UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI VERONA DIPARTIMENTO DI SCIENZE GIURIDICHE
UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI VERONA DIPARTIMENTO DI SCIENZE GIURIDICHE
DOTTORATO DI RICERCA IN
DIRITTO PRIVATO EUROPEO DEI RAPPORTI PATRIMONIALI CIVILI E COM- MERCIALI
CICLO XXIV (2009)
TITOLO DELLA TESI DI DOTTORATO
Arbitraggio e iniquità della determinazione: criteri di valutazione e rimedi
S.S.D. IUS/01
Coordinatore: Prof. Xxxxxxx dalla Xxxxxxx
Tutor: Prof. Xxxxxxx dalla Xxxxxxx
Dottoranda: Dott.ssa Xxxxxxx Xxx Xxxxxxx
Indice sommario
L’arbitraggio: natura giuridica e tipi 7
1. Definizione dell‟arbitraggio e dell‟ambito di indagine 7
2. L‟origine storica dell‟istituto 10
3. Distinzione dell‟arbitraggio da figure affini 17
b. Arbitraggio e perizia contrattuale 21
4. L‟arbitraggio tra disciplina generale e speciale 24
a. Il rinvio all‟arbitrio altrui nei negozi mortis causa 26
b. La scelta della prestazione nelle obbligazioni alternative 27
c. La fissazione del prezzo quale particolare ipotesi di arbitraggio 28
d. La partecipazione di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite in una società semplice 31
5. Arbitraggio tra prestazione e oggetto del contratto 33
a. La prestazione di cui all‟art. 1349 cod. civ 33
6. La completezza del contratto cui accede l‟arbitraggio 38
a. Introduzione al problema 38
b. Differenti teorie a confronto 39
7. La fonte e la natura del rapporto tra le parti e l‟arbitratore 47
8. L‟incarico dell‟arbitratore 50
9. La natura della determinazione arbitrale 52
10. I criteri di giudizio del terzo tra mero arbitrio ed equo apprezzamento 56
11. Le condizioni generali della produzione 60
b. Una prospettiva comparatistica 63
L’arbitraggio nel sistema tedesco fra Unbilligkeit e Unrichtigkeit 71
1. La disciplina del BGB sull‟arbitraggio 71
2. Il riconoscimento giurisprudenziale dell‟arbitraggio in Germania 77
3. Arbitraggio (Schiedsgutachtenvertrag) ed arbitrato (Schiedsvertrag) 80
5. I presupposti della determinazione del terzo: l‟accordo fra le parti e l‟accordo
6. Le differenti tipologie di arbitraggio nel diritto tedesco 90
7. Lo Schiedsgutachten im weiteren e im engeren Sinn 90
a. Il vertragsergänzende Schiedsgutachten 92
b. Il rechtsabändernde Schiedsgutachten 95
c. Il feststellende Schiedsgutachten 97
8. La difformità della determinazione: Unrichtigkeit e Unbilligkeit 100
9. L‟Unrichtigkeit 102
10. L‟Unbilligkeit 106
11. La responsabilità dell‟arbitratore 111
12. L‟onere della prova di Unbilligkeit e Unrichtigkeit e l‟intervento del giudice 112
13. L‟arbitraggio di parte 115
x. Xxxxx generali 115
b. Contenuto e funzione 117
c. Offenbare Unbilligkeit 119
Capitolo terzo
L’iniquità nell’arbitraggio 121
1. Equità ed equo apprezzamento: la loro rilevanza nell‟arbitraggio 121
2. La Geschäftsgrundlage e l‟integrazione del negozio giuridico 124
3. Il problema dell‟equità come metro di giudizio 126
4. L‟equità quale criterio relazionale di interessi 129
5. La manifesta iniquità 130
6. Indici di iniquità 133
7. L‟iniquità nella giurisprudenza 138
x. Xxxx., 30 giugno 2005, n. 13954, e l‟equo apprezzamento 139
b. Un parametro oggettivo per la manifesta iniquità: la portata innovativa di
Cass., 30 dicembre 2004, n. 24183 141
c. Le azioni di rescissione: in particolare la rescissione per lesione ultra dimidium 144
d. Gli aspetti poco soddisfacenti della sentenza n. 24183 del 2004 147
8. Riflessioni sull‟Unbilligkeit quale metro di paragone dell‟iniquità 149
9. L‟iniquità tra Geschäftsgrundlage e risoluzione del contratto per eccessiva onerosità: un criterio di valutazione alternativo? 151
a. La relazione tra i §§ 319 e 313 BGB 152
b. Le circostanze dell‟art. 1467 cod. civ. quali Xxxxxxxx xxx § 000 XXX 156
c. L‟iniqua determinazione dell‟arbitratore quale circostanza imprevedibile ai
sensi dell‟art. 1467 cod. civ 159
d. Possibili punti di contatto fra „eccessiva onerosità‟ e „iniquità‟ 161
e. L‟alea contrattuale normale quale limite per la determinazione arbitrale 163
f. Il ruolo della riconduzione ad equità del contratto 165
Capitolo quarto
L’invalidità della determinazione del terzo: rimedi e intervento del giudice 171
1. In generale sull‟impugnazione della determinazione 171
2. Motivi invocabili nell‟arbitrium boni viri e nell‟arbitrium merum 174
3. Un‟ipotesi peculiare: la mancanza della determinazione del terzo 176
4. L‟intervento del giudice 180
a. In generale 180
b. La decisione del giudice: natura e profili processuali 181
5. Le azioni esperibili dai contraenti e dall‟arbitratore 187
6. Affinità tra arbitraggio e risoluzione del contratto anche sul piano rimediale? 192
a. Risoluzione per inadempimento: il rapporto giuridico fra i contraenti e il terzo 193
b. Risoluzione per eccessiva onerosità: il rapporto giuridico fra i contraenti 195
Conclusioni 199
Bibliografia 205
Introduzione
L‟analisi che ci si propone di effettuare è volta all‟approfondimento di alcuni profili peculiari dell‟arbitraggio, figura disciplinata dall‟art. 1349 cod. civ., ai sensi del quale i contraenti possono decidere di rimettere ad un arbitratore la determinazione della presta- zione contrattuale. Si tratta quindi di un intervento – successivo – avente natura integrativa dell‟assetto contrattuale stabilito dalle parti al momento della conclusione del contratto.
Il nostro ordinamento contiene una disciplina positiva a carattere generale del solo arbitraggio del terzo, quello, cioè, in cui l‟arbitratore sia un soggetto estraneo al rapporto contrattuale. Vi sono ordinamenti, invece, tra cui quello tedesco, che prevedono altresì l‟arbitraggio di parte, in cui il ruolo dell‟arbitratore sarà rivestito da uno dei due contraenti. Dalla lettura dell‟art. 1349 cod. civ. emerge che l‟arbitraggio può essere effettuato secondo due differenti criteri: equo apprezzamento ovvero mero arbitrio. Nel primo caso l‟arbitratore dovrà adottare la determinazione nel rispetto del principio di equità; nel se- condo avrà invece maggior libertà e discrezionalità di scelta, in virtù della particolare fidu- cia con cui i contraenti si rimettono al suo apprezzamento. Diverse saranno, nell‟una e
nell‟altra ipotesi, le conseguenze in caso di determinazione mancante o viziata.
Ciò premesso in merito alla portata della figura dell‟arbitraggio, la presente ricerca si concentrerà in particolare sull‟arbitraggio del terzo svolto secondo equo apprezzamento e sulle ipotesi in cui la determinazione arbitrale sia affetta da (manifesta) iniquità.
Si cercherà, infatti, di individuare quali siano i criteri cui la dottrina, e soprattutto la giurisprudenza, abbiano fatto riferimento per stabilire quando la determinazione dell‟arbitratore debba ritenersi manifestamente iniqua. Nel caso in cui tali parametri non risultassero soddisfacenti, si tenterà di verificare se sia possibile identificare un ulteriore criterio utile a stabilire quando si debba ritenere che la determinazione arbitrale integri un‟ipotesi di iniquità manifesta.
Dopo aver affrontato il profilo dei presupposti della determinazione dell‟arbitratore, nel prosieguo della ricerca si guarderà invece al sistema dei rimedi cui le parti possono at- tingere nell‟ipotesi in cui la determinazione sia difforme da quella prevista.
In entrambi i casi un importante ruolo sarà svolto dalla comparazione con l‟ordinamento giuridico tedesco, al quale sarà dedicato specifico approfondimento. Xxxxx
Capitolo primo
L’arbitraggio: natura giuridica e tipi
1. Definizione dell’arbitraggio e dell’ambito di indagine
L‟espressione „arbitraggio‟, sconosciuta al legislatore del codice civile italiano del 1942, è stata coniata da dottrina e giurisprudenza con riferimento alla fattispecie di cui all‟art. 1349 cod. civ., rubricato «Determinazione dell‟oggetto» e collocato alla fine del corpus normativo relativo, appunto, alla tematica dell‟oggetto del contratto.
Si intende per arbitraggio (o arbitramento1) quella figura giuridica che prende for- ma allorquando i contraenti si accordino nel senso di rimettere ad un soggetto terzo la de- terminazione della prestazione oggetto del contratto da loro concluso. Un intervento suc- cessivo ed esterno, quello dell‟arbitratore, funzionale a completare un accordo negoziale dal contenuto in parte ancora lacunoso2.
1 Come lo definisce Xxxxxxx in X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile, II, Padova, 2010, 236.
2 Quanto alla nozione e al contenuto essenziale della figura dell‟arbitraggio si leggano, per una vi- sione d‟insieme: X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, in Noviss. dig. it., I, Torino, 1958, 824; A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, in Enc. giur., Xxxx, 0000, 1 ss.; X. XXXXX, voce Arbitrio del terzo (disposizioni rimesse all‟), in Dig. disc. priv. - Sez. civ., I, Torino, 1989, 414 ss.; X. XXXXXXXXX, voce Arbitraggio, in Dig. disc. priv. - Sez. civ., Aggiornamento, I, Torino, 2003, 125 ss.; X. XXXX, voce Contratto incompleto, in Dig. disc. priv., - Sez. civ., Aggiornamento, I, Milano, 2007, 416; X. XXXXX, voce Determinatezza dell‟oggetto del contratto, in Dig. disc. priv. - Sez. civ., Milano, 2010, 529 ss. In particolare, fra le opere monografiche: X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio e arbitraggio, Milano, 1967, 40 ss.; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, Napoli, 1992, 1 ss.; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione dell‟oggetto del contratto, Napoli, 1995, 11 ss.; X. XXXXXXXX, Determinabilità e determinazione unilaterale del contratto, Napoli, 2005, 1 ss. Nonché i contributi di: X. XXXXXXX, Gli arbitratori nel diritto privato, in AUPA, XI, 1923, 6 ss.; X. XXXXXXXXXX, Arbitri e arbitratori, in Studi di dir. processuale, Padova, 1925, 53 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti in generale. art. 1321- 1352, in Commentario del cod. civ. Scialoja-Branca, a cura di X. Xxxxxxx, Bologna-Roma, 1970, 377; X. XXXXXX, In tema di arbitrato, arbitraggio, perizia contrattuale, in Riv. trim. proc. civ., 1983, 615; L. BI- GLIAZZI GERI-U. BRECCIA-F.D. BUSNELLI-X. XXXXXX, Diritto civile, 1.2, Torino, 1987, 695 ss.; X. XXXXXXX-
RI, Arbitrato e arbitraggio, in Riv. arb., 1993, 583 ss.; X. XXXX-X. XXXXXXX, Xxxxxxx e contenuto, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, Il contratto in generale, III, Torino, 1999, 369 ss.; X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I contratti in generale, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di X. Xxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000, 144 ss.; G. VILLA, La determinazione mediante arbitraggio, in Studium Iuris, 2001, 850 ss.; E. GA- BRIELLI, Contratto completo e clausola di arbitraggio, in Riv. dir. civ., 2001, II, 291 ss.; ID., Il contratto di arbitraggio, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxxxxx ed X. Xxxxxxxxx, I contratti di composizione delle liti, II, Milano, 2005, 1143 ss.; ID., Il contenuto e l‟oggetto, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxxxxx ed X. Xxxxxxxxx, I contratti in generale, I, Milano, 2006, 813 s.; X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, in Trattato del contratto, diretto da X. Xxxxx, XX, Xxxxxx, 0000, 35 ss.; X. XXXXXXX, Trattato, cit., 236 ss. Fra i com- menti all‟art. 1349 cod. civ. si vedano: X. XXXXXXX, in Commentario al codice civile, diretto da X. Xxxxxx, IV, sub art. 1349, Torino, 2001, 547 ss.; M.B. CHITO, in Codice civile, a cura di X. Xxxxxxxx, X, Xxxxxx, 0000, 2472 ss.; X. XXXXXXXXX, in Codice civile annotato con la dottrina e la giurisprudenza, a cura di P. Perlingie- ri, Napoli, 2010, 587 ss.; X. XXXXXXXX, in Commentario breve al codice civile, a cura di X. Xxxx-X. Xxxxxxxxx, sub art. 1349, Padova, 2011, 1416 ss. Per uno sguardo comparatistico è interessante la panoramica
Molteplici possono essere le ragioni che spingono le parti a ricorrere a tale strumen- to giuridico. In generale può dirsi che esso presuppone la mancanza, in capo ai contraenti, delle informazioni necessarie ai fini della fissazione definitiva del regolamento contrattuale ovvero la difficoltà di trovare un accordo su alcuni punti dello stesso3.
L„integrazione successiva di un contratto incompleto può manifestarsi sotto varie forme4. Essa può infatti consistere in un successivo accordo di entrambi i contraenti ovvero in una loro determinazione unilaterale (il cosiddetto arbitraggio di parte, figura – come si
fornita da W.-J., HABSCHEID, Das Schiedsgutachten als Mittel der Streitentscheidung und der Streitvorbeu- gung, in Festschrift für Xxxxxxxx Xxxxxx zum 65. Geburtstag, Wien, 1986, 189 ss.
Fra le pronunce giurisprudenziali di maggior rilievo sull‟inquadramento dell‟arbitraggio si eviden- ziano, a partire dalle più recenti: Cass., sez. lav., 16 maggio 1998, n. 4931, in Mass. Giust. civ., 1998, 1055, la quale così recita « […] un'ipotesi di arbitraggio, con il quale le parti demandano ad un terzo (la Commis- sione paritetica) di determinare, in loro sostituzione, uno o più contenuti del contratto già concluso. In tal modo l'arbitratore, con la propria autonoma attività dispositiva, concorre all'integrazione ed alla formazione del contenuto del contratto. Tale attività di natura negoziale dell'arbitratore è espressamente regolata dall'art. 1349 il quale distingue due sottospecie di arbitraggio, a seconda che la determinazione integrativa del conte- nuto contrattuale sia rimessa all'"arbitrium merum" del terzo, ovvero all'"arbitrium boni viri" del medesimo, con la differenza, chiaramente sottolineata dalla norma del codice, che nel primo caso la determinazione è impugnabile soltanto provando la mala fede dell'arbitratore (art. 1349, c.2. c.c.), mentre nel secondo caso la determinazione è sindacabile se essa è "manifestamente iniqua o erronea" (art. 1349, c. 1 c.c.)»; Cass., sez. un., 28 luglio 1995, n. 8289, in Mass. Giust. civ., 1995, 1445, la quale afferma che «mentre nell'arbitrato le parti demandano agli arbitri il compito di risolvere divergenze insorte in ordine ad un rapporto, precostituito in tutti i suoi elementi, mediante l'esplicazione di una funzione essenzialmente giurisdizionale, in guisa che la decisione sia destinata ad acquistare efficacia simile a quella della sentenza del giudice (arbitrato rituale) op- pure mediante la formazione, sul piano negoziale, di un nuovo rapporto riconducibile esclusivamente alla vo- lontà dei mandanti, senza l'osservanza, per la natura non contenziosa dell'incarico, delle norme contenute ne- gli artt. 806 e segg. c.p.c. (arbitrato c.d. libero), nell'arbitraggio invece le parti demandano ad altro soggetto la determinazione, in loro vece, del contenuto di un contratto già concluso ma non completo, per modo che l'ar- bitratore, con la propria attività volitiva ed autonoma, concorre all'integrazione ed alla formazione del conte- nuto del negozio stesso (così, tra le altre, sentenza 29 aprile 1983 n. 2949 di questa Corte)»; ancora, Xxxx., 30 gennaio 1992, n. 952, in Mass. Giust. civ., 1992, 2180, secondo la quale «[…] secondo il consolidato orien- tamento di questa Corte (v., tra altre, cass. sent. n.. 4364–83), ricorre l'arbitraggio quando le parti affidano a terzi arbitratori l'incarico, non di risolvere una controversia nascente da un rapporto preesistente e perfetto, ma di determinare, in un negozio giuridico in via di perfezionamento, un elemento che le parti stesse non hanno voluto o potuto determinare, sicché gli arbitratori non dirimono liti nè definiscono transattivamente controversie, ma concorrono con le parti alla formazione del negozio, determinandone in parte il contenuto»; nonchè Cass., sez. un., 11 febbraio 1987, n. 1463, in Foro it., 1987, I, 1047, dove si legge che «quanto alla nozione di arbitraggio, questa Corte (Cass. 29 aprile 1983 n. 2949) ha precisato che esso ricorre quando le parti conferiscono ad un terzo (arbitratore) l'incarico di determinare, di regola secondo equità, uno degli ele- menti del negozio in formazione, non ancora perfezionato per la mancanza di quell'elemento, cioè l'incarico di svolgere un'attività da cui esula qualsiasi contenuto decisorio su questioni controverse, laddove con l'arbi- trato rituale e con quello irrituale le parti tendono a conseguire, quali protagoniste di un conflitto, un giudizio decisorio sullo stesso. Si deve soggiungere che il completamento della fattispecie, compito proprio dell'arbi- tratore, può riguardare anche gli atti unilaterali (Cass. 18 maggio 1967 n. 1039) e concernere un elemento i- nerente allo sviluppo della fattispecie nel rapporto successivo alla sua costituzione (Cass. 4 marzo 1968 n. 700)». Si leggano, quindi: Cass., 30 giugno 2005, n. 13954, in Foro it., 2006, I, 482; Trib. Bergamo, 18 mag-
gio 2005, in Giur. merito, 2005, 12, 2587; Cass., 25 giugno 1983, n. 4364, in Rep. Foro it., 1983, voce «Ar- bitrato», n. 121; Cass., 29 aprile 1983, n. 2949, in Rep. Foro it., 1983, voce «Contratto in genere», n. 164; Cass., 11 febbraio 1976, n. 446, in Rep. Foro it., 1976, voce «Arbitrato», n. 17; Cass., 6 aprile 1973, n. 961, in Rep. Foro it., 1973, voce «Arbitrato», n. 14; Cass., 23 settembre 1964, n. 2404, in Rep. Foro it., 1964, vo- ce «Arbitrato», n. 36.
3 X. XXXX, voce Contratto incompleto, cit., 416.
4 La problematica della (in)completezza del contratto di arbitraggio verrà approfondita infra, § 6.
vedrà – discussa nel nostro ordinamento). L‟integrazione può poi realizzarsi – come si è accennato – tramite una determinazione proveniente da un terzo, a tal fine incaricato dalle parti; oppure, ancora, può esser fatta oggetto di una clausola di adeguamento rimessa ad una delle due parti o attributiva, all‟una, di uno ius variandi e, all‟altra, di un diritto di re- cesso.
Con specifico riguardo al nostro ordinamento, in virtù dell‟ampia libertà negoziale e delle varie possibilità riconosciute ai contraenti, questi possono concludere un contratto predeterminandone già dall‟inizio il relativo oggetto in modo completo, ovvero ricorrere all‟arbitraggio e deferire ad un terzo soggetto la determinazione di uno o più elementi ne- goziali (si vedrà a breve in che termini tali „elementi‟ vadano intesi), statuizione, questa, che si collocherà – insieme al relativo completamento del contratto – in un momento suc- cessivo a quello della sua conclusione.
È stato affermato che dalla lettura dell‟art. 1349 cod. civ. emergerebbe, quale figura emblematica di determinabilità, quella di tipo volontario, in cui l‟atto di integrazione suc- cessiva è rimesso all‟opera di un terzo. Da questa si distinguerebbe invece il rinvio (espres- so o tacito) ad un indice determinativo esterno, diverso dall‟atto del terzo. In tal caso, se il rinvio è contenuto in una regola legale interpretativa o suppletiva della volontà delle parti, ci si trova in una zona di confine fra determinazione per volontà delle parti e in forza di legge5.
Interessante è l‟osservazione di chi, precisando che il tema su cui si innesta l‟arbitraggio è quello della (in)determinatezza del contratto, ricorda che vi sono state occa- sioni in cui si è fatta confusione tra la determinatezza ed altri aspetti del contratto, quale ad esempio l‟aleatorietà. Con particolare riguardo alla fideiussione omnibus, figura la cui ammissibilità è sempre stata molto discussa, soprattutto prima della riforma introdotta dalla
l. 17.2.1992 n. 154 che ha fissato un tetto massimo di responsabilità del garante, ne veniva negata l‟ammissibilità in quanto avrebbe avuto un contenuto indeterminato. In realtà è sta- to giustamente osservato che il vero problema della ammissibilità della fideiussione omni- bus non concerneva l‟indeterminatezza del suo contenuto – cioè la mancata fissazione dell‟importo esatto cui era tenuto il garante – bensì l‟assenza di un tetto massimo di re- sponsabilità. Si tratta di una questione – quella dell‟alea contrattuale – ben distinta da
5 X. XXXXX, voce Determinatezza dell‟oggetto, cit., 530.
quella della determinatezza del rapporto, in quanto i due concetti concernono evidentemen- te piani diversi6.
Nel prosieguo si cercherà di chiarire nozione, struttura giuridica e funzione dell‟arbitraggio – anche tramite il confronto con figure ad esso affini – e ci si concentrerà sull‟individuazione dei criteri sulla base dei quali, una volta affidata al terzo la determina- zione dell‟oggetto del contratto secondo equo apprezzamento, essa debba considerarsi ini- qua e di quali siano perciò i rimedi che l‟ordinamento appresta all‟uopo.
2. L’origine storica dell’istituto
Già i giuristi dell‟epoca romana classica discutevano circa l‟ammissibilità di una fi- gura assimilabile al moderno arbitraggio e anche la romanistica ha successivamente con- dotto molteplici studi e ricerche con riguardo a tale problematica.
Non è questa la sede idonea per occuparsene in modo approfondito, ma si ritiene comunque opportuno un breve cenno alle origini per sottolineare fin da subito come già al- lora si possa rinvenire una contrapposizione fra l‟arbitrium boni viri e l‟arbitrium merum di una persona determinata7. Ci si chiede, quindi, in che modo la questione della natura della determinazione del terzo in termini di soggettività ed equità abbia caratterizzato l‟istituto dell‟arbitraggio fin dalle sue radici storiche, rendendo opportuno rinvenirne e ri- percorrerne le tracce per comprendere perché e in che modo si siano sviluppati determinati criteri valutativi e di apprezzamento.
Come infatti narra Xxxx, le due famose scuole di diritto, quella sabiniana e quella proculiana, si confrontavano sul punto se fosse possibile deferire ad un terzo la determina- zione del prezzo in alcuni contratti, in particolare nella compravendita e nella locazione8.
6 X. XXXXX, voce Determinatezza dell‟oggetto, cit., 530.
7 X. XXXXX, voce Arbitrio del terzo, cit., 415.
8 In Gai Institutiones, III. 140: «Pretium autem certum esse debet. Nam alioquin si ita inter nos convenerit, ut quanti Xxxxxx rem aestimaverit, tanti sit empta, Xxxxx negavit ullam vim hoc negotium habere; cuius opinionem Xxxxxxx probat. Xxxxxxx et eam emptionem et venditionem esse putavit; cuius opinionem Proculus secutus est» (trad: Il prezzo, poi, deve essere certo. Xxxxxxx, infatti, negò qualsiasi valore a una convenzione intervenuta tra di noi secondo la quale la cosa sarebbe stata comprata al prezzo stabilito da Ti- zio; e Xxxxxx approva la sua opinione. Ma Xxxxxx, seguito da Xxxxxxx, sostiene che anche quella è compraven- dita); nonché in Gai Institutiones, III. 143: «Unde si alieno arbitrio merces permissa sit, velut quanti Titius aestimaverit, quaeritur, an locatio et conductio contrahatur. Qua de causa si fulloni polienda curandave, sar- cinatori sarcienda vestimenta dederim nulla statim mercede constituta, postea tantum daturus, quanti inter nos convenerit, quaeritur, an locatio et conductio contrahatur» (trad: Ci si chiede, pertanto, se sussista locazione conduzione allorché la valutazione del canone sia rimessa a un terzo, ad esempio alla stima di Xxxxx. Per lo stesso motivo, ci si chiede se vi sia locazione conduzione allorché io abbia consegnato delle vesti a un tintore
Pare che, mentre i Xxxxxxxxx sostenevano che l‟inserimento di tale previsione a- vrebbe comportato la nullità del contratto, i Xxxxxxxxxx lo ritenessero invece ammissibile a condizione che il terzo indicato provvedesse poi effettivamente alla determinazione del prezzo9.
Con riferimento in particolare alle possibili forme di arbitraggio esistenti, nonché al rapporto tra questo e l‟arbitrato, è opportuno considerare alcuni passi dei giuristi Xxxxxxx, Xxxxx e Xxxxx.
Un noto frammento di Xxxxxxx è stato diversamente interpretato quanto alla veste giuridica da attribuire all‟intervento del terzo, comune amico delle parti, dalle quali abbia ricevuto l‟incarico di determinare le quote di partecipazione delle stesse nei profitti e nelle perdite10.
L‟opinione maggioritaria sostiene che Xxxxxxx, con l‟espressione «arbitrorum enim genera sunt duo […]» avrebbe inteso che l‟arbitraggio si sarebbe articolato in due tipolo- gie11. Da un lato vi sarebbe stato il cosiddetto arbitrium boni viri, in cui l‟arbitratore nell‟assumere la determinazione era tenuto a rispettare in modo rigoroso i parametri dell‟equità e della diligenza di giudizio; dall‟altro l‟arbitrium merum, in cui le parti si ri-
perché le lavasse o le rimettesse a nuovo, o a un sarto perché le rammendasse, senza che sia stato fissato un compenso, intendendosi che avrei pagato quanto avessimo concordato in un secondo momento).
9 Per approfondimenti sul tema dell‟arbitraggio in diritto romano si vedano in particolare: M. RICCA- BARBERIS, L‟apprezzamento del terzo come indice di prestazione nel negozio giuridico, in Arch. giur., LXX, 1903, 60 ss.; X. XXXXXXXXX, Arbitrium merum e arbitrium boni, in Xxx. xxx. xxxx., 0000, XX, 000 xx; G. SCA- DUTO, Gli arbitratori, cit., 24 ss.; X. XXXXXXXXX, voce Arbitro e arbitratore (Diritto romano), in Noviss. dig. it., I, Torino, 1958, 925 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 40 s. e 56 ss.; X. XXXXXXXXX, Arbi- traggio e determinazione, cit., 34 ss.; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 9 ss.; X. XXXXX, La dottrina di Xxxxxxx e quella di Xxxxx in materia di arbitraggio, in Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxx, III, Torino, 1970, 479 ss.; ID., voce Arbitrio del terzo, cit., 416; X. XXXXXXX-XXXX, La società in diritto romano, Napoli, 1982, 111 ss.;
X. XXXXXXXXX, voce Arbitro e arbitratore, cit., 927 ss.; X. XXXXXXXXXX, The Law of Obligations, Cape Town–Xxxxxx–Xxxxxxxxxxxx, 0000, 253 ss.; X. XXXXXXXX, Arbitrato ed arbitraggio nel diritto romano clas- sico tra diritto ed equità, in Riv. dell‟arbitrato, 2007, 377 ss.
10 Si tratta di D. 17.2.76 (Proc. 5. epist.): «Societatem mecum coisti ea condicione, ut nerva amicus communis partes societatis constitueret: nerva constituit, ut tu ex triente socius esses, ego ex xxxxx: quaeris, utrum ratum id iure societatis sit an nihilo minus ex aequis partibus socii simus. existimo autem xxxxxx te quaesiturum fuisse, utrum ex his partibus socii essemus quas is constituisset, an ex his quas virum bonum constituere oportuisset. arbitrorum enim genera sunt duo, unum eiusmodi, ut sive aequum sit sive iniquum, parere debeamus (quod observatur, cum ex compromisso ad arbitrum itum est), alterum eiusmodi, ut ad boni viri arbitrium redigi debeat, etsi nominatim persona sit comprehensa, cuius arbitratu fiat». Inoltre, con riferi- mento all‟arbitraggio del terzo in ambito societario si veda anche D. 17.2.78 (Proc. 5. epist.): «In proposita autem quaestione arbitrium viri boni existimo sequendum esse, eo magis quod iudicium pro socio bonae fidei est».
00 X. XXXXXXX-XXXX, Xx società, cit., 111 ss.; X. XXXXX-X. XXXXXX, Xxx xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 182; X. XXXXXX, Obbligazioni - Contenuto e requisiti della prestazione - Obbligazioni al- ternative e generiche, Torino, 1966, 99 ss.; e così lo stesso X. XXXXX, La dottrina di Xxxxxxx, cit., 484.
mettevano – in virtù della fiducia che riponevano nel terzo – ad una sua decisione più pret- tamente „soggettiva‟ lasciata, appunto, al suo mero arbitrio12.
In caso fosse dubbio se i contraenti avessero optato per l‟una o l‟altra delle due mo- dalità, dalla lettura dei frammenti che si occupano del tema emerge che nel diritto romano classico l‟arbitraggio dovesse essere inteso come arbitrium boni viri. Da tale assunto vi è chi trae la conclusione che ciò si verificasse nelle ipotesi in cui al terzo fosse deferita la de- terminazione di elementi non essenziali, accessori del negozio13.
Altri autori hanno per contro sostenuto che il binomio cui avrebbe fatto riferimento Xxxxxxx non sarebbe stato ai due tipi di arbitraggio, bensì all‟istituto dell‟arbitraggio, da un lato, e a quello dell‟arbitrato, dall‟altro. Infatti proprio in ragione di un‟inserzione ritenuta frutto di interpolazione successiva, il riferimento di Xxxxxxx all‟arbitraggio di una persona determinata ha fatto ritenere che si trattasse, nel caso specifico, di arbitrato14.
Se può dunque presumersi con una certa sicurezza che la duplice classificazione dell‟arbitraggio fosse ben nota a Xxxxxxx, il quale riconosceva all‟autonomia negoziale la facoltà di scelta fra l‟una e l‟altra tipologia, può essere utile a completamento del quadro finora tracciato ricordare in proposito l‟opinione di altri due giuristi: Xxxxx e Xxxxx.
Xxxxx si occupa dell‟ipotesi in cui la costituzione della società venga fatta dipendere dalla determinazione – relativa al contratto stesso – di un arbitratore, il quale muoia prima di effettuarla. La conseguenza, dice il giurista, è la mancata nascita della società stessa15. Si è ritenuto che Xxxxx, di scuola proculiana, seguisse l‟orientamento del proprio caposcuola sia nel ritenere esistenti due tipi di arbitraggio, sia nel concludere che, per individuare se
12 A tal proposito, da un punto di vista prettamente terminologico osserva il Gallo (in La dottrina di Xxxxxxx, cit., 526) che sarebbe più corretto connotare il secondo dei due tipi di arbitraggio, piuttosto che co- me arbitrium merum, quale «arbitrium di una persona determinata».
13 In questo senso si esprime X. XXXXXXXXX, Arbitrium merum, cit., 371. Di opinione contraria è, fra gli altri, X.-X. XXXXXX, Die Bestimmung der Leistung durch den Vertragspartner oder Dritte (§§ 315 bis 319 BGB) unter besonderer Berücksichtigung der Rechtsprechung und Lehre des 19. Jahrhunderts, Frankfurt a. M., 1979, 48 s.
14 Si veda, per tutti: X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 28; X. XXXXX, La dottrina di Xxxxxxx, cit., 517; nonchè H.-X. XXXXXX, Die Bestimmung der Leistung, cit., 48 s., il quale ritiene in particolare che Procu- lo parlando dei due genera arbitrorum non facesse riferimento a due distinte forme di arbitraggio, bensì, da un lato, all‟arbitraggio, e, dall‟altro, all‟arbitrato. Questo perché in diritto romano il termine arbiter indicava infatti non solo il terzo cui veniva attribuito il compito di dirimere una controversia (che ci riporta al nostro arbitro, lo Schiedsrichter tedesco) ma altresì il terzo incaricato di una determinazione integrativa del contratto concluso dalle parti (l‟arbitratore di cui al nostro art. 1349 cod. civ., lo Schiedsgutachter).
15 D. 17.2.75 (Cels. 15 dig.): «Si coita sit societas ex his partibus, quas Xxxxxx xxxxxxxxxx fuerit, si Ti- tius antequam arbitraretur decesserit, nihil agitur: nam id ipsum actum est, ne aliter societas sit, quam ut Ti- tius arbitrates sit».
nel caso concreto si trattasse dell‟uno ovvero dell‟altro tipo, si dovesse guardare alla volon- tà dei contraenti16.
Il frammento di Xxxxxxx esaminato poco fa si inserisce tra due frammenti di Xxxxx, i quali tuttavia non costituiscono la fonte più attendibile per verificare il pensiero del giurista in materia di arbitraggio poiché, pur trattando il tema, sono oggetto di forti dubbi di auten- ticità ed interpretativi17.
Un altro frammento, sempre di Xxxxx ma collocato in un diverso libro, è invece uti- le alle nostre riflessioni in quanto affronta il tema della valutazione della conformità di un‟opera demandata al committente della stessa18. Qui emerge la diversa presa di posizio- ne, rispetto a Xxxxxxx, in punto di arbitraggio: Xxxxx infatti afferma che il criterio cui deve farsi riferimento per quanto concerne la valutazione della conformità dell‟opera – sia que- sta demandata al committente o ad un terzo – è quello dell‟arbitrium boni viri.
Dalle teorizzazioni di Xxxxxxx e Xxxxx emergevano due diverse tipologie di arbi- traggio e i due giuristi a seconda dei casi specifici optavano, appunto, per l‟arbitrium boni viri ovvero per l‟arbitrium di persona determinata.
