TIPOLOGIE CONTRATTUALI
SEZIONE A
TIPOLOGIE CONTRATTUALI
Articolo 1, commi 9-10, 16 e 38, articolo 2, comma 39,
articolo 4, commi 8-12 e 27
La somministrazione di lavoro tra contrasto alla precarietà e buona flessibilità
di Xxxxxx Xxxxxxx
«La realizzazione di un mercato del lavoro dinamico e inclusivo, in grado di contribuire alla creazione di occupazione in qualità e quantità». Questo è l’obiettivo che la riforma si propone di raggiungere.
A separare l’utopia dall’obiettivo possibile, una linea sottile.
La conciliazione di esigenze tipicamente contrapposte, quali sono la dinamicità e l’inclusività, passa per una valorizzazione dei punti di contatto. Nella somministrazione queste due esigenze convivono influenzandosi reciprocamente. Il ruolo delle Agenzie per il Lavoro, quali agenti di inclusione sociale, è perciò cruciale nella riuscita degli obiettivi che questa riforma si prefigge.
Questa strategicità emerge con evidenza dal documento del 17 gennaio 2012, firmato delle Segreterie Nazionali di CGIL, CISL e UIL, a cui la stessa riforma si ispira 1. Vi si legge, da un lato, la necessità, di contrastare gli abusi che riguardano le tipologie di lavoro flessibile, e dall’altro, l’esigenza di preservare la cosiddetta flessibilità buona, quale argine alla precarietà e al sommerso. Il lavoro somministrato, costituisce l’ago della bilancia tra le opposte spinte, e per questo motivo, viene dai sindacati indicato come modello occupazionale a cui tendere, per la sua capacità di coniugare al suo interno flessibilità e sicurezza. Per queste sue caratteristiche, viene ritenuto, nel documento di cui sopra, idoneo «a riassorbire molte delle tipologie contrattuali esistenti». Considerazioni equivalenti si leggono nel documento presentato da Assolavoro all’audizione al Senato.
Nel recente studio Adapting to Change, Better Labour Market And Decent Work 2012, curato dal Boston Consulting e da Eurociett 2, si evidenzia come tra i lavoratori somministrati e le aziende vi sia un elevato grado di soddisfazione. È altresì dimostrato che la somministrazione di lavoro non sostituisce i contratti a tempo indeterminato e non si pone quindi in concorrenza con quello che la riforma definisce
1 Il documento unitario sul lavoro, la crescita e l’equità sociale e fiscale è reperibile all’indirizzo: xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxxx/xxx/00000000/xxxxxxxxx-xxxxxxxx-xxxx-xxxx-xxx-xx-xxxxxx-xxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxx-x-xxxxxxx-xxx-00- gennaio-2012.pdf
2 Il report è scaricabile all’indirizzo: xxxx://xxx.xxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxx/xxxxx/xxxx/Xxxxx/Xxxxxxxx_xx_Xxxxxx/XXXXX_Xxxxxxxx_xx_Xxxxxx.xxx
3 Il 74% delle organizzazioni che ricorrono alla somministrazione non considera l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato come alternativa al ricorso ai somministrati e il 62% di questi non avrebbe creato occupazione se non avesse
Il favore per questa tipologia contrattuale, indicata unanimemente come sinonimo di buona flessibilità, emerge nitidamente anche nella direttiva comunitaria, recentemente recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs. n. 24 del 2 marzo 2012.
In questo quadro si inserisce il d.d.l. n. 5256, trasmesso lo scorso primo giugno alla Camera.
Le disposizioni della riforma che riguardano la somministrazione e più in generale le Agenzie per il Lavoro, sono sparse quasi in ognuna delle 4 “isole” della riforma, a riprova della trasversalità del ruolo che potrebbero svolgere nella veste di «agenti della coesione sociale».
Somministrazione e contratti a termine: un’indebita equiparazione
Il disegno di legge, nel disciplinare i “contratti a termine”, accosta il contratto a tempo determinato standard alla somministrazione a tempo determinato, trattandoli come sinonimi, sia in relazione alla previsione di esenzione dalla causale, sia nella fissazione del tetto di durata massima all’utilizzo dei contratti flessibili. Da tempo, s’insiste invece sulla necessità di tener distinte le due tipologie di rapporto
4. È la stessa direttiva comunitaria, nei considerando, ad evidenziare come i due istituti debbano essere trattati diversamente in ragione del diverso grado di tutele previste nell’uno e nell’altro caso 5.
Acausalità
Il disegno di legge ammette due ipotesi di “acausalità”. L’una disposta ex lege per i contratti a termine di durata annuale (a), e l’altra eventuale, la cui previsione è rinviata alla contrattazione collettiva al sussistere di alcune condizioni normativamente individuate (b).
a) Acausalità ex lege del primo contratto a termine
Il disegno di legge esonera dall’indicazione della causale indifferentemente tutti i contratti a termine, somministrazione espressamente inclusa.
Due soli i limiti posti: l’improrogabilità del contratto e la durata massima di 12 mesi.
avuto la possibilità di ricorrere alle Agenzie per il Lavoro. Ulteriori evidenze empiriche dimostrano che: 1) rispetto al tasso complessivo di occupazione, la somministrazione torna a crescere alcuni mesi prima della ripresa, 2) esiste una relazione diretta tra la crescita del numero di somministrati e quella del Pil; 3) alla domanda «Per quale motivo ti sei rivolto a un’Agenzia per il Lavoro?», il 60% dei somministrati francesi risponde «per trovare rapidamente lavoro», 4) la maggior parte dei somministrati di Regno Unito (66%), Polonia (60%), Paesi Bassi (58%) e Belgio (52%) sono d’accordo con la seguente dichiarazione: «Il lavoro in somministrazione aiuta ad avere una vita più equilibrata».
