COLLEGIO DI COORDINAMENTO
COLLEGIO DI COORDINAMENTO
composto dai signori:
(CO) LAPERTOSA Presidente
(CO) DE CAROLIS Membro designato dalla Banca d'Italia (CO) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia
(CO) RUPERTO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(CO) XXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore RUPERTO
Nella seduta del 12/06/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso del 29.7.2016 la ricorrente esponeva di aver stipulato con l’intermediario resistente un contratto di prestito personale, con riferimento al quale contestava l’erronea indicazione del TAEG per mancata inclusione, nel calcolo dello stesso, del costo della polizza assicurativa CPI (Credit Protection Insurance), e chiedeva l’applicazione del tasso dei BOT, ai sensi dell’art.125 bis, comma 6 e 7 T.U.B., con restituzione di quanto indebitamente percepito dalla banca, maggiorato degli interessi legali, e riformulazione del piano d’ammortamento, nonché la rifusione delle spese legali quantificate in €350,00.
In particolare, la ricorrente rilevava l’esistenza di una serie di elementi idonei a caratterizzare la polizza come connessa al finanziamento e obbligatoria, e precisamente:
(i) l’inscindibilità rispetto al contratto di finanziamento; (ii) l’aver l’intermediario percepito,
per il suo collocamento, una provvigione del 50%; (iii) la durata del contratto assicurativo coincidente con la durata del finanziamento; (iv) l’esser stato il premio assicurativo pagato in anticipo dall’intermediario per conto del cliente, il quale lo avrebbe, successivamente, rimborsato secondo il piano previsto nel contratto di finanziamento.
Sottolineava, infine, la ricorrente che, poiché la polizza garantiva da un rischio connesso al credito erogatole, essendo volta ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito al finanziatore in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione, conseguentemente, beneficiario sostanziale ne era lo stesso intermediario.
Con le proprie controdeduzioni l’intermediario rappresentava che la polizza garantiva il pagamento di tutto o parte del debito residuo al verificarsi di eventi quali il decesso, l’invalidità totale e permanente, l’inabilità totale temporanea, la perdita d’impiego e la malattia grave dell’assicurato, ma essa non poteva comunque essere considerata come obbligatoria, trattandosi di una copertura assicurativa espressamente indicata come facoltativa in contratto ed essendo contrattualmente previsto che il beneficiario della polizza fosse la ricorrente medesima e non la banca; rilevava, inoltre, che il contratto accordava alla ricorrente la facoltà di recedere dalla polizza entro sessanta giorni dalla data di decorrenza.
L’intermediario chiedeva pertanto il rigetto del ricorso.
Il Collegio di Roma, in sede di esame del ricorso, in considerazione della rimessione di analoghe questioni da parte di altri collegi territoriali, ha rilevato l’opportunità di rimettere al Collegio di Coordinamento l’esame della questione relativa alla natura obbligatoria o facoltativa delle assicurazioni stipulate a garanzia della restituzione dei finanziamenti.
DIRITTO
Venendo ora all’esame della questione oggetto della rimessione al Collegio di Coordinamento, giova anzitutto circoscriverla alla qualificazione dei costi assicurativi e, più precisamente, alla valutazione se essi possano essere qualificati come facoltativi (e quindi debbano essere esclusi dal calcolo del TAEG del finanziamento) ovvero se debbano essere intesi come obbligatori (nel qual caso la clausola di determinazione del TAEG, e la misura dello stesso, sarebbe nulla).
Il vigente art. 121 TUB prevede che “Nel costo totale del credito sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte”. In senso conforme anche le Disposizioni in materia di Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari per la rilevazione del TAEG: “Nel TAEG sono inclusi i costi, di cui il finanziatore è a conoscenza, relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito e obbligatori per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni offerte” (Sez. VII, par. 4.2.4).
Secondo l’orientamento prevalente dell’ABF il formale carattere opzionale della polizza, con clausola contrattuale che qualifica la stessa quale “non obbligatoria”, non è decisivo al fine di escludere la necessità che il relativo costo debba essere incluso nella indicazione del TAEG in presenza di elementi che portino a ritenere la sostanziale natura obbligatoria della copertura assicurativa (si veda, per esempio, Collegio di Roma, dec. n. 8128/15; contra parrebbe Collegio Milano, dec. 441/2010, in cui tuttavia non sono analizzate analiticamente le singole e specifiche condizioni contrattuali).
Le conclusioni raggiunte dai Collegi territoriali poggiano sulla ritenuta inadeguatezza del solo dato formale per una valutazione (e una conseguente qualificazione) in termini di
facoltatività della polizza assicurativa ai fini di cui all’art. 121 TUB. In tal senso depongono chiaramente anche i risultati delle indagini condotte da IVASS e Banca d’Italia e illustrati nella lettera congiunta al mercato del 26 agosto 2015, che confermano l’inadeguatezza e l’insufficienza del mero dato formale: “Dalle risultanze degli accertamenti ispettivi autonomamente condotti nei rispettivi ambiti di competenza dall’IVASS e dalla Banca d’Italia sono emersi casi in cui l’erogazione del prestito è risultata sistematicamente abbinata alla sottoscrizione di una polizza di assicurazione nonostante la natura facoltativa di quest’ultima. Alcuni indici di ‘penetrazione assicurativa’ rilevati, risultati anche superiori all’80%, possono essere sintomatici del carattere sostanzialmente vincolato delle polizze”. Nella stessa lettera congiunta si dà, inoltre, atto delle indagini di mistery shopping svolte da alcune Associazioni dei consumatori “presso sportelli bancari, dalle quali è emerso che in una percentuale significativa di casi la polizza continua a essere proposta ai clienti come condizione necessaria per accedere al prestito, presentandola come obbligatoria o ‘facendo capire’ al consumatore che è fortemente consigliata per superare favorevolmente l’istruttoria per l’erogazione del prestito” (lettera congiunta al mercato IVASS-Banca d’Italia, 26 agosto 2015).