Xxxxx, invece, sembra considerare esclusivamente l‟arbitraggio secondo equo ap- prezzamento: la volontà delle parti, nella sua visione, non ha più un ruolo rilevante quanto alla scelta del parametro di giudizio da adottare, ma è la buona fede stessa che, nei iudicia bonae fidei, richiede che il criterio di valutazione dell‟arbitratore sia quello del bonus vir19. La circostanza, dunque, che ogni richiamo all‟arbitraggio dovesse essere chiarito alla luce dei parametri dell‟arbitrium boni viri aveva come conseguenza il fatto che nel caso in cui, per qualsiasi ragione, fosse mancata la determinazione del terzo, il contratto sarebbe co- munque rimasto in piedi perché interpretato secondo il principio di buona fede e quindi opportunamente integrato20.
16 Diversamente, come si vedrà a breve, dall‟impostazione che si sarebbe poi affermata in età post- classica con Xxxxxxxxxxx. Così X. XXXXX, La dottrina di Xxxxxxx, cit., 511 s.
17 Si tratta di: D. 17.2.77 (Xxxx. 4 quaest.): « (veluti cum lege locationis comprehensum est, ut opus arbitrio locatoris fiat)»; e di D. 17.2.79 (Xxxx. 4 quaest.): «Unde si Nervae arbitrium ita pravum est, ut mani- festa iniquitas eius appareat, corrigi potest per iudicium bonae fidei». Sui diversi profili interpretativi si veda, per tutti, X. XXXXX, La dottrina di Xxxxxxx, cit., 495 s.
18 D. 19.2.24 pr. (Xxxx. 34 ad ed.): «Si in lege locationis comprehensum sit, ut arbitratu domini opus adprobetur, perinde habetur, ac si viri boni arbitrium comprehensum fuisset, idemque servatur, si alterius cuiuslibet arbitrium comprehensum sit: nam fides bona exigit, ut arbitrium tale praestetur, quale viro bono convenit».
19 Nei negozi che invece non davano luogo a giudizi di buona xxxx Xxxxx ammetteva anche l‟arbitraggio di una persona determinata. Si vedano: X. XXXXX, voce Arbitrio del terzo, cit., 417; ID., La dot- trina di Proculo, cit., 538 s.; X. XXXXXXXX, Arbitrato ed arbitraggio, cit. 383 s.
20 X. XXXXX, La dottrina di Xxxxxxx, cit., 539.
In epoca post-classica un‟importante funzione chiarificatrice è stata svolta da una costituzione emanata dall‟imperatore Xxxxxxxxxxx nel 531 d.C. Essa pur facendo riferimen- to, nel paragrafo iniziale, al contratto di compravendita, in quello finale estendeva la sua portata anche al contratto di locazione21.
Tale costituzione – pur variamente interpretata22 – viene intesa dall‟opinione mag- gioritaria nel senso che nei contratti di vendita e locazione fosse ammissibile il deferimento ad un terzo della determinazione del prezzo, da intendersi necessariamente quale rimessio- ne all‟arbitrium personale del soggetto designato23. Non era quindi possibile per le parti porre restrizioni di sorta all‟incarico dell‟arbitratore: la fissazione del prezzo era sempre valida ed inoppugnabile, tanto se ai contraenti fosse parsa equa, quanto iniqua24.
Pare infatti che Xxxxxxxxxxx avesse voluto stabilire che l‟arbitraggio dovesse essere sempre inteso come obbligatorio, quindi accettato dalle parti qualsiasi fosse l‟esito cui conduceva, e ciò in virtù della fiducia che le stesse avevano riposto nell‟attività del terzo. Ed è in questo senso ed in tale contesto, quindi, che era utilizzata l‟espressione arbitrium merum: nel senso di determinazione dovuta, con la conseguenza che la mancanza della stessa avrebbe comportato la nullità del contratto, non essendo prevista la possibilità di ri- correre in via sostitutiva ad un terzo soggetto ovvero al giudice25.
Xxxxxxxxxxx rifiutò quindi l‟insegnamento dei giuristi classici Proculo e Xxxxx dove essi riconoscevano alla volontà delle parti un ruolo cardine nell‟individuazione del tipo di arbitraggio che l‟arbitratore era chiamato a svolgere e, quindi, della natura della relativa determinazione. Si ritiene piuttosto che l‟efficacia del contratto fosse considerata sospensi- vamente condizionata alla determinazione del terzo e che il negozio sarebbe stato inficiato da nullità solo nell‟ipotesi in cui l‟arbitratore non avesse svolto il suo incarico26.
Già si è detto e ancora si dirà circa l‟origine della dicotomia arbitrium merum – ar- bitrium boni viri. Appare condivisibile l‟impostazione secondo la quale tale duplicità deb- ba essere intesa non come il risultato di una netta contrapposizione fra rimessione al mero capriccio dell‟arbitratore e giudizio ponderato, bensì come una gradazione. L‟arbitrium
21 Si tratta di C. 4.38.15.1.
22 Per un‟illustrazione completa delle teorie in proposito: M. RICCA-BARBERIS, L‟apprezzamento del terzo, cit., 60 ss.
23 X. XXXXX, voce Arbitrio del terzo, cit., 416.
24 M. RICCA-BARBERIS, L‟apprezzamento del terzo, cit., 80; X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 36.
25 Così X. XXXXXXXXX, Arbitrium merum, cit., 372 s.; X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 40; X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 38 s.
26 X. XXXXXXXXX, voce Arbitro e arbitratore, cit., 927 s.
xxxxx sottintende una fiducia delle parti nell‟attività determinativa del terzo, in ragione della quale esse rinunciano alla possibilità di qualsivoglia rettifica o impugnazione della statuizione. Nell‟arbitrium boni viri, invece, i contraenti si accordano nel senso di sottosta- re alla determinazione del terzo solo in quanto essa si riveli corrispondente ad equità: di- versamente essi disporranno di strumenti e rimedi riparatori ad hoc27.
Mentre si può affermare che il diritto romano conoscesse la distinzione sostanziale tra arbitro ed arbitratore, a ciò non corrispondeva tuttavia anche una netta differenziazione terminologica. Vale a dire che i romani non utilizzavano il termine arbitrator – espressione coniata solo durante il diritto intermedio – in contrapposizione a quella di arbiter28. In epo- ca medievale i due termini erano presumibilmente utilizzati per indicare la distinzione fra gli attuali arbitrato irrituale o libero ed arbitrato rituale, in ragione di una certa confusione che si era creata fra le due figure. È infatti opportuno essere cauti nel discorrere di arbitrato nel periodo del diritto intermedio poiché si tratta di un‟espressione dal significato non uni- voco29.
Ragioni storiche – in particolare l‟influenza che i popoli germanici ebbero sulla so- cietà e l‟ordinamento giuridico romani, con cui vennero in contatto – condussero alla na- scita di una figura alternativa a quella del giudice ordinario: si trattava di un privato cui le parti demandavano il compito di comporre le liti tramite l‟applicazione delle leggi e con- suetudini germaniche. Si è soliti ritenere dunque che nel diritto intermedio con il termine arbitrator si facesse riferimento all‟arbitro libero, il quale giudicava secondo equità e sen- za processo. Infatti proprio in quel periodo si sviluppò sia la figura dell‟arbitro rituale che quella dell‟arbitro libero, inteso quale amichevole compositore di controversie e, appunto, inizialmente confuso con l‟arbitratore30. Nel XII secolo d.C. in Italia venne in uso il giudi- zio arbitrale, come mezzo di risoluzione alternativa delle controversie più veloce rispetto al procedimento ordinario. Fu così introdotta la figura dell‟ʽarbitrato obbligatorio‟, il ricorso
27 X. XXXXXXXXX, Arbitrium merum, cit., 373 s.
28 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 28, nt. 2; X. XXXXXXXXX, voce Arbitro e arbitratore, cit., 927; X. XXXX, L‟arbitrato, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxxx, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1991, 364.
29 Più approfonditamente F.K. SAVIGNY, Geschichte des Römischen Rechts im Mittelalter, Xxxxxx- xxxx, 1850, V, 542 ss. e 582 ss.
30 X. XXXXXXX, voce Arbitro e arbitratore (diritto intermedio), in Noviss. dig. it., I, Torino, 1958, 929; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 39 ss.; X. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme des Schiedsgutachtenvertrages, Xxxx, 0000, 151 ss. Non così, invece, nell‟ordinamento tedesco, il quale fa un‟applicazione molto limitata dell‟arbitrato irrituale data l‟ampiezza che per converso caratterizza l‟istituto dell‟arbitrato, come emerge da: X. XXXXXXXXX, Arbitri ed arbitratori, in Studi in tema di contratti, Milano, 1952, 207; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 65, nt. 93.
al quale veniva imposto dagli statuti in determinate materie nelle quali era escluso il ricor- so al giudizio ordinario31.
Invero la distinzione fra arbitrato rituale ed irrituale, su cui ci si soffermerà meglio in seguito, riposa sul fatto che, sebbene entrambi i soggetti incaricati dalle parti svolgano la propria attività sul presupposto di una controversia tra loro esistente, mentre il primo, al pari di un giudice, emette un verdetto paragonabile ad una sentenza, l‟altro svolge un‟attività di carattere prettamente negoziale32.
Da questi si differenzia invece l‟arbitratore, il quale svolge funzioni di carattere so- stanziale e non, invece, processuale, in quanto interviene sulla determinazione dell‟oggetto stesso del contratto.
Fu con grande probabilità solo con la Pandettistica e con la riscoperta dei classici che il termine arbitrator assunse la moderna accezione di arbitratore33. Si volle così evi- denziare la concreta possibilità per i contraenti di ricorrere ad un terzo per una specifica- zione successiva dell‟oggetto del contratto, nonchè la loro libertà di scegliere se rimettere la determinazione al terzo affinchè decida secondo equo apprezzamento ovvero libero arbi- trio: il tutto, dunque, nella consapevolezza della necessità di fornire una regolamentazione generale della materia.
Tali riflessioni sono state fatte proprie dalle codificazioni moderne, tra cui quella tedesca e quella italiana del 194234.
Il legislatore italiano del 1865, invece, non inserì una disciplina generale del feno- meno dell‟arbitraggio, contemplando solamente alcune specifiche disposizioni, quali: l‟art. 1474 cod. civ. sulla determinazione del prezzo nella vendita; l‟art. 832 cod. civ. sull‟individuazione del beneficiario nelle disposizioni a favore dei poveri; l‟art. 1718 cod. civ. che, in materia societaria, consentiva la determinazione della parte con cui ciascun so- cio partecipava a guadagni e perdite. Fu poi la prassi che estese l‟ambito applicativo dell‟arbitraggio anche ad altre fattispecie, fatti salvi gli espliciti divieti di volta in volta po- sti dalla legge e sulla base di esigenze differenti. Così nel diritto del lavoro, delle assicura-
31 Per maggiori approfondimenti X. XXXXXXX, Arbitro e arbitratore, cit., 928.
32 Si ritornerà in modo approfondito sulla distinzione tra arbitrato irrituale e rituale infra, § 3 a).
33 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 42 ss.
34 X. XXXXX, voce Arbitrio del terzo, cit., 417 s.
zioni, dei trasporti e, in via estensiva, con riguardo ad ulteriori tipi negoziali (ad esempio con riferimento alla determinazione dell‟affitto nel contratto di locazione)35.
3. Distinzione dell’arbitraggio da figure affini
L‟autonomia e la libertà negoziale che l‟ordinamento ha riservato alle parti contrat- tuali hanno consentito a queste ultime di elaborare strumenti contrattuali nuovi per far fronte ad esigenze ed interessi specifici di cui esse siano portatrici e che vogliano far vale- re.
L‟arbitraggio costituisce appunto un mezzo alternativo di cui i contraenti dispongo- no per plasmare secondo le proprie esigenze il contenuto dei loro rapporti giuridici, in mo- do difforme dall‟iter consueto, ma raggiungendo comunque i propri scopi negoziali.
Soprattutto in passato – ma sotto alcuni profili la discussione è ancora molto viva – si è sviluppato un grande dibattito circa le differenze esistenti fra arbitraggio e figure ad es- so ritenute affini, in modo da verificare se, ed in che termini, fosse possibile tracciare una linea di confine fra il primo e le seconde36.
Un approfondito studio critico della questione non può ovviamente prescindere da un‟analisi che chiarisca la natura stessa dell‟arbitraggio e le diverse opinioni formulate in proposito37. Per ora basti dar conto delle problematiche di maggior rilievo con riferimento alla distinzione dell‟arbitraggio da altre figure.
a. Arbitraggio e arbitrato
Foriera di grande dibattito è sempre stata l‟annosa questione concernente il rapporto fra arbitraggio ed arbitrato (in particolare quello irrituale o libero)38. Ad oggi, tuttavia, le due figure appaiono ormai possedere confini ben definiti e sono perciò distinguibili senza particolari difficoltà.
35 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 43 s.; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 14 s.; X. XXXXXXXXX, Il contratto di arbitraggio, cit., 1144; X. XXXXXXXXX, Xxxxxxx ed arbitratori, cit., 218; M. VASET- TI, voce Arbitraggio, cit., 825.
36 X. XXXXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 125 ss; X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, cit., 36 ss.
37 Si veda, a questo proposito, infra, § 3.
38 X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 826 ss; G. VILLA, La determinazione, cit., 851 ss.; X. XXXXXX,
L‟arbitraggio, cit., 207 ss.
L‟arbitraggio consiste infatti, come si è detto, nella determinazione di un elemento del rapporto contrattuale in assenza di una controversia fra le parti, mentre l‟arbitrato costi- tuisce un mezzo di risoluzione delle liti alternativo a quello giudiziale.
Per quanto riguarda la distinzione fra queste figure si sono affermate tradizional- mente due differenti teorie39.
La prima rinviene, quale criterio discretivo fra i due istituti, la natura delle contro- versie che ne sono oggetto. È stata in particolare avanzata – sotto la vigenza dell‟abrogato codice del 1865 e da parte di coloro che ritenevano che l‟arbitrio del terzo comprendesse, quale genus unitario, le due species dell‟arbitrato e dell‟arbitraggio40 – la distinzione fra controversie giuridiche e controversie economiche. Le prime si identificherebbero con quelle per il componimento delle quali il diritto appresta sempre una soluzione, anche in assenza di un accordo fra le parti; le seconde, invece, sarebbero quelle in cui vi è un con- flitto di interessi semplice fra le parti, da loro stesse potenzialmente risolvibile41.
In realtà tale posizione ha suscitato da subito alcuni dubbi in dottrina ed è parsa alla fine inadeguata a tratteggiare la distinzione fra arbitraggio ed arbitrato, in particolare per- ché nel primo, a differenza che nel secondo, mancherebbe, come si è accennato, una „con- troversia‟ da risolvere42.
La seconda teoria fa invece leva sulla diversa natura e funzione dell‟incarico che il terzo è tenuto a svolgere e che sarebbe, nell‟arbitraggio, di diritto sostanziale (fissazione di alcuni aspetti negoziali), mentre nell‟arbitrato, di tipo processuale (risolvere una controver- sia)43. Quindi, mentre nel primo caso il terzo effettua la determinazione di uno degli ele- menti di un negozio ancora in formazione e non ancora perfezionatosi, nell‟arbitrato le par-
39 Su tale suddivisione, in particolare: P. DI PACE, Il negozio per relationem, Torino, 1940, 47; X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 827.
40 Nel senso che arbitrato ed arbitramento siano due identiche manifestazioni dell‟arbitrio del terzo, quali elementi di determinazione della volontà privata si era espresso già X. XXXXX, La sentenza civile, Tori- no, 1906, 53; nonché X. XXXXX, Contributo alla dottrina dell‟arbitrato, Milano, 1931, 111.
00 X. XXXXX, Xx determinazione, cit., 851. Si vedano, più approfonditamente: X. XXXXXXXXXX, Arbitri e arbitratori, cit., 57 ss.; X. XXXXXXXXX, Arbitri ed arbitratori, cit., 205 ss. Di contrario avviso, invece X. XXXXXXXX, Gli arbitrati liberi, in Riv. dir. comm., 1922, I, 649 ss., il quale distingue l‟arbitro dall‟arbitratore perché il primo pone in essere un giudizio di diritto mentre il secondo di equità; nonchè X. XXXXXXX, Gli ar- bitratori, cit., 102 ss. secondo il quale gli arbitri intervengono nell‟ambito del diritto pubblico, mentre gli arbitratori in quello di diritto privato.
42 A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 2.
43 Così già X. XXXXXXXXXXX, Gli arbitrati, Milano, 1937, 251 ss.; X. XXXXXXXXX, Istituzioni di dir. proc. civ., I, Napoli, 1950, 70; X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Diritto dell‟arbitrato, Napoli, 1994, 9; P. DI PA- CE, Il negozio per relationem, cit., 51: quest‟ultimo, in particolare, nega autonomia all‟istituto dell‟arbitrato irrituale dicendo che esso, a seconda della controversia su cui verte, rientrerà nell‟arbitraggio ovvero nell‟arbitrato rituale, non essendovi fra i due istituti ricostruzioni intermedie.
ti demandano agli arbitri il compito di risolvere contrasti sorti con riguardo ad un rapporto già costituito in tutti i suoi elementi. Proprio quest‟ultimo orientamento è quello attualmen- te abbracciato in via maggioritaria da dottrina e giurisprudenza44.
In realtà le distinzioni maggiormente caratterizzanti fra arbitraggio ed arbitrato si rinvengono soprattutto guardando ai loro risvolti pratici: nei motivi per i quali è impugna- bile la determinazione del terzo (in un numero maggiore di casi nell‟arbitrato rispetto all‟arbitraggio, che incontra invece i soli limiti della manifesta iniquità, erroneità e malafe- de come risulta dal dettato legislativo); nella forma dell‟atto (necessariamente scritta nell‟arbitrato ai sensi degli artt. 807 e 808 cod. proc. civ., vincolata invece alla forma del contratto cui è collegato, nell‟arbitraggio)45.
La linea di confine fra arbitraggio ed arbitrato è stata tuttavia messa in dubbio con il riconoscimento dell‟autonoma rilevanza della figura dell‟arbitrato irrituale46. Quest‟ultimo, infatti, pur consistendo in uno strumento di risoluzione delle controversie alternativo alla
44 Per tutti, si leggano: A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 1; X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I con- tratti in generale, cit., 149; X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile, cit., 237.
Quanto alle pronunce giurisprudenziali si vedano in particolare: Cass., 19 aprile 2002, n. 5707, in Giust. civ., 2003, I, 2936, secondo la quale «La diversità di funzione tra le due categorie di istituti – composi- zione di una lite in questi ultimi ed integrazione del contenuto negoziale nell'arbitraggio – si riflette anche sugli elementi caratteristici di ciascuno di essi, nonché sui loro presupposti: in quanto se la funzione dell'arbi- trato (rituale o libero) è la definizione di una lite, suo presupposto fondamentale è necessariamente l'esistenza di un rapporto controverso, che induce la volontà delle parti al conferimento di poteri decisori agli arbitri per la risoluzione delle divergenze insorte intorno ad esso. Mentre siffatto conferimento difetta del tutto nell'arbi- traggio, poiché con il mandato i contraenti attribuiscono al terzo un semplice potere integrativo del contenuto del contratto, dato che non vi è alcuna controversia su cui si debba esercitare l'opera conciliativa-decisionale del terzo; ed il rapporto su cui interviene la determinazione dell'arbitratore ha un valore del tutto autonomo e non condizionato dalla preesistenza di precedenti rapporti fondamentali; Xxxx., sez. lav., 16 maggio 1998, n. 4931, cit., la quale afferma che nella fattispecie portata alla sua attenzione ricorre «non un'ipotesi arbitrato – non avendo inteso le parti deferire alla Commissione la composizione di una lite – ma piuttosto un'ipotesi di arbitraggio, con il quale le parti demandano ad un terzo (la Commissione paritetica) di determinare, in loro sostituzione, uno o più contenuti del contratto già concluso. In tal modo l'arbitratore, con la propria autonoma attività dispositiva, concorre all'integrazione ed alla formazione del contenuto del contratto»; nonché Cass., 28 luglio 1995, n. 8289, cit., laddove afferma che «La differenza tra arbitrato ed arbitraggio deve essere ri- cercata nel contenuto del mandato conferito dalla parti al terzo (o ai terzi) perché mentre nell'arbitrato le parti demandano agli arbitri il compito di risolvere divergenze insorte in ordine ad un rapporto precostituito in tutti i suoi elementi, mediante l'esplicazione di una funzione essenzialmente giurisdizionale, in guisa che la deci- sione sia destinata ad acquistare efficacia simile a quella della sentenza del giudice (arbitrato rituale) oppure mediante la formazione, sul piano negoziale, di un nuovo rapporto riconducibile esclusivamente alla volontà dei mandanti, senza l'osservanza, per la natura non contenziosa dell'incarico, delle norme contenute negli art. 806 e ss. c.p.c. (arbitrato cosiddetto libero), nell'arbitraggio, invece, le parti demandano ad altro soggetto la determinazione, in loro vece, del contenuto di un contratto già concluso ma non completo, in modo che l'arbi- tratore, con la propria attività volitiva ed autonoma, concorre alla integrazione ed alla formazione del conte- nuto del negozio stesso». Si leggano inoltre: Cass., sez. un., 25 giugno 2002, 9289, in Giust. civ., 2003, I, 717; Cass., 19 aprile 2002, n. 5707, in Giust. civ., 2003, I, 2936; Cass., 28 luglio 1995, n. 8286, in Mass.
Giust. civ., 1995, 1445; Cass., sez. un., 11 febbraio 1987, n. 1463, cit.; Cass., 11 febbraio 1976, n. 446, cit.
00 X. XXXXX, Xx determinazione, cit., 851.
46 Per approfondimenti si legga: X. XXXXXXX, Manifesta iniquità e arbitrato irrituale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1981, 89 ss.; X. XXXX, Note in tema di arbitrato libero, in Riv. dir. proc., 1999, 688 ss.
giurisdizione ordinaria – in quanto affida ad un privato il compito di dirimere un conflitto fra le parti – si avvicina nel contempo all‟arbitraggio poiché l‟incarico dell‟arbitro irrituale consiste in un intervento nell‟assetto negoziale già stabilito dalle parti concretandosi di fat- to nella formulazione di un contratto47. Per tale ragione secondo voci autorevoli le parti, nell‟arbitrato irrituale, conferirebbero a un terzo il potere di svolgere un‟attività propria- mente negoziale la quale, per risolvere una situazione problematica, si concretizzerebbe nell‟apprezzamento e nella valutazione di interessi tra loro contrapposti48.
La linea di demarcazione fra le due figure si fonderebbe però sulla constatazione che, mentre l‟arbitrato mantiene un profilo processuale – e ciò anche laddove sia irrituale, perché i contraenti si ritrovano su posizioni in contrasto fra loro e non riescono ad addive- nire altrimenti ad una composizione della lite –, l‟arbitraggio sfocia in un atto che corri- sponde ad una manifestazione di autonomia negoziale delle parti e trae origine da una loro precedente espressa previsione in tal senso49.
Si ricordi, poi, la posizione di chi ha negato, sotto la vigenza del codice del 1865, autonomia concettuale e dogmatica all‟arbitrato irrituale in quanto ritiene che, dove esso si inserisca in un contrasto economico si risolverebbe sempre in un arbitraggio, mentre lad- dove abbia ad oggetto una controversia giuridica assumerebbe i tratti dell‟arbitrato, perché al terzo sarebbe rimessa la risoluzione di una controversia secondo le regole del diritto o dell‟equità50.
Ancora, a proposito del confronto fra arbitraggio ed arbitrato irrituale, va ricordato come inizialmente dottrina e giurisprudenza, per definire e inquadrare la figura dell‟arbitrato irrituale, abbiano fatto ricorso ad un parallelismo fra questo e l‟arbitraggio, ritenendo l‟arbitrato irrituale quale „arbitraggio in una transazione‟51. Questa fictio fu ela- borata immaginando che nell‟arbitrato irrituale il terzo ricevesse dalle parti il compito di individuare il contenuto di un accordo finalizzato alla composizione – per il tramite di re- ciproche concessioni – della controversia sorta fra loro52.
00 X. XXXXX, Xx determinazione, cit., 851.
48 C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, 333.
49 X. XXXXXXXXX, Arbitrato e arbitraggio, cit., 583 ss.; X. XXXXXXX, Codice civile commentato, a cura di X. Xxxx e X. Xxxxxxxxx, sub art. 1349, 2005, 497; Cass., 30 giugno 2005, n. 13954, cit.
50 P. DI PACE, Il negozio per relationem, cit., 51.
51 X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 23 ss.; A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 2; ma, più nel dettaglio, si veda: X. XXXXXXX, Il problema dell‟arbitrato improprio, in Riv. dir. proc., 1929, I, 130 ss.; X. XXXXX, Appunti in tema di arbitramento e di arbitrato, in Riv. dir. proc. civ., 1951, II, 157 ss.; G. MI- RABELLI-X. XXXXXXXX, Diritto dell‟arbitrato, cit., 139 s.
52 X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 259 s. Sul punto anche X. XXXX, L‟arbitrato, cit., 374.
Tale impostazione presta in realtà il fianco a critiche, in particolare sulla base della considerazione che non necessariamente la composizione della lite da parte di un terzo im- porterebbe reciproche concessioni fra le parti, potendosi infatti verificare una totale sogge- zione dell‟una rispetto all‟altra. E così bisognerà concludere per l‟alternatività, in generale, fra una risoluzione della controversia mediante arbitrato irrituale, con le sue caratteristiche proprie, o mediante transazione, istituto di diversa e autonoma natura53: e ciò in ragione dell‟intrinseca incompatibilità, affermata anche in giurisprudenza, fra l‟istituto dell‟arbitraggio e quello della transazione54.
Non si ritiene neppure condivisibile, per le ragioni di cui si dirà meglio più avanti, il punto di vista di chi, in merito alla completezza o meno del contratto con clausola di ar- bitraggio, individuando nell‟arbitraggio uno strumento funzionale a completare un negozio a formazione progressiva, consideri tale circostanza il discrimine per distinguerlo da figure simili. In particolare tale opinione afferma che si avrà arbitraggio quando le parti incarichi- no un terzo di determinare un elemento di un rapporto giuridico non ancora perfetto ed in itinere; arbitrato rituale quando il terzo sia tenuto a decidere una controversia con riferi- mento ad un negozio già concluso; ed infine arbitrato irrituale quando egli debba comporre una lite insorta tra le parti le quali considerano la sua determinazione come espressione della loro volontà55. Stando a tale teoria l‟indagine sulla volontà delle parti sarebbe deter- minante al fine di ravvisare un caso di arbitrato ovvero di arbitraggio56.
b. Arbitraggio e perizia contrattuale
Un‟ulteriore figura la cui distinzione dall‟arbitraggio è tutt‟oggi oggetto di discus- sione è la perizia contrattuale57.
53 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 215 s.; X. XXXXXXXXX, voce Arbitrato (teoria generale e diritto processuale civile), in Dig. disc. priv.- Sez. civ., I, Torino, 1989, 405.
54 Cass., 19 aprile 2002, n. 5707, cit.
55 X. XXXXXX-XXXXXXXXXX, Il diritto dell‟arbitrato, Padova, 2006, 23 ss. e 117 ss.
56 Cass., 25 giugno 1983, n. 4364, cit.
57 Per un approfondimento sul confronto fra arbitraggio e perizia contrattuale si veda, dal punto di vista storico, X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 108 s. e 119 ss.; nonché, più in generale: X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 217 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 263 ss.; A. CATRICALÀ, voce Arbi- traggio, cit., 2; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 61 ss. e 279 ss.; X. XXXXXXXXX, Il contratto di arbitraggio, cit., 1155 ss.; ID., voce Arbitraggio, cit., 126 s.; X. XXXXX, Xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 983 ss.; X. XXXXXX, In tema di arbitrato, cit., 614.
Tale figura ricorre quando le parti si accordano fra loro nel senso di affidare ad un terzo il compito di effettuare una determinazione relativa all‟oggetto del contratto, in ra- gione delle sue particolari competenza tecniche in materia, ponendo così in essere non un‟attività valutativa, discrezionale ed equitativa, bensì una dichiarazione di scienza, vin- colata a precisi parametri tecnici58. Per tale ragione v‟è chi ritiene che l‟unica distinzione fra arbitraggio e perizia contrattuale consisterebbe nel fatto che nella seconda, e non nel primo, l‟operazione rimessa al terzo avrebbe carattere prevalentemente tecnico59. Un clas- sico esempio di perizia contrattuale è quello dell‟esperto chiamato a determinare l‟indennizzo dovuto dalla compagnia assicuratrice a seguito di un sinistro che abbia coin- volto un proprio assicurato.
Si sono sviluppate due differenti opinioni circa la natura della perizia contrattuale con particolare riferimento alla figura dell‟arbitraggio60.
Una parte della dottrina ritiene che la perizia possa assumere, di volta in volta a se- conda delle circostanze, la forma dell‟arbitraggio ovvero dell‟arbitrato, considerato che la valutazione tecnica espressa dal terzo può avere come finalità sia l‟integrazione di un rap- porto contrattuale non ancora del tutto determinato, sia la composizione di una controver- sia61. Non sarebbe in particolare concepibile una terza tipologia di determinazione del terzo avente autonomia concettuale e che non possa esser fatta rientrare nell‟arbitrato o nell‟arbitraggio62: o si avrà la risoluzione di una controversia, o un completamento del con- tratto, ovvero, infine, un semplice parere emesso dal terzo sulla base di un contratto d‟opera professionale63.
Una seconda opinione, sostenuta in dottrina ed attualmente accolta dalla giurispru- denza maggioritaria, afferma per contro che la perizia contrattuale avrebbe un‟autonomia funzionale propria, in quanto consisterebbe in accertamenti e constatazioni che il terzo è chiamato a svolgere in virtù delle sue specifiche capacità tecniche, a differenza invece dell‟arbitraggio in cui l‟arbitratore è incaricato di determinare uno degli elementi del nego-
58 X. XXXXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 126; ID., Il contratto di arbitraggio, cit., 1156; G. SCHIZZE- ROTTO, Arbitrato improprio, cit., 264.
59 X. XXXXXXX, L‟arbitraggio, la perizia contrattuale, in L‟arbitrato. Profili sostanziali, a cura di X. Xxxx, Torino, 1999, 212.
60 A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 2.
61 C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 333 s.; X. XXXXXX, In tema di arbitrato, cit., 614.
62 Così argomenta X. XXXX, La perizia arbitrale, Torino, 2001, 26 ss.
63 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 219 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 266 ss.
zio in sostituzione delle parti64. Al terzo non verrebbe perciò conferito un potere decisio- nale su controversie giuridiche, bensì su questioni meramente tecniche65. E ciò con le ov- vie conseguenze in punto di nomina del perito e impugnabilità della sua determinazione66, la quale potrà avvenire, diversamente che per quella dell‟arbitratore, in presenza di vizi che possono inficiare qualsiasi dichiarazione di volontà, come l‟incapacità, l‟errore, il dolo o la colpa e non, invece, per manifesta iniquità o erroneità67.
Accedere a questa seconda teoria significherebbe ritenere che il perito svolga un ruolo simile a quello del consulente tecnico d‟ufficio, in quanto le determinazioni di quest‟ultimo non sono vincolanti per il giudice (così come la perizia nei confronti delle parti), a differenza di quanto avviene invece nell‟arbitraggio, dal quale la perizia contrattu- ale si distingue anche per la natura della determinazione che, come accennato, ha contenu- to meramente tecnico, privo cioè di qualsiasi arbitrium o valutazione soggettiva68.
Come emergerà poi nell‟approfondimento relativo all‟arbitraggio nell‟ordinamento giuridico tedesco69, proprio queste particolarità che caratterizzano la perizia contrattuale in modo da renderne sfumati i contorni rispetto all‟arbitraggio, sono le ragioni che hanno condotto i giuristi tedeschi ad inquadrarla nella categoria dei feststellende Schiedsguta- chten quegli atti di arbitraggio, cioè, consistenti in precisazioni di elementi di fatto che ri- chiedono una certa competenza tecnica del terzo (e, per il vero, viene fatta rientrare in tale categoria altresì la sussunzione in chiave giuridica di tali determinazioni fattuali).
Per concludere, va poi negata l‟applicabilità della disciplina dell‟arbitraggio alla fi- gura del „biancosegno‟. Quest‟ultimo consiste nella consegna ad un terzo, da parte dei con- traenti, di un foglio contenente una scrittura privata firmata in bianco, con l‟accordo che essa venga opportunamente integrata secondo le modalità stabilite dal cosiddetto patto di riempimento, con cui le parti hanno elaborato i criteri per fornire una risposta ai relativi xxxxxxx00. L‟incompatibilità fra il biancosegno e l‟arbitraggio sta proprio nella circostanza
64 Cass., 12 maggio 2005, n. 10023, in Mass. Giust. civ., 2005, 5; Cass., 29 ottobre 1999, n. 12155,
in Mass. Giust. civ., 1999, 2166.
65 Trib. Isernia, 20 gennaio 2010, n. 65, in Giur. merito, 2010, 2147 ss.; Cass., 18 febbraio 1998, n.
1721, in Mass. Giust. civ., 1998, 367; Cass., 3 marzo 1995, n. 3791, in Mass. Giust. civ., 1995, 738.
66 A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 2; X. XXXXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 126; ID., Il con- tratto di arbitraggio, cit., 1160.
00 X. XXXXXXXXX, Xx contratto di arbitraggio, cit., 1160; Cass., 30 giugno 2005, n. 13954, cit.; Cass., 16 marzo 2005, n. 5678, in Mass. Giust. civ, 2005, 840.
68 A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 2.
69 Vedi infra, cap. 2.
00 X. XXXXXXXXX, Xx contratto di arbitraggio, cit., 1162; X. XXXXXXXX, L‟oggetto del contratto, in Di- ritto civile, diretto da X. Xxxxxx e X. Xxxxxxxx, Obbligazioni, II, Milano, 2009, 336.
che, mentre il primo è strutturato in modo da evitare qualsiasi dubbio e contestazione in ordine alla determinazione che sarà effettuata dal terzo – vincolato a precisi parametri ri- sultanti per iscritto – nell‟arbitraggio, invece, all‟arbitratore è concessa maggiore libertà di azione71. Infine, mentre nel biancosegno la valutazione esterna si concreta nel riempimento del foglio e costituisce oggetto immediato della dichiarazione di volontà dei contraenti, nell‟arbitraggio il contenuto della dichiarazione si desumerebbe per relationem dal fatto giuridico altrui72.
