali peculiari violazioni del diritto alla vita. L9obbligo di attivarsi in questo ambito risulta estremamente anticipato: prossimamente alla presentazione della denuncia, infatti, si richiede alle autorità inquirenti di prendere l9iniziativa, svolgendo indagini preliminari sufficientemente accurate e complete.
60 S. DE VIDO, Verso un <test= di dovuta diligenza sensibile al genere nei casi di violenza domestica?, cit., p. 620. L9Autrice sottolinea che tale test viene poi ripreso nelle sentenze successive, come in Xxxxx c. Italia e, seppur con riferimento all9art. 3 CEDU, anche in De Giorgi c. Italia. Cfr. ID., Verso un <test= di dovuta diligenza sensibile al genere nei casi di violenza domestica?, cit., p. 622.
61 Ivi, p. 626. In questo senso, la Convenzione di Istanbul diviene strumento per interpretare la Convenzione europea dei diritti dell9uomo. Cfr. S. DE VIDO, The Istanbul Convention as an Interpretative Tool at the European and National Levels, in X. XXXXX 3 X. XXXXXX 3 X. XXXXXXXXX (a cura di), International Law and Violence Against Women, Londra-New York, 2020, p. 57 e ss.
62 Cfr. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., pp. 209- 210.
63 Cfr. xxx, pp. 211-213.
Rispetto ad altre decisioni dei giudici di Strasburgo deve darsi atto dell9attenzione riservata in questa sede anche un attento (e meno sbilanciato a favore della vittima, apparentemente) contemperamento delle esigenze di protezione con le garanzie sostanziali e processuali dell9indagato e dell9imputato, relativamente in special modo alla privazione della libertà personale64.
L9onere preventivo gravante sulla pubblica autorità viene inoltre basato su un criterio di ragionevolezza e la valutazione della responsabilità statale si colloca ex ante rispetto alle azioni poste in essere dal soggetto agente.
1.2. & Dai pericoli per la generalità dei consociati (di uso delle armi)
Svolto l9approfondimento riferito alle vittime determinate e previamente identificate, occorre ora spostare lo sguardo verso quei settori ove si è manifestato il dovere di attivarsi in capo alla autorità statali rispetto alla protezione non tanto di uno o più soggetti individuati o individuabili, bensì della società in senso ampio.
Vi si annoverano casi come, esemplificativamente: l9aggressività manifestata da una persona affetta da disturbi mentali; la disponibilità alla commissione di atti terroristici di un soggetto; l9uso di armi da parte di un agente di polizia al di fuori dall9orario di servizio; la violenza omicida di un paziente psichiatrico; le uccisioni in alto numero perpetrate da dei terroristi nel corso di un sequestro di ostaggi65.
Il caso che ha avviato tale estensione del raggio di operatività degli obblighi positivi di tutela penale, da una dimensione individuale a una collettiva, è Xxxxxxxxxxxx c. Italia66.
La vicenda riguardava l9omicidio del figlio del ricorrente, perpetrato da detenuti che, nel mentre, stavano usufruendo di misure alternative (rispettivamente, permesso premio e semidetenzione). Tra loro, vi era anche chi si era poi dato alla latitanza. Il padre lamentava la violazione dell9art. 2 CEDU poiché le autorità italiane non avevano protetto il diritto alla vita del congiunto, avendo le stesse contribuito a creare le condizioni per la sua uccisione attraverso la concessione ai responsabili di misure che, facilitandone il reinserimento, li avevano messi in libertà.
64 Sui rapporti tra obblighi positivi e negativi e sul ricorso al principio di proporzionalità in proposito v. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., p. 111 e pp. 114- 115.
65 Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., pp. 69-70.
66 X.XXX, Grande Camera, sent. 24 ottobre 2002, Xxxxxxxxxxxx c. Italia.
Nella propria decisione, la Corte europea dei diritti dell9uomo si è riportata a Xxxxx x. Regno Unito, affermando che gli obblighi positivi in capo agli Stati Membri vanno al di là del dovere primario di garantire il diritto alla vita: essi constano altresì in quello di introdurre disposizioni di diritto penale efficaci al fine di dissuadere dalla commissione di reati contro la persona e che poggino su di un meccanismo di applicazione della legge che sia diretto a prevenzione, repressione e punizione delle violazioni di tali disposizioni. In alcune circostanze ben definite, l9art. 2 CEDU può anche implicare la positive obligation di adottare misure operative preventive per proteggere una persona la cui vita è messa a rischio dalle condotte penalmente rilevanti di un9altra67.
I giudici di Strasburgo hanno quindi propriamente distinto la vicenda sottoposta al loro vaglio da quella in Xxxxx x. Regno Unito (che, come visto, ha riguardato l9esigenza di protezione personale riferita a uno o più individui identificabili in anticipo come potenziali bersagli di un gesto dalle conseguenze letali, cfr. supra, cap. II, par. 1.1). Non trattandosi di valutare l9esistenza di una responsabilità statale fondata sulla mancata protezione offerta a una certa persona, essi si sono interrogati piuttosto sull9esistenza e l9estensione di un obbligo positivo di offrire protezione alla società in generale rispetto alle potenziali azioni di una o più persone che stanno scontando una pena detentiva in relazione alla commissione di un reato violento68.
Successivamente, la Corte EDU si è dedicata allo studio della normativa italiana sulla esecuzione penale e in particolare sulle misure alternative alla detenzione ivi previste. In tale frangente, ha affermato che una delle funzioni essenziali della pena è la protezione della società, ma ha altresì riconosciuto il fine legittimo rappresentato da una politica di progressiva reintegrazione sociale dei condannati a pene detentive. Prendendo in esame i criteri di concessione di tali benefici penitenziari, ha ritenuto il sistema italiano rispondente alla Convenzione europea dei diritti dell9uomo, anche sulla base dei dati statistici che restituivano una percentuale molto ridotta di commissione di reati da parte delle persone che
67 «L9obbligo dello Stato va al di là del suo dovere primario di garantire il diritto alla vita, introducendo efficaci disposizioni di diritto penale per dissuadere la commissione di reati contro la persona e poggiando su di un meccanismo di applicazione della legge diretto alla prevenzione, alla repressione ed al sanzionamento delle violazioni di tali disposizioni. L9articolo 2 può inoltre implicare, in certe circostanze ben determinate, l9obbligo positivo a carico delle autorità di adottare delle misure operative preventive dirette a proteggere l9individuo la cui vita è a rischio per le manovre criminali di un altro individuo» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 ottobre 2002, Xxxxxxxxxxxx c. Italia, par. 67. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
68 «La situazione esaminata nelle cause ... e ... riguardava l9esigenza della protezione personale di uno o più individui identificabili in anticipo come potenziali bersagli di un atto letale. Il caso in specie si distingue da quei casi in quanto qui non si tratta di determinare se ci fosse la responsabilità da parte delle autorità per non essere riuscite a fornire la protezione personale ad Y; ciò che è in questione è l9obbligo di offrire una protezione generale alla società contro le potenziali azioni di una o più persone che scontano una pena detentiva per un reato violento e di definirne l9estensione» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 ottobre 2002, Xxxxxxxxxxxx c. Italia, par. 67. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
si trovavano in regime di semilibertà e di ingresso in latitanza da parte di quelle che usufruivano di un permesso premio69.
In definitiva, quanto al dovere di diligenza (duty of care), i giudici di Xxxxxxxxxx hanno ritenuto che, alla luce degli elementi di fatto (quali pareri favorevoli di servizi sociali e polizia), non vi fosse nulla che potesse allertare le autorità statali sulla eventualità che il rilascio dei due autori dell9omicidio avrebbe costituito una reale e immediata minaccia alla vita. Ciò era ancor più vero per il figlio del ricorrente, dato che la sua morte era stata dovuta a un susseguirsi fortuito di eventi. Pertanto, hanno escluso una violazione dell9art. 2 CEDU. La sentenza della Corte europea dei diritti dell9uomo in Xxxxxxxxxxxx c. Italia rappresenta un rivolgimento nella dottrina delle positive obligations concernenti violazioni perpetrate da privati cittadini.
Infatti, fino a prima di tale arresto giurisprudenziale, l9obbligo positivo preteso nei confronti delle autorità nazionali era quello di <fare tutto ciò che poteva ragionevolmente essere fatto= per evitare un rischio reale e immediato per la vita, del quale dovevano o avrebbero dovuto essere a conoscenza, nei riguardi di un soggetto passivo determinato. Dopo tale decisione, invece, sullo Stato Membro ricade un dovere di protezione dei consociati, o «di terzi (non meglio identificati)»70, generale e astratto: l9obbiettivo diventa la società e cessa di essere solo una persona o un gruppo ristretto di persone71.
Questa rivoluzione copernicana determina un allargamento inevitabile dello spettro di vigenza degli obblighi di tutela rivolti ai poteri pubblici. Parallelamente, essa porta a scrutare il funzionamento dell9intero apparato preventivo e repressivo statale, come puntualmente verificatosi, nella occasione, con la disciplina di diritto penitenziario vigente in Italia.
Sotto questo profilo, non devono essere sottovalutate le asserzioni dei giudici di Strasburgo sulla finalità della pena.
Essi hanno infatti preso posizione sulle necessità: sia di assicurare la protezione sociale (insita nella punizione), e, quindi, sulle funzioni di prevenzione generale e speciale negativa;
69 «Una delle funzioni essenziali di una pena detentiva è quella di proteggere la società, per esempio impedendo ad un criminale di essere recidivo e così di causare ulteriori danni. Allo stesso tempo la Corte riconosce il fine legittimo di una politica di progressiva reintegrazione sociale delle persone condannate a pene detentive. [&] La Corte ritiene che questo sistema vigente in Italia preveda sufficienti misure di protezione per la società. Essa è confortata in questa opinione dalle statistiche fornite dallo Stato convenuto, le quali mostrano che la percentuale di reati commessi da detenuti in regime di semilibertà è molto bassa, come lo è la percentuale dei detenuti che si danno alla latitanza mentre sono in permesso di uscita (vedere paragrafo 49 di cui sopra)» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 ottobre 2002, Xxxxxxxxxxxx c. Italia, par. 72. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
70 X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 71.
71 Cfr. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., pp. 206- 207.
sia su quella del reinserimento (che, secondo l9art. 27 co. 3 Cost., costituisce come noto la sua finalità tendenziale), e, quindi, sulla funzione di prevenzione speciale positiva. Tale secondo volto della punizione, quello delle «politiche di progressivo reinserimento sociale»72 viene ritenuto essere meramente un legitimate aim.
Ne consegue che la scelta di non ravvisare una violazione del diritto alla vita a fronte dell9applicazione di misure alternative quali permesso premio e semidetenzione conferisce una legittimazione a tale sistema penitenziario73.
Tra gli altri settori, l9uso delle armi (specie da fuoco) da parte di persone non idonee a detenerne è quello in relazione al quale l9imposizione di obblighi positivi di protezione dal pericolo per la società in senso ampio posto da soggetti determinati diviene particolarmente pressante. Il caso di riferimento in proposito è Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia74.
La vicenda atteneva a una sparatoria, ove erano morti nove studenti e un insegnante. Ricorrevano i loro parenti, lamentando la violazione dell9art. 2 CEDU poiché le autorità pubbliche non avevano sequestrato l9arma all9autore, il quale, in precedenza, aveva manifestato dei segnali che lasciavano intendere che fosse inidoneo a possederne una.
La Corte europea dei diritti dell9uomo si è misurata con gli aspetti sostanziali e procedurali degli obblighi positivi derivanti dal diritto alla vita.
Rispetto ai primi, ha sostenuto che i doveri per le autorità nazionali derivanti dall9art. 2 CEDU comportano soprattutto l9obbligo primario di predisporre un9adeguata serie di misure preventive volte a garantire la sicurezza pubblica, compreso l9effettivo funzionamento del quadro normativo75. Ha successivamente esaminato l9Osman test, precisando che lo stesso, a seguito del caso Xxxxxxxxxxxx c. Italia appena visto, consta dell9obbligo di fornire protezione contro un rischio reale e imminente di condotte penalmente rilevanti provenienti anche da un individuo determinato, che possa sorgere nei confronti di soggetti non identificabili in anticipo (come, per l9appunto, nell9evenienza della concessione di permessi
72 E. NICOSIA, Convenzione europea dei diritti dell9uomo e diritto penale, cit., p. 275.
73 In tema, vanno valorizzati due passaggi del decisum, quelli: ove si evince l9importanza attribuita all9attività istruttoria, intesa come premessa fondamentale perché possano esprimersi compiutamente i magistrati e il tribunale di sorveglianza interpellati dall9istante; e ove si ricava il riguardo dato ai risultati empirici (nel senso della scarsissima probabilità frequentista della reiterazione del reato e della transizione alla latitanza dei beneficiari delle misure alternative).
74 X.XXX, sez. I, sent. 17 settembre 2020, Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia. Con nota di X. XXXXXXX, School shooting European Court of Human Rights (First Section): Judgment of 17 September 2020, in European Human Rights Law Review, n. 1/2021, pp. 123-126.
75 «[&] These duties of the domestic authorities entail above all the primary obligation to have in place an appropriate set of preventive measures geared to ensuring public safety. [&] In this regard, the Court has emphasised that the States9 obligation to regulate must be understood in a broader sense, which includes the duty to ensure the effective functioning of that regulatory framework» X.XXX, sez. I, sent. 17 settembre 2020, Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia, par. 66.
premio o della liberazione condizionale a detenuti ritenuti pericolosi)76. Tali positive obligations of protection sono state dunque estese altresì all9uso di armi da fuoco, in riferimento al rispetto della disciplina nazionale in tema e alla valutazione della personalità di chi ne ha la disponibilità77.
I giudici di Strasburgo, nell9interpretare i fatti sottoposti al loro vaglio in relazione ai profili sostanziali dell9art. 2 CEDU, hanno dapprima chiarito che l9uso delle armi da fuoco comporta un alto livello di rischi intrinseci per il diritto alla vita poiché qualsiasi tipo di comportamento scorretto che le riguardi, intenzionale come colposo, può avere conseguenze fatali per le vittime, e il rischio che tali armi vengano utilizzate per commettere «deliberate criminal acts» è ancora più grave. Pertanto, hanno stabilito che l9uso delle armi da fuoco è un9attività pericolosa che impegna gli Stati Membri nel senso che questi sono gravati dall9obbligo positivo di adottare e attuare misure volte a garantire la sicurezza pubblica. Questa «primary obligation» consiste nel dovere di introdurre norme per la protezione della vita e di garantire l9effettiva vigenza e il funzionamento del quadro normativo78.
Nella propria decisione, la Corte EDU ha distinto tra le positive obligations riguardanti le vittime e le attività pericolose.
Quanto alle prime, ha escluso la violazione dell9art. 2 EDU in ragione dell9assenza di un rischio reale e immediato per individui identificabili in ragione del rispetto della normativa nazionale sulla concessione del porto d9armi (che era comprensiva di un colloquio) e delle informazioni in allora a disposizione delle autorità pubbliche, che non potevano lasciare pensare al pericolo che si verificasse uno school shooting.
76 «[&] In certain circumstances, however, the Court has held that a similar obligation to afford protection against a real and imminent risk of criminal acts emanating from a given individual may arise towards members of the public who are not identifiable in advance, notably in the context of the granting of prison leave or conditional release to dangerous prisoners (see Xxxxxxxxxxxx v. Italy [GC], no. 37703/97, § 69, ECHR 20021VIII; Xxxxxxxx and Others v. Italy, no. 28634/06, § 107, 15 December 2009; and Choreftakis and Choreftaki v. Greece, no. 46846/08, §§ 48-49, 17 January 2012)» X.XXX, sez. I, sent. 17 settembre 2020, Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia, par. 70.
77 «[&] Similarly, in a case concerning a police officer who deliberately shot two persons with his police gun while off duty, the Court found a violation of Article 2 on the grounds that the officer had been issued with the gun in breach of the existing domestic legislation governing police weapons and that there had been a failure to properly assess his personality in the light of his known history of previous disciplinary offences (see Xxxxxxxxx and Xxxxxx v. Ukraine, nos. 36146/05 and 42418/05, § 39, 12 January 2012)» X.XXX, sez. I, sent. 17 settembre 2020, Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia, par. 71.
78 «For the Court, there can be no doubt that the use of firearms entails a high level of inherent risks to the right to life since any kind of misconduct, not only intentional but also negligent, involving the use of firearms may have fatal consequences for victims, and the risk of such weapons being used to commit deliberate criminal acts is even more serious. Accordingly, the use of firearms is a form of dangerous activity which must engage the States9 positive obligation to adopt and implement measures designed to ensure public safety (see paragraphs 66-68 above). This primary obligation consists in the duty to adopt regulations for the protection of life and to ensure the effective implementation and functioning of that regulatory framework» X.XXX, sez. I, sent. 17 settembre 2020, Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia, par. 75.
Rispetto alle seconde, ha concluso per una inosservanza del diritto alla vita poiché il sequestro dell9arma era una misura che poteva essere adottata sulla base di quanto allora già conosciuto. Ha aggiunto, peraltro, che non si trattava di una interferenza significativa con i diritti fondamentali del singolo e neppure richiedeva una soglia elevata per poter essere applicata.
Con la decisione della Corte europea dei diritti dell9uomo in Kotilainen e altri c. Finlandia vengono fornite: una definizione del soggetto agente; una distinzione tra obblighi positivi relativi a vittime determinate e alla società in generale; e un bilanciamento tra esigenze differenti e fra loro in contrasto derivanti da tale discrimine (e le relative ripercussioni di carattere teorico).
Quanto al primo profilo, è di tutta evidenza che si registra un allargamento del novero dei soggetti che possono portare a far insorgere dei doveri in capo allo Stato Membro. Si assiste, cioè, alla pretesa di un obbligo di attivarsi riferito anche a individui non latu sensu <pubblici= (inteso, cioè, pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio). Tale straripamento delle positive obligations, che avviene specialmente nel contesto della attività rischiose (come la circolazione stradale79), appare controverso80.
Venendo al secondo profilo, Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia affronta il doppio volto dell9accertamento, sia quello di Xxxxx x. Regno Unito (pericoli per vittime determinate) sia quello di Xxxxxxxxxxxx c. Italia (pericoli per la società in generale). L9attenzione posta nel distinguere tra le due diverse forme di doveri statali è da accogliere con favore poiché favorisce un progressivo affinamento dei relativi criteri discretivi. Infatti, per un verso, si esclude di riuscire a ravvisare un nesso di causalità tra l9omissione delle autorità pubbliche e le uccisioni nonché la prevedibilità di quel tipo di evento e, per altro verso, si critica l9omessa adozione di precauzioni ragionevoli (quali un sequestro). Proprio l9insussistenza di elemento oggettivo e soggettivo (nelle autorità statali intervenute) sembra suggerire che la ratio della declaratoria di violazione dell9art. 2 CEDU derivi dal livello e dal tipo del rischio che si accompagna all9<amministrazione= delle armi da fuoco: particolarmente alto e creato dall9uomo81.
79 Su questo punto v. X.XXX, sez. I, sent. 25 marzo 2021, Xxxxxxxxx x. Croazia. Cfr. infra, cap. III, par. 6.
80 Cfr. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., p. 60. Questa opzione <aggressiva= non trova infatti un consenso unanime nemmeno tra chi è chiamato a decidere, come si può evincere dalla opinione dissenziente depositata dal giudice Xxxxx in tale procedimento. Cfr. Opinione in parte dissenziente del giudice Xxxxx (annessa a X.XXX, sez. I, sent. 17 settembre 2020, Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia).
81 Cfr. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., pp. 38- 39.
Giungendo al terzo profilo, non si può escludere che tale decisione determini un arretramento delle garanzie individuali, contrapponendo il risk management alle prerogative del singolo82. Nello specifico, sembra venir liquidata troppo rapidamente la difficoltà insita nella scelta se procedere all9ablazione di un bene legittimamente nella disponibilità di una persona83. Anticipare la soglia di accertamento della consapevolezza del rischio a situazioni nelle quali le avvisaglie sulla pericolosità di un soggetto sono insufficienti 3 altrimenti, è il sottointeso, la polizia avrebbe eseguito la misura privativa 3 significa porre lo Stato Membro innanzi al dilemma pressoché irrisolvibile84 se optare per un controllo totalizzante (con correlata potenziale violazione di disposizioni quali gli artt. 5 e 8 CEDU) oppure per la messa a rischio della vita delle persone nella sua giurisdizione (e, così, di poter venire condannato per una inosservanza del diritto alla vita). Insomma, non si può escludere che le pressioni gravanti sui pubblici rappresentanti, una volta che venga paventata una responsabilità statale dovuta alla omissione di controlli ficcanti e di privazioni afflittive, determini questi ultimi ad agire, laddove si trovino in una situazione di forte dubbio, a favore della riduzione dei diritti fondamentali (dei soggetti bersaglio delle loro operazioni), invece che della loro preservazione.
2. L9art. 2 CEDU e le scriminanti. La disciplina delle operazioni di polizia
Il divieto della privazione della vita di una persona85, promanante dal generale diritto alla vita, conosce delle limitazioni. Esse sono disciplinate all9art. 2 par. 2 CEDU, che ammette il ricorso alla forza (letale) laddove essa si sia resa assolutamente necessaria al fine di:
a) garantire la difesa di ogni persona dalla violenza illegale;
b) eseguire un arresto regolare o impedire l9evasione di una persona regolarmente detenuta;
c) reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un9insurrezione.
82 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 71.
83 L9argomentazione concernente il dovere di protezione delle vittime previamente identificabili viene del resto
<sacrificata= quando si passa a quella sul dovere di protezione della società generalmente intesa. Sull9esistenza di un test di «knowledge, causation, and reasonableness, including any competing individual or public interests» in merito all9assunzione di misure proattive e al loro ambito di vigenza, v. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., p. 105.
84 Xxxxxx, alla «true lose-lose situation» Opinione in parte dissenziente del giudice Xxxxx (annessa a X.XXX, sez. I, sent. 17 settembre 2020, Xxxxxxxxxx e altri c. Finlandia), par. 21.
85 A ben vedere, ad esso si aggiunge anche quello della condotta che cagioni lesioni di tipo grave, laddove venga provocato un pericolo per la vita. Il test è quello, come visto, del real and immediate risk for life. Cfr.
X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 46.
Attorno a tali tre eccezioni86 si sviluppa la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo. Ad oggi, essa attiene soprattutto a situazioni concernenti operazioni di polizia, meritando queste ultime, quindi, di essere approfondite per prime.
I diritti fondamentalissimi, come quello alla vita, si pongono inevitabilmente in costante (e non sempre facile) dialogo con la disciplina delle scriminanti on the books e in action a livello nazionale87.
Allo scopo di assicurare la protezione alla vita dei consociati, la Corte europea dei diritti dell9uomo si concentra innanzitutto sulle condotte dei soggetti posti nella responsabilità delle autorità pubbliche. Necessariamente, quindi, si rivolge ai più diretti detentori del
<monopolio della violenza= in uno Stato di diritto, e, cioè, gli agenti statali88.
Nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo sugli obblighi positivi riferiti alle police operations possono essere ravvisati alcuni indirizzi interpretativi comuni89.
È possibile nello specifico tracciare una distinzione tra operazioni pianificate e non pianificate. Infatti, tale summa divisio permette di valorizzare la capacità gestionale e la situazione soggettiva nella quale si vengono a trovare gli agenti, ove il loro comportamento sia basato su determinate motivazioni poi rivelatesi concretamente errate.
Chiaramente, per ciò che concerne dinamiche caratterizzate da pressante urgenza, tale standard di tutela può rivelarsi meno elevato, e, quindi, la relativa pretesa nei riguardi degli Stati Membri risulta moderata. Viceversa, in presenza di manifestazioni di massa, data la loro prevedibilità nel contesto odierno le medesime aspettative sono più alte, con conseguente imposizione di doveri più ficcanti in capo ai Paesi Parte.
L9indirizzo della Corte EDU rispetto alle positive obligations appare proteso a considerare due diversi aspetti: da un lato, la correttezza della pianificazione e gestione dell9intervento di polizia, e, dall9altro, il tasso di rimproverabilità soggettiva dei singoli agenti intervenuti nell9operazione. Due pronunce che ben rappresentano tale indirizzo sono quelle relative ai casi XxXxxx e altri c. Regno Unito90 e Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia91.
86 Trattasi di un9elencazione tassativa per ciò che concerne i fatal cases. Ad esempio, deve essere esclusa se lo scopo è quello della difesa della proprietà privata. Cfr. D.J. XXXXXX 3 M. O9BOYLE 3 X.X. XXXXX 3 X.X. XXXXXXX, Law of the European Convention on Human Rights, cit., p. 228.
87 Cfr. E. NICOSIA, Convenzione europea dei diritti dell9uomo e diritto penale, cit., p. 90 e ss.
88 Gli individui che rientrano in tale macrocategoria sono oltre alle forze di pubblica sicurezza in senso stretto (ad esempio, gli agenti di polizia) anche i militari dell9esercito, nonché i civili che svolgano funzioni attribuite loro dal Governo, quali i volontari <quasi-poliziotti=. Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., p. 50.
89 Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., p. 50 e ss. e X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 46 e ss.
90 X.XXX, Grande Camera, sent. 27 settembre 1995, XxXxxx e altri c. Regno Unito. Sulla significatività di tale arresto v. F.N. AOLAIN, The Evolving Jurisprudence of the European Convention concerning the Right to Life, in Netherlands Quarterly of Human Rights, n. 1/2001, pp. 21-42.
91 X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia. Con nota di A. XXXXXXX,
L9<Assoluzione piena= dell9Italia nel caso Xxxxxxxx: alcune considerazioni critiche a margine della sentenza
Il caso XxXxxx e altri c. Regno Unito concerneva un9operazione delle forze speciali inglesi a Gibilterra eseguita sulla base dal sospetto che l9IRA avesse preparato un attacco terroristico su tale territorio, ai danni di un reggimento britannico, nell9occasione del cambio della guardia. Per scongiurare tale evenienza, era stato predisposto un gruppo operativo che intervenisse in loco. Prima che potessero concludere il proprio attacco, i tre sospettati, che nel frattempo erano stati identificati e pedinati, erano stati uccisi dagli agenti intervenuti. Il governo britannico sosteneva che le privazioni della vita fossero giustificate ai sensi dell9art. 2 par. 2 lett. a) CEDU in quanto derivanti da un uso della forza assolutamente necessario per difendere la popolazione di Gibilterra da violenze illegali. Diversamente, i ricorrenti lamentavano che il governo non avesse dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che la pianificazione e l9esecuzione dell9operazione fossero state conformi alla disposizione citata e, quindi, concludevano che le uccisioni non fossero state assolutamente necessarie.
La Corte europea dei diritti dell9uomo ha distinto il criterio della <necessità in una società democratica= rispetto a quello della <assoluta necessità=, specificando che il secondo è più rigoroso e stringente e, in particolare, la forza utilizzata deve essere strettamente proporzionata al raggiungimento degli obiettivi previsti dalle lett. a), b) e c). Proprio in ragione dell9importanza del diritto alla vita e specie nell9evenienza dell9uso deliberato di forza letale, dunque, ha introdotto lo scrutinio del doppio livello menzionato sopra: quello sull9operato degli agenti statali e quello sulla pianificazione e sul controllo delle azioni medesime92.
della Grande Camera, in Riv. AIC, n. 3/2011, pp. 1-20. V. anche X. XXXXX, Diritti, libertà, e garanzie sostanziali e processuali, in X. XXXXX 3 X. XXXXXXXXXX, Introduzione al diritto penale europeo. Fonti, metodi, istituti, casi, Torino, 2020, p. 196. Sulla portata sistematica di questa vicenda v. X. XXXXXX, Obblighi convenzionali di tutela penale?, cit., p. 270 e ss. In relazione alla forza pubblica v. T.F. XXXXXXXX, Diritto alla vita, uso legale della forza e gestione nazionale della sicurezza pubblica: i più recenti orientamenti della Corte europea dei diritti dell9uomo, in X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX (a cura di), Lo strumento costituzionale dell9ordine pubblico europeo. Nei sessant9anni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell9uomo e delle libertà fondamentali (1950-2010), Torino, 2011, pp. 227-235. In rapporto all9uso legittimo della forza v.
X. XXXXXXXXX, Violenza pubblica potenzialmente letale e diritto alla vita ex art. 2 CEDU: a proposito dell9art. 53 c.p. <convenzionalmente riletto=, in disCrimen, 15.07.2019, p. 1 e ss.
92 «The Court considers that the exceptions delineated in paragraph 2 (art. 2-2) indicate that this provision (art. 2-2) extends to, but is not concerned exclusively with, intentional killing. As the Commission has pointed out, the text of Article 2 (art. 2), read as a whole, demonstrates that paragraph 2 (art. 2-2) does not primarily define instances where it is permitted intentionally to kill an individual, but describes the situations where it is permitted to <use force= which may result, as an unintended outcome, in the deprivation of life. The use of force, however, must be no more than <absolutely necessary= for the achievement of one of the purposes set out in sub-paragraphs (a), (b) or (c) (art. 2-2-a, art. 2-2-b, art. 2-2-c). In this respect the use of the term
<absolutely necessary= in Article 2 para. 2 (art. 2-2) indicates that a stricter and more compelling test of necessity must be employed from that normally applicable when determining whether State action is
<necessary in a democratic society= under paragraph 2 of Articles 8 to 11 (art. 8-2, art. 9-2, art. 10-2, art. 11- 2) of the Convention. In particular, the force used must be strictly proportionate to the achievement of the aims set out in sub-paragraphs 2 (a), (b) and (c) of Article 2 (art. 2-2-a-b-c). In keeping with the importance of this provision (art. 2) in a democratic society, the Court must, in making its assessment, subject deprivations of life to the most careful scrutiny, particularly where deliberate lethal force is used, taking into consideration not only the actions of the agents of the State who actually administer the force but also all the surrounding
Nel considerare il primo aspetto, i giudici di Strasburgo hanno escluso una violazione dell9art. 2 CEDU, affermando il principio di diritto secondo cui l9uso della forza da parte di agenti statali per perseguire uno degli scopi delineati al par. 2 dell9articolo può essere giustificato quando è basato su una convinzione onesta che è percepita, per buone ragioni, come valida in quel momento, ma che successivamente si rivela errata93. In tal senso, i giudici hanno dunque stabilito che i soldati avevano ritenuto onestamente, alla luce delle informazioni che erano state loro fornite, che fosse necessario sparare ai sospettati per evitare che facessero esplodere una bomba e causassero gravi perdite di vite umane. Le azioni che avevano intrapreso, in obbedienza a ordini superiori, erano state dunque da loro percepite come assolutamente necessarie per salvaguardare vite innocenti.