Ragionare in senso contrario, dando esclusivo rilievo al mero dato formale e riconoscendo, pertanto, la natura facoltativa della polizza assicurativa in ragione della sua sola qualificazione negoziale, comporterebbe, all’evidenza, la possibilità di ridurre sensibilmente, fino ad escluderla, la portata precettiva della normativa di riferimento (art.
121 TUB; nonché, seppur in una diversa prospettiva, art. 28, d.l. n. 1/2012), pregiudicando, di fatto, quel “livello elevato (…) di tutela” degli interessi dei “consumatori della Comunità” cui il legislatore nazionale è chiamato dalla normativa comunitaria (cfr. il considerando n. 9, Direttiva2008/48/CE) e nella cui direzione si muovono anche gli auspici di IVASS e Banca d’Italia per la definizione da parte degli intermediari di “modalità e tempi di offerta atti a evitare condizionamenti nella negoziazione del finanziamento” (v. la già citata lettera congiunta del 26 agosto 2015). Come confermato anche dai risultati degli accertamenti compiuti dalle Autorità di Xxxxxxxxx, il ricorso al solo criterio formale determinerebbe, infatti, un elevato rischio di falsi negativi, connesso alla qualificazione come facoltative di polizze assicurative, in realtà, obbligatorie, con conseguente esclusione del relativo costo dal computo del TAEG.
Ciò premesso, appare, pertanto, decisivo chiarire in quali circostanze e a quali condizioni la polizza assicurativa collegata a un contratto di finanziamento possa essere considerata obbligatoria ai sensi dell’art. 121 TUB, anche contrariamente a quanto indicato dalle parti (recte, dal finanziatore) nella documentazione contrattuale.
Se la chiara e formale indicazione della natura facoltativa della polizza per la concessione del finanziamento appare, infatti, in assenza di altrettanto chiari e formali indici contrari, difficilmente superabile e tale da non consentire di qualificare la polizza assicurativa come obbligatoria “per ottenere il credito”, a differenti conclusioni può e deve giungersi, invece, con riferimento alla possibilità di considerare la polizza obbligatoria (non per la mera volontà del finanziatore, ma) per ottenere il finanziamento “alle condizioni offerte”. Mentre nel primo caso, l’obbligatorietà della polizza assicurativa è riconducibile alla mera volontà (alla richiesta) del finanziatore che trova naturale espressione nella documentazione contrattuale, quale indice rivelatore, appunto, della natura attribuita al “servizio accessorio” difficilmente superabile; nel secondo caso, invece, essa appare connessa (anche) alla idoneità e capacità della stessa polizza di incidere sulle “condizioni [del credito] offerte”, in ragione delle quali il finanziatore può richiedere la relativa stipulazione, potendosi, pertanto, prospettare una differente soluzione qualora tali caratteristiche e condizioni della polizza emergano in maniera precisa e oggettiva.
In termini generali, la stipulazione di una polizza assicurativa può incidere sulle condizioni del contratto di finanziamento (e, a seconda dei casi, anche sulla sua stessa conclusione) ogni qual volta sia idonea a incidere ex ante – eliminandolo o riducendolo – sul rischio di solvibilità del cliente sopportato dal finanziatore; rischio che, come noto, costituisce uno dei principali fattori in base ai quali lo stesso finanziatore compie normalmente la valutazione sul merito creditizio del cliente (art. 124-bis TUB) e definisce al contempo le condizioni del credito.
Tale capacità/idoneità è espressamente riconosciuta dal legislatore nell’ambito dell’erogazione di prestiti o mutui rimborsabili mediante cessione di quote dello stipendio o della pensione (che, ai sensi dell’art. art. 54 d.P.R. n. 180/1950, sono obbligatoriamente assistiti da una copertura assicurativa: “Le cessioni di quote di stipendio o di salario consentite a norma del presente titolo devono avere la garanzia dell'assicurazione sulla vita e contro i rischi di impiego od altre malleverie che ne assicurino il ricupero nei casi in cui per cessazione o riduzione di stipendio o salario o per liquidazione di un trattamento di quiescenza insufficiente non sia possibile la continuazione dell'ammortamento o il ricupero del residuo credito”), sia alla assicurazione “sulla vita dell’assicuratore/debitore prestata in funzione dell’erogazione dei prestiti o mutui” (v. art. 10, Reg. ISVAP n. 29/2009), sia alla assicurazione stipulata “dal debitore/assicurato per garantirsi dell’impossibilità di adempiere all’obbligazione di pagamento a favore dell’ente finanziatore a causa della perdita dell’impiego, con conseguente cessazione dell’erogazione dello stipendio” (v. art. 14, Reg. ISVAP, n. 29/2009).
Nelle ipotesi ora richiamate, il legislatore prende atto della funzione delle polizze assicurative che, oltre a garantire in via immediata il bisogno o l’interesse dell’assicurato quale beneficiario della polizza (artt. 1882, 1904 c.c.), tutelano – in via mediata riducendo o eliminando gli effetti (patrimoniali) negativi degli eventi e dei sinistri dedotti in polizza (i.e., la morte e la perdita di impiego) – anche l’interesse del finanziatore alla conservazione della originaria situazione patrimoniale e finanziaria del cliente presente al momento della concessione del finanziamento, alla luce della quale l’intermediario ha: i) effettuato le proprie valutazioni sul merito creditizio del cliente e, per quanto qui più rileva,
ii) definito le condizioni del credito.