4. L’arbitraggio tra disciplina generale e speciale
Nel codice civile italiano vigente il fenomeno per cui uno o più terzi siano incari- cati di integrare il contenuto di un negozio giuridico determinando uno o più elementi vo- lutamente lasciati indeterminati dai contraenti trova regolamentazione in una molteplicità di fonti.
Il legislatore del 1942, infatti, ha recepito i principi che la giurisprudenza aveva elaborato durante la vigenza del codice precedente ed è andato oltre, prevedendo una du- plice disciplina73.
Da un lato, vi è quella a carattere generale, contenuta nell‟art. 1349 cod. civ., pri- mo e secondo comma, dall‟altro lato quella costituita da disposizioni codicistiche specifi- che, che disciplinano particolari ipotesi in cui le parti si affidano alla determinazione del terzo per ottenere il completamento del negozio74.
Con riferimento alla disciplina speciale dell‟arbitraggio, pur non costituendo essa il cuore della ricerca, si ritiene comunque opportuno darne conto, trattandosi di un profilo cui la dottrina che si occupa del tema dell‟arbitraggio concede sempre ampio approfon- dimento anche perchè, come si vedrà nel prosieguo, spesso presenta – si pensi all‟ipotesi
71 X. XXXXXXX, Il negozio giuridico, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da X. Xxxx-X. Xxxxxxxx, Milano, 2002, 131. Nonostante opinioni di contrario avviso (ad es. X. XXXXXXXXX, in Arbitri e ar- bitratori, cit., 322) vi è chi è giunto a sostenere che il fenomeno del biancosegno avrebbe effetti di tipo pro- cessuale in quanto costituirebbe prova certa della provenienza da parte di coloro che l‟hanno sottoscritto: così
X. XXXXXXXXXX, Arbitri e arbitratori, cit., 70 s. 72 X. XXXXXXX, Codice civile, cit., 499. 73 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 15 ss.
74 X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 824; X. XXXXXXXXX, voce Arbitraggio, cit, 125; ID., Il contratto di arbitraggio, cit., 1143 s.; X. XXXXX, voce Arbitrio del terzo, cit., 415; X. XXXXXXXXX, Incompletezza e completamento del contratto, Milano, 2007, 132 ss.
della determinazione del prezzo nel contratto di compravendita – non pochi punti di con- tatto con la disciplina generale.
Si ricordino quindi in via esemplificativa alcune disposizioni speciali che si occu- pano di specifiche ipotesi di arbitraggio75.
In materia testamentaria vige innanzitutto la regola generale di cui all‟art. 628 cod. civ. che sancisce la nullità di ogni disposizione che sia fatta a favore di una persona indica- ta in modo tale da non poter essere determinata; l‟art. 630 cod. civ. concerne i lasciti a fa- vore dei poveri quando non sia determinato l‟uso da farne o l‟istituto beneficiario delle stesse; gli artt. 631 e 632 cod. civ. contengono delle disposizioni relative agli aspetti ogget- tivi e soggettivi della rimessione della determinazione all‟arbitrio del terzo, quali la deter- minazione della quantità del lascito e la scelta del legatario. Gli artt. 664 e 665 cod. civ. stabiliscono infine a chi spetti la scelta nel caso, rispettivamente, di legato di cosa determi- nata solo nel genere ovvero di legato alternativo.
Nel campo della donazione, l‟art. 778 cod. civ. riguarda la scelta del donatario fra più designati e dell‟oggetto donato nel rispetto di limiti e indicazioni stabiliti dal donatore.
Come si dirà in seguito, anche le prestazioni oggetto di un‟obbligazione alternativa ai sensi degli artt. 1286 e 1287 cod. civ. possono essere fatte oggetto della scelta da parte del terzo.
In materia di vendita l‟art. 1473 cod. civ. fa riferimento al caso di un contratto di compravendita in cui non sia esattamente determinato il prezzo. Ancora, nei contratti di appalto e di mandato gli articoli, rispettivamente, 1657 e 1709 cod. civ., forniscono i criteri con cui provvedere alla determinazione del corrispettivo che non sia già stato quantificato e contemplano un intervento del giudice in via residuale ai fini della determinazione.
In ambito lavoristico, nelle ipotesi in cui il contratto sia stato concluso in assenza di determinazione del corrispettivo si applicheranno gli artt. 2099, 2225 e 2233 cod. civ. – a seconda che si tratti, rispettivamente, di lavoro autonomo, subordinato o professionale – i quali individuano il soggetto chiamato alla determinazione e/o i parametri utili all‟assunzione della stessa.
75 Per una panoramica si vedano: X. XXXXXX, In tema di arbitrato, cit., 616 e 620 s.; G. SCHIZZE- ROTTO, Arbitrato improprio, cit., 61; X. XXXXX, voce Arbitrio del terzo, cit., 415; A. CATRICALÀ, voce Arbi- traggio, cit., 5; X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 825; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 159 ss.; X. XXXXXXX- LO, Arbitraggio e determinazione, cit., 293 ss.; X. XXXXX, in X. XXXXX-G. DE NOVA, Il contratto, II, in Trat- tato di diritto civile, diretto da X. Xxxxx, Milano, 2005, 129 s.
Un coordinamento tra disciplina generale e speciale non è sempre facile e lineare. A questo proposito può essere d‟aiuto un approfondimento delle ipotesi di arbitraggio positi- vamente disciplinate dalla legge.
a. Il rinvio all’arbitrio altrui nei negozi mortis causa
Nei negozi mortis causa l‟arbitraggio assume caratteri del tutto peculiari, e si carat- terizza per una disciplina derogatoria rispetto a quella prevista per i negozi inter vivos.
In particolare, in materia di arbitraggio le differenze fra i due tipi negoziali concer- nono non solo l‟ambito di applicazione, ma anche la natura del rapporto che lega le parti all‟arbitratore, nonché l‟efficacia della disposizione testamentaria e, di conseguenza, anche la sorte dell‟eventuale fase patologica, nel caso in cui la determinazione del terzo venga impugnata e il giudice sia chiamato ad intervenire76.
L‟arbitraggio vede un‟applicazione molto limitata nei negozi mortis causa in consi- derazione del principio della personalità che li caratterizza e che non lascia molto spazio all‟intervento di un terzo soggetto, se non nei casi e nelle forme previste tassativamente dalla legge. Il legislatore ha perciò adottato scelte di volta in volta diverse, in gran parte de- rogatorie rispetto a quelle previste per i negozi inter vivos.
Si tratta di soluzioni che tengono conto, da un lato, del fatto che, ovviamente, il te- statore non potrà più fornire, al momento opportuno, indicazioni utili al fine di corretta- mente interpretare la propria volontà, e, dall‟altro, del fatto che l‟obiettivo primario è quel- lo di garantire certezza alla titolarità dei beni relitti, cercando di evitare soluzioni radicali quali la nullità del contratto ai sensi dell‟art. 1349 secondo comma cod. civ.
Da un punto di vista formale, data la peculiarità dell‟atto cui inerisce, la clausola di arbitraggio dev‟essere in questo contenuta e non può essere inserita in un atto separato a differenza, come si vedrà, che nei negozi tra vivi.
In una prospettiva generale, il problema è quello di conciliare il noto principio della personalità in materia testamentaria – in base al quale solo al testatore è concesso di deter- minare oggetto del testamento e persona del successore – con il principio della determina- bilità. In particolare, la previsione della nullità della determinazione altrui nell‟ipotesi in
76 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 159 ss.
cui il testatore incarichi un terzo di designare la persona del chiamato o l‟oggetto del lasci- to, corrisponde alla volontà di evitare che il terzo si sostituisca al testatore nell‟effettuare la determinazione ovvero integri quella da lui già assunta77.
Un tentativo di contemperamento tra queste esigenze è rappresentato dall‟art. 628 cod. civ., il quale prevede la nullità di «ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata» implicitamente riconoscendo validità alla disposizione testamentaria che, pur richiamandosi ad una fonte esterna, rispetti il prin- cipio di determinatezza della persona chiamata. Il contenuto del negozio testamentario è dunque completo in quanto rispetti le prescrizioni legali perché, pur essendo necessaria una successiva specificazione, vengono già forniti al terzo tutti i criteri ed i parametri sulla base dei quali egli dovrà procedere.
b. La scelta della prestazione nelle obbligazioni alternative
Ulteriore ipotesi di arbitraggio viene considerata quella contemplata dall‟art. 1286 cod. civ. il quale prevede la possibilità che, in caso di obbligazioni alternative, la scelta della prestazione che deve esserne oggetto possa essere rimessa, oltre che ad una delle par- ti, anche ad un terzo soggetto78.
Per quanto concerne i limiti dell‟attività di determinazione di quest‟ultimo, va sot- tolineata la necessità che essi siano adeguatamente fissati in modo che, essendo le due pre- stazioni alternative ben distinte – determinate o determinabili – il terzo possa agevolmente effettuare la scelta fra esse79.
Vi è chi ritiene che non avrebbe senso in questa tipologia di arbitraggio distinguere tra determinazione assunta secondo equo apprezzamento ovvero secondo mero arbitrio del terzo, posto che la sua scelta ricadrà comunque necessariamente su una delle due presta- zioni prese in considerazione dalle parti80.
Di contro vi è però chi afferma che, anche se nelle obbligazioni alternative il crite- rio del mero arbitrio avrebbe poca rilevanza, ciò non autorizzerebbe ad escludere in radice
77 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 164 ss.
78 Per un approfondimento, invece, sull‟intervento unilaterale della parte nelle obbligazioni generi- che ed alternative, si veda A. BARENGHI, Determinabilità e determinazione, cit., 187 ss.
79 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 187 s.
80 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 188 s.
la duplicità che caratterizza le modalità di assunzione della determinazione da parte del terzo81. Ed in effetti questa osservazione appare ragionevole se si pensi che il fatto che la scelta su cui si concentra la statuizione del terzo sia limitata a due possibilità non implica che il suo metro di giudizio sarà limitato al „solo‟ equo apprezzamento. Più semplicemente bisognerà come di consueto distinguere e ritenere che, qualora il terzo proceda secondo equo apprezzamento egli dovrà tener conto di tutti quei fattori che possono avere rilevanza sugli interessi delle parti; laddove invece operi secondo mero arbitrio sarà meno vincolato e potrà effettuare più liberamente la scelta.
Il terzo comma dell‟articolo in esame dispone infine che dove sia stabilito un ter- mine entro il quale effettuare la determinazione e l‟arbitratore non lo rispetti, la stessa sarà effettuata dal giudice in via sostitutiva, in ragione della sua obiettività di giudizio. Ciò, ov- viamente, solo laddove il terzo dovesse assumere la sua statuizione secondo equo apprez- zamento. Invece, nel caso di arbitraggio secondo mero arbitrio il carattere essenziale che riveste la personalità del terzo impedisce che il giudice, nei casi di mancanza della deter- minazione, possa sostituirsi all‟arbitratore. Tale meccanismo sostitutivo dovrà altresì e- scludersi quando, pur trattandosi di arbitraggio secondo equo apprezzamento, i contraenti si siano accordati nel senso di rimettersi all‟arbitrio di un determinato terzo, con esclusione di qualsiasi altro (cosiddetto arbitrium boni viri personale)82.
c. La fissazione del prezzo quale particolare ipotesi di arbitraggio
L‟art. 1473 cod. civ. statuisce che le parti possono affidare la determinazione del prezzo del contratto ad un terzo già individuato, ovvero fissare i criteri per una sua nomina successiva.
Nonostante il richiamo implicito della disposizione in parola all‟art. 1349 cod. civ., le cui prescrizioni sono infatti ritenute pacificamente applicabili in via generale anche all‟ipotesi della determinazione del prezzo da parte del terzo, le opinioni si dividono in me- rito all‟applicazione estensiva che le disposizioni generali concernenti l‟incarico, i poteri e
81 X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 64.
82 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 392.
le condizioni di impugnabilità della determinazione del terzo possono avere anche nell‟ipotesi di cui all‟art. 1473 cod. civ.83.
Infatti, rispetto alla disciplina generale l‟art. 1473 cod. civ. prevede che se il terzo non può o non vuole accettare l‟incarico, ovvero le parti non si accordino sulla sua nomina (o sostituzione), la stessa può essere fatta, su richiesta anche di uno solo dei due contraenti, dal Presidente del Tribunale84.
L‟ammissibilità del ricorso alla nomina giudiziaria del terzo è la prova, secondo al- cuni autori, del fatto che nell‟ipotesi prevista dall‟art. 1473 cod. civ. l‟arbitratore possa o- perare solamente secondo il suo equo apprezzamento e non invece secondo mero arbitrio. Ciò si fonderebbe sulla circostanza che la fissazione del prezzo, diversamente da altri pro- fili che potrebbero costituire oggetto della determinazione del terzo, dovendo rispecchiare un bilanciamento equilibrato tra prestazione e controprestazione avrebbe carattere necessa- riamente oggettivo ed escluderebbe la possibilità per le parti di affidarsi al mero arbitrio del terzo85.
Se si seguisse invece l‟opinione secondo cui la determinazione del prezzo può av- venire anche secondo mero arbitrio, bisognerebbe fare un‟ulteriore distinzione. Da un lato vi è infatti chi ritiene che valgano in generale le stesse regole di cui all‟art. 1349 cod. civ., e quindi che il ricorso al giudice per la nomina sostitutiva del terzo sarebbe bensì possibile, ma solo nel caso di determinazione assunta secondo equo apprezzamento, mentre nell‟ipotesi di mero arbitrio, dove l‟elemento fiduciario tra il terzo e le parti assume un ruo- lo fondamentale, non si potrebbe ragionevolmente immaginare un intervento del giudice86. Di conseguenza in tal caso il contratto sarebbe nullo ai sensi dell‟art. 1349 cod. civ. secon- do comma.
Dall‟altro lato vi è chi invece ammette siffatto intervento anche quando il terzo debba procedere secondo mero arbitrio perché la norma non stabilirebbe particolari limita- zioni a questo proposito. Tale presa di posizione si fonda su un‟interpretazione letterale delle norme, dalla quale si evince la diversità di fine che ha mosso il legislatore a formula-
83 Nel senso dell‟applicabilità all‟art. 1473 cod. civ. della norma generale di cui all‟art. 1349 cod. civ. si è espressa Cass., 5 ottobre 1963, n. 2632, in Giur. it., 1961, I, 1, 318.
84 X. XXXXXX, La compravendita, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da X. Xxxx-X. Xxxxxxxx, Milano, 1971, 253.
85 X. XXXXXXX, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, 177 ss.
86 X. XXXXXXXXX, Dei singoli contratti, in Comm. al cod. civ, IV, Torino, 1968, 32; X. XXXXXXXXXX- TO, Arbitrato improprio, cit., 66.
re le due disposizioni in parola, l‟art. 1473 cod. civ. da un lato, e l‟art. 1349 cod. civ. dall‟altro87.
Sulla scorta della generale previsione sull‟arbitraggio, la determinazione del prezzo effettuata dall‟arbitratore può essere impugnata per iniquità, laddove sia manifesta, cioè notevole ed evidente. Altra causa di nullità della determinazione è la sua erroneità, la quale si ha quando risulta che il terzo, nell‟effettuare la determinazione, abbia scorrettamente uti- lizzato gli strumenti e le informazioni a sua disposizione e quindi, ad esempio, abbia fissa- to un prezzo «vile o esoso»88.
Tralasciando gli aspetti procedurali che concernono la nomina del terzo in via sosti- tutiva – di cui si occupa l‟art. 82 disp. att. cod. civ. – la dottrina si è posta il problema se il giudice possa provvedere non solo alla nomina del terzo, così come dispone l‟art. 1437 cod. civ., ma anche alla determinazione stessa, dato che la legge non ne fa menzione.
Gli autori che non ammettono tale possibilità giustificano questa presa di posizione argomentando che la scelta del legislatore di conferire al giudice un‟ampia facoltà di scelta quanto alla nomina della persona dell‟arbitratore non implica che la stessa libertà gli spetti anche nell‟intervenire sul contenuto della determinazione arbitrale, posto che la delicatezza della questione necessiterebbe l‟intervento di una persona esperta89. Chi invece ritiene ammissibile un intervento di merito da parte del giudice, lo giustifica sulla base della con- siderazione che, diversamente opinando, si priverebbe una parte della garanzia di imparzia- lità che caratterizzerebbe l‟intervento del giudice90.
A chiusura del confronto fra gli artt. 1349 e 1473 cod. civ. va infine rilevato che la dottrina si è altresì posta il problema se fosse possibile applicare in via analogica all‟ipotesi generale di cui all‟art. 1349 cod. civ. la soluzione prevista dall‟art. 1473 cod. civ., che affi- da al Presidente del Tribunale la risoluzione dei casi di mancata determinazione del terzo (compreso quello in cui essa derivi dal mancato accordo sulla sua nomina). L‟opinione ne- gativa, che pare condivisibile, si fonda sulla considerazione che, in assenza in un‟espressa disposizione in tal senso, non si potrebbe estendere una disposizione prevista per un ele- mento di facile determinazione (qual è il prezzo) a ipotesi caratterizzate dalla mancanza di
87 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 193.
88 C.M. BIANCA, La vendita e la permuta, Torino, 1993, 522.
89 C.M. BIANCA, La vendita, cit., 520 ss.
90 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 196.
un elemento essenziale del contratto – qual è l‟oggetto di cui parla l‟art. 1349 – e quindi una disposizione speciale ad una di carattere generale91.
d. La partecipazione di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite in una società semplice
Ai sensi dell‟art. 2264 cod. civ. primo comma, «la determinazione della parte di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite può essere rimessa ad un terzo»92. Il secondo comma contiene poi alcune previsioni in tema di impugnazione della determinazione stes- sa.
Anche in questo caso la determinazione del terzo, sulla scorta dell‟art. 1349 cod. civ., può essere certamente effettuata secondo equo apprezzamento.
Non altrettanto pacifica invece, dato il silenzio sul punto dell‟art. 2264 cod. civ., è la possibilità che la determinazione venga assunta secondo mero arbitrio: si discute infatti se tale ipotesi possa davvero ritenersi plausibile. Taluni la ammettono e si richiamano, quanto alla disciplina applicabile, all‟art. 1349 cod. civ.93. Altri invece, facendo leva sul divieto del patto leonino di cui all‟art. 2265 cod. civ. affermano che esso investirebbe an- che l‟ipotesi della determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo arbitratore, con la con- seguenza che le parti, così come non possono arbitrariamente escludere uno o più soci da ogni partecipazione agli utili o alle perdite, altresì non potrebbero rimettersi alla decisione di un terzo che, in quanto operi secondo mero arbitrio e non secondo equo apprezzamento, potrebbe optare per una ripartizione del tutto arbitraria94.
Quanto all‟impugnazione della determinazione del terzo e alle conseguenze che colpiscono il contratto in caso di invalidità della stessa, l‟art. 2264 cod. civ. richiama l‟art. 1349 cod. civ.95. Qui bisognerà allora distinguere tra determinazione assunta secondo equo apprezzamento ovvero – laddove la si ritenga amissibile – secondo mero arbitrio.
91 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 392.
92 Si esclude così, come invece era previsto dall‟art. 1718 cod. civ. del 1865, che la determinazione potesse essere rimessa al giudizio di un socio.
93 X. XXXXXXX, Società di persone e consorzi, in Trattato di diritto commerciale, Padova, 2004, 114;
X. XXXXXXX, Le società in genere; le società di persone, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da
X. Xxxx-X. Xxxxxxxx, Milano, 2007, 278.
94 X. XXXXXXX, Società personali, Padova, 1972, 308.
95 Più esplicito l‟art. 31 del Codice delle società svizzero, il cui primo comma richiama chiaramente il parametro dell‟equità: «Si les associés sont convenus de s'en rapporter à l'un d'eux ou à un tiers pour le rè- glement des parts, ce règlement ne peut être attaqué s'il n'est évidemment contraire à l'équité. Nulle réclama-
Nel primo caso infatti, la determinazione rimessa all‟arbitrium boni viri sarà impu- gnabile secondo le regole generali, cioè qualora appaia manifestamente iniqua o erronea, e verrà quindi sostituita da quella del giudice. L‟erroneità consiste in una falsa rappresenta- zione della realtà da parte del terzo. L‟iniquità manifesta della determinazione si ha invece quando la disparità di trattamento fra i soci appaia ictu oculi ingiustificata, ad esempio quando ci sia un‟ingiusta distribuzione fra entità del conferimento e partecipazione agli uti- li o sopportazione delle perdite. Una ripartizione apparentemente sproporzionata potrà dunque essere ritenuta ammissibile e legittima solo laddove il terzo la ritenga giustificata in base a precisi e concordanti elementi: la valutazione circa la sua opportunità, quindi, è svolta secondo parametri oggettivi96.
Nel caso in cui la determinazione venga assunta secondo il mero arbitrio del terzo essa sarà impugnabile solo per mala fede dello stesso e, laddove questa sia accertata, la de- terminazione dell‟arbitratore risulterà invalida e comporterà la nullità del vincolo sociale stesso97.
Il secondo comma dell‟art. 2264 cod. civ. concerne poi l‟impugnazione della de- terminazione in parola, la quale è sottoposta a limiti. In primo luogo essa soggiace ad un termine di decadenza di tre mesi dal momento in cui il terzo abbia ricevuto comunicazione della determinazione. Secondariamente, essa è esclusa nelle ipotesi in cui il socio abbia da- to volontariamente esecuzione alla stessa. A questo proposito si discute circa il requisito della volontarietà dell‟esecuzione. Da un lato vi è chi lo ritiene integrato se nel momento in cui l‟esecuzione viene compiuta vi è consapevolezza del vizio che inficia la determinazio- ne del terzo98; dall‟altro lato v‟è chi ritiene sufficiente che l‟esecuzione sia stata spontanea e non imposta99.
Quanto all‟evenienza in cui la determinazione del terzo manchi perché egli non ac- cetti l‟incarico ovvero non lo adempia, si ritiene applicabile quanto stabilito dall‟art. 1349 cod. civ., distinguendosi se la determinazione sia stata assunta con equo apprezzamento
tion n'est admise à ce sujet, s'il s'est écoulé plus de trois mois depuis que la partie qui se prétend lésée a eu connaissance du règlement, ou si ce règlement a reçu de sa part un commencement d'exécution».
96 X. XXXXX, Delle società. art. 2247-2324, in Commentario del cod. civ. Scialoja-Branca, a cura di
X. Xxxxxxx, Bologna-Roma, 1955, 131 s.; X. XXXXXX, in Commentario delle società, a cura di X. Xxxxxx, sub
art. 2264, Milano, 2009, 85.
97 X. XXXXX, Delle società, cit., 132; X. XXXXXXXX, Commentario breve al dir. delle società, a cura di
X. Xxxxxx Xxxxxxx, sub art. 2264, Padova, 2007, 55.
98 X. XXXXX, Delle società, cit., 133.
99 F. FERRARA-X. XXXXX, Gli imprenditori e le società, Milano, 2009, 254 ss.
ovvero secondo libero arbitrio e applicandosi di conseguenza i regimi rispettivamente pre- visti in ciascuna delle due ipotesi (determinazione assunta dal giudice in funzione sostituti- va dell‟arbitratore nel primo caso, e nullità del vincolo sociale – in caso di mancato accor- do sostitutivo delle parti – nel secondo)100.
5. Arbitraggio tra prestazione e oggetto del contratto
a. La prestazione di cui all’art. 1349 cod. civ.
L‟art. 1349 cod. civ. afferma che al terzo può essere rimessa la «determinazione della prestazione dedotta in contratto». Ci si è chiesti quali siano i limiti dell‟attività de- terminativa del terzo e in particolare se la nozione di „prestazione‟ sia un parametro conte- nutistico insuperabile ovvero all‟arbitratore possa essere rimessa anche la determinazione di un altro elemento del rapporto o, addirittura, dell‟intero contenuto contrattuale101.
Come va inteso, dunque, il concetto di „prestazione‟ di cui parla la disposizione? La dottrina si è domandata in particolare se esso possa arrivare a comprendere, oltre agli ele- menti accidentali del negozio, anche quelli essenziali102. Partendo dallo stesso dato positi- vo che non pone particolari limitazioni se non quello per cui l‟oggetto del contratto debba essere, se anche non determinato, perlomeno determinabile, sono state formulate diverse interpretazioni103.
Ve n‟è una più restrittiva, secondo la quale è necessario che le parti abbiano già de- terminato il tipo contrattuale, la causa e la natura delle prestazioni principali, con la conse- guenza che al terzo verrebbe lasciato un raggio d‟azione molto ristretto104. In particolare la sua determinazione potrà bensì concernere qualsiasi elemento del rapporto contrattuale, ma si tratterà pur sempre di una determinazione parziale rispetto al potere contrattuale pieno di cui dispongono i contraenti, i quali non possono rinunciare alla propria autonomia negozia-
le a favore esclusivo di quella di un soggetto terzo ed estraneo agli effetti stessi del contrat- to105.
100 X. XXXXX, Delle società, cit., 131; X. XXXXXXXX, Commentario breve, cit., 55.
000 X. XXXXXXXXX, Xx contratto di arbitraggio, cit., 1147 ss.; ID, Il contenuto e l‟oggetto, cit., 827; X. XXXXX, Trattato del contratto, cit., 960 ss.; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 135 ss.
000 X. XXXXXX, Xx tema di arbitrato, cit., 617 s.
103 Le ripercorre, fra gli altri, X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, 42 ss.
104 C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 327 e 330.
000 X. XXXXXXXXX, Xx contratto di arbitraggio, cit., 1147; A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 1; X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 386. Si veda anche infra, § 6.
A tale interpretazione si contrappone una più ampia, la quale ammette che al terzo possa essere rimessa anche la facoltà di indicare il tipo di contratto che le parti vogliano concludere.
È stato sostenuto che, per giustificare la presenza dell‟art. 1349 cod. civ. e non con- siderarla una norma inutile, bisognerebbe ritenere che l‟arbitraggio potrebbe trovare appli- cazione in due soli gruppi di ipotesi: da un lato, quando sia espressamente previsto da spe- cifiche disposizioni legislative (e la determinazione avrà quindi, di volta in volta, un conte- nuto differente), dall‟altro nelle ipotesi di cui all‟art. 1349 cod. civ. e, perciò, limitatamente alla determinazione della prestazione dedotta in contratto106.
All‟interrogativo, tuttavia, se sia possibile rimettere al terzo la scelta sulla causa del contratto – se si tratti, ad esempio, di una compravendita piuttosto che una locazione – vie- ne da taluni data risposta negativa. Infatti si ritiene che in assenza di esatta determinazione della causa da parte dei contraenti il contratto non potrebbe dirsi validamente concluso, in quanto il suo oggetto non sarebbe determinato né determinabile e verrebbe così violato l‟art. 1346 cod. civ. Vi è chi invece appare più possibilista e, interpretando estensivamente alcune norme che consentono ad uno dei contraenti una determinazione successiva della causa negoziale (ad es. l‟art. 1179 cod. civ.), non vede ostacoli nell‟immaginare che l‟arbitraggio del terzo possa concernere anche la causa del contratto, a patto che i contraen- ti abbiano indicato quali siano le alternative o, perlomeno, abbiano precisato lo scopo ne- goziale107.
In realtà, proprio la scelta del legislatore del 1942 di predisporre una duplice disci- plina in tema di arbitraggio – generale da un lato, speciale dall‟altro – può ragionevolmente esser considerata sintomo della volontà di ampliare l‟autonomia dei privati, che possono quindi affidarsi alla determinazione di un terzo in un ampio spettro di fattispecie108.
Tenendo conto della distinzione tra elementi essenziali ed accidentali del contratto, bisognerà poi in particolare prestare attenzione alle ipotesi in cui le parti abbiano affidato ad un terzo la determinazione di elementi apparentemente accessori ma che esse abbiano in realtà considerato come facenti parte del contenuto essenziale dello stesso. In tal caso pro- prio la particolare rilevanza posseduta da tali elementi – se non siano oggetto di una puntu-
106 In questo senso X. XXXXXX, In tema di arbitrato, cit., 618.
107 G. VILLA, La determinazione, cit., 854; X. XXXXX, voce Contratto, in Dig. disc. priv. - Sez. civ., Torino, IV, 1989, 117 s.
108 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 385 s.
ale determinazione da parte dell‟arbitratore – impedirebbe la valida conclusione del con- tratto, il quale non potrebbe perciò dirsi perfezionato.
V‟è anche chi si è posto il problema dell‟esistenza di un arbitraggio „precontrattua- le‟, quando cioè al terzo venga affidata una determinazione che attiene ad un contratto fu- turo (ad esempio la stima del valore di un‟azienda oggetto di una futura cessione). In realtà in tal caso appare più corretto qualificare il negozio con cui le parti conferiscono tale pote- re al terzo quale negozio solamente preparatorio, in quanto l‟eventuale determinazione po- trà avere una rilevanza solo in punto di responsabilità precontrattuale109.
b. L’oggetto del contratto
Quanto al modo in cui deve essere intesa la «prestazione» di cui all‟art. 1349 cod. civ. rispetto all‟«oggetto» di cui all‟art. 1346 cod. civ., è necessario premettere che esisto- no punti di vista diversi e si rendono opportune alcune distinzioni anche terminologiche110.
Per alcuni l‟oggetto del contratto sarebbe il diritto che il contratto trasferisce da una parte all‟altra ovvero coinciderebbe con la prestazione che una parte si obbliga ad eseguire a favore dell‟altra. Il contenuto del contratto, invece, sarebbe il regolamento dello stesso, comprendente tutte le clausole contenute nel contratto per volontà delle parti ovvero in for- za della legge, degli usi e dell‟equità111.
Per contro vi è chi ritiene che l‟oggetto del contratto si identifichi con il bene speci- fico cui si faccia riferimento, con la conseguenza che le nozioni di determinazione dell‟oggetto e di identificazione del bene verrebbero a coincidere, consistendo nella indivi- duazione concreta dello stesso.
Secondo alcuni autori è opportuno distinguere fra oggetto dell‟obbligazione (inteso come prestazione) ed oggetto del contratto (inteso come contenuto) posto che la prestazio- ne non presupporrebbe necessariamente l‟esistenza di un contratto (si pensi, ad esempio, alle promesse unilaterali) e quindi non può essere automaticamente identificata con il con- tenuto dello stesso112.
000 X. XXXXX, Xx determinazione, cit., 855.
110 In generale si veda: X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, cit., 3 ss.
111 X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile, cit., 229.
112 X. XXXXXXXX, Il contratto in genere, I, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da X. Xxxx-X. Xxxxxxxx, Milano, 1973, 139. Sulla ritenuta necessità di una distinzione fra oggetto del negozio e prestazione si legga: X. XXXXXXXXX XXXX-U. BRECCIA-F.D. BUSNELLI-X. XXXXXX, Diritto civile, cit., 690.
In questa prospettiva la dottrina, sul presupposto che il terzo potrebbe essere inve- stito sia della determinazione dell‟oggetto del negozio sia della individuazione del bene oggetto della prestazione, si è interrogata su come debba essere considerato il rinvio che le parti facciano al terzo affinchè esso individui, non l‟oggetto del negozio, bensì il bene113.
Alcuni autori affermano che l‟attività di individuazione del bene si porrebbe come autonoma rispetto all‟attività di tipo negoziale. E così ritengono che «l‟atto di individua- zione pone l‟oggetto del rapporto, mentre l‟oggetto dell‟atto trova la sua definizione nella dichiarazione contrattuale»114. Diverse sono infatti le conseguenze in caso di mancata de- terminazione: se quest‟ultima riguardava l‟oggetto, si avrà nullità del contratto, mentre se concerneva il bene la sua mancata individuazione produrrà solo inefficacia reale115.
Una posizione che insiste invece in modo meno radicale sulla diversità fra il proce- dimento di individuazione del bene rispetto a quello di determinazione dell‟oggetto fa leva sul seguente ragionamento. Si evidenzia in particolare che, mentre nel caso in cui sia og- getto del contratto un bene specifico e questo non sia stato sufficientemente individuato, si produce anche l‟indeterminatezza dell‟oggetto, nel caso invece di contratto di genere, que- sto, nonostante il bene che ne sia oggetto debba ancora essere individuato, può ritenersi comunque perfetto (perlomeno dal punto di vista dell‟efficacia obbligatoria) con la conse- guenza che, in tal caso, la (avvenuta) determinazione dell‟oggetto del contratto non ne vie- ne condizonata116.
Da quanto appena detto conseguirebbe che la problematica concernente la possibili- tà di rimettere al terzo l‟individuazione del bene già predeterminato dalle parti ha senso di porsi solamente quando vi sia una sperequazione fra descrizione negoziale del bene ed ef- fettiva natura e consistenza di quest‟ultimo117. Quello che insorge tra le parti è, di fatto, un conflitto di carattere interpretativo. E per questo si osserva allora che in tutti questi casi non ha senso, in realtà, parlare di arbitraggio: non si tratterebbe infatti di precisare un ele- mento negoziale bensì di risolvere una vera e propria controversia giuridica che coinvolge i
113 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 272 ss.
114 X. XXXXXXXXX, L‟individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960, 95.
115 X. XXXXXXXXX, La consegna di cosa diversa, Napoli, 1987, 152.
116 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 274 s.
117 Il classico caso scolastico del bene immobile oggetto di un contratto e di cui le parti dispongano confidando in una sua ben determinata consistenza ignorando invece che questo si sia, ad esempio, accresciu- to a causa di alluvioni.
contraenti e che trova di norma una soluzione (meta) processuale, eventualmente anche tramite arbitrato118.
All‟opinione di chi ritiene opportuno distinguere oggetto e contenuto del contratto, si contrappone invece quella di chi afferma che essi siano avvicinabili tanto da formare un sol tutto 119 . Di pari passo con tale idea si sviluppa quella secondo cui, coincidendo l‟oggetto del contratto con il suo contenuto, discenderebbe una concezione diversa del rap- porto fra determinazione del contenuto contrattuale e identificazione del bene. La prima, infatti, consisterebbe nella determinazione della prestazione, mentre l‟identificazione del bene avrebbe carattere diverso in quanto esso costituisce solo uno degli elementi del con- tratto120.