4 La differenza tra i due istituti è cruciale anche dal punto di vista delle ricadute giurisprudenziali: a sottolineare le differenze significative tra contratto a termine e somministrazione a tempo determinato e ad operare dei distinguo: Tribunali di Vicenza 17 febbraio 2011; 18 febbraio 2011; 26 gennaio 2011; 4 febbraio 2011; Treviso 22 febbraio 2011; Bassano del Grappa 22 marzo 2011. In senso opposto: Trib. Milano, 28 maggio 2005. In senso conforme, Trib. Bologna, 8 febbraio 2008; Trib. Milano, 4 luglio 2007. In tutto questo l’art. 20 comma 4 del d.lgs. n. 276/2003 è chiarissimo nell’affermare che il d.lgs. n. 368 del 2001 trova applicazione solo in quanto compatibile, postulando una non sovrapponibilità delle due disciplina
5 Il riferimento è al considerando n. 5 della direttiva 2008/104/CE del Parlamento e del Consiglio del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia: «nel preambolo dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999 le parti firmatarie hanno dichiarato che intendono valutare la necessità di un accordo analogo per il lavoro tramite agenzia interinale e hanno deciso di non inserire i lavoratori tramite agenzia interinale nella direttiva sul lavoro a tempo determinato».
6 Per l’individuazione dei soggetti si rinvia al Regolamento 2008/800/CE con le precisazioni che saranno disposte da un Decreto del Ministero del Lavoro, che per espressa previsione del d.lgs. n. 24 «dovrà essere emanato entro 90 giorni» . Nonostante i 90 giorni siano ormai trascorsi, nessuna indicazione è pervenuta. V’è di più anche le ipotesi la cui specificazione non è rinviata al Decreto, non sono chiare e non consentono di utilizzare appieno le forme di acausalità previste dalla norma. Si segnala che al proposito Xxxxxxxxxx ha proposto un interpello al Ministero. La riforma avrebbe potuto costituire una buona occasione per rendere i chiarimenti necessari all’operatività, ma così almeno al momento non è stato.
b) Ipotesi di acausalità rinviate alla contrattazione collettiva
Il disegno di legge prevede inoltre che i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei «datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale» possano prevedere in via diretta, o, delegata ai livelli decentrati, ipotesi ulteriori di “acausalità”, ove il rapporto a tempo determinato avvenga nell’ambito di un «processo organizzativo determinato dall’avvio di una nuova attività, dal lancio di un nuovo prodotto o servizio innovativo, dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, dalla fase supplementare di un progetto di ricerca e sviluppo ovvero infine dal rinnovo di una commessa consistente»7. Il tutto nel limite complessivo del 6% del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva.
Tale disposizione mal si coordina con quella contenuta nel d.lgs. n. 24, che rimette invece alla contrattazione collettiva nazionale, territoriale e aziendale, senza ulteriori precisazioni e limiti, la possibilità di individuare ipotesi ulteriori di acausalità.
Si profila una sovrapposizione che potrebbe comportare una restrizione della sfera di operatività del d.lgs. n. 24.
Infatti, il disegno di legge n. 5256, oltre ad individuare una gerarchia nei livelli di contrattazione, per cui la cosiddetta contrattazione decentrata può intervenire solo su delega di quella nazionale, restringe anche la sfera degli interlocutori: la rappresentanza non viene misurata su base aziendale o territoriale ma nazionale. Anche gli spazi di movimento sono resi più angusti: vi è un contingentamento numerico e di fatto causale.
Nell’elencare i casi in cui la contrattazione può prevedere l’esenzione dell’indicazione della causale, di fatto, si reintroduce la causalità, in quanto, in caso di eventuale impugnazione in giudizio l’utilizzatore dovrà comunque dar prova della sussistenza di una delle ipotesi previste dalla legge, e, quindi della sussistenza di un’esigenza tecnico-organizzativa-produttiva, facendo così venir meno nella pratica applicazione il senso dell’acausalità.
Il tutto avviene, ancora una volta contraddicendo le indicazioni contenute della direttiva all’art. 4, secondo il quale: «i divieti o le restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzie di lavoro interinale sono giustificati soltanto da ragioni d’interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi».
Un altro passo indietro.
La disposizione riguardante l’acausalità non brilla nemmeno per chiarezza terminologica.
Non solo l’accostamento datore di lavoro – utilizzatore è improprio giuridicamente, ma suscita anche perplessità applicative di non poco conto.
Ci si chiede se ad essere esonerato dall’indicazione della causale sia il contratto di lavoro o il contratto di somministrazione, o,se come sarebbe preferibile, l’acausalità si riferisca ad entrambi.
7 Per un approfondimento della questione si rinvia al contributo di Xxxxxx Xxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxxx «La revisione del contratto a termine tra nuove rigidità e flessibilità incontrollate».
8 Anche in questo senso si fa spesso confusione sovrapponendo la figura dell’utilizzatore a quella del datore di lavoro. Per un’analisi della questione e per una dirimente interpretazione si rinvia alla sentenza del Tribunale di Treviso del 22 febbraio 2011. La direttiva anche in questo senso è chiara: si veda l’art. 3 della stessa ove nell’introdurre un quadro definitorio comune tiene ben distinte la figura dell’utilizzatore e quella dell’Agenzia.
Una lettura vicina al senso della norma, ci induce a ritenere che l’esenzione riguardi entrambi i contratti. Si spiegherebbe così anche il richiamo della norma al rapporto tra lavoratore e utilizzatore.
Tuttavia, un chiarimento sarebbe opportuno per evitare che la previsione possa essere letta in senso restrittivo inficiando le sue potenzialità.
Computabilità della somministrazione nel periodo massimo di flessibilità consentito
Risente dell’indebita equiparazione tra le due tipologie contrattuali, anche la disposizione che prevede la computabilità dei periodi di lavoro in somministrazione nell’ambito dell’arco temporale massimo di 36 mesi per l’utilizzo dei contratti flessibili.
Seppure è condivisibile la preoccupazione di evitare una precarizzazione a tempo indeterminato dei lavoratori a termine standard, non si può non evidenziare come rispetto a quest’ultimi, sia diversa la situazione dei lavoratori somministrati, che a differenza dei primi, possono contare su un sistema di welfare di settore completamente sostenuto dalla bilateralità, capace di coniugare flessibilità e sicurezza. La diversità intrinseca tra le due tipologie dovrebbe quindi a rigore giustificare un trattamento diverso sul punto, a fronte di situazioni di tutela diverse.