Nel considerare il secondo aspetto, invece, la Corte EDU ha dichiarato che era stato violato il diritto alla vita dei ricorrenti (segnatamente che non era stata rispettata la previsione di cui all9art. 2 par. 2 CEDU), attribuendo importanza: al mancato impedimento ai terroristi di entrare a Gibilterra; alla incapacità delle autorità di tenere da conto che l9intelligence ricevuta potesse essere sbagliata anche solo in parte; e al ricorso automatico alla forza letale quando le forze speciali avevano aperto il fuoco.
Dalla lettura della sentenza in XxXxxx e altri c. Regno Unito si traggono alcuni indirizzi di fondo riguardo l9interpretazione della Corte europea dei diritti dell9uomo in ordine al limite entro il quale può operare l9elenco delle previsioni di cui al paragrafo 2 dell9art. 2 CEDU rispetto agli obblighi positivi di tutela penale.
Innanzitutto, i giudici di Strasburgo si arrogano il giudizio non soltanto sulla dinamica dell9azione in sé e per sé, bensì sull9intero iter della stessa, dalla fase di ideazione sino a quella di attuazione. Tale grado di approfondimento implica necessariamente l9esigenza di posare lo sguardo non soltanto sugli agenti <sul campo=, ma anche sui superiori; coloro i quali, cioè, hanno assunto le decisioni operative sulla base delle informazioni disponibili.
In termini penalistici, questo porta ad affrontare due diverse e distinte modalità di affermazione della responsabilità individuale, riferite ai livelli di intervento.
Per quanto concerne il livello inferiore, occorrerà interrogarsi circa la sussistenza dei requisiti della <assoluta necessità= e della <stretta proporzionalità=, mentre, per quello
circumstances including such matters as the planning and control of the actions under examination» X.XXX, Grande Camera, sent. 27 settembre 1995, XxXxxx e altri c. Regno Unito, parr. 148, 149 e 150.
93 «[&] It considers that the use of force by agents of the State in pursuit of one of the aims delineated in paragraph 2 of Article 2 (art. 2-2) of the Convention may be justified under this provision (art. 2-2) where it is based on an honest belief which is perceived, for good reasons, to be valid at the time but which subsequently turns out to be mistaken. To hold otherwise would be to impose an unrealistic burden on the State and its law- enforcement personnel in the execution of their duty, perhaps to the detriment of their lives and those of others» X.XXX, Grande Camera, sent. 27 settembre 1995, XxXxxx e altri c. Regno Unito, par. 200.
superiore, bisognerà domandarsi se sia attribuibile una responsabilità colposa in capo al vertice organizzativo e gestionale dell9azione di polizia (di natura tanto commissiva quanto omissiva)94.
Per entrambi gli aspetti, l9uno riferibile alle scriminanti e l9altro all9elemento soggettivo, occorrerà scendere nel concreto, sulla base delle evidenze disponibili, adottando un approccio riferito alla percezione del singolo in relazione, rispettivamente, alla situazione di pericolo95 e alla qualità dei dati disponibili sul contesto e sui soggetti interessati96, attraverso la regola del «honest and reasonable belief»97.
Benché la decisione in XxXxxx e altri c. Regno Unito sia piuttosto peculiare (anche alla luce del contrasto diametrale presente nel collegio), dalla stessa si evince che la putatività ha una valenza significativa nella decisione favorevole al rispetto dell9art. 2 CEDU quanto alle condotte degli operativi impegnati, mentre, viceversa, la violazione di regole di cautela ha un peso decisivo nella declaratoria di una inosservanza del diritto alla vita relativamente all9operato dei responsabili della pianificazione dell9operazione di polizia98.
94 Ciò non toglie che permangono difficoltà applicative qualora, nella condotta di un soggetto inserito nel primo livello, si riscontri la sussistenza di una causa di giustificazione, che, in quanto circostanza oggettiva, si estende anche ai concorrenti nel reato ex art. 119 c.p., impedendo, così, un accertamento di responsabilità di un agente appartenente al secondo livello. Su tale difficoltà di adattamento del parametro della Convenzione europea dei diritti dell9uomo a quello nazionale v. A. XXXXXXX, L9<Assoluzione piena= dell9Italia nel caso Xxxxxxxx, cit., pp. 18-19, la quale, menzionando Xxxx. pen., sez. I, sent. n. 20123 del 20.01.2011 (dep. 20.05.2011) 3 relativa all9imputazione di distruzione pluriaggravata colposa di opere militari riferita a due generali italiani della Italian Joint Task Force Irak che, in ragione delle sottovalutazioni degli attacchi subiti, avevano omesso l9adozione di cautele opportune in relazione ai fatti di Nassirya 3, individua nel concorso colposo di cause indipendenti il parametro per costruire accuse allineate ai requisiti derivanti dall9art. 2 CEDU. L9Autrice giunge addirittura a ritenere che, in tali situazioni, dovrebbe ricavarsi la preclusione all9operatività della norma sulla valutazione delle circostanze di esclusione della pena, non potendo altrimenti essere mossi rimproveri di natura né penale né amministrativa nei confronti dei decisori al vertice. Rimane però che tale ipotesi non trova riscontro nella giurisprudenza CEDU e comunque si porrebbe in contrasto con il principio di legalità, determinando infatti, nell9ipotetico processo penale, l9insorgenza di effetti in malam partem nei confronti dei correi.
95 Nel caso XxXxxx e altri c. Regno Unito, le informazioni ricevute sulla probabile presenza di un9auto-bomba carica e sulla disponibilità, da parte dei terroristi, di telecomandi utili a detonarla non appena intimati di fermarsi.
96 Sempre nella stessa vicenda, l9erroneità sia sulla esistenza dell9auto-bomba sia sulla disponibilità di telecomandi.
97 Che racchiude elementi sia oggettivi («reasonable») sia soggettivi («honest»). Cfr. D.J. XXXXXX 3 M. O9BOYLE 3 X.X. XXXXX 3 X.X. XXXXXXX, Law of the European Convention on Human Rights, cit., p. 230. Per
A. XXXXXXX, L9<Assoluzione piena= dell9Italia nel caso Xxxxxxxx, cit., p. 15, spec. nt. 32 trattasi di «criterio
<spurio=, che fa appello a elementi di natura oggettiva e soggettiva e che 3 ragionando sulla base delle categorie nazionali 3 pare abbracciare non solo la legittima difesa reale, ma anche quella putativa».
98 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 51, la quale parla di errore incolpevole sull9esistenza di una causa di giustificazione con rilevanza del putativo per i primi e di negligenza, imprudenza e imperizia e concretizzazione del rischio per i secondi. Cfr. anche X. XXXXX, Diritti, libertà, e garanzie sostanziali e processuali, cit., p. 196.
Il parametro sul quale si fonda la valutazione da svolgere consiste in un giudizio di prognosi postuma di tipo ex ante99. Si deve dunque stabilire quello che sarebbe stato prevedibile in termini di ragionevolezza nel momento nel quale è stato posto in essere il fatto.
Certamente, tale modalità di accertamento porta a preconizzare situazioni nelle quali il diritto alla vita ceda innanzi a usi della forza letale ex post non giustificati100.
Xxxxxx, tale principio risulta motivato dall9esigenza di non limitare eccessivamente l9azione degli agenti statali impegnati nella tutela di determinati interessi giuridici meritevoli di protezione, moderato dal rigoroso controllo svolto su ideazione e direzione delle corrispondenti azioni101.
Il dovere di punire, pertanto, si assesta sulla rimproverabilità colposa degli organizzatori dell9operazione rispetto agli eventi morte, rispetto alla quale non è azionabile la causa di giustificazione di cui all9art. 2 par. 2 CEDU.
Conferma delle statuizioni in McCann e altri c. Regno Unito si trova in Giuliani e Gaggio
c. Italia, che si pone nel solco tracciato dal precedente.
L9oggetto del contendere era l9uccisione del dimostrante Xxxxx Xxxxxxxx per mano di un carabiniere, verificatasi quando quest9ultimo aveva esploso un colpo di arma da fuoco mentre si trovava all9interno di una camionetta circondata dai manifestanti durante il vertice G8 del luglio 2001 a Genova, teatro, come noto, di devastazioni, saccheggi e violenti scontri tra manifestanti e forze dell9ordine. In particolare, i ricorrenti (congiunti del giovane deceduto), si dolevano della violazione dell9art. 2 CEDU. Nel proprio ricorso, criticavano in specie l9uso eccessivo della forza, l9inadeguatezza del legal framework, la mala gestio delle operazioni e l9inadeguatezza delle indagini su quanto occorso.
La Corte europea dei diritti dell9uomo ha ribadito le statuizioni sancite in McCann e altri c. Regno Unito rispetto: all9inclusione nell9esame oltre che delle condotte degli agenti statali anche della preparazione e del controllo delle operazioni; all9uso del criterio del
<convincimento onesto=, ritenuto, a giusto titolo, valido all9epoca dei fatti, ma rivelatosi successivamente erroneo.
Ricostruendo i fatti, i giudici di Strasburgo hanno escluso una violazione dell9art. 2 CEDU, ritenendo che il ricorso alla forza letale fosse stato assolutamente necessario per garantire la
99 Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., pp. 55-56.
100 In McCann e altri c. Regno Unito ciò si evince nell9accento posto sulle conoscenze disponibili ai militari intervenuti quando hanno dovuto assumere la split second decision se colpire per uccidere i sospettati al compimento da parte degli stessi di movimenti giudicati indicativi dell9accingersi a premere il pulsante di un telecomando oppure no.
101 La vicenda trattata, ancora, incarna tale modus operandi, nel passaggio relativo alla stigmatizzazione delle scelte operazionali: il non aver fermato i terroristi prima dell9ingresso a Gibilterra e il non aver meglio controllato la bontà delle informazioni ricevute.
difesa di ogni persona contro la violenza illegale, ai sensi dell9articolo 2 par. 2 lett. a) CEDU. In particolare, si sono espressamente posti dal punto di vista del carabiniere che aveva agito, il quale era stato esonerato dal servizio perché esausto ed era incapace di rendersi conto del dispiegamento di agenti lì vicino. Essi sono così giunti a valutare le azioni da lui poste in essere come né eccessive né sproporzionate, data la persistenza nell9aggressione dei dimostranti nonostante gli avvertimenti loro indirizzati. Ciò, infatti, aveva determinato una esposizione a pericolo imminente. A fronte di questo, egli non poteva che sparare, per assicurare la sua difesa, solo nell9esiguo spazio disponibile.
Spostando il proprio obbiettivo sull9esame di eventuali lacune del quadro normativo, la Corte EDU si è confrontata con le disposizioni del codice penale sulla legittima difesa ex art. 52 c.p. e sull9uso legittimo delle armi all9art. 53 c.p.102.
Quanto alla prima disposizione, ha rilevato che i suoi requisiti sono simili a quelli cui l9art.
2 CEDU, relativamente alla necessità della difesa, all9attualità del pericolo e alla proporzionalità tra reazione e aggressione103.
Quanto alla seconda, invece, ha appuntato la diversità tra il requisito della <necessità= della normativa italiana e quello della <assoluta necessità= nella Convenzione europea dei diritti dell9uomo, benché tale discrasia venga ricomposta dalla giurisprudenza nazionale104.
Venendo a pianificazione, organizzazione e gestione dell9operazione di mantenimento dell9ordine, i giudici di Strasburgo hanno riportato il principio di diritto secondo il quale esiste un obbligo positivo quando sia accertato che le autorità sapevano o avrebbero dovuto sapere dell9esistenza di una minaccia reale e immediata per la vita di uno o più individui e non hanno adottato, nell9ambito dei loro poteri, le misure che, ragionevolmente, avrebbero
102 Sulla riconducibilità degli artt. 52 e 53 c.p. all9art. 2 par. 2 CEDU e sulla rilevanza dell9elemento della
<assolutezza= della necessità v. V. ZAGREBELSKY, Diritto alla vita, cit., 2019, p. 169.
103 «La prima di tali disposizioni prevede la causa giustificativa della legittima difesa, ben nota agli ordinamenti giuridici degli Stati contraenti. Essa menziona la «necessità» della difesa e l9«attualità» del pericolo ed esige un rapporto di proporzionalità tra reazione ed aggressione (precedente paragrafo 144). Anche se i termini utilizzati non sono identici, essa si avvicina al testo dell9articolo 2 della Convenzione e contiene gli elementi richiesti dalla giurisprudenza della Corte» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, par. 212. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx. 104 «L9articolo 53 del CP è sì caratterizzato da formule più vaghe, ma fa comunque riferimento alla «necessità» di respingere una violenza (precedente paragrafo 143). Da un punto di vista puramente semantico, la
«necessità» menzionata dalla legge italiana sembra riguardare la mera esistenza di un bisogno imperioso, mentre la «necessità assoluta» voluta dalla Convenzione impone di scegliere, tra i mezzi disponibili per raggiungere un medesimo scopo, quello che comporta il rischio minore per la vita altrui. Tuttavia, la differenza nel testo della legge è suscettibile di essere colmata dall9interpretazione dei giudici interni. Infatti, come emerge dal decreto di archiviazione, i giudici interni hanno interpretato l9articolo 52 del CP nel senso di autorizzare l9uso della forza letale solo come ultimo ricorso e solo qualora altre risposte meno pregiudizievoli siano inidonee ad allontanare il pericolo (precedente paragrafo 101, recante indicazione dei riferimenti fatti dal GIP di Genova alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia)» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, parr. 213-214. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
avuto delle possibilità di ovviare a tale rischio105. Inoltre, deve essere accertato che il decesso è il risultato dell9inadempimento, imputabile alle autorità nazionali, di tutto quanto ci si poteva ragionevolmente attendere che svolgessero per impedire il materializzarsi di un rischio certo e immediato per la vita, di cui erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza106. Per ciò che concerne specialmente le operazioni di polizia nell9ambito delle quali si sia verificata la morte di una o più persone, sulla scia di XxXxxx e altri c. Regno Unito, occorre prendere in esame preparazione e controllo delle stesse al fine di valutare se, nelle circostanze del caso concreto, le autorità nazionali, per un verso, abbiano posto l9attenzione richiesta per ridurre al minimo i rischi per la vita e, altro verso, non siano state negligenti nella scelta delle misure adottate107.
Passando alla valutazione dei fatti di causa, la Corte EDU ha svolto un9analisi imperniata sulla documentazione disponibile, attribuendo importanza a una serie di fattori108. Pertanto, ha escluso la violazione del diritto alla vita anche sotto questo ulteriore profilo poiché le autorità italiane non erano venute meno all9obbligo di fare tutto quanto ci si poteva ragionevolmente aspettare da loro per fornire il livello di protezione richiesto in occasione di operazioni alle quali è riconnesso un potenziale pericolo di ricorso alla forza letale.
In aggiunta, i giudici di Strasburgo non hanno dichiarato una inosservanza dell9art. 2 CEDU nemmeno rispetto alle procedural obligations, attinenti all9adeguatezza delle indagini e del procedimento di archiviazione.
105 «Pertanto, ogni addotta minaccia alla vita non obbliga le autorità, ai sensi della Convenzione, a adottare misure concrete per prevenirne la realizzazione. La Corte ha affermato che esiste un obbligo positivo a tale effetto quando sia accertato che le autorità sapevano o avrebbero dovuto sapere dell9esistenza di una minaccia reale ed immediata per la vita di uno o più individui e non hanno adottato, nell9ambito dei loro poteri, le misure che, ragionevolmente, avrebbero forse ovviato tale rischio (Xxxxxxxx c. Regno Unito (dec.), n. 33747/96, 23 novembre 1999, Xxxx e Xxxxxx Xxxxxxx c. Regno Unito, n. 46477/99, § 55, CEDU 2002-III, e Xxxxxx Xxxxxxx, succitata, §§ 50-51)» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, par. 246. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
106 «Del resto, perché la responsabilità dello Stato possa essere impegnata ai sensi della Convenzione, deve essere accertato che il decesso è il risultato dell9inadempimento, da parte delle autorità nazionali, di tutto quanto ci si poteva ragionevolmente attendere da loro per impedire il materializzarsi di un rischio certo ed immediato per la vita, di cui erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza (Xxxxx, succitata, § 116, Xxxxxxxxxxxx, succitata, § 74, e Xxxxxxxx ed altri, succitata, § 109)» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, par. 248. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
107 «Stando alla sua giurisprudenza, la Corte deve prendere in esame la preparazione e il controllo di un9operazione di polizia all9origine della morte di una o più persone al fine di valutare se, nelle particolari circostanze del caso di specie, le autorità abbiano posto tutta la cura richiesta nell9assicurarsi della riduzione al minimo dei rischi per la vita e se non abbiano dato prova di negligenza nella scelta delle misure adottate (XxXxxx ed altri, succitata, § 194 e 201, e Xxxxxxxxxx e Xxxxxxxxxxxx, succitata, § 181)» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, par. 249. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
108 Alla imprevedibilità della violenza, del luogo e delle condizioni dell9attacco dei manifestanti; all9imponente dispiego di forze dell9ordine e all9appartenenza a corpi specializzati e alla formazione ad hoc impartita agli agenti; alla concepibilità della presenza di veicoli non blindati date le circostanze; alla partecipazione sul campo dei superiori del carabiniere; alla correttezza dell9avergli lasciato l9arma in dotazione a fini di difesa personale.
Ciò che si evince dalle decisioni della Corte europea dei diritti dell9uomo nelle pronunce di cui sopra (XxXxxx e altri c. Regno Unito e Xxxxxxxx e Gallo c. Italia) è innanzitutto una forte sottolineatura dell9elemento soggettivo del reato.
Esso, addirittura, sembra quasi determinare una modificazione a livello ermeneutico. Infatti, si transita da un vaglio improntato alla verifica della sussistenza di una scriminante (e, quindi, sui suoi elementi definitori) a uno più propriamente inerente al controllo sull9esistenza di una causa di esclusione della colpevolezza.
Requisiti quali le <buone ragioni= e l9<onesta convinzione=, seppur con minor accentuazione nel caso Xxxxxxxx e Gallo c. Italia, cedono il passo ad altri, di natura soggettivistica.
Siffatta attenzione ai profili riguardanti il foro interno dell9agente deve essere salutata con favore nel quadro di un orientamento ai valori costituzionali, dove si ponga lo sguardo al principio di colpevolezza. Certamente, con tale tipologia di operazione ermeneutica si attribuisce infatti rilievo all9aspetto personale insito nella condotta tenuta dall9individuo (attiva oppure omissiva)109.
Avendo sinora discusso della lettera a) dell9art. 2 par. 2 XXXX, xxxxx concentrarsi nel prosieguo sulla relativa lettera b), con attinenza agli obblighi positivi di tutela penale riferiti all9uso della forza xxxxxx000 per eseguire un arresto regolare o per impedire l9evasione di una persona regolarmente detenuta. Le due sentenze di maggiore momento relativamente a tale disposizione sono Nachova e altri c. Bulgaria111 e Alikaj e altri c. Italia112.
Nel primo caso, i ricorrenti sostenevano, tra l9altro, che i loro rispettivi parenti stretti (due soggetti di etnia rom) fossero stati uccisi da parte di poliziotti militari che volevano procedere al loro arresto, in violazione del diritto alla vita e in maniera discriminatoria.
Riguardo ai profili attinenti alla violazione dell9art. 2 CEDU, la Corte europea dei diritti dell9uomo ha confermato che l9uso della forza letale da parte degli agenti di polizia può essere giustificato in determinate circostanze. Tuttavia, qualsiasi uso della forza deve essere
<non più che assolutamente necessario=, vale a dire strettamente proporzionato alle circostanze. In considerazione della natura fondamentale del diritto alla vita, le circostanze in cui la privazione della vita può essere giustificata devono essere interpretate in modo
109 Contra v. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 51. L9Autrice teme infatti un allargamento dell9art. 2 par. 2 CEDU, auspicando un giudizio più stringente riferito a criteri di tipo oggettivo. Su un ritorno, però, del pendolo dell9orientamento interpretativo nel senso auspicato dalla stessa v. xxx, pp. 56-57.
110 Cfr. X. XXXXXXX, Deference, Proportionality, and the Margin of Appreciation in Lethal Force Case Law under Article 2 ECHR, in European Human Rights Law Review, n. 1/2014, p. 32 e ss.
111 X.XXX, Grande Camera, sent. 6 luglio 2005, Xxxxxxx e altri c. Bulgaria.
112 X.XXX, sez. II, sent. 29 marzo 2011, Xxxxxx e altri c. Italia. Con nota di V. SPIGA, Xxxxx compatibilità della prescrizione del reato con la Convenzione europea dei diritti dell9uomo: il caso Xxxxxx x. Italia, in Riv. dir. int., n. 4/2011, pp. 1176-1196.
rigoroso113. Rispetto alla lettera b) dell9art. 2 par. 2 CEDU, ciò significa che l9obiettivo legittimo di effettuare un arresto legale può giustificare la messa a rischio della vita umana solo in circostanze di assoluta necessità e ciò non può sussistere quando è noto che la persona da arrestare non rappresenta una minaccia per la vita o l9incolumità fisica e non è sospettata di aver commesso un reato violento114, anche se il mancato uso della forza letale può comportare la perdita dell9opportunità di arrestare il fuggitivo115. La Corte EDU ha quindi specificato che l9art. 2 CEDU riguarda altresì il quadro normativo sull9uso della forza e delle armi da fuoco, che deve essere aderente agli standard internazionali e, segnatamente, comprendere una valutazione delle circostanze del caso concreto incentrata sulla natura del reato commesso dal fuggiasco e della minaccia che egli rappresenta116. Ancora, in parallelo, vi deve essere un sistema di garanzie contro l9arbitrarietà e l9abuso della forza e persino
113 «As the text of Article 2 § 2 itself shows, the use of lethal force by police officers may be justified in certain circumstances. However, any use of force must be <no more than absolutely necessary=, that is to say it must be strictly proportionate in the circumstances. In view of the fundamental nature of the right to life, the circumstances in which deprivation of life may be justified must be strictly construed (see Xxxxxxxxxx and Xxxxxxxxxxxx x. Cyprus, judgment of 9 October 1997, Reports of Judgments and Decisions 1997-VI, pp. 2097- 98, § 171, p. 2102, § 181, p. 2104, § 186, p. 2107, § 192, and p. 2108, § 193, and XxXxxx v. the United Kingdom, no. 28883/95, §§ 108 et seq., ECHR 20011III)» X.XXX, Grande Camera, sent. 6 luglio 2005, Xxxxxxx e altri c. Bulgaria, par. 94.
114 Tale giurisprudenza dei giudici di Strasburgo si innerva anche nella pronuncia che ha condannato l9uso delle armi da fuoco contro persone disarmate e nonviolente che avevano cercato di fuggire dalla Repubblica Democratica Tedesca. Cfr. X.XXX, Grande Camera, sent. 22 marzo 2001, Xxxxxxxx, Kessler e Xxxxx c. Germania, parr. 87, 96 e 97. In proposito, v. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., p. 58, che sostiene come attribuire all9arresto la capacità di scriminare l9uccisione del fuggiasco sarebbe sia inaccettabile moralmente sia una contraddizione in termini in quanto un morto non può essere arrestato. Sulla differenza in tale vicenda tra applicazione retroattiva ed evoluzione interpretativa prevedibile della legge penale in rapporto all9art. 7 CEDU v. F. CONSULICH, Lo statuto penale delle scriminanti, Torino, 2018, pp. 407-408.
115 «Accordingly, and with reference to Article 2 § 2 (b) of the Convention, the legitimate aim of effecting a lawful arrest can only justify putting human life at risk in circumstances of absolute necessity. The Court considers that in principle there can be no such necessity where it is known that the person to be arrested poses no threat to life or limb and is not suspected of having committed a violent offence, even if a failure to use lethal force may result in the opportunity to arrest the fugitive being lost (see the Court9s approach in XxXxxx and Others, cited above, pp. 45-46, §§ 146-50, and pp. 56-62, §§ 192-214, and, more recently, in Makaratzis, cited above, §§ 64-66; see also the Court9s condemnation of the use of firearms against unarmed and non- violent persons trying to leave the German Democratic Republic in Streletz, Kessler and Xxxxx v. Germany [GC], nos. 34044/96, 35532/97 and 44801/98, §§ 87, 96 and 97, ECHR 20011II)» X.XXX, Grande Camera,
sent. 6 luglio 2005, Xxxxxxx e altri c. Bulgaria, par. 95.
116 «In addition to setting out the circumstances when deprivation of life may be justified, Article 2 implies a primary duty on the State to secure the right to life by putting in place an appropriate legal and administrative framework defining the limited circumstances in which law enforcement officials may use force and firearms, in the light of the relevant international standards (see Xxxxxxxxxx, cited above, §§ 57-59, and the relevant provisions of the United Nations Basic Principles on the Use of Force and Firearms by Law Enforcement Officials, paragraphs 71-74 above). In line with the above-mentioned principle of strict proportionality inherent in Article 2 (see XxXxxx and Others, cited above, p. 46, § 149), the national legal framework regulating arrest operations must make recourse to firearms dependent on a careful assessment of the surrounding circumstances, and, in particular, on an evaluation of the nature of the offence committed by the fugitive and of the threat he or she posed» X.XXX, Grande Camera, sent. 6 luglio 2005, Xxxxxxx e altri c. Bulgaria, par. 96.
contro gli incidenti evitabili, dove gli agenti siano istruiti non solamente ad attenersi alle norme, ma anche a tenere a mente la preminenza del rispetto per la vita umana117.
Applicando tali principi al caso di specie, i giudici di Strasburgo hanno censurato la regolamentazione dell9uso delle armi della Bulgaria, in particolare per ciò che concerneva l9uso delle armi da fuoco da parte della polizia militare, che consentiva di fatto l9uso della forza letale quando si arrestava anche per la commissione del reato più lieve. Segnatamente, era lecito sparare a qualsiasi fuggitivo che non si fosse arreso immediatamente in risposta a un avviso orale e alla esplosione di un colpo di avvertimento in aria.
Tanto è stato ritenuto di per suo sufficiente per giungere a una declaratoria di violazione dell9art. 2 CEDU.
Prendendo in esame l9azione dei militari e la gestione della operazione, la Corte EDU ha ravvisato una duplice inosservanza del diritto alla vita. Quanto al primo aspetto, ha chiarito che, considerato che le vittime si erano date alla fuga, erano disarmate e non avevano precedenti per reati violenti, l9uso della forza letale nei loro confronti era vietato a prescindere dal rischio di fuga e, inoltre, l9uso della forza da parte di un agente era stata decisamente eccessiva118. Il ricorso alla forza potenzialmente letale non può essere considerato <assolutamente necessario= quando si sa che la persona da arrestare non rappresenta una minaccia per la vita o l9incolumità fisica e non è sospettata di aver commesso un reato violento.
Analizzando la gestione dell9operazione, inoltre, i giudici di Strasburgo hanno stabilito un9ulteriore violazione dell9art. 2 CEDU perché l9uso delle armi da fuoco da parte degli agenti statali non era dipeso da una valutazione delle circostanze concrete del fatto e, soprattutto, non vi era stata una valutazione della natura del reato commesso dai fuggiaschi e della minaccia che essi rappresentavano. Erano mancati, dunque, una qualsiasi analisi preliminare sulla pericolosità, se esistente, che essi potevano costituire oppure dei chiari avvertimenti sulla necessità di ridurre al minimo qualsivoglia rischio per la vita degli interessati.
117 «Furthermore, the national law regulating policing operations must secure a system of adequate and effective safeguards against arbitrariness and abuse of force and even against avoidable accident (see Xxxxxxxxxx, cited above, § 58). In particular, law enforcement agents must be trained to assess whether or not there is an absolute necessity to use firearms, not only on the basis of the letter of the relevant regulations, but also with due regard to the pre-eminence of respect for human life as a fundamental value (see the Court9s criticism of the <shoot to kill= instructions given to soldiers in XxXxxx and Others, cited above, pp. 61-62, §§ 211-14)» X.XXX, Grande Camera, sent. 6 luglio 2005, Xxxxxxx e altri c. Bulgaria, par. 96.
118 Infatti, vi erano a disposizione altri mezzi per fermare i fuggitivi (una jeep), anche considerato che ciò si era verificato in un abitato in pieno giorno e già in precedenza una delle due vittime aveva tentato di evadere; l9agente aveva utilizzato il proprio fucile mettendolo in modalità automatica (e quindi non potendo mirare con ragionevole precisione), pur avendo anche una pistola; e una delle vittime era stata colpita al petto, con il ché non si può escludere che il colpo fosse stato esploso quando questi si fosse girato per arrendersi.
Oltre agli obblighi positivi sostanziali, la Corte EDU ha dichiarato la violazione anche di quelli procedurali. Più nello specifico, ha stigmatizzato la convalida, all9esito delle indagini sulle condotte degli agenti, dell9uso della forza, leggendola come una conferma della natura fondamentalmente insoddisfacente della normativa bulgara a tutela della vita.
Dall9esame del caso Xxxxxxx e altri c. Bulgaria si ricava che sono stati citati i precedenti maggiormente importanti della Corte europea dei diritti dell9uomo, ma sono stati introdotti anche dei nuovi principi di diritto.
La normativa nazionale è stata descritta come deficitaria ed essa è stata posta in un rapporto di causalità con la violazione dell9art. 2 CEDU. In effetti, l9intervento dei militari e la pianificazione delle loro attività, come le indagini svolte e il loro esito sono risultati informati dalla problematicità di fondo delle <regole di ingaggio= esistenti.
I giudici di Xxxxxxxxxx hanno poi preteso che tanto la disciplina legislativa e regolamentare quanto l9operato sul campo siano accompagnati da una valutazione di pericolosità dei fuggitivi, che consti di criteri oggettivi quali, tra l9altro, il tipo del reato da loro commesso. La dinamica concreta deve quindi essere attentamente esaminata: informazioni quali una fuga senza violenza e l9essere privi di armi permettono di escludere che vi sia un pericolo sia nei confronti degli operanti sia della generalità dei consociati.
L9aspetto dirimente è che non è giustificabile l9uccisione da parte di agenti statali solamente sul presupposto di impedire che una persona fugga, nemmeno in un contesto militare quale quello in evidenza.
La Corte europea dei diritti dell9uomo è stata chiamata a pronunciarsi con riguardo all9uso della forza letale da parte della polizia anche nel caso Xxxxxx e altri c. Italia, ove le statuizioni di cui sopra sono state ulteriormente arricchite.
La vicenda può essere riassunta nei seguenti termini. In tempo di notte, dei poliziotti a bordo di un9auto in pattuglia su un9autostrada, insospettitisi dalla velocità di un veicolo, avevano intimato agli occupanti dello stesso di fermarsi. Questi ultimi ne erano usciti di corsa, superando il guardrail esistente di lato e fuggendo giù per una scarpata che si sviluppava affianco alla strada, scavalcando una barriera metallica. Il terreno era viscido a causa della pioggia. Gli agenti avevano successivamente esploso due colpi d9arma da fuoco in aria a scopo di avvertimento e uno di loro si era lanciato all9inseguimento del sig. Xxxxxx, per poi sparargli, colpirlo al cuore e ucciderlo sul colpo. I ricorrenti, parenti della vittima, argomentavano che vi fosse stata una violazione dell9art. 2 CEDU in ragione di un uso eccessivo della forza.