Una concezione più cauta afferma poi che l‟oggetto entrerebbe a far parte del con- tenuto del contratto inteso in senso ampio, insieme cioè, ad altri elementi dello stesso ri- messi all‟autonomia privata, fra i quali la causa121.
Talora accade che le parti a prescindere da una situazione di conflitto o per evitare di trovarvisi, affidino ad un terzo l‟identificazione di un bene nella sua individualità o di talune sue caratteristiche, da loro descritti invece solo genericamente. Al terzo spetta in questi casi un compito meramente ricognitivo della realtà materiale e che richiede il più delle volte precise cognizioni tecniche di cui le parti non sono in possesso. Si avrà allora quella fattispecie di cui si è già fatto cenno, affine ma distinta dall‟arbitraggio, che prende il nome di perizia contrattuale122.
In chiusura si osserva che la giurisprudenza si è dimostrata molto elastica nell‟interpretare il requisito della determinatezza dell‟oggetto del contratto di cui all‟art. 1346 cod. civ. Ha ritenuto cioè sufficiente l‟indicazione degli elementi essenziali dell‟oggetto, il quale può comunque essere identificato con ogni mezzo idoneo, sulla scorta dell‟art. 1362 cod. civ.123. Ciò detto, deve comunque procedersi con molta prudenza nel ri- costruire la volontà negoziale delle parti laddove esse abbiano concluso un contratto con
118 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 276 s.
119 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 129.
120 G. ALPA-X. XXXXXXX, Xxxxxxx e contenuto, cit., 370.
121 X. XXXXXXXX, L‟oggetto del contratto, cit., 336.
122 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 277 s.
123 Cass., 14 marzo 1987, n. 2665, in Rep. Foro it., 1987, voce «Contratto in genere», n. 287; Cass.,
5 marzo 1984, n. 1513, in Rep. Foro it., 1984, voce «Vendita», n. 70.
oggetto non determinato, onde evitare di ricostruire propositi dalle stesse in realtà non vo- luti.
6. La completezza del contratto cui accede l’arbitraggio
a. Introduzione al problema
Il rapporto tra natura giuridica della dichiarazione arbitrale e natura giuridica del contratto cui essa accede, ed in particolare la questione di quali dei due profili debba essere trattato per primo, è stato variamente affrontato dalla dottrina. Da un lato vi è chi ritiene necessario partire dall‟analisi sulla completezza – rectius perfezionamento del contratto con clausola di arbitraggio124–, dall‟altro lato c‟è chi preferisce, invece, considerare per prima la questione della natura – di accertamento ovvero costitutiva – della determinazione dell‟arbitratore125.
Si ritiene più opportuno aderire alla prima impostazione e quindi affrontare innanzi- tutto gli aspetti dogmatici più prettamente di cornice, relativi alla conclusione del contratto in cui sia previsto un arbitraggio e quindi quali siano i requisiti essenziali che esso deve possedere. Solo in un secondo momento si affronterà la questione della natura della deter- minazione del terzo126.
L‟analisi della figura dell‟arbitraggio, in quanto connessa indissolubilmente, come si è visto, al profilo della determinazione dell‟oggetto del contratto, è foriera di grandi di- scussioni.
Fra queste la più interessante e problematica è quella se l‟arbitraggio incida sul pro- cedimento di formazione del negozio, il che significa domandarsi se il contratto con clau- sola di arbitraggio debba ritenersi perfetto fin dal momento della sua conclusione ovvero se ciò si verifichi solo con l‟assunzione della determinazione da parte del terzo.
Pur non essendo questa la sede in cui dilungarsi sulla questione della (in)completezza del contratto, è comunque utile fornirne un quadro generale perché il tema oggetto della presente analisi, cioè l‟iniquità che può colpire la determinazione del terzo,
124 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 387; X. XXXXXXXXX, Incompletezza e completamento, cit.,
47.
125 X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 829 ss.
126 In questo senso anche X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, cit., 45.
non può prescindere dalla qualificazione del contratto che contenga o cui acceda la clauso- la di arbitraggio e, in particolare, dalla questione del suo perfezionamento.
Si premetta fin da subito che l‟impostazione che si ritiene di dover seguire – salvo poi illustrare altresì il fondamento della tesi contraria – è quella secondo la quale il contrat- to di arbitraggio (ovvero quello cui acceda una separata clausola di arbitraggio) deve rite- nersi già perfetto nel momento in cui viene concluso dai contraenti, ancorché essi abbiano lasciato indeterminato uno o più elementi dello stesso incaricando un terzo della relativa determinazione.
Il nodo della questione concerne non il mancato perfezionamento del contratto a causa di un‟assente volontà delle parti di vincolarsi, quanto, invece, le conseguenze che si verificano nell‟ipotesi in cui, pur essendo manifesta la volontà delle parti di impegnarsi re- ciprocamente, esse non si accordino completamente sul contenuto che il contratto dovrebbe possedere, al fine di raggiungere lo scopo negoziale che hanno di mira.
In merito al contratto cui accede l‟arbitraggio – contratto incompleto fino a che il contenuto dell‟oggetto contrattuale non venga precisato dal terzo – la questione cruciale sembra quindi essere, non tanto, quella della sua completezza, quanto piuttosto se l‟incompletezza, che comunque è un dato di fatto, possa essere tale da influire, e in che modo, sull‟iter formativo del contratto. In altri termini: un contenuto contrattuale incom- pleto può impedire il perfezionamento del contratto fino al momento in cui intervenga la determinazione dell‟arbitratore, pur in presenza di una manifesta e immediata volontà delle parti di impegnarsi reciprocamente127?
b. Differenti teorie a confronto
La dottrina si è occupata di verificare se fosse possibile stabilire un livello minimo di determinatezza che debba caratterizzare il contenuto contrattuale predisposto dalle parti e che funga da discrimine al perfezionamento del contratto. E, in particolare, se a tal fine rilevi la circostanza che l‟incompletezza concerna un elemento essenziale ovvero acciden- tale del contratto128.
127 X. XXXX, voce Contratto incompleto, cit., 424.
128 X. XXXXXXXXX, Il contratto «incompleto», in Riv. dir. priv., 3, 2008, 529 ss.
Già sotto la vigenza del vecchio codice voci autorevoli avevano affermato che sa- rebbe stato errato affermare in via assoluta che il contratto si sarebbe perfezionato con il solo consenso sugli elementi essenziali. Questi ultimi sarebbero infatti condizioni in assen- za delle quali un negozio non può esistere né appartenere a una determinata categoria giu- ridica: per la completa formazione del contratto potrebbe invece aver rilievo fondamentale anche un elemento accidentale o naturale129.
Questa posizione è stata sviluppata da chi, facendo un passo ulteriore, si è soffer- mato proprio sulla rilevanza che gli elementi accidentali possono rivestire ai fini del perfe- zionamento del contratto. In particolare è stato detto che, mentre non sarebbe sbagliato af- fermare che il contratto si perfeziona con il consenso dei contraenti sulle parti essenziali, lo sarebbe, invece, sostenere che il perfezionamento non venga inficiato dal disaccordo su e- lementi accidentali o naturali. Di regola, infatti, l‟intesa sugli elementi essenziali è suffi- ciente alla nascita di un contratto perfetto a meno che non risulti che le parti volessero con- ferire una particolare rilevanza ad uno o più elementi accessori o naturali. E quindi, così intesa la questione, il silenzio o il rinvio a una determinazione futura concernente elementi accidentali o naturali non impedirebbe la perfezione del contratto, trattandosi di un contrat- to a formazione progressiva130.
È stato sostenuto, ma è opinione discussa, che con riguardo all‟aspetto della conclu- sione del contratto, dovrebbe esser dato rilievo alla comune intenzione delle parti di vinco- larsi, ancorché vi sia un loro rinvio ad una determinazione successiva di alcuni elementi del contenuto contrattuale131.
Nell‟affrontare tale questione è necessario richiamarsi all‟art. 1346 cod. civ. il qua- le, a proposito dei requisiti dell‟oggetto del contratto richiede, fra l‟altro, che esso sia per- lomeno determinabile. È intorno a tale „determinabilità‟ che ruota l‟intera discussione circa la „completezza‟ del contratto di arbitraggio. Della „determinabilità‟ sono state offerte principalmente due interpretazioni, una letterale ed una funzionale.
000 X. XXXXXXXX, Xxxx‟art. 37 del codice del commercio, in Riv. dir. comm., 1909, I, 477 ss.
130 X. XXXXXXXXXX, Formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., II, 1916, 308 ss.
131 Di contrario avviso X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, cit., 46, secondo il quale il problema della perfezione o meno del contratto non potrebbe essere ridotto ad una questione interpretativa della volontà del- le parti che si sostanzi nell‟accertare se queste, nel concludere il contratto, abbiano o meno voluto un contrat- to perfetto o completo. Secondo l‟Autore «il contratto, in altri termini, o è completo o non lo è, a prescindere dalla volontà dei contraenti».
La prima ritiene che al fine di precisare ex post l‟oggetto contrattuale sia sufficiente inserire nel contratto un previo accordo delle parti in tal senso che specifichi i relativi crite- ri e modalità di determinazione. L‟interpretazione funzionale, invece, sostiene che sarebbe necessario effettuare una verifica già ex ante circa il possibile contenuto che l‟atto di arbi- tramento potrà concretamente assumere, in modo da evitare che venga ad esistenza un con- tratto contenente già in sé un vizio e che per tale ragione non potrà mai spiegare i propri ef- fetti. Conseguenza pratica dell‟accoglimento dell‟una o dell‟altra posizione sarà, a parità di condizioni, la validità, o meno, del contratto principale, e ciò in virtù del grado di determi- natezza del relativo oggetto132.
L‟interpretazione letterale ci sembra preferibile in quanto dal contratto di arbitrag- gio, per quanto ancora incompleto, emerge già una precisa volontà delle parti a vincolarsi. Certo, si tratta di un legame dai contorni ancora non del tutto definiti, ma indice, comun- que, di un preciso e fermo interesse delle parti a raggiungere un certo obiettivo. Vi è bensì un rischio contrattuale, ma consapevolmente assunto e al quale l‟ordinamento riconosce tu- tela proprio in virtù della formulazione aperta dell‟art. 1346 cod. civ. Non si vede infatti alcun impedimento o difficoltà nel riconoscere validità a un contratto che potrebbe essere colpito da invalidità solo in via eventuale133.
A seguito di queste considerazioni il dibattito, già anticipato nei suoi tratti fonda- mentali, si sviluppa quindi nei termini seguenti: il contratto che le parti hanno concluso e il cui contenuto è stato da loro lasciato in parte indeterminato, è un contratto ancora imperfet- to, già perfetto – sic et simpliciter o in quanto concluso per il tramite di un rimando alla di- chiarazione del terzo secondo il sistema del negozio per relationem – ovvero, ancora, è sot- toposto a condizione sospensiva134?
Durante la vigenza del codice civile del 1865 molti autori sostenevano che l‟atto determinativo del terzo avesse carattere costitutivo e ritenevano di conseguenza che il ne- gozio contenente la clausola di arbitraggio non potesse ritenersi perfetto fino al momento in cui non fosse intervenuta detta determinazione135.
132 X. XXXX, Il contratto “incompleto”, Torino, 2005, 180 s.; X. XXXXXXX, La cessione di crediti futu- ri, Padova, 1999, 276 s.
133 X. XXXX, Il contratto “incompleto”, cit., 181.
134 Così X. XXXXX, Contributo alla dottrina, cit., 139 ss.; X. XXXXXXX, in Commentario al codice ci- vile, cit., 548. Per una panoramica sul punto si veda: X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 830.
135 In questo senso X. XXXXXXXXX, Xxxxxxx ed arbitratori, cit., 216, secondo il quale farebbe eccezione a tale regola l‟ipotesi del negozio di accertamento, dove in realtà il negozio principale in ragione della natura
Successivamente, grazie anche all‟avvento del nuovo codice, dottrina e giurispru- denza maggioritarie giunsero alla conclusione opposta, nel senso cioè di ritenere perfezio- nato il negozio già al momento della sua conclusione e quindi prima del suo completamen- to da parte dell‟arbitratore. La determinazione del terzo assume quindi natura dichiarativa e, in quanto tale, non incide sul perfezionamento del contratto principale136.
Tale presa di posizione troverebbe appiglio nello stesso art. 1349 cod. civ. la cui di- sciplina relativa all‟impugnazione della determinazione dell‟arbitratore è ben diversa da quella prevista dal generale regime dell‟invalidità del negozio giuridico. Inoltre non si po- trebbe trascurare di dare rilevanza alla circostanza che, nel momento in cui le parti conclu- dono il contratto principale esse già manifestano la volontà di dar vita ad un negozio effi- cace, anche se alcuni elementi necessitino di un‟ulteriore specificazione137.
Sul piano internazionale anche l‟art. 14 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci afferma che la proposta debba ritenersi completa quando siano in- dicate le merci, le quantità e il prezzo, o i criteri per determinarli138. L‟art. 55 precisa che comunque il contratto può ritenersi concluso anche se le parti non abbiano fatto riferimento a un prezzo o ad un criterio preciso, in quanto si ritiene che in tal caso si tratti di un tacito richiamo al prezzo solitamente praticato in analoghe circostanze. Tale principio si ricollega a quello dettato nell‟ambito della disciplina generale del contratto secondo cui il corrispet- tivo, non solo quindi nella vendita, è sempre determinabile sulla base dei parametri fissati dalle tariffe o dagli usi o dal giudice secondo equità139.
Merita in particolare di essere menzionata l‟opinione di chi, nell‟affrontare tale an- nosa questione, distingueva a seconda che si trattasse di rimessione all‟arbitrium boni viri ovvero all‟arbitrium merum del terzo140.
della successiva statuizione sarebbe già perfetto, mentre così non sarebbe per il negozio di accertamento; nonché X. XXXXXXXXXX, Arbitrato estero, in Riv. dir. comm , 1916, I, 347 ss.
136 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 387; X. XXXXXXXXX, Il contratto «incompleto», cit., 528. In tal senso, per tutte si veda: Cass., 26 marzo 2002, n. 4283, in Mass. Giust. civ., 2002, 520; di contrario avvi- so, nel senso che il contratto cui accede la clausola di arbitraggio non sarebbe ancora perfetto: Xxxx., sez. un., 28 luglio 1995, n 8289, cit.; Cass., sez. un., 11 febbraio 1987, n. 1463, cit.; Cass., 29 aprile 1983, n. 2949, cit.; nonché per approfondimenti: Trib. Catania, 9 gennaio 2003, n. 36, in Dir. e Giust., 2003, 12, 38, con no- ta di X. Xxxxxxxx, Differenze tra arbitraggio e arbitrato irrituale.
137 A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 4.
138 Per un‟esaustiva panoramica sul punto si legga X. XXXXXXX, Vendita internazionale di beni mobi- li, II, art. 14-24. Formazione del contratto, in Commentario del cod. civ. Scialoja-Branca, a cura di X. Gal- gano, Bologna-Roma, 2006, 1 ss.
139 X. XXXXXXXXX, Il contratto «incompleto», cit., 516.
140 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 62 ss.
Nella prima ipotesi, infatti, la pronuncia dell‟arbitratore avrebbe natura di mero ac- certamento in quanto la cornice del rapporto è già stata astrattamente fissata dai contraenti e resta solo da accertare quale sia in concreto il contenuto più equo da dare ai profili rima- sti ancora imprecisati. Nell‟arbitrium merum, invece, la pronuncia dell‟arbitratore avrebbe carattere costitutivo, in quanto si inserisce in un negozio il cui contenuto era stato lasciato indeterminato dalle parti affinchè il terzo provvedesse in piena autonomia e libertà alla precisazione dello stesso141.
Nel caso in cui la determinazione sia rimessa all‟equo apprezzamento del terzo, in- fatti, è previsto un meccanismo che garantisce una moderata certezza circa l‟assunzione della determinazione in quanto, ove il terzo non vi provveda ovvero la sua statuizione sia iniqua o erronea, il giudice interverrà per adottarla, sostituendosi così all‟arbitratore. Poi- ché la determinazione assunta dal giudice avrà carattere oggettivo l‟accordo sarà così com- pleto in tutte le sue parti ed il contratto, quindi, perfetto.
Nel caso, invece, di rimessione al mero arbitrio, opzione scelta dalle parti in virtù della fiducia che ripongono nella persona dell‟arbitratore, se la determinazione di quest‟ultimo manchi ed i contraenti non si accordino per sostituire il terzo, il contratto sarà nullo. Data la portata di tali conseguenze vi è chi ha concluso che, in questo caso, il con- tratto che prevede l‟arbitraggio non possa dirsi perfetto fin dalla sua conclusione, poiché risulta ancora incerto un elemento dell‟accordo142.
In una posizione intermedia si colloca la tesi di chi ricostruiva i termini del proble- ma configurando il contratto di arbitraggio quale negozio per relationem e lo distingueva, rispetto all‟arbitrato, per la sua finalità di precisazione di rapporti lasciati parzialmente in- determinati – dal punto di vista sostanziale – dai contraenti. In particolare per stabilire il momento in cui il negozio può ritenersi validamente concluso si dovrebbe guardare non so- lo alla sua natura giuridica bensì anche, e soprattutto, alla volontà delle parti143. Le stesse, infatti, potrebbero stabilire che il negozio debba intendersi come pienamente concluso sin dal momento della sua stipulazione ovvero subordinare il suo perfezionamento alla succes- siva determinazione del terzo. Di massima, tuttavia, si ritiene che il negozio si perfezioni
141 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 62 ss. Tale opinione non convince invece X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, cit., 46 s.
142 X. XXXXXX, Significato e limiti dell‟intervento del giudice nella determinazione della cosa e del prezzo, in Giur. compl. Cass., 1946, II, 178.
143 X. XXXXXXXXX, Contratto completo, cit., 294.
nel momento in cui le parti abbiano convenuto sul rinvio alla determinazione del terzo: già allora l‟accordo può ritenersi completo perché, pur rinviando esse ad un‟integrazione suc- cessiva ad opera del terzo, il loro incontro di volontà si è già realizzato144. Detto diversa- mente: posto che, nel momento in cui l‟elemento individuato per relationem viene precisa- to dall‟arbitratore esso è anche recepito automaticamente nel contenuto del contratto prin- cipale, l‟accordo originario fra i contraenti dev‟essere considerato in sé già completo – rec- tius perfetto – nel momento in cui si forma. Si tratterebbe quindi di un contratto già di per sé perfetto ma concluso per relationem alla determinazione del terzo145.
Per questo motivo è stato osservato che il fenomeno della relatio rimarrebbe estra- neo all‟ipotesi della mancanza di elementi essenziali del contratto, quest‟ultimo essendo, pur in virtù di un richiamo e del meccanismo automatico di integrazione ad opera della re- latio, già completo e perfetto fin dall‟origine146.
La tesi dottrinale secondo la quale la clausola di arbitraggio sarebbe da ricollegare alla struttura della condizione sospensiva – in quanto sospenderebbe l‟efficacia del negozio cui inerisce fino al momento in cui il terzo assume la determinazione – si era affermata sot- to il codice previgente e si era modellata principalmente sulla struttura del contratto di compravendita. In particolare si affermava che la previsione contrattuale di un arbitraggio non avrebbe influito sulla validità del contratto bensì sul suo perfezionamento. Nel contrat- to di compravendita, infatti, benchè la determinazione del prezzo sia elemento essenziale del negozio, il patto che autorizza il terzo a determinare il prezzo sarebbe invece un ele- mento accidentale, una condizione, appunto. Questo intrinseco legame fra i due aspetti condurrebbe, stando a questa teoria, all‟inevitabile conclusione che, laddove l‟arbitratore non determini il prezzo, la vendita non verrà ad esistenza. Ma non solo e non tanto perché la condizione non si sia avverata, quanto invece perché mancherebbe un elemento essen- ziale del contratto stesso: la determinazione del xxxxxx000.
144 Così P. DI PACE, Il negozio per relationem, cit., 53.
145 Per approfondimenti sulla relatio negoziale si vedano anche: X. XXXX, Forma solenne e interpre- tazione del negozio, Padova, 1969, 16 ss. e 171 ss.; X. XXXXXX, La relatio nei negozi formali, in Riv. dir. civ., 1972, I, 117 ss.; in particolare sulla determinazione degli interessi: X. XXXXXXXX, Limiti dell‟ammissibilità del- la „relatio‟ nella determinazione per iscritto degli interessi ultralegali, in ID., Le obbligazioni nel diritto civi- le, Padova, 2006, 279 ss.
146 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 116 ss.; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 48 s.
147 X. XXXXX, Contributo alla dottrina, cit., 139 ss.
Si tenga però presente che tale ricostruzione si basava sull‟applicazione dell‟istituto dell‟arbitraggio a ipotesi specifiche, tra le quali la determinazione del prezzo nella com- pravendita nonché del corrispettivo nella locazione e nella società.
Chi contesta tale ricostruzione ritiene che essa non sarebbe in linea con le regole di teoria generale: se si ritenesse la clausola di arbitraggio quale condizione sospensiva, infat- ti, in caso di sua eliminazione dalla struttura del negozio o di suo mancato avveramento, quest‟ultimo dovrebbe restare comunque integro, data la natura accidentale della condizio- ne e non invece nullo, come secondo la teoria testé esposta, in quanto privo del criterio di determinabilità del suo contenuto148.
V‟è infine chi sostiene che l‟impossibilità di assimilare la clausola di arbitraggio al- lo schema della condizione sarebbe dovuta al fatto che la disciplina delle condizioni legali è differente da quella prevista per le condizioni volontarie149. Questo discenderebbe in par- ticolare dalla diversità sostanziale delle due figure posto che nella condizione legale non rilevano né la capacità né la volontà del suo autore, mentre l‟ordinamento predispone dei rimedi ad hoc per il caso in cui la determinazione arbitrale sia assunta dal terzo in stato di incapacità – profilo, questo, discusso – o in mala fede.
c. Osservazioni conclusive
In realtà, a ben guardare, l‟intera discussione pare essere sorta da un equivoco di fondo di impostazione dogmatica, consistente nella commistione di due problematiche: una concernente il perfezionamento del contratto, l‟altra riguardante la completezza dello stes- so. Infatti è stato giustamente osservato che nel discorrere di tale questione è fondamentale chiarire e distinguere i due concetti, spesso richiamati in modo atecnico. La perfezione ha riguardo ad un contratto il cui iter formativo si sia concluso e sia idoneo a produrre le con- seguenze che gli siano proprie. La completezza fa invece riferimento alla coesistenza di tutti gli elementi voluti dalle parti e necessari per aversi un negozio giuridico. Ne deriva che un negozio potrebbe essere completo ma imperfetto, ovvero perfetto ma incompleto150.
148 A. CATRICALÀ, voce Arbitraggio, cit., 4.
149 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto privato italiano, Milano, 2000, 284 s.
150 X. XXXX, voce Contratto incompleto, cit., 425 ss.; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 53.
In conclusione mentre l‟opinione minoritaria, sostenuta soprattutto durante la vi- genza del codice civile del 1865, riteneva che il contratto non potesse considerarsi conclu- so finché non fosse completo – e ciò sarebbe avvenuto solo con la determinazione del ter- zo151 –, l‟opinione attualmente dominante in dottrina ed in giurisprudenza sostiene invece che il contratto contenente l‟accordo di arbitraggio sia una fattispecie negoziale a contenu- to già dall‟inizio perfetto. Infatti, poiché l‟art. 1349 cod. civ. prevede che l‟oggetto del con- tratto possa essere determinabile anche in un momento successivo alla stipulazione del ne- gozio, l‟accordo delle parti di far propria la determinazione dell‟arbitratore è sufficiente a rivestire tale requisito. Va quindi escluso che il contratto principale possa essere considera- to alla stregua di un contratto „incompleto‟ nel senso di „non perfezionatosi‟152 (mentre una
„incompletezza‟ in senso lato è comunque ravvisabile).
È stato quindi affermato che il rinvio alla successiva determinazione del terzo non inciderebbe tanto sul perfezionamento del contratto principale quanto, piuttosto, sulla sua efficacia. In particolare il contratto sarebbe già completo al momento della sua conclusione perché possiede i requisiti richiesti dalla legge; l‟oggetto, invece, pur non essendo ancora determinato, è determinabile ai sensi dell‟art. 1346 cod. civ. Diversi autori si sono perciò occupati della questione se tale negozio sia produttivo di effetti ancora prima della deter- minazione dell‟arbitratore, ma ciò esula dalla presente ricerca e si fa rinvio alle opportune trattazioni sul punto, salvo ritornare sull‟argomento successivamente, a proposito dei rime- di alla determinazione iniqua dell‟arbitratore153.
Il contratto è dunque perfetto e soddisfa, sia dal punto di vista giuridico sia dal pun- to di vista economico, gli interessi comuni dei contraenti, tra i quali rientra anche quello di una certa flessibilità dei loro rapporti contrattuali154.
151 X. XXXXXXXXX, Arbitri ed arbitratori, cit., 216.
152 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 48; C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 332 s.; P. DI PACE, Il ne- gozio per relationem, cit., 36; X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 829; X. XXXXXXXXX, Incompletezza e com- pletamento, cit., 138; C.M. XXXXXX, La vendita, cit., 516 s.
153 Per approfondimenti si veda X. XXXX, voce Contratto incompleto, cit., 434 ss.; X. XXXXXX,
L‟arbitraggio, cit., 49 ss.
154 X. XXXX, Il contratto “incompleto”, cit., 170 ss.; X. XXXXXXXXX, Il contratto «incompleto», cit., 528; nonché xxxxx, xxx. 0, § 0, x.
0. Xx xxxxx x xx xxxxxx del rapporto tra le parti e l’arbitratore
Una questione che è stata ed è tutt‟oggi foriera di grandi discussioni è quella con- cernente l‟esatta qualificazione giuridica dell‟atto di determinazione del terzo. Prima di af- frontarla è però necessario ricordare da dove tragga origine il potere dell‟arbitratore155.
La comune volontà delle parti di affidare ad un terzo il potere di determinazione può trovare giuridico fondamento o in una clausola contenuta nel contratto principale, detta clausola di arbitraggio, ovvero in un apposito atto separato, il contratto di arbitraggio, ap- punto156.
Va quindi opportunamente distinto, da un lato, il contratto di arbitraggio con cui le parti si accordano ed impegnano a deferire al terzo l‟incarico di effettuare la determinazio- ne e, dall‟altro lato, l‟accordo stipulato fra i contraenti ed il terzo, l‟accettazione dell‟incarico da parte del quale dà vita, conseguentemente, ad un ulteriore rapporto da cui sorgono due obblighi: per il terzo quello di svolgere il compito affidatogli dai contraenti, e per questi ultimi, quello di pagare l‟onorario all‟arbitratore157.
Proprio su tale accordo, oggetto di grandi discussioni, si soffermerà ora l‟attenzione, cercando di analizzarne la natura giuridica. Tale discussione è strettamente connessa a quella della natura dell‟atto di arbitraggio del terzo: entrambe hanno infatti ri- cadute pratiche rilevanti, con particolare riferimento sia alla natura – completa o meno – del contratto principale cui l‟arbitraggio accede, sia sul piano dei presupposti per l‟impugnazione della determinazione arbitrale.
A differenza della clausola di arbitraggio, la forma della quale è ritenuta – quasi unanimemente – dover coincidere con quella del contratto principale cui accede, non vi è invece uniformità di opinioni sui requisiti di forma nel caso in cui la clausola stessa sia contenuta in un atto separato dal contratto.
Da un lato v‟è infatti chi afferma che, siccome la regola della forma permea tutto il contratto, anche la clausola di arbitraggio che sia contenuta in un atto distinto ma „collega- to‟, dovrebbe possedere la stessa forma richiesta ad substantiam per il contratto principa-
155 X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, cit., 45 ss.
156 Sulla natura, accessoria o meno, della clausola di arbitraggio rispetto al contratto principale, si veda X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 32 ss.
157 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 220 s.
le158. V‟è però chi non condivide tale presa di posizione, in quanto ritiene che da tale rigo- rosa regola vadano esclusi i patti concernenti le modalità di esecuzione delle attribuzioni contrattuali. Stando a tale interpretazione, pur in vigenza del principio di libertà della for- ma, la forma scritta sarebbe comunque necessaria nel caso in cui la clausola abbia ad og- getto il trasferimento di beni immobili159.
Già sotto la vigenza del codice civile del 1865 è stata molto discussa la natura del rapporto che si instaura fra i contraenti e l‟arbitratore160, variamente qualificato quale con- tratto di mandato, contratto d‟opera, contratto atipico di arbitraggio161, ovvero ricondotto allo schema del mandato o del contratto d‟opera, a seconda delle specifiche del caso con- creto162.
Nonostante alcune opinioni in senso affermativo163, si esclude oramai quasi unani- memente che tra i contraenti ed il terzo possa ritenersi instaurato un rapporto di rappresen- tanza. Questo perché, mentre il rappresentante esercita il potere di cui viene investito per realizzare la volontà del dominus ponendo in essere atti giuridici che sono a lui imputati, vincolando le parti alla propria determinazione, l‟arbitratore non ha il compito di realizzare la volontà del dominus, essendo invece terzo rispetto al negozio, sul quale incide per vo- lontà comune delle parti164. L‟arbitratore, come il mandatario, compirebbe un‟attività giu- ridica sostitutiva delle parti, concorrendo a formare la volontà negoziale delle parti165.
Chi avalla la ricostruzione in termini di contratto di mandato, argomenta che all‟arbitratore in effetti verrebbe conferito un incarico avente il contenuto di un vero e pro- prio mandato collettivo, in base al quale uno o più terzi vengono investiti del potere di svolgere, per conto dei contraenti, un determinato incarico. Questi avrebbero infatti di mira
158 X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 47 s.; X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 831; X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 137.
159 X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 48; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 37 s.; ricorda ta- le soluzione in quanto adottata dalla giurisprudenza C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 283 e ivi nt. 47.
160 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit. 87 ss.
161 X. XXXXX, Trattato del contratto, cit., 963; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 221 ss.; X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I contratti in generale, cit., 145.
162 P. DI PACE, Il negozio per relationem, cit., 48 ss.
163 X. XXXXXXXXX, Arbitri ed arbitratori, cit., 316.
164 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 379; X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit. 87.
165 M.C. XXXXXX, Il contratto in generale, Milano, 2002, 362. In giurisprudenza: Cass., 13 dicembre 1974, n. 4253 in Giust. civ., 1975, I, 1373; Cass., 24 novembre 1966, n. 2795, in Mass. Giust. civ., 1966,
1590; Cass., 13 settembre 1963, n. 2492, in Mass. Giust. civ., 1966, 1590.
un certo risultato che dev‟essere realizzato dall‟arbitratore precisando la prestazione ogget- to del contratto166.
Chi segue tale linea interpretativa non ritiene accettabile la ricostruzione del rappor- to in termini di contratto d‟opera intellettuale perché esso, a differenza del mandato, avreb- be ad oggetto un‟obbligazione puramente di mezzi e non di risultato. In tal caso, pur aven- do le parti di mira un certo scopo, affinchè la prestazione del terzo possa ritenersi valida- mente compiuta è sufficiente che egli svolga il suo incarico secondo i criteri che gli sono stati impartiti, anche se non dovesse raggiungere il risultato auspicato (si faccia il caso dell‟obbligazione del medico). Nell‟arbitraggio invece, le parti, affidando all‟arbitratore il compito di assumere una certa determinazione, non hanno interesse solamente alle modali- tà con cui egli procede, ma al contenuto della statuizione stessa.
Infine, se si accoglie l‟inquadramento del contratto in termini di mandato, ne deriva l‟applicabilità allo stesso del regime di cui all‟art. 1390 cod. civ. circa i vizi della volontà dell‟arbitratore167.
Chi invece mette in dubbio tale qualificazione, ritiene che l‟arbitratore svolga il suo incarico nei confronti degli stessi soggetti che gliel‟hanno conferito e non, invece, per con- to loro nei confronti di terzi168.
Secondo tale opinione, inoltre, l‟arbitratore non sarebbe tenuto a compiere un atto giuridico o ad emettere una dichiarazione di volontà: si tratterebbe bensì di una dichiara- zione consistente in un fatto giuridico, cui le parti hanno attribuito efficacia per il tramite della loro dichiarazione di volontà169.
Tale posizione viene giustificata anche sulla base della considerazione che dalla ri- costruzione del rapporto in oggetto quale mandato discenderebbero altresì conseguenze in- sostenibili sul piano dei rimedi. Infatti non sarebbe compatibile con la struttura dell‟arbitraggio ritenere la determinazione del terzo annullabile per vizi della volontà ai sensi dell‟art. 1390 cod. civ.: l‟arbitratore non presterebbe alcun consenso in quanto la sua statuizione, benchè da lui xxxxxxx, è frutto della volontà delle parti. Le sue valutazioni po-
166 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit. 87 s.; X. XXXXXXXXX, Xxxxxxx ed arbitratori, cit., 215; X. XXXXX- ZEROTTO, Arbitrato improprio, cit., 48 ss.
167 Chi invece manifesta la propria contrarietà a tale conclusione afferma che, a ben guardare, all‟arbitratore non potrebbe essere comunque applicata tale disciplina posto che egli non manifesta alcun
„consenso‟ giuridicamente inteso.
168 X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I contratti in generale, cit., 145.
169 X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile, cit., 238. Sulla natura, negoziale o meno dell‟atto di arbi- traggio si veda infra, § 9.
tranno essere contestate solo in quanto inique od erronee (nell‟arbitrium boni viri) o perché frutto di mala fede (nell‟arbitrium merum)170.
8. L’incarico dell’arbitratore
Anche con riguardo alle caratteristiche dell‟incarico dell‟arbitratore è opportuno dar conto di differenti aspetti, nonché delle opinioni a tal proposito espresse.
Quanto al contenuto dell‟incarico, al terzo potrà essere deferita la fissazione di qualsiasi elemento del contratto: eccezion fatta, si afferma comunemente, per la scelta del tipo contrattuale o per la fissazione di tutte le sue componenti. Così facendo verrebbe infat- ti violata l‟autonomia contrattuale delle parti ed il principio di parità reciproca: la determi- nazione del terzo dovrà quindi avere comunque carattere parziale171. Infatti vi sono ipotesi
– per lo più in materia di diritti personali e familiari – in cui l‟intervento dell‟arbitratore le- sivo dell‟autodeterminazione dei contraenti viene sanzionato con la nullità della sua deter- minazione172.