Termini più lunghi per la stipulazione di un nuovo contratto a termine
Il disegno di legge prevede un intervallo di tempo più lungo per la conclusione di un nuovo contratto a termine nel caso di riassunzione del medesimo lavoratore: se la durata del primo contratto è inferiore a sei mesi occorrerà attendere 60 giorni o 90 se il contratto precedente è superiore a sei mesi, per concludere un nuovo contratto a termine con lo stesso lavoratore
Non è chiaro se la disposizione trovi applicazione anche con riguardo alla somministrazione.
Ad una prima lettura potrebbe sembrare di no, poiché quando si è voluto accostare la somministrazione al lavoro a termine lo si è fatto espressamente. Un altro argomento va in questa direzione. La previsione sul punto della riforma va a modificare l’art. 5 del d.lgs. n. 368/2001. L’art. 22 del d.lgs. n. 276/2003, dispone che, in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore sia soggetto al d.lgs. n. 368/2001, in quanto compatibile e in ogni caso con l’esclusione delle disposizioni di cui all’art. 5 commi 3 e seguenti.
Tutto chiaro? Solo apparentemente. A ben leggere, infatti, l’art. 22 nel disporre l’esclusione si riferisce al solo rapporto di lavoro tra lavoratore e agenzia e non anche a quello tra agenzia e utilizzatore. In altre parole la previsione consentirebbe all’agenzia di impiegare quel lavoratore nell’ambito di un’altra somministrazione a termine anche senza soluzione di continuità rispetto alla cessazione del precedente ma impedirebbe a monte all’agenzia di destinare quel medesimo lavoratore allo stesso utilizzatore precedente con un nuovo contratto se non nel rispetto dei termini previsti per il rinnovo dalla legge.
Somministrazione a termine e indennità omnicomprensiva
Laddove invece una equiparazione andava fatta, non s’è disposto espressamente.
Il comma 11 dell’art. 1, nel modificare alcuni aspetti della previsione contenuta nell’art. 32 del c.d. Collegato Lavoro, relativa all’indennità risarcitoria omnicomprensiva,chiarendone la natura 9, non ha dato soluzione alla controversa questione relativa all’applicabilità della stessa al lavoro somministrato.
L’art. 32 comma 5, come noto, ha introdotto un diverso regime sanzionatorio per i casi di conversione del contratto a tempo determinato, prevedendo un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. L’attuale formulazione della norma ha determinato nel corso dell’ultimo biennio una notevole incertezza
9 Si prevede un’interpretazione autentica della norma: «la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 32 della legge 4 novembre 2010 n. 183, si interpreta nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro». Per un approfondimento si rinvia al contributo di Xxxxxx Xxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, cit.
interpretativa, soprattutto nella giurisprudenza di merito10, con riguardo in particolare alla inclusione nella fattispecie di cui al comma 5, dell’art. 32 del caso della costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’azienda utilizzatrice conseguente alla invalidità/irregolarità della somministrazione di manodopera.
Incidentalmente si segnala che anzi potrebbe comportare ulteriori dubbi l’abrogazione della lett. d del comma 3 del suddetto art. 32, che prevede l’applicabilità dell’indennità di cui sopra a tutte le ipotesi in cui ci si chiede la costituzione del rapporto di lavoro in capo a soggetto diverso dal titolare. In particolare, in alcune sentenze si legge che l’applicazione alla somministrazione dell’indennità comprensiva dipenderebbe proprio dall’applicazione di quella lettera d) (cfr. Tribunale di Venezia, 5 ottobre 2011, n. 811). Si ritiene tuttavia che un’interpretazione fedele allo spirito della norma debba tener conto del fatto che l’azione di nullità dei contratti di somministrazione e di costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a carico dell’utilizzatore, presuppone pur sempre la conversione di un contratto a tempo determinato e quindi sia applicabile ipso iure la disposizione del Collegato Lavoro ai fini della liquidazione del danno (cfr. Tribunale di Padova 4 febbraio 2011). Maggiore chiarezza andava fatta, per evitare disparità di trattamento non secondarie e per appianare un contrasto giurisprudenziale evidente, questa volta si, equiparando a ragione contratti a termine standard e rapporti di somministrazione, per la sussistenza di quell’elemento incidentale che giuridicamente le accomuna entrambe. Siamo ancora in tempo.
L’impatto sul pubblico impiego
Le disposizioni del disegno di legge, costituiscono per espressa previsione dello stesso, principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione. Si dispone che il Ministro della Pubblica Amministrazione, sentite le XX.XX. maggiormente rappresentative, individui e definisca gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni.
Un primo passo in questo senso è costituito dall’Intesa del 3 maggio 2012, intervenuta a riforma aperta. L’intesa prevede un intervento di riordino e razionalizzazione delle tipologie di lavoro flessibile utilizzabili dalle Pubbliche Amministrazioni, con riguardo ai profili di convergenza con il mercato del lavoro privato, relativamente anche alla costituzione del rapporto di lavoro e ai profili della tenure-track.
Le previsioni della riforma che riguardano il lavoro flessibile, e nella specifico la somministrazione, che potrebbero avere maggiore impatto sul pubblico impiego, riguardano l’acausalità e la computabilità nel tetto massimo di 36 mesi, anche del periodo eventualmente svolto in somministrazione.
La previsione relativa all’acausalità,dal canto suo, mal si coordina con la previsione contenuta all’art. 36 del Testo Unico sul Pubblico Impiego, che subordina l’assunzione a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni al ricorrere di esigenze temporanee ed eccezionali. Occorrerà capire se la fissazione di una durata massima del contratto acausale, fissata in dodici mesi sarà sufficiente ad arginare un utilizzo distorto del lavoro flessibile e quali possano essere le effettive potenzialità dell’istituto, in un settore come quello pubblico, ove il contenzioso in materia di causale è tendenzialmente inesistente, poiché la legge impedisce la stabilizzazione.