La Corte europea dei diritti dell9uomo ha riferito dei principi di diritto salienti affermati in passato, segnatamente stabilendo quanto segue. Innanzitutto, in caso di use of force, devono
essere valutate le condotte degli agenti che vi hanno effettivamente fatto ricorso assieme al complesso delle circostanze in cui ciò si è verificato: tra di esse, sono ricompresi il quadro giuridico o normativo dello Stato Membro; la preparazione degli agenti statali; e il controllo su di loro esercitato119. L9uso della forza è da ritenersi giustificato solo se rispondente al criterio della <assoluta necessità=, cioè qualora esso sia strettamente proporzionato rispetto agli elementi di fatto, da interpretare restrittivamente120. L9<assoluta necessità= non sussiste in particolare quando è noto che la persona che deve essere arrestata non rappresenta una minaccia per la vita o l9integrità fisica di alcuno e non è sospettata di aver commesso un reato violento, senza che rilevi se da ciò può derivarne una impossibilità di procedere al suo arresto121. La disposizione sul diritto alla vita si rivolge anche ai Paesi Parte, domandando che questi ultimi si dotino di un legal framework che definisca quando gli agenti statali possono far uso della forza e delle armi da fuoco, tenendo conto delle guidelines internazionali. Per quanto concerne le operazioni di arresto, esso deve subordinare il ricorso alle armi da fuoco a un9attenta valutazione della situazione e, soprattutto, riferita sia al tipo di reato commesso sia alla minaccia rappresentata dal fuggitivo122. Deve dunque venire
119 «[&] Nel caso in cui agenti dello Stato fanno uso della forza, essa deve prendere in considerazione non soltanto gli atti degli agenti che effettivamente hanno fatto ricorso alla forza, ma anche il complesso delle circostanze che li hanno circondati, in particolare il quadro giuridico o normativo vigente nonché la loro preparazione e il controllo esercitato su di loro (Makaratzis c. Grecia [GC], no 50385/99, §§ 56-59, CEDH 2004-XI)» X.XXX, sez. II, sent. 29 marzo 2011, Xxxxxx e altri c. Italia, par. 61. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
120 «[&] Qualsiasi uso della forza tuttavia deve essere reso <assolutamente necessario=, ossia deve essere strettamente proporzionato nelle circostanze. Il diritto alla vita assume un carattere fondamentale, le circostanze nelle quali può essere legittimo infliggere la morte richiedono una interpretazione restrittiva (Xxxxxxxxxx e Xxxxxxxxxxxx c. Cipro, sentenza del 9 ottobre 1997, §§ 171, 181, 186, 192 e 193, Recueil des arrêts et décisions 1997-VI, e XxXxxx c. Regno Unito, no 28883/95, §§ 108 e segg., CEDH 2001-III)» X.XXX, sez. II, sent. 29 marzo 2011, Xxxxxx e altri c. Italia, par. 62. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
121 «[&] La Corte ritiene che in linea di principio non è possibile avere tale necessità quando si sa che la persona che deve essere arrestata non rappresenta alcuna minaccia per la vita o l9integrità fisica di chiunque e non è sospettata di aver commesso un reato violento, anche se può derivarne una impossibilità di arrestare il fuggitivo (vedere la trattazione adottata dalla Corte nella sentenza XxXxxx e altri, succitata, §§ 146-150 e §§ 192-214, e, più recentemente, nella sentenza Makaratzis, succitata, §§ 64-66; vedere anche Xxxxxxxx, Xxxxxxx e Xxxxx c. Germania [GC], nn. 34044/96, 35532/97 e 44801/98, §§ 87, 96 e 97, CEDH 2001-II, nella quale la Corte ha condannato l9uso delle armi da fuoco contro persone non armate e non violente che tentavano di lasciare la Repubblica democratica tedesca» X.XXX, sez. II, sent. 29 marzo 2011, Xxxxxx e altri c. Italia, par.
63. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
122 «Oltre a enunciare le circostanze che possono giustificare il fatto di cagionare la morte, l9articolo 2 implica il dovere fondamentale per lo Stato di assicurare il diritto alla vita mettendo in atto un quadro giuridico e amministrativo adeguato che definisca le limitate circostanze nelle quali i rappresentanti delle forze dell9ordine possono far ricorso alla forza e fare uso delle armi da fuoco, tenuto conto delle linee guida internazionali in materia (vedere la sentenza Makaratzis succitata, §§ 57-59 soprattutto le disposizioni pertinenti dei Principi di base delle Nazioni unite sull9uso della forza e delle armi da fuoco da parte delle forze dell9ordine, precedente paragrafo 50). Conformemente al summenzionato principio di stretta proporzionalità, che è inerente all9articolo 2 (XxXxxx e altri, succitata, § 149) il quadro giuridico nazionale che disciplina le operazioni di arresto deve subordinare il ricorso alle armi da fuoco ad una minuziosa valutazione della situazione e, soprattutto, ad una valutazione della natura del reato commesso dal fuggitivo e della minaccia da lui rappresentata» X.XXX, sez. II, sent. 29 marzo 2011, Xxxxxx e altri c. Italia, par. 64. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
adottato e attuato un quadro normativo adeguato alla prevenzione di arbitrio e abuso della forza (anche contro gli eventi di natura accidentale), che consti altresì della formazione degli agenti di polizia rispetto tanto all9uso delle armi quanto alla primarietà del diritto alla vita123. I giudici di Xxxxxxxxxx, esaminando in rapporto a tali statuizioni la vicenda in interesse, hanno sottolineato che i poliziotti non avessero motivi per pensare che le persone a bordo dell9auto avessero commesso crimini violenti, che essi fossero pericolosi o che il loro mancato arresto avrebbe avuto conseguenze nefaste irreversibili. Inoltre, i quattro uomini non erano armati e nulla nel loro comportamento poteva lasciar presagire che costituissero una minaccia per i due agenti che erano intervenuti. Oltre a questo dato probatorio, la Corte EDU ha altresì attribuito importanza a come l9agente non avesse agito con le dovute precauzioni quando ha inseguito i fuggitivi, avendo l9arma in mano e tenendo il dito sul grilletto. Egli non aveva infatti preso tutte le cautele del caso, specie in considerazione della situazione nella quale versavano gli interessati.
Pertanto, i giudici di Strasburgo hanno concluso per la violazione dell9art. 2 CEDU in quanto le autorità nazionali non avevano esercitato la vigilanza richiesta dalle circostanze allo scopo di ridurre al minimo qualsiasi messa in pericolo della vittima e delle altre persone che si trovavano sui luoghi dell9incidente, così dando prova di negligenza nella scelta delle misure adottate, peraltro in un contesto di assenza di una precisa normativa sull9uso delle armi da fuoco da parte delle forze dell9ordine.
Sommandosi a quelli di tipo sostanziale, la Corte EDU ha pronunciato una condanna anche per gli obblighi di tipo procedurale, sottoponendo a critica specialmente la declaratoria di prescrizione del reato e l9assenza di una sanzione disciplinare per il poliziotto processato.
Rapportando le sentenze della Corte europea dei diritti dell9uomo in Nachova e altri c. Bulgaria e Alikaj e altri c. Italia124, è chiaro che la seconda si pone sugli stessi binari dalla prima. Infatti, quanto affermato nel caso bulgaro riguardo l9uso della forza letale e di quello delle armi da fuoco durante l9arresto di un fuggiasco viene confermato e applicato anche in quello italiano.
Entrambi presentano, però, delle peculiarità.
123 «Per di più, il diritto nazionale che disciplina le operazioni di polizia deve offrire un sistema di garanzie adeguate ed effettive contro l9arbitrio e l9abuso della forza, e anche contro gli incidenti (Xxxxxxxxxx, succitata,
§ 58). In particolare, le forze dell9ordine devono essere formate per essere in grado di valutare quando è assolutamente necessario utilizzare le armi da fuoco, non soltanto seguendo alla lettera i regolamenti pertinenti, ma anche tenendo debitamente in conto la preminenza del rispetto della vita umana in quanto valore fondamentale (vedere le critiche formulate dalla Corte relativamente alla formazione dei militari che avevano come istruzione quella di <sparare per uccidere=, XxXxxx e altri, succitata, §§ 211-214)» X.XXX, sez. II, sent. 29 marzo 2011, Xxxxxx e altri c. Italia, par. 64. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
124 Per un paragone tra Xxxxxxxx e Xxxxx c. Italia e Alikaj e altri c. Italia v. A. XXXXXXX, L9<Assoluzione piena= dell9Italia nel caso Xxxxxxxx, cit. p. 16.
Mentre in Nachova e altri c. Bulgaria l9ambito nel quale si muoveva il poliziotto era quello militare e il tentativo di evasione veniva posto in essere da una persona nota, in Xxxxxx e altri
c. Italia l9agente non aveva contezza né dei reati (eventualmente) commessi dalla vittima né della pericolosità che la stessa presentava per l9operante o per i consociati.
Di qui, dunque, pur ribadendo la diversità ed eccentricità delle due vicende, la conclusione in Xxxxxx e altri c. Italia sembra offrire il fianco, adottando il punto di vista dei giudici di Xxxxxxxxxx, a critiche precedenti in senso logico e tecnico.
Del resto, un agente che insegua delle persone che non hanno rispettato un <alt= senza null9altro sapere esclude in radice qualsiasi valutazione sulla pericolosità: passata (per il reato); presente (nei confronti degli agenti stessi o delle altre persone che si trovino lì nell9immediatezza); e futura (per quanto potrà commettere se lasciato libero) del fuggitivo. Dallo studio di tale casistica, l9uso delle armi trova pertanto un limite insuperabile nell9assolutezza della necessità rispetto al ricorso alle stesse, che deve essere evinto dall9esame delle circostanze del caso concreto, ancorato alla personalità (in ottica di pericolo) dell9interessato.
Ad ogni modo, la forza letale da parte di un membro delle forze dell9ordine non può trovare una giustificazione nel mero impedire la fuga.
2.1. Gli artt. 52 e 53 c.p. nel prisma dell9art. 2 par. 2 CEDU
L9art. 2 par. 2 CEDU e l9interpretazione datane dalla Corte europea dei diritti dell9uomo appena visti devono essere necessariamente posti a confronto con le disposizioni codicistiche che con essi (come si è avuto modo di constatare supra) si pongono fisiologicamente in dialogo125, cioè le scriminanti della legittima difesa ex art. 52 c.p.126,
125 Già in tempi risalenti la dottrina si era occupata di tale tematica. Tra i primi v. X. XXXXXXXXX, La convenzione europea dei diritti dell9uomo nel sistema delle fonti normative in materia penale, Milano, 1969,
p. 160 e ss.
126 «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un9offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all9offesa.
Nei casi previsti dall9articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un9arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d9aggressione.
Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all9interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un9attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
specie a seguito della recente riforma in tema di legittima difesa c.d. domiciliare127, e dell9uso legittimo delle armi di cui all9art. 53 c.p.128.
L9indirizzo dei giudici di Strasburgo, che in un crescente numero di pronunce riguardanti obblighi positivi di tutela penale hanno progressivamente limitato l9ambito di operatività dell9art. 2 par. 2 CEDU per quanto riguarda sia la lett. a) sia la lett. b), si contrappone a quello del legislatore italiano, che negli anni ha sensibilmente allargato (quantomeno nelle intenzioni dichiarate) le aree di non punibilità riguardanti la legittima difesa, attraverso numerosi interventi di riforma.
Tali traiettorie opposte, al momento, non si sono ancora incontrate (o, meglio, scontrate), mancando una sentenza in tempi recenti della Corte EDU che concerna l9art. 52 c.p. così come riformato nelle ultime occasioni (lo stesso dicasi per l9art. 55 c.p.). La diversità di visione (e di valori) tra il livello della Convenzione europea dei diritti dell9uomo e quello del legislatore nazionale è comunque di immediata comprensione, essendo sufficiente prestare la dovuta attenzione a quali beni giuridici meritevoli di tutela vengono rispettivamente preferiti.
Sin d9ora, occorre delineare il campo d9indagine: la superiorità gerarchica del diritto alla vita risalta nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo e, per l9effetto, la sfera di applicabilità delle cause di esclusione della punibilità viene interpretata in prospettiva riduttiva. Tale criterio ermeneutico si rinviene nella lettura offerta tanto della normativa della CEDU quanto di quella nazionale.
Questa scelta, riflettente un preciso orizzonte valoriale (la preminenza del diritto alla vita), però, non è ancora stata misurata con situazioni nelle quali la lesione o la messa in pericolo del right to life derivi da condotte dove i soggetti interessati non si trovino in un rapporto di integrazione con le autorità statali. La giurisprudenza che ha definito i principi di diritto in questo settore ha riguardato agenti pubblici, per definizione immedesimati con lo Stato, che utilizzano la forza anche letale e, inoltre, le armi da fuoco per conto di esso. Mancano
Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l9intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone».
127 In tema, tra le monografie, v. F. DIAMANTI, Appunti sulla legittima difesa. Una questione politica, Torino, 2020, p. 65 e ss.; X. XXXXX, Effettività e limiti costituzionali della legittima difesa: dal Far West al Fair Risk, Torino, 2020, p. 51 e ss.; e X. XXXXXX, La legittima difesa domiciliare. Dalla giustificazione alla scusa fra modelli presuntivi e tensioni soggettive, Torino, 2020, p. 156 e ss.
128 «Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all9Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona.
La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.
La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l9uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica».
dunque, nelle pronunce della Corte EDU, operazioni di bilanciamento: da un lato, tra interessi fra loro eterogenei (che, invece, sono al cuore del dibattito politico che informa le modifiche legislative nell9ambito italiano), come vita e incolumità individuale e patrimonio; e, dall9altro, che si esplichino in contesti strettamente personali, quali, in particolar modo, l9abitazione o il luogo di lavoro.
Siffatta mancanza di riferimenti giurisprudenziali a livello della Convenzione EDU ha portato, nella dottrina, a una frattura tra coloro i quali ritengono che si debbano escludere obblighi di incriminazione che importino una limitazione dello spettro di vigenza della legittima difesa esercitata da privati cittadini e chi, diversamente, è dell9avviso che tali positive obligations debbano ritenersi esistenti e comportino un contrasto con il diritto alla vita che può portare a dei pronunciamenti di violazione da parte dei giudici di Strasburgo nei confronti dell9Italia129.
Xxxxx, quindi, approfondire le ragioni sottese a tale diversità di letture, tentando di individuare quale sia quella maggiormente condivisibile oppure se ne esistano altre.
A ben vedere, la Corte EDU non ritiene che le disposizioni del codice penale italiano siano contrarie al diritto alla vita. Xxxx, le considera compatibili con la CEDU, seppur nel senso dell9interpretazione che delle stesse viene data dalla Corte di Cassazione e comunque a certe condizioni.
Quanto all9art. 52 c.p. (disposizione con tratti comuni ad altre equivalenti nei sistemi penali degli Stati Membri), i giudici di Strasburgo condividono che in esso siano presenti i requisiti della necessità della difesa e dell9attualità del pericolo, oltre al rapporto di proporzionalità tra reazione e aggressione. Pur concedendo che tale norma non collima perfettamente con l9equivalente art. 2 CEDU, ne constatano in specie l9avvicinabilità a tale previsione della Convenzione EDU (echoes the wording nella versione del testo in lingua inglese) e, altresì, ne confermano la rispondenza a quanto richiesto nella propria giurisprudenza130.
Rispetto all9art. 53 c.p., invece, la Corte EDU si esprime in maniera più cauta. Infatti, parrebbe che si spinga sino quasi a ravvisarne una non rispondenza alla CEDU per ciò che
129 Distingue tra tali due tesi A. XXXXXXX, Diritto alla vita e autotutela privata di beni patrimoniali. Il problematico confronto con l9art. 2 CEDU, in Leg. pen., 14.02.2019, pp. 6-9 e p. 13, cui si rinvia anche per gli opportuni riferimenti dottrinali. L9Autore puntualizza che tale duplicità si riflette altresì nell9approccio delle corti superiori nazionali. Per il primo indirizzo, la Corte federale di giustizia della Germania ha ammesso l9uccisione di una persona giustificata dalla tutela del patrimonio con riguardo a beni di valore ingente ritenendola compatibile con il diritto alla vita, mentre, per il secondo, la Corte suprema spagnola ha escluso la legittimità di omicidi commessi a protezione di beni patrimoniali facendo riferimento all9art. 2 par. 2 lett. a) CEDU.
130 Cfr. X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, par. 212. Cfr. supra, cap. II, par. 2.
si riferisce ai suoi aspetti descrittivi. Soprattutto, addita due profili problematici: la vaghezza della formulazione e il significato del termine <necessità=.
Il secondo sembrerebbe infatti giustificare la lesione del diritto alla vita in presenza di un bisogno imperioso (pressing need in inglese), che, in quanto tale, si porrebbe su un gradino inferiore rispetto all9assoluta necessità prevista dall9art. 2 CEDU. Al contempo, i giudici di Strasburgo riconoscono però che tale seconda caratteristica viene <compensata= attraverso un interessante <recupero= di tipo giurisprudenziale. Nell9ottica propria del suo metodo di giudizio, improntato a una nozione sostanziale di legge131, infatti, prendono atto che l9orientamento esegetico delle corti nazionali <salva= tale limitatezza semantica attraverso un9interpretazione stringente, consistente nell9ammette l9uso delle armi solamente come un mezzo di ultima istanza (last resort sempre in inglese) e quando altre risposte meno pregiudizievoli siano inidonee ad allontanare il pericolo132.
Ciononostante, il quadro normativo italiano riguardante l9uso della forza letale, e in special modo quello concernente l9uso delle armi, non è al riparo da possibili declaratorie di violazione del diritto alla vita. Anche qui adottando un punto di vista più alto e più ampio, infatti, i giudici di Strasburgo, pur <assolvendo= la disciplina strictu sensu penalistica, appuntano le proprie critiche su quella di diritto amministrativo concernente la disciplina dell9uso delle armi da fuoco133.
In questo senso, i punti di contrasto con l9art. 2 CEDU, in riferimento al relativo par. 2 lett. b), si spostano dal piano del diritto penale sostanziale a quello del penal system; di talché, coralmente, tutto l9apparato normativo sanzionatorio deve essere rispondente al significato ultimo che la tutela del diritto alla vita ha nella Convenzione EDU. Prescindendo dai contenuti degli artt. 52 c.p. e soprattutto 53 c.p.134, è dunque l9assenza di direttive specifiche per i poliziotti che utilizzano armi da fuoco a divenire oggetto di censura, con riferimento in particolare al Testo unico in materia di pubblica sicurezza e alla l. n. 152 del 1975 sulla tutela dell9ordine pubblico135.
131 Arricchita dal riferimento ai sistemi che adottano la common law. Inter alia, v. X. XXXXXXXXX, Art. 7 3 Nulla poena sine lege, in X. XXXXXXX 3 X. XXXXXX (a cura di), Corte di Strasburgo e giustizia penale, Torino, 2022, p. 299 e ss.
132 Cfr. X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, parr. 213-214.
133 Cfr. X. XXXXXXXXX, <Dovere di punire=?, cit., p. 1374.
134 Cfr. X.XXX, sez. II, sent. 29 marzo 2011, Xxxxxx e altri c. Italia, par. 76. Cfr. supra, cap. II, par. 2.
135 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 59. L9Autrice specifica che la valutazione della Corte EDU si fonda sul rispetto dei Principi di base sull9uso della forza e delle armi da fuoco da parte del personale addetto e sui Principi delle Nazioni Unite per l9effettiva prevenzione e indagine sulle esecuzioni extralegali, arbitrarie e sommarie. In rapporto agli UN Basic Principles on the use of force and firearms by law enforcement officials
v. D. RIPAMONTI, sub art. 53 c.p., in E. DOLCINI 3 X. XXXXXXXXX (a cura di), Codice penale commentato, Milano, 2011, p. 52. Cfr. anche X. XXXXXX, Obblighi convenzionali di tutela penale?, cit., p. 260, il quale sottolinea l9importanza di tali Principi in rapporto al test di proporzionalità. Secondo Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
«trattasi di prescrizioni, tutte queste, dietro alle quali non è difficile scorgere in controluce, come anticipato, il
Per esempio, correre con la pistola carica su un terreno scivoloso (come fatto dal poliziotto inseguitore nel caso Xxxxxx e altri c. Italia) diviene un indice di inadeguatezza del legal framework del Paese Parte sia generale e di disciplina normativa sia individuale e di responsabilità concreta136.
L9evenienza che può essere considerata paradigmatica dell9incontro degli indirizzi giurisprudenziali della Corte EDU e dei giudici di legittimità è quella che segue: la fuga di un soggetto, che, per ragioni quali evasione, mancato ottemperamento a un ordine di fermarsi o altre ancora, venga inseguito dalle forze dell9ordine.
In questa situazione di estrema tensione tra diverse esigenze di tutela, l9uso delle armi viene letto in termini rigorosi da entrambe le corti superiori137. L9uccisione del fuggitivo, senza ulteriori valutazioni di pericolosità in concreto e in senso ampio, non soddisfa infatti i requisiti per integrare né l9art. 2 par. 2 lett. b) CEDU né l9art. 53 c.p.138.
Aspetto in parte diverso (e per il vero di non facile soluzione) attiene alla ponderazione della corrispondenza tra la norma della Convenzione EDU e quella del codice penale riguardo la latitudine di siffatto giudizio di pericolosità.
criterio ispiratore della necessità e della proporzione nell9agire» X. XXXXXXXXX, Violenza pubblica potenzialmente letale e diritto alla vita ex art. 2 CEDU, cit., p. 13.
136 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., 73. In dottrina si è evidenziata la non diretta rilevanza della sentenza in Xxxxxx e altri c. Italia rispetto all9art. 53 c.p. poiché quest9ultimo non è stato richiamato espressamente nelle motivazioni della decisione. Cfr. X. XXXXXXXXXX, Uso legittimo della violenza pubblica e diritto penale, Bari, 2018, p. 108. Piuttosto che sulla scriminante, l9appunto si concentrerebbe sulla disciplina di natura amministrativa. Cfr. X. XXXXXXXXX, Violenza pubblica potenzialmente letale e diritto alla vita ex art. 2 CEDU, cit., p. 18.
137 Xxxxxxxxx Xxxxxx individua due piani di interrelazione esistenti tra l9art. 2 par. 2 CEDU e l9art. 53 c.p.: applicativo e legislativo. Il primo consisterebbe nell9onere per il giudice nazionale di interpretazione restrittiva della disposizione del codice penale, con l9inserimento del requisito della proporzionalità tra condotta dell9agente e finalità che lo stesso persegue in una chiave di extrema ratio e di inevitabilità altrimenti del ricorso all9arma per la protezione della vita umana (del poliziotto o di altri consociati). Il secondo si tradurrebbe nella esigenza per il legislatore di procedere a una riforma della disciplina attualmente in vigore che precisi chiaramente i confini di utilizzo di strumenti letali o potenzialmente tali da parte di pubblici agenti, di modo da scongiurare il rischio di una condanna in sede CEDU o di una declaratoria di incostituzionalità della disposizione esistente. Cfr. X. XXXXXX, Obblighi convenzionali di tutela penale?, cit., rispettivamente, pp. 282 e ss. e 292 e ss. Per delle proposte modificative v. X. XXXXXXXXX, Violenza pubblica potenzialmente letale e diritto alla vita ex art. 2 CEDU, cit., p. 23 e ss.
138 Recentemente, in tema, v. A. CAVALIERE, L9art. 53 c.p. e la vita del ragazzo che fugge, in Dir. giust. min., 1.02.2020, p. 19 e ss., spec. p. 27 e ss. L9Autore richiama con toni opportunamente critici Xxxx. pen., sez. IV, sent. n. 20031 del 6.02.2003 (dep. 2.05.2003), ove, previa premessa sui rapporti tra diritto interno e diritto
C.E.E. e disapplicazione del primo in favore del secondo, è stato direttamente applicato l9art. 2 par. 2 CEDU in senso letterale, tacendo dell9interpretazione datane dalla Corte a ciò preposta: «Non v9ha dubbio quindi che nel caso in specie la norma di cui all9art. 2, n. 2 della Convenzione Europea dei diritti dell9uomo adottata in data 4 novembre 1950, secondo la quale è legittimo l9uso delle armi anche quando si tratti di effettuare un regolare arresto non poteva non trovare applicazione, con la conseguenza che legittimamente F. aveva esploso i colpi con la pistola di ordinanza, al fine di bloccare la fuga spericolata dei rapinatori e assicurarli alla giustizia e recuperare il bottino». Analogamente, v. anche A. TAMIETTI, Un caso di cattiva applicazione della Convenzione europea dei Diritti dell9Uomo tra confusione con il diritto comunitario e interpretazione restrittiva del diritto alla vita, in Cass. pen., n. 12/2003, p. 3834 e ss.
Segnatamente, dalla giurisprudenza dei giudici di Strasburgo parrebbe potersi dedurre la giustificazione dell9uso delle armi da parte di un poliziotto anche qualora il pericolo rappresentato dalla vittima non sia immediato, ma rivolto al futuro139. Di tutta evidenza, trattasi di un criterio difficilmente dominabile, che, se non ulteriormente dettagliato, potrebbe prestarsi ad abusi.
Per un verso, imporrebbe al singolo agente una complessa ponderazione difficilmente esigibile soprattutto in situazioni di estrema concitazione come ove si faccia uso di un9arma da fuoco contro un fuggiasco.
Per altro verso, rischierebbe di essere discriminatorio in quanto giustificante il ricorso alla forza letale nei confronti tendenzialmente di soggetti imputati o condannati per reati gravi e non di altri.
Paradossalmente, il requisito dell9attualità del pericolo (ad oggi certamente esistente a livello di normativa nazionale) verrebbe a essere stemperato in favore di una gravità dello stesso, ancorata a dati solo apparentemente concreti e soggettivi. In questo senso, non può non dirsi che siffatto esame non sarebbe né stringente, se condotto al di fuori della dinamica del fatto, né individualizzato, qualora si fondi su dati quali misure cautelari e precedenti giudiziari140.
Per quanto concerne l9art. 2 CEDU, la Corte EDU (oramai, con una giurisprudenza consolidata) esclude che l9assoluta necessità possa sussistere quando la persona che deve essere arrestata non rappresenta una minaccia per la vita o l9integrità fisica per alcuno e non è sospettata di aver commesso un reato violento, anche se, da tale rinuncia all9azione, derivi l9impossibilità di procedere al suo arresto141.
In riferimento all9art. 53 c.p., i giudici di legittimità hanno affermato che «la scriminante dell9uso legittimo delle armi è configurabile anche quando l9attività dell9agente è posta in essere nel corso della fuga dei malviventi, purché detta fuga non sia finalizzata esclusivamente alla conservazione dello stato di libertà ma, per le sue modalità, determini l9insorgere di pericoli per l9incolumità di terzi» (quali, come nel caso esaminato dalla
139 Problematicamente v. X. XXXXXXXXX, Violenza pubblica potenzialmente letale e diritto alla vita ex art. 2 CEDU, cit., p. 19.
140 Sulla esistenza di parti motive di pronunce della Suprema Corte ove si rinvengono dei tentativi esegetici volti a legittimare l9uso della forza letale a mezzo di arma da fuoco attraverso la valutazione della pericolosità del fuggitivo imperniata sull9analisi del suo casellario giudiziale v. A. CAVALIERE, L9art. 53 c.p. e la vita del ragazzo che fugge, cit., p. 23. Per delle evenienze nelle quali l9intervento dell9agente in situazioni di pericolo attuale e concreto risulta rientrare non tanto nell9uso legittimo delle armi per vincere una resistenza, ma bensì nella legittima difesa v. ivi, p. 32.
141 Cfr. X.XXX, Grande Camera, sent. 6 luglio 2005, Xxxxxxx e altri c. Bulgaria, par. 95 e X.XXX, sez. II, sent. 29 marzo 2011, Xxxxxx e altri c. Italia, par. 63. Cfr. supra, cap. II, par. 2.
Suprema Corte nella sentenza citata, l9aver continuato durante la fuga ad esplodere colpi d9arma da fuoco nonché l9aver preso in ostaggio tre persone)142.
Insomma, la legittima difesa e l9uso legittimo delle armi143, per come interpretati dai giudici nazionali, possono dirsi in linea con gli obblighi positivi di tutela penale derivanti dall9art. 2 CEDU pretesi nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo144. Cionondimeno, rimane auspicabile una implementazione della normativa sull9uso delle armi da fuoco da parte delle forze dell9ordine, che permetta di chiarire a quali indicazioni operative debba attenersi l9agente concreto al momento di dover ponderare se e come farvi ricorso145 e che sia aderente ai UN Basic principles on the Use of Force and Firearms by Law Enforcement Officials.
Guardando alla legittima difesa c.d. domiciliare, riformata nel 2006146 e, poi, nel 2019147, le relative presunzioni di proporzionalità e di necessità della reazione difensiva potrebbero porsi in diametrale contrasto con l9art. 2 par. 2 CEDU proprio sulla base della considerazione
142 Cass. pen., sez. IV, sent. n. 6719 del 22 maggio 2014 (dep. 16 febbraio 2015). Con nota di X. XXXXXXXXXX, L9uso legittimo delle armi tra l9affermazione del principio di proporzionalità e le incertezze giurisprudenziali in materia di fuga, in Dir. pen. cont., 31.07.2015, p. 1 e ss. Cfr. anche Cass. pen., sez. IV, sent. n. 9961 del 7 giugno 2000 (dep. 22 settembre 2000).
143 Sulla opportunità di tracciare una distinzione tra le regole di carattere generale e quelle riferite agli agenti statali v. X.X. XXXXXXXXXXX, Human Rights and Personal Self-Defense, Oxford, 2017, p. 244.
144 Cfr. X. XXXXXXX, Art. 2 3 Diritto alla vita, cit., pp. 53-54. Contra, con riferimento all9art. 52 x.x., X. XXXXXXXX, La nuova legittima difesa domiciliare tra abolitio criminis e successione di leggi penali nel tempo, in Leg. pen., 24.02.2020, p. 12 e F. CONSULICH, La riforma della legittima difesa: prove tecniche di diritto senza giustizia, in Dir. pen. cont., n. 3/2019, p. 16, mentre, con riguardo all9art. 53 c.p. (in special modo per le sue «vaghezza» e «imprecisione»), A. XXXXXXX, L9<Assoluzione piena= dell9Italia nel caso Xxxxxxxx, cit., p. 16 e X. XXXXXX, L9influenza delle norme sovranazionali nel giudizio di <antigiuridicità= del fatto tipico, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 3/2009, p. 1083. Xxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxx accennano inoltre alle disposizioni speciali di uso legittimo delle armi relative al contrabbando e agli attraversamenti abusivi della frontiera. Non diversamente da quanto appena sostenuto, occorrerà anche in entrambi tali ambiti accertarsi se l9interpretazione dei giudici comuni faccia rientrare nelle rispettive fattispecie di riferimento il binomio proporzionalità-necessità. In questa eventualità, non si ravvisano ragioni certe perché rebus sic stantibus si possano registrare violazioni in sede CEDU.
