DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO TRIBUTARIO EUROPEO
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO TRIBUTARIO EUROPEO
Settore Scientifico Disciplinare: IUS/12
LE “CONFISCHE” COME STRUMENTI DI CONTRASTO AI REATI TRIBUTARI NELLO SCENARIO NAZIONALE ED EUROPEO
Presentata da: Xxxxxxxx Xx Xxxxx
Coordinatore Dottorato | Supervisore |
Xxxxxx Xxxxxxx | Xxxxxx Xxxxxxx |
ESAME FINALE ANNO 2021
LE “CONFISCHE” COME STRUMENTI DI CONTRASTO AI REATI TRIBUTARI NELLO SCENARIO NAZIONALE ED EUROPEO
INDICE
Introduzione … 1
Capitolo I
LE MISURE ABLATIVE PENALI, CONFISCA E SEQUESTRO: PROFILI NAZIONALI
1. Genesi storica della confisca … 6
2. La confisca ex art. 240 del Codice penale e la sua natura giuridica … 12
3. Confisca facoltativa e confisca obbligatoria ed i loro presupposti applicativi … 22
3.1 Il limite dell’appartenenza del bene al terzo estraneo … 39
3.2 Le cose intrinsecamente criminose e le cose il cui possesso è consentito previa autorizzazione amministrativa … 42
4. La confisca per equivalente o “di valore” sulla scia dei diversi
ordinamenti … 45
4.1 Origini della confisca di “valore” ed ambito applicativo … 55
5. Denaro come oggetto di confisca: diretta o per equivalente?
… 69
Capitolo II
LA CONFISCA E LA SUA EVOLUZIONE IN AMBITO TRIBUTARIO
1. La confisca e la sua evoluzione in materia di delitti tributari …
81
1.1 Conseguenze degli accordi formali con il fisco ai sensi degli artt. 12 bis comma 2 e 12 ter d.lgs. n. 74 del 2000 … 95
2. Effetti sul sequestro preventivo a seguito di istanza di rateizzazione amministrativa … 99
3. La nozione di profitto confiscabile secondo l’orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione … 107
3.1 La nozione di profitto secondo l’orientamento delle Sezioni Unite nell’ambito della disciplina del D.lgs. 231/2001 … 117
3.2 Profitto confiscabile in tema di reati tributari … 127
4. La confisca per equivalente in ambito tributario: tra
l’effettività del prelievo fiscale e le garanzie sostanziali … 133
5. Le origini della confisca allargata: il D.L. n. 306/1992 … 145
6. La confisca “per sproporzione” nel nostro ordinamento
nuovo articolo 240 bis … 156
7. Una lettura costituzionalmente e convenzionalmente
obbligata: la confisca allargata al vaglio della Consulta … 161
8. La natura della confisca allargata … 172
9. Evasione fiscale quale presupposto della confiscabilità o come
“causa di giustificazione” della non confiscabilità? … 178
10. Confisca allargata per i reati tributari … 187
11. Le novità introdotte dalla “Riforma fiscale” in materia di responsabilità dell’Ente ex D.lgs. 231/2001 … 199
12. Considerazioni conclusive … 210 Capitolo III
IL PANORAMA EUROPEO DEI PROVVEDIMENTI ABLATIVI E LA “TOLLERABILITA’ DELLE CONFISCHE NAZIONALI NELL’ AMBITO DELL’ UNIONE EUROPEA
1. Le misure patrimoniali nella realtà giuridica europea … 217
2. Congelamento e confisca dei beni alla luce del diritto dell’Unione europea nel quadro della cooperazione internazionale … 231
3. La direttiva 2014/42/UE come strumento di armonizzazione
… 263
4. Le “confische” italiane e la Cedu … 268
5. Conclusioni … 276
Bibliografia … 285
Introduzione
La collocazione nel codice del 1930 non ha mai permesso all’istituto della confisca di scostarsi dal ruolo, spesso, marginale, che le è stato conferito ab origine. E dalle maglie strette che le sono state cucite essa non ha fatto altro che allontanarsi ottenendo, col tempo, il ruolo che meritava, ossia quello di rappresentare uno degli strumenti principali e più efficaci di contrasto ai patrimoni di origine illecita. Per ottenere tale risultato, la confisca ha negli anni più volte cambiato pelle, stravolgendo la sua natura e la sua fisionomia originaria, arricchendosi di volta in volta di un nuovo ed essenziale elemento. Tale risultato non è stato semplice da ottenere poiché le trasformazioni che si sono susseguite nel tempo hanno esposto la confisca a continue lesioni delle garanzie di matrice nazionale e sovranazionale che proteggono l’individuo in campo penale. E la difficoltà con cui la confisca ha lottato per trovare un suo ruolo ed il suo ambito applicativo nella dimensione dei reati tributari, nell’alveo del rispetto delle garanzie su menzionate è una delle ragioni che hanno condotto alla scelta del tema del presente lavoro.