Le polizze assicurative possono, pertanto, ritenersi “connesse” al contratto di finanziamento in quanto idonee a contemperare il rischio di insolvenza del debitore/assicurato, mantenendo tendenzialmente inalterate le originarie condizioni patrimoniali e finanziarie del debitore, che incidono sul relativo rischio di solvibilità e alla luce delle quali il finanziatore ha effettuato la valutazione del merito creditizio; connessione che, nei termini ora precisati e ferma restando ogni valutazione del singolo caso concreto, può ritenersi sussistente non solo per le polizze assicurative a copertura del rischio ‘morte’ e del rischio ‘perdita di impiego’, ma anche per le polizze a copertura della sopravvenuta inabilità o inidoneità (temporanea o permanente) al lavoro, ovvero di sinistri comunque idonei ad incidere sul rischio solvibilità del cliente/debitore; soluzione, quest’ultima, condivisa dai Collegi territoriali e che è implicitamente confermata anche dal previgente art. 2, terzo comma, D.M. Tesoro, 8 luglio 1992 (“Nel calcolo del TAEG sono inclusi (…) d) le spese per le assicurazioni o garanzie, imposte dal creditore, intese ad assicurargli il rimborso totale o parziale del credito in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del consumatore”).
Il ricorso al rapporto di connessione nei termini sopra individuati non appare, tuttavia, un criterio del tutto idoneo e di per sé solo sufficiente per tracciare una netta distinzione tra polizze assicurative facoltative e obbligatorie ai sensi dell’art. 121 TUB, rivelandosi a tal fine insoddisfacente.
Da un lato, sia l’art. 121 TUB che le Disposizioni in materia di trasparenza di Banca d’Italia (Sez. VII, par. 4.2.4) consentono di escludere una automatica sovrapposizione tra la natura obbligatoria del servizio accessorio e la sussistenza di un collegamento funzionale con il contratto di finanziamento, subordinando l’inclusione dei costi dei “servizi accessori [comunque] connessi” solo se qualificabili anche come obbligatori. Dall’altro lato, il ricorso al mero rapporto di connessione implicherebbe la qualificazione di ogni polizza assicurativa idonea ad incidere sul rischio di solvibilità del cliente come servizio accessorio obbligatorio ai sensi dell’art. 121 TUB, eliminando in tal modo la funzione selettiva del medesimo criterio e dando luogo, così come per il ricorso ad un criterio meramente formale, ad un elevato rischio di falsi positivi.
Salva la possibilità per il cliente di provare altrimenti la natura obbligatoria della polizza assicurativa, appare, pertanto, condivisibile la subordinazione della qualificazione come obbligatoria della polizza assicurativa alla presenza di un rapporto di connessione particolarmente elevato, che consenta di ritenere pienamente soddisfatto l’interesse del finanziatore alla conservazione delle originarie condizioni patrimoniali e finanziarie del debitore e, conseguentemente, al contenimento del rischio di una sua insolvenza. A tal fine, anche alla luce degli orientamenti delineatesi presso i Collegi territoriali, questo Collegio ritiene che tale rapporto possa ritenersi sussistente allorquando la polizza – oltre a presentare, appunto, una (diretta o indiretta) funzione di copertura del credito ed essere stata stipulata contestualmente al contratto di finanziamento – abbia una durata corrispondente a quella del piano di ammortamento del finanziamento e preveda un capitale (polizza vita) o un indennizzo (polizza danni), dovuti in caso di avveramento del rischio oggetto di copertura, parametrati al debito residuo, garantendo in tal modo “l’assicurato contro accadimenti in grado di minarne la capacità patrimoniale-finanziaria e, quindi, di pregiudicarne la capacità di corrispondere i pagamenti rateali, in linea con il piano di ammortamento del finanziamento già prestabilito” (Collegio di Napoli, decisione n. 3828/2014). In tali circostanze, si realizza, infatti, una piena soddisfazione dell’interesse del finanziatore al contenimento del rischio di solvibilità del cliente, attraverso la conservazione della originaria situazione patrimoniale e finanziaria del cliente, che costituisce, seppur in via presuntiva, una chiara e precisa indicazione sulla natura obbligatoria della polizza assicurativa “per ottenere il credito alle condizioni offerte” (art.
121 TUB) ovvero, più chiaramente, della volontà del finanziatore di subordinare alla sottoscrizione della polizza assicurativa l’erogazione del credito alle condizioni offerte. Soluzione quest’ultima predicabile anche nel caso di una eventuale eterogeneità delle coperture assicurative talora riscontrata nella prassi negoziale, allorquando la polizza assicurativa si presenti come “un ‘pacchetto’ inscindibile di diverse garanzie per il quale il cliente versa un premio indistinto” e “che operano solo ‘a rotazione’ in funzione delle condizioni soggettive in cui si troverà l’assicurato al momento del sinistro” (lettera congiunta IVASS-Banca d’Italia, 26 agosto 2015).
In effetti, l’eterogeneità delle coperture assicurative e la mancanza di alcun collegamento funzionale di parte di esse con il contratto di finanziamento non sono, infatti, idonee ad elidere la rilevanza del rapporto di connessione rilevante ai sensi dell’art. 121 TUB, qualora le coperture assicurative (funzionali e non) siano presentate come un “pacchetto inscindibile”, che preclude ogni valutazione distinta in termini di obbligatorietà e falcoltatività delle diverse garanzie e che comporta, conseguentemente, l’estensione del rapporto di connessione e, in presenza degli indici presuntivi sopra richiamati, della qualificazione come obbligatoria dell’intera polizza assicurativa.