D’altro canto la fissazione di un tetto di durata massima del lavoro flessibile nella pubblica amministrazione, potrebbe contribuire ad una maggiore trasparenza del sistema, che spesso utilizza per tempi lunghissimi il lavoro temporaneo al fine di aggirare logiche concorsuali e di merito. Inevitabilmente una riforma delle tipologie flessibili dovrà determinare anche un ripensamento dei meccanismi di stabilizzazione in vista anche di una maggiore responsabilizzazione delle Pubbliche Amministrazione nella gestione delle risorse umane.
10 A favore dell’applicabilità dell’indennità anche alla somministrazione: Trib. Venezia 5 ottobre 2011 n. 811, Trib. Padova 4 febbraio 2011, Trib. Rovigo 1° febbraio 2011, Trib. Roma 1° dicembre 2010 n. 19101, Trib. Roma 30 novembre 2010 n. 18986. In senso invece contrario: Trib. Bergamo 10 marzo 2011, Corte d’Appello Torino 2 marzo 2011 n. 126, Trib. Napoli 10 febbraio 2011, Trib. Milano 2 dicembre 2010 n. 5058.
La contribuzione al fondo bilaterale
La riforma prevede che dal primo gennaio 2013 ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applichi un contributo addizionale a carico del datore di lavoro pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Lo stesso articolo, al comma 14, prevede che in caso di lavoro tramite agenzia, l’applicazione della nuova aliquota dell’1,4% sia compensata da una correlativa riduzione del contributo del 4%.
Al fine di comprendere l’impatto di tale misura, si ricorda che la l. n. 196 del 1997 ha previsto l’istituzione di un fondo bilaterale (Forma.Temp), finanziato dal contributo pari al 4% delle retribuzioni lorde corrisposte ai lavoratori somministrati a tempo determinato, avente quali finalità la promozione di percorsi di qualificazione e riqualificazione anche in funzione di continuità di occasioni di impiego e la previsione di specifiche misure previdenziali per i lavoratori somministrati.
Di conseguenza, se da un lato è vero che il lavoro tramite agenzia non costerà di più alle imprese per la possibilità di compensazione di cui sopra, dall’altro tuttavia è inevitabile che la somministrazione finirà con il costare di più al sistema, che vedrà ridotti i finanziamenti alla formazione. La scelta della riforma sul punto è almeno in parte discutibile, perché impone un non meglio precisato aggravio contributivo (difficile sostenere che un lavoratore a termine costi di più in termini previdenziali e assicurativi), a scapito della formazione. Infatti, se il punto è che la flessibilità deve costare di più,l’imposizione di questo maggiore onere dovrebbe logicamente andare a finanziare i costi per la formazione e la ricollocazione. Già l’Italia si distingue dalla media dei Paesi Europei per una più elevata incidenza dei contributi obbligatori a fronte di una più bassa incidenza della retribuzione lorda, gli altri costi (formazione, outplacement.) differentemente da quanto accade negli altri Paesi europei, sono del tutto marginali e la riforma non cambia questa situazione scaricando il costo aggiuntivo della flessibilità sul versante contributivo e penalizzando i finanziamenti di quella flexsecurity, che nella somministrazione, esiste(va) già. In questo senso il disegno di legge non va nella direzione tracciata da Europa 202011.
Somministrazione e lavoratori svantaggiati
A sfavore della somministrazione, ma più in generale dei lavoratori “svantaggiati”, va l’abrogazione degli articoli 13 lett. a) e 23 comma 2 del d.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003. Queste disposizioni, nel progetto di Xxxxx Xxxxx che le aveva pensate, rispondevano ad un preciso intento, dall’evidente risvolto umano: co-responsabilizzare e creare sinergie tra gli operatori pubblici e privati per facilitare l’inserimento dei lavoratori svantaggiati nel mercato del lavoro. Con questo obiettivo, venivano delineati i tratti non di un rapporto di lavoro, ma di una “presa in carico” della persona. Nello specifico: nell’ambito di politiche attive e di workfare, si consentiva alle Agenzie per il Lavoro, di assumere in somministrazione questi lavoratori, con un contratto di durata non inferiore a sei mesi, operando in deroga al principio generale della parità retributivo, ma ciò solo in presenza di un piano individuale di inserimento/reinserimento nel mercato con interventi formativi idonei al fine e il coinvolgimento di un tutore. Per lungo tempo dimenticato, questo strumento contrattuale, solo di recente aveva ricominciato a far parlare di sé, e sembrava destinato a prendere davvero piede, quale forma di politica attiva per l’inserimento di soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro. In questo senso ricostruita, dunque, la normativa ante riforma, al pari dell’apprendistato, avrebbe potuto costituire un’importante leva di placement 12.
11 Per un approfondimento si rinvia al contributo di Xxxxx Xxxxxx, Fine di una tutela “eccezionale”? La riduzione del contributo per la formazione dei lavoratori somministrati a tempo determinato, in questo volume.
12 Il disegno di legge interviene anche in materia di Apprendistato in somministrazione, escludendo la possibilità di assumere apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato (cfr art. 1 comma 16 punto 3). Sulla tematica si rinvia al contributo di Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Lo sviluppo dell’apprendistato in somministrazione: una altra occasione mancata, in questo volume.
La norma in questione, infatti, non faceva che prendere coscienza del fatto che per realizzare un efficace inserimento di soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro devono (dovevano) essere previste forme contrattuali particolari e incentivanti, consentendo di derogare con precise cautele e limiti al principio di parità di trattamento (in termini retributivi), come peraltro espressamente consentito e previsto oggi dalla direttiva 104/2008 (considerando 17).