La giurisprudenza ha affermato che l‟arbitraggio può riguardare non solo elementi non essenziali del contratto, ma anche qualsiasi elemento che le parti non abbiano fissato e che sia funzionale allo svilupparsi del rapporto negoziale, purché non sia essenziale al per- fezionamento del negozio xxxxxx000.
A ciò si aggiunga che esula dalla sfera di intervento del terzo anche l‟ipotesi in cui i contraenti abbiano volontariamente omesso di determinare alcuni elementi ed il fondamen- to di tale mancanza risieda in una totale mancanza di volontà negoziale174.
Quanto alla nomina dell‟arbitratore, le norme codicistiche che fanno riferimento all‟arbitraggio parlano quasi tutte di un solo arbitratore ma ciò non toglie che le parti pos- sano a loro discrezione nominarne più d‟uno, e non necessariamente in numero dispari175.
170 X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile, cit., 238 s.
171 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 386; C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 327. In materia di appalto era stato ritenuto nullo l‟accordo con cui era stata rimessa ad un terzo la realizzazione dell‟opera che l‟appaltatore doveva costruire: in particolare si legga: Trib. Napoli, 16 marzo 1951, in Giur. civ. comm., 1951, II, 1105.
172 Si ricordino, sulla scorta degli artt. 631 e 778 cod. civ., le disposizioni testamentarie e la dona- zione, quali atti personalissimi che devono essere compiuti dal loro autore.
173 Particolarmente significativa è la pronuncia della Cass., 27 luglio 1957, n. 3167, in Giust. civ., I, 2097, da cui emerge che al terzo potrebbe essere rimessa anche la determinazione dell‟intero negozio.
174 X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I contratti in generale, cit., 146.
Può essere nominato arbitratore qualsiasi persona fisica: il cittadino, l‟apolide, lo straniero, l‟interdetto dai pubblici uffici o dall‟esercizio di una professione o di un‟arte, il fallito. L‟arbitratore può essere nominato in quanto persona ovvero in funzione della carica che riveste (ad es. il professore di una determinata materia in una certa Università)176.
Per la validità della pronuncia da parte dell‟arbitratore non è richiesta una capacità particolare rispetto a quella prevista per la conclusione del contratto. Sarà sufficiente, trat- tandosi di una persona fisica, la sua capacità d‟agire e la capacità naturale al momento del- la determinazione177. Se minore di età o interdetto l‟atto dovrà esser posto in essere dal rappresentante legale. Purché questa sia munito di tutti i poteri necessari, la clausola potrà essere redatta anche dal rappresentante della parte.
Nel caso si tratti invece di una persona giuridica – ad esempio un‟associazione non riconosciuta che opererà attraverso i suoi organi – il soggetto incaricato di sottoscrivere l‟accordo dovrà essere a tal fine appositamente autorizzato, nel rispetto delle regole previ- ste dall‟ente178.
In generale si ritiene che il terzo possa svolgere il proprio ufficio senza l‟osservanza di regole o forme particolari, a meno che queste non siano state espressamente previste dal- le parti.
Nel caso in cui la determinazione sia viziata da errore dell‟arbitratore potrà essere modificata anche dopo che sia stata comunicata alle parti e, se queste non abbiano fissato un termine perentorio, esso potrà essere stabilito dal giudice.
Poiché l‟incarico rivolto al terzo è frutto di una concorde volontà delle parti, la giu- risprudenza ha ritenuto che non possa ritenersi sindacabile in Cassazione la valutazione del contenuto dell‟incarico del terzo e il relativo giudizio operato dal giudice di merito circa l‟iniquità o l‟erroneità della determinazione del terzo179.
In ogni caso è necessario che i contraenti fissino, nella clausola con cui affidano l‟incarico all‟arbitratore, criteri precisi e concordanti atti ad evitare che le parti siano poi
175 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 75; X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 131; X. XXXXXXX, voce Ar- bitraggio, cit., 832. Nell‟ordinamento tedesco, il § 317 BGB parla espressamente della possibilità che la de- terminazione sia rimessa a «più terzi».
176 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 76.
177 Secondo X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 832, sarebbe sufficiente la capacità naturale.
178 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 37.
179 Per tutte: Cass., 9 novembre 1970, n. 2292, in Rep. Foro it., 1971, voce «Arbitrato», n. 68; X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I contratti in generale, cit., 146; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 139.
costrette ad effettuare una successiva e ulteriore manifestazione di volontà a scopo chiarifi- catorio180.
In ordine alle modifiche apportabili a tale rapporto contrattuale, è pacifico che esse possano essere effettuate solamente con il concorde consenso di tutte le parti181.
La possibilità di revocare la determinazione da parte del terzo viene concordemente esclusa sulla base della considerazione che essa, in quanto atto dovuto, una volta comuni- cata alle parti debba considerarsi irrevocabile. L‟arbitratore potrà, semmai, procedere alla sua rettifica, che invece è di massima sempre ammessa, seppur, come già detto, nel rispetto di determinati limiti temporali (diversamente le parti sarebbero lasciate in balìa dei ripen- samenti del terzo)182.
Dall‟inquadramento del rapporto parti-arbitratore in termini di contratto di mandato discenderebbe la corrispondente disciplina quanto al potere di revoca spettante ai contraen- ti. Le parti sarebbero infatti autorizzate a revocare l‟incarico al terzo, purché a tale richiesta concorrano tutti coloro che abbiano partecipato alla nomina183. La giurisprudenza ha perfi- no ammesso la sua revocabilità anche ad opera di una sola parte, per giusta causa184.
9. La natura della determinazione arbitrale
Il diverso inquadramento giuridico del contratto tra parti e terzo ha inevitabili con- seguenze anche sull‟individuazione della natura dell‟atto di determinazione dell‟arbitratore. Si tratta di un negozio giuridico? E, in caso di risposta affermativa, di una dichiarazione negoziale avente natura meramente dichiarativa ovvero costitutiva185?
La dottrina maggioritaria più risalente affermava la natura negoziale dell‟atto di ar- bitraggio, sostenendo che il terzo, tramite la sua dichiarazione, avrebbe completato il con-
180 Cass., 27 giugno 1985, n. 3853, in Giur. it., 1986, I, 336.
181 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 43.
182 Per approfondimenti: X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 129.
183 X. XXXXXXXXX, Arbitri ed arbitratori, cit., 215; X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 50 ss., il quale precisa che questa ricostruzione dal punto di vista giuridico non si estende, comprensibilmente, alle ipotesi in cui si tratti di arbitraggio riferito a negozi mortis causa.
184 Così Cass., 26 marzo 2002, n. 4283, cit., che argomenta assimilando l‟incarico dell‟arbitratore a quello oggetto di un mandato collettivo ed applicando la relativa disciplina (nel caso specifico l‟art. 1726 cod. civ. in materia di revoca), non invece quella di cui all‟art. 1349 cod. civ.
185 Per una panoramica in proposito si veda: X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 165 ss.; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 83 ss.; X. XXXXXXXXX, Il contratto di arbitraggio, cit. 1173 ss.; X. XXXXX- NONI, Incompletezza e completamento, cit., 139 ss.; X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, cit., 48 ss.
tenuto del negozio principale ponendone in essere uno ulteriore186. Si tratterebbe di un ne- gozio ausiliario, di secondo grado e collegato a quello principale, rispetto al quale si por- rebbe come strumentale. L‟arbitratore, visto quale mandatario, è un terzo che concorre a formare la volontà negoziale e questo perché il negozio posto in essere dalle parti, per per- fezionarsi, necessiterebbe di un‟ulteriore dichiarazione di volontà. L‟arbitratore quindi completerebbe la carente dichiarazione di volontà delle parti, le quali si erano accordate nel senso di far propria la scelta del terzo187.
Tra i sostenitori della teoria negoziale si distinguono le opinioni di chi ritiene che la determinazione del terzo abbia natura costitutiva, e sia quindi espressione di un potere di formazione negoziale a lui attribuito dalle parti188, ovvero dichiarativa, e quindi di mero accertamento di una fattispecie già perfetta189.
In particolare vi era chi distingueva, sotto la vigenza del codice del 1865, a seconda che si trattasse di arbitraggio secondo equo apprezzamento ovvero secondo mero arbitrio. Nel primo caso la determinazione avrebbe avuto natura dichiarativa in quanto il compito svolto dall‟arbitratore doveva essere quello di accertare la volontà delle parti servendosi di un criterio che ammette, di massima, un‟unica scelta190. Nel caso di arbitrium merum non si sarebbe trattato, invece, di una dichiarazione di accertamento, perché in questo secondo tipo di arbitraggio la determinazione non sarebbe legata a precisi criteri oggettivi ma, po- tendo essere adottata sulla base di una spiccata libertà di scelta, avrebbe funzione costituti- va. Il terzo infatti avrebbe la facoltà di optare per una fra più soluzioni, tutte rispondenti ad equità. La sua non è una scelta obbligata: si inserisce invece in un panorama in cui non vi è una sola possibile soluzione da accertare, bensì un ventaglio di alternative, la scelta fra le quali assume inevitabilmente il profilo di una dichiarazione costitutiva191.
È stato detto che un altro indice della necessità di inquadrare la determinazione del terzo nella categoria del negozio giuridico sarebbe la possibilità di impugnare tale dichia-
186 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 135 ss.; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 166
s. Xxxxxxxxx la natura di atto negoziale anche Xxxx., 13 dicembre 1974, n. 4253, cit., secondo la quale l‟arbitratore procede alla determinazione dell‟elemento mancante di un rapporto giuridico in via di formazio- ne mediante l‟esplicazione di un‟attività sostitutiva di quella delle parti, concorrendo al perfezionamento del contratto.
187 X. XXXX, L‟arbitrato, cit., 374.
188 X. XXXXXXXX, Lehrbuch des deutschen Zivilprozessrechtes, II, Stuttgart, 1903-1905, 316.
189 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 135. Si veda anche X. XXXXXXXXX, Arbitri ed arbitratori, cit. 66 s.; M.B. CHITO, in Codice civile, a cura di X. Xxxxxxxx, I, sub art. 1349 cod. civ., Milano, 2008, 2474.
190 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 135; X. XXXXXXXXX, Arbitri ed arbitratori, cit., 66.
191 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 69 ss.
razione – oltre che per manifesta iniquità e malafede dell‟arbitratore – anche per sua inca- pacità e per vizi del volere192. Altri autori, invece, criticano questa costruzione logica e ri- tengono che tale circostanza possa essere considerata solamente una conseguenza di tale inquadramento, e non un presupposto sulla base del quale giungere ad una siffatta ricostru- zione dogmatica193.
Per molto tempo la teoria negoziale è stata sostenuta in via maggioritaria in quanto la dottrina, in ragione soprattutto della mancanza di un vero approfondimento sul tema dell‟atto giuridico, assimilava l‟atto di manifestazione di volontà al concetto di „negozio giuridico‟194.
Ben presto si cominciò a fare chiarezza in ordine alla classificazione dogmatica che distingue il fatto dall‟atto giuridico, e quest‟ultimo dal negozio giuridico, sul presupposto che questo, e non invece l‟atto, si caratterizza per una vera e propria funzione regolamenta- tiva195.
Negli ultimi anni si è affermata in via prevalente la teoria non negoziale della di- chiarazione del terzo, in base alla quale la determinazione consisterebbe semplicemente nella specificazione di un elemento del rapporto contrattuale già costituito e delineato dai contraenti, e non si caratterizzerebbe invece per un‟autonoma volontà del terzo di costitui- re, modificare o estinguere un rapporto giuridico196.
Gli effetti giuridici dell‟atto dell‟arbitratore deriverebbero dal comune accordo ed impegno delle parti di far propria la successiva determinazione del terzo197. Quest‟ultimo non parteciperebbe alla formulazione di una regola contrattuale ma si servirebbe, per adot- tare la statuizione, di strumenti impostigli e concordati dalle parti, da lui non liberamente scelti198.
192 X. XXXXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da X. Xxxx-X. Messi- neo (continuato da X. Xxxxxxx), I, Milano, 1987, 208 ss. Di opinione contraria è invece X. XXXXX, Problemi dell‟oggetto, cit., 41.
193 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 167, nt. 298.
194 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 89 s.
195 C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 7 e ivi nt. 16; X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, 2007, 81 ss.; X. XXXXXXX, Istituzioni di diritto privato, Padova, 2006, 23 ss.; A. TORRENTE-X. XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, Milano, 2007, 189 ss.
196 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 167; X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I contratti in generale, cit., 145; fra le pronunce giurisprudenziali più rilevanti in tal senso: Cass., 27 aprile 1976, n. 1479, in Rep. Giur. it, voce «Arbitrato», n. 7.
197 C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 331; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 170
ss.
ss.
198 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 90 ss.; X. XXXXXXXXX, Incompletezza e completamento, cit., 139
Con la sua determinazione l‟arbitratore non sostituirebbe quindi la propria volontà a quella delle parti, né essa può essere considerata fonte di un nuovo e ulteriore negozio giu- ridico. Consisterebbe invece in una dichiarazione di scienza che vincola i contraenti ma non in virtù di una precisa ed autonoma volontà del terzo in tal senso, bensì perché ciò ri- sulta da un loro precedente accordo199.
Seguendo quest‟ultima interpretazione, dunque, l‟arbitratore non potrebbe essere assimilato alla figura del rappresentante200, in quanto il primo, con la sua statuizione, non impegna le parti nei confronti di xxxxx, non esercita un potere in nome altrui. L‟arbitratore invece svolge l‟attività in nome proprio per realizzare la volontà dei contraenti, ma, poiché rimane esterno al negozio, gli effetti della sua determinazione ricadrebbero sul contratto principale nella misura in cui le parti lo abbiano stabilito201. L‟atto del terzo sarebbe quindi un atto dovuto – e in quanto tale, quindi, non negoziale – poichè effettuato in esecuzione dell‟incarico ricevuto dalle parti202.
Fra coloro che aderiscono alla teoria non negoziale si distingue poi fra chi qualifica la determinazione del terzo quale atto giuridico ovvero chi la ritiene mero fatto giuridico, a seconda che si dia rilievo, o meno, alla volontà dell‟arbitratore quale elemento condizio- nante la produzione degli effetti giuridici della dichiarazione203.
E così, quale atto giuridico, la determinazione arbitrale consisterebbe in un atto di scienza o di intelletto, avente ad oggetto la determinazione di un contratto altrui e in quanto tale espressione non della volontà autonoma del terzo, bensì di una certa sua competenza in materia204. Tale atto spiegherebbe efficacia tra le parti in quanto da esse preventivamente accettato tramite rinvio, delineandosi quindi quale fattispecie integrativa dell‟accordo già stipulato205. In quanto tale, non si porrebbero problemi di forma (che sarebbe libera) né di capacità d‟agire dell‟arbitratore (essendo sufficiente la mera capacità di intendere e di vole- re)206.
199 X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 829 s.; X. XXXXXXX, Codice civile, cit., 496.
200 Sul punto vedi supra, §§ 5 e 7.
201 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 379; C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 332.
202 X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I contratti in generale, cit., 145.
203 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 91 ss.; X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 173 ss.
204 C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 330 ss.
205 X. XXXXXXXXX, L‟atto non negoziale nel diritto privato italiano, Napoli, 1955, 369 ss.; F. CRI- SCUOLO, Arbitraggio e determinazione, cit., 172 s.
206 X. XXXXXXX-X. XXXXXXXX, I contratti in generale, cit., 145.
La teoria che sostiene la natura di mero fatto giuridico della determinazione arbitra- le ben si attaglia a quella che concepisce l‟arbitraggio come negozio per relationem ed in base alla quale, come si è visto, il contratto con cui le parti incaricano il terzo dell‟arbitraggio è già perfetto al momento della sua conclusione in quanto la determinazio- ne del terzo avrebbe semplice funzione dichiarativa e non costitutiva.
A queste due teorie principali si aggiungono altre, tanto che tale difficoltà di classi- ficazione ha condotto taluni autori a ritenere inutile un inquadramento giuridico della de- terminazione arbitrale207. Si ricordi, fra le altre, la teoria che configura l‟atto di arbitraggio come un atto giuridico di arbitramento, che trova la sua ragion d‟essere proprio nel fatto che è difficile inquadrare in una categoria unitaria questa fattispecie, e quindi ne crea una autonoma208. Si tratterebbe, quindi, di un atto riconducibile al dichiarante ma funzionale alla volontà di altri soggetti e collegato al negozio da questi concluso209.
Pareri contrapposti concernono infine la natura, recettizia o meno, della dichiara- zione del terzo. La posizione dominante ritiene che la stessa spiegherà pienamente i suoi effetti solo nel momento in cui le parti ne ricevano comunicazione210. La dottrina minorita- ria, invece, afferma che, se la determinazione sia stata effettuata, essa sarà comunque vali- da ed efficace anche se dovesse intervenire un fatto che impedisca all‟arbitratore di comu- nicarla alle parti (ad es. la morte dello stesso)211.
10. I criteri di giudizio del terzo tra mero arbitrio ed equo apprezzamento
La scelta delle diverse modalità e forme in cui può realizzarsi l‟atto di arbitraggio nel nostro ordinamento è rimessa alla volontà dei contraenti i quali, ai sensi dell‟art. 1349 cod. civ., possono chiedere al terzo di effettuare la determinazione secondo equo apprez- zamento o secondo mero arbitrio, ovvero possono anche non disporre nulla, richiamandosi semplicemente alla determinazione del terzo.
L‟arbitratore deciderà infatti secondo equo apprezzamento in tre casi: se le parti lo abbiano espressamente stabilito nel contratto; se, viceversa, non hanno fatto riferimento ad
207 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 95.
208 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 390.
209 X. XXXXXXXXX, Incompletezza e completamento, cit., 141.
210 Per tutti si veda X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, La determinazione dell‟onorato di un lascito e l‟arbitrio del terzo, in Riv. dir. priv., 1932, I, 293.
211 X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 127.
alcun criterio di determinazione – trovando così applicazione la presunzione dell‟art. 1349 primo comma cod. civ. –; infine, quando i contraenti abbiano stabilito parametri ed indici che l‟arbitratore deve prendere a riferimento nell‟assumere la determinazione.
Con riguardo a quest‟ultima ipotesi, e superando le incertezze esistenti sotto il pre- cedente codice circa l‟ammissibilità del mero arbitrio, il legislatore ha previsto per il trami- te di una presunzione iuris tantum che in assenza di un‟espressa volontà delle parti di ri- mettersi al mero arbitrio del terzo, quest‟ultimo dovrà effettuare la determinazione secondo il criterio dell‟equo apprezzamento.
Equo apprezzamento e mero arbitrio sono dunque due possibili modalità con cui l‟arbitratore può effettuare la sua determinazione. Posto che la legge nulla dice a tal propo- sito è importante distinguere fra queste due modalità di giudizio anche al fine di meglio comprendere e inquadrare le ipotesi di difformità e di impugnabilità della relativa determi- nazione (per manifesta iniquità nel primo caso; solo quando sia provata la mala fede del terzo, nel secondo).
Il criterio dell‟equo apprezzamento vincola l‟arbitratore a svolgere il proprio incari- co sulla base dei parametri cui si attiene il bonus vir, cioè l‟uomo ponderato, l‟equo valuta- tore, l‟equilibrato e diligente buon padre di famiglia212. In particolare l‟arbitratore dovrà tenere in considerazione tutti i criteri che gli siano stati forniti dalle parti nell‟ambito della loro autonomia negoziale e, se ciò non abbiano fatto, di tutte le circostanze che gli siano note, della particolare natura del compito affidatogli e della realtà contingente. Egli deve perciò servirsi di tutte le proprie competenze per effettuare una determinazione che rispon- da il più possibile ai principi dell‟equità213.
Si tratta quindi di un‟attività vincolata a parametri eterogenei: legali, tecnici e di equità. Sarà inoltre onere delle parti comunicare all‟arbitratore le circostanze delle quali egli dovrà opportunamente tener conto al fine di adottare una scelta il più possibile aderen- te all‟equità del caso concreto214.
Proprio questa ampiezza del raggio d‟azione del terzo, giustificata dalla fiducia che le parti possiedono nei suoi confronti, è la ragione che fonda il meccanismo di impugnabi-
212 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit. 391; X. XXXXXXXXX, Il contratto di arbitraggio, cit., 1192.
213 X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 831 ss.; X. XXXXXXX, La teoria generale, cit., 174; X. XXXXX- XXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 56.
214 X. XXXXXXX, La teoria generale, cit., 174.
lità della determinazione dell‟arbitratore, basato sull‟iniquità della stessa215. L‟oggettività cui deve ispirarsi la determinazione del terzo sarebbe temperata dal fatto che essa può co- munque oscillare tra un minimo ed un massimo, entro i quali risponderebbe ad equità216, rivelandosi viceversa iniqua tutte le volte in cui non terrà nella dovuta considerazione la rappresentazione che le parti abbiano fornito del quadro dei loro interessi217.
La determinazione secondo equo apprezzamento dovrà quindi tener conto di tutti gli aspetti del rapporto contrattuale: quelli oggettivi (la natura del contratto concluso dalle parti, il contenuto delle prestazioni, usi e prassi commerciali) e quelli soggettivi (la qualità delle parti, i loro interessi commerciali e la loro posizione economica) cui i contraenti han- no dato rilievo218.
Se questi ultimi vogliono viceversa rimettersi, invece che all‟equo apprezzamento del terzo, al mero arbitrio di quest‟ultimo, dovranno espressamente indicarlo nel contratto o nella clausola di arbitraggio.
Come già si è accennato quando si è trattato delle radici romanistiche dell‟arbitraggio, ancorchè si sia affermato che le due menzionate modalità di determina- zione potrebbero discendere dall‟arbitrium boni viri e dall‟arbitrium merum romani219, va ricordata anche l‟opinione di chi, invece, ha ritenuto che questo fosse frutto di un‟interpretazione erronea delle fonti da parte del diritto intermedio e che in realtà i giuristi romani avrebbero contrapposto all‟arbitrium boni viri l‟arbitrium di una persona determi- nata220.
In particolare, con riferimento all‟arbitraggio effettuato secondo mero arbitrio del terzo, la libertà di cui egli gode nell‟effettuare la determinazione non va intesa in senso as- soluto come totale assenza di vincoli e rimessione al suo insindacabile capriccio221. Le par- ti invero si affidano al terzo in virtù della fiducia che nutrono nei suoi confronti e proprio per questo gli conferiscono ampia libertà di scelta circa i parametri valutativi e di apprez-
215 X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 56 ss.
216 X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 829.
217 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 208.
218 X. XXXXXXXXX, Incompletezza e completamento, cit., 156 s.
219 X. XXXXX, in X. XXXXX-G. DE NOVA, Il contratto, II, cit., 134.
220 X. XXXXX, voce Arbitrio del terzo, cit., 415; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 113.
221 Per approfondimenti sulla classificazione dell‟arbitrium boni viri in arbitrium personale ed inap- pellabile contrapposto all‟arbitrium merum, distinzione operata dalla dottrina ma disconosciuta dalla giuri- sprudenza e che ora, alla luce dell‟art. 1349 del codice del ‟42 ha perso rilievo, si veda: X. XXXXXXX, Gli ar- bitratori, cit., 56 ss.; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 121 ss.; X. XXXXXXX, voce Arbitraggio, cit., 832.
zamento, vincolandosi ad accettare la sua determinazione in ogni caso, anche se dovesse presentare profili di generale iniquità o erroneità.
A tal proposito si ricordi che è stato affermato che l‟arbitraggio secondo mero arbi- trio sarebbe avvicinabile ad un contratto aleatorio in misura maggiore o minore a seconda della fiducia con cui le parti si siano rivolti all‟arbitratore. Il motivo che dovrebbe far opta- re i contraenti per la nomina di un certo arbitratore dovrebbe essere la sua competenza spe- cifica in materia, ma ciò non sempre avviene. Si faccia ad esempio il caso in cui i contraen- ti si rivolgano ad una terza persona nella quale ripongono una particolare fiducia dal punto di vista personale – pur consapevoli della sua incompetenza in materia – affinchè essa de- termini il valore di mercato di un certo bene. La loro scelta potrebbe tuttavia essere dovuta alla consapevolezza che la determinazione del terzo, per corrispondere effettivamente ai loro interessi, dovrà tener conto non tanto di parametri economici di mercato, tangibili e conosciuti da un esperto, quanto piuttosto di criteri di tipo extraeconomico noti solamente a quella persona di fiducia222.
Non per questo si deve trarre la conclusione che al terzo sia concesso adottare una decisione in modo irragionevole. È stato giustamente osservato che, se così fosse, da un la- to non avrebbe alcun senso né utilità che alle parti fosse concessa la facoltà di rimettere ad altri una scelta che, per il suo carattere „libero‟, potrebbero assumere loro stesse, affrancate da vincoli di sorta. Dall‟altro lato, poi, la parte che si ritenesse svantaggiata dalla determi- nazione si troverebbe nella quasi impossibilità di dimostrare la malafede dell‟arbitratore, posto che gli stessi presupposti sui quali essa si baserebbe sarebbero frutto di una sua liber- tà volubile223.
Nell‟arbitraggio rimesso al mero arbitrio, dunque, l‟arbitratore potrà agire con una certa libertà e discrezione servendosi delle proprie conoscenze e dei parametri che riterrà più opportuni, ma non potrà comunque assumere una decisione svincolata da qualsivoglia limite224.
Va quindi sicuramente ridimensionata la posizione, affermatasi sotto la vigenza del codice civile del 1865, secondo la quale la scelta assunta sulla base dell‟arbitrium merum consisterebbe in una scelta assolutamente libera, non vincolata. L‟arbitratore infatti deve
222 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 212 s.
223 X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 58 s.
000 X. XXXXXXXXX, Xx contratto di arbitraggio, cit., 1191.
assumere la determinazione secondo equità ed obiettività con riferimento, altresì, ai reci- proci interessi delle parti225.
E così vi è chi rinviene il carattere distintivo fra le due modalità di determinazione nel fatto che, mentre nel caso dell‟equo apprezzamento le parti indicano al terzo i parame- tri ai quali egli deve attenersi per formulare la sua determinazione, nel caso del libero arbi- trio, invece, non vincolano l‟arbitratore a condizioni da loro già predefinite ma rimettono a quest‟ultimo la valutazione dei criteri e delle circostanze cui fare riferimento226.
Vi è poi chi si è spinto fino al punto di sostenere che le uniche differenze fra le due tipologie di arbitraggio consisterebbero prevalentemente nel regime di impugnazione della determinazione adottata227.
11. Le condizioni generali della produzione
Il terzo comma dell‟art. 1349 cod. civ. afferma che «nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento».
Trattasi di un principio la cui esatta portata contenutistica, nonché soprattutto la sua effettiva utilità nella realtà giuridica ed economica vigente, è stata discussa in dottrina228. Si tratta infatti di una disposizione retaggio dell‟ideologia fascista, nella cui prospettiva l‟atto di autonomia privata era condizionato in gran parte dagli obiettivi dello Stato corpo- rativo fra i quali «l‟esigenza di subordinare all‟interesse pubblico gli interessi particolari dei singoli e di attuare un‟armonica coordinazione fra loro»229 e che «in regime di autar- chia, modo di essere essenziale e motivo conduttore dell‟attività economica fascista, un re- golamento di rapporti individuali che elevi su ogni altra ragione l‟interesse all‟incremento della ricchezza nazionale è l‟apporto che il diritto deve recare alla realizzazione del postu-
225 X. XXXXXXXXX, Incompletezza e completamento, cit., 153.
226 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 214 s.
227 X. XXXXX, Il contratto, Milano, 2001, 131. Confronta: X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 121; C.M. XXXXXX, Diritto civile, 3, cit., 331; M.S. CATALANO, Le clausole di arbitraggio, in Le acquisizioni societarie, diretto da X. Xxxxxx, Bologna, 2011, 791.
228 Per alcuni approfondimenti si vedano: X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 124 ss.; X. XXXXXXXXX,
Arbitraggio e determinazione, cit., 246 ss.
229 Relazione al Codice civile del 1942, n. 8.
lato di una giustizia sociale, è la condizione necessaria per una progressiva rigenerazione dell‟economia nazionale»230.
Data quindi l‟influenza dell‟ideologia politica dell‟epoca su tale disposizione, la quale non è però mai stata abrogata, occorre verificare se essa possa ritenersi effettivamen- te ancora attuale ovvero implicitamente soppressa.
Xxxxxx afferma che la ratio legis consisterebbe nel vincolare il terzo ad adottare una determinazione che tenga conto non solo degli interessi delle parti ma anche dell‟economia del contratto. Altri ne forniscono un‟interpretazione ideologica nel senso che la mancata considerazione da parte del terzo di tali condizioni generali comporterebbe l‟illiceità della sua scelta per violazione dell‟ordine pubblico, in quanto le stesse ne erano divenute parte integrante231.
Vi è chi contesta l‟opportunità di tale norma in quanto ritiene che nei casi in cui l‟apprezzamento che il terzo fa di tali elementi di giudizio offerti dalla produzione non conduca ad un risultato coincidente con gli interessi e le esigenze delle parti, si assistereb- be ad un ingiustificato inserimento nel contratto di considerazioni generali estranee all‟autoregolamento di privati interessi. La circostanza che non sia previsto alcun rimedio per il caso in cui il terzo non tenga conto di tale prescrizione diminuisce la rilevanza della portata stessa, portando a concludere per la scarsa effettiva portata della disposizione, che assumerebbe perciò la funzione di generica esortazione232. E questa pare in effetti essere la conclusione più ragionevole tenendo conto dell‟attuale realtà normativa.
12. L’arbitraggio di parte
a. Profili introduttivi
L‟ammissibilità dell‟arbitraggio di parte, della possibilità, cioè, di nominare quale arbitratore incaricato dell‟adozione della determinazione uno dei due contraenti, è una que- stione alla quale gli ordinamenti europei forniscono soluzioni differenti e si tratta di una problematica molto discussa anche dalla nostra dottrina233.
230 Relazione al Codice civile del 1942, n. 616.
231 Sul punto si veda X. XXXXXXXXX, Il contratto di arbitraggio, cit., 1194.
232 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 396.
233 Per una panoramica sul tema si legga: X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 76 ss.; X. XXXXXXXX, De- terminabilità e determinazione, cit., 1 ss.
L‟argomentazione su cui maggiormente fa leva chi nega l‟ammissibilità dell‟arbitraggio di parte consiste nell‟affermare che il fatto di affidare tale ruolo ad uno dei due contraenti pregiudicherebbe quella imparzialità che dovrebbe invece caratterizzare la figura dell‟arbitratore, «terzo» – e non solo nel senso strettamente letterale dell‟art. 1349 cod. civ. – rispetto ai contraenti234. Così ragionando, l‟eventuale clausola con la quale fos- se rimesso ad una delle parti il potere di determinare la prestazione oggetto del contratto ai sensi dell‟art. 1349 cod. civ. sarebbe dunque da ritenere viziata da radicale nullità. La parte richiesta dell‟esecuzione potrebbe semplicemente limitarsi ad eccepire tale nullità, liberan- dosi così da qualsiasi vincolo obbligatorio, a meno che non avesse precedentemente mani- festato il proprio consenso, in forma tacita od espressa, ad impegnarsi ad accettare la de- terminazione di controparte qualunque ne fosse il contenuto.
Altra parte della dottrina, facendo leva su un‟interpretazione letterale, ritiene che non potrebbe essere concepibile un arbitraggio di parte ma non perché vi sia una incompa- tibilità tra la figura dell‟arbitratore e quella del contraente, bensì, piuttosto, perché la ratio legis delle disposizioni sull‟arbitraggio è quella letterale dell‟art. 1349 cod. civ. secondo cui la determinazione successiva deve essere affidata ad un terzo estraneo al rapporto con- trattuale e non ad una delle parti235.
Alcune opinioni contrarie all‟ammissibilità dell‟arbitraggio di parte si fondano a ben guardare non tanto e non solo su motivazioni di carattere prettamente tecnico-giuridico quanto piuttosto su aspetti più generali facenti leva sulla contrarietà di tale figura al buon costume e che spesso non trovano un simile riscontro negli altri ordinamenti stranieri236.
Le posizioni favorevoli all‟arbitramento di parte ritengono invece che non vi sareb- bero serie ragioni contrarie alla sua ammissibilità in quanto l‟unico aspetto problematico potrebbe, semmai, esser dato dalla circostanza che la parte cui è rimessa la determinazione potrebbe abusare della propria posizione a scapito dell‟altra. Questa difficoltà verrebbe comunque superata tenendo conto della possibilità di applicare in via analogica il sistema di controllo previsto dall‟art, 1349 cod. civ. al fine così di tutelare la posizione del contra- ente che ne possa subire gli effetti pregiudizievoli237.
361 s.
234 X. XXXXXXXXXXXX, Arbitrato improprio, cit., 55.
235 X. XXXXXXX, Gli arbitratori, cit., 132.
236 X. XXXXXXXX, Determinabilità e determinazione, cit., 158; X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit.,
237 X. XXXXXXXXX, Incompletezza e completamento, cit., 183 s.
La poca persuasività della tesi negativa risulta, in realtà, già se si consideri il fatto che alcuni ordinamenti giuridici, europei ed extra–europei, hanno espressamente previsto e positivamente disciplinato l‟arbitraggio della parte. Pare opportuno, a questo punto, aprire una breve parentesi238.
b. Una prospettiva comparatistica
Guardando ai codici moderni, il Code Napoléon non contiene una previsione e- spressa circa la possibilità di una successiva determinazione della prestazione da parte di uno dei contraenti. L‟art. 1129 del Code civil al primo comma si limita ad affermare che l‟oggetto dell‟obbligazione deve essere «une chose determinée»; il secondo comma ag- giunge che la quantità della cosa determinata solo nel genere, sebbene debba di per sé esse- re certa, può tuttavia risultare «incertaine» purché, però, determinabile, ad esempio sulla base degli usi o delle circostanze del caso concreto239.
Un‟interpretazione estensiva di tale norma ha portato, innanzitutto, a ritenere che tale „determinabilità‟ possa, data l‟assenza di un divieto in tal senso, dipendere dalla facol- tà di intervento sia di un terzo che dei contraenti stessi. Spingendosi oltre, si è altresì am- messa la possibilità che, successivamente alla conclusione del contratto ed in xxx xxxxxxxxx- xx, xx realizzi un completamento del contenuto del contratto stesso240.