Se sulla necessaria ricorrenza degli elementi e delle circostanze sopra evidenziati per una valutazione della polizza assicurativa quale servizio accessorio obbligatorio ai sensi e per gli effetti dell’art. 121 TUB le posizioni assunte dai Collegi territoriali appaiono, come
anticipato, convergenti (cfr. Collegio di Roma, decisioni n. 8128/2015; n. 735/2016; n. 8009/2016; Collegio di Napoli, decisioni n. 6797/2016; n. 7811/2016), si registrano, invece, incertezze e contrasti applicativi in riferimento al rilievo da riconoscere, in particolare, i) alla individuazione del beneficiario delle prestazioni assicurative nello stesso assicurato/debitore, piuttosto che nell’intermediario finanziatore, e ii) alla previsione di uno ius poenitendi e di un di recesso a favore del cliente (solitamente nei termini previsti dall’art. 1899 c.c.).
Non mancano, infatti, pronunce dei Collegi territoriali che escludono la natura obbligatoria della polizza assicurativa connessa al finanziamento qualora il beneficiario sia lo stesso debitore, ritenendo che destinatario delle prestazioni assicurative debba essere il finanziatore (cfr. Collegio di Napoli, decisione n. 7215/2016; Collegio di Roma, decisioni n. 2600/2015; 8009/2016, 1284/2016); o qualora sia riconosciuto al debitore/assicurato la possibilità di recedere dal contratto di assicurazione (Collegio di Roma, decisione n. 8009/2016).
Il Collegio ritiene di non condividere tali conclusioni.
Sotto il primo profilo, in termini generali giova anzitutto precisare che la circostanza che la polizza assicurativa sia diretta a tutelare (anche) l’interesse del debitore/assicurato appare del tutto irrilevante per una valutazione in termini di facoltatività o obbligatorietà della polizza stessa. È, infatti, agevole evidenziare come la polizza assicurativa sia – per definizione – diretta sempre a tutelare e garantire un bisogno (di natura previdenziale, x. Xxxx. S.U., 31 marzo 2008, n. 8271) o un interesse dell’assicurato, pena la nullità dello stesso contratto assicurativo espressamente prevista per le polizze del ramo danni (art. 1904 c.c.).
Ciò detto, ferma restando la generale considerazione per cui la polizza assicurativa, nei limiti già richiamati, è idonea a garantire l’interesse del finanziatore alla conservazione dell’originaria situazione patrimoniale e finanziaria del debitore anche nell’ipotesi in cui il beneficiario delle prestazioni assicurative coincida con lo stesso debitore o con i suoi eredi, sono molteplici le ragioni che inducono ad escludere la necessità della individuazione del beneficiario delle prestazioni assicurative nell’intermediario finanziatore per la qualificazione della polizza assicurativa come obbligatoria ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 121 TUB.
Con riferimento alle polizze dei rami danni, la coincidenza tra il soggetto assicurato e il beneficiario (diretto) della prestazione indennitaria dell’impresa assicurativa è, secondo l’opinione prevalente, una necessità connaturata alla struttura del contratto di assicurazione danni, in virtù della quale non è possibile destinare l’indennizzo dovuto ai sensi degli artt. 1882 ss. c.c. ad un soggetto diverso dall’assicurato, titolare dell’interesse e del rischio assicurato (art. 1904 c.c.), rimanendo, pertanto, distinta l’ipotesi del contratto di assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta (art. 1891 c.c.) da quella più generale del contratto a favore di terzo (art. 1411 c.c.); ipotesi quest’ultima esclusa in radice per il contratto di assicurazione danni.
Anche quando il legislatore riconosce rilievo all’interesse del terzo creditore, prevedendo un vincolo di destinazione dell’indennità dovuta per danni alla cosa del debitore-assicurato soggetta a pegno o ipoteca (art. 2742 c.c.), non sussiste un diritto del terzo creditore alla prestazione assicurativa, comunque diretta all’assicurato portatore del rischio. Al riguardo, questo Collegio ha già avuto modo di osservare “che nelle polizze assicurative con clausola di vincolo il soggetto assicurato (titolare del rischio) è pur sempre il soggetto finanziato (proprietario del bene)”, dovendosi escludere “chiaramente la possibilità di un pagamento immediato e automatico dell’indennità a favore del vincolatario (…) Difatti, anche qualora l’assicurazione sia contratta dal creditore, l’interesse al risarcimento non esiste in capo ad esso (se non via indiretta e temporanea), ma esclusivamente in capo al
proprietario, e la legge consente esclusivamente di “vincolare” il risarcimento per la soddisfazione del credito, ma non obbliga l’assicuratore a pagare l’indennità tout court al terzo vincolatario” (Collegio di Coordinamento, decisione n. 896/2014). In termini analoghi si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità: “La cosiddetta "surrogazione reale" dell'indennità alla cosa assicurata, prevista dall'art. 2742 c.c., ha l'effetto di imporre all'indennizzo assicurativo un vincolo di destinazione a favore del creditore dell'assicurato titolare di un diritto di prelazione sulla cosa distrutta, ma non legittima affatto il suddetto creditore ad agire direttamente nei confronti dell'assicuratore per il pagamento dell'indennizzo” (Cass., 4 febbraio 2013, n. 3655).
Di conseguenza, salvo il caso in cui l’intermediario finanziatore – quale contraente- assicurato – abbia concluso una polizza assicurativa per garantirsi (direttamente) dai rischi di “perdite patrimoniali derivanti da insolvenze” del debitore (art. 2, terzo comma, n. 14, C.A.P.; art. 14 Reg. ISVAP n. 29/2009) e facendosi, in ogni caso, carico del relativo premio (arg. ex art. 14 Reg. ISVAP n. 29/2009, seppur con riferimento ai contratti di finanziamento garantiti mediante cessione del quinto dello stipendio: il “contratto deve prevedere il pagamento del premio a carico dell’ente finanziatore”), il beneficiario della polizza assicurativa non può che coincidere con il debitore-assicurato. Richiedere l’individuazione del beneficiario della prestazione assicurativa nell’intermediario finanziatore, anziché nel debitore-assicurato, implicherebbe, quindi, escludere definitivamente e automaticamente la qualificazione della polizza assicurativa come obbligatoria, contrariamente a quanto previsto dall’art. 121 TUB e dalle Disposizioni in materia di Trasparenza di Banca d’Italia (Sez. VII, par. 4.2.4), che implicano, al contrario, la possibilità di una qualificazione della polizza assicurativa come obbligatoria o facoltativa.