145 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 61 e X. XXXXXX, Obblighi convenzionali di tutela penale?, cit., p. 292 e ss. Un modello dal quale prendere esempio potrebbe essere quello rappresentato dal Polizeirecht tedesco, che racchiude le regole di ingaggio per le forze dell9ordine. Cfr. X. XXXXXXXXX, L9uso delle armi da fuoco da parte della polizia nell9attuale esperienza giuridica tedesca, in Criminalia, 2014, p. 589 e ss.
146 Tra gli altri, v. A. XXXXXXX, I nuovi spazi della legittima difesa nel panorama di un diritto penale 88mediatico99, in C. PIEMONTESE (a cura di), La riforma della legittima difesa e della recidiva tra teoria e prassi, Torino, 2008, p. 11 e ss.; X. XXXXXXXX, Un modello di equilibrio normativo minato da ambiguità e incertezze, in Guida dir., n. 13/2006, p. 52 e ss.; A. GARGANI, Il diritto di autotutela in un privato domicilio (l. 13 febbraio 2006, n. 59), in Stud. iur., n. 9/2006, p. 960 e ss.; X.X. XXXXXXX, La difesa legittima territoriale (ovvero un paradigma orientato sulla sproporzione), in Leg. pen., n. 4/2006, p. 569; A. XXXXXXX, La legittima difesa domiciliare (c.d. 88sproporzionata99 o 88allargata99): molto fumo e poco arrosto, in Dir. pen. proc., n. 4/2006, p. 434 e ss.; E. XXXXXXX, La riforma della legittima difesa: leggi 88sacrosante99 e valore della vita umana, in Dir. pen. proc., n. 4/2006, p. 431 e ss.; X. XXXXXXXXX, Legittima difesa comune e legittima difesa speciale, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2006, p. 432 e ss.; e X. XXXXXX, Xxxxx 88nuova99 legittima difesa, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 1/2006, p. 189 e ss.
147 Inter alia, v. C.F. XXXXXX, La difesa legittima dopo la L. 26 aprile 2019, n. 102, in Dir. pen. proc., n. 7/2019, p. 885 e ss. e F. PALAZZO, Il volto del sistema penale e le riforme in atto, in Dir. pen. proc., n. 1/2019,
p. 5 e ss. Per una lettura congiunta delle due riforme v., tra gli altri, X. XXXXXXXX, Introduzione, in ID. (a cura di), Quando la difesa è legittima? Il diritto della paura e la paura del diritto, Milano, 2020, p. XI e ss. e X. XXXXX, Xxx lascia la via vecchia..., in X. XXXXXXXX (a cura di), Quando la difesa è legittima? Il diritto della paura e la paura del diritto, Milano, 2020, p. 1 e ss.
che quest9ultimo impone la sussistenza di una assoluta necessità affinché possa essere giustificata la violazione del diritto alla vita148.
Xxxxxx, come noto, l9intervento della giurisprudenza della Suprema Corte ha
<ammortizzato= l9impatto della modifica del 2006, richiedendo sempre sia la proporzionalità tra i beni in evidenza sia la necessità della reazione. Proprio tale interventismo riduzionistico di matrice giudiziale può aver rappresentato un argine a una violazione dell9art. 2 CEDU e quindi a una declaratoria di incostituzionalità che adotti tale previsione quale parametro interposto149.
Considerato il fondamento nella Costituzione e nella Convenzione EDU, è ragionevole attendersi che si avrà una riedizione e una stabilizzazione di questo modus operandi anche per l9interpolazione del 2019 (il che è evincibile già dalle pronunce di legittimità, cfr. infra). Insomma, come in passato si è esclusa la presunzione della proporzionalità, si escluderà oggi quella della necessità. In quest9ottica, l9azione ortopedica 3 mirata a tradurre nel dettato legislativo i principi di rango costituzionale (specialmente la superiorità del bene vita rispetto a quello patrimonio) 3 determinerebbe una persistenza della necessarietà e della inevitabilità della condotta reattiva del soggetto.
Lo studio del novellato art. 52 c.p. sconta l9esistenza di pronunce della Corte europea dei dritti dell9uomo su ricorsi riguardanti le inosservanze del diritto alla vita affette da un duplice ordine di problemi, fra loro in relazione: da un lato, la storicità di tali decisioni (che quindi non hanno affrontato le riforme degli ultimi anni); e, dall9altro, il contesto nelle quali sono state emesse (non di autotutela privata).
Ciò è stato opportunamente segnalato nella dottrina, una parte della quale ha conseguentemente ritenuto le positive obligations inesistenti150. Diversamente, altra parte di essa si è espressa in senso esattamente contrario151.
148 Xxx profili problematici della riforma di cui alla l. n. 59 del 2006 nell9ottica della Convenzione EDU v. X. XXXXXXXXX, <Nuova= legittima difesa e convenzione europea dei diritti dell9uomo, in Ind. pen., n. 2/2009, p. 686 ss. e F. CONSORTE, La presunzione di proporzione in una prospettiva internazionale: spunti interpretativi, in Cass. pen., nn. 7-8/2006, p. 2653 e ss.
149 Così incontrando l9auspicio di una interpretazione di tipo restrittivo e orientato secondo CEDU, che appunto scongiurerebbe il rischio di declaratorie ablative del dettato normativo sotto esame. Cfr. X. XXXXXX, Obblighi convenzionali di tutela penale?, cit., p. 292 e ID., L9arbitrio del non punire, cit., p. 2678 e ss.
150 Cfr. A. GARGANI, Diritto alla vita e autotutela privata di beni patrimoniali, cit., p. 9 e ss. L9Autore afferma che «l9idea secondo cui sul versante dell9autotutela privata sarebbero configurabili obblighi positivi di tutela penale o di interpretazione conforme all9art. 2 C.E.D.U. si traduce in una forzatura allo stato attuale. [&] Fino a prova contraria, se obblighi convenzionali di tutela e di interpretazione restrittiva della norma scriminante in riferimento all9art. 2 C.E.D.U. sono ipotizzabili nei limiti e in conformità dell9interpretazione data a tale disposizione dalla giurisprudenza di Strasburgo, si deve concludere nel senso dell9attuale infondatezza dei predetti effetti espansivi dell9area del penalmente rilevante».
151 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 66. L9Autrice si domanda retoricamente: «Che senso avrebbe richiedere agli Stati uno sforzo dal punto di vista normativo e operativo per proteggere la vita degli individui, sulla base dell9obbligo positivo di tutela discendente dall9art. 2 C.E.D.U., e consentire eccezioni ad esso solo
Indubbiamente, tale silenzio a livello della Convenzione europea dei diritti dell9uomo genera un9incertezza che offre il fianco a molteplici argomentazioni, talune anche estremamente limitative del diritto alla vita, confinanti con teorie proprie di ordinamenti distanti dal nostro152.
Tentando di intravedere possibili sviluppi futuri, non si può escludere che vengano depositati dei ricorsi che affrontino tali problematiche e che gli stessi siano in seguito ammessi al giudizio dei giudici di Strasburgo: pare infatti che la mancanza di sentenze siffatte non sia di per sé sola indicatrice di una loro categorica esclusione.
La Corte EDU ha in effetti iniziato a pretendere obblighi positivi di tutela penale non solamente con riguardo a condotte di soggetti individuati rispetto a vittime identificate o identificabili, ma anche con riferimento a violazioni o azioni pericolose poste in essere da persone indeterminate nei riguardi della generalità dei consociati (cfr. supra, cap. II, par. 1.2).
Pertanto, se dovesse svilupparsi (il che non è affatto inverosimile) un orientamento analogo anche rispetto all9art. 2 par. 2 CEDU nei casi di autodifesa di privati ben potrebbe profilarsi un conflitto tra la norma nazionale e quella CEDU. Parallelamente, fintantoché le corti italiane dovessero mantenere un atteggiamento di resistenza a una piena attuazione del dettato degli artt. 52 e 55 c.p. nelle versioni in vigore, tale conflitto rimarrebbe privo di mordente.
Come verificatosi in Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, i giudici di Strasburgo, pur potendo essere mosse delle critiche in astratto alle due disposizioni, potrebbero ragionevolmente giungere a ritenerle in armonia con la Convenzione EDU in concreto sulla base dell9esistenza di una lettura ad essa conforme promossa da parte dei giudici nazionali chiamati a decidere. Insomma, il problema normativo-legislativo verrebbe saltato attraverso una soluzione interpretativa, potenzialmente sia di merito sia di legittimità.
Certamente, permane un interrogativo, invero più profondo, circa il rispetto del principio di legalità in senso sostanziale. Di fronte all9alternativa esistente tra una interpretatio abrogans oppure una normativa sulla carta in contrasto con la CEDU, vi è dunque chi ha proposto di
nei casi [in cui] ciò sia assolutamente necessario per difendere ogni persona da una violenza illegittima, per poi rimanere indifferente dinanzi a quadri normativi nazionali in materia di legittima difesa che concedano ampi spazi d9impunità con riguardo a condotte gravemente lesive del diritto al vita, in mancanza di quel presupposto di assoluta necessità, che solo può legittimare una violazione o una messa in pericolo del bene della vita?».
152 Cfr. A. GARGANI, Diritto alla vita e autotutela privata di beni patrimoniali, cit., p. 15, il quale conclude, anche con riferimento alla castle doctrine nordamericana, che «Il carattere, per certi aspetti, ancora <virtuale= e potenziale della violazione dell9art. 2 CEDU, produce, in definitiva, l9effetto di indebolire le difese immunitarie degli ordinamenti nazionali nei confronti delle derive <law and order=».
percorrere la strada della posizione di una questione di legittimità costituzionale per contrasto con l9art. 117 Cost., adottando quale parametro interposto l9art. 2 CEDU153.
In particolare, tale censura della normativa nazionale si inquadrerebbe nel sindacato della Corte costituzionale sulle <norme penali di favore=; secondo il quale, è noto, il principio di legalità, malgrado osti alla configurazione di nuove fattispecie penali, è compatibile con la declaratoria di inconstituzionalità di un9intera disposizione qualora quest9ultima crei un
<vuoto di tutela= poiché tale operazione ingenera solamente una <riespansione= della disciplina previgente (come articolato soprattutto nelle sentenze nn. 148 del 1983 e 394 del 2006)154.
Pur ammettendo che tale teorica possa trovare fortuna anche in relazione alla legittima difesa domiciliare ex art. 52 co. 4 c.p., rimane tutt9ora immatura l9evoluzione della giurisprudenza della Corte EDU per poter anticipare con certezza una censura di incostituzionalità di tale nuova disposizione.
Del resto, deve tenersi a mente l9approccio (per quanto criticabile) della Consulta con riguardo alla interpretazione delle sentenze dei giudici di Strasburgo, in relazione alle quali per una declaratoria di incostituzionalità si richiede, è notorio, la presenza dei requisiti di un diritto consolidato o di una sentenza pilota.
Quanto al primo, occorre verificare la ricorrenza di indici quali: «la creatività del principio affermato, rispetto al solco tradizionale della giurisprudenza europea; gli eventuali punti di distinguo, o persino di contrasto, nei confronti di altre pronunce della Corte di Strasburgo; la ricorrenza di opinioni dissenzienti, specie se alimentate da robuste deduzioni; la circostanza che quanto deciso promana da una sezione semplice, e non ha ricevuto l9avallo della Grande Camera; il dubbio che, nel caso di specie, il giudice europeo non sia stato posto in condizione di apprezzare i tratti peculiari dell9ordinamento giuridico nazionale, estendendovi criteri di giudizio elaborati nei confronti di altri Stati aderenti che, alla luce di quei tratti, si mostrano invece poco confacenti al caso italiano»155.
Rispetto al secondo, invece, deve trattarsi della omonima tipologia di pronunciamento della Corte EDU, come disciplinata dall9art. 61 del Regolamento: «La Corte può decidere di
153 Cfr. X. XXXXXX, Una proposta di ricostruzione degli obblighi positivi di tutela penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo, cit., p. 67 e ss. e L. RISICATO, Le interferenze tra antigiuridicità, colpevolezza, e punibilità nella nuova legittima difesa domiciliare, in Leg. pen., 28.06.2019, p. 8 e ss. Sulla possibilità di interventi ablativi a livello costituzionale discendenti dalle positive obligations v., in senso favorevole, X. XXXXXX, L9arbitrio del non punire, cit., p. 2696 e ss. e, in senso contrario, X. XXXXX, Il giudice nel labirinto, cit., p. 128.
154 Cfr. ibidem. Rileva l9esistenza di un ruolo di «custode attivo» della democrazia dei giudici delle leggi X. XXXXX, L9evoluzione del rapporto tra Corte e giudici comuni nell9attuazione del <volto costituzionale= dell9illecito penale, in X. XXXXX 3 X. XXXXXXXXX, La legge penale illegittima. Metodo, itinerari e limiti della questione di costituzionalità in materia penale, Torino, 2019, p. 44 e ss.
155 Corte cost., sent. n. 49 del 14 gennaio 2015 (dep. 26 marzo 2015), par. 7.
applicare la procedura della sentenza pilota e adottare una sentenza pilota quando i fatti all9origine di un ricorso presentato innanzi ad essa rivelano l9esistenza, nella Parte contraente interessata, di un problema strutturale o sistemico o di un9altra disfunzione simile che ha dato luogo o potrebbe dare luogo alla presentazione di altri ricorsi analoghi»156.
Pertanto, poiché solamente innanzi a un diritto consolidato o a una sentenza pilota vi è un vincolo al recepimento del dictum dei giudici di Strasburgo157, non si può che dubitare della sussistenza attualmente delle condizioni per poter prefigurare tale esito ablativo.
Difettando decisioni della Corte EDU relative all9applicazione dell9art. 2 par. 2 CEDU ai rapporti interprivati, infatti, mancano i presupposti minimi necessari per poter ritenere che un giudice nazionale sia effettivamente vincolato alla posizione di una questione di costituzionalità dell9art. 52 c.p.
A maggior ragione, fintantoché l9indirizzo giurisprudenziale di legittimità si atterrà su di una interpretazione adeguatrice della legittima difesa, ove vengono mantenuti come imprescindibili, benché in via surrettizia, i due pilastri della proporzionalità tra i valori dei beni giuridici in gioco e della assoluta necessità della reazione difensiva pare difficile che vengano a esistenza i presupposti <di fatto= per una pronuncia di condanna dell9Italia.
Ciò è evincibile anche da un approfondimento di carattere storico, che porta a guardare alla sentenza decisa in composizione di Grande Camera nel caso Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia.
I giudici di Strasburgo, in quella sede, hanno chiarito che un dettato normativo nazionale difforme rispetto a quello della Convenzione EDU 3 proprio riguardante l9assolutezza della necessità della reazione difensiva riguardo agli artt. 52 e 53 c.p., peraltro 3 rappresenta una discrasia superabile per via interpretativa158, disinnescando, in conseguenza di ciò, eventuali contrasti con la CEDU159.
In proposito, la giurisprudenza della Corte di Cassazione sembra già dimostrarsi sensibile alle esigenze di tutela aventi come fonti sia la Costituzione sia la Convenzione EDU.
Recentemente, ha infatti stabilito che il rinvio che il nuovo comma 4 dell9art. 52 c.p. opera ai casi di cui ai relativi commi 2 e 3 deve essere letto come un rimando integrale a tali ultimi due commi, anche relativamente alla presunzione del solo requisito della proporzione.
156 Art. 61 Regolamento della Corte europea dei diritti dell9uomo.
157 Attraverso, alternativamente, un adeguamento del criterio di giudizio per superare eventuali contrasti con la legge nazionale, oppure, qualora questo non sia possibile, la promozione di un incidente di legittimità costituzionale.
158 Il passaggio rilevante in lingua inglese è il seguente: «This is a difference in the wording of the law which can be overcome by the interpretation of the domestic courts» X.XXX, Grande Camera, sent. 24 marzo 2011, Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia, par. 214.
159 In passato, tale esito era già stato anticipato da F. PALAZZO 3 A. XXXXXXXX, La convenzione europea dei diritti dell9uomo e la politica criminale italiana: intersezioni e lontananze, in Riv. int. dir. uomo, n. 3/1988, pp. 42-43, i quali ammettevano che sul piano del diritto vivente la frizione con l9art. 2 CEDU fosse diminuita in ragione dell9interpretazione riduttiva della causa di giustificazione ad opera delle corti nazionali.
Pertanto, si pone la necessità dell9accertamento dell9attualità del pericolo e del requisito della necessità della reazione, non essendo presumibili precisamente alla stregua dei predetti commi 2 e 3160.
A ben vedere 3 non diversamente da quanto svolto con rispetto alla responsabilità per colpa grave dovuta a imperizia nell9ambito della responsabilità medica in relazione alla causa di non punibilità dell9art. 590 sexies c.p. dalla pronuncia emessa a Sezioni Unite c.d. Xxxxxxxx del 2018161 3 i giudici di legittimità, attraverso una operazione ermeneutica, uniformano la legge nazionale che esclude la sanzione penale alla protezione del diritto alla vita.
Tale manovra interpretativa, invero piuttosto audace o disinvolta se si esaminano congiuntamente il dato della lettera della norma e dei lavori parlamentari di entrambi gli interventi di modifica qui posti affianco, ha carattere manipolativo e porta con sé effetti additivi in malam partem.
Per un verso, si selezionano i termini di paragone per la sussistenza dell9elemento della proporzionalità, scegliendo tra: i mezzi usati e la condotta tenuta; i beni giuridici in contrapposizione; l9azione e la reazione162.
Per altro verso, il trapianto prima dell9elemento della proporzionalità e poi di quello della necessità all9art. 52 c.p. provoca la conseguenza di ridurre sensibilmente la sfera di applicabilità della esimente.
160 Cfr., da ultimo, Cass. pen., sez. I, sent. n. 23977 del 12 aprile 2022 (dep. 22 giugno 2022), par. 3.3. Inoltre, ha precisato che: «Si tratta dell9unica interpretazione percorribile, perché costituzionalmente e convenzionalmente orientata: infatti, se anche si volesse ritenere ragionevole un9eventuale presunzione di necessità della difesa, cioè conforme all9id quod plerumque accidit, quest9ultima sarebbe contraria all9art. 117, comma 1 Cost., in rapporto all9art. 2, comma 2, lett. a) XXXX, che tutela il diritto alla vita anche nei confronti dell9intruso. In altri termini, rispetto alla legittima difesa con esito letale, il requisito della necessità è convenzionalmente imposto e non può essere oggetto di alcuna presunzione legale, come osservato anche dalla dottrina». Per un precedente conforme x. Xxxx. pen., sez. I, sent. n. 21794 del 20 febbraio 2020 (dep. 21 luglio 2020), con nota di P. PISA, La legittima difesa domiciliare: verso un9equilibrata lettura da parte della giurisprudenza, in Dir. pen. proc., n. 12/2020, pp. 1545-1547. Ricca di riferimenti alla giurisprudenza dei giudici di Strasburgo (al relativo par. 3.2.2 si citano i casi L.C.B. c. Regno Unito; Xxxxxx Xxxxxxx e altri c. Croazia; Xxxxxxxx e Gaggio c. Italia; Trévalec x. Xxxxxx; e Xxxxxxxxxx-Xxxxxxxxx c. Georgia) è Cass. pen., sez. I, sent. n. 49883 del 10 ottobre 2019 (dep. 10 dicembre 2019), con note di X. XXXXXX, In tema di legittima difesa domiciliare, in Foro it., n. 3/2021, p. 195 e ss.; A. DE LIA, Xxxxx note a margine della legittima difesa domiciliare, tra spinte legislative securitarie, controspinte dottrinali ed incertezze giurisprudenziali, in Cass. pen., n. 10/2020, p. 3584 e ss.; e X. XXXX, Oggettivo e soggettivo nell9eccesso di difesa per <grave turbamento=, in Dir. pen. proc., n. 5/2020, p. 656 e ss.
161 Cfr. infra, cap. III, par. 10.1.
162 Per simili considerazioni con riferimento all9art. 53 c.p. v. A. CAVALIERE, L9art. 53 c.p. e la vita del ragazzo che fugge, cit., p. 26. Si tenga a mente che la quaestio delle <norme penali di favore= avrebbe meno capacità persuasiva con riferimento all9uso legittimo delle armi non foss9altro perché l9introduzione tale disposizione è assai più datata rispetto alle modifiche della legittima difesa del 2006 e del 2019, essendo stata introdotta con il codice penale nel 1930 e in seguito modificata nel 1975. Ritenere che con l9intervento ablativo si colmerebbe un vuoto di tutela con una riespansione della disciplina previgente parrebbe quantomeno una forzatura argomentativa. È piuttosto preferibile la proposta dell9Autore: nell9attuale quadro costituzionale, la «via maestra» rimane l9intervento legislativo. Sull9assenza di ipotesi omologhe all9art. 53 c.p. in altri ordinamenti europei, ove le situazioni coperte da tale norma rientrano negli equivalenti degli artt. 51 e 52 c.p., v. E. MEZZETTI, Uso legittimo delle armi, in Digesto. Discipline penalistiche, Torino, 1999, p. 126.
In definitiva, il combinato disposto della mancanza di pronunce della Corte EDU sulla legittima difesa (specie di quella post riforma del 2019) in relazione ai rapporti orizzontali tra consociati in uno con la tendenza della Suprema Corte a domandare la ricorrenza di entrambi i requisiti della proporzionalità (in rapporto alla tutela del diritto alla vita) e della necessità (in senso assoluto) lasciano presagire che l9eventualità di una declaratoria di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale dell9art. 52 co. 4 c.p. secondo lo schema delle <norme penali di favore= sia ancora remota, soprattutto considerato il livello preteso da quest9ultima perché possa essere ravvisato un vincolo interpretativo per il giudice nazionale (i.e., il diritto consolidato e la pronuncia pilota).
Ciononostante, possibili sviluppi di tipo giurisprudenziale relativi al principio della c.d. Xxxxxxxxxxxx da parte giudici di Strasburgo (sulla scorta di loro precedenti relativi proprio all9art. 2 CEDU) rendono tale scenario nient9affatto totalmente implausibile.
Come si constaterà a seguire (cfr. infra, cap. II, par. 5), vi sono già state delle avvisaglie di tale tipologia di intervento relativamente a delle esimenti, seppur con precipuo riferimento all9art. 3 CEDU.
3. Gli obblighi di protezione dalla tortura e dai trattamenti inumani o degradanti (Rinvio)
Il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti è custodito all9art. 3 CEDU163. Rappresenta un valore fondante della Convenzione europea dei diritti dell9uomo e, dunque, non è né derogabile, neppure in caso di guerra oppure di pericolo pubblico per la nazione (come previsto dall9art. 15 CEDU), né giustificabile, financo nelle evenienze tra le più estreme, quali quelle della minaccia mafiosa o terroristica. L9ambito di applicazione della disposizione si esplica in senso sia verticale (nei rapporti tra lo Stato e il cittadino) sia orizzontale (tra i consociati).
163 Cfr. X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, in X. XXXXXXX 3 X. XXXXXX (a cura di), Corte di Strasburgo e giustizia penale, Torino, 2022, p. 77 e ss.; N. MAVRONICOLA, Torture, Inhumanity and Degradation under Article 3 of the ECHR. Absolute Rights and Absolute Wrongs, Oxford, 2021, spec. p. 128 e ss.; V. ZAGREBELSKY, Divieto di tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti, in V. ZAGREBELSKY 3 X. XXXXXX 3 X. XXXXXX, Manuale dei diritti fondamentali in Europa, Bologna, 2019, p. 175 e ss.; D.J. XXXXXX 3 M. O9BOYLE 3 X.X. XXXXX 3 X.X. XXXXXXX, Law of the European Convention on Human Rights, cit., p. 237 e ss.; e X. XXXXXXXX, sub art. 3 Cedu, in X. XXXXXXX 3 P. DE SENA 3 V. ZAGREBELSKY (a cura di), Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell9uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2012, p. 63 e ss.
Nel tempo, il novero delle situazioni riconducibili al divieto di tortura ha conosciuto un ampliamento, tanto che essa è stata elevata a «norma cardine per la tutela dell9integrità psico- fisica dell9individuo»164, giungendo spesso a lambire i confini degli artt. 2 CEDU e 8 CEDU. Rispetto al già trattato art. 2 CEDU, l9art. 3 CEDU presenta, nell9interpretazione della Corte europea dei diritti dell9uomo, degli aspetti caratteristici, che lo rendono in parte diverso e in parte simile al diritto alla vita.
Quanto a quelli che lo rendono diverso, considerato che l9omicidio volontario è ovviamente punito in tutti gli ordinamenti degli Stati Membri del Consiglio d9Europa il problema dell9obbligo di incriminazione delle condotte che violino la CEDU in tal senso è scarsamente avvertito. Lo stesso, invece, non può essere detto per la tortura, come ben esemplificato nella casistica riguardante le attività della polizia (anche riferita all9Italia), che verrà analizzata nel prosieguo (cfr. infra, cap. II, par. 4).
Rispetto ai secondi, in maniera speculare al diritto alla vita, i Paesi Parte sono gravati da positive obligations di protezione dal pericolo per l9integrità fisica di persone determinate. Molti degli aspetti già affrontati nel paragrafo dedicato (cfr. supra, cap. II, par. 1) si ritrovano anche in riferimento all9art. 3 CEDU. Essi verranno dunque rapidamente presi in esame ora (rinviando alla trattazione precedente laddove utile), per poi dedicare un maggiore spazio di approfondimento agli obblighi di incriminazione sopracitati.
Della sovrapposizione degli indirizzi giurisprudenziali di cui agli artt. 2 e 3 CEDU ci si avvede soprattutto guardando al settore della violenza di genere, ove le pronunce di condanna nei confronti degli Stati Membri spesso riguardano la violazione sia dell9uno sia dell9altro. Esempi di questo modus operandi si trovano nei casi già menzionati e analizzati supra al cap. II, par. 1.1, come Opuz c. Turchia e altresì Talpis c. Italia165.
Con la sentenza emessa nel caso Z e altri c. Regno Unito166 la pretesa di tutela del divieto di tortura è stata estesa in senso orizzontale, rispetto cioè ai rapporti inter-privati, mutuando i relativi criteri accertativi dall9Osman test (riferito, lo si è visto sempre nel cap. II, par. 1.1, al diritto alla vita)167.
164 X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, cit., p. 78.
165 Cfr. X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, cit., pp. 86-90. Sulla riconducibilità di tale giurisprudenza non all9«idealtipo della tortura» quanto ai maltrattamenti in famiglia e agli atti persecutori
v. però X. XXXXXXXX, Il delitto di tortura. L9attualità di un crimine antico, Bari, 2018, p. 261. Sui rapporti tra gender-based violence e reato di tortura v. M. XXXXX, Rape as torture: il contrasto alla violenza di genere che passa attraverso la proibizione della tortura, in Criminalia, 2023, p. 1 e ss.
166 X.XXX, Grande Camera, sent. 10 maggio 2001, Z e altri c. Regno Unito. Con nota di A. DI STEFANO, Public Authority Liability in Negligence e diritto ad un ricorso effettivo nell9ordinamento britannico. Nota alla sentenza della Corte europea dei diritti dell9uomo nel caso Z e altri c. Regno Unito, in Riv. int. dir. um., n. 1/2003, p. 97 e ss.
167 Cfr. A. XXXXXXX, The Development of Positive Obligations under the European Convention on Human Rights by the European Court of Human Rights, cit., pp. 45-46.
Il caso traeva origine da un ricorso presentato il 9 ottobre 1995 da cinque cittadini britannici, i quali sostenevano che le autorità pubbliche locali non avessero adottato misure di protezione adeguate in relazione alla grave trascuratezza e agli abusi di cui erano stati vittime ad opera dei loro genitori, invocando, tra l9altro, l9art. 3 CEDU.
La Corte europea dei diritti dell9uomo si è dedicata a valutare la fondatezza dell9asserita violazione del divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti.
Innanzitutto, i giudici di Strasburgo hanno affermato che il combinato disposto degli artt. 1 e 3 CEDU impone agli Stati Membri di adottare misure volte a garantire che gli individui rientranti nella loro giurisdizione non siano sottoposti a tortura o a trattamenti inumani o degradanti, compresi i maltrattamenti subiti da privati. Segnatamente, queste misure dovrebbero fornire una protezione efficace, in particolare, ai bambini e ad altre persone vulnerabili e includere misure ragionevoli per prevenire i maltrattamenti di cui le autorità erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza168.
Nel decidere sulla vicenda, la Corte EDU ha innanzitutto stabilito che ciò che al tempo avevano patito i ricorrenti avesse raggiunto il livello di trattamento inumano e degradante. Quanto alla verifica della responsabilità statale, parametrata sul criterio del had or ought to have had knowledge, sono stati valorizzati taluni elementi fattuali169.
Pertanto, pur tenendo a mente le decisioni difficili e delicate che i servizi sociali si trovano a compiere e l9importante principio del rispetto e della conservazione della vita familiare, i giudici di Strasburgo hanno ravvisato una violazione dell9art. 3 CEDU poiché non vi erano dubbi su come si fosse verificato un system failure quanto alla protezione di quei bambini da gravi e prolungati negligenze e abusi.
La Corte europea dei diritti dell9uomo, con la decisione nel caso qui preso in esame, ha inaugurato una giurisprudenza innovativa sul divieto di tortura e trattamenti inumani o
168 «[&] The obligation on High Contracting Parties under Article 1 of the Convention to secure to everyone within their jurisdiction the rights and freedoms defined in the Convention, taken in conjunction with Article 3, requires States to take measures designed to ensure that individuals within their jurisdiction are not subjected to torture or inhuman or degrading treatment, including such ill-treatment administered by private individuals (see A. v. the United Kingdom, judgment of 23 September 1998, Reports of Judgments and Decisions 19981VI,
p. 2699, § 22). These measures should provide effective protection, in particular, of children and other vulnerable persons and include reasonable steps to prevent ill-treatment of which the authorities had or ought to have had knowledge (see, mutatis mutandis, Xxxxx v. the United Kingdom, judgment of 28 October 1998, Reports 1998-VIII, pp. 3159-60, § 116)» X.XXX, Grande Camera, sent. 10 maggio 2001, Z e altri c. Regno Unito, par. 73.