Per quanto concerne l‟ipotesi in cui oggetto della prestazione sia il pagamento di un certo prezzo, il contratto non si forma se la determinazione della somma sia lasciata arbi- trariamente ad una delle parti («mi pagherai ciò che vorrai»). Ma, come vale per l‟oggetto, il prezzo può ritenersi sufficientemente determinato se sia determinabile sulla base di crite- ri oggettivi, indipendentemente dalla volontà delle parti. Addirittura, l‟assenza dell‟intera stipulazione relativa al prezzo non impedirebbe al contratto di divenire efficace nel caso di vendita di beni mobili, dove questo silenzio sarà interpretato come un riferimento tacito al prezzo comunemente praticato per beni simili, o al prezzo di mercato o, ancora, ai prezzi tariffari241.
238 Per una sintetica panoramica si veda X. XXXXXXXX, Note sull‟arbitramento della parte, in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx, Milano, 1998, 71 xx.
000 X. XXXXXXXXXX, Xxxxx xxxxx, XX (Xxx obligations), Xxxxx, 0000, 113 ss.
000 X. XXXXXXXXXX, Xxxxx civil, cit., 114.
000 X. XXXXXXXXXX, Xxxxx civil, cit., 114 s.
Sulle orme del codice civile francese il codice civile italiano del 1865, a proposito dei requisiti dell‟oggetto del contratto, affermava che il bene che ne costituiva oggetto do- vesse essere «determinato almeno nella sua specie» e che la sua quantità ben potesse essere incerta, purché «determinabile»242. Nulla vietava quindi che il potere di determinazione successiva fosse rimesso ad una delle parti, piuttosto che a un terzo. A patto però che la parte avesse fatto riferimento ad elementi, anche esterni al contratto, ma già richiamati da entrambi i contraenti in forma tacita od espressa, di modo che fosse integrato il requisito della „determinabilità‟ di cui parlava la legge.
Un esempio di arbitraggio rimesso al terzo o, alternativamente, alla parte, era forni- to dall‟art. 1718 cod. civ. in ambito di diritto societario. Esso prevedeva infatti che i soci potevano accordarsi nel senso di rimettere al giudizio di uno di loro o di un terzo la deter- minazione delle porzioni di partecipazione alla società e che tale statuizione sarebbe stata impugnabile solo nel caso in cui fosse risultata manifestamente iniqua.
Quanto all‟ordinamento tedesco, esso si distingue dagli ordinamenti menzionati in quanto il § 315 BGB disciplina espressamente l‟ipotesi della Bestimmung der Leistung durch eine Partei. Di questa previsione si parlerà più approfonditamente nel prossimo ca- pitolo, ma è comunque opportuno farvi breve cenno in tale sede.
La norma citata statuisce infatti che la determinazione della prestazione può essere rimessa ad una delle parti la quale dovrà adottarla, nel dubbio, secondo equo apprezzamen- to (billiges Ermessen) ed essa sarà vincolante solo se corrisponda ad equità243.
Tenuto conto dei tre differenti livelli in cui può esplicarsi l‟esercizio del diritto alla determinazione (equo apprezzamento – billiges Ermessen, libero apprezzamento – freies Ermessens e mero arbitrio – freies Belieben)244, la dottrina tedesca si è chiesta se nel caso dell‟arbitraggio della parte possa concepirsi una determinazione resa secondo mero arbitrio da uno dei contraenti, così come è espressamente previsto per l‟arbitraggio del terzo.
Alcuni autori sono contrari in quanto ritengono che ciò minerebbe ancor più l‟imparzialità che dovrebbe caratterizzare l‟apprezzamento dell‟arbitratore, il quale proce- dendo secondo mero arbitrio si gioverebbe di un margine di valutazione eccessivamente
000 X. XXXXXXXX-X. XXXXX, Xx codice civile italiano annotato, Torino, 1865, 52.
243 Sull‟arbitraggio di parte nel diritto tedesco si veda, in particolare: M.C. DALBOSCO, L‟arbitraggio di parte nel sistema tedesco del BGB, in Riv. dir. civ., 1987, II, 321 ss.
244 D. MEDICUS-X. XXXXXXX, in BGB Kommentar, a cura di X. Xxxxxxxx-X. Xxxxx-X. Xxxxxxxxx, Xxxx, 0000, sub § 315, 572.
ampio e pressoché libero da vincoli245. Dall‟altro lato è stato osservato che, in realtà, non si vedrebbe ragione di tutta questa circospezione nei confronti dell‟ammissibilità di un tale criterio valutativo anche nel caso in cui arbitratore sia uno dei contraenti. Come suggerisce il brocardo «volenti non fit iniuria», se in fase di conclusione del negozio le parti si sono accordate nel senso di concedere all‟una o all‟altra la facoltà di ridefinire il rapporto con- trattuale, ciò significa che entrambe sono consapevoli ed hanno accettato il rischio che tale successiva determinazione potrebbe anche non essere del tutto favorevole ad una delle due. Ciò, ovviamente, sempre nel rispetto dei principi di equità, buona fede, buon costume e or- dine pubblico.
Lo stesso dicasi per i codici che da quello germanico hanno preso spunto e quindi, da un lato, quello greco, entrato in vigore nel 1946 e, dall‟altro, quello portoghese del 1967.
L‟art. 372 del codice greco dispone la nullità del contratto che rimetta la determina- zione al «libero giudizio» della parte, per tale dovendosi intendere un giudizio arbitrario.
L‟art. 400 del codice portoghese stabilisce che la determinazione della prestazione che formi oggetto dell‟obbligazione può essere deferita ad una delle parti e dev‟essere ef- fettuata secondo equità se non siano stati precisati altri criteri di valutazione.
In chiusura si ricordi che vi sono ordinamenti, come quello italiano, i quali non di- sciplinano espressamente l‟arbitraggio di parte e la cui ammissibilità si risolve quindi in una questione sostanzialmente interpretativa e di opportunità. Fra gli altri, anche il codice svizzero delle obbligazioni non fa alcun cenno alla possibilità di un arbitraggio di parte nè del terzo e all‟art. 212, in tema di vendita di cose mobili, afferma che laddove il prezzo non sia stato indicato in quanto si sia acquistato a prezzo fisso, si deve far riferimento al prezzo medio del mercato al momento e nel luogo dell‟adempimento.
c. La realtà italiana
In Italia tradizionalmente veniva negata la validità delle clausole che riservassero una determinazione successiva di elementi del regolamento contrattuale ad una ovvero ad entrambe le parti e questo perché tali clausole erano ritenute, a seconda dei casi, contrarie
245 X. XXXXXXX, in Jauernig, BGB Kommentar, sub § 315, Xxxxxxx, 0000, 425 s.
al buon costume ovvero in contrasto con la serietà che deve connotare il vincolo contrat- tuale246.
Infatti ricorre, fra i sostenitori della tesi negativa, la motivazione secondo cui opina- re diversamente significherebbe ammettere che l‟accordo fra i contraenti non sarebbe stato raggiunto completamente, in quanto ancora soggetto alla incontrollata volontà di una parte. Un ulteriore impedimento all‟ammissibilità dell‟arbitraggio della parte si fondereb-
be sulla circostanza che in esso verrebbe ravvisata, in realtà, una condizione meramente potestativa, vietata come tale dal nostro ordinamento ai sensi dell‟art. 1355 cod. civ.247. Applicando per analogia anche all‟arbitraggio di parte la disposizione dell‟art. 1349 cod. civ. secondo comma discende che, laddove la parte che dovrebbe assumere la determina- zione secondo mero arbitrio non lo faccia, il contratto resterà privo di effetti. Il deferimento ad uno dei due contraenti del potere di determinare l‟oggetto del contratto – determinazio- ne in assenza della quale il contratto sarebbe nullo – avrebbe perciò l‟effetto di sottoporre l‟intero negozio ad una vera e propria condizione meramente potestativa in quanto il suo avveramento dipenderebbe esclusivamente dalla volontà di uno dei due contraenti. Infatti, nell‟ampia discrezionalità dell‟arbitratore rientrerebbe non soltanto una specificazione qua-
litativa dell‟oggetto del contratto, quanto l‟in sé stesso – quindi l‟an – della determinazio- ne248.
Un‟altra posizione contraria all‟ammissibilità dell‟arbitraggio di parte afferma che il contratto con il quale la determinazione dell‟oggetto sia rimessa all‟arbitrio mero di un contraente sarebbe carente di causa. Prendendo ad esempio la compravendita, se la fissa- zione del prezzo fosse rimessa alla decisione del compratore, questo potrebbe fissarlo in una misura talmente irrisoria che l‟operazione economico–giuridica verrebbe ad assumere le sembianze di un atto di liberalità piuttosto che di una compravendita249.
Per contro, nel tentare di giustificare l‟ammissibilità dell‟arbitraggio di parte secon- do mero arbitrio nel nostro ordinamento, v‟è chi si richiama proprio alla menzionata espe- rienza tedesca250.
246 Per un excursus sul punto si legga X. XXXXXXXX, L‟oggetto del contratto, cit., 363 ss.
247 Circa la sostenibilità di questa tesi si veda X. XXXXXXX, La teoria generale, cit., 172 s., xxxxxx X. XXXXXXXXX, Le clausole di deferimento delle controversie sociali ai probiviri, in Riv. dir. civ., 1983, I, 699 s. In questo senso anche Trib. Roma, 28 maggio 2002, inedita e citata da X. XXXXXXXX, Determinabilità e de- terminazione, cit., 148, nt. 38.
248 M.C. DALBOSCO, L‟arbitraggio di parte, cit., 346.
249 X. XXXXXXXXX, Le clausole di deferimento, cit., 700.
Da un lato si fa leva sulla disciplina prevista dal nostro legislatore per l‟arbitraggio secondo mero arbitrio del terzo, la cui determinazione sarà impugnabile solo in caso di ma- la fede. Tenendo conto di ciò, i sostenitori di questa posizione giungono alla conclusione che ben si potrebbe ritenere ammissibile anche nel nostro ordinamento l‟arbitraggio di par- te secondo mero arbitrio immaginando di applicarvi in via analogica i limiti e la disciplina già prevista per l‟arbitraggio del terzo.
Dall‟altro lato viene dato rilievo ad un elemento che distinguerebbe l‟arbitraggio di parte rispetto alla condizione meramente potestativa, cioè la „doverosità‟ della determina- zione del primo. Essa, infatti, apparterrebbe alla categoria dei cosiddetti doveri di protezio- ne che, anche se non azionabili in via autonoma, costituiscono dei parametri cui i contraen- ti devono attenersi in virtù del principio di buona fede oggettiva e la loro violazione può dar diritto al risarcimento danni251.
Viene così sottolineata la distinzione che esiste fra l‟istituto dell‟arbitraggio di parte secondo mero arbitrio e l‟ipotesi della condizione meramente potestativa. Quest‟ultima è vietata in quanto configura una rimessione del vincolo contrattuale al capriccio di un con- traente, mentre la determinazione secondo libero arbitrio sarebbe valida in quanto sono già previsti dei correttivi a difesa della controparte nei confronti dell‟arbitratore.
Da ultimo si è detto che l‟arbitraggio di parte non può essere assimilato alla condi- zione meramente potestativa in quanto la disciplina della determinazione del terzo – che potrebbe venire analogicamente applicata a quella di parte – non consente che la stessa sia assunta secondo il suo capriccio nemmeno nel caso in cui egli proceda secondo mero arbi- trio: anche se emessa con xxxx potrà infatti sempre venire impugnata252.
Recentemente le opinioni contrarie all‟ammissibilità dell‟arbitraggio di parte nel nostro ordinamento hanno subito notevoli critiche e si va affermando un‟impostazione più
251 Per un‟introduzione ai doveri di protezione si veda X. XXXXX, Abschied von der Lehre der positi- ven Vertragsverletzungen, in AcP, 136, 1932, 285 ss., al quale va il merito di una prima elaborazione dei co- siddetti „Schutzpflichten‟. In Germania essi sono stati recentemente codificati nel § 241 n. 2 BGB nell‟ambito della Schuldrechtsmodernisierung del 2002. I doveri di protezione sono stati introdotti in Italia con le rifles- sioni di X. XXXXX, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, 99 e di X. XXXXXXX, “Obbligazioni di risultato” e “obbligazioni di mezzi”, in Riv. dir. comm., 1954, I, 185 ss. e 366 ss. Più di recente, per tutti, si leggano: X. XXXXXXXXXX, voce Obblighi di protezione, in Enc. giur., Xxxx, 0000, XXIV, 1 ss.; X. XXXXXXX, voce Doveri di protezione, in Dig. disc. priv. - Sez. civ., VII, Torino, 1991, 221 ss.; X. XXXXXX, La tutela de- gli obblighi di protezione, in I Contratti, 1997, 490 ss.; nonché X. XXXXXXXXX, Trattato breve della responsabi- lità civile, Padova, 1999, 86 ss.; X. XXXXX, Obblighi di protezione, Padova, 2007, 1 ss.; X. XXXXX, Le ob- bligazioni senza prestazione, in Trattato delle obbligazioni, I, La struttura e l‟adempimento, III, diretto da X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxxxxx, Padova, 2010, 3 ss.
possibilista anche sulla scorta dell‟ampio spettro delle diverse forme in cui tale tipologia può manifestarsi. Dottrina e giurisprudenza tendono in particolare a distinguere l‟ipotesi in cui l‟incarico affidato alla parte sia vincolato a precisi parametri cui deve adeguarsi la sua determinazione – e in questo caso si ritiene di massima che non vi siano impedimenti par- ticolari a ritenere valido il contratto principale253 – ovvero sia rimesso al mero arbitrio del contraente254 –, possibilità, questa, più discussa255.
In dottrina può infatti ritenersi ormai sostenuta in via maggioritaria l‟opinione se- condo cui è valido l‟affidamento ad una delle parti della determinazione di elementi facenti parte del contenuto del contratto256. In particolare ricorre di frequente l‟affermazione se- condo la quale non vi sarebbero motivi per un‟esclusione dell‟arbitrium di parte, in parti- colare se fatto boni viri257 poichè, dal punto di vista della disciplina, può essere assimilato all‟arbitraggio del terzo ai sensi dell‟art. 1349 cod. civ.258.
Chi si schiera a favore dell‟ammissibilità dell‟arbitramento di parte ha inoltre os- servato che l‟assenza nel nostro ordinamento di una disposizione ad hoc che lo disciplina non sarebbe indice della volontà del legislatore di escluderlo.Tale scelta si giustificherebbe con la considerazione che sarebbe lo stesso principio di autonomia contrattuale a renderlo superfluo, in quanto esso contiene già in sé la possibilità che le parti si accordino nel senso di rimettere ad una di loro la successiva determinazione o precisazione di elementi contrat- tuali.
La stessa giurisprudenza – peraltro non particolarmente nutrita in materia – risente delle incertezze che hanno caratterizzato l‟ammissibilità di tale figura e fornisce risposte
253 Così Cass., 18 gennaio 1979, n. 367, in Rass. dir. civ., 1980, 808, secondo la quale ha oggetto de- terminabile la compravendita immobiliare in cui nel contratto si rimetta ad un terzo o ad una delle parti il po- tere di definire forma e collocazione del terreno compravenduto; nonché già Corte d‟Appello di Napoli, 14 luglio 1951, in Foro it., 1952, I, 1256 ss., secondo la quale la determinazione dell‟oggetto del contratto ri- messa ad una delle parti sarà da ritenersi valida se fatta secondo arbitrium boni viri, mentre viceversa se vi fosse rimessione al mero arbitrio il rapporto sarebbe carente di quel contenuto minimo che lo renda idoneo a produrre effetti obbligatori fra le parti.
254 Negativamente si sono espresse: Cass., 20 maggio 1997, n. 4504, in Foro it., 1997, I, 2940, con
nota di X. Xxxxx; Trib. Venezia, 21 luglio 1992, in Giur. it., I, 2, 1993, 690; Trib. Roma, 28 maggio 2002, cit., la quale classifica la determinazione unilaterale di parte quale condizione meramente potestativa che rende perciò nullo il negozio che la prevede.
255 X. XXXXXXXXX, Incompletezza e completamento, cit., 184 s.
256 Fra gli altri si vedano: X. XXXXXXXXX, voce Arbitraggio, 135; ID., Il contenuto e l‟oggetto, cit., 760 ss.; ID., Le clausole di deferimento, cit., 701; X. XXXX-X. XXXXXXX, Xxxxxxx e contenuto, cit., 376; X. XXXXX, in X. XXXXX-G. DE NOVA, Il contratto, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 420 s.; X. XXXXXXX, Il contratto, cit., 233 ss.; C.M. XXXXXX, La vendita e la permuta, cit., 519; R. SAC- CO, voce Determinatezza dell‟oggetto, cit., 537.
257 X. XXXXXXX, Il negozio giuridico, cit., 128.
258 X. XXXXXX, Obbligazioni, cit., 275.
molto caute. Infatti mentre da un lato è stato osservato che ammettere l‟arbitraggio di parte creerebbe il pericolo di un‟ingiustificata soggezione di una parte nei confronti dell‟altra, dall‟altro tale facoltà sembrerebbe esplicitamente riconosciuta dall‟art. 1285 cod. civ259.
Parte della giurisprudenza, sia di merito sia di legittimità, si è schierata tendenzial- mente a favore dell‟esclusione dell‟arbitraggio di parte260.
Altre pronunce invece, soprattutto recenti, hanno dimostrato una maggiore apertura nei confronti dell‟ammissibilità di tale figura anche se, più che altro, con esclusivo riferi- mento ad alcuni tipi contrattuali e ad alcuni settori nei quali il ricorso all‟arbitramento di parte è giustificato da ragioni particolari261.
Inoltre, sulla scia della dottrina, è stato affermato che, in assenza di disposizioni le- gislative che lo vietino e purché ciò risulti da una volontà espressa delle parti in tal senso, non si vedrebbe perché negare l‟ammissibilità dell‟arbitramento della parte quando questo debba svolgersi secondo equo apprezzamento ovvero entro limiti ben determinati262.
Tale tendenza di progressivo favore nei confronti delle determinazioni unilaterali di ciascun contraente si manifesta in modo chiaro anche laddove si tenga conto dell‟aumento, nel nostro ordinamento, di previsioni legislative e contrattuali in cui ad una delle due parti viene rimessa la facoltà di determinare unilateralmente un elemento negoziale. Negli ultimi anni vi è stata infatti una decisa apertura nei confronti dello ius variandi, in particolare fa- cendo leva su alcune disposizioni del codice che consentono la rimessione ad una delle parti della determinazione di un elemento del regolamento negoziale263. Fra queste si ri-
259 Così Cass.,18 gennaio 1979, n. 367, cit.
260 Recentemente si legga Cass., 19 marzo 2007, n. 6519, in Foro it., 2007, I, 1699, secondo cui «Il convincimento così espresso nella sentenza impugnata costituisce puntuale applicazione del principio, fermo nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo il quale la determinabilità dell'oggetto del contratto in tanto sussiste in quanto detto oggetto possa essere in concreto definito con riferimento ad elementi provvisti di una preordinata rilevanza oggettiva e prestabiliti dalle parti, che si siano accordate circa la futura determi- nazione di esso e circa i criteri o le modalità da osservarsi a questo fine, così che dallo stesso contratto siano desumibili, sia pure per implicito, gli elementi idonei alla identificazione dell'oggetto stesso, onde non è suf- ficiente il riferimento ad elementi concernenti la fase di esecuzione del rapporto, come il comportamento successivo delle parti (v. sul punto Cass., 1987 n. 2007; 1983 n. 5241; 1979 n. 534; 1976 n. 743) »; in senso
negativo già Pret. Genova, 27 settembre 1978, in Giur. it., 1979, I, 2, 146; Cass., 24 novembre 0000, x. 0000,
xx Xxxxx. xxx., 0000, X, 000; Cass., 29 ottobre 1975, n. 3677, in Giur. it., 1976, I, 1489, con nota di X. XXXX,
Indeterminabilità dell‟oggetto del contratto, giudizio di nullità e principio di buona fede.
261 Così, a titolo esemplificativo, Cass., 10 maggio 1997, n. 4088, in Foro it., 1998, I, 2255 ss., si è occupata di un caso in cui una clausola prevedeva l‟arbitramento di parte di un consiglio di amministrazione, ritenuta valida in quanto la determinazione, rimessa all‟organo collegiale della società, era assoggettata al controllo dell‟assemblea dei soci.
262 Pioniera, in questo senso, Cass., 8 novembre 1997, n. 11003, in Nuova giur. civ. comm., 1999, 338, con nota di X. XXXXXXXXX, Determinazione dell‟oggetto, arbitraggio, ius variandi. Nello stesso senso anche X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti, cit., 362 s.
263 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 340.
corda l‟art. 1286 cod. civ. che attribuisce al debitore il potere, nelle obbligazioni alternati- ve, di scegliere la prestazione da eseguire, nonché l‟art. 1556 cod. civ. il quale prevede che nel contratto estimatorio l‟accipiens stabilisca la quantità di cose da restituire e di cui paga- re il prezzo.
Capitolo secondo
L’arbitraggio nel sistema tedesco fra Unbilligkeit e Unrichtigkeit
1. La disciplina del BGB sull’arbitraggio
Il legislatore tedesco ha destinato alcuni paragrafi del codice civile alla regolamen- tazione delle due distinte ipotesi di Bestimmung der Leistung durch eine Partei (disciplina- ta dal § 315 BGB) e durch einen Dritten (disciplinata dai §§ 317-319 BGB), cioè una de- terminazione della prestazione dedotta in contratto che sia effettuata, rispettivamente, da una delle parti contrattuali (eventualità che non è positivamente prevista nel nostro ordi- namento) ovvero da un terzo arbitratore da queste nominato264.
In generale si osservi che nei §§ 315 ss. BGB, laddove si parla di Leistung, è oppor- tuno intendere tale espressione non solo come prestazione vista nella sua interezza ma an- che nei singoli aspetti che la caratterizzano, quali ad esempio luogo o tempo dell‟adempimento.
I menzionati paragrafi si collocano nella sezione terza del libro secondo relativo al diritto delle obbligazioni ed in particolare nel titolo primo, concernente la formazione, il contenuto e la cessazione dei rapporti obbligatori nascenti da contratto. Le due diverse fi- gure di arbitraggio ivi contemplate si distinguono non solo per il soggetto chiamato ad ef- fettuare la determinazione, ma anche per i criteri con cui essa deve essere adottata, nonché per la molteplicità di effetti che possono prodursi.
Appare quindi opportuno un breve riepilogo della disciplina codicistica vigente in Germania con riguardo all‟istituto dell‟arbitraggio.
Nel caso in cui la determinazione della prestazione venga rimessa ad una delle parti contrattuali il § 315 BGB dispone che, nel dubbio, debba essere adottata secondo equo ap- prezzamento: sarà quindi tale vincolante per controparte solo se conforme ad equità. Di-
264 Per le traduzioni dal tedesco delle disposizioni codicistiche si è fatto riferimento a S. XXXXX, Co- dice civile tedesco, Bürgerliches Gesetzbuch, traduzione e presentazione a cura di X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000.
versamente, nel caso in cui essa sia iniqua o tardiva, spetterà al giudice adottarne una ap- propriata con sentenza265.
Quando invece le parti abbiano deciso di rimettere la determinazione della presta- zione ad uno o più terzi troverà applicazione il § 317 BGB: in questa eventualità – come nel diritto italiano – la norma prevede che, nel dubbio, l‟arbitratore debba procedere se- condo il criterio dell‟equo apprezzamento266.
Mentre il § 318 BGB si occupa dell‟impugnabilità della determinazione per errore, minaccia o inganno che abbiano viziato la volontà dell‟arbitratore, il § 319 BGB concerne i casi di inefficacia della statuizione stessa.
In particolare, quando la determinazione deve essere adottata secondo equo apprez- zamento vale la stessa regola sancita dal § 315 BGB: se la statuizione si riveli iniqua sarà colpita da inefficacia e spetterà al giudice provvedere, con sentenza, ad una determinazione corretta ed equa. La stessa regola si applica se il terzo non effettui la determinazione ovve- ro se lo faccia tardivamente.
Se invece le parti hanno concordato che il criterio sulla base del quale l‟arbitratore debba procedere sia quello del mero (e libero) arbitrio, quando egli non sia in grado, non voglia o ritardi nell‟adempiere il suo incarico, a risultare inefficace sarà lo stesso contratto stipulato dai contarenti267.
La determinazione della prestazione è considerata un atto recettizio che dev‟essere adottato dal soggetto a ciò legittimato dai contraenti; ha natura costitutiva e vincola le parti senza possibilità per queste ultime di modificarla. All‟atto di arbitraggio del terzo sono tut- tavia applicabili i generali motivi di nullità e annullamento delle manifestazioni di volontà
265 Così recita il § 315 BGB rubricato „Bestimmung der Leistung durch eine Partei“: « (1) Soll die Leistung durch einen der Vertragsschließenden bestimmt werden, so ist im Xxxxxxx anzunehmen, dass die Bestimmung nach billigem Ermessen zu treffen ist. (2) Die Bestimmung erfolgt durch Erklärung gegenüber dem anderen Teil. (3) Soll die Bestimmung nach billigem Ermessen erfolgen, so ist die getroffene Bestim- mung für die anderen Teil nur verbindlich, wenn sie der Billigkeit entspricht. Entspricht sie nicht der Billig- keit, so wird die Bestimmung durch Urteil getroffen; das Gleiche gilt, wenn die Bestimmung verzögert wird».
266 § 317 rubricato „Bestimmung der Leistung durch einen Dritten“: « (1) Ist die Bestimmung der Leistung einem Dritten überlassen, so ist im Xxxxxxx anzunehmen, dass sie nach billigem Ermessen zu treffen ist. (2) Soll die Bestimmung durch mehrere Dritte erfolgen, so ist im Xxxxxxx Übereinstimmung aller erfor- derlich; soll eine Summe bestimmt werden, so ist wenn verschiedene Summen bestimmt werden, im Xxxxxxx die Durchschnittssumme maßgebend».
267 § 319 BGB rubricato „Unwirksamkeit der Bestimmung; Ersetzung“: « (1) Soll der Dritte die Leistung nach billigem Ermessen bestimmen, so ist die getroffene Bestimmung für die Vertragsschließende nicht verbindlich, wenn sie offenbar unbillig ist. Die Bestimmung erfolgt in diesem Falle durch Urteil; das Gleiche gilt, wenn der Dritte die Bestimmung nicht treffen kann oder will oder wenn er sie verzögert. (2) Soll der Dritte die Bestimmung nach freiem Belieben treffen, so ist der Vertrag unwirksam, wenn der Dritte die Bestimmung nicht treffen kann oder will oder wenn er sie verzögert».
negoziale e nell‟eventualità in cui esso debba essere adottato in via sostitutiva dal giudice con sentenza, avrà parimenti natura costitutiva268.
È stato affermato che i §§ 317 ss. BGB costituirebbero una sorta di eccezione al principio fondamentale del diritto delle obbligazioni secondo il quale, affinchè un contratto sia valido ed efficace, è necessario che siano stati determinati i cd. essentialia negotii e che i contraenti si siano accordati, perlomeno, sul contenuto di prestazione e controprestazione. Tale considerazione – che darebbe inizio all‟ampia discussione sulla (in)completezza del contratto di arbitraggio – coglie nel segno ed invero le disposizioni in parola, così come già il § 315 BGB, considerano validamente concluso un contratto pur in assenza di una con- troprestazione esattamente specificata e la cui determinazione venga rimessa ad un terzo269. A tal proposito si osservi che il § 154 primo comma BGB270, senza distinguere tra elementi essenziali e secondari, stabilisce che finché le parti non si siano accordate su tutti i punti del contratto sui quali – stando alla dichiarazione anche di una sola delle due – fosse necessario trovare un‟intesa, il contratto stesso si ha per non concluso (in virtù del cosid- detto „dissenso‟)271. A contrario si evince quindi che l‟elemento scriminante per valutare l‟effettiva completezza del contenuto contrattuale ha una natura ben tangibile: corrisponde- rà cioè alla volontà ed alle intenzioni delle parti così come da queste manifestate. Perciò, se i contraenti hanno consapevolmente lasciato indeterminato un aspetto negoziale e tuttavia considerano il contratto come concluso, non può essere messo in discussione l‟avvenuto
perfezionamento dello stesso.
Determinatezza delle prestazioni non significa infatti necessariamente che esse debbano essere individuate in ogni minimo dettaglio fin dal momento della conclusione del contratto272. Come si è già avuto modo di vedere vi sono ipotesi, quale ad esempio la com-
268 H.-J. XXXXXX, Die Bestimmung der Leistung, cit., 25; X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, sub §§ 315-319, Xxxxxxx, 0000, 1857; X. XXXXXXXX, in H.G. Xxxxxxxxx-X. Xxxx, Kommentar zum Bürger- lichen Gesetzbuch, sub §§ 315-319, Xxxxxxx, 0000, 1549; X. XXXXX, in X. Xxxxx, sub §§ 315-319, Bürger- liches Gesetzbuch, Handkommentar, Köln, 2008, 1491; X. XXXXXXXXX, in Palandt, Bürgerliches Gesetzbuch, sub §§315-319, Xxxxxxx, 0000, 528.
269 X. XXXXXXX, Scxxxxxxxxx xls Leistungsbestimmung und Vertragsgestaltung durch einen Dritten, Xxxxxxx, 0000, 33.
270 Il quale così dispone: «Solange nicht die Parteien sich über alle Punkte eines Vertrags geeignet haben, über die nach Erklärung auch nur einer Partei eine Vereinbarung getroffen werden soll, so ist im Xxxxxxx der Vertrag nicht geschlossen. Die Verständigung über einzelne Punkte ist dann auch nicht bindend wenn eine Aufzeichnung stattgefunden hat».
271 Si veda H.-J. XXXXXX, Die Bestimmung der Leistung, cit., 22; X. XXXX-S. XXXXX, Diritto europeo dei contratti, Milano, 2006, 93.
272 Nel primo progetto del BGB, risalente al 1888, al § 352 si diceva che era sufficiente «se le pre- stazioni non sono determinate in modo immediato nel contratto, che siano determinabili in modo mediato o secondo il contenuto contrattuale».
pravendita stipulata secondo i prezzi del luogo o i prezzi di mercato, in cui l‟esatta entità delle prestazioni può essere determinata solo con riferimento a circostanze oggettive che saranno note con esattezza in un momento successivo.
A fianco delle regole generali sul diritto alla determinazione della prestazione di cui ai §§ 315 ss. BGB e su cui più diffusamente ci si soffermerà in seguito, anche il codice ci- vile tedesco, come il nostro, contiene alcune disposizioni che disciplinano ipotesi speciali di arbitraggio.
Fra queste ricordiamo, in materia successoria, i §§ 2048, 2151, 2153 ss., 2193 BGB. È stato sottolineato che la formulazione „chiusa‟ di tali norme evidenzierebbe la loro specialità ed inidoneità ad un‟applicazione estensiva ad altre fattispecie di arbitraggio273. Il
§ 2048 BGB ad esempio, prevede che il testatore tramite una disposizione di ultima volon- tà possa ottenere la regolamentazione di una certa questione grazie all‟equo apprezzamento di un terzo274. Se la determinazione di quest‟ultimo risulti palesemente iniqua, essa non sa- rà vincolante per gli eredi e verrà sostituita da un‟altra, adottata dal giudice con sentenza. Tale norma si rifà evidentemente a quella dei §§ 317 ss. BGB, la cui disciplina troverà ap- plicazione in via residuale in quei particolari frangenti per i quali il § 2048 BGB nulla di- sponga.
Vi sono poi altri ambiti in cui trovano applicazione estensiva le clausole di arbi- traggio e si tratta, fra gli altri, del diritto delle assicurazioni, di quello edilizio, societario, locatizio, lavorista, nonché dei casi in cui si debba provvedere alla stima di beni economi- ci275.
La flessibilità applicativa delle clausole di arbitraggio a varie branche del diritto ri- specchia la molteplicità delle loro possibili funzioni. Tuttavia, a ben vedere, spesso si tratta di fattispecie semplicemente affini all‟arbitraggio, che si trovano più che altro in una zona di confine, così come emergerà dalla panoramica che verrà ora brevemente tracciata.
Nell‟ambito del diritto delle assicurazioni l‟arbitraggio ha ricevuto una regolamen- tazione specifica. Infatti ai sensi dell‟attuale § 84 della nuova Legge sui contratti di assicu-
273 A. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 1 ss.
274 Così dispone il § 2048 BGB: «Der Erblasser kann durch letztwillige Verfügung Anordnungen für die Auseinandersetzung treffen. Er kann insbesondere anordnen, dass die Auseinandersetzung nach dem bil- ligen Ermessen eines Dritten erfolgen soll. Die von dem Dritten auf Grund der Anordnung getroffene Be- stimmung ist für die Erben nicht verbindlich, wenn sie offenbar unbillig ist; die Bestimmung erfolgt in die- sem Falle durch Urteil».
275 Più approfonditamente A. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 6 ss.
razione (Versicherungsvertragsgesetz – VVG) – corrispondente al § 64 ante riforma – en- trata in vigore nel 2008 – i singoli presupposti della pretesa vantata da un‟assicurazione ovvero l‟ammontare dei danni possono essere accertati da un perito; laddove la sua statui- zione diverga dalla realtà, non venga assunta o sia tardiva, verrà sostituita da una decisione del giudice. Similmente il § 184 VVG prevedeva, prima di essere riformato (ora è divenu- to il § 189 e si richiama espressamente al § 84), che in caso di assicurazioni contro gli in- fortuni il grado di perdita della capacità lavorativa causata dall‟incidente potesse essere de- terminata da un perito.
Le condizioni generali delle più svariate tipologie di contratti assicurativi conten- gono spesso anche disposizioni che prevedono un procedimento di arbitraggio nell‟ambito del quale possano per l‟appunto essere determinate, accertate o chiarite questioni quali quelle menzionate o ad esse similari276. Da quanto detto emerge tra l‟altro che, con riguar- do alle determinazioni da effettuarsi nell‟ambito di procedimenti periziali e nelle quali si discute, ad esempio, dell‟ammontare del danno prodottosi, il confine tra arbitraggio in sen- so proprio e perizia contrattuale sia evidentemente molto labile.
Passando al campo del diritto del lavoro, anche qui vengono spesso individuati dei contratti di arbitraggio, nonostante in passato la loro configurabilità giuridica sia stata con- testata277.