Analoghe conclusioni possono ripetersi anche per le polizze dei rami vita, sebbene l’art. 1920 c.c. riconosca espressamente la possibilità di una assicurazione sulla vita a favore di terzo, consentendo, quindi, la dissociazione tra assicurato (portatore del rischio) e beneficiario delle prestazioni assicurative.
Sul punto vengono anzitutto in rilievo le disposizioni del Reg. ISVAP n. 40/2012 sulla definizione dei contenuti minimi del contratto di assicurazione sulla vita di cui all’art. 28, primo comma, d.l. n. 1/2012, alla cui stipulazione “le banche, gli istituti di credito e gli intermediari finanziari (…) condizionano l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo”. Secondo l’art. 1, Reg. ISVAP n. 40/2012, infatti, il contratto di assicurazione sulla vita – qualificabile come obbligatorio su richiesta del finanziatore (art. 28, primo comma, d.l. n. 1/2012) – “soddisfa i seguenti contenuti minimi: (…) i) beneficiari o vincolatari: i beneficiari o i vincolatari indicati dal cliente”. L’art. 1, lett. i), Reg. ISVAP n. 40/2012 conferma, pertanto, la piena compatibilità tra la natura obbligatoria della polizza assicurativa vita – alla cui stipulazione il finanziatore ha condizionato “l’erogazione” del credito (art. 28, primo comma, d.l. n. 1/2012) – e l’individuazione del beneficiario nei soggetti indicati dal debitore-assicurato non necessariamente coincidenti con il finanziatore, non consentendo, quindi, di trarre in tal caso alcuna conclusione sulla natura facoltativa della polizza assicurativa. Al contrario, l’eventuale scelta dell’intermediario finanziatore quale beneficiario delle prestazioni assicurative, determinando un vantaggio diretto ed immediato per il finanziatore stesso ed accentuando, quindi, il rapporto di connessione con il contratto di finanziamento, costituisce un’ulteriore conferma della qualificazione della polizza assicurativa in termini di obbligatorietà.
Nello stesso senso depongono anche le previsioni dell’art. 48, comma 1-bis, Reg. ISVAP
n. 5/2006, che, a decorrere dal 2 aprile 2012, vietano agli intermediari assicurativi (tra cui anche le banche ex art. 109, lett. d), C.A.P.) di “assumere, direttamente o indirettamente, (…) la contemporanea qualifica di beneficiario o di vincolatario delle prestazioni
assicurative e quella di intermediario del relativo contratto in forma individuale o collettiva”. Benché non sia un argomento di per sé solo decisivo – operando unicamente per l’ipotesi in cui la polizza assicurativa sia collocata dallo stesso finanziatore (cfr. art. 1, lett. i), Reg. ISVAP n. 40/2012: “La banca o l’intermediario finanziario possono essere designati come beneficiari o vincolatari delle prestazioni assicurative solo qualora il contratto di assicurazione non sia intermediato dalla banca o dall’intermediario finanziario stesso o da soggetti ad essi legati da rapporti di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del gruppo”) – ne risulta comunque chiaro il rilievo sistematico, se si considera che la prassi pressoché costante vede le polizze assicurative ora in esame intermediate dallo stesso finanziatore.
Anche in tal caso, richiedere l’individuazione del beneficiario della prestazione assicurativa nell’intermediario finanziatore, anziché nei soggetti indicati dal debitore-assicurato, implicherebbe escludere del tutto la possibilità di qualificare come obbligatorie pressoché tutte le polizze assicurative – quantomeno quelle intermediate dallo stesso finanziatore – collegate al contratto di finanziamento, precludendo, quindi, quella valutazione sulla natura della polizza cui l’art. 121 TUB e le Disposizioni in materia di Trasparenza di Banca d’Italia (Sez. VII, par. 4.2.4) fanno espresso riferimento.
Per quanto attiene, invece, al secondo profilo sopra individuato e relativo al riconoscimento di un diritto di recesso in favore del cliente-assicurato, non può che confermarsi, anzitutto, l’irrilevanza della previsione di uno ius poenitendi entro il breve termine di 30 giorni dalla stipulazione del contratto di assicurazione, in linea con quanto già deciso dai Collegi territoriali (“Né sembra peraltro rilevante che ai sensi dell’art. 13 delle condizioni di polizza sia prevista la facoltà di recesso del contraente, entro 30 giorni dalla data di decorrenza della stessa, facoltà che si iscrive nel solco delle tutele apprestate a favore del consumatore per garantirne la consapevolezza rispetto ai contenuti delle previsioni del contratto sottoscritto e, se del caso, consentirne il “ripensamento’”, Collegio di Roma, decisione n. 5023/2016). Si tratta, infatti, di un diritto potestativo dell’assicurato, che non ammette deroga alcuna, espressamente previsto in termini generali per le polizze vita dall’art. 177 C.A.P. e, con specifico riferimento alle polizze vita alla cui stipulazione l’intermediario ha condizionato “l’erogazione (…) del credito al consumo” (art. 28, primo comma, d.l. n. 1/2012), dall’art. 1, lett. n), Reg. ISVAP n. 40/2012; previsione quest’ultima che conferma espressamente la compatibilità tra la natura obbligatoria della polizza assicurativa (vita) e la “indicazione della facoltà per il cliente di recedere dal contratto di assicurazione entro un termine non inferiore a 30 giorni dalla data in cui il contratto è concluso, con diritto alla restituzione del premio corrisposto al netto della parte relativa al periodo per il quale il contratto ha avuto effetto e delle spese sostenute per l’emissione del contratto”.