Se ci soffermiamo alla semplice lettura della norma, nella parte generale del codice, si presenta come un istituto apparentemente lineare che non necessita di lunghe esplorazioni manualistiche; ma se si fa attenzione e si volge attentamente lo sguardo alla parte speciale e alla legislazione extra codicem emergono diversi spunti riflessivi interessanti che non possono essere tralasciati e da cui poter partire. Gli attriti con le garanzie individuali tutelati dalle norme costituzionali, lo studio, l’analisi e la compatibilità delle varie ipotesi di confisca applicabili al campo tributario e uno sguardo attento alla convivenza dell’istituto nell’ordinamento europeo saranno la base del lavoro che mi accingo a presentare.
Esso sarà così suddiviso.
Nel primo capitolo si analizzeranno le ipotesi più rilevanti di confisca presenti nel nostro ordinamento; partiremo dall’analisi della disciplina generale dell’istituto disciplinato dall’articolo 240 del Codice penale (par. 2) e dalla già ampiamente discussa sua natura giuridica, per poi comprendere in che modo le altre ipotesi di confisca si siano discostate da questa versione. Si cercherà di cogliere le differenze, in tema di teoria della pena, tra misure di sicurezza e pene, per poi comprendere se la confisca si avvicini più alle une o alle
altre. Tratteremo poi la distinzione tra confisca facoltativa ed obbligatoria (par. 3) e nel paragrafo successivo (par. 4) ci occuperemo della confisca di valore, forma ablativa sempre più presente nel nostro ordinamento, di particolare interesse da parte delle fonti internazionali ed europee, la quale prevede che, nell’impossibilità di aggredire direttamente il prezzo, il prodotto o il profitto del reato, vengano colpiti da provvedimento ablativo somme di denaro, beni o altre utilità del condannato per un valore pari a proventi illeciti senza che vi sia la dimostrazione di un nesso di pertinenzialità tra i beni da confiscare e il reato addebitato al soggetto.
Dopo questo excursus iniziale, necessario per entrare, in punta di piedi, nel vivo dell’oggetto di tale lavoro, il secondo capitolo affronterà il tema dell’istituto de quo e la sua evoluzione in materia di delitti tributari. Ci occuperemo di confisca per equivalente (par. 3) in ambito tributario tra l’effettività del prelievo fiscale e le garanzie sostanziali; approfondiremo la nozione controversa di profitto sulla scia dell’orientamento della Suprema Corte di Cassazione (par. 4) anche nel sistema di responsabilità da reato degli enti nell’ambito della disciplina del D.lgs. 231/2001 (par. 4.1.). Passeremo poi alla disamina della confisca allargata (par. 5), la quale rappresenta una
delle forme più interessanti e allo stesso tempo problematiche di ablazione, in ragione della sua abissale distanza dal modello originario di confisca e visto il ruolo preminente da essa assunto nel contrasto alla criminalità organizzata e alla recentissima estensione per i reati tributari (par. 10).
Infine, il terzo capitolo sarà dedicato al panorama normativo europeo in tema di provvedimenti ablativi, ripercorrendo il lento e farraginoso processo di armonizzazione tra le legislazioni nazionali ed il rispetto dei principi sanciti dall’ordinamento europeo (par. 3). In tal modo, considerando le decisioni quadro menzionate, le quali stabiliscono di volta in volta, requisiti e garanzie minimi, sarà semplice avvedersi di tutte le mancanze in termini di rispetto dei diritti individuali della legislazione italiana in materia di confisca, ancor di più, oggi, con l’introduzione della confisca allargata nello scenario tributario nazionale.
CAPITOLO I
LE MISURE ABLATIVE PENALI, CONFISCA E SEQUESTRO: PROFILI NAZIONALI
1. Genesi storica della confisca
Negli ultimi decenni l’istituto della confisca, polifunzionale e proteiforme1, ha assunto un ruolo di sommo rilievo nel panorama giuridico nazionale ed internazionale. Essa si è progressivamente rilevata uno dei più potenti ed efficienti strumenti di lotta contro la criminalità del “profitto”, suscettibile di adattarsi alle contingenti esigenze politico-criminali2.
1 C. Cost. 9 giugno 1961, n. 29; C. Cost. 16 giugno 1964; Cass., sez. un. 2 luglio 2009,
n. 26654.