169 L9effettiva conoscenza dei trattamenti sin dal 1987 da parte delle autorità locali; la responsabilità di proteggere i bambini e la possibilità di adottare la misura dell9allontanamento dalla casa familiare; l9ottenimento di cure di emergenza solamente nel 1992 e su insistenza della madre; l9aver patito esperienze orribili, secondo la definizione del consulente psichiatra infantile; e l9essere stati destinatari di una <terribile negligenza= per un lungo periodo e l9aver subito danni fisici e psicologici direttamente attribuibili a un reato caratterizzato da violenza, secondo la Criminal Injuries Compensation Board.
degradanti, riprendendo concetti già espressi con riferimento all9art. 2 CEDU, sotto due aspetti.
In primis, ha esteso il novero delle situazioni rispetto alle quali lo Stato Membro è onerato da positive obligations: non solamente per condotte attribuibili a soggetti che sono inquadrati nella Pubblica Amministrazione, ma anche per quelle poste in essere da privati. Il dovere di attivarsi delle autorità nazionali, dunque, si esplica altresì nei rapporti intercorrenti fra i consociati, orizzontalmente. Evidente, qui, l9attuazione del principio della c.d. Xxxxxxxxxxxx. In secundis, ha trasferito i criteri dell9Osman test all9interno della disciplina dell9art. 3 CEDU. Gli elementi presi in considerazione per pronunciarsi sulla violazione degli obblighi positivi da parte del Paese, in effetti, sono sovrapponibili a quelli adoperati nella giurisprudenza afferente al diritto alla vita.
L9ancoraggio per questa svolta esegetica è ricavabile dal riferimento esplicito a due precedenti: A. c. Regno Unito (cfr. infra, cap. II, par. 5) e Xxxxx x. Regno Unito (cfr. supra, cap. II, par. 1.1).
In ragione di questo rinvio, può dirsi che i due diritti custoditi dalla Convenzione europea dei diritti dell9uomo si pongono in rapporto fra loro, quasi di tipo scalare. Uniformati i contesti applicativi, infatti, non resta che dirimere la qualificazione della inosservanza della CEDU, se essa, cioè, riguardi la vita oppure la dignità della persona.
Di certo, tale iniziativa permette di allargare l9ambito di applicazione dell9art. 3 CEDU, ma porta con sé, inevitabilmente, il rischio di una sua non sempre lineare distinzione rispetto alla disposizione che lo precede.
In effetti, si rivengono sentenze di condanna, pur concernenti il medesimo fenomeno criminoso, che si riferiscono talvolta all9una talvolta all9altra disposizione, come, ad esempio, per quanto riguarda la violenza di genere170.
Nella giurisprudenza più recente in tema di divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti sul piano orizzontale e l9applicazione alla sua esegesi dell9Osman test, spicca il caso O9Keeffe v. Ireland171.
170 Inter alia, v. Opuz c. Turchia e Talpis c. Italia. In quelle vicende, infatti, si è riscontrata una violazione dei due articoli. Cfr. supra, cap. II, par. 1.1. Sembrerebbe comunque che in presenza di un pericolo per la vita anche nei non-fatal cases venga preferito l9art. 2 CEDU. Cfr. X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, cit., p. 79.
171 X.XXX, Grande Camera, sent. 28 gennaio 2014, O9Keeffe c. Irlanda. Con note di X. XXXXXX, O9Keeffe v Ireland: The Liability of States for Failure to Provide an Effective System for the Detection and Prevention of Child Sexual Abuse in Education, in Modern Law Review, n. 1/2015, p. 151 e ss. e X. XXXXX, O9Keeffe v Ireland in Strasbourg: Punishing the Guilty?, in Dublin University Law Journal, n. 1/2015, p. 172 e ss.
La doglianza della ricorrente, per quanto riguarda l9art. 3 CEDU, si riferiva in special modo al sistema di istruzione primaria irlandese, che, a suo avviso, non l9aveva protetta dagli abusi sessuali subiti da un insegnante nel 1973.
La Corte europea dei diritti dell9uomo si è concentrata sul divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti, premettendo che la propria valutazione doveva fondarsi su quanto conosciuto allora e non sulla consapevolezza, esistente al momento della decisione, sul pericolo di violenze sessuali nelle strutture educative.
Riprendendo, tra gli altri, anche il caso Z e altri c. Regno Unito, i giudici di Strasburgo hanno confermato che, per quanto non ogni rischio di maltrattamento può comportare per le autorità pubbliche la positive obligation di adottare misure per evitare che il rischio di una inosservanza dell9art. 3 CEDU si concretizzi, cionondimeno esse dovrebbero almeno fornire una protezione efficace, specialmente rispetto ai bambini e alle altre persone vulnerabili, e dovrebbero prevenire i mistreatments di cui dette autorità erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza172. Dunque, considerando la natura fondamentale del divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti e la natura particolarmente vulnerabile dei fanciulli, è un obbligo intrinseco del governo assicurare la loro protezione dai maltrattamenti, specialmente nel contesto dell9istruzione primaria, attraverso l9adozione, se necessario, di misure e salvaguardie speciali173.
La Corte EDU ha poi spostato la propria attenzione sulle positive obligations to protect, affermando che per avere effetto deterrente quanto a condotte gravi come quelle evidenziate (abusi su minori) occorre adottare previsioni di natura penale che siano efficaci e vengano
<sostenute= da una «law-enforcement machinery»174.
172 «[&] Accordingly, not every risk of ill-treatment could entail for the authorities a Convention requirement to take measures to prevent that risk from materialising. However, the required measures should, at least, provide effective protection in particular of children and other vulnerable persons and should include reasonable steps to prevent ill-treatment of which the authorities had or ought to have had knowledge (see X and Y v. the Netherlands, 26 March 1985, §§ 21-27, Series A no. 91; A. v. the United Kingdom, 23 September 1998, § 22, Reports 19981VI; Z and Others v. the United Kingdom, [no. 29392/95], §§ 74-75[, ECHR 20011V];
D.P. and X.X. x. the United Kingdom, no. 38719/97, § 109, 10 October 2002; and M.C. v. Bulgaria, no. 39272/98, § 149, ECHR 20031XII)» X.XXX, Grande Camera, sent. 28 gennaio 2014, O9Keeffe c. Irlanda, par. 144.
173 «In sum, having regard to the fundamental nature of the rights guaranteed by Article 3 and the particularly vulnerable nature of children, it is an inherent obligation of government to ensure their protection from ill- treatment, especially in a primary-education context, through the adoption, as necessary, of special measures and safeguards» X.XXX, Grande Camera, sent. 28 gennaio 2014, O9Keeffe c. Irlanda, par. 146.
174 «As to the content of the positive obligation to protect, the Court observes that effective measures of deterrence against grave acts, such as those in issue in the present case, can only be achieved by the existence of effective criminal-law provisions backed up by law-enforcement machinery (see X and Y v. the Netherlands, cited above, § 27; as well as, for example, Xxxxxxxxx v. Croatia, no. 46423/06, § 71, 25 June 2009; Xxxxxx Xxxx v. Turkey, no. 22535/93, § 115, ECHR 20001III; and M.C. v. Bulgaria, cited above, § 150)» X.XXX, Grande Camera, sent. 28 gennaio 2014, O9Keeffe c. Irlanda, par. 148.
In definitiva, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che le autorità pubbliche nazionali erano o comunque avrebbero dovuto essere state a conoscenza degli abusi perpetrati presso le locali istituzioni scolastiche e che lo Stato irlandese non aveva adottato un quadro normativo capace di fornire una protezione efficace alla vittima. L9Irlanda, nella specie, pur perseguendo tali reati ad un tasso significativo, aveva tuttavia continuato ad affidare la gestione dell9istruzione primaria della stragrande maggioranza dei bambini irlandesi ad attori non statali (national schools), senza mettere in atto alcun meccanismo di controllo pubblico efficace contro i rischi di tali abusi175. Pertanto, la Corte EDU ha dichiarato la violazione dell9art. 3 CEDU sotto il profilo sostanziale.
La sentenza sopra illustrata ben rappresenta la «significancy» e la «potency» degli obblighi positivi di tutela penale176, specialmente nel contesto dell9affidamento a privati di servizi pubblici177.
Soprattutto, la Corte europea dei diritti dell9uomo ha ribadito l9esigenza di ricorrere allo strumento del diritto penale per reprimere le violazioni del divieto di tortura o di trattamenti inumani o degradanti. Essa si è in particolare pronunciata sussumendo in tale categoria gli abusi sessuali su minori e ravvisando una violazione dell9art. 3 CEDU, diversamente da quanto deciso nel caso X e altri c. Bulgaria178.
Sotto un primo aspetto, i giudici di Strasburgo hanno focalizzato la propria decisione di declaratoria di inosservanza del divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti sulla insufficienza dei meccanismi di monitoraggio e denuncia dei mistreatments dei bambini e del sistema di gestione dei reclami, tale per cui le vittime non sarebbero state incoraggiate a
<farsi avanti=179.
Siffatta conclusione presto il fianco alla critica che non sarebbe stata data adeguata considerazione a misure di protezione diverse rispetto a quelle prese in esame, come
175 Segnatamente, le conseguenze di siffatto approccio erano state l9incapacità del responsabile privato di assumere delle iniziative a seguito di: precedenti denunce di abusi sessuali asseritamente commessi dall9autore ai danni del ricorrente; successivi abusi sulla stessa vittima perpetrati dal medesimo soggetto; e, più in generale, una prolungata e grave serie di condotte di natura sessuale di quest9ultimo poste in essere nei confronti di numerosi altri studenti della national school ove egli era stato impiegato.
176 Così N. MAVRONICOLA, Torture, Inhumanity and Degradation under Article 3 of the ECHR, cit., p. 91.
177 Trattasi dell9istruzione nelle scuole primarie gestita da istituti dipendenti dalla Chiesa cattolica. Cfr. X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., pp. 55-56.
178 X.XXX, Grande Camera, sent. 2 febbraio 2021, X e altri c. Bulgaria. I fatti concernevano più episodi di violenza sessuale verificatisi a danno di minori ospitati presso orfanotrofi dello Stato bulgaro. I giudici di Strasburgo hanno escluso la violazione del substantive limb dell9art. 3 CEDU (ravvisandola invece per il procedural limb) in ragione: dell9assenza di una dimensione sistematica della problematica degli abusi e del turismo sessuale riguardante bambini in detti luoghi tale per cui le autorità nazionali avessero ragione di intervenire; e della mancanza della prova sulla conoscenza della stessa da parte degli operatori. Cfr. X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, cit., pp. 90-91.
179 Sulla connessione, in questa decisione, tra gli obblighi di <provide for effective deterrence=, <effectively protect= e <take reasonable steps to prevent ill-treatment= v. C. HERI, Shaping Coercive Obligations through Vulnerability, cit., pp. 101-102.
puntualmente segnalato nell9opinione in parte dissenziente di cinque giudici180 e nei commenti dottrinali181.
Notevole rilevanza assume il riferimento che viene svolto, nell9argomentare della Corte EDU, alle fonti di diritto internazionale applicabili182 e alla propria giurisprudenza risalente183, per due ordini di motivi.
Quanto al primo, conferma la continua e meticolosa ricerca che viene posta in essere rispetto alla normativa e al case-law, riferita ai piani sia nazionale sia sovranazionale.
Rispetto al secondo, esplicita la preoccupazione di fugare i dubbi (pur esistenti) su di una applicazione retroattiva delle positive obligations nei confronti dei Paesi Parte184.
Ulteriormente, il mezzo per accertare la conoscenza in capo allo Stato Membro della inosservanza della Convenzione europea dei diritti dell9uomo solleva delle perplessità, atteso che esso è basato sui tassi di procedimenti penali riguardanti il tipo di reato in esame. Non sorprende dunque come tale criterio sia stato oggetto di critiche sia nella sentenza185 sia nell9accademia186.
Infine, in termini di fenomeni criminosi (come visto poc9anzi per la domestic violence) anche in riferimento alla violenza sessuale emerge il rischio di una sovrapposizione concettuale tra disposizioni della CEDU fra loro pur diverse: in questo contesto, trattasi specialmente degli artt. 3 e 8 CEDU187.
180 Cfr. Opinione in parte dissenziente riunita dei giudici Xxxxxxxx, Gyulumyan, Kalaydjieva, Xx Xxxxxxx e Xxxxxxxxx (annessa a X.XXX, Grande Camera, sent. 28 gennaio 2014, O9Keeffe c. Irlanda), par. 17.
181 Cfr. X. XXXXX, O9Keeffe v Ireland in Strasbourg, cit., p. 189 e X. XXXXXXXXX, The Disjunctive Structure of Positive Rights under the European Convention on Human Rights, in Nordic Journal of International Law,
n. 3/2018, p. 345. L9Autrice evoca una «disjunctive structure» dei «positive rights» poiché gli Stati Membri hanno più alternative a propria disposizione (oltre al diritto penale) per assicurare la compliance con gli obblighi positivi.
000 Xxx x0xxxxx, x. la Dichiarazione sui diritti del fanciullo del 1924 e del 1959; la Dichiarazione universale dei diritti dell9uomo del 1948; e il Preambolo alla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989. 183 Inter alia, v. X.XXX, sent. 13 giugno 1979, Xxxxxx x. Xxxxxx; X.XXX, sent. 9 ottobre 1979, Xxxxx c. Irlanda; e X.XXX, sent. 26 marzo 1985, X e Y c. Paesi Bassi.
184 Cfr. X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, cit., p. 91. Criticamente, in particolar modo sull9assenza di una «comprehensive interpretive methodology», v. X. XXXXXX, O9Keeffe v Ireland, cit., pp. 155-158. Essa si appalesa, a ben vedere, sin dalle premesse sulla valutazione dei fatti, dove è evidente lo sforzo dei giudici di Strasburgo mirato allo svolgimento di un apprezzamento ex ante invece che ex post della vicenda (senza, cioè, il «benefit of the hindsight» (X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., p. 31).
185 Cfr. Opinione in parte dissenziente riunita dei giudici Xxxxxxxx, Gyulumyan, Kalaydjieva, Xx Xxxxxxx e Xxxxxxxxx (annessa a X.XXX, Grande Camera, sent. 28 gennaio 2014, O9Keeffe c. Irlanda), par. 13.
186 Cfr. X. XXXXX, O9Keeffe v Ireland in Strasbourg, cit., p. 187; e X. XXXXXXXXX, Positive Obligations under the European Convention on Human Rights, cit., pp. 29-30, spec. nt. n. 52. L9Autrice ravvisa un approccio similare anche in Xxxxxxx e altri c. Malta (cfr. infra, cap. III, par. 4) e Öneryildiz c. Turchia (cfr. infra, cap. III, par. 3).
187 Cfr. infra, cap. II, par. 7.
4. Gli obblighi di incriminazione della tortura perpetrata da soggetti pubblici e privati
Le positive obligations in criminal law, come visto, si esplicano tra l9altro nel dovere per lo Stato Membro di prevedere una certa condotta quale fattispecie di reato. Una delle manifestazioni maggiormente significative di questa categoria per l9impatto sul diritto penale nazionale, e specialmente su quello italiano, è l9obbligo positivo di criminalizzazione della tortura quando perpetrata da soggetti direttamente identificabili con lo Stato (quali pubblici ufficiali o agenti di pubblico servizio).
Innanzitutto, giova procedere a una classificazione dei concetti di tortura e di trattamenti inumani o degradanti, per poi illustrare compiutamente il contenuto del dovere di punirli.
Un caso emblematico ove si ritrovano entrambi questi profili è Gäfgen c. Germania188.
La materia del contendere riguardava un interrogatorio di polizia di un soggetto, il quale, in quel frangente, era stato minacciato di venire torturato dagli operanti. Egli risultava infatti indagato per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione e il suo esame aveva lo scopo di venire a conoscenza dell9ubicazione del ragazzo che si sospettava avesse rapito, nella speranza di trovarlo in vita. Il giovane, però, era già morto. In breve tempo, il prevenuto rivelava infatti ove si trovava il corpo e, successivamente, confessava il sequestro e l9omicidio. Il dirigente che aveva dato l9ordine di procedere con tali modalità e l9agente che lo aveva eseguito erano stati successivamente processati e condannati per il reato di violenza privata a una pena pecuniaria (rispettivamente, di 60 e 90 pagamenti giornalieri dell9ammontare di 60 e 120 euro), con concessione della sospensione condizionale della stessa189. Il ricorrente lamentava dunque la violazione dell9art. 3 CEDU per essere stato, tra l9altro, minacciato di venire torturato.
La Corte europea dei diritti dell9uomo ha ricapitolato i principi di diritto rilevanti riguardanti il divieto di tortura. In particolare, ha ribadito che, atteso che l9art. 3 CEDU è uno dei valori
<più fondamentali= delle società democratiche che non prevede eccezioni né ammette
188 X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania. Con note di X. XXXXXXX, Gäfgen v Germany, the Use of Threats and the Punishment of Those Who Ill-treat During Police Questioning: A Reply to Xxxxxx Xxxxx, in Human Rights Law Review, n. 4/2017, p. 681 e ss.; S. AST, The Gäfgen Judgment of the European Court of Human Rights: On the Consequences of the Threat of Torture for Criminal Proceedings, in German Law Journal, n. 12/2010, p. 1393 e ss.; A. BUYSE, European Court of Human Rights (Grand Chamber): Gäfgen v. Germany, in International Legal Materials, n. 6/2010, p. 1597 e ss.; e X. XXXXXXXX, Gafgen v Germany: fruit of the poisonous tree, in European Human Rights Law Review, n. 5/2010, p. 513 e ss.
189 Sul procedimento nei confronti dei poliziotti v. X. XXXXXXXXXX, Bad Torture 3 Good Torture? What International Criminal Lawyers Xxx Xxxxx from the Recent Trial of Police Officers in Germany, in Journal of International Criminal Justice, n. 5/2005, p. 1059 e ss.
deroghe, la natura del reato asseritamente commesso dalla vittima è irrilevante ai fini della valutazione del rispetto di tale proibizione190.
Quanto ai criteri per ritenere sussistente una sua violazione, i giudici di Strasburgo hanno sostenuto che i mistreatments devono raggiungere un livello minimo di gravità, e che la relativa valutazione dipende da tutte le circostanze del caso, quali: la durata del trattamento, i suoi effetti fisici o mentali e, in alcuni casi, il sesso, l9età e lo stato di salute della vittima; lo scopo per cui il trattamento è stato inflitto insieme all9intenzionalità o ai motivi che lo hanno determinato; nonché il suo contesto (come un9atmosfera di forte tensione ed emotività)191.
Sul distinguo tra le nozioni di tortura e quelle di trattamento inumano o degradante, la Corte EDU ha attribuito importanza alla gravità del mistreatment (in base a una interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell9uomo) e alla intenzionalità della condotta (sulla scorta della Convenzione ONU contro la tortura del 1984). Rispetto alla prima, ha ravvisato l9auspicio degli autori del testo della CEDU di attribuire uno speciale stigma soprattutto alla causazione di sofferenze molto gravi e crudeli nei riguardi della vittima. Quanto alla seconda, ha notato la centralità, nella Convenzione ONU, del dolo specifico di ottenere informazioni, infliggere punizioni o intimidire192.
190 «The Court reiterates that Article 3 of the Convention enshrines one of the most fundamental values of democratic societies. Unlike most of the substantive clauses of the Convention, Article 3 makes no provision for exceptions and no derogation from it is permissible under Article 15 § 2 (see Xxxxxxxx v. France [GC], no. 25803/94, § 95, ECHR 1999-V, and Xxxxxx, cited above, § 119). [&] The nature of the offence allegedly committed by the applicant is therefore irrelevant for the purposes of Article 3 (see V. v. the United Kingdom [GC], no. 24888/94, § 69, ECHR 1999-IX; Xxxxxxx Xxxxxxx v. France [GC], no. 59450/00, § 116, ECHR 2006-IX; and Xxxxx v. Italy [GC], no. 37201/06, § 127, ECHR 2008)» X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania, par. 87.
191 «In order for ill-treatment to fall within the scope of Article 3 it must attain a minimum level of severity. The assessment of this minimum depends on all the circumstances of the case, such as the duration of the treatment, its physical or mental effects and, in some cases, the sex, age and state of health of the victim (see Ireland v. the United Kingdom, 18 January 1978, § 162, Series A no. 25, and Xxxxxx v. Germany [GC], no. 54810/00, § 67, ECHR 2006-IX). Further factors include the purpose for which the treatment was inflicted together with the intention or motivation behind it (compare, inter alia, Xxxxx v. Turkey, 18 December 1996,
§ 64, Reports 1996-VI; Xxxxx v. Cyprus, no. 30873/96, § 78, ECHR 20001XII; and Xxxxxxxxx v. Bulgaria, no. 50222/99, § 53, 30 September 2004), as well as its context, such as an atmosphere of heightened tension and emotions (compare, for instance, Xxxxxxxx, cited above, § 104, and Egmez, loc. cit.)» X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania, par. 88.
192 «As noted in previous cases, it appears that it was the intention that the Convention should, by means of such a distinction, attach a special stigma to deliberate inhuman treatment causing very serious and cruel suffering (see Ireland v. the United Kingdom, cited above, § 167; Xxxxx, cited above, § 63; and Xxxxxxxx, cited above, § 96). In addition to the severity of the treatment, there is a purposive element to torture, as recognised in the United Nations Convention against Torture, which in Article 1 defines torture in terms of the intentional infliction of severe pain or suffering with the aim, inter alia, of obtaining information, inflicting punishment or intimidating (see Xxxxx, cited above, § 115)» X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania, par. 90. Tale passaggio è ripreso da X.XXX, Grande Camera, sent. 27 giugno 2000, Xxxxxx x. Turchia. Cfr. N. MAVRONICOLA, Torture, Inhumanity and Degradation under Article 3 of the ECHR, cit., pp. 74-75.
Ulteriormente, i giudici di Xxxxxxxxxx hanno affermato che la minaccia di un comportamento vietato dall9art. 3 CEDU (che sia sufficientemente reale e immediata) può ricadere in tale disposizione; segnatamente, essa può costituire almeno un trattamento inumano193.
In relazione agli obblighi positivi procedurali, la Corte EDU ha sostenuto che affinché un9indagine sia efficace nella pratica, è necessario che lo Stato Membro abbia emanato disposizioni penali che sanzionino le condotte contrarie all9art. 3 CEDU194. Ancora, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto di arrogarsi, pur riconoscendo il ruolo dei tribunali nazionali nella scelta delle sanzioni appropriate per i mistreatments di agenti statali, il dovere di mantenere una funzione di vigilanza e di intervenire laddove ravvisino una manifesta sproporzione tra la gravità di quanto commesso e la pena inflitta. In caso contrario, il dovere del Paese Parte di condurre un9indagine efficace 3 in quest9ottica 3 perderebbe gran parte del suo significato195.
Nel decidere della vicenda, la Corte EDU ha ritenuto fondata al di là di ogni ragionevole dubbio solamente l9accusa del ricorrente di essere stato minacciato di subire dolori intollerabili per venire indotto a rivelare il luogo in cui si trovava il ragazzo, valutando una serie di elementi ai fini della qualificazione della condotta196.
In specie, i giudici di Strasburgo hanno stabilito che trattamenti inumani o degradanti non possono essere inflitti nemmeno in circostanze in cui la vita di un individuo è a rischio. L9assolutezza dell9art. 3 CEDU non conosce eccezioni neppure nei casi più difficili197. La
«philosophical basis» su cui essa si fonda non ammette appunto eccezioni, né fattori
193 «The Court further reiterates that a threat of conduct prohibited by Article 3, provided it is sufficiently real and immediate, may fall foul of that provision. Thus, to threaten an individual with torture may constitute at least inhuman treatment (compare Xxxxxxxx and Xxxxxx, cited above, § 26)» X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania, par. 91.
194 «[&] For an investigation to be effective in practice it is a prerequisite that the State has enacted criminal- law provisions penalising practices that are contrary to Article 3 (compare, mutatis mutandis, M.C. v. Bulgaria, no. 39272/98, §§ 150, 153 and 166, ECHR 2003-XII; Xxxxxxxx and Xxxxxxxxxx, cited above, § 57; and Xxxxxxxxx, cited above, § 38)» X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania, par. 117. 195 «[&] It follows that while the Court acknowledges the role of the national courts in the choice of appropriate sanctions for ill1treatment by State agents, it must retain its supervisory function and intervene in cases of manifest disproportion between the gravity of the act and the punishment imposed. Otherwise, the State9s duty to carry out an effective investigation would lose much of its meaning (see Xxxxxxxx and Xxxxxxxxxx, cited above, § 62; compare also Xxx and Xxxx Xxxxx, cited above, § 66)» X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania, par. 123.
196 Durata (10 minuti circa); effetti fisici o psichici (paura, angoscia e sofferenza mentale); intenzionalità (dolo intenzionale e premeditato); scopo perseguito (di trovare il sequestrato); e contesto (stato di vulnerabilità dovuto al trovarsi in custodia e ammanettato).
197 Cfr. N. MAVRONICOLA, Torture, Inhumanity and Degradation under Article 3 of the ECHR, cit., pp. 16-17. L9Autrice distingue, a partire da Gäfgen c. Germania, tre elementi di tale absoluteness: assenza di eccezioni («no exceptions»); assenza di deroghe («no derogations»); e protezione incondizionata («unconditional protection») di tutti gli individui nella giurisdizione degli Stati Membri aderenti alla Convenzione EDU.
giustificativi o bilanciamenti di interessi, prescindendo dalla condotta dell9interessato e dalla natura del reato in questione198.
In conclusione, la Corte EDU ha ritenuto violato l9art. 3 CEDU, in relazione alle positive obligations sia sostanziali sia processuali. Con riguardo alle prime, ha sì ravvisato dei trattamenti inumani, ma non una condotta di tortura poiché non era stato raggiunto il livello minimo di crudeltà necessario affinché potesse dirsi integrata. Con riferimento alle seconde, ha censurato le pene inflitte, nel tipo (pecuniario), nell9ammontare (ridotto) e altresì nella loro sospensione (con susseguente non esecuzione).
Il caso appena trattato rappresenta, pur nella peculiarità della situazione concreta, un campo di prova per l9interpretazione delle nozioni di torture e inhuman o degrading treatment nell9ambito precipuo dell9uso di tecniche di indagine da parte delle forze di polizia, incompatibili con uno stato di diritto in generale e con la dignità umana in particolare.
Si avverte, nella invero non facile opera di distinzione tra la prima e le altre due categorie racchiuse nell9art. 3 CEDU199, l9enfasi che viene posta dalla Corte europea dei diritti dell9uomo su due profili: la gravità degli esiti patiti dalla vittima e la volontarietà della condotta. Gli altri elementi, in effetti, restano sullo sfondo, richiamati nell9economia dell9argomentazione, ma nient9affatto determinanti per giungere alla decisione finale. Da ciò, si ricava che il focus è duplice, cioè: l9evento del reato (conseguenze fisico-psichiche) e l9elemento soggettivo (sub specie di dolo).
Il primo aspetto non sembra costituire un indice sufficientemente chiarificatore. L9intrinseca opinabilità sulla scelta dello stadio della serietà dei mistreatments è infatti difficilmente superabile: ogni giudice può avvertire, secondo la propria sensibilità, un9azione come più o meno rispondente a tale presupposto applicativo.
Il secondo aspetto 3 lo si coglie da come viene aggiunto a quello precedente 3 ha una funzione di integrazione e completamento. Lo stesso, cioè, risulta essere, pur nella complessità dell9accertamento 3 quella del sondare gli obbiettivi che si prefigge l9autore nell9agire è nota 3, sicuramente di maggiore distinguibilità se paragonato all9altro.
198 «Torture, inhuman or degrading treatment cannot be inflicted even in circumstances where the life of an individual is at risk. [&] Article 3, which has been framed in unambiguous terms, recognises that every human being has an absolute, inalienable right not to be subjected to torture or to inhuman or degrading treatment under any circumstances, even the most difficult. The philosophical basis underpinning the absolute nature of the right under Article 3 does not allow for any exceptions or justifying factors or balancing of interests, irrespective of the conduct of the person concerned and the nature of the offence at issue» X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania, par. 107.
199 Inter alia, v. N. MAVRONICOLA, Torture, Inhumanity and Degradation under Article 3 of the ECHR, cit., spec. p. 58 e ss. e p. 88 e ss.
Tali considerazioni permettono di sostenere che, a ben vedere, la finalità della condotta assume un9importanza superiore (se non proprio dirimente) rispetto alla gravità delle conseguenze.
Appare condivisibile, inoltre, l9attenzione posta dai giudici di Strasburgo sulle altre fonti di diritto internazionale.
Il rinvio alla definizione contenuta nella Convenzione ONU ha il pregio, da un lato, di contenere la casistica (solamente quella connotata da una certa voluntas) e, dall9altro, di uniformare le definizioni tra normative non omogenee, restituendo una coerenza strutturale tra discipline sovranazionali.
Oltre a essere un punto di riferimento nella comprensione degli istituti previsti dall9art. 3 CEDU, la sentenza emessa in Gäfgen c. Germania rappresenta un esempio indicativo della richiesta della Corte EDU agli Stati Membri (classificata tra gli obblighi positivi procedurali) di reprimere la tortura e delle questioni che a tale repressione si accompagnano200.
Infatti, la scure dei giudici di Strasburgo si è abbattuta anche sulla scelta sanzionatoria operata dalle autorità giudiziarie tedesche nei confronti dei dirigenti e agli agenti che avevano ordinato o attuato le condotte riguardanti l9interrogatorio della vittima, poi sussunte nell9art. 3 CEDU.
Per quanto essi si premurino di sostenere che non è loro competenza l9accertamento della responsabilità penale e neppure la perimetrazione della pena, si sono accinti a svolgere precisamente entrambe le valutazioni.
Riservandosi di intervenire qualora la stessa sia sproporzionata per difetto201, hanno preso in considerazione la responsabilità agli effetti della pena, scendendo peraltro nel dettaglio. Segnatamente, hanno stigmatizzato sia la tipologia di pena (pecuniaria) sia la sua esecuzione (sospesa).
Nella joint partly concurring opinion dei giudici Xxxxxxx, Xxxxxxx e Xxxxxx si sono affrontate le questioni sollevate da tale tecnica decisoria sottoponendole puntualmente a critica, quanto a: sentencing (da lasciare di norma ai tribunali nazionali); efficacia deterrente della pena (che studi empirici hanno dimostrato essere relativa o limitata); nonché minaccia
200 Partendo da tale caso sostiene che l9approccio relativo ai crimini internazionali, per i quali non è ammessa alcuna forma di impunità, deve essere applicato anche nel diritto interno X.X. XXXXX, The Right to Punishment for International Crimes, in X. XXXXXXXXXX 3 J. XXXXXXX (a cura di), Why Punish Perpetrators of Mass Atrocities? Purposes of Punishment in International Criminal Law, New York, 2020, p. 257 e ss. Vi si contrappone, opinando che ciò porrebbe nel nulla i risultati progressivamente ottenuti dal garantismo penale,
X. XXXXXXXXX, Diritti della vittima e certezza della pena. Riflessioni su un discutibile paradigma, in Ind. pen., n. 1/2021, p. 13 e ss.