Analoghe conclusioni possono trarsi anche per l’attribuzione al debitore-assicurato di un diritto di recesso (o per le polizze vita, più propriamente, di un diritto di riscatto, cfr. artt. 1899, ultimo comma, e 1925 c.c.) durante l’esecuzione del rapporto. Al riguardo, in alcune decisioni il Collegio di Roma – pur non mancando posizioni difformi dello stesso Xxxxxxxx – ha osservato “che non avrebbe senso postulare la obbligatorietà di un contratto in fase ‘genetica’, salvo poi affermarne la ‘facoltatività’ nel successivo momento funzionale ed esecutivo. Il diritto di recedere contraddice pertanto l’esistenza di un vincolo a mantenere la copertura assicurativa per la durata del prestito” (cfr. in particolare Collegio di Roma, decisione n. 8009/2016). Le considerazioni ora richiamate non appaiono del tutto condivisibili, sia sul piano sostanziale che su quello formale.
L’attribuzione di un diritto di recesso del debitore-assicurato nei termini – secondo la prassi negoziale più comune – previsti per l’assicurazione danni dall’art. 1899 c.c. (i.e. “trascorso il quinquennio” e “con effetto dalla fine dell’annualità nel corso della quale la facoltà di
recesso è stata esercitata”), non è, infatti, idonea ad escludere lo stretto collegamento funzionale tra la polizza e l’interesse del finanziatore e a precludere, di conseguenza, una valutazione, seppur in via presuntiva, della polizza come obbligatoria “per ottenere il credito (…) alle condizioni offerte” (art. 121 TUB). Il dato è evidente allorquando la durata del contratto di finanziamento sia inferiore o pari a sei anni (cfr. art. 1899 c.c), termine prima del quale il recesso del debitore-assicurato dal contratto di assicurazione non avrebbe comunque alcuna conseguenza su quello di finanziamento; in tal caso, infatti, la produzione degli effetti del recesso esercitato al termine del quinto anno di esecuzione del contratto di assicurazione coinciderebbe con la naturale cessazione del contratto di finanziamento.
Anche nell’ipotesi in cui il finanziamento avesse una durata superiore ai sei anni, entro tale termine la polizza assicurativa manterrebbe, comunque, la sua capacità di incidere sulle condizioni del credito offerte, in misura tanto maggiore quanto minore è la vita residua del finanziamento.
L’intermediario finanziatore sarebbe, comunque, in grado di valutare le diverse condizioni economiche del finanziamento tenendo in considerazione anche la possibilità che, decorso il primo quinquennio, il debitore possa recedere dal contratto con effetto dal termine dell’anno successivo (sesto anno).
Sul piano formale, le Disposizioni in materia di trasparenza di Banca d’Italia paiono, inoltre, escludere una automatica e necessaria qualificazione della polizza assicurativa come facoltativa in presenza della attribuzione al debitore-assicurato di un diritto di recesso durante l’esecuzione del contratto, anche in un termine più breve di quello previsto dall’art. 1899 c.c. Il par. 2, Sez. VII (‘Credito ai consumatori’, ma negli stessi termini v. anche il par. 2, Sez. VI-bis, ‘Credito immobiliare ai consumatori’) delle Disposizioni in materia di trasparenza definisce, infatti, il “servizio accessorio connesso con il contratto di credito” come “il servizio obbligatorio per la conclusione del contratto di credito o il servizio (sia esso obbligatorio o facoltativo) offerto dal finanziatore congiuntamente al contratto di credito. Il servizio si intende obbligatorio quando – anche sulla base di disposizioni di legge – [1] il consumatore non può stipulare il contratto di credito senza stipulare il contratto avente ad oggetto il servizio accessorio oppure [2] non può stipulare il contratto di credito a determinate condizioni senza stipulare il contratto avente a oggetto il servizio accessorio. [3] Il servizio si intende altresì obbligatorio quando il recesso dal contratto avente a oggetto il servizio accessorio determina l’applicazione di costi o qualsiasi altra modifica delle condizioni del contratto di credito”.
Le Disposizioni in materia di trasparenza individuano, in tal modo, tre distinte ipotesi in cui il servizio accessorio può ritenersi – in via alternativa o, a seconda dei casi, anche concorrente – obbligatorio. Con riguardo al recesso, dunque, la polizza assicurativa può certamente ritenersi obbligatoria qualora l’esercizio di tale diritto previsto a favore del debitore-assicurato “determina l’applicazione di costi o qualsiasi altra modifica delle condizioni del contratto di credito” [3].
Al contrario, il riconoscimento di un diritto di recesso per tutta la durata del rapporto e in assenza di alcun costo aggiuntivo a carico del debitore-assicurato o di alcuna modifica alle condizioni contrattuali del finanziamento implica la qualificazione della polizza come facoltativa.
Alla luce delle considerazioni sinora svolte, può quindi concludersi che, fermo restando che in presenza di un contratto di finanziamento nel quale le parti hanno indicato come facoltativa la polizza assicurativa abbinata spetta al mutuatario dimostrare che essa rivesta invece carattere obbligatorio, quantomeno nel senso che la conclusione del contratto di assicurazione abbia costituito un requisito necessario per ottenere il credito alle condizioni concretamente offerte, è consentito al ricorrente assolvere l’onere della
prova attraverso presunzioni gravi precise e concordanti desumibili dal concorso delle seguenti circostanze: i) che la polizza abbia funzione di copertura del credito; ii) che vi sia connessione genetica e funzionale tra finanziamento e assicurazione, nel senso che i due contratti siano stati stipulati contestualmente e abbiano pari durata; iii) che l’indennizzo sia stato parametrato al debito residuo.