2 X. Xxxxxx, voce Confisca (diritto penale), in Dig. it., VIII, I, Torino, 1884, p. 893, il quale così esordiva: «Le ragioni che possono indurre il legislatore a stabilire che certi determinati reati espongano chi li ha commessi ad essere colpito dalla confisca, sono molteplici – o si reputa che il reato commesso sia tanto grave da doversene dichiarare l’autore indegno di godere quella tutela, che la legge assicura ai membri della civile associazione, e assieme ad ogni altro diritto lo si priva anche di quello della proprietà̀; – o si crede conveniente porre tra le varie specie di mali, che, come appropriati a mettere argine al malfare col timore che la loro irrogazione ispira, si comminano contro i delinquenti la perdita del patrimonio o di una parte di esso; – o per contrario alla sicurezza dello Stato o alle esigenze della giustizia lasciare in balia dei privati cose, il cui uso sia pericoloso, o che abbiano già̀ altra volta servito per violare la legge, o che siano il frutto di qualche reato. A seconda che sia seguito l ’uno o l’altro di
Nel diritto contemporaneo non è corretto identificare la confisca in un’unica species, quale unico modello di applicazione bensì è necessario riferirsi alle “confische” penali quali forme di espropriazione di beni altrui per mano dello Stato in seguito a condotte illecite3. Sotto il medesimo nomen iuris di confisca si nascondono istituti con funzioni diverse, tra loro profondamente differenti, i quali manifestano, di volta in volta, prevalenti caratteri di misura di sicurezza in ragione della pericolosità della res; di sanzione penale o di misura preventiva. Nelle sue poliedriche forme l’istituto della confisca, ben lontano dal suo originario e tradizionale assetto di cui all’art. 240 del Codice penale, assume una funzione sempre più punitiva sulla scia del nuovo modello di diritto penale “contemporaneo”, modellato quale strumento di lotta contro la criminalità economica ed il crimine organizzato4.
Lungo questo processo la confisca si è via via allontanata da un modello incentrato sulla facoltatività dell’ablazione di una singola res, legata da un nesso di pertinenzialità con il reato, per spostarsi verso
questi criteri, la confisca viene ad essere o una conseguenza della morte civile, o una fra le pene patrimoniali, o un provvedimento di polizia o un accessorio della pena».
3 X. Xxxxxxx, Trattato di diritto penale italiano, vol. III, Torino, 1950, p. 361.
4 X. Xxxx, D. L. Xxxxxx (a cura di), v. Introduzione in Sistemi criminali e metodo mafioso, a cura di Xxxx e Pepino, Milano, 2008, p.5.
forme obbligatorie, sempre più inclini al distacco dal collegamento della cosa con il singolo reato5. Col tempo sono emerse confische basate sull’equivalenza di valore della res confiscabile, ove la riconducibilità del bene è con l’autore del reato, sino ad arrivare a forme di semplificazioni probatorie, incentrate sulla sproporzione del bene di pertinenza del soggetto passivo rispetto ai suoi redditi o all’attività economica lecita, come la c.d. confisca allargata e la c.d. confisca- misura di prevenzione.
L’art. 240 del Codice penale, completato dall’art. 236 c.p., chiude il primo libro, dedicato, come noto, ai reati in generale. Essa trova la sua collocazione, insieme alla figura delle misure di sicurezza, alle quali è stata spesso eguagliata innescando un intenso dibattito dottrinale, oggi ancor di più, mai sopito.
Le sue origini, nella storia degli ordinamenti continentali, collocano la confisca essenzialmente come pena di carattere patrimoniale e non già nelle vesti di misura con finalità preventiva. In particolare, la genesi della confisca risale al diritto romano dell’epoca repubblicana, il quale contemplava la stessa come ablazione generale dei beni,
5 X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, (a cura di), Codice delle confische, Xxxxxxx, Milano, 2018,
p. XV.
piegata a funzioni di persecuzione politica e di arricchimento dell’autorità, destinata a punire il soggetto, autore del reato, spesso accompagnata alla pena di morte o all’esilio6. Nel diritto romano, vigeva la possibilità di confiscare, in tutto o in parte, i beni ai condannati per delitti di perduellio o per altri gravi crimini contro la comunità, a meno che il condannato non avesse discendenti o ascendenti fino al terzo grado, per i quali l’ablazione dei beni avesse comportato una forma di ingiusta pena per fatto altrui7.