Mentre la Legge sulla giurisdizione in materia di lavoro (Arbeitsgerichtgesetz) del 1926 ai §§ 106 e 107 conteneva una vera e propria regolamentazione dell‟arbitraggio, la successiva normativa del 1953 non la contemplava più espressamente. Nella nuova disci- plina entrata in vigore nel 1979 assumono specifica rilevanza, a tal proposito, i §§ 101-110. La determinazione della prestazione da parte di un terzo assume rilevanza con riferimento, piuttosto che all‟arbitraggio propriamente inteso, alla conciliazione (die Schlichtung): quel- lo lavoristico è infatti uno di quei settori in cui le procedure conciliative assolvono da tem- po un‟importanza decisiva. Il componimento di un eventuale conflitto di interessi tra le parti può infatti avvenire, prima di giungere alla classica dinamica processuale volta alla risoluzione giudiziale della controversia, per il tramite di un compromesso negoziale. Ben- ché si tratti in questo caso di una fattispecie diversa dall‟arbitraggio, alcuni autori hanno ritenuto che le due figure potrebbero essere avvicinate in quanto il conciliatore, pur svol-
276 A. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 6.
277 A tal proposito A. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 7, nt. 18.
gendo il ruolo del terzo che interviene in una controversia, prima propone e poi stabilisce quali debbano essere gli obblighi che le parti dovranno assumersi reciprocamente. Una funzione, quindi, simile a quella di integrazione negoziale dell‟accordo tra le parti278.
Nel diritto del lavoro si ritiene svolgano una funzione parificabile a quella dell‟arbitratore le commissioni paritetiche, composte da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori che, in sede di contrattazione collettiva, possono decidere, ad esempio, su- gli aspetti retributivi del trattamento economico spettante ai dipendenti. Le decisioni assun- te da tali organismi sono ritenute veri e propri arbitraggi. In ambito giuslavorista trova i- noltre spesso applicazione estensiva anche il § 315 BGB279. Ciò avviene, ad esempio, quando le parti di un contratto di lavoro si accordino nel senso che l‟ammontare dello sti- pendio, singole componenti dello stesso o le relative modificazioni siano rimesse alla de- terminazione unilaterale del datore di lavoro, rappresentato dalla rispettiva associazione280. In tal caso, infatti, trattasi di determinazione unilaterale di una parte contrattuale, non di un terzo.
Anche nell‟ambito dei contratti aventi ad oggetto beni economici è possibile rinve- nire esempi di arbitraggio. Innanzitutto il cosiddetto arbitraggio di qualità, laddove uno o più periti siano incaricati di precisare, con determinazione avente effetto vincolante per le parti, se la qualità della merce consegnata sia conforme a quanto stabilito nel contratto e, nel caso in cui sia invece accertata una difformità qualitativa, dovranno stabilire anche la relativa diminuzione di valore. Questo tipo di arbitraggio è ormai previsto pressoché rego- larmente nelle condizioni generali dei contratti aventi ad oggetto i rapporti economici di alcune associazioni commerciali281.
All‟arbitratore può poi essere affidato il compito di stimare il valore di alcuni beni economici, ad esempio: la necessaria determinazione del valore di un immobile al fine di procedere ad una divisione ereditaria; oppure, nei rapporti di affitto di lunga durata, l‟adeguamento o la rideterminazione della prestazione in denaro in presenza di un muta- mento di particolare rilievo nei rapporti economici; ovvero, ancora, la risoluzione di que- stioni pregiudiziali concernenti l‟individuazione del nesso causale fra un determinato even-
278 Di questa opinione: X. XXXXXXX, Schlichtung als Leistungsbestimmung, cit., 77 ss.
279 Sulla diffusione dell„arbitraggio unilaterale nel diritto del lavoro X. XXXXXXXXXXXX, Die Grenzen formularmäßiger Vereinbarung einseitiger Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxx-Xxxxx, 0000, 21 s.
280 Per approfondimenti: X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1842 ss.; X. XXXXX, in X. Xxxxx, Bürgerliches Gesetzbuch, cit., 1485 s.
281 A. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 7 ss.
to ed un certo danno; infine, il completamento del contenuto di un contratto, ad esempio di compravendita o di società, di cui debba essere determinato rispettivamente l‟oggetto o il valore delle quote sociali282.
La dottrina tedesca parlando delle ipotesi speciali di arbitraggio ricorda la circo- stanza espressamente prevista in materia societario dal § 76 BetrVG (Legge sulla costitu- zione d‟azienda) che gli uffici di conciliazione debbano emettere le loro decisioni secondo equo apprezzamento: il mancato rispetto di tale parametro potrà esser impugnato dal con- siglio aziendale o dal datore di lavoro davanti al Giudice del lavoro283.
2. Il riconoscimento giurisprudenziale dell’arbitraggio in Germania
In Germania l‟individuazione della molteplicità di funzioni che può assolvere l‟istituto dell‟arbitraggio viene fatta risalire ad una pronuncia della seconda sezione civile del Reichsgericht del 23 maggio 1919284. Si è trattato di una decisione di notevole rilievo in quanto ha consentito di delineare con più chiarezza la figura dell‟arbitraggio in tutte le sue possibili manifestazioni, nonché la relativa disciplina applicabile. Nel caso di specie la Corte fu chiamata a giudicare di un accordo fra le parti il quale stabiliva che un esperto imparziale avrebbe dovuto esaminare i libri contabili del convenuto e stabilire in modo vincolante, sulla scorta dei rapporti intercorsi tra le parti, a quale delle due spettasse un e- ventuale saldo. L‟accordo in parola è stato qualificato dalla Corte quale contratto di arbi- traggio.
In questa occasione i giudici distinsero tre diverse tipologie di Schiedsgutachtenver- tragen (letteralmente „contratti di arbitraggio‟) terminologia sconosciuta al Codice civile tedesco e coniata per l‟appunto dalla giurisprudenza riferendola specificatamente ai §§ 317
282 W.-X. XXXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, in Das deutsche Privatrecht in der Mitte des 20. Jahr- hunderts, Festschrift für Xxxxxxxx Xxxxxxx xum 80. Geburtstag, Berlin-Frankfurt, 1956, 789; A. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 8 s.
283 Così recita il quinto comma del § 76 BetrVG: «In den Fällen, in denen der Spruch der Einigungs- stelle die Einigung zwischen Arbeitgeber und Betriebsrat ersetzt, wird die Einigungsstelle auf Antrag einer Seite tätig. Benennt eine Seite keine Mitglieder oder bleiben die von einer Seite genannten Mitglieder trotz rechtzeitiger Einladung der Sitzung fern, so entscheiden der Vorsitzende und die erschienenen Mitglieder nach Maßgabe des Absatzes 3 allein. Die Einigungsstelle fasst ihre Beschlüsse unter angemessener Berück- sichtigung der Belange des Betriebs und der betroffenen Arbeitnehmer nach billigem Ermessen. Die Über- schreitung der Grenzen des Ermessens kann durch den Arbeitgeber oder den Betriebsrat nur binnen einer Frist von zwei Wochen, vom Tage der Zuleitung des Beschlusses an gerechnet, beim Arbeitsgericht geltend gemacht werden». Si veda anche X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1854 s.
284 RG, 23 maggio 1919, in RGZ, 96, 57 ss.
ss. BGB285. Nel caso specifico in cui le parti assegnino ad un terzo il compito di completa- re successivamente le loro volontà contrattuali già manifestate in sede di negoziazione, il Reichsgericht ha ritenuto applicabili le disposizioni di cui ai §§ 317 ss. BGB. Si tratta di una modalità di completamento contrattuale diversa e ulteriore rispetto a quella del § 315 BGB, dove invece la determinazione è rimessa ad uno dei contraenti.
Il contenuto del contratto di arbitraggio tuttavia, ha osservato la Corte, non si esau- rirebbe solo nella Bestimmung der Leistung in sé e per sé considerata, cioè quale individu- azione di un elemento contrattuale ancora indeterminato che completi la fattispecie nego- ziale. Il compito del terzo potrebbe infatti consistere anche nella semplice evidenziazione e specificazione di un elemento della prestazione che già esiste ma non sia riconoscibile a chi non possegga una particolare esperienza e competenza (come potrebbero essere le parti contrattuali). Ovvero, ancora, il terzo potrebbe essere chiamato ad intervenire in una fase negoziale intermedia per chiarire il contenuto di determinati documenti che costituiscono elementi utili e necessari per una successiva determinazione della prestazione oggetto del contratto.
Il Reichsgericht, quindi, si è dimostrato favorevole ad applicare i §§ 317 ss. BGB altresì ad attività dell‟arbitratore che non siano di mero completamento contrattuale, indi- viduando così diverse tipologie di arbitraggio e distinguendo i casi in cui esso abbia fun- zione di ergänzen, klarstellen o feststellen aspetti ed elementi connessi all‟oggetto del con- tratto286.
Si ha già avuto occasione di accennare ad una delle possibili funzioni che l‟arbitraggio può svolgere: si tratta della cosiddetta rechtsgestaltende Vertragsergänzung. Il compito del terzo in tal caso consiste nel completamento della volontà dei contraenti per mezzo di una determinazione della prestazione oggetto del contratto. Tale statuizione potrà consistere, ad esempio, nell‟individuazione del prezzo, del tempo dell‟adempimento o del- la durata del contratto. Si parla in tutti questi casi di vertragsergänzende Schiedsgutachten, cioè di „arbitraggi di completamento contrattuale‟287.
Un secondo tipo di incarico di cui può essere investito il terzo arbitratore è quello della Klarstellung des Vertragsinhalts, cioè del „chiarimento del contenuto contrattuale‟:
285 A. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 10 s.; H.-J. XXXXXX, Die Bestimmung der Leis- tung, cit., 28 ss.
286 H.-J. XXXXXX, Die Bestimmung der Leistung, cit., 27 ss.
287 X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1856 ss.
quest‟ultimo è già predefinito, ma può accadere che si renda indispensabile una precisazio- ne delle prestazioni che ne siano oggetto. Ciò si verifica quando il contenuto del contratto non sia accessibile e comprensibile a chi non possegga la necessaria competenza in materia e si renda necessario l‟intervento di chi sia dotato di siffatte conoscenze. È il caso, ad e- sempio, in cui dev‟essere accertato il valore di un immobile288, l‟adeguatezza del prezzo in un contratto di compravendita ovvero del canone di locazione in un determinato luogo289, la determinazione di quote sociali290 o, ancora, l‟adeguamento del valore di un certo bene in ragione di mutate condizioni di fatto (in particolare nei rapporti di durata)291. In tutte queste ipotesi si parla di klarstellende Schiedsgutachten cioè, appunto, „arbitraggi di preci- sazione‟292.
Il Reichsgericht ha infine individuato una terza tipologia di contratti di arbitraggio, i cosiddetti feststellende Schiedsgutachten, „arbitraggi di accertamento‟, facendovi rientrare due diverse ipotesi le quali, pur presentando alcune affinità, devono essere comunque tenu- te distinte.
Da un lato vi sono infatti i Tatbestandselemente feststellende Schiedsgutachten, in cui il compito del terzo è quello di individuare una certa documentazione ovvero precisare elementi di fatto che possano essere determinanti per l‟indicazione di alcune caratteristiche della prestazione. Dall‟altro lato vi sono i rechtserklärende Schiedsgutachten, nei quali l‟accertamento rimesso al terzo ha ad oggetto aspetti giuridici – sia in senso stretto sia in senso lato – del rapporto contrattuale. È il caso, ad esempio, dell‟individuazione di una ra- gione di recesso dal contratto, della valutazione giuridica di questioni pregiudiziali o della sussunzione di elementi di fatto nella relativa fattispecie astratta293. Si tratta quindi di un accertamento degli elementi su cui si fonda il rapporto giuridico e dai quali si evincono in via mediata le effettive reciproche pretese delle parti.
Nei decenni successivi alla pronuncia del Reichsgericht sebbene parte della dottrina tedesca abbia criticato l‟esposta classificazione294, l‟opinione maggioritaria si è invece o- rientata nel senso di appoggiare tale impostazione dogmatica295.
1852.
288 BGH, 6 dicembre 1974, in WM, 1975, 256.
289 Rispettivamente, BGH, 21 maggio 1975 e BGH, 4 giugno 1975, entrambe in XXX, 0000, 1556 ss.
290 BGH, 16 novembre 1987, in NJW-RR, 1988, 506 s.
291 BGH, 19 gennaio 2001, in XXX, 0000, 1930 s.; X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit.,
292 X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1856 s.
293 X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1856 s.
294 Si veda, fra tutti, W.-X. XXXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, cit., 791 ss.
Tra le prime pronunce giurisprudenziali a favore dell‟illustrata triplice suddivisione degna di nota è la sentenza del Bundesgerichtshof del 25 giugno 1952 296 . In quell‟occasione i giudici hanno ritenuto che i §§ 317 ss. BGB potessero essere applicati anche a fattispecie diverse da quella del mero completamento della volontà dei contraenti, riconducibili piuttosto a situazioni rientranti nella seconda e terza tipologie appena esami- nate.
In dottrina spicca in particolare la posizione assunta da Habscheid il quale, nella seconda metà del secolo scorso, si occupò approfonditamente di queste tematiche. Accolte con un iniziale esteso consenso ma oggi sostenute soltanto in misura minoritaria, le sue tesi hanno tuttavia fornito spunti di rilievo per un costruttivo approfondimento della materia297.
Habscheid ritenne in particolare che le ipotesi in cui l‟arbitratore ponesse in essere un‟attività di precisazione giuridica (klarstellende Schiedsgutachten) ovvero di accerta- mento (feststellende Schiedsgutachten) non potessero essere ricondotte nell‟alveo applica- tivo dei §§ 317 ss. BGB. Egli mette in discussione l‟applicazione di tale diritto materiale sulla base della considerazione che quelle attività spiegherebbero la loro efficacia in ambi- to prettamente processuale e sarebbe loro applicabile, piuttosto, la disciplina del codice di procedura civile concernente il procedimento arbitrale (§§ 1025 ss. ZPO)298.
3. Arbitraggio (Schiedsgutachtenvertrag) ed arbitrato (Schiedsvertrag)
Proprio sulla scorta di tali osservazioni si è sviluppata la discussione su quali siano le differenze fra l‟istituto dell‟arbitraggio e quello dell‟arbitrato, con particolare riferimen- to al diverso ruolo svolto dall‟arbitratore nel primo caso, e dall‟arbitro nel secondo299.
I due istituti, come risulterà, necessitano di essere distinti e delimitati fra loro, ben- ché questo non sia un compito semplice poiché dalla prassi emergono spesso casistiche
295 RG, 21 agosto 1936, in RGZ, 152, 201 ss.; X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1837.
296 BGH, 25 giugno 1952, in XXX, 0000, 1296 s. In particolare i giudici avevano qualificato come contratto di arbitraggio un accordo con cui le parti avevano deciso di rimettere ad un terzo la ripartizione del valore effettivo della quota che ciascuna doveva ottenere a seguito all‟accordo di liquidazione della società di cui sono soci.
297 W.-J. XXXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, cit., 801 ss. Sulla stessa linea X. XXXX, Rechtsstaatli- cher Gerichtsschutz im Privatrecht. Zum sachlichen Umfang der Zivilgerichtsbarkeit, Bad Homburg, 1970, 250 ss.
ss.
298 X. XXXXXXXXX, in X. Xxxxx-X. Xxxxx, Kommentar zur Zivilprozessordnung, Tübingen, 2002, 360
299 Per approfondimenti A. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 145 ss.
molto articolate e di non facile inquadramento dogmatico. Le ragioni di una loro differen- ziazione sono principalmente due: le diverse norme procedurali applicabili e il distinto ruo- lo di controllo svolto dal giudice.
Come si dirà a breve, per individuare se si tratti di accordo di arbitraggio ovvero di arbitrato sarà necessario verificare di volta in volta quale fosse l‟effettiva volontà delle par- ti, al di là della forma da loro data all‟accordo e delle espressioni utilizzate per qualificare il terzo ovvero la sua attività300. In particolare un ruolo scriminante assume la volontà o meno dei contraenti di sottoporre la decisione del terzo ad un controllo giudiziale301.
La poc‟anzi citata sentenza del Bundesgerichtshof del 25 giugno 1952, che si era pronunciata incidentalmente sulla classificazione interna all‟arbitraggio, si occupava nel merito di valutare se l‟accordo che i soci avevano stipulato per la liquidazione delle quote sociali avesse natura di contratto di arbitraggio (Schiedsgutachtenvertrag) ovvero di arbi- trato (Schiedsvertrag).
La Corte optò per la prima soluzione ritenendo che la distinzione fra i due istituti fosse la seguente. Nel caso di Schiedsgutachtenvetrag al terzo verrebbe affidato il compito di stabilire il contenuto di un diritto soggettivo che riguarda il rapporto giuridico esistente fra le parti e l‟equità, o meno, della determinazione potrà essere opportunamente conside- rata dal giudice ai sensi del § 319 primo comma BGB. Invece, nel Schiedsvertrag, all‟arbitro sarebbe affidato il ruolo processuale normalmente spettante al giudice, quello cioè di assumere una decisione con efficacia vincolante su una questione controversa, con esclusione della possibilità di ricorrere ad una verifica giudiziale successiva del suo conte- nuto (ad esclusione delle impugnazioni previste dalla legge).
Habscheid criticò la distinzione menzionata – abbracciata in via maggioritaria dalla dottrina – secondo la quale la differenza tra arbitro ed arbitratore si concretizzerebbe nel fatto che all‟arbitro viene affidato il compito di decidere una controversia, mentre all‟arbitratore di completare una volontà contrattuale302. Egli osserva che tale linea di de- marcazione non sarebbe corretta perché la ragione per la quale le parti giungono a stipulare un accordo di arbitraggio sarebbe proprio il fatto che manchi fra loro un‟intesa definitiva
300 X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1852.
301 X. XXXXX, in X. Xxxxx, Bürgerliches Gesetzbuch, cit., 1490; X. XXXXXXXX, in H.G. Xxxxxxxxx-
X. Xxxx, Kommentar, cit., 1549.
302 X. XXXXXXXXXXX, Ein Reglement für internationale Schiedsgerichte, in GrünhutsZ, 1875, 719 ss.
su alcuni aspetti del contratto303. In tale prospettiva la decisione assunta dal terzo avrebbe sì la funzione di completare un accordo negoziale ma solo onde evitare un successivo con- flitto processuale.
Comunque, posto che l‟arbitrato si caratterizza per un più invasivo intervento nella sfera giuridica delle parti rispetto all‟arbitraggio, è opinione largamente condivisa quella secondo cui, nel dubbio, si dovrà propendere per quest‟xxxxxx000. Questione dirimente è in- fatti, come si è detto, chiarire se le parti vollero o meno sottoporre l‟accertamento del terzo ad una verifica da parte del giudice. Poiché di norma si tratta di una libera scelta dei con- traenti, nel caso in cui non sia stata manifestata alcuna espressa volontà di escludere tale controllo giudiziale ci si troverà di fronte ad un accordo di arbitraggio305; viceversa dovrà parlarsi di arbitrato306.
La peculiare considerazione di Habscheid circa la natura e la funzione dell‟arbitraggio lo portarono, in linea con la tendenza dell‟epoca di respingere l‟idea dell‟arbitratore avente solo funzione di completamento della volontà contrattuale delle par- ti, a parlare di Rechtsgestaltung durch Dritte (da intendersi quale „attività potestativa da parte di un terzo‟)307. Un vero e proprio Schiedsgutachtenvertrag si sarebbe avuto invece solo con riferimento alle fattispecie di cui alla seconda e terza tipologia prima citate (ri- spettivamente, di precisazione giuridica e di accertamento), cui sarebbe applicabile, appun- to, una disciplina di stampo processuale308. Secondo questa opinione attualmente minorita- ria l‟accordo di arbitraggio avrebbe un contenuto di tipo processuale, con la conseguenza che non sarebbero applicabili – o perlomeno non solo – i §§ 317 ss. BGB ma anche i §§ 1029 ss. ZPO309.
Posizione diversa è stata assunta da Xxxxxxxx, il quale si interrogò sulla fondatezza
della tesi sostenuta allora in via prevalente e cioè quella che riteneva la determinazione del- la prestazione un Gestaltungsakt (atto potestativo) in base all‟argomentazione che chi ef-
303 Così si esprimeva già X. XXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, in AcP, 1888, 279.
304 Così W.-J. XXXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, cit., 796; X. XXXXX, in X. Xxxxx, Bürgerliches Gesetzbuch, cit., 1490; X. XXXXXXXX, in H.G. Xxxxxxxxx-X. Xxxx, Kommentar, cit., 1548; X. XXXXXX, in J. xxx Xxxxxxxxxx, Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch mit Einführungsgesetz und Xxxxxxxxxxxxx, II,
§§315-326, Berlin, 2009, 125.
305 BGH, 24 novembre 2005, in BeckRS, 2005, 14823.
306 OLG Stuttgart, 23 gennaio 2001, in Die Justiz, 2002, 410; X. XXXXXXXX, in Münchener Kom-
mentar, cit., 1853.
307 Per un approfondimento sul concetto di Gestaltungsrecht si veda infra, § 4.
308 W.-X. XXXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, cit., 810 s.
309 Così X. XXXXXX, in X. xxx Xxxxxxxxxx, Kommentar, cit., 124.
fettua la determinazione, anche se vincolato al parametro dell‟equo apprezzamento, si muoverebbe comunque nell‟ambito di uno spazio di gioco avente portata creativa e non meramente cognitiva310.
Seguendo questo ragionamento i contraenti nel rimettere ad un terzo la determina- zione di una parte del contratto manifesterebbero l‟intenzione di non volersi (o potersi) ac- cordare su tutti i punti del contratto, assoggettandosi alla volontà di un soggetto terzo il quale è tenuto ad effettuare la determinazione secondo le proprie conoscenze ed esperien- ze. Siffatta rimessione delle parti ad una decisione altrui non avrebbe alcun senso – secon- do Xxxxxxxx – se nel contempo al terzo non fosse concesso di scegliere fra varie possibili- tà: egli infatti non sarebbe un mero sostituto delle parti ma parteciperebbe attivamente alla decisione, che potrebbe avere un contenuto variegato311.
Diversamente opina chi ritiene invece che, nel caso in cui la determinazione della prestazione sia effettuata unilateralmente da uno dei contraenti (come prevede il § 315 BGB) o da un terzo che proceda secondo equo apprezzamento (ai sensi del § 317 BGB) non sarebbe loro concessa una possibilità di scelta fra varie soluzioni: una sola sarebbe, in- fatti, la determinazione „equa‟. In tale visione la parte o il terzo dovrebbero quindi effettua- re una mera constatazione, un accertamento di quella soluzione equa, adeguata e già pree- sistente al caso di specie (Rechtsfeststellung, Rechtserklärung). Non si tratterebbe di un‟attività potestativa (Rechtsgestaltung), presupponendo invece quest‟ultima la scelta di una fra diverse possibili varianti. La qualifica di atto di accertamento dovrebbe spettare al- tresì all‟eventuale sentenza che il giudice adotti in via sostitutiva a quella iniqua dell‟arbitratore312.
L‟opinione attualmente prevalente ribadisce la natura sostanziale, e non processua-
le, dell‟atto di arbitraggio: alla decisione dell‟arbitratore mancherebbe infatti quella pecu- liarità di cui parla il § 1055 ZPO, ai sensi del quale la decisione arbitrale ha fra le parti gli effetti di una sentenza passata in giudicato313. Come si è detto, per comprendere a quale i- stituto le parti abbiano fatto riferimento è fondamentale guardare alla loro manifestazione di volontà: e quindi se abbiano voluto escludere la giurisdizione statale e optare per il giu-
310 X. XXXXXXXX, Die Xxxxxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxx xxx Xxxxxxxx xx xxx §§ 000–319 BGB, in AcP, 168, 1968, 452.
000 X. XXXXXXX, Xxx Xxxxxxxxxxxxxxxx xxx Xxxxxxx xxxx § 000 XXX, in AcP, 203, 2003, 440.
312 X. XXXXXXXX, Die Rechtsnatur der Bestimmung, cit., 469.
313 Così recita il § 1055 ZPO: «Der Schiedspruch hat unter den Parteien die Wirkungen eines rechts- kräftigen gerichtlichen Urteils».
dizio di arbitrato ai sensi del § 1055 ZPO ovvero impugnare la decisione del terzo davanti al giudice sottoponendola al controllo di equità ai sensi del § 319 primo comma BGB314.
Infatti nell‟arbitrato le parti si accordano affinchè l‟arbitratore decida la controver- sia insorta fra loro al posto dell‟organo giudicante, adottando una decisione che abbia con- tenuto di sentenza. Il giudice in tal caso potrà essere chiamato ad intervenire solo ai sensi e nel rispetto dei limiti di cui al § 1041 ZPO: su richiesta di parte egli potrà concedere l‟esecuzione della misura provvisoria o cautelare che ritenga necessaria con riguardo all‟oggetto del contendere.
Nell‟arbitraggio invece, dove la decisione dell‟arbitratore ha carattere sostanziale perché concerne la determinazione dell‟oggetto del contratto stipulato dalle parti e non la risoluzione di una lite, l‟intervento del giudice si fonda sulla previsione del § 319 primo comma BGB: se egli accerterà l‟eventuale iniquità della determinazione del terzo la sosti- tuirà con una propria, tramite sentenza315.
Un ruolo decisivo rivestirebbe dunque l‟efficacia che, nelle intenzioni dei contraen- ti, deve possedere la decisione del terzo: se sarà sottoponibile al controllo dell‟organo giu- dicante quanto al profilo dell‟inesattezza o dell‟iniquità, si tratterà di arbitraggio; vicever- sa, laddove tale possibilità di verifica sia stata esclusa, si avrà arbitrato316.
In realtà, come è facile intuire, la distinzione fra arbitrato ed arbitraggio non è sem- pre semplice. A talune incertezze dogmatiche si aggiunge spesso anche una certa impreci- sione terminologica dei contraenti quanto alla descrizione del compito di cui viene investi- to il terzo.
Al di là di quanto detto fino ad ora sembra ragionevole ritenere che la distinzione fra i due debba essere in conclusione valutata, secondo un‟analisi forse più elementare ma non meno corrispondente alla realtà dei fatti, in base alla loro diversa natura e finalità.
Nel caso dell‟arbitrato ci si trova in una fase patologica di un rapporto giuridico, nato completo, evolutosi ed entrato successivamente in crisi a causa di una controversia in- sorta tra le parti. Esse per porvi rimedio preferiscono che la risoluzione di tale contrasto avvenga per una via alternativa a quella processuale ordinaria e la affidano così ad un sog-
000 X. XXXXXX, xx X. xxx Xxxxxxxxxx, Kommentar, cit., 125.
000 X. XXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxxx, 0000, 295 ss.
316 X. XXXXXXXXX, in Palandt, Bürgerliches Gesetzbuch, cit., 527; X. XXXXX, in X. Xxxxx, Bürgerli- ches Gesetzbuch, cit., 1490.
getto terzo – l‟arbitro appunto – che di fatto svolge la stessa funzione di un organo giudi- cante ma al di fuori dell‟ordinaria cornice processuale.
Nell‟arbitraggio invece, l‟intervento dell‟arbitratore non ha finalità compositiva di una controversia semplicemente perché non vi è alcun contrasto. La mancanza di comple- tezza dell‟accordo si manifesta subito, nel momento iniziale della vita del contratto e non è indice di conflitto bensì è consapevolmente voluta dalle parti. Tale lacuna necessita sem- plicemente di un‟integrazione da parte di chi sia dotato di quelle particolari conoscenze e competenze specifiche che i contraenti non possiedono (o non possiedono ancora), in mo- do da consentire di dare completezza ai loro rapporti nonché una proficua attuazione degli stessi. In conclusione dovrebbe quindi distinguersi a seconda che si tratti solo di accertare elementi di fatto o di diritto (arbitraggio) ovvero debba piuttosto essere risolto un contrasto fra le parti (arbitrato)317.
4. I cd. Gestaltungsrechte
A questo punto è opportuno un minimo approfondimento della nozione di Gestal- tungsrecht in quanto funzionale ad una ricostruzione della natura stessa dell‟arbitraggio e anche dell‟eventuale iniquità che dovesse caratterizzare la determinazione della prestazio- ne318.
Si tratta della categoria dogmatica corrispondente ai nostri „diritti potestativi‟. La dottrina tedesca ha molto discusso sulla natura dei Gestaltungsrechte con particolare rife- rimento alla questione se si tratti o meno di diritti soggettivi: l‟opinione maggioritaria si schiera per la soluzione affermativa319.
In assenza di un loro preciso inquadramento nel BGB parte della dottrina ritiene che i Gestaltungsrechte costituirebbero un terzo gruppo di diritti soggettivi accanto agli Herrschaftsrechten (diritti assoluti) e ai Forderungsrechten (diritti relativi)320.
000 X. XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxx, Xxxxxxxx, 0000, 49.
318 Per un approfondimento sui Gestaltungsrechte si veda diffusamente: X. XXXXXXX, Schlichtung als Leistungsbestimmung, cit., 184 ss.; ID, Das Gestaltungsrecht des Dritten, cit. 429 ss., nonché X. XXXXXX, Ge- staltungsrechte im Leistungsstörungsrecht, Berlin, 2010, 26 ss.
319 In tal senso, per tutti si vedano: X. XXXXXXX, Das Gestaltungsrecht des Dritten, cit., 441 ss.; X. XXXXXX, Gestaltungsrechte, cit., 42 ss. Di contrario avviso è invece X. XXXXX, Xxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 265.
320 Così X. XXXXXXX, Schlichtung als Leistungsbestimmung, cit., 184 ss.
La legge garantisce Gestaltungsrechte nei casi in cui ravvisi particolari interessi di una parte ritenuta contrattualmente più debole. Al soggetto legittimato all‟esercizio di tale diritto viene conferito il potere unilaterale di apportare delle modifiche al rapporto contrat- tuale con una dichiarazione che ha, appunto, natura gestaltend („potestativa‟). La particola- xxxx sta proprio nel fatto che l‟effetto modificativo della dichiarazione è conseguenza dell‟esercizio unilaterale di un diritto, senza che si renda quindi necessario l‟intervento di controparte o dell‟autorità giudiziaria321.
Ciò premesso, va evidenziato che la categoria dei Gestaltungsrechte sembrerebbe avere rilevanti punti di contatto con quella dell‟arbitraggio ed in particolare con l‟ipotesi regolata dal § 317 BGB: anche qui infatti al terzo è conferito il potere di incidere, con una propria statuizione unilaterale, su un rapporto giuridico di cui sono titolari altri due sogget- ti.
Vi sono tuttavia autori i quali negano che si possa parlare, con riferimento al diritto del terzo ex § 317 BGB, di un Gestaltungsrecht e fondano questa presa di posizione su di- verse argomentazioni.
Alcuni osservano che di norma un diritto soggettivo – nello specifico il Gestaltun- gsrecht – riguarderebbe esclusivamente il soddisfacimento di un interesse del proprio tito- lare. Il diritto dell‟arbitratore alla determinazione della prestazione, invece, sarebbe fun- zionale al soddisfacimento di interessi di soggetti terzi, i contraenti. Essi possono revocare il diritto dell‟arbitratore in qualsiasi momento mentre ciò non potrebbe avvenire se si trat- tasse di un diritto soggettivo322.
Altri sostengono che all‟arbitratore mancherebbe quella possibilità di scelta fra di- verse alternative che è invece l‟aspetto caratterizzante dei Gestaltungsrechte. Oggetto della sua determinazione sarebbe viceversa una dichiarazione con effetto puramente chiarificato- rio – e non modificativo – della situazione giuridica fra le parti. Ciò è dovuto al fatto che nell‟effettuare la determinazione secondo il criterio dell‟equo apprezzamento una soltanto sarà la scelta veramente equa323. L‟arbitraggio secondo equo apprezzamento sarebbe quin-
321 In questo senso i Gestaltungsrechte sarebbero degli Zweckrechte (diritti di scopo) finalizzati ap- punto al raggiungimento di uno scopo esterno: così e più diffusamente si esprime X. XXXXXX, Gestaltungsre- chte, cit., 56.
322 X. XXXXXXXXX, Die Übertragung von Gestaltungsrechten, Wien, 1986, 5 ss.; X. XXXXXX, xx X. xxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx, xxx., 000. Secondo questo autore il terzo arbitratore, a differenza di quanto avviene nell‟arbitraggio di parte, non dispone di un proprio diritto soggettivo: il diritto alla determinazione della pre- stazione è per il terzo un mero potere di regolamentazione, identico al potere di rappresentanza.
323 Così X. XXXXXXXX, Die Xxxxxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxx, xxx., 000 xx.
xx xxxxxxxxxxxxx ad un atto ricognitivo e non invece espressione di un potere costitutivo concesso dai contraenti: produce determinati nuovi effetti ma è estraneo al processo da cui traggono origine324.
A favore dell‟appartenenza del diritto del terzo di cui al § 317 BGB alla categoria dei Gestaltungsrechte si schiera invece chi ritiene che non rilevi a tal proposito la circo- stanza che l‟arbitratore non agisca per il soddisfacimento di un proprio interesse: i diritti soggettivi potrebbero infatti essere funzionali anche alla tutela di interessi di terzi purché ben individuati325.
L‟impasse costituita dal potere delle parti di revocare l‟incarico del terzo viene su- perato sulla base del seguente ragionamento. Come verrà approfondito nel paragrafo se- guente, nella cornice del fenomeno dell‟arbitraggio vanno tenuti distinti due diversi rappor- ti giuridici: quello fra i contraenti, da un lato, e quello fra questi e l‟arbitratore, dall‟altro326.
L‟accordo fra le parti (cd. Unterwerfungsvereinbarung) ha un duplice contenuto: da un lato fa sorgere il potere del terzo, dall‟altro lato obbliga i contraenti ad accettare la de- terminazione che verrà assunta. È su tale accordo che si fonda altresì il potere di revoca dei contraenti: è un potere bilaterale, non potendo essere esercitato separatamente, in modo u- nilaterale, da uno solo dei due. L‟esistenza di tale potere tuttavia non condizionerebbe l‟inquadramento del terzo quale Gestaltungsrecht perché l‟esercizio della revoca è sottopo- sto, come si è detto, a garanzie di imparzialità e indipendenza tali che l‟autonomia decisio- nale dell‟arbitratore non viene minata327.