Il valore probatorio di tali presunzioni appare ancor più rilevante non solo, come già accennato, quando contraente e beneficiario della polizza assicurativa sia (qualora possibile) lo stesso intermediario finanziatore, ma anche quando a quest’ultimo sia attribuita una significativa remunerazione per il collocamento della polizza assicurativa e qualora si tratti di polizze collettive stipulate dall’intermediario finanziatore ex art. 1891 c.c. secondo lo schema del contratto “per conto di chi spetta”.
Sotto quest’ultimo profilo, occorre chiarire che il mero riconoscimento di una provvigione a favore dell’intermediario finanziatore è certamente un fattore di per sé neutro: quale intermediario assicurativo ex art. 109, lett. d), C.A.P. il finanziatore riceve, infatti, comunque dall’impresa assicurativa una provvigione per il mero collocamento della polizza assicurativa. Diverso è, tuttavia, il caso in cui la provvigione sia particolarmente consistente (anche oltre il 50% del premio versato) e, in particolare, quando non sia rilevabile una attività ulteriore al mero collocamento della polizza, diretta, ad esempio, ad una adeguata verifica delle esigenze e degli interessi del debitore-assicurato (cfr. artt. 120, terzo comma, e 183 C.A.P.; artt. 47, primo comma, lett. c), 48, secondo xxxxx, e 53, secondo e terzo comma, Xxx. ISVAP n. 5/2006); attività che, in ipotesi, potrebbe escludere l’opportunità della sottoscrizione della polizza assicurativa offerta, quando, per esempio, il debitore risulti già titolare di prodotti assicurativi analoghi. Come evidenziato nella lettera congiunta di IVASS e Banca d’Italia del 26 agosto 2015, infatti, “L’analisi dei fascicoli informativi relativi ai PPI, pubblicati sui siti delle imprese ai sensi del Regolamento IVASS n. 35/2010, ha evidenziato che i costi a carico degli assicurati permangono alti e che una quota significativa (anche superiore al 50%) del premio corrisposto dal cliente viene riconosciuto alle banche e agli intermediari finanziari per l’attività di distribuzione svolta. La presenza di numerosi reclami pervenuti all’IVASS che lamentano la vendita di polizze non adeguate alle esigenze dei clienti, la limitata assistenza in fase di collocamento e l’assenza di informativa su caratteristiche e limiti della copertura, sono indicative di una scarsa qualità del servizio offerto in fase di distribuzione, che non appare coerente con il livello delle provvigioni riconosciute alla rete di vendita. Gli accertamenti ispettivi hanno in particolare confermato che i processi distributivi sono eccessivamente standardizzati e non sempre includono valutazioni di adeguatezza, tanto da avere reso necessario l’intervento dell’IVASS con la lettera al mercato del 17 dicembre 2013”.
La possibile incidenza della provvigione assegnata al finanziatore dall’impresa assicurativa sull’offerta del “servizio accessorio” è, del resto, chiaramente riconosciuta anche dalle Disposizioni in materia di Trasparenza di Banca d’Italia: "Fermo restando quanto previsto dall’articolo 120-octiesdecies, comma 1, del T.U. in materia di credito immobiliare ai consumatori, la scelta di porre in essere politiche commerciali che prevedano l’offerta contestuale, accanto a un contratto di finanziamento, di altri contratti, anche attraverso soggetti terzi, deve essere accompagnata da una serie di cautele particolari, adottando procedure organizzative e di controllo interno che assicurino nel continuo: (...) (f) che, qualora il contratto offerto congiuntamente al finanziamento sia facoltativo, le forme di remunerazione e valutazione della rete vendita non siano tali da costituire un forte incentivo alla vendita del contratto facoltativo accanto al finanziamento rispetto alla vendita del solo finanziamento” (Sez. XI, par. 2-bis, lett. f)). Condizione quest’ultima che può trovare ulteriore conferma laddove il debitore-assicurato aderisca ad una polizza collettiva
precedentemente sottoscritta, quale contraente, dall’intermediario finanziatore ai sensi dell’art. 1891 c.c.
Peraltro, fatta salva l’ipotesi in cui, come chiarito, l’esercizio del diritto di recesso dal contratto assicurazione eventualmente riconosciuto al debitore-assicurato determini “l’applicazione di costi o qualsiasi altra modifica delle condizioni del contratto di credito” (Sez. VII, par. 2, Disposizioni in materia di Trasparenza), nel qual caso il servizio accessorio deve ritenersi comunque obbligatorio, la qualificazione in via presuntiva della polizza assicurativa come obbligatoria ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 121 TUB non esclude la possibilità per l’intermediario finanziatore di fornire indici di segno contrario, a conferma della natura facoltativa della polizza, attinenti alla fase di formazione del contratto.