Fu l’Illuminismo, e in particolar modo, il pensiero di Xxxxxxxx0 ad evidenziare che la confisca rappresentava soltanto uno strumento punitivo in virtù di una concezione del diritto penale assolutistica e meramente retributiva, lontana dai nuovi ideali del secolo XVIII, i quali ispiravano il sistema penale ai criteri di solidarietà sociale e di rispetto della dignità umana, propri di uno Stato di diritto9. La confisca fu dunque destinataria di aspre accuse di ingiustizia e di
6 X. Xxxxxxxx, Sulla natura giuridica della confisca dei beni, in Giust. pen., 1946, II, p. 728.
7 X. Xxxxxxx, Trattato di diritto penale italiano, vol. III, Torino, 1948, p. 121.
8 X. Xxxxxxxx, Dei delitti e delle pene, a cura di G.D. Pisapia, Milano, 1973, pp.66-67: “Le confiscazioni mettono un prezzo sulle teste dei deboli, fanno soffrire all’innocente la pena del reo, e pongono gli innocenti medesimi nella disperata necessità di commettere i delitti. Qual più tristo spettacolo, che una famiglia trascinata all’infamia ed alla miseria dai delitti di un capo, alla quale la sottomissione ordinata dalle leggi, impedirebbe di prevenirli, quando anche vi fossero i mezzi per farlo!”. 9 Ibidem.
irrazionalità, poiché essa fondamentalmente colpiva in gran parte gli innocenti congiunti del reo. Quanto al Codice Zanardelli del 1889, esso disciplinava la confisca all’interno dell’art. 3610, dal contenuto non dissimile da quello che poi avrebbe connotato l’art. 240 c.p. del Codice Rocco11. Unica e non trascurabile differenza era che la norma in oggetto, nel Xxxxxx Xxxxxxxxxx, era collocata nel Titolo III del Libro I, rubricato “Degli effetti e della esecuzione delle condanne penali” ed in tale logica essa veniva annoverata quale ablazione dei beni, intesa come pena accessoria a seguito di una sentenza di condanna, con l’unica eccezione dei beni c.d. “intrinsecamente criminosi”. La disposizione del Xxxxxx Xxxxxxxxxx si caratterizzava per la distinzione tra confisca obbligatoria, sempre ordinata dal giudice, anche se in difetto di una condanna e nel caso di altruità della res; ed una confisca facoltativa, da attuarsi a discrezione del giudice sulle sole cose di proprietà del condannato. Nel 1930,
10 Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il delitto, e delle cose che ne sono il prodotto, purché non appartengano a persone estranee al delitto. Ove si tratti delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o la vendita delle quali costituisca reato, la loro confisca è sempre ordinata, quand’anche non vi sia condanna, e ancorché esse non appartengano all’imputato.
11 Dell’analisi dell’articolo 240 c.p., in merito alla sua natura giuridica, al contenuto normativo e dei problemi applicativi sorti a seguito della sua introduzione si dirà diffusamente più avanti.
successivamente all’approvazione del vigente Xxxxxx Xxxxx, l’istituto della confisca, seppur immutato nel suo schema generale, subisce ulteriori mutamenti; ed è soltanto allora che emerge la nozione di confiscabilità dei profitti conseguiti in ragione del commesso delitto. Nel diritto moderno, la confisca, nelle sue continue trasformazioni, ha stravolto la sua originaria fisionomia, arricchendosi di nuovi elementi e di nuove finalità insperate ma ciò ha spesso comportato la lesione dei principi e delle garanzie a protezione dell’individuo in campo penale.
Ad oggi, l’unica classificazione idonea a ricomprendere al suo interno tutte le varie facce della confisca, sarebbe quella che la qualifica come ablazione coattiva operata dallo Stato dei beni appartenenti ad un determinato soggetto e variamente collegati ad un reato12. Tale definizione è connotata dal requisito della genericità alla quale corrisponde un istituto dal significato normativo sensibilmente multiforme, il quale soltanto ove si accantoni l’occasione e si consideri puramente l’effetto, la confisca appare un istituto unitario13.
12 X. Xxxxxxx, Trattato di diritto penale italiano, 1981, p.385; v. G. L. Gatta sub art. 240, in Codice penale commentato, a cura di X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxxxx, Milano, 1999; X. Xxxxxxx, La confisca, in Dig. disc pen., vol. Aggiorn, Torino, 2005, p. 202.
13 X. Xxxxxxx, La confisca, op.cit., p. 201.
La nuova qualificazione giuridica della confisca, attuata nel corso degli anni dal legislatore, la colloca sotto l’alveo delle misure amministrative di sicurezza14, pur essendo, come vedremo, quasi del tutto inesistente il tessuto comune con le medesime, tale da non consentirle di appartenere realmente al genus di sanzione o almeno di assicurare la collocazione nel medesimo ambito finalisticamente definito15.