5. I presupposti della determinazione del terzo: l’accordo fra le parti e l’accordo con il terzo
Tenuto conto delle relazioni giuridiche che si intrecciano in tema di arbitraggio è opportuno fare una distinzione.
Da un lato v‟è l‟accordo concluso tra le parti: si tratta di un negozio dispositivo con cui le stesse danno vita al potere del terzo e si obbligano ad adeguarsi alla sua determina-
324 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, Napoli, 1995, 184, il quale traduce Gestalun- gsrecht con „potere costitutivo‟.
325 X. XXXXXXX, Das Gestaltungsrecht des Dritten, cit., 456 s.
326 X. XXXXXXXX, in H.G. Xxxxxxxxx-X. Xxxx, Kommentar, cit., 1548.
000 X. XXXXXX, Xxxxxxxxxxxxxxxxx, cit., 78 ss.
zione328 (trattasi di un Verfügungsgeschäft, denominato anche Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx000, Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx000, Xxxxx – oder Hauptvertrag331). Alla cosiddetta Parteive- reinbarung saranno applicabili altresì le generali regole sulla conclusione dei contratti di cui ai §§ 145 ss. BGB (proposta, accettazione, etc.)332.
Dall‟altro lato vi è l‟accordo che le parti stipulano con il terzo: questo è un negozio obbligatorio con cui l‟arbitratore assume l‟obbligo di effettuare una certa determinazione entro un termine prestabilito (trattasi di un Verpflichtungsgeschäft, qualificato anche come Schiedsgutachtervertrag333, Geheißvereinbarung334)335.
Il dato letterale del § 317 primo comma BGB è piuttosto generico e prevede sola- mente che la determinazione della prestazione sia demandata ad un terzo, senza fornire e- lementi utili a definire una regolamentazione del rapporto giuridico fra i contraenti e l‟arbitratore336. I presupposti dell‟incarico del terzo andranno così individuati considerando proprio i rapporti che vengono a delinearsi ed intrecciarsi fra le parti.
Non è questa la sede per occuparsi nel dettaglio del contenuto di tali relazioni, ma è opportuno evidenziare quali siano le loro note caratterizzanti per meglio inquadrare i ruoli rivestiti dai soggetti interessati e quindi le eventuali ripercussioni sull‟iniquità delle scelte adottate dall‟arbitratore.
La particolarità che caratterizza i due accordi, quello tra le parti e quello fra esse e il terzo, è che sono giuridicamente indipendenti l‟uno dall‟altro. Infatti il negozio con l‟arbitratore rimane efficace anche se quello tra le parti dovesse non esserlo337.
Tale regime di autonomia è frutto della particolare impostazione dogmatica tedesca in ambito contrattuale, modellata sul Trennungsprinzip e sul suo corollario, l‟Abstraktionsprinzip. Essi svolgono un ruolo fondamentale con riferimento alla scomposi- zione tra Verpflichtungsgeschäft (negozio obbligatorio che costituisce la fonte dell‟obbligo
000 X. XXXXXX, xx X. xxx Xxxxxxxxxx, Kommentar, cit., 126 ss.
329 X. XXXXXX-X. XXXXXX, Schiedsgutachten. Außergerichtliche Streitbeilegung durch Drittent- scheidungen, Xxxxxxx, 0000, 37.
000 X. XXXXXX, Xxxxxxxxxxxxxxxxx, cit., 80.
000 X. XXXXX, Bestimmung der Leistung durch einen Dritten, Rostock, 1910, 31.
332 Così X. XXXXXX-X. XXXXXX, Schiedsgutachten, cit., 37 ss.
333 X. XXXXXX-X. XXXXXX, Schiedsgutachten, cit., 40.
000 X. XXXXXX, Xxxxxxxxxxxxxxxxx, cit., 79.
335 Così X. XXXXXXX, Das Gestaltungsrecht des Dritten, cit., 457.
336 X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1855.
337 X. XXXXXX-X. XXXXXX, Schiedsgutachten, cit., 40; X. XXXXXXX, Das Gestaltungsrecht des Dritten,
cit., 437.
alla prestazione) e Verfügungsgeschäft (negozio dispositivo attraverso il quale un diritto viene trasferito, modificato o estinto)338.
Il Trennungsprinzip afferma che Verpflichtungsgeschäft e Verfügungsgeschäft non formano un‟unità giuridicamente inscindibile ancorché concernano la medesima fattispecie giuridica: essi sono invece indipendenti l‟uno dall‟altro. Ad esempio nel contratto di com- pravendita il contratto obbligatorio (che fa sorgere i caratteristici obblighi reciprochi fra le parti) va tenuto distinto da quello di disposizione (che ha invece ad oggetto il trasferimento della proprietà del bene compravenduto).
Dal Trennungsprinzip discende l‟Abstraktionsprinzip, secondo il quale le circostan- ze che influiscono sull‟efficacia del Verpflichtungsgeschäft non incidono sulla sorte del Verfügungsgeschäft. La validità del contratto dispositivo di trasferimento della proprietà prescinde dalla validità del contratto obbligatorio di compravendita. L‟acquirente diverrà perciò comunque proprietario del bene e il venditore per ottenere il ritrasferimento della proprietà dovrà esperire un‟apposita xxxxxx000.
Contestualizzando questa impostazione nel caso dell‟arbitraggio, discende che la Geheißvereinbarung, cioè l‟accordo delle parti con l‟arbitratore, costituisce dunque un ne- gozio obbligatorio astratto e indipendente dall‟Unterwerfungsvereinbarung, cioè l‟accordo tra le parti. Se il negozio dispositivo è inefficace, quindi non sia nato il diritto del terzo ad effettuare la determinazione, ma il negozio obbligatorio sia invece valido, la determina- zione effettuata dal terzo sarà comunque efficace. In ciò si sostanzia dunque l‟accennato regime di autonomia e indipendenza fra i due negozi. Tuttavia l‟obbligo del terzo, che pure è venuto ad esistenza, è comunque destinato ad estinguersi ai sensi del § 275 BGB perché
«una determinazione effettuata in assenza di un precedente diritto alla determinazione stes- sa, è impossibile»340.
338 Per un approfondimento su Verpflichtungs- e Verfügungsgeschäft si veda X. XXXXXX, Allgemei- ner Xxxx xxx xxxxxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 410 ss.
339 Per un approfondimento su questi temi: X. XXXXXX, Allgemeiner Teil, cit., 421 ss.; D. MEDICUS, Allgemeiner Teil des BGB, Heidelberg, 2002, 92 ss.; X. XXXX-X.-X. XXXXXX, Xxxxxxxxxxx Xxxx xxx XXX, Xxxx, 0000, 51 ss.
340 Così X. XXXXXX, Gestaltungsrechte, cit., 79 e nt. 368; X. XXXXXXXXX, in Palandt, Bürgerliches Gesetzbuch, cit., 351 ss. Il primo comma del § 275 BGB dispone che «la pretesa alla prestazione è esclusa, qualora questa sia impossibile per il debitore o per chiunque».
6. Le differenti tipologie di arbitraggio nel diritto tedesco
Dottrina e giurisprudenza tedesche hanno riconosciuto vari tipi e sottotipi di arbi- traggio, a seconda del contenuto caratterizzante ciascuno di essi.
Benché siano stati individuati alcuni aspetti distintivi fondamentali fra le varie ti- pologie, esse vengono spesso classificate in modo diversificato. Vi è infatti chi preferisce ravvisare una bipartizione 341; chi invece – sulla scorta della storica pronuncia del Rei- chsgericht del 1919 – opta per una tripartizione342; e chi infine per una quadripartizione343.
Si tratta tuttavia di distinzioni per lo più formali che di norma non incidono sulla sostanza dell‟istituto ma è utile tenerne conto nell‟affrontare l‟argomento, per superare al- cune difficoltà dovute a particolarità terminologiche e sistematiche.
7. Lo Schiedsgutachten im weiteren e im engeren Sinn
Tradizionalmente si distinguono due tipi di arbitraggio: arbitraggio in senso ampio
– detto anche arbitraggio improprio – (Schiedsgutachten im weiteren Sinn) ed arbitrato in senso stretto – o arbitraggio proprio – (Schiedsgutachten im engeren Sinn)344.
L‟arbitraggio in senso ampio è finalizzato ad un completamento delle volontà con- trattuali delle parti in quanto il terzo è chiamato a determinare la prestazione oggetto del contratto. Quest‟attività integrativa è caratterizzata da un certo margine di apprezzamento, che deve però essere contrattualmente delimitato.
Il completamento può concernere qualsiasi elemento del contratto, sia essenziale che accidentale; può quindi estendersi a tutte le questioni rimesse alla libertà contrattuale
341Individuando gestaltende e feststellende Schiedsgutachten, di fatto corrispondenti, rispettivamen- te, allo Schiedsgutachten im weiteren Sinn e allo Schiedsgutachten im engeren Sinn.
342 Distinguono infatti fra ergänzende (di completamento), klarstellende (di chiarificazione) e fe- ststellende (di accertamento) Schiedsgutachten, fra gli altri, H.-X. XXXXXX, Die Bestimmung der Leistung, cit., 27 ss.; W.-X. XXXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, cit. 789 ss. Per tutti: X. XXXXXXXX, in H.G. Xxxxxxxxx-
X. Xxxx, Kommentar, cit., 1547 s.
343 X. XXXXXXXX, in Münchener Kommentar, cit., 1856 s., il quale, come i tripartitismi, individua arbitraggio di completamento (vertragsergänzendes Schiedsgutachten), arbitraggio di adeguamento (con fun- zione di Vertragsanpassung) e poi distingue fra arbitraggio di precisazione di aspetti giuridici (rechtsklären- des o rechtsfeststellendes Schiedsgutachten) e arbitraggio di precisazione di elementi di fatto (Tatbestandse- lemente feststellendes Schiedsgutachten).
344 Su questa classificazione, più ampiamente, xxxxxx X. XXXXXXX, Schlichtung als Leistungsbestim- mung, cit., 45 ss.; X. XXXXXXXXX, in Palandt, Bürgerliches Gesetzbuch, cit., 529 s.; X. XXXXX, in X. Xxxxx, Bürgerliches Gesetzbuch, cit., 1489 ss.; X. XXXXXXX, in X. Xxxxxxx, Bürgerliches Gesetzbuch Handkommen- tar, Baden-Baden, 2012, 498; X. XXXXXXXX, in H.G. Xxxxxxxxx-X. Xxxx, Kommentar, cit., 1548; X. XXXXXX, in X. xxx Xxxxxxxxxx, Kommentar, cit., 122 ss.
potestativa delle parti (vertragliche Gestaltungsfreiheit der Parteien). Nella prassi, classici esempi di arbitraggio in senso ampio sono la fissazione dell‟importo del canone locati- zio345, di quello enfiteutico346 o, ancora, il prezzo per il trasferimento d‟azienda.
L‟arbitraggio in senso stretto ha un ambito applicativo più circoscritto ma comun- que di rilievo. Esso comprende l‟accertamento e la precisazione di circostanze di fatto non- ché la chiarificazione di elementi di diritto. Si tratta quindi di un‟attività non limitata ne- cessariamente alla verifica di presupposti fattuali ed all‟accertamento del contenuto con- trattuale, ma si estende anche alla valutazione ed alla sussunzione di questioni giuridiche preliminari.
Mentre l‟arbitraggio in senso ampio costituisce la fattispecie applicativa classica del
§ 317 BGB, questa disposizione viene invece applicata all‟arbitraggio in senso stretto sol- tanto in via analogica. Quest‟ultimo infatti – noto anche come feststellende Schiedsguta- chten – si differenzierebbe dall‟arbitraggio in senso ampio perché l‟arbitratore non adotta una decisione sulla base di un apprezzamento valutativo e discrezionale, quanto piuttosto assume l‟unica „decisione giusta‟ in quel frangente. La sua attività avrebbe quindi carattere di mero accertamento, senza che vi sia spazio per valutazioni di opportunità. Si tratterà di arbitraggio in senso stretto, ad esempio, nell‟accertamento del valore di un‟auto347, di una quota sociale348 o di un bene oggetto di leasing349.
In generale non è sempre semplice distinguere nel singolo caso concreto le due ti- pologie di arbitraggio e in giurisprudenza si è sostenuto che non sarebbe soddisfacente fondare tale distinzione sull‟attività del terzo, di cognizione nell‟arbitraggio in senso ampio e di mero accertamento nell‟arbitraggio in senso stretto. Alcuni autori hanno affermato che se si trattasse solo di una constatazione di tipo cognitivo dell‟unica scelta giusta, allora non vi sarebbe neppure la necessità di ricorrere ad un arbitratore «perché il giudice potrebbe decidere in qualsiasi momento al suo posto350.
345 BGH, 13 maggio 1974, in BGHZ, 62, 314 ss.
346 BGH, 26 aprile 1991, in XXX, 0000, 2761 ss.
347 BGH, 18 maggio 1983, in XXX, 0000, 1854 s.
348 BGH, 20 novembre 2011, in WM, 1976, 251 ss.
000 XX Xxxxxxxxx, 00 luglio 1988, in NJW-RR, 1988, 1132 ss.
350 X. XXXXXXX, Schlichtung als Leistungsbestimmung, cit., 59 ss.; X. XXXXXX in X. xxx Xxxxxxxxxx,
Kommentar, cit., 123.
Al di là delle distinzioni terminologiche e delle categorizzazioni, discrimine fon- damentale è, come sempre, la volontà delle parti, indipendentemente dalla terminologia da queste utilizzata nella redazione del contratto.
L‟arbitraggio in senso stretto si caratterizza perché da un lato, il contratto principale cui accede è completo, ma dall‟altro uno o più elementi dello stesso dovranno essere de- terminati o meglio precisati. Si tratterebbe quindi, in questa tipologia di arbitraggio, della fissazione di elementi di fatto già preesistenti; nell‟arbitraggio in senso ampio, invece, del- la determinazione di nuovi obblighi: qui il terzo ha infatti il compito di determinare la pre- stazione e quindi di stabilire un aliquid novi.
a. Il vertragsergänzende Schiedsgutachten
Come già anticipato, dottrina e giurisprudenza tedesche all‟interno dell‟arbitraggio hanno variamente distinto alcune sottocategorie, delle quali ora analizzeremo più da vicino i tratti distintivi, a partire dal vertragsergänzende Schiedsgutachten, cioè il cosiddetto „ar- bitraggio di completamento contrattuale‟.
Tale figura, al fine di essere distinta dalle altre, viene diversamente denominato: Schiedsgutachtenvertrag im weiteren Sinne (arbitraggio in senso ampio), rechtsbegrün- dendes Schiedsgutachten (arbitraggio costitutivo)351 ovvero ancora bestimmender Schie- dsgutachtenvertrag (arbitraggio determinativo).
In questa categoria rientrano tutte le ipotesi in cui le parti si siano rivolte ad un ter- zo affinchè egli provveda alla determinazione di taluni aspetti del contratto e quindi ad un suo completamento.
Le ragioni alla base di tale scelta possono essere le più varie. Solitamente i contra- enti non sono riusciti ad addivenire ad un accordo perché non conoscono l‟esatta entità di una delle due prestazioni. Essi sono tuttavia intenzionati a conferire efficacia al loro rap- porto contrattuale, perciò incaricano un terzo, esperto e fidato, della decisione sulla natura o l‟entità della prestazione rimasta indeterminata352.
La funzione svolta dal terzo caratterizza in modo significativo l‟arbitraggio di com- pletamento contrattuale. La sua determinazione, infatti, può concernere sia elementi costi-
351 X.-X. XXXXXXXXX, Das Schiedsgutachten, cit., 792 ss.
352 Si veda più diffusamente X. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 13 ss.
tutivi essenziali del contratto (essentialia negotii), sia elementi accidentali (accidentalia negotii). Tuttavia va detto che l‟ipotesi più frequente è la prima perché, dove invece si trat- ti di questioni non essenziali, risulta di solito più facile per le parti trovare un accordo sen- za ricorrere ad ausilii esterni qual è, appunto, un arbitratore.
È interessante riflettere sull‟efficacia dell‟arbitraggio di completamento contrattuale e capire in cosa effettivamente consista questo suo effetto rechtsgestaltend, cioè „potestati- vo‟.
Secondo una linea interpretativa il contratto principale, inizialmente privo di effica- cia, la acquisterebbe solamente con la determinazione effettuata dall‟arbitratore: la sua de- cisione farebbe quindi nascere l‟obbligazione e renderebbe vincolante per le parti il con- tratto che invece, fino ad allora, era carente di un elemento essenziale353.
Altri autori sostengono che sia opportuno distinguere. Quando le parti hanno con- cluso un accordo di arbitraggio avente natura di completamento, il contratto principale si perfezionerà nel momento della conclusione di tale accordo e la determinazione della pre- stazione adottata dall‟arbitratore entrerà poi a far parte del contenuto contrattuale in modo vincolante. Se invece i contraenti abbiano previsto un accordo di arbitraggio con funzione di adeguamento contrattuale, la determinazione dell‟arbitratore si sostituirà all‟originario
contenuto contrattuale ed il momento in cui ciò si verifica è rimesso alla volontà delle par- ti354.
Una differente opinione è sostenuta da chi ritiene che il contratto sarebbe viceversa perfetto ed efficace già al momento della sua conclusione: infatti l‟elemento che pure di per sé è ancora indefinito acquisterebbe completezza in via automatica, perfezionando così il contratto, per il solo fatto dell‟inserimento della clausola di arbitraggio355.
V‟è poi chi invece non ravvisa alcuna Rechtsgestaltung nella determinazione della prestazione se essa sia effettuata secondo equo apprezzamento. Infatti in questo caso ver- rebbe precisato un contenuto contrattuale già preesistente, benché fino ad allora latente. Poiché tale determinazione deve corrispondere ad equità non sussisterebbe alcuno spazio discrezionale nell‟ambito del quale il terzo potrebbe muoversi. Questi, nell‟ambito
353 Così W.-X. XXXXXXXXX, Das Schiedgutachten, cit., 793. Ricorda l‟autore che la medesima solu- zione è stata adottata dal Code civil francese all‟art. 1592 secondo il quale: «Il peut cependant être laissé à l'arbitrage d'un tiers; si le tiers ne veut ou ne peut faire l'estimation, il n'y a point de vente».
354 X. XXXXXX-X. XXXXXX, Schiedsgutachten, cit., 39.
355 Così X. XXXXXXXX, Das Schiedsgutachtenrecht: unter besonderer Beruecksichtigung der Rege- lungen der Praxis des Massenverkehrs, Frankfurt a.M., 1969, 65.
dell‟equo apprezzamento, non potrebbe liberamente adottare una fra varie possibili solu- zioni: equità infatti non significa libertà dal diritto, bensì operare al suo interno, nell‟ottica di un‟autentica e piena giustizia: sarà quindi possibile ed ammissibile un‟unica scelta356.
È stato affermato che l‟efficacia del contratto principale dipenderebbe dall‟ampiezza del raggio d‟azione che i contraenti conferiscono all‟arbitratore affinchè ef- fettui la determinazione secondo equo apprezzamento. In molti casi infatti, la prestazione contrattuale da individuare sarebbe già determinabile fin da principio da parte di chi pos- siede le necessarie conoscenze: è per questo motivo che l‟efficacia giuridica del contratto principale non subirà alcuna modificazione a seguito della decisione dell‟arbitratore357.
Il diritto dell‟arbitratore alla determinazione della prestazione viene qualificato da diversi autori quale Gestaltungsrecht (diritto potestativo) e la natura dell‟atto di arbitraggio quale Gestaltungsgeschäft (negozio potestativo), Rechtsgestaltung (esercizio potestativo di un diritto), Gestaltungsrecht in Bezug auf die Ausfüllung des vereinbartes Rahmens (diritto potestativo di completamento di una cornice già stabilita), ausfüllendes Gestaltungsrecht (diritto potestativo di completamento)358.
La funzione del terzo in questa tipologia di arbitraggio consiste nell‟integrare un accordo ancora parzialmente incompleto, predisponendo un contenuto negoziale che si in- serisce nei limiti di un quadro già previsto e stabilito dalle parti. Tale attività avrebbe natu- ra avvicinabile a quella propria dei diritti costitutivi in quanto la determinazione ha l‟effetto di individuare un nuovo elemento del contratto riempiendo un vuoto negoziale che necessitava, per essere colmato, della collaborazione di entrambi i contraenti.
L‟efficacia vincolante dell‟arbitraggio di completamento contrattuale soggiace al § 319 BGB, il quale sancisce la non vincolatività della determinazione assunta dal terzo nel caso in cui sia manifestamente iniqua (offenbar unbillig). Il parametro della „manifesta ini- quità‟ si caratterizza, da un lato, perché fa riferimento ad una violazione considerevole del principio di buona fede e, dall‟altro, perché richiede che l‟iniquità sia riconoscibile ai terzi.
356 X. XXXXXXXX, Die Rechtsnatur der Bestimmung, cit., 450 ss.; ID., Probleme des schiedsrichter- lichen Xxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 96, nt. 105. Per contro X. XXXXXXX-XXXXXXXX, Gerechtliche Er- messensentscheidungen, cit., 705 ss., appoggia invece la tesi per cui il terzo, nonostante sia legato al criterio dell‟equo apprezzamento, manterrebbe comunque una possibilità di scelta nella determinazione della presta- zione, la quale possiede quindi una rechtsgestaltende Wirkung.
357 Così X. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 18.
358 In questo senso, variamente: X. XXXXXXXXX, in Palandt, Bürgerliches Gesetzbuch, cit., 528; W.-
X. XXXXXXXXX, Das Schiedgutachten, cit., 794; X. XXXXXX, Xxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxx. Xxxxxxxxxxx Xxxx, Xxxxxxx, 0000, 80 ss. Di contrario avviso, invece, X. XXXXXXXX, Die Rechtsnatur der Bestimmung, cit., 463 s.
I contraenti, infatti, hanno interesse ad essere vincolati solo ad un arbitraggio che rispecchi il principio di equità e a che sia eliminata qualsivoglia incertezza da punto di vista giuridi- co. Questi due interessi entrano in conflitto nel momento in cui una parte ritenga di essere penalizzata da una determinazione arbitrale iniqua e che impugnerà in quanto non vi si vo- glia attenere.
Il § 319 BGB svolge un ruolo importante in ordine al riequilibrio fra gli interessi delle parti. Da un lato vuole infatti offrire assistenza al contraente che potrebbe essere svantaggiato dalle conseguenze di un arbitraggio iniquo; dall‟altro è volto a garantire che la determinazione sia scevra da dubbi e incertezze di qualsivoglia natura.
Laddove le parti non abbiano stabilito diversamente ed il terzo assuma la determi- nazione ai sensi del § 317 primo comma BGB, va evidenziato che tale norma non contiene indicazioni circa le modalità con cui egli dovrà svolgere il suo incarico nel rispetto del cri- terio dell‟equo apprezzamento. Ecco la ragione per cui è fondamentale chiarire quale sia il significato da attribuire al concetto di equità quale misura e criterio per l‟arbitratore nell‟assumere la determinazione.
Poiché egli deve intervenire nel rapporti giuridici tra le parti, i parametri cui dovrà attenersi emergeranno, innanzitutto, dal contenuto contrattuale che il terzo ha l‟incarico di completare. L‟arbitratore dovrà poi esaminare e ponderare gli interessi propri di ciascun contraente; la sua determinazione dovrà infine tener conto delle decisioni normalmente as- sunte in circostanze simili e andrà poi modellata sulle specificità del caso de quo. Il terzo può quindi muoversi con un certo apprezzamento ma non è incondizionatamente libero in quanto vincolato a suddetti parametri359.
b. Il rechtsabändernde Schiedsgutachten
Si è già anticipato che un ulteriore incarico dell‟arbitratore potrebbe consistere nell‟adeguare un rapporto contrattuale già esistente, al mutamento di particolari circostan- ze.
Si tratta per lo più di un‟ipotesi che si verifica in caso di adeguamento di rapporti contrattuali di lunga durata, quali la locazione o l‟enfiteusi360. Il terzo potrebbe ad esempio
359 Così X. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 21 ss.
360 X. XXXXXXXX, in H.G. Xxxxxxxxx-X. Xxxx, Kommentar, cit., 1548.
essere incaricato di adeguare la prestazione in denaro ad un mutamento essenziale di valore fra prestazione e controprestazione verificatosi in un momento successivo rispetto a quello della conclusione del contratto361.
Il Bundesgerichtshof si è più volte occupato di questioni in cui si trattava dell‟interpretazione di clausole di adeguamento contrattuale e dell‟accertamento degli ef- fetti negoziali in seguito alla decisione assunta dall‟arbitratore. Ad esempio, quando sono inserite nel contratto delle clausole di indicizzazione, il compito del terzo è di intervenire in via sussidiaria effettuando un adeguamento solo se le parti non siano in grado da sole di raggiungere un accordo. In tali casi concretamente accade che, onde evitare incertezze su elementi giuridici indeterminati ma che costituiscono il presupposto di successive decisio- ni, all‟arbitratore viene conferito il potere di decidere una questione pregiudiziale, cioè se si siano verificati i necessari presupposti per l‟adeguamento di determinati parametri. Poi- ché la funzione economica delle clausole di indicizzazione è quella di tutelare il creditore della prestazione di denaro da un possibile deprezzamento della moneta, il ruolo rivestito dalla decisione dell‟arbitratore è quello di un filtro preventivo: valutare la sussistenza o meno delle condizioni richieste evita l‟insorgere di un potenziale conflitto fra le parti.
L‟opinione prevalente vede nel rechtsabändernde Schiedsgutachten un tipo partico- lare di vertragsergänzende Schiedsgutachten in quanto l‟adeguamento del contenuto con- trattuale alle mutate circostanze sarebbe equiparabile all‟esercizio di un diritto costitutivo già ab origine contrattualmente previsto dalle parti. Ed in effetti, comuni alle due tipologie di arbitraggio sarebbero sia le modalità di intervento del terzo sul contenuto contrattuale, sia l‟efficacia vincolante della determinazione da lui assunta362.
Quanto al primo aspetto infatti, anche nel rechtsabändernde Schiedsgutachten il pa- rametro sulla base del quale eseguire l‟adeguamento contrattuale sarebbe quello dell‟equo apprezzamento ai sensi del § 317 primo comma BGB. Il contenuto della modifica dovrà corrispondere o perlomeno avvicinarsi a quello su cui le stesse parti si sarebbero accordate se avessero avuto le conoscenze tecniche necessarie. Questo perché la determinazione dev‟essere sempre effettuata avendo di mira il contemperamento degli interessi delle parti, così come risultante dalla loro volontà contrattuale, bilanciamento che deve permanere an- che dopo un eventuale mutamento dei loro rapporti economici.
361 X. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 33 ss.
362 Si confronti: X. XXXXXXXX, Probleme der schiedsrichterlichen Unabhängigkeit, München, 1968, 97; W.-X. XXXXXXXXX, Das Schiedgutachten, cit., 795.
In secondo luogo anche in questa tipologia di arbitraggio l‟efficacia della determi- nazione è valutata sulla base del § 319 primo comma BGB, con la conseguenza che l‟arbitraggio manifestamente iniquo non sarà vincolante. Un‟ipotesi di manifesta iniquità del rechtsabändernde Schiedsgutachten si avrebbe nel caso in cui sia stato effettuato in to- tale dissonanza dal contenuto e dai parametri stabiliti dalle parti nel contratto. E quindi, ad esempio, se l‟arbitratore è stato incaricato di adeguare il canone di locazione a rilevanti mutamenti economici che intervengano fra prestazione e controprestazione, la determina- zione sarà manifestamente iniqua se il terzo, invece di provvedere all‟adeguamento, fissi un canone del tutto nuovo.
Va però detto che l‟arbitraggio di modificazione e quello di completamento si di- stinguono nei casi in cui – con particolare riguardo alle clausole di indicizzazione – all‟arbitratore venga conferito il potere non solo di modificare il rapporto giuridico esisten- te, ma anche di precisare quali debbano essere i presupposti per il relativo adeguamento contrattuale. Ciò si rende necessario in particolare quando tali criteri non siano espressi in modo chiaro bensì necessitino di un‟interpretazione. Ed in tali situazioni non può certo af- fermarsi che l‟accertamento della sussistenza, o meno, dei presupposti utili ad un successi- vo adeguamento contrattuale abbia la stessa natura dell‟adeguamento stesso, il quale si ca- ratterizza invece perché ha funzione „potestativa‟ (rechtsgestaltende Funktion)363.
c. Il feststellende Schiedsgutachten
Si è già anticipato come dell‟arbitraggio di precisazione (feststellende Schiedsguta- chten) siano state individuate due distinte tipologie: da un lato, l‟arbitraggio teso alla preci- sazione degli elementi di fatto (Tatbestandselemente feststellende Schiedsgutachten) e, dall‟altro lato, l‟arbitraggio volto alla precisazione di elementi di diritto (rechtserklärende Schiedsgutachten). Per la parte minoritaria della dottrina che ritiene il feststellende Schie- dsgutachten afferire ad un momento più processuale e lo considera l‟unico vero esempio di
363 X. XXXXXXXX, Struktur und Grundprobleme, cit., 38 s.
Schiedsgutachten364, esso andrebbe distinto dalle due figure, di diritto sostanziale, del ver- tragsergänzende e del rechtsabändernde Schiedsgutachten365.
Sia il Tatbestandselemente feststellende Schiedsgutachten che il rechtserklärende Schiedsgutachten incidono sul contenuto del contratto originario concluso dalle parti, ma in modo differente.
Il primo ha ad oggetto l‟individuazione di documenti e fatti sui quali dovrà fondarsi la successiva determinazione della prestazione. Alcuni esempi sono: la stima del capitale aziendale – da parte di un perito contabile e sulla base della relativa documentazione – al fine di redigere o illustrare il bilancio, di stabilire una quota sociale ovvero di fissare l‟indennizzo spettante al socio uscente. O ancora, la precisazione del nesso di causalità sul- la base delle circostanze specifiche del caso concreto, l‟accertamento dell‟esatto ammonta- re del danno verificatosi366 o delle spese di gestione, la constatazione e la quantificazione di eventuali differenze compensative; la stima del tempo e dei costi necessari per una ripa- razione o l‟ammontare dei costi di un‟azienda367.
Sebbene la funzione tipica dell‟arbitratore-perito sia quella di determinare aspetti che richiedano una certa competenza in materia, ciò non toglie che egli possa essere incari- cato anche di riclassificarli dal punto di vista giuridico. Il rechtserklärende Schiedsguta- chten consiste infatti in una precisazione giuridica del regolamento contrattuale tramite la sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta. Ciò avviene ad esempio nel caso in cui un perito bancario debba determinare il tasso di un contratto di mutuo o accertare la spettanza degli interessi; debba stabilirsi il valore di mercato di un fondo, di quote sociali, del canone «adeguato»368 o «previsto»369 per quel luogo; ovvero, ancora, se debba essere accertata l‟inabilità al servizio di un lavoratore370 o l‟esistenza di un vincolo all‟acquisto di un determinato bene.
Come si è appena illustrato, nell‟arbitraggio di precisazione l‟arbitratore è chiamato a determinare, sulla base delle proprie conoscenze e competenze, elementi utili al fine di
364 Così W.-X. XXXXXXXXX, Das Schiedgutachten, cit., 789 ss.
365 A tal proposito e per una trattazione più approfondita X. XXXXXXXX, Struktur und Grundproble- me, cit., 41 s. Sul punto si veda anche X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 279 ss.; nonché G. VILLA, La determinazione, cit., 854.
366 BGH, 29 aprile 1971, in XXX, 0000, 1454 s.
367 OLG Düsseldorf, 28 aprile 1999, in NJW-RR, 2000, 279 ss.
368 BGH, 21 maggio 1975, cit.
369 BGH, 21 gennaio 1974, in XXX, 0000, 150.
370 BAG, 31 gennaio 1979, in DB, 1979, 947.
provvedere alla fissazione del contenuto di una o più prestazioni contrattuali. Qui non si tratta perciò di effettuare una determinazione in termini di equo apprezzamento. I criteri valutativi cui l‟arbitratore è vincolato sono infatti diversi da quelli dell‟arbitraggio di com- pletamento o di modificazione dove, come si è detto, nel dubbio la determinazione della prestazione dovrà conformarsi al criterio dell‟equità ai sensi del § 317 primo comma BGB e l‟arbitratore dovrà perseguire l‟obiettivo della giustizia contrattuale, trovando un bilan- ciamento dei reciproci interessi delle parti.
Diversamente accade nel feststellende Schiedsgutachten, poiché il compito del terzo è quello di precisare elementi di fatto in vista di un successivo inquadramento giuridico della fattispecie e il risultato finale dipenderà, appunto, da valutazioni fattuali: queste non potranno essere inique, bensì solo corrette od erronee. Si faccia l‟esempio di una commis- sione di medici che sia chiamata a valutare il rapporto di causalità esistente fra un incidente ed i danni conseguentemente prodottisi: si dovrà qui tener conto dei relativi adeguati criteri medici di indagine e ricerca, i quali non saranno opinabili. Lo stesso vale per un perito di automobili che sia tenuto a determinare il valore di un‟auto usata secondo il valore di mer- cato: egli dovrà considerare il prezzo medio praticato nel mercato dell‟usato su quel deter- minato tipo di veicolo, nonché le caratteristiche e le specificità proprie dello stesso. Risulta chiaro dunque come in questi casi non vi sia alcuno spazio per tenere in considerazione l‟equità contrattuale: la decisione dell‟arbitratore-perito dovrà invece conformarsi alla real- tà dei fatti sulla base di parametri prestabiliti.
Le riflessioni ed elaborazioni sviluppatesi in Germania intorno alla figura del fe- ststellende Schiedsgutachten hanno avuto notevole influenza sull‟istituto italiano della pe- rizia contrattuale, cui si è già accennato. Infatti in entrambi i casi l‟attività del terzo non è volta a realizzare un equilibrio contrattuale, quanto invece, basandosi su conoscenze tecni- co-scientifiche, a determinare aspetti del contenuto contrattuale371.
Da quanto si è detto discenderebbe altresì la natura dichiarativa e di accertamento dell‟arbitraggio di precisazione, a differenza dell‟arbitraggio di completamento il quale, in virtù del Gestaltungsrecht concesso all‟arbitratore, avrebbe efficacia costitutiva.
371 X. XXXXXXXXX, Arbitraggio e determinazione, cit., 279 ss.; X. XXXXXX, L‟arbitraggio, cit., 217 ss.