Gli indici presuntivi sopra evidenziati possono ritenersi superati, anzitutto, qualora l’intermediario finanziatore documenti di aver proposto al cliente una comparazione dei costi (e del TAEG), con o senza polizza (cfr. Collegio di Napoli, decisioni n. 230/2015; 3066/2016). In tal caso, può, infatti, ritenersi che la prospettazione della comparazione dei costi, con o senza polizza, rafforzi il significato della facoltatività indicata nel contratto, poiché consente una consapevole scelta “economica” del cliente tra la conclusione del contratto di finanziamento con o senza polizza assicurativa. Tale prova contraria è, del resto, agevolata dagli obblighi imposti a carico del finanziatore dalle Disposizioni in materia di trasparenza, secondo cui “la scelta di porre in essere politiche commerciali che prevedano l’offerta contestuale, accanto a un contratto di finanziamento, di altri contratti, anche attraverso soggetti terzi, deve essere accompagnata da una serie di cautele particolari, adottando procedure organizzative e di controllo interno che assicurino nel continuo: (...) (d) che le procedure di commercializzazione siano improntate a canoni di trasparenza e correttezza e, in particolare, che: (…) al cliente siano illustrati gli effetti complessivi, in termini di obblighi e vantaggi, derivanti dalla combinazione dei contratti offerti; in caso di servizi accessori connessi con il contratto di credito qualificati come facoltativi, al cliente va illustrato chiaramente e correttamente il costo complessivo da sostenere sia nel caso in cui sottoscriva il contratto relativo al servizio accessorio offerto sia in quello in cui non lo sottoscriva” (Sez. XI, art. 2-bis, lett. d)). Di conseguenza, la mancata illustrazione al cliente del costo complessivo del finanziamento, con o senza servizio accessorio, non può che confermare – in presenza degli indici presuntivi sopra individuati – la natura obbligatoria della polizza assicurativa. Qualora, tuttavia, dalla comparazione del “costo complessivo da sostenere” con o senza servizio accessorio risulti la chiara incidenza della polizza assicurativa sulle condizioni del finanziamento, non potrà che confermarsi la natura obbligatoria della polizza stessa per ottenere “il credito (…) alle condizioni offerte” (per uno spunto in tal senso v. anche Collegio di Roma, decisione n. 2600/2015). In tal caso, infatti, se può essere esclusa l’obbligatorietà della polizza in ragione della mera volontà del finanziatore (“per ottenere il credito”), risulta, invece, confermata la subordinazione della erogazione del credito alle condizioni offerte alla sottoscrizione della polizza assicurativa.
Allo stesso modo, l’intermediario finanziatore può sottrarsi ad una (ri)qualificazione della polizza assicurativa quale servizio accessorio obbligatorio, provando di aver offerto alla controparte le stesse condizioni di finanziamento anche in assenza del contratto di assicurazione. In tal caso, infatti, appare chiara non soltanto la facoltà del cliente di stipulare o non stipulare il servizio accessorio (che, quindi, non potrà considerarsi necessario “per ottenere il credito” per mera volontà del finanziatore), ma anche l’indipendenza funzionale del contratto di finanziamento rispetto al contratto di assicurazione, che, di conseguenza, non potrà essere considerato obbligatorio neppure per ottenere “il credito (…) alle condizioni offerte”.
Del pari, l’intermediario può dimostrare di avere concesso altri finanziamenti a condizioni analoghe a quelle offerte al debitore-assicurato, pur in assenza di una polizza assicurativa, ad altri soggetti aventi lo stesso merito creditizio.
L’erogazione di finanziamenti a condizioni del tutto analoghe a favore di soggetti con un merito creditizio omogeneo a quello del debitore assicurato, anche in assenza di polizza assicurativa, può considerarsi, infatti, un chiaro indice in favore della natura facoltativa della polizza assicurativa, che, alla luce della prassi seguita dall’intermediario finanziatore, può ritenersi irrilevante per la concessione del credito e per la determinazione delle condizioni offerte.
Nella valutazione della natura della polizza assicurativa e della possibilità per l’intermediario finanziatore di superare la qualificazione desumibile dagli indici presuntivi sopra individuati, può assumere, infine, rilievo, come già accennato, l’attribuzione al debitore-assicurato di un diritto di recesso dal contratto di assicurazione per tutto il corso del finanziamento, senza “l’applicazione di costi o qualsiasi altra modifica delle condizioni del contratto di credito” (Sez. VII, par. 2, Disposizioni in materia di Trasparenza di Banca d’Italia). Infatti l’attribuzione di un diritto di recesso così confezionato rivela la indifferenza della polizza sulla pattuizione delle condizioni del prestito.
Alla luce delle considerazioni svolte può, quindi, delinearsi il seguente principio di diritto: ‘Premesso che in presenza di un contratto di finanziamento nel quale le parti hanno indicato come facoltativa la polizza assicurativa abbinata spetta al mutuatario dimostrare che essa rivesta invece carattere obbligatorio, quantomeno nel senso che la conclusione del contratto di assicurazione abbia costituito un requisito necessario per ottenere il credito alle condizioni concretamente offerte, è consentito al ricorrente assolvere l’onere della prova attraverso presunzioni gravi precise e concordanti desumibili dal concorso delle seguenti circostanze:
- che la polizza abbia funzione di copertura del credito;
- che vi sia connessione genetica e funzionale tra finanziamento e assicurazione, nel senso che i due contratti siano stati stipulati contestualmente e abbiano pari durata;
- che l’indennizzo sia stato parametrato al debito residuo.
Per contrastare il valore probatorio di tali presunzioni, ancor più rilevanti quando contraente e beneficiario sia stato lo stesso intermediario e a questo sia stata attribuita una significativa remunerazione per il collocamento della polizza, la resistente è tenuta a fornire elementi di prova di segno contrario attinenti alla fase di formazione del contratto, in particolare documentando, in via alternativa:
- di aver proposto al ricorrente una comparazione dei costi (e del TAEG) da cui risulti l’offerta delle stesse condizioni di finanziamento con o senza polizza;
- ovvero di avere offerto condizioni simili, senza la stipula della polizza, ad altri soggetti con il medesimo merito creditizio;
- ovvero che sia stato concesso al ricorrente il diritto di recesso dalla polizza, senza costi e senza riflessi sul costo del credito, per tutto il corso del finanziamento’.
Ciò chiarito, considerata la rilevanza delle questioni affrontate e la novità del principio di diritto sopra delineato e della distribuzione dell’onere probatorio in capo alle parti che ne consegue, il Xxxxxxxx ritiene opportuno rinviare ogni decisione nel merito al Collegio territoriale remittente, al fine di concedere all’intermediario resistente un termine per fornire gli indici di prova contraria secondo i criteri indicati.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio, previa enunciazione del principio di diritto di cui in motivazione, rinvia il procedimento al Collegio rimettente, per la decisione nel merito.
IL PRESIDENTE
firma 1