Analogamente a quanto accade con l’apprendistato, senza destare scalpori, si prevede(va) la possibilità di retribuire il lavoratore un po’ di meno di un altro di pari livello e mansione. Tale disparità si giustifica(va) per il fatto che il lavoratore svantaggiato, così come l’apprendista, non può avere un’operatività e una produttività piene, dovendo essere adeguatamente al fine formato o riqualificato. La deroga, peraltro, veniva ammessa solo al sussistere di particolari condizioni: durata semestrale minima del contratto, presenza di un tutor e di un piano formativo specifico, accompagnamento del soggetto per tutto il percorso di riqualificazione e inserimento. Indici questi di qualità del percorso di reinserimento e che ben possono motivare la contropartita della minor retribuzione percepita. Difficile vedere qualcosa di illegittimo o di discriminatorio nel prevedere differenziazioni nel trattamento economico normativo, in funzione della corretta applicazione del principio costituzionale di eguaglianza in chiave promozionale. Sopravvive invece al restyling la lett. b) dell’art. 13, che consente alle Agenzie per un periodo massimo di 12 mesi e qualora stipulino un contratto di durata non inferiore a 9, di detrarre dal compenso dovuto quanto eventualmente percepito dal lavoratore medesimo a titolo di indennità di mobilità, indennità di disoccupazione ordinaria o speciale, o altra indennità o sussidio la cui corresponsione é collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, e detraendo dai contributi dovuti per l’attività lavorativa l’ammontare dei contributi figurativi nel caso di trattamenti di mobilità e di indennità di disoccupazione ordinaria o speciale.
La sorte dei “lavoratori svantaggiati” è particolarmente incerta in questo mercato del lavoro che a parole si vuole “inclusivo” ma che nei fatti toglie ogni possibilità qualificata e qualificante per l’inserimento di queste persone nel mercato del lavoro. Ad essere abrogato non è soltanto l’art. 13 ma anche il contratto di inserimento ritenuto strategico da tutte le Parti Sociali che ne avevano invece richiesto un’ulteriore incentivo. A fronte di queste abrogazioni non è seguita né l’introduzione di strumenti contrattuali diversi, né tanto meno la previsione di strumenti ad hoc di politica attiva, con buona pace della «redistribuzione più equa delle tutele» 13.
Agenzie per il Lavoro: tra ouplacement e poltiche attive
Il disegno di legge, nella parte dedicata alle politiche attive, prevede Il coinvolgimento delle Agenzie per il Lavoro nell’ambito dei licenziamenti individuali determinati da “giustificato motivo oggettivo”.
Nel reintrodurre il tentativo obbligatorio di conciliazione, si dispone che nella comunicazione del licenziamento da effettuarsi alla direzione territoriale del lavoro e da trasmettersi per conoscenza al lavoratore, il datore di lavoro debba indicare i motivi del licenziamento e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore. Si prevede inoltre che qualora la conciliazione abbia esito positivo, possa essere previsto l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia per il Lavoro al fine di favorirne la ricollocazione professionale.
Nel Testo del disegno di legge presentato dal Governo, con l’intento di incentivare la soluzione transattiva del conflitto in sede di conciliazione si prevedeva che al lavoratore che accettasse la proposta fosse erogato un voucher da utilizzare per i servizi di outplacement delle Agenzie per il Lavoro. La disposizione è stata modificata al Senato. Nel testo attuale, ci si limita a prevedere solo la possibilità di una eventuale presa in carico.
Di positivo vi è che si è contribuito a dare maggiore visibilità e dignità ad uno strumento essenziale di politica attiva per la tutela dell’occupabilità dei lavoratori. In Italia, ancora oggi si parla di outplacement
13 Per un approfondimento si rinvia al contributo di Xxxxxxxx Xxxx e Xxxxxx Xxxxx, Abrogazione del contratto di inserimento e tutele per i lavoratori svantaggiati: gli sgravi contributivi non bastano, in questo volume.
come di una pratica innovativa. Negli Stati Uniti si parla di outplacement dai primi anni ‘ 70 e in alcuni Stati europei, come la Francia l’ouplacement è disciplinato dalla legge alla stregua di un ammortizzatore sociale14.
In Italia invece, anche dopo la riforma, il canale dell’outplacement rimane una pratica eventuale e scollegata dalla previsioni relative alle politiche attive, che vengono gestite in modo tendenzialmente pubblicistico non coinvolgendo adeguatamente le Agenzie per il Lavoro, in un’ottica di raccordo ispirato al principio di sussidiarietà.
Agenzie per il Lavoro e incentivi alle assunzioni e disabili
Il disegno di legge prevede specifici incentivi alle assunzioni anche in somministrazione di soggetti svantaggiati: over 50 e donne, per i quali è disposta una riduzione del 50% dei contributi. In un’ottica evidentemente antielusiva vengono disposti alcuni limiti all’operatività degli incentivi.
Infine, relativamente all’accesso al lavoro dei disabili si prevede che agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere si computino tutti i dipendenti assunti con contratto di lavoro subordinato, quindi anche i lavoratori assunti a tempo determinato o altre forma contrattuali flessibili. Non sono invece computabili per espressa previsione di legge «i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore».
Conclusioni
Il lavoro tramite agenzia, in questo quadro di solo apparenti ossimori – “qualità” e “quantità”, “dinamicità” e “inclusione” – può agire da collante sociale grazie alla sua capacità di mettere d’accordo, avvicinandoli, mondi troppo spesso agli antipodi. Sindacati, Associazioni di categoria, Imprenditori e Lavoratori. Le disposizioni del disegno di legge, si pongono solo in parte in sintonia con questo quadro di generale consenso. Se è vero che sulla somministrazione non pesa il giudizio di disvalore che adombra tutte le altre tipologie contrattuali, è altrettanto riscontrabile che non si va nella direzione del pieno ed equilibrato rafforzamento della stessa, quale strumento, anche e soprattutto, di politica attiva in un’ottica di raccordo ispirata al principio di sussidiarietà. La riforma va però nella direzione di operare un primo embrionale distinguo tra forme di flessibilità “buona” e “cattiva”, allineandosi almeno tendenzialmente al principio europeo contenuto nella direttiva 104/2008 che riconosce nel lavoro tramite agenzia un modello contrattuale virtuoso capace di rispondere, alle esigenze di flessibilità delle imprese e delle persone, conciliandole (considerando 11).