201 Di piena affermazione del criterio della manifest disproportion parla L. LAVRYSEN, Positive Obligations and the Criminal Law, cit., p. 48.
per i diritti e le libertà derivanti dall9applicazione della stessa (che suggerisce di <tenere a mente= il principio di sussidiarietà)202.
Per quanto attiene alla opzione sanzionatoria, non convince la pretesa unicità della scelta della detenzione, come esclusivo viatico rispondente alle aspettative della Corte EDU203. Certamente, numerose altre sono le sanzioni penali potenzialmente adoperabili e anch9esse assicurano un certo contenuto afflittivo. Limitarsi a favorire la sola restrizione della libertà tradisce una limitatezza scientifica e un anacronismo ideologico.
Pretendere poi che alla inflizione della pena della reclusione segua comunque la carcerazione significa svalutare la punizione della sua finalità di rieducazione (e, quindi, di risocializzazione) insita nel dettato costituzionale, all9art. 27 co. 3 Cost. Il messaggio che attraverso di ciò si lancia è che la pena deve essere severa (esemplare) e che deve essere eseguita <in concreto= (<per davvero=).
Peraltro, tale sanzione sembra servire una esigenza di tutela delle aspettative della vittima, quasi che la condanna e l9esecuzione con tali caratteristiche rappresentino un diritto fondamentale di quest9ultima204.
Questo approccio, però, si pone agli antipodi rispetto a un diritto penale liberale, ove il soggetto destinatario di una pena non viene strumentalizzato per finalità altre e diverse rispetto alle esigenze di protezione dei consociati.
In effetti, tale sollecitazione al diniego di strumenti di esclusione della punibilità sembra essere figlia di una trasposizione di concetti propri del diritto penale internazionale in quello interno, pur quest9ultimo non riguardando (spesso neppure lontanamente) la stessa
202 «However, in our view it raises three questions, especially in the present case. Firstly, sentencing is one of the most delicate and difficult tasks in the administration of criminal justice. [&] It is normally the role of the national courts and not the Court, which should involve itself in this process only with the utmost caution and in cases of absolute necessity. Secondly, we wonder whether the Court, in making the assumption that more severe criminal penalties have a deterrent effect, is not at risk of creating or maintaining an illusion. [&] Such studies have concluded that this effect is relative, if not limited. Lastly, even 3 and no doubt especially 3 where criminal punishment serves the purpose of protecting rights and freedoms, at the risk of obscuring the fact that it is also a threat to rights and freedoms, we should not lose sight of the subsidiarity principle, which is a basic axiom of criminal law» Opinione concorrente riunita dei giudici Tulkens, Xxxxxxx e Bianku (annessa a X.XXX, Grande Camera, sent. 1 giugno 2010, Gäfgen c. Germania), par. 5. Contra v. X. XXXXXXX, Gäfgen v Germany, the Use of Threats and the Punishment of Those Who Ill-treat During Police Questioning, cit., pp. 697-698. L9Autore ritiene che ciò che conta è in realtà la <certezza della pena= e, quindi, si sarebbe dovuto punire i poliziotti «in a way which acted as a deterrent». A suo avviso, sarebbe stato corretto congedarli subito dal servizio e infliggere loro una pena detentiva poiché «This would have had the desired deterrent effect to prevent ill-treatment in the future». Ciononostante, data la situazione in cui e le finalità per le quali hanno operato «a lighter sentence could have been imposed in mitigation».
203 Per una proposta riduzionista, nel senso della opportunità di applicare criminal sanctions alla tortura, ma non necessariamente ai trattamenti inumani o degradanti, v. X. XXXXXX, Xxxxxxx 3 An Analysis of Article 3, Londra, 2003, p. 17.
204 Di un vero e proprio «right to punishment» parla X.X. XXXXX, The Right to Punishment for International Crimes, cit., p. 260. V. anche X. XXXXXX, Prosecuting Human Rights Offences, cit., p. 5.
magnitudine di crimini. La mediazione in tale procedura di avvicinamento viene esercitata proprio dalla giurisprudenza attinente alla Convenzione europea dei diritti dell9uomo.
Una visione che osservi la penalità con le lenti delle prerogative della vittima, inoltre, finisce per essere sbilanciata205. Infatti, laddove si sia in presenza di un imputato in un processo penale ordinario siffatta modalità di intendere l9accertamento dei fatti e delle responsabilità rischia di portare a una netta riduzione delle garanzie dell9individuo, con esiti potenzialmente abnormi.
Non si può peraltro escludere che proprio la riduzione del ricorso a istituti latamente clemenziali porti a una eterogenesi dei fini: volendo assicurare sempre il <diritto alla punizione= della vittima si apre, mancando un9attività di rieducazione, alla messa in pericolo di una futura vittima.
In questo senso, il condannato che non ha avuto accesso al trattamento e a misure alternative potrebbe tornare a delinquere, con ciò causando violazioni di diritti protetti nella CEDU; ciò, paradossalmente, avverrebbe in ragione della tutela degli stessi.
Tale constatazione conduce ad additare un9ulteriore criticità, così riassumibile: l9attenzione posta su quanto accaduto invece che su quanto accadrà. Si perde di vista, così, l9intero discorso sulla prevenzione speciale positiva e, parallelamente, si torna (più o meno esplicitamente) alla retribuzione206, alla <riparazione del male= (financo di carattere
<privatistico=)207.
Da ultimo, poiché il diritto penale appare come la soluzione alle violazioni della Convenzione EDU se ne sponsorizza un9espansione continua, che avanza di pari passo con quella delle garanzie della CEDU. A ben vedere, tale indirizzo esegetico finisce per offrire una legittimazione, nel nome dei diritti umani, allo stesso ius terribile208.
205 Cfr. X. XXXXXXXXX, Diritto penale intertemporale, Milano, 2012, p. 33 e ss.
206 Cfr. L. XXXXXXXX, Positive Obligations and the Criminal Law, cit., pp. 49-50. V. anche A. BALTA, Retribution through Reparations? Evaluating the European Court of Human Rights9 Jurisprudence xx Xxxxx Human Rights Violations from a Victim9s Perspective, in L. LAVRYSEN 3 N. MAVRONICOLA (a cura di), Coercive Human Rights. Positive Duties to Mobilise the Criminal Law under the ECHR, Oxford, 2020, p. 71 e ss.
207 Cfr. X. XXXXXX, Prosecuting Human Rights Offences, cit., p. 57.
208 Riprendendo Xxxxxxx Xxxxxx, vi è chi ha parlato di un <risveglio del Leviatano=. Cfr. X. XXXXX, Awakening the Leviathan through Human Rights Law, cit., p. 1 e X. XXXXX, Il giudice nel labirinto, cit., p. 118.
La pretesa di punizione della tortura se perpetrata da agenti statali si fa sempre più cogente nei confronti degli Stati Membri, ivi compresa l9Italia, in specie nel contesto delle operazioni di polizia209. Ciò si può constatare dall9analisi, tra gli altri, del caso Xxxxxxx c. Italia210.
I fatti concernevano l9irruzione effettuata dalla Polizia di Stato nella tarda notte del 21 luglio 2001, a seguito del G8 di Genova, all9interno della scuola Xxxx-Xxxxxxx con il fine dichiarato della perquisizione degli occupanti e della cattura di cc.dd. black bloc, tra i responsabili dei disordini delle ore precedenti. Nell9ambito della operazione, condotta con violenza inaudita e del tutto gratuita, anche il signor Xxxxxxx, all9epoca sessantaduenne, pur non avendo opposto alcuna resistenza come molti altri astanti, veniva colpito alla testa, alle braccia e alle gambe dagli agenti in tenuta antisommossa, patendo fratture multiple e danni permanenti. Nell9ambito del procedimento che ne scaturiva, venivano processati funzionari, dirigenti e agenti con capi di imputazione tra i quali figuravano, oltre ai reati di lesioni personali semplici e aggravate, anche quelli di falso ideologico, calunnia semplice e aggravata e abuso di ufficio, nonché porto abusivo di armi da guerra211. Sennonché, il trascorrere degli anni nel succedersi dei gradi di giudizio determinava l9estinzione per prescrizione della maggior parte dei reati contestati, con l9impossibilità di condannare in via definitiva gli autori
209 Per uno analogo concernente quello bulgaro v. X.XXX, sez. IV, 3 novembe 2015, Myumyun c. Bulgaria. In questo procedimento, l9assenza di una fattispecie incriminatrice della tortura nel codice penale bulgaro era stata importante per addivenire alla condanna di tale Stato in quanto il reato scelto a livello nazionale non è stato considerato capace di cogliere l9intera gamma di questioni in gioco. In particolare, oggetto del pronunciamento erano delle condotte commesse da agenti di polizia che avevano lungamente (per ore) torturato la vittima (colpendola con una mazza di legno e un manganello di gomma e sottoponendola a scosse elettriche al fine di ottenere la confessione di un reato di furto con scasso) e la loro mancata punizione in maniera congrua. Gli operanti erano stati infatti destinatari di due ammende per l9equivalente di 1.023 euro (un importo inferiore alla metà dell9edittale previsto) senza che alla condanna fosse seguita l9interdizione dalla mansione. Cfr. L. XXXXXXXX, Positive Obligations and the Criminal Law, cit., pp. 36-37.
210 X.XXX, sez. IV, 7 aprile 2015, Xxxxxxx c. Italia. Con note di X. XXXXXXXX, Xxxx Xxxx: la Corte europea condanna l9Italia per violazione degli obblighi ex articolo 3 Cedu in materia di tortura. Una sentenza annunciata, in Resp. civ. prev., n. 3/2015, p. 740 e ss.; A. MARCHESI, I <fatti della Xxxx= secondo la Corte europea dei diritti dell9uomo, in Oss. cost., n. 2/2015, p. 1 e ss.; X. XXXXXXXXXX, Nella scuola Xxxx-Xxxxxxx fu tortura: la Corte europea dei diritti umani condanna l9Italia nel caso Xxxxxxx, in Giur. it., n. 7/2015, p. 1709 e ss.; I. XXXXX, Da Genova a Strasburgo: la sentenza della Corte EDU Xxxxxxx contro Italia ci condanna per i <fatti della Xxxx= del 2001, in Crit. dir., nn. 1-3/2015, p. 180 e ss.; A. XXXXXXXXX, Le violenze del G8 di Genova sono tortura ai sensi della Cedu: ragioni della pronuncia e ripercussioni sull9ordinamento (Nota a margine della sentenza della Corte europea dei diritti dell9uomo Xxxxxxx c. Italia del 7/04/2015), in Oss. cost.,
n. 2/2015, p. 1 e ss.; V. VERDOLINI, I lupi artificiali e le panne del diritto, in Soc. dir., n. 2/2015, p. 195 e ss.;
X. XXXXXX, Caso <Xxxxxxx c. Italia=: dalla prima condanna della Corte EDU sull9irruzione alla Xxxx l9obbligo di introdurre il delitto di tortura, in Quad. cost., n. 2/2015, p. 462 e ss.; X. XXXXXXXX, Xxxxxxx il divieto di tortura: condannata l9Italia per i fatti della scuola <Xxxx-Xxxxxxx=, Dir. pen. cont., 27.04.2015, p. 1 e ss.; X. XXXXXX, L9insostenibile leggerezza del non essere: la perdurante assenza del reato di tortura e i fatti del G8 sotto la (prevedibile) scure del giudice di Strasburgo. Prime riflessioni a margine del caso Xxxxxxx x. Italia, in xxxx-xxxx.xxx, 11.04.2015, p. 1; e X. XXXXXX, La difficile battaglia contro l9impunità dei responsabili di tortura: la sentenza della Corte di Strasburgo sui fatti della scuola Xxxx e i tormenti del legislatore italiano, in Dir. pen. cont., 9.04.2015, p. 1 e ss.
211 Infatti, a fronte dell9evidente assenza di quanto ricercato nei locali scolastici e dei pesanti abusi perpetrati in tale azione le autorità intervenute cercavano in seguito di giustificare anche in maniera menzognera il loro operato. In particolare, venivano fabbricate prove fasulle, ad esempio affermando di aver rinvenuto delle bottiglie incendiarie nell9edificio quando si verificava che le stesse vi erano state artatamente introdotte da degli agenti proprio allo scopo di giustificare ex post l9operato dei partecipanti.
materiali dei pestaggi perpetrati nella scuola Xxxx-Pertini212. Tale risultato, ad avviso del sig. Xxxxxxx, totalmente insoddisfacente lo indusse a rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell9uomo, lamentando la violazione dell9art. 3 CEDU in molteplice prospettiva: in relazione agli obblighi positivi sostanziali, avendo mancato lo Stato italiano di apprestare misure opportune per prevenire e punire le condotte di tortura subite; in relazione agli obblighi positivi procedurali, per le omesse conduzione di un9inchiesta effettiva, identificazione degli autori e irrogazione di sanzioni adeguate.
Anzitutto, i giudici di Strasburgo hanno sunteggiato la giurisprudenza in tema di tortura e di trattamenti inumani e degradanti. Hanno ricordato come la distinzione tra la prima e i secondi si fondi sia sulla gravità dei trattamenti (che dipende dall9acutezza delle sofferenze, parametrata a sua volta su indici quali durata, effetti fisici o psichici e, a volte, sesso, età, stato di salute della vittima, ecc.) sia sulla volontà deliberata (che rinvia alla Convenzione ONU del 1984, che definisce tortura, come visto supra, qualsiasi atto con il quale vengono intenzionalmente inflitti a una persona un dolore o delle sofferenze acute allo scopo, soprattutto, di ottenere dalla stessa informazioni, di punirla o di intimidirla)213. La stessa Corte EDU ha però ammesso che tali due requisiti integrativi non sono necessari, potendo bastare anche solamente il primo214, e ha aggiunto che è stata ravvisata la tortura anche nell9evenienza nella quale i trattamenti sono stati considerati gratuiti215. In particolare, i
212 Cass. pen., sez. V, sent. n. 38085 del 5.07.2012 (dep. 2.10.2012), commentata da A. XXXXXXX, La sentenza della Cassazione sui fatti della scuola Xxxx: un nuovo tassello nella trama dei rapporti tra sistema penale italiano e Convenzione europea dei diritti dell9uomo, in Dir. pen. cont., 16.10.2012, p. 1 e ss., cui si rinvia per una compiuta ricostruzione degli esiti nelle diverse fasi processuali.
213 «[&] Come la Corte ha già osservato, questa distinzione sembra essere stata sancita dalla Convenzione per marchiare di una particolare infamia alcuni trattamenti inumani deliberati che provocano sofferenze estremamente gravi e crudeli (Bat1 e altri, sopra citata, § 116, Gäfgen, sopra citata, § 90, con le sentenze ivi citate, e El-Masri, sopra citata, § 197). Il carattere acuto delle sofferenze è «per la sua stessa natura relativo; esso dipende dai dati della causa considerati complessivamente, in particolare dalla durata del trattamento e dai suoi effetti fisici o psichici nonché, a volte, dal sesso, dall9età, dallo stato di salute della vittima, ecc.» (Xxxxxxxx, sopra citata, § 100, e Bat1 e altri, sopra citata, § 120). Oltre alla gravità dei trattamenti, la «tortura» implica una volontà deliberata, come riconosciuto nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, entrata in vigore il 26 giugno 1987 nei confronti dell9Italia (paragrafo 109 supra), che definisce la «tortura» come qualsiasi atto con il quale vengono intenzionalmente inflitti a una persona un dolore o delle sofferenze acute allo scopo, soprattutto, di ottenere dalla stessa informazioni, di punirla o di intimidirla (1lhan, sopra citata, § 85, Gäfgen, § 90, e El-Masri, sopra citata, § 197)» X.XXX, sez. IV, 7 aprile 2015, Xxxxxxx c. Italia, par. 171. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
214 «In alcune cause la Corte, nel suo ragionamento, ha basato la constatazione di «tortura» non tanto sul carattere intenzionale dei maltrattamenti, quanto piuttosto sul fatto che essi avevano «provocato dolori e sofferenze acuti» e che rivestivano «un carattere particolarmente grave e crudele» (si vedano, ad esempio, Xxxxxxxx, sopra citata, §§ 101-105, e Xxxxx Xxxxx c. Turchia, nn. 25060/02 e 1705/03, § 73, 2 dicembre 2008)» X.XXX, sez. IV, 7 aprile 2015, Xxxxxxx c. Italia, par. 173. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
215 «In altre sentenze, essa ha attribuito un peso particolare al carattere gratuito delle violenze commesse nei confronti del ricorrente, detenuto, per giungere ad una constatazione di «tortura»» X.XXX, sez. IV, 7 aprile 2015, Xxxxxxx c. Italia, par. 174. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su www.giustizia.
giudici di Strasburgo si sono rifatti al precedente Gäfgen c. Germania (cfr. supra) ove sono stati elencati i fattori integrativi rilevanti, quali: durata; effetti fisici o psichici; intenzionalità; e scopo perseguito.
Rispetto all9oggetto della causa, la Corte EDU ha valorizzato più elementi216. Pertanto, essa ha riconosciuto che le violenze perpetrate nei confronti del ricorrente potessero senz9altro essere sussunte nella nozione di tortura secondo l9art. 3 CEDU.
Quanto poi agli obblighi positivi, le censure dei giudici di Strasburgo hanno riguardato due aspetti.
In primo luogo, essi si sono soffermati sulle lacune nel quadro normativo217. Hanno così stabilito che la condizione preliminare perché vi possa essere un9indagine effettiva è che lo Stato abbia introdotto una normativa di diritto penale che punisca le condotte in violazione del divieto di tortura. Segnatamente, hanno specificato che l9assenza di una legislazione penale sufficiente per la prevenzione e la punizione degli autori di violazioni dell9art. 3 CEDU ha il potenziale effetto di impedire alle autorità inquirenti e giudicanti di: perseguire le offese a quello che è un valore fondamentale delle società democratiche; valutarne la gravità; infliggere pene adeguate; ed escludere l9applicazione di qualsiasi misura che possa mitigare in maniera eccessiva la sanzione, a scapito dell9effetto preventivo e dissuasivo della stessa218. Inoltre, hanno sancito la inapplicabilità o comunque la incompatibilità con tale disposizione di cause di esclusione della punibilità o misure alternative alla detenzione, quali: prescrizione (specialmente se il termine di decorrenza non è né flessibile né soggetto a eccezioni); amnistia; grazia; sospensione condizionale della pena; e liberazione anticipata219.
216 L9aver causato al soggetto «dolori e sofferenze acuti» e l9essere i maltrattamenti «di natura particolarmente grave e crudele»; l9assenza di un qualsiasi nesso di causalità tra la condotta della vittima e l9uso della forza da parte degli agenti di polizia; la gratuità dei maltrattamenti e quindi la loro sproporzione rispetto allo scopo perseguito; il carattere intenzionale e premeditato degli stessi.
217 Sul concetto di violazione strutturale v. V. ZAGREBELSKY, Violazioni strutturali e Convenzione europea dei diritti dell9uomo: interrogativi a proposito di Xxxxxxxxxx, in Dir. um. dir. int., n. 2/2008, p. 5 e ss. e X. XXXXXXXXXX, Violazione <strutturale=, violazione <grave=, ed esigenze interpretative della Convenzione europea dei diritti dell9uomo, in Riv. dir. int. priv. proc., n. 3/2006, p. 645 e ss.
218 «Affinché un9inchiesta sia effettiva nella pratica, la condizione preliminare è che lo Stato abbia promulgato delle disposizioni di diritto penale che puniscono le pratiche contrarie all9articolo (Gäfgen, sopra citata, § 117). In effetti, l9assenza di una legislazione penale sufficiente per prevenire e punire effettivamente gli autori di atti contrari all9articolo 3 può impedire alle autorità di perseguire le offese a questo valore fondamentale delle società democratiche, di valutarne la gravità, di pronunciare pene adeguate e di escludere l9applicazione di qualsiasi misura che possa alleggerire eccessivamente la sanzione, a scapito del suo effetto preventivo e dissuasivo (M.C. c. Bulgaria, n. 39272/98, §§ 149, 153 e 166, CEDU 2003 XII, Xxxxxx, sopra citata, § 71, Xxxxxxxxx, sopra citata, § 38; dal punto di vista dell9articolo 4, si veda, mutatis mutandis, Siliadin x. Xxxxxxx,
n. 73316/01, §§ 89, 112 e 148, CEDU 2005 VII)» X.XXX, sez. IV, 7 aprile 2015, Xxxxxxx c. Italia, par. 209. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su www.giustizia.
219 «[&] La Corte ha anche dichiarato che, in materia di tortura o di maltrattamenti inflitti da parte di agenti dello Stato, l9azione penale non dovrebbe estinguersi per effetto della prescrizione, così come l9amnistia e la grazia non dovrebbero essere tollerate in questo ambito. Del resto, l9applicazione della prescrizione dovrebbe essere compatibile con le esigenze della Convenzione. Pertanto, è difficile accettare dei tempi di prescrizione
In secondo luogo, la Corte EDU si è rammaricata della mancata collaborazione offerta della Polizia italiana nell9individuazione degli autori materiali dei soprusi.
Il combinato disposto dei due fattori appena menzionati aveva finito per comportare l9impunità dei responsabili delle violenze, nonostante gli sforzi profusi dai magistrati inquirenti e giudicanti220.
Conclusivamente, i giudici di Strasburgo hanno preso in esame la legislazione penale italiana applicata, considerandola inadeguata rispetto alla esigenza di sanzionare gli atti di tortura in questione e, al tempo stesso, priva dell9effetto dissuasivo necessario per prevenire altre simili violazioni dell9art. 3 CEDU in futuro.
Pertanto, hanno formulato un invito perentorio al varo di una riforma che assicurasse la sanzione di siffatte condotte, anche attraverso la preclusione dell9applicazione di previsioni che compromettano la loro effettiva punizione, contrarie, in quanto tali, alla Convenzione europea dei diritti dell9uomo.
All9esito, la Corte EDU ha accolto il ricorso, dichiarando la violazione degli obblighi positivi derivanti dell9art. 2 CEDU di tipo sostanziale e procedurale221.
Le medesime considerazioni sono state successivamente ribadite in un secondo ricorso presentato da altre vittime delle stesse violenze. Nella sentenza Xxxxxxxxxx Xxxxx e altri c. Italia222 sono stati puntualmente reiterati i principi di diritto affermati nello <storico= precedente Xxxxxxx x. Italia, rispetto sia alla riconducibilità delle condotte nell9alveo del divieto dei cui all9art. 3 CEDU sia alla violazione delle substantive e delle procedural positive obligations.
La <giurisprudenza del G8 di Genova=223 è estremamente significativa perché, attraverso le relative pronunce, la Corte europea dei diritti dell9uomo ha aumentato la pressione sul
non flessibili che non sono soggetti ad alcuna eccezione (Mocanu e altri c. Romania [GC] nn. 10865/09, 45886/07 e 32431/08, § 326 CEDU 2014 (estratti) e le cause ivi citate). Lo stesso vale per la sospensione condizionale dell9esecuzione della pena (Okkali, sopra citata, §§ 74-78, Gäfgen, sopra citata, § 124, Xxxxxx Xxxxx, sopra citata, § 43; si veda anche, mutatis mutandis, Nikolova e Xxxxxxxxxxx, sopra citata, § 62) e per la liberazione anticipata (Abdülsamet Yaman, sopra citata, § 55, e Müdet Kömürcü, §§ 29-30)» X.XXX, sez. IV, 7 aprile 2015, Xxxxxxx c. Italia, par. 208. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su www.giustizia.
220 Infatti, nessuno era stato condannato e i reati rilevanti erano stati dichiarati prescritti. Le condanne inflitte dalla Corte di Cassazione si riferivano piuttosto ai tentativi di giustificazione delle condotte di tortura e all9assenza di base fattuale e giuridica per l9arresto degli occupanti della scuola. In definitiva, i condannati, anche a seguito dell9ottenimento dell9indulto, dovevano scontare pene comprese tra i tre mesi e l9anno di reclusione.
221 Sull9interrelazione tra «procedural and substantive positive obligations» in questa decisione v. L. XXXXXXXX, Positive Obligations and the Criminal Law, cit., pp. 31-32 e p. 36. L9autore nota che, in questa occasione, l9obbligo di criminalizzazione trascende gli stessi obblighi procedurali.
222 X.XXX, sez. I, sent. 22 giugno 2017, Xxxxxxxxxx Xxxxx e altri c. Italia. Traduzione non ufficiale a cura del Ministero della Giustizia, disponibile su xxx.xxxxxxxxx.xx.
223 Vi si possono includere, oltre a quelle in Cestaro c. Italia e Xxxxxxxxxx Xxxxx e altri c. Italia, anche le seguenti sentenze: X.XXX, sez. I, sent. 26 ottobre 2017, Xxxxxxxx e altri c. Italia; X.XXX, sez. I, sent. 26 ottobre
legislatore nazionale affinché varasse una normativa che punisse le pratiche sussumibili nella nozione di tortura all9art. 3 CEDU. Occorre tuttavia ricordare come i giudici di Strasburgo non abbiano imposto in maniera esplicita l9adozione di un9apposita fattispecie incriminatrice rubricata <tortura=: in ossequio al loro tipico approccio pragmatico hanno piuttosto richiesto che tali condotte fossero represse in maniera effettiva224.
Nei casi sopracitati, però, i giudici di Strasburgo non hanno opportunamente distinto tra i concetti di tortura e di trattamenti inumani e degradanti, delineando accuratamente i rispettivi livelli di gravità della violazione del divieto. Tale indirizzo esegetico ha determinato l9unificazione di fenomeni criminosi fra loro differenti sia sul piano oggettivo sia su quello soggettivo. L9esito, dunque, è stato quello di trattare in maniera uguale situazioni fra loro diverse225.
Nella stessa norma, infatti, vengono come noto fatti rientrare, ad esempio, episodi come l9irruzione nella scuola Xxxx-Xxxxxxx e allo stesso tempo il fenomeno del sovraffollamento carcerario (e delle condizioni deteriori di detenzione).
In ultima analisi, richiedere di punire la <tortura= e di provvedervi <in concreto=, senza illustrare nel dettaglio i contenuti né dell9una né dell9altra domanda, porta con sé delle problematiche riconducili sia alla dimensione della Convenzione europea dei diritti dell9uomo sia a quella del diritto penale nazionale.
Per quanto riguarda la prima, l9indirizzo interpretativo sopra esposto è ovviamente proprio della Corte EDU, rientrando in una concezione che del singolo istituto giuridico viene data secondo quello che è il modus operandi caratteristico della disciplina dei diritti umani, diverso da quella penale. Rimane però che ciò comporta un confondimento dei presidi che nel nostro sistema vengono ricondotti tendenzialmente nell9alveo del diritto penale sostanziale. In particolare, i giudici di Strasburgo trattano dell9applicazione della prescrizione, della sospensione condizionale, dell9indulto e della liberazione condizionale al momento di affrontare gli obblighi positivi procedurali, previsioni che hanno interessato taluni imputati nel processo sul G8. Ebbene, in questa tendenza alla funzionalizzazione di
2017, Xxxxx e altri c. Italia; X.XXX, sez. I, sent. 26 ottobre 2017, Xxxxxx e Renne c. Italia. Cfr. X. XXXXXXXX 3
A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, cit., pp. 92-93.
224 Sull9assenza, nella giurisprudenza della Corte EDU, del dovere di previsione di una sanzione penale dedicata v. X. XXXXX XX XXXXXXXXXXX 3 C. GRANDI, Il nuovo delitto di tortura. Tutto sommato, un passo avanti, in X. XXXXXXXX 3 X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, p. 405. Quanto a quella di un obbligo di criminalizzazione dei trattamenti inumani o degradanti v. X. XXXXXX, Sui progetti di introduzione del delitto di tortura in discussione presso la Camera dei Deputati, in Dir. pen. cont., 25.10.2014, pp. 2-4.
225 Cfr. X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, cit., p. 93; A. XXXXXXX, La risposta dell9ordinamento interno agli obblighi sovranazionali di criminalizzazione e persecuzione penale della tortura, in Riv. it. dir. pen. proc., n. 2/2019, p. 820; e P. XXXXX, Punire la tortura in Italia. Spunti ricostruttivi a cavallo tra diritti umani e diritto penale internazionale, in Dir. pen. cont., n. 10/2017, pp. 221 e 242.
istituti di varia natura rispetto al conseguimento dell9obiettivo finale (appunto, la punizione dell9autore della violazione) si annidano rischi di ripercussioni sulle opzioni interne di politica criminale, frutto del travisamento della natura di tali istituti, non più valorizzati quali presidi garantistici, e invece percepiti quali ostacoli da superare in vista dell9accertamento dei fatti e della punizione dei responsabili226.
Per quanto riguarda la seconda, le pronunce in esame appaiono emblematiche dell9attenzione assolutamente prevalente riservata dalla Corte EDU alle prerogative delle vittime dei reati, specie in relazione ai fatti di tortura perpetrati dagli agenti statali. Questa prospettiva sembra travolgere ogni altra valutazione contrapposta, seppur fondata in altri articoli della Carta fondamentale: si allude soprattutto alla finalità rieducativa della pena, alla cui ratio sono (almeno in parte) riconducibili anche gli istituti già rievocati, oggetto di attenzione da parte dei giudici di Strasburgo nei procedimenti che traggono origine nella vicenda genovese. Il rischio che si intravede è dunque quello della prevalenza dell9afflato punitivista su ogni altra istanza che caratterizza il volto costituzionale del sistema penale, in ossequio all9esigenza di applicazione della pena <effettiva= (in particolare, quella carceraria) ad ogni costo227.
4.1. La quaestio della identità della tortura statale
226 Sulla problematicità del confine incerto tra volet matériel e volet procédural v. X. XXXXXXXXX, <Dovere di punire=?, cit., p. 1376.
227 In tema di mutamento della funzione della pena, con accentuazione di retribuzione e prevenzione generale negativa, v. M. XXX XX XXXXXXXX, Les caractères et les fonctions de la peine, nSud gordien des relations entre droit pénal et droits de l9homme, in X. XXXXXXXXXX 3 X. XXXXXX 3 F. OST 3 M. VAN DE KERCHOVE 3
S. XXX XXXXXXXXXXXXXX (a cura di), Les droits de l9homme, bouclier ou épée du droit penal?, Bruxelles, 2007, pp. 337-361.
Il varo del delitto di tortura, inserito all9art. 613 bis c.p.228 (e dell9istigazione del pubblico ufficiale a commetterla al successivo art. 613 ter c.p.229), può considerarsi il più emblematico precipitato degli obblighi positivi di tutela penale di provenienza della Convenzione europea dei diritti dell9uomo in Italia230.