2. La confisca ex art. 240 c.p. e la sua natura giuridica
La misura di sicurezza patrimoniale delineata dall’articolo 240 c.p. rappresenta la forma base di confisca contemplata dal nostro ordinamento, e consiste, nell’espropriazione, da parte dello Stato di singoli beni variamente collegati alla commissione di un reato16. In questa prospettiva, assumono valenza nomologica tutti quei beni che si riferiscono alla commissione di un fatto di reato accertato con
14 X. Xxxxxxxxxx, La confisca nel diritto penale, in digesto delle discipline penalistiche, Torino, 1987, p. 31.
15 Ivi, p. 44.
16 Xxxxx, tra i molti: X. Xxxxx, voce Confisca (dir. e proc. pen.), in Enc. dir., VIII ed., Milano, 1961, p. 980; X. Xxxxxxx, Xxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxx xxxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000, p. 385;
X. Xxxxxxx, voce Confisca, in Enc. giur., VIII, Roma, 1988, p. 2; G. L. Gatta sub art. 240, in Codice penale commentato, a cura di X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxxxx, Milano, 2006, p. 1811; X. Xxxxxxxxx, sub art. 240, in X. Xxxxxxxx, Codice penale, IV ed., I, 2007, p. 1455;
X. Xxxxxx, sub art 240 in X. Xxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Commentario sistematico al codice penale, IV ed., Milano, 2011, p. 605.
sentenza di condanna (o per l’applicazione della misura cautelare reale, oggetto di contestazione nel decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca), così che possa considerarsi quale prodotto o profitto confiscabile ex art. 240, co. 1, c.p. meramente ciò che deriva dal reato o che da esso si origina17.
L’art. 240 c.p. così recita:
«Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto.
È sempre ordinata la confisca:
1. delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2. delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna. Le disposizioni della prima parte e del n.1 del
17 Cfr. G. L. Gatta, Art. 236 C. p., in X. Xxxxxxx, G. L. Gatta (diretta da), Codice penale, IV ed., Tomo I, Milano, 2015, p. 2723. Vedremo che accanto al rigore dell’articolo 240, co. 1, c.p., il quale non consente la confisca in via diretta di beni differenti da quelli riferibili al commesso reato, l’ordinamento prevede e disciplina la confisca per equivalente, finalizzata a privare il reo dei beni di cui abbia la disponibilità per un valore corrispondente a quello del prodotto o profitto.
capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La disposizione del n.2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa».
Denominata misura di sicurezza personale, nell’originario disegno del Codice Xxxxx la confisca rappresentava l’unica misura reale accanto a quella, di natura ben diversa, della cauzione di buona condotta. Tuttavia, sin dagli albori di tale disposizione, la dottrina ha rilevato che la classificazione tra le misure di sicurezza non risultava né appropriata né coerente e che il suo carattere “sostanzialmente repressivo” la portava ad essere annoverata come “sanzione criminale”18. Sebbene, infatti, nella sistematica del codice, la confisca risulta collocata tra le misure di sicurezza patrimoniali con finalità preventiva, il dibattito dottrinale non ha generato un’univoca posizione sulla sua corretta qualificazione, circa la sua natura
18 X. Xxxxxxxxxx, La confisca, in op. cit., p. 44.
giuridica, al contenuto e agli effetti19. La sua “anomala” collocazione nel capo delle misure di sicurezza patrimoniali ha, sin dal principio, destato le perplessità della dottrina, che ne evidenziava le principali differenze con quelle personali, come ad esempio, per l’assenza di ogni valutazione sulla pericolosità del soggetto. Parte della dottrina, considera la confisca come pena accessoria o sanzione sui generis così mostrando il suo carattere ibrido a metà tra la pena e la misura di sicurezza20. La ragione alla base delle perplessità circa la reale natura della confisca risiede nella considerevole divaricazione della disciplina della misura ablatoria rispetto all’ordinario regime delle misure di sicurezza21. Nell’ordinario regime delle misure di sicurezza, connaturato alla sua figura sistematica, emerge il concetto di pericolosità, in relazione alla quale la dottrina ha sin da sempre
19G. Xxxxxx, sub art 240, in X. Xxxxxx, X. Xxxxxx e X. Xxxxxxxx, Commentario sistematico del Codice penale, III, Milano, 2011, p. 609. Un dato questo riconosciuto dalla stessa Corte di Cassazione, la quale ha affermato che sulla base dell’evoluzione normativa a cui siam giunti oggi, appare difficile riuscire a catalogare la