Di più si poteva e si può ancora fare. Le Agenzie per prime sono chiamate a giocare un ruolo importante, dimostrando la capacità di agire quali attori polifunzionali protagonisti all’interno di un sistema che sappia crescere innovandosi, andando anche oltre gli schemi già collaudati e guardando ad orizzonti più ambiziosi di quelli dell’immediato domani.
14 Comunemente la nascita dell’outplacement viene fata risalire ai primi anni ‘70 del secolo scorso, quando dopo il fallimento dell’ultima missione dell’Apollo XVII, la Nasa decise di chiudere il progetto Apollo offrendo ai propri dipendenti altamente specializzati la possibilità di riqualificarsi e di collocarsi in altri contesto aziendali. Da allora ad oggi la diffusione è stata sorprendente.
SCHEDA RIEPILOGATIVA |
Articolo 1, commi 9-10, 16 e 38, articolo 2, comma 39, articolo 4, commi 8-12 e 27 La somministrazione di lavoro |
● Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro. Con questa affermazione si apre la parte sostanziale del d.d.l. n. 5256. Si tratta di una dicitura ispirata al documento sottoscritto dalle segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL il 17 gennaio 2012. Questo, dunque, il punto di partenza di una riforma che si propone di contrastare la “cattiva flessibilità”. La somministrazione di lavoro costituisce l’unica forma contrattuale flessibile non osteggiata dal d.d.l. n. 5256/2012. ● Diventa più semplice la stipulazione del primo contratto di somministrazione a tempo determinato. Il primo contratto di somministrazione a tempo determinato di durata non superiore a 12 mesi non deve recare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che, di norma, devono giustificare la stipulazione di tale tipologia contrattuale. In alternativa, il datore di lavoro può procedere alla stipulazione di più contratti a termine acausali, senza limite di durata, ma: a) qualora ciò sia previsto dalla contrattazione collettiva; b) entro il limite del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati nell’unità produttiva; e c) nell’ambito di un processo organizzativo caratterizzato da: - avvio di una nuova attività; - lancio di un nuovo prodotto; - cambiamento tecnologico; - fase supplementare di un progetto di ricerca; - rinnovo, proroga di una commessa. ● Tanto il contratto acausale della durata massima di dodici mesi, quanto quello stipulato nell’ambito di uno dei descritti processi organizzativi, non possono essere prorogati. ● Ai fini del computo del periodo massimo di durata del contratto a tempo determinato di 36 mesi, si tiene conto anche dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti svolti tra i medesimi soggetti ● Il disegno di legge non prevede di per sé un aumento del costo del rapporto di somministrazione a tempo determinato, ma prevede che a partire dal gennaio 2013 le Agenzie per il Lavoro versino ai fondi bilaterali un contributo pari al 2,6% (anziché il 4%), scomputando su tale contributo il costo aggiuntivo dell’1,4% previsto per i contratti di lavoro a tempo determinato. ● Ulteriori novità riguardano: a) L’abrogazione dell’art. 13, lett. a) e dell’art. 23 comma 2 del D.Lgs n. 276 del 10 settembre 2003. Viene così meno la possibilità per le Agenzie per il Lavoro di assumere lavoratori svantaggiati in deroga al principio di parità di trattamento retributivo in presenza di un piano di inserimento o reinserimento, nell’ambito di specifiche politiche attive e di |
workfare e alla presenza di un tutore con adeguate competenze e professionalità.
b) L’espressa esclusione della possibilità di assumere in somministrazione apprendisti
con contratto di somministrazione a tempo determinato
c) Il coinvolgimento delle Agenzie per il Lavoro nell’ambito dei licenziamenti individuali determinati da “giustificato motivo oggettivo”. Si prevede che nella comunicazione del licenziamento da effettuarsi alla Direzione Territoriale del Lavoro e da trasmettersi per conoscenza al lavoratore, il datore di lavoro debba indicare i motivi del licenziamento e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore. Inoltre si dispone che qualora la conciliazione abbia esito positivo possa essere previsto l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia per il Lavoro al fine di favorirne la ricollocazione professionale.
d) La previsione di specifici incentivi alle assunzioni anche in somministrazione di soggetti svantaggiati: over 50 e donne per cui i quali è disposta una riduzione del 50% dei contributi.
e) L’attuazione del diritto al lavoro dei disabili. Si prevede che agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere si computino tutti i dipendenti assunti con contratto di lavoro subordinato, quindi anche i lavoratori assunti a tempo determinato o altre forma contrattuali flessibili. Non sono invece computabili per espressa previsione di legge «i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore».