Osservando per sommi capi la fattispecie di reato, la relativa fisionomia ne tradisce il torbido sotteso di «tensioni» e «compromessi politici»231, tale per cui pare quasi una norma
<Frankenstein=, dalla genesi travagliata e dalla dimensione inafferrabile232.
L9art. 613 bis co. 1 c.p. è il cardine dell9intera fattispecie, in quanto descrive il fatto tipico della tortura e provvede alla punizione di quella c.d. privata. Al comma 2, assume rilevanza la medesima condotta perpetrata dal pubblico ufficiale, oppure dall9incaricato di pubblico servizio, che agisca abusando dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione, o al servizio. Questa disposizione è dunque destinata alla punizione della tortura c.d. pubblica, che data la sua accentuata gravità233 riceve un inasprimento del trattamento sanzionatorio.
228 «Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall9esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell9ergastolo».
229 «Il pubblico ufficiale o l9incaricato di un pubblico servizio il quale, nell9esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l9istigazione non è accolta ovvero se l9istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
230 Come anticipato, la fase di adozione della nuova normativa ha subito una particolare spinta a seguito della pronuncia Xxxxxxxxxx Xxxxx e altri c. Italia (cfr. supra, cap. II, par. 4). In riferimento ai pericoli che cela tale scaturigine v. A. XXXXXXXX, Una legge sulla tortura, non contro la tortura, in X. XXXXXXXX 3 X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, pp. 90-92.
231 Usa questi due termini per spiegare il rilievo del dibattito parlamentare X. XXXXXXXXXX, Tortura e diritto penale simbolico: un binomio indissolubile?, in Dir. pen. proc., n. 2/2018, p. 153.
232 Sugli elementi costitutivi, già illustrati da amplissima letteratura, v. A. XXXXXXX, Art. 613 bis, in E. DOLCINI 3 G.L. GATTA (a cura di), Codice penale commentato, Milano, 2021, pp. 1944-2008; X. XXXXXXXX, Art. 613 bis, in ID. (a cura di), Codice penale, Milano, 2019, pp. 4315-4321; X. XXXXXXXX 3 X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, p. 1 e ss.; C.D. XXXXXX, Xxxxxxx (reato di), in Digesto penale, Aggiornamento X, Torino, 2018, pp. 862-878; ed E. XXXXXXXX, Il delitto di tortura, cit., p. 1 e ss.
233 Poiché come affermato da Xxxxxx Xxxxxxxx «viene pervertito il rapporto tra autorità e individuo» X. XXXXXXXX, Xxxxxxx. Giustizia criminale. Radici, sentieri, dintorni, periferie di un sistema assente, Pisa, 2015,
p. 33; e, inoltre, come sostenuto da Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxx è «ancora più devastante il crimine e il relativo trauma» M. LALATTA COSTERBOSA, Il silenzio della tortura. Contro un crimine estremo, Roma, 2016, p. 110.
A ben vedere, la scelta di disciplinare a un tempo entrambe le forme di tortura234 si pone in armonia con la dottrina delle positive obligations. Alla luce della copiosa giurisprudenza dei giudici di Strasburgo sull9art. 3 CEDU235, malgrado la maggiore attenzione dedicata alla tortura c.d. verticale, è infatti pacifico che rilevi anche quella c.d. orizzontale236. Non deve dimenticarsi, del resto, che numerose pronunce della Corte EDU sugli obblighi positivi riconducibili al divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti attengono a fatti squisitamente interprivati, per esempio riferibili a condotte intrafamiliari, rispetto alle quali tendenzialmente la responsabilità dello Stato viene riconosciuta in ragione dell9omesso intervento finalizzato a prevenire il verificarsi di violazioni237.
Fin dalla sua entrata in vigore, il delitto di tortura è stato sottoposto allo stress test dell9applicazione concreta, dalla quale ne è rapidamente emersa la formulazione inadeguata238. Particolarmente controversa è risultata soprattutto la natura di fattispecie autonoma o di circostanza aggravante del capoverso dell9art. 613 bis c.p., rispetto alla quale si è registrato un fervente dibattito dottrinale239 riassumibile nei seguenti termini.
234 Si noti che né l9art. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 né gli artt. 7 e 8 dello Statuto di Roma dipingono la tortura come solamente pubblicistica. In tal senso può dirsi che si stia mostrando aperturista lo stesso Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite (cfr. OFFICE OF THE HIGH COMMISSIONER FOR HUMAN RIGHTS, CCPR General Comment No. 20: Article 7, par. 2).
235 Cfr. supra, cap. II, par. 4.
236 Cfr. E. XXXXXXXX, Il delitto di tortura, cit., p. 94.
237 Cfr. X. XXXXXXXX 3 A. XXXXXXX, Art. 3 3 Proibizione della tortura, cit., pp. 86-92. Tra le altre sentenze si consideri quella in Z e altri c. Regno Unito. Cfr. supra, cap. II, par. 3. Cfr. X.X. XXXXXXX, The development of positive obligations under the European Convention of Human Rights by the European Court of Human Rights, cit., pp. 44-45.
238 Come si vedrà infra, sembra essere superata la temuta <inutilizzabilità=. Inter alia v. X. XXXXX 3 M. PASSIONE, Il reato di tortura. Un9ombra ben presto sarai: come il nuovo reato di tortura rischia il binario morto, in Dir. pen. cont., 15.01.2019, p. 2, i quali si domandano «in una parola, se la lunga attesa di questa legge abbia avuto un senso o ci consegni uno strumento già destinato a farsi ombra evanescente (quasi ad evocare il titolo di Xxxxxxx Xxxxxxx), norma inapplicabile».
239 Per la tesi della natura circostanziale v. G.M. XXXXXXX, Abolizione del reato di tortura: breve critica delle flebili ragioni di una discutibilissima proposta, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2023, pp. 761-762; X. XXXXXXXX 3 E. MUSCO, Diritto penale, Parte speciale, I delitti contro la persona, Bologna, 2020, p. 283; X. XXXXXXXX, Art. 613 bis, cit., p. 4320; A. XXXXXXXX, Una legge sulla tortura, non contro la tortura, cit., pp. 90-92; X. XXXXX 3 M. PASSIONE, Il reato di tortura, cit., p. 12; C.D. XXXXXX, Xxxxxxx (reato di), cit., p. 877; E. XXXXXXXX, Il delitto di tortura, cit., pp. 297-299; X. XXXXXXXXXX, Tortura e diritto penale simbolico, cit., p. 155; X. XXXXXXXX, La nozione di tortura nel codice penale italiano a confronto con le norme internazionali in materia, in Riv. dir. int., n. 1/2018, pp. 171-173; A. MARCHESI, Delitto di tortura e obblighi internazionali di punizione, in Riv. dir. int., n. 1/2018, p. 165; e X. XXXXXXX, L9insufficiente descrizione normativa del delitto di tortura, in Riv. pen., n. 1/2018, pp. 23-25. Mentre, per la tesi 0xxxxxxxxxxx0 x. X. XXXXXX, La tortura tra diritto interno e obblighi internazionali di incriminazione, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2023, p. 753; V. DI TERLIZZI, Tortura e contesto carcerario: tra criticità e prospettive di riforma dell9art. 613-bis c.p., in Arch. pen., n. 2/2023, pp. 16-17; A. XXXXXXX, Art. 613 bis, cit., p. 1985; X. XXXXXXXXX, Diritto penale, Parte speciale, Delitti contro la persona, Padova, 2019, p. 408; A. XXXXXXXXX, Il nuovo delitto di tortura, in X. XXXXXXXX 3 X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, pp. 354-356; G. FLORA, Il nuovo art. 613-bis c.p.: meglio che niente?, in X. XXXXXXXX 3 X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Nulla è cambiato? Riflessioni sulla tortura, Bologna, 2019, pp. 344-345; A. XXXXXXXXXX, Il nuovo delitto di tortura (art. 613 bis c.p.), in Stud. iur., n. 2/2018, pp. 12-13; X. XXXXXX, Il delitto di tortura. Un9analisi critica, in Giur. pen., n. 11/2017, pp. 11-12; P. XXXXX, Punire la tortura in Italia, cit., pp. 229-232; X. XXXXXXXXXX, Il delitto di tortura, prove di oggettivismo penale, in Arch. pen., n. 3/2017, pp. 24-26; A. PROVERA, Art. 613 bis, in X. XXXXXXXX 3 G. FORTI 3 X. XXXXXXX (a cura di), Commentario breve al codice penale,
Secondo una prima ricostruzione, si tratterebbe di circostanza aggravante, per queste ragioni: le indicazioni emergenti dai lavori preparatori; l9assenza di una rubrica ad hoc per la tortura
c.d. pubblica; la definizione degli elementi costitutivi più significativi della tortura c.d. verticale mediante un rinvio al primo comma; infine, l9assurdo della inapplicabilità delle aggravanti al quarto e quinto comma (riferite ai soli «fatti di cui al primo comma») alla tortura c.d. pubblica, che verrebbe così spogliata dall9inasprimento sanzionatorio per gli eventi lesioni e morte.
Altra ricostruzione propende per la natura di fattispecie autonoma, in base a tali argomenti: la presenza del requisito ulteriore dell9abuso dei poteri o della violazione dei doveri nella sola tortura c.d. verticale; il tipo e il livello di offensività maggiormente elevato insito nella tortura c.d. pubblica; la bizzarria che deriverebbe dalla ricorrenza di una <aggravante di un9aggravante= laddove si applicassero i commi 4 e 5 alla tortura c.d. verticale come circostanza; la insensatezza che si avrebbe con una <esimente di un9aggravante= qualora si rapportasse il comma 3 alla tortura c.d. pubblica; oltre che l9incoerenza di una <istigazione di un9aggravante= in relazione all9art. 613 ter c.p., che conosce quale soggetto attivo il pubblico ufficiale o l9incaricato di pubblico servizio.
L9animata discussione accademica è puntualmente riecheggiata nelle aule di giustizia, in sede sia di merito240 sia di legittimità241. Sono paradigmatiche in questo senso due sentenze della Corte di Cassazione, che giungono a conclusioni opposte rispetto a tale specifico profilo.
Il primo caso riguardava le vessazioni perpetrate da un gruppo di giovani ai danni di una persona ultrasessantenne affetta da disturbi psichici242. I correi, dopo aver fatto irruzione
Padova, 2017, p. 2115; M.L. XXXXXXXXXXXX, Lo stalking e gli altri delitti contro la libertà morale, in A. CADOPPI 3 X. XXXXXXXXX (a cura di), Elementi di diritto penale. Parte speciale, Milano, 2017, p. 254; X. XXXXXXXXXX, Tortura: nuova condanna dell9Italia a Strasburgo, mentre prosegue l9iter parlamentare per l9introduzione del reato, in Dir. pen. cont., n. 6/2017, pp. 325-326; e X. XXXXXX, Sui progetti di introduzione, cit., p. 5.
240 Nel primo senso v. Trib. di Ferrara, Ufficio GIP-GUP, sent. n. 11 del 14 gennaio 2021 (dep. 15 marzo 2021), mentre, per il secondo, v. Trib. di Siena, Ufficio GIP-GUP, sent. n. 58 del 17 febbraio 2021 (dep. 7 maggio 2021), con nota di X. XXXXX, Fermare l9onda blu. Tortura nel carcere di X. Xxxxxxxxx: una delle prime sentenze di merito che, applicando la nuova fattispecie di reato, condannano la violenza in divisa blu, in Dir. pen. uomo, n. 6/2021, pp. 1-12. Entrambe commentate da X. XXXXXXXXX, Tortura: una norma scritta male al banco di prova della prassi applicativa, in Quest. giustizia, 12.07.2021, pp. 1-16. Alla pronuncia del giudice dell9udienza preliminare di Siena, è seguita, nei confronti degli imputati che non hanno scelto il rito abbreviato, quella della sezione penale dello stesso Tribunale, che, all9esito del dibattimento, ha condiviso il medesimo orientamento del precedente giudicante. Cfr. Trib. di Siena, Sez. Pen., sent. n. 211 del 9 marzo 2023 (dep. 5 settembre 2023), con nota di X. XXXXXXXXX, Il reato di tortura: concretezza dei fatti, necessità della fattispecie. Nota a Tribunale Siena, n. 211/2023 del 9 marzo-5 settembre 2023, in Quest. giustizia, 12.12.2023.
241 Cfr. A. XXXXXXX, La Cassazione si confronta, sia pure in fase cautelare, con la nuova fattispecie di 0xxxxxxx0 (art. 613 bis c.p.), in Sist. pen., 16.01.2020, p. 1.
242 Cass. pen., sez. V, sent. n. 50208 del 11 ottobre 2019 (dep. 11 dicembre 2019), con nota di F. FANOLI, Gli elementi costitutivi del delitto di tortura alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità, in Riv. pen.,
n. 10/2020, pp. 927-931. Per un provvedimento reso nel parallelo procedimento innanzi al Tribunale per i Minorenni, sempre nella sottofase cautelare, x. Xxxx. pen., sez. V, sent. n. 47079 del 8 luglio 2019 (dep. 20
notturna nell9abitazione della vittima, avevano percosso quest9ultima a mani nude e con oggetti contundenti, proferendo altresì espressioni di dileggio. Per di più, gli autori avevano effettuato videoriprese, in seguito diffuse in rete. Terrorizzato alla prospettiva di restare vittima di nuovi attacchi, l9aggredito si era in seguito barricato nella propria casa, riducendosi a vivere in condizioni miserrime.
I giudici di legittimità 3 aditi da due indagati a seguito di ordinanza del tribunale del Riesame che aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere emessa nei loro confronti dal giudice per le indagini preliminari 3 nel dichiarare inammissibile il ricorso hanno colto l9occasione per un9analisi ricostruttiva dell9intera fattispecie di cui all9art. 613 bis x.x. Xxxxxxxx al profilo qui preso in esame, la Suprema Corte ha sostenuto che il capoverso della disposizione in parola sia qualificabile come circostanza aggravante del reato base243: tale conclusione non risulta tuttavia suffragata da alcuna argomentazione, forsanche perché la vicenda in oggetto si collocava indiscutibilmente nell9alveo del primo comma. Resta dunque l9affermazione laconica della natura circostanziale del secondo comma.
Quest9ultima conclusione viene ben presto contraddetta da un9altra sentenza dei giudici di legittimità (peraltro sempre nel contesto di atti di tortura intercorsi tra privati), nell9ambito della quale hanno offerto una motivazione più articolata. Si trattava in specie di un9accusa di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e tortura avanzata dalla vittima nei riguardi del proprio partner244.
Proprio in relazione all9ultimo capo di imputazione, dalla lettura della sentenza di condanna si evince che l9agente aveva tra l9altro privato la vittima della libertà personale segregandola in casa, provocando acute sofferenze fisiche, un verificabile trauma psichico e financo lesioni personali245.
novembre 2019), con note di X. XXXXXXX XXXXXXXX, La natura e gli elementi costitutivi del delitto di tortura, in Cass. pen., n. 6/2020, pp. 2349-2356 e A. XXXXX, Primo intervento della Cassazione sul reato di tortura in un caso di bullismo, in Foro it., n. 3/2020, pp. 161-165. Per una lettura congiunta v. A. XXXXXXX, La Cassazione si confronta, cit., p. 1.
243 «La norma di nuovo conio prevede un reato comune contemplando l9eventualità che esso sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio come circostanza aggravante e di evento (costituito dalle acute sofferenze fisiche o, in via alternativa, da un verificabile trauma psichico provocato alla vittima), caratterizzato da dolo generico e dalla descrizione delle modalità della condotta (<con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà=)» Xxxx. pen., sez. V, sent. n. 50208 del 11 ottobre 2019 (dep. 11 dicembre 2019), par. 1.1.
244 Cass. pen., sez. III, sent. n. 32380 del 25 maggio 2021 (dep. 31 agosto 2021). Con note di A. XXXXXXX, Pronunciandosi per la prima volta nel merito sull9art. 613-bis c.p., la Cassazione aderisce alla tesi della tortura c.d. di Stato come fattispecie automa di reato, in Sist. pen., 12.04.2022, p. 1 e ss.; C.D. XXXXXX, Ammissibile il concorso materiale tra maltrattamenti in famiglia e tortura privata, in Giur. it., n. 1/2022, pp. 197-202; e F.R. XXXXXXX, Quando i maltrattamenti divengono anche tortura: la Cassazione riconosce il concorso tra 572 e 613-bis c.p. in un caso di violenze reiterate ai danni della partner, in Sist. pen., 28.10.2021,
p. 1 e ss.
245 Avevano messo in guardia sul rischio di sovrapposizione tra l9art. 613 bis c.p. e l9art. 572 c.p. A. CISTERNA, Colmata una lacuna, ma molte nozioni restano poco precise, in Guida dir., n. 39/2017, pp. 18-19; X. XXXXX, Verso l9introduzione del delitto di tortura nel codice penale italiano: una fatica di Xxxxxx. Un9analisi dei <lavori
Senza neppure menzionare il precedente contrario, la Suprema Corte si è discostata dalla ricostruzione sopra ricordata, giungendo a conclusioni radicalmente opposte sulla struttura dell9art. 613 bis co. 2 c.p., etichettato come «delitto a geometria variabile», in quanto comprensivo tanto della tortura c.d. privata quanto di quella c.d. verticale246.
L9affermazione della natura autonoma dell9ipotesi disciplinata al capoverso poggia in particolare sull9inciso per cui si richiede quale ulteriore requisito integrativo della tortura
c.d. pubblica l9esercizio del potere o del servizio pubblico in maniera illegale. Tale aggiunta costituirebbe un disvalore così marcato da giustificare sia l9aggravio sanzionatorio sia il rango di reato autonomo247. La medesima conclusione sarebbe altresì avvalorata da un ulteriore trittico di argomenti: la «natura del soggetto attivo»; l9«indipendenza del trattamento sanzionatorio»; e la «necessità di un obbligo di incriminazione specifico, non anche dell9altra [n.d.r., la tortura c.d. orizzontale]»248.
in corso= anche alla luce della pronuncia della Corte EDU sul caso Xxxxxxx x. Italia, in Dir. pen. cont., 28.02.2016, p. 1; X. XXXXXX, Sui progetti di introduzione, cit., pp. 22-25; e A. XXXXXXX, La repressione penale della tortura: riflessioni de xxxx xxxxxxxx, in Dir. pen. cont., 22.07.2014, p. 1.
246 «[&] In particolare, con l9articolo 613-bis del codice penale, è stato tipizzato il reato di tortura, strutturato come delitto <a geometria variabile=, potendo l9ambito di operatività della norma penale ricomprendere sia la tortura privata (cosiddetta comune o orizzontale o impropria: articolo 613-bis, primo comma) e sia la tortura pubblica (cosiddetta di Stato o verticale o propria: articolo 613-bis, secondo comma). Ne deriva che, con la legge citata, sono stati configurati due autonomi titoli di reato e, quindi, due diverse e autonome fattispecie incriminatrici, a disvalore progressivo, secondo la qualifica del soggetto attivo del reato: la tortura pubblica (reato proprio) se il soggetto attivo sia un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio che commetta il fatto tipico descritto nell9articolo 613-bis, comma 1, del codice penale con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio; tortura privata (reato comune) negli altri casi» Cass. pen., sez. III, sent. n. 32380 del 25 maggio 2021 (dep. 31 agosto 2021), par. 3.3.
247 «L9asse della lesività del delitto è, pertanto, calibrato sulla natura della condotta nella tortura privata, dove non rileva affatto la qualifica giuridica soggettiva dell9agente se non limitatamente ad un elemento costitutivo di fattispecie rappresentato dai rapporti di affidamento, affrancati però completamente dalla componente pubblicistica, mentre il fulcro dell9offesa, nel reato di tortura pubblica, è spostato sull9esercizio illegale del potere o del servizio pubblico, cosicché la medesima condotta acquista un maggiore disvalore, risultando perciò il fatto di reato più gravemente (e autonomamente) punito, in considerazione, come è stato opportunamente osservato, della perversione del potere coercitivo affidato al funzionario pubblico, il quale tradisce il senso e sormonta i limiti per il quale il potere è stato conferito, vulnerando nel suo significato più sostanziale il principio di legalità, perno di qualsiasi Stato di diritto e la cui osservanza è, in primis, imposta gli organi pubblici» Xxxx. pen., sez. III, sent. n. 32380 del 25 maggio 2021 (dep. 31 agosto 2021), par. 3.3.
248 «Nel caso di specie, con la previsione del modello legale descritto nell9articolo 613-bis del codice penale, si è voluto ampliare il raggio dell9incriminazione rispetto alla soglia minima richiesta, come ius cogens, dal diritto internazionale, riconoscendo la configurabilità del reato anche nelle relazioni private, fermo restando che la tortura pubblica non può assumere la forma circostanziale rispetto a quella privata, ma costituisce un reato autonomo sia per la natura del soggetto attivo, sia per l9indipendenza del trattamento sanzionatorio rispetto alla tortura privata e sia per la necessità di un obbligo di incriminazione specifico di quest9ultima fattispecie, non anche dell9altra, obbligo che sarebbe da considerare disatteso, con diretta collisione del diritto interno con quello internazionale, nel caso in cui si considerasse il secondo comma dell9articolo 613-bis del codice penale una circostanza di un altro reato, e cioè della tortura privata, il cui obbligo di incriminazione non era vietato ma neppure imposto, diversamente dalla tortura di Stato, dalle carte internazionali» Xxxx. pen., sez. III, sent. n. 32380 del 25 maggio 2021 (dep. 31 agosto 2021), par. 3.3.
Insomma, dato il contrasto appena descritto (ed essendo dunque l9art. 613 bis co. 2 c.p. una delle fattispecie o «questioni ostinatamente dubbie»249) è auspicabile un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.
Sulla base delle indicazioni provenienti dalla dottrina e dalla giurisprudenza250, si ritiene qui che l9art. 613 bis co. 2 c.p. integri una circostanza aggravante (segnatamente, una circostanza aggravante c.d. indipendente) e non una fattispecie autonoma di reato per le ragioni che seguono.
In primo luogo, è proprio la voluntas legis a deporre nel senso della qualifica circostanziale, come deducibile da un9attenta disamina dei lavori preparatori; quali, in particolare, le dichiarazioni rese nelle aule251 e i dossier pubblicati dagli uffici252.
249 L9espressione è di X. XXXXXXX, Xxxxxx aggravata per conseguire erogazioni pubbliche: una fattispecie davvero circostanziante?, in Dir. pen. proc., n. 3/2003, p. 310. Per degli esempi v. X. XXXXXX, Reato autonomo o circostanza? Punti fermi e questioni ancora aperte a dieci anni dall9intervento delle Sezioni unite sui <criteri di distinzione=, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 4/2011, pp. 1588-1593. A riconferma, si noti che, nei testi di accompagnamento ai recenti d.d.l. S. 341 - «Modifiche al codice penale in materia di introduzione di una circostanza aggravante comune in materia di tortura» e p.d.l. C. 623 - «Modifiche agli articoli 61 del codice penale e 191 del codice di procedura penale in materia di introduzione della circostanza aggravante comune della tortura» gli interventi riformatori vengono motivati anche sul presupposto che: «La struttura della norma non permette tra l9altro di stabilire con chiarezza se la figura tipizzata al secondo comma abbia natura circostanziale o sia una fattispecie autonoma di reato, creando notevoli difficoltà applicative 3 anche in relazione al possibile bilanciamento di circostanze 3 che la giurisprudenza si troverà a dover affrontare» (SENATO DELLA REPUBBLICA, Fascicolo Iter DDL S. 341, p. 6 e CAMERA DEI DEPUTATI, C. 623 Proposta di legge presentata in data 23 novembre 2022, p. 2). Sul d.d.l. S. 241 e sulla p.d.l. C. 623 e in generale sulla possibilità di abolire il delitto di tortura v. G.M. XXXXXXX, Abolizione del reato di tortura, cit., pp. 759-763; X. XXXXXX, La tortura tra diritto interno e obblighi internazionali di incriminazione, cit., pp. 751-757; X. XXXXXXXX, Sostenere l9insostenibile. Un9analisi critica delle tesi a supporto della proposta di abrogazione del reato di tortura, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2023, pp. 745-750; X. XXXXX, La questione del diritto e del bando della tortura negli Stati di diritto, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2023, pp. 737-743; G. GIOSTRA, Rigurgito normativo, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2023, pp. 733-735; ed X. XXXXXXX, La proposta di legge Vietri e i tormentati destini delle incriminazioni della tortura, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2023, pp. 729-732. Si tenga a mente che, in un caso sull9art. 8 CEDU, non è stata ravvisata la violazione degli obblighi positivi riferiti al legal framework della Croazia con rispetto all9abrogazione del reato di violenza domestica e contestuale creazione di una circostanza aggravante applicabile in luogo della preesistente fattispecie penale, in quanto ritenuta in grado di assicurare una tutela adeguata alle vittime. In particolare, è stato precisato che
«In this connection, the Court notes that although the 2011 Criminal Code abolished the separate criminal offence of domestic violence, it provided that instances of violence within a family constituted an aggravating form of other offences, which it subjected to public prosecution. In particular, as relevant for the case at hand, it criminalised threatening behaviour and causing bodily injuries within a family or against a close person as aggravating forms of the general offences of threatening behaviour and causing bodily injuries under Articles 117 and 139, making them liable to public criminal prosecution (see paragraphs 21 and 22 above)» X.XXX, sez. II, sent. 11 luglio 2017, Ž.B. c. Croazia, par. 54.
250 Orientarsi nella distinzione tra fattispecie autonoma oppure circostanza di reato è come noto assai complicato. Cfr. A. MELCHIONDA, Le circostanze del reato. Origine, sviluppo e prospettive di una controversa categoria penalistica, Padova, 2000, p. 558 e ss.; X. XXXXXXXX, Elementi costitutivi e circostanze del reato, Milano, 1988, p. 61 e ss.; e X. XXXXXX, Le circostanze del reato. Parte generale, Milano, 1965, p. 65 e ss.
251 Cfr. CAMERA DEI DEPUTATI, seduta del 6 giugno 2017, Resoconto stenografico, pp. 3-4, seduta del 26 giugno 2017, Resoconto stenografico, pp. 34 e 46 e seduta del 5 luglio 2017, Resoconto stenografico, p. 91; e SENATO DELLA REPUBBLICA, seduta del 6 luglio 2016, Resoconto stenografico, p. 31.
252 Cfr. SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, Introduzione del delitto di tortura nell9ordinamento italiano 3 A.C. 2168-B, Dossier n. 285 - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale, dd. 21 giugno 2017 e Dossier n. 149/3 - Elementi per l9esame in assemblea, dd. 23 giugno 2017.
Procedendo con ordine, occorre considerare i criteri testuale o topografico, strutturale e teleologico.
Iniziando dal primo, il nomen iuris della fattispecie non offre indicazioni specifiche. La collocazione della tortura c.d. pubblica, diversamente, è univoca. Essa infatti non possiede una propria rubrica codicistica, ma è disciplinata al capoverso del medesimo articolo ove viene trattata quella c.d. orizzontale. Del resto, quando il legislatore della novella del 2017 ha inteso inequivocabilmente inserire una fattispecie a sé, ha introdotto un articolo apposito253.
Proseguendo con il secondo criterio, quello strutturale, la descrizione del contenuto della tortura c.d. pubblica è resa per relationem, attraverso un rimando lapalissiano: «Se i fatti di cui al primo comma». Ciò induce a ritenere che le due forme di tortura, perpetrate da diversi soggetti attivi, contemplano essenzialmente la medesima condotta. Inoltre, non vi sono dubbi sull9identità dell9evento e dell9oggetto materiale. L9aggiunta dell9abuso dei poteri e della violazione dei doveri dell9ufficio alla tortura c.d. verticale pare dunque inidonea a rappresentare quel quid necessario a distinguere due fattispecie autonome poiché il maggior numero degli elementi descrittivi, oltre che quelli di primario rilievo a livello definitorio, rimangono pur sempre i medesimi. La descrizione della tortura c.d. pubblica, peraltro, riprende proprio una fattispecie aggravante, quella di cui all9art. 61 co. 1 n. 9 c.p. Xxxxxx, in base al modello della proporzionalità sanzionatoria, quasi tutti i capoversi dell9art. 613 bis
x.x. xxxxxx a irrigidire la risposta penale di pari passo con l9aggravarsi, nel susseguire dei commi, dell9offesa allo stesso bene giuridico. In tal modo, si delinea un sistema sanzionatorio di intensità scalare al progredire dell9offesa, laddove il primo paragrafo della fattispecie di tortura rappresenta il gradino più basso (tortura c.d. orizzontale, punita da quattro a dieci anni di reclusione) mentre l9ultimo quello più alto (reato complesso ex art. 84
c.p. consistente in tortura e omicidio volontario, punito con l9ergastolo). Sempre in relazione all9aspetto sanzionatorio, risulterebbe poi poco razionale ammettere che la clausola «Se dai fatti di cui al primo comma» che inaugura i commi 4 e 5 della norma, dedicati ciascuno alle lesioni personali semplici, gravi e gravissime e all9omicidio preterintenzionale e volontario, fosse inapplicabile alla previsione di cui al secondo comma. Ciò comporterebbe infatti che le due forme di tortura verrebbero trattate diversamente senza una giustificazione plausibile, finendo l9una per essere provvista di aggravanti speciali e l9altra no.
Giungendo al terzo criterio, quello teleologico, i primi due commi dell9art. 613 bis c.p. sono omogenei anche per quanto concerne l9oggettività giuridica. Xxxx è che la tortura c.d.
253 Basti pensare all9istigazione del pubblico ufficiale di cui all9art. 613 ter c.p.
pubblica viola anche il contratto sociale, rappresentando un sopruso dello Stato nei confronti del cittadino. Pertanto, il secondo comma protegge altresì gli interessi del buon andamento della PA e dell9amministrazione della giustizia. Cionondimeno, il fuoco della tutela rimane per entrambi i tipi di tortura quello della dignità umana254; bene la cui necessità di protezione risulta di certo graduata, ma nient9affatto snaturata, dalla posizione variabile del soggetto attivo.
Un ulteriore argomento a favore della natura circostanziale proviene dall9interpretazione sistematica.
L9assunto favorevole alla tesi dell9autonomia dell9art. 613 bis co. 2 c.p. che riguarda lo scattare, in caso di lesione personale della vittima (al comma 4) di una <aggravante di un9aggravante=, non pare essere decisivo. Del resto, tale meccanismo, per quanto infrequente, è già presente altrove nel nostro ordinamento255.
Neppure appare dirimente la critica sull9eventuale ricorrenza di una <esimente di un9aggravante=, in presenza, ai sensi del terzo comma, della «esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti»: anche in tal caso non si tratterebbe di soluzione del tutto isolata nel codice penale256.