SCHEDA DI VALUTAZIONE Contratti a termine | ||
Contenuto | Potenzialità/criticità | Valutazione |
Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro | Potenzialità 1) La dicitura utilizzata è ispirata al documento sottoscritto dalle Segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL il 17 gennaio 2012, che indica la somministrazione quale modello potenzialmente idoneo a riassorbire tutte le esigenze di flessibilità delle imprese 2) La somministrazione di lavoro costituisce l’unica forma contrattuale flessibile non espressamente osteggiata dal disegno di legge n. 5256/2012. Criticità 1) Rischio di allargamento delle maglie del sommerso, laddove la somministrazione non dovesse riuscire a riassorbire i rapporti prima rientranti in altre tipologie contrattuali. | |
Disposizioni ricomprese nella disciplina dei “contratti a termine” e applicabili per espressa previsione di legge anche alla somministrazione |
Acausalità del primo rapporto a tempo determinato concluso tra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di missione, di durata non superiore a 12 mesi. Il contratto non è prorogabile. | Potenzialità 1) Si va nella direzione indicata dalla direttiva comunitaria 2008/104/CE, ma non è ancora abbastanza. Si ricorda che l’Italia è uno dei pochi Paesi Europei a richiedere l’indicazione di una causale nei contratti di somministrazione a tempo determinato 2) La previsione rende nel complesso più accessibile il lavoro somministrato, riducendo i margini di contenzioso 3) Tale ipotesi di “acausalità” temporale oggettiva e indiscriminata si aggiunge a quelle “soggettive” previste dal d.lgs. n. 24/2012 Criticità 1) Indebita equiparazione tra contratto a tempo determinato e lavoro somministrato laddove invece da tempo si insiste sulla necessità di tenere distinte le due tipologie a fronte della diversità di tutele connesse all’una e all’altra forma (cfr. direttiva 2008/104/CE) 2) L’equiparazione potrebbe determinare un’indebita fuga verso il contratto a termine “dequalificando” la somministrazione. La possibilità di concludere indistintamente contratti acausali potrebbe penalizzare ulteriormente i soggetti svantaggiati che vedrebbero venir meno ogni canale di accesso privilegiato al mercato del lavoro 3) Rischio di svilimento delle Agenzie Per il Lavoro quale canale di intermediazione capace di fare fronte in modo professionale a specifiche esigenze tecniche/produttive/organizzative attraverso figure qualificate e all’uopo formate 4) Il riferimento al «rapporto concluso tra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore» crea confusione. I rapporti sottesi al lavoro somministrato si esprimono in due diversi contratti: quello di somministrazione concluso tra utilizzatore e somministratore e quello di lavoro concluso tra somministratore e lavoratore. Sarebbe stato meglio specificare che l’esenzione riguarda entrambi i contratti (di lavoro e di somministrazione) per evitare che un’interpretazione restrittiva infici l’operatività della norma. |
I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati ulteriori ipotesi di acausalità nei limiti del 6% del totale dei lavoratori occupati nell’unità produttiva e al sussistere di specifiche ragioni connesse ad un processo organizzativo | Criticità 1) La previsione va letta congiuntamente alle ipotesi di “acausalità” previste dal d.lgs. n. 24/2012. Il rischio è che la formulazione del disegno di legge di fatto restringa i poteri della contrattazione collettiva rispetto al d.lgs. n. 24/2012 attraverso un’abrogazione implicita dello stesso nella parte in cui prevede che la contrattazione collettiva possa prevedere ipotesi ulteriori di “acausalità” senza contingentamenti percentuali e restringimenti operativi disposti invece dal disegno di legge n. 5256. 2) Il d.lgs. n. 24/2012 nel modificare l’art. 20 introducendo il comma 5-quater, prevede che i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative dei lavoratori e datori di lavoro, possano prevedere ipotesi ulteriori di acausalità. Differentemente il DDL richiama autorizza a prevedere ulteriori ipotesi di deroga al principio della causalità, nei limiti detti, i soli contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che possono provvedervi in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati. Si impone dunque per legge un inopportuno principio di gerarchia che vede il livello decentrato subordinato al livello nazionale. | |
Ai fini del computo del periodo massimo di durata del lavoro a termine (svolto anche per effetto di più contratti successivi, eventuali proroghe e rinnovi) tra un dipendente ed un datore di lavoro, per lo svolgimento di mansioni equivalenti – che è pari 36 mesi – si dovrà tener conto anche di eventuali periodi di lavoro somministrato a tempo determinato, svolti tra i medesimi soggetti | Criticità 1) Restrizione incomprensibile dell’operatività della somministrazione ed indebita equiparazione al lavoro a termine standard 2) Da tale giro di vite non è detto che ne consegua un ritorno al lavoro subordinato a tempo indeterminato. 3) Xxxxxxx fuga verso il lavoro nero. |
Disposizioni ricomprese nella disciplina dei “contratti a termine” e non applicabili per espressa previsione di legge anche alla somministrazione | ||
Incremento dell’intervallo che deve trascorrere tra la stipulazione di un contratto e l’altro,nel caso di riassunzione a termine del medesimo lavoratore:60giorni(e non più 10 giorni),se la durata del primo contratto è inferiore a 6 mesi; 90giorni (e non più 20 giorni),se la durata del primo contratto è superiore a 6 mesi. La contrattazione collettiva può in specifiche ipotesi provvedere alla riduzione di tali termini | Criticità 1) Non è chiaro se la previsione in questione trovi applicazione anche per la somministrazione, e, se si, in che termini: - Il disegno di legge modifica l’art. 5 del d.lgs. n. 368/2001. L’art. 22 del d.lgs. n. 276/2003, dispone che in caso di somministrazione a tempo determinato, il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina del d.lgs. n. 368/2001in quanto compatibile e in ogni caso con l’esclusione delle disposizioni di cui all’art. 5 commi 3 e seguenti - La Circolare n. 7/2005 precisa che se è vero che l’art. 22, comma 2 del d.lgs. n. 276/2003, esclude l’applicazione della disciplina del contratto a termine con riferimento al rinnovo del contratto di lavoro altrettanto non fa con riferimento alla somministrazione. Una lettura congiunta della Circolare e del Contratto nazionale ci categoria induce a ritenere che sebbene l’Agenzia possa concludere senza soluzione di continuità più contratti a termine con il lavoratore, ma che non potrà adibire il lavoratore con un nuovo contratto allo stesso utilizzatore precedente se non decorsi i termini previsti. | |
L’indennità onnicomprensiva di cui all’art.32 comma 5 della l. n. 183/2010, che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore in caso di conversione del rapporto di lavoro a termine, ristora l’intero pregiudizio subito dal lavoratore, ivi comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la cessazione del contratto a termine ritenuto illegittimo e la sentenza del Giudice. Abrogazione della lettera d) che prevedeva l’applicazione dell’indennità a tutte le ipotesi in cui si chiede(va) la costituzione del rapporto in capo a soggetto | Criticità L’attuale formulazione della norma ha determinato nel corso dell’ultimo biennio una notevole incertezza interpretativa, soprattutto nella giurisprudenza di merito, con riguardo in particolare alla inclusione nella fattispecie di cui al comma 5, dell’art. 32 del caso della costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’azienda utilizzatrice conseguente alla invalidità/irregolarità della somministrazione di manodopera. La definizione del disegno di legge non ha chiarito la questione ma anzi potrebbe comportare ulteriori dubbi. Infatti l’abrogazione operata dal disegno di legge della lett. d) del comma 3 del suddetto art. 32, che prevede l’applicabilità dell’indennità di cui sopra a tutte le ipotesi in cui ci si chiede la costituzione del rapporto di lavoro in capo a soggetto diverso dal titolare. In particolare, in alcune sentenze si legge |
diverso dal titolare | che l’applicazione alla somministrazione dell’indennità comprensiva dipenderebbe proprio dall’applicazione di quella lettera d) (cfr. Tribunale di Venezia, 5 ottobre 2011, n. 811). | |
L’impatto sul pubblico impiego | ||
Le disposizioni del disegno di legge costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione. Il Ministro della pubblica amministrazione sentite le XX.XX. maggiormente rappresentative individua e definisce anche mediante iniziative normative gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni. | Le previsioni che potrebbero avere maggiore impatto riguardano l’acausalità e la computabilità nel tetto massimo di 36 mesi anche del periodo eventualmente svolto in somministrazione. Al momento la premessa per il futuro intervento normativo è costituita dall’Intesa del 3 maggio 2012. L’intesa prevede un intervento di riordino e razionalizzazione delle tipologie di lavoro flessibile utilizzabili dalle PA con riguardo ai profili di convergenza con il mercato del lavoro privato. La previsione dell’acausalità pare mal conciliarsi con la previsione contenuta all’art. 36 del Testo Unico sul pubblico impiego che subordina l’assunzione a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni al ricorrere di esigenze temporanee ed eccezionali, con la precisazione, poi, che le amministrazioni debbano individuare le necessità organizzative sottese all’impiego del lavoro flessibile. La computabilità nel tetto massimo anche della somministrazione invece impedirebbe l’uso indiscriminato dei rapporti a termine a fronte di esigenze evidentemente non temporanee. Rimangono aperte la questione della responsabilizzazione della Pubblica Amministrazione nella gestione delle risorse umane oltre che quella più problematica della stabilizzazione | |
Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato | ||
Viene meno la possibilità per le Agenzie Per il Lavoro di assumere lavoratori svantaggiati nell’ambito di politiche attive e di workfare e specifici piani di inserimento e riqualificazione in deroga al principio della parità di trattamento retributivo | Criticità Uno strumento in meno per l’inserimento qualificato degli svantaggiati nel mercato del lavoro a scapito dell’ “inclusività” dello stesso. La disposizione va letta congiuntamente all’abrogazione del contratto d’inserimento e alla acausalità indistinta per coglierne la reale portata. Di fatto vengono abrogate tutte le possibilità per l’inserimento incentivato dei lavoratori svantaggiati nel mercato del lavoro |
Apprendistato | ||
Si esclude espressamente la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato | La disposizione va nella direzione di riconoscere maggiore dignità all’apprendistato concepito come un canale di inserimento qualificato e qualificante e quale strumento di formazione e placement. Non si prevede una correlativa e opportuna estensione delle ipotesi in cui sia possibile assumere apprendisti nell’ambito dello staff-leasing | |
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo | ||
Si prevede che nella comunicazione del licenziamento da effettuarsi alla Direzione Territoriale del Lavoro e da trasmettersi per conoscenza al lavoratore, il datore di lavoro debba indicare i motivi del licenziamento e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore. Inoltre si dispone che qualora la conciliazione abbia esito positivo possa essere previsto l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia per il Lavoro al fine di favorirne la ricollocazione professionale. | Potenzialità 1) Si tratta di un opportuno coinvolgimento delle Agenzie nella gestione dell’outplacement individuale. Le Direzioni Territoriali del Lavoro sono chiamate a svolgere un ruolo attivo nella gestione del tentativo di conciliazione e nella ricerca della composizione del conflitto in una prospettiva di seprarazione soft uomo-impresa. In questo senso potranno farsi supportare dalle Agenzie per il Lavoro che hanno maturato in questi anni una notevole esperienza sul punto. Criticità 1) L’outplacement andava maggiormente valorizzato anche nella parte del DDL che si occupa di politiche attive quale strumento di efficiente tutela dell’occupabilità | |
Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito | ||
Si prevede che a partire dal gennaio 2013, le Agenzie per il Lavoro versino ai Fondi Bilaterali un contributo pari al 2,6% (anziché il 4%), scomputando su tale contributo il costo aggiuntivo dell’1,4% previsto per i contratti di lavoro a tempo determinato | Differentemente da quanto accade per il contratto a tempo determinato standard, il costo del lavoro somminstrato non conosce aggravi per l’utilizzatore. Tuttavia la riduzione del contributo di finanziamento al fondo bilaterale che passa dal 4 al 2,6% comporta un abbassamento delle difese del lavoratore somministrato, che vedrà ridursi gli accantonamenti spendibili in fomrazione e interventi di sostegno al reddito, con buona pace della flexsecurity. |
Incentivi all’occupazione | ||
È prevista la riduzione del 50% dei contributi per l’assunzione anche in somministrazione di over 50 e donne in particolari situazioni. La norma prevede spcifici limiti di utilizzabilità degi incentivi | Potenzialità L’incentivo alle assunzioni è di per sé positivo; sarebbe stata opportuna anche un estensione agli altri “svantaggiati”. | |
Diritto al lavoro dei disabili | ||
Si prevede che agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere si computino tutti i dipendenti assunti con contratto di lavoro subordinato, quindi anche i lavoratori assunti a tempo determinato o altre forma contrattuali flessibili. Non sono invece computabili per espressa previsione di legge «i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore». | I somministrati sono eslcusi dalla computabilità insieme ad un insieme eterogeneo di altri soggetti. La disposizione mira ad estendere l’applicazione dell’obbligo di assunzione dei disabili ma al contempo non prevede incentivi in tal senso e stringe su tutte le tipologie contrattuali che prima consentivano l’ingresso di questi soggetti nel mercato del lavoro. |