Un discorso analogo può essere fatto altresì in relazione all9esito della punibilità di una
<istigazione di un9aggravante=, come accade per l9art. 613 ter c.p. rispetto all9articolo che lo procede257.
254 Cfr. E. XXXXXXXX, Il delitto di tortura, cit., pp. 254-260, la quale descrive come tale centralità si rinvenga sotto i profili costituzionale e internazionale, la human dignity ponendosi su di un piano sovraordinato rispetto all9integrità fisica. V. anche X. XXXXXXXX, Il delitto di tortura fra codice e diritto sovranazionale, in Cass. pen.,
n. 4/2019, pp. 1790-1791, che auspica la creazione di un settore nella parte speciale del codice penale dedicata ai delitti contro la dignità umana o contro l9umanità, oltre che alle previsioni dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. In proposito, con decreto del 22 marzo 2022, la Ministra della Giustizia, prof.ssa Cartabia, ha costituito una Commissione per l9elaborazione di un progetto di Codice dei Crimini internazionali, presieduta dai prof.xx Xxxxxxx e Pocar, con il compito di esaminare le iniziative già proposte per la compiuta attuazione dello Statuto di Roma e stendere un Codice dei crimini internazionali per assicurare il compiuto adattamento dello Statuto stesso. Gli esiti dei lavori sono reperibili su xxx.xxxxxxxxx.xx. Successivamente alle elezioni politiche del 2023 e al cambio di Governo, su proposta del nuovo Ministro della Giustizia, dott. Xxxxxx, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge per l9introduzione del Codice in questione, senza, però, dare corso all9adozione delle proposte elaborate dalla Commissione in tema di crimini contro l9umanità. Sui relativi contenuti, oltre che sulle necessità e opportunità di inserire non solo i crimini di guerra e di aggressione ma anche quelli contro l9umanità e di genocidio, v. A. XXXXXXX, Il codice a pezzi. Ascesa e caduta della proposta di una legge organica sui crimini internazionali, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 1/2023, pp. 91- 110.
255 Ad esempio, agli artt. 280 co. 3 e 416 bis co. 6 c.p. In giurisprudenza x. Xxxx. pen., sez. un., sent. n. 40982 del 21 giugno 2018 (dep. 24 settembre 2018), par. 7: «Infine, la costruzione di aggravanti di fattispecie già aggravate, riscontrabile nei commi 3 bis e 3 ter non è affatto inusuale nella variegata produzione legislativa», con nota di X. XXXXXX, Favoreggiamento aggravato dell9immigrazione illegale: circostanza aggravante o reato autonomo? Una partita ancora aperta, in Dir. pen. proc., n. 4/2019, pp. 484-492.
256 Si pensi agli artt. 484 e 599 c.p., norme che a rigore sono riferibili anche a previsioni aggravate e pluriaggravate (nel caso dell9art. 599 c.p., principalmente).
257 Sotto questo profilo, è sufficiente guardare agli artt. 302 e 414 bis c.p., i quali operano secondo un ingranaggio non dissimile. Se infatti tali due ultime disposizioni si ritenessero inapplicabili alle circostanze
Ancora, un argomento aggiuntivo in favore della tesi della identità circostanziale della tortura c.d. pubblica può essere tratto dall9arresto a Sezioni Unite riguardante il rapporto tra truffa semplice ex art. 640 c.p. e frode ai danni dello Stato o di altri enti pubblici all9art. 640 bis c.p.258, ove i giudici di legittimità hanno ritenuto la seconda disposizione una circostanza aggravante c.d. indipendente della prima. Dalla lettura delle relative motivazioni emerge in specie che deve assegnarsi prevalenza al criterio strutturale259 (e in particolare alla tecnica del rinvio) rispetto agli altri (incluso quello teleologico) poiché questi ultimi sono intrinsecamente ambigui. Proprio tale autorevole precedente conforta la tesi secondo cui tra i primi due commi dell9art. 613 bis c.p. ricorre un rapporto di specialità unilaterale per specificazione o aggiunta: in particolare, la tortura c.d. verticale comprende tutti e ciascuno gli elementi di quella c.d. privata, rispetto alla quale vengono per l9appunto specificati o aggiunti, da un lato, il ruolo pubblico (per il soggetto attivo) e, dall9altro, l9abuso e la violazione (quanto alla condotta).
Sulla scorta di tutti i criteri interpretativi appena rievocati260, pertanto, si ribadisce la conclusione per cui il comma 2 designa un9ipotesi circostanziata.
Del resto, benché in chiave critica, un organo del Consiglio d9Europa, segnatamente il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, condivide l9esito esegetico qui raggiunto261.
aggravanti delle previsioni cui esse rinviano, per assurdo, verrebbero punite a titolo istigativo le sole fattispecie base.
258 Cass. pen., sez. un., sent. n. 26351 del 26 giugno 2002 (dep. 10 luglio 2002), con nota di X. XXXXXXX, Xxxxxx aggravata per conseguire erogazioni pubbliche, cit., pp. 302-310.
259 Nello stesso senso x. Xxxx. pen., sez. un., sent. n. 35737 del 24 giugno 2010 (dep. 5 ottobre 2010), con nota di G. PESTELLI, Compatibile l9attenuante del fatto di <lieve entità= con l9aggravante della cessione a persona di minore età, in Dir. pen. proc., n. 12/2010, pp. 1449-1454; Cass. pen., sez. un., sent. n. 4694 del 27 ottobre 2011 (dep. 7 febbraio 2012), con nota di X. XXXXXXX, La prima sentenza delle Sezioni Unite sui reati informatici: interpretazione estensiva della condotta di permanenza abusiva nel sistema, in Ind. pen., n. 1/2013, pp. 121-142; e Cass. pen., sez. un., sent. n. 40982 del 21 giugno 2018 (dep. 24 settembre 2018), par. 6: «Le Sezioni Unite hanno ribadito negli anni che il criterio principale (anche se non unico) è quello strutturale, attenendo alla struttura del precetto o della sanzione: il modo in cui la norma descrive gli elementi costitutivi della fattispecie o determina la pena è indicativo della volontà di qualificare gli elementi come circostanza o come reato autonomo; ciò, del resto, è coerente con la discrezionalità del legislatore oggetto della premessa». 260 In tale ambito la dottrina suggerisce la dicitura di «condizione necessaria, non anche sufficiente». In questi termini, anche per gli opportuni riferimenti bibliografici nella manualistica, v. X. XXXXXX, Reato autonomo o circostanza?, cit., p. 1575.
261 «More particularly, the bill provides that the offence must be reiterated and that it can be committed by an ordinary individual; the fact that an act of torture may be inflicted by a public official is not considered as an autonomous criminal offence but rather as an aggravating factor» COMITATO PER LA PREVENZIONE DELLA TORTURA E DELLE PENE O TRATTAMENTI INUMANI O DEGRADANTI, Report to the Italian Government on the Visit to Italy Carried out by the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) from 8 to 21 April 2016, Strasburgo, 8 settembre 2017, p. 12.
4.2. La tenuta dell9art. 613 bis c.p. rispetto agli obblighi positivi
L9analisi pregressa ha permesso di evidenziare come la fattispecie introdotta nel 2017, sebbene costituisca «tutto sommato, un passo avanti»262, presenti taluni caratteri strutturali che potrebbero pregiudicarne la piena rispondenza alla Convenzione europea dei diritti dell9uomo263.
Il Commissario ai diritti umani del Consiglio d9Europa Xxxx Xxxxxxxxx, con una missiva del
16 giugno 2017 indirizzata anche ai presidenti dei due rami del Parlamento italiano, stigmatizzava soprattutto taluni aspetti distintivi della nuova fattispecie <in cantiere=. Per quanto qui in interesse, ribadiva che disciplinare in maniera congiunta la tortura c.d. pubblica e quella c.d. orizzontale non debba tradursi in un indebolimento della sanzione rispetto ai rappresentanti pubblici e ricordava l9obbligo di evitare che prescrizione, misure clemenziali, amnistia, grazia o sospensione della pena ostacolino la tutela della vittima.
Muovendo da tale ultimo monito, occorre prestare particolare attenzione, come già evidenziato264, alla ritenuta natura di circostanza aggravante delle condotte perpetrate dagli agenti statali al comma 2 dell9art. 613 bis c.p.
Ad un primo sguardo, se la tortura c.d. pubblica avesse natura circostanziale, la sanzione risultante potrebbe essere di ammontare minore rispetto a quella c.d. orizzontale, a fronte dell9applicabilità del bilanciamento con eventuali attenuanti ex art. 69 c.p. Non vi sarebbe poi un aumento del termine per la maturazione della prescrizione, come previsto all9art. 157
x.x. Xxxxxxx, potrebbe riscontrarsi un deficit di <effettività= della pena per come intesa dalla Corte europea dei diritti dell9uomo, anche solamente in abstracto.
Malgrado l9esistenza di tale punctum dolens, l9art. 613 bis c.p. sembra essenzialmente adempiere alla richiesta di predisporre un sistema punitivo adeguato contro le condotte di tortura, in ossequio alle istanze dei giudici di Strasburgo265. Tale assunto trova fondamento nelle ragioni che saranno illustrate a seguire.
Innanzitutto, il reato è procedibile di ufficio, sia se il soggetto agente è un privato cittadino sia se esso è un pubblico rappresentante. Inoltre, la sanzione prevista è piuttosto severa, dato che la cornice edittale consta di una pena base di quattro anni di reclusione e una massima di dieci. Ciò permette di utilizzare determinate disposizioni di diritto processuale come, tra le altre, misure precautelari (come arresto in flagranza e fermo) e cautelari (anche custodiali),
262 È l9espressione di X. XXXXX XX XXXXXXXXXXX 3 C. XXXXXX, Il nuovo delitto di tortura, cit., pp. 393-409.
263 Ne espone alcuni A. XXXXXXX, La risposta dell9ordinamento interno agli obblighi sovranazionali di criminalizzazione e persecuzione penale della tortura, cit., pp. 842-848.
264 Cfr. supra, cap. II, par. 4.1.
265 Sulla difficoltà di tale verifica in ragione del metodo della Corte EDU v. E. XXXXXXXX, Il delitto di tortura, cit., p. 93.
nonché il mezzo di ricerca della prova delle intercettazioni. Ancora, rimane precluso l9accesso a certi istituti di diritto sostanziale come cause di non punibilità, quali: la particolare tenuità del fatto (anche per tabulas, dato il suo inserimento, con la c.d. riforma Cartabia, nell9elenco della clausola di esclusione espressa all9art. 131 bis co. 3 n. 3 c.p.266); l9estinzione del reato per condotte riparatorie; e la sospensione del procedimento con messa alla prova dell9imputato.
L9apparato sanzionatorio appena descritto si distingue nettamente da quello a disposizione dei magistrati inquirenti e giudicanti durante le indagini e i processi concernenti le note vicende verificatesi durante il G8 di Genova. Tale differenza si coglie, in specie, nel rapportare le pene previste dall9art. 613 bis c.p. con quelle per il reato di lesioni personali; fattispecie, quest9ultima, sulla quale si è consumata la censura più incisiva dei giudici di Strasburgo267. Proprio con attinenza alle lesioni semplici, gravi e gravissime sono ora previste specifiche aggravanti speciali dedicate all9art. 613 bis co. 4 c.p. A ciò si aggiunga che vi è un surplus sanzionatorio per la tortura c.d. pubblica, che si colloca nella finestra tra i cinque e i dodici anni di reclusione; ancorché, trattandosi di una circostanza aggravante c.d. indipendente non importante un aumento della pena superiore al terzo, non si verifica un prolungamento del termine per il decorso della prescrizione268.
Ad ogni modo, se lo scopo è quello di prevenire l9inflizione di pene lievi che si espongano a percorsi alternativi al carcere (invisi alla Corte EDU in questo settore), è auspicabile, invece di un9interpretazione <forzata= dell9autonomia della tortura c.d. verticale, l9intervento del legislatore.
A conforto, si veda, mutatis mutandis, la sentenza della Corte di Cassazione sulle violenze alla scuola Xxxx-Xxxxxxx nel corso del summit ligure, nella parte in cui ha affrontato l9eccezione di costituzionalità avanzata dal procuratore generale di Genova delle norme sulla prescrizione per i reati contestati, imperniata sull9art. 117 Cost. letto in combinato disposto con l9art. 3 CEDU (come interpretato dai giudici di Strasburgo)269. Segnatamente, i giudici
266 Riguardo la modifica di questa disposizione, con decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, v. M. DOVA, La riforma della particolare tenuità del fatto: aspetti sostanziali, in X. XXXXXXXXXXX 3 X. XXXXXX 3 E.M. XXXXXXX 3 X. XXXXXXX (a cura di), Riforma Cartabia. La nuova giustizia penale, Milano, 2023, pp. 115-125. 267 Cfr. supra, cap. II, par. 4.
268 Cfr. Cass. pen., sez. un., sent. n. 28953 del 27 aprile 2017 (dep. 9 giugno 2017), con nota di A. MELCHIONDA, Circostanze <indipendenti= con variazione edittale di pena non superiore ad un terzo: per le Sezioni Unite non sono <ad effetto speciale= e non rilevano ai fini della prescrizione, in Dir. pen. cont., n. 6/2017, pp. 267- 273.
269 Per un esempio similare, ma più risalente v. Tribunale di Firenze, Ufficio istruzione, sent. 8 giugno 1981, laddove il pubblico ministero aveva trasmesso gli atti per delle lesioni lievissime patite da un soggetto all9esito dell9arresto in flagranza eseguito da personale di polizia al giudice istruttore, il quale, ravvisando la mancanza di querela, aveva dubitato della compatibilità del regime di procedibilità dell9art. 582 cpv. c.p., nel caso di restrizione della libertà personale, con l9art. 13 co. 4 Cost. Sulla relativa ordinanza della Corte costituzionale, nel contesto della giurisprudenza dell9epoca in questo campo, v. X. XXXXXXXXX, Il sindacato di legittimità costituzionale in malam partem, cit., p. 426.
di legittimità hanno rigettato con fermezza tale richiesta, precisando a chiare lettere che il sistema stabilito dalla Carta fondamentale rimette questa scelta alla decisione del Parlamento270.
Avendo precisato che per correggere le storture rispetto ai profili sanzionatori dell9art. 613 bis c.p. è desiderabile un intervento del legislatore, diventa significativo vagliare dei percorsi di riforma che li riguardino.
La strada maestra dovrebbe essere quella di distinguere più recisamente tra la tortura c.d. privata e quella c.d. verticale, in modo da assicurare anche una più stretta aderenza al dettato della Convenzione ONU del 1984271. Si potrebbe così eliminare il comma 2 e contestualmente aggiungere un innovativo reato proprio (cioè con soggettivo attivo il pubblico ufficiale e l9incaricato di pubblico servizio), accompagnato, eventualmente, da un congruo aggravio punitivo rispetto a quello comune272.
In alternativa, si potrebbe focalizzare l9attenzione su due aspetti assai rilevanti dal punto di vista della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell9uomo: bilanciamento tra circostanze e decorso della prescrizione.
Rispetto al primo, potrebbe essere prevista la preclusione all9applicabilità del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sull9aggravante del capoverso dell9art. 613 bis c.p., attraverso l9interpolazione dell9art. 69 c.p.273; operazione, questa, peraltro già svolta per altri crimini gravi274. Sarebbe inoltre possibile escludere la comparazione in quanto tale, rinviando alla disciplina dell9art. 69 bis c.p.275. Da tali scelte, però, deriverebbe una notevole rigidità e pesantezza del portato sanzionatorio276, che, come visto, già sfiora vette elevate.
270 «In definitiva, e come premesso, la pretesa che la Corte costituzionale con una sua pronuncia possa espandere l9area dell9imprescrittibilità ad ipotesi attualmente non previste dall9art. 157 c.p. si pone al di fuori dei poteri della Corte per contrasto con un principio cardine del sistema costituzionale in materia penale che non può essere sacrificato all9attuazione di altro principio, a cui potrà attendere il legislatore, in adempimento degli obblighi scaturenti dalle diverse fonti convenzionali sopra individuate» Xxxx. pen., sez. V, sent. n. 38085 del 5.07.2012 (dep. 2.10.2012), par. 3. Cfr. X. XXXXX, Il giudice nel labirinto, cit., pp. 125-127.
271 Su questa linea si pongono A. XXXXXXXX, Una legge sulla tortura, non contro la tortura, cit., pp. 90-92 e X. XXXXXXXX, Tortura: adempimento palesemente tardivo, inadempimento effettivamente persistente, in Criminalia, 2016, pp. 28-29.
272 Sono favorevoli X. XXXXXX, Sui progetti di introduzione, cit., p. 22-25 e X. XXXXXXXX, Audizione avanti alla Commissione della Camera dei Deputati, 22 ottobre 2014, pp. 1-16. Per una voce contraria v. E. XXXXXXXX, Il delitto di tortura, cit., p. 356, la quale propone di intervenire sull9art. 572 c.p. assegnando a esso il compito di proteggere da fatti di tortura c.d. privata.
273 Lo sostiene I. XXXXXX, Luci ed ombre del nuovo disegno di legge per l9introduzione del delitto di tortura nell9ordinamento italiano: un9altra occasione persa?, in Dir. pen. cont., 26.05.2014, p. 1.
274 Come ricordano attraverso alcuni esempi X. XXXXX XX XXXXXXXXXXX 3 C. XXXXXX, Il nuovo delitto di tortura, cit., p. 398.
275 Avanza questa proposta A. XXXXXXX, La repressione penale della tortura, cit., p. 1.
276 Per delle critiche ai limiti sul bilanciamento tra circostanze eterogenee v. A. MELCHIONDA, Le modifiche in tema di circostanze, in X. XXXXXX (a cura di), Le innovazioni al sistema penale apportate dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251, Milano, 2006, p. 212 e X. XXXXXXXX, Una novella piena di contraddizioni che introduce disparità inaccettabili, in Guida dir., n. 1/2006, p. 32.
Riguardo al secondo, si potrebbe innalzare il limite massimo del termine di prescrizione ex art. 157 co. 6 c.p. o quello della sua interruzione all9art. 161 co. 2. c.p. (entrambi a più riprese rimaneggiati277), così da ridurre nella pratica la ricorrenza di questa causa di estinzione. In proposito, pare comunque che il neo introdotto caso di interruzione dell9emissione della sentenza di primo grado sia francamente più che risolutivo. Xxxxxxxx, come è assai noto, la
c.d. riforma Cartabia ha optato per una disciplina anche processuale della prescrizione e ha disposto una durata massima di fase del processo in appello e in cassazione, attraverso l9inserimento della <tagliola= della sentenza di non doversi procedere di cui all9art. 344 bis
x.x.x. Xxxxxx, in tale stesso ambito, ha scelto di prevedere delle eccezioni a questa regola generale, consistenti, per taluni reati, nell9allungamento dei termini per la declaratoria di improcedibilità. Nel relativo elenco, pertanto, potrebbe essere incluso anche l9art. 613 bis
c.p. Tale modifica tuttavia comporterebbe un sensibile aumento del potenziale arco di tempo necessario per giungere a un accertamento sulla responsabilità dell9imputato, con tutte le correlate implicazioni negative per diritto di difesa e giusto processo278.
5. L9art. 3 CEDU e le scriminanti. I nodi della marital immunity e del reasonable chastisement
Gli obblighi positivi di tutela penale concernenti le cause di giustificazione possono essere rapportati non solamente, come visto, al diritto alla vita279, ma anche a un altro diritto c.d. fondamentalissimo, quello alla dignità della persona, nella sua accezione di divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti. Tale constatazione può in particolare venire ricavata dalla giurisprudenza sulle defenses di common law denominate marital immunity e reasonable chastisement280.
La prima causa di giustificazione281 riguarda la non punibilità del marito in presenza di un9accusa di violenza sessuale mossa nei suoi confronti dalla moglie. Tradizionalmente, le
277 Cfr. X. XXXXXXX, Verso la riforma Cartabia: senza rivoluzioni, con qualche compromesso, ma con visione e respiro, in Dir. pen. proc., n. 9/2021, p. 1170, il quale si convince, considerato «il braccio di ferro intercorso», che «questo istituto [n.d.r., la prescrizione] sia divenuto ormai soltanto terreno di scontro politico».
278 Censurano tale minisistema di esenzioni rispetto al fair trial X. XXXXX, Dell9improcedibilità temporale. Pregi e difetti, in Sist. pen., 21.02.2022, pp. 56-58 e X. XXXXXX, Improcedibilità e ragionevole durata del processo, in Cass. pen., n. 2/2022, pp. 444-445.
279 Cfr. supra, cap. II, par. 2.
280 Cfr. F. CONSULICH, Lo statuto penale delle scriminanti, cit., p. 404 e ss.
281 Così deve essere correttamente inquadrata secondo Xxxxxxxx Xxxxxxxxx. Cfr. F. CONSULICH, Lo statuto penale delle scriminanti, cit., p. 406.
corti inglesi, nell9affrontare tale questione, avevano sempre riconosciuto una qualche forma di esclusione della punibilità sul presupposto dell9esistenza di un consenso fittizio o immaginario al rapporto sessuale che si riteneva venisse dato dal coniuge al momento del matrimonio282.
La scriminante della marital immunity è al centro di una pronuncia della Corte europea dei diritti dell9uomo afferente, seppur non in maniera esplicita, anche gli obblighi positivi di tutela penale: C.R. c. Regno Unito283.
La vicenda concerneva un9accusa di tentato stupro e aggressione con lesioni personali nei confronti del marito della persona offesa, avvenuto nel 1989 all9interno dell9abitazione dei genitori di lei, mentre questi ultimi erano fuori casa. La donna, 22 giorni prima, aveva infatti lasciato la casa coniugale con il figlio a seguito delle difficoltà matrimoniali, trasferendosi dai propri padre e madre. Inoltre, aveva manifestato la sua intenzione di divorziare, senza però intraprendere iniziative legali in questo senso. Il ricorrente, innanzi alle corti inferiori nazionali, aveva sostenuto di aver fatto affidamento sull9applicabilità della marital immunity poiché sposato con la vittima. A seguito della condanna in primo grado, presso le corti superiori, egli aveva lamentato l9erronea applicazione della legge penale poiché il consenso della moglie al momento del matrimonio non era stato revocato né da un9ordinanza del tribunale né da un accordo tra le parti. Nel ricorso davanti ai giudici di Strasburgo, infine, lamentava la violazione dell9art. 7 CEDU poiché era stato condannato per una condotta che, al momento in cui era stata commessa, non costituiva reato, in quanto decisioni giudiziali precedenti e successive alla sua vicenda avevano ritenuto tale esimente ancora in vigore284. Nella ricostruzione in diritto, la Corte EDU, per quanto in interesse, dopo aver ribadito che la Convenzione europea dei diritti dell9uomo protegge i principi del nullun crimen nulla poena sine lege e del divieto di analogia in malam partem, ha affermato che l9art. 7 CEDU non pone un divieto alla graduale chiarificazione delle norme penali attraverso
282 Il punto di riferimento a livello storico è l9opinione del giurista inglese del 8600 Xxx Xxxxxxx Xxxx contenuta nella sua opera postuma Historia Placitorum Coronæ: The History of the Pleas of the Crown, secondo il quale:
«But the husband cannot be guilty of a rape committed by himself upon his lawful wife, for by their mutual matrimonial consent and contract the wife xxxx given up herself in this kind to her husband which she cannot retract» X. XXXX, Historia Placitorum Coronæ: The History of the Pleas of the Crown, ed. Xxxxx, 1736, p. 629.
283 X.XXX, sent. 22 novembre 1995, C.R. c. Regno Unito. Con note di A. XXXXXXXX, Removing a Husband9s Right to Rape, in King9s College Law Journal, n. 7/1996-1997, p. 135 e ss. e X. XXXXXXX, Does the end justify the means? Retrospectivity, Article 7, and the marital rape exemption, in European Human Rights Law Review,
n. 4/1996, p. 406 e ss. Per completezza, lo stesso giorno, sul medesimo tema e con analoghe conclusioni è stata decisa anche X.XXX, sent. 22 novembre 1995, S.W. c. Regno Unito. In proposito, v. X. XXXXXXX, Nullum crimen sine iure. Il diritto penale giurisprudenziale tra dinamiche interpretative in malam partem e nuove istanze di garanzia, Torino, 2019, spec. p. 135 e ss.
284 Specialmente R. v. J [1991] 1 All E.R. 759.
l9interpretazione caso per caso, fintantoché lo sviluppo che ne risulta sia coerente con l9<essenza= del reato e ragionevolmente prevedibile285.
Applicando tale principio di diritto al caso di specie, i giudici di Xxxxxxxxxx hanno sostenuto che le decisioni della Corte d9Appello e poi della House of Lords nel processo che aveva riguardato il ricorrente non avevano fatto altro che seguire il percorso di una giurisprudenza che poteva essere percepita, la quale aveva <smantellato= l9esclusione della punibilità di un marito dall9accusa di stupro nei confronti della moglie. Infatti, già all9epoca dei fatti non c9erano dubbi sulla possibilità che il coniuge potesse essere condannato per tale condotta e, inoltre, vi era un9evidente evoluzione in questo senso, in linea con l9identità di tale fattispecie penale, tale per cui il riconoscimento giudiziario dell9assenza di immunità era diventato uno sviluppo ragionevolmente prevedibile della legge286. Ancora, il rispetto dell9art. 7 CEDU era dato dall9evidenza del carattere svilente dello stupro; e, inoltre, l9abbandono di tale inaccettabile idea era conforme a una concezione civile del matrimonio e agli obbiettivi fondamentali della CEDU, quali il rispetto della dignità umana e della libertà287.
Seppur riguardante il principio di legalità sub specie di prevedibilità della legge penale 3 per di più, con riferimento a un ordinamento di common law288 3, la sentenza resa dalla Corte europea dei diritti dell9uomo nel caso C.R. c. Regno Unito presenta profili di utilità anche ai fini di questo studio.
285 «However clearly drafted a legal provision may be, in any system of law, including criminal law, there is an inevitable element of judicial interpretation. There will always be a need for elucidation of doubtful points and for adaptation to changing circumstances. Indeed, in the United Kingdom, as in the other Convention States, the progressive development of the criminal law through judicial law-making is a well entrenched and necessary part of legal tradition. Article 7 (art. 7) of the Convention cannot be read as outlawing the gradual clarification of the rules of criminal liability through judicial interpretation from case to case, provided that the resultant development is consistent with the essence of the offence and could reasonably be foreseen» X.XXX, sent. 22 novembre 1995, C.R. c. Regno Unito, par. 34.
286 «The decisions of the Court of Appeal and then the House of Lords did no more than continue a perceptible line of case-law development dismantling the immunity of a husband from prosecution for rape upon his wife (for a description of this development, see paragraphs 14 and 20-25 above). There was no doubt under the law as it stood on 12 November 1989 that a husband who forcibly had sexual intercourse with his wife could, in various circumstances, be found guilty of rape. Moreover, there was an evident evolution, which was consistent with the very essence of the offence, of the criminal law through judicial interpretation towards treating such conduct generally as within the scope of the offence of rape. This evolution had reached a stage where judicial recognition of the absence of immunity had become a reasonably foreseeable development of the law (see paragraph 34 above)» X.XXX, sent. 22 novembre 1995, C.R. c. Regno Unito, par. 41.
287 «The essentially debasing character of rape is so manifest that the result of the decisions of the Court of Appeal and the House of Lords - that the applicant could be convicted of attempted rape, irrespective of his relationship with the victim - cannot be said to be at variance with the object and purpose of Article 7 (art. 7) of the Convention, namely to ensure that no one should be subjected to arbitrary prosecution, conviction or punishment (see paragraph 32 above). What is more, the abandonment of the unacceptable idea of a husband being immune against prosecution for rape of his wife was in conformity not only with a civilised concept of marriage but also, and above all, with the fundamental objectives of the Convention, the very essence of which is respect for human dignity and human freedom» X.XXX, sent. 22 novembre 1995, C.R. c. Regno Unito, par. 42.
288 Per un9analisi della marital exemption nel diritto penale italiano v. G.M. XXXXXXX, Dalla violenza al consenso nei delitti sessuali. Profili storici, comparati e di diritto vivente, Bologna, 2023, p. 282 e ss.
A uno sguardo attento, infatti, emerge con chiarezza come solo una parte dell9argomentazione dei giudici di Strasburgo sia dedicata al grado di riconoscibilità dell9esistenza di un contrasto tra le corti a livello nazionale (con conseguente possibilità di anticipare da parte del marito l9esito sfavorevole di una condanna per lo stupro di sua moglie, pur in assenza dell9esercizio di alcuna azione in sede giudiziaria da parte di lei). Del resto, in tale occasione l9attenzione della Corte EDU si focalizza altresì sulla sostenibilità di un9interpretazione come quella sino ad allora esistente nel Regno Unito rispetto alla dignità e alla libertà, tutelate anche attraverso l9uso del diritto penale, con la Convenzione europea dei diritti dell9uomo. Il piano del discorso, dunque, non si pone solamente in termini di mutamento giurisprudenziale, ma anche, se non soprattutto, di comprensione della normativa attraverso le disposizioni della CEDU. Seppur di certo non in maniera esplicita 3 del resto, non viene nemmeno menzionato 3, sembra che i giudici di Strasburgo <riscrivano= l9art. 3 CEDU in ossequio alla tavola di valori che la Convenzione EDU condivide e protegge, ammettendo che nel caso concreto dovesse trovare una protezione idonea attraverso l9inflizione di una sanzione penale e affermando così un dovere di tutela attraverso il diritto penale.
Orbene, tale criterio ermeneutico può implicare delle conseguenze di non poco momento. Prescindendo dal caso in sé e per sé, infatti, se ne deduce che è compatibile con il principio di legalità una revisione secondo CEDU di testi di legge o di interpretazioni giurisprudenziali, anche se essa venga a esistenza in contrasto con la chiarezza del dato normativo o con la continuità delle sentenze rilevanti e producendo effetti in malam partem per l9imputato289.
Ne consegue che tale modalità di intervento potrebbe incontrare fortuna con riguardo a cause di giustificazione esistenti in Italia, qualora i rispettivi contenuti o il significato a esse attribuito dai tribunali si pongano in contrasto con valori fondanti della CEDU, legittimando in chiave di art. 7 CEDU eventuali condanne penali che superino sia la norma sia la giurisprudenza.
Considerato però che un cambio di direzione radicale si pone inevitabilmente in contrapposizione con un rispetto pieno e autentico del principio di prevedibilità della sanzione penale290, diviene auspicabile che il modus operandi dell9arresto appena illustrato
289 A riconferma, il procedimento in sede di Convenzione EDU era stato originato da una decisione (R. v. R. [1992] 1 A.C. 599) con la quale la «House of Lords put aside centuries of precedent» A. XXXXXXXX, Removing a Husband9s Right to Rape, cit., p. 135.
290 In termini similari v. X. XXXXXXX, Does the end justify the means?, cit., p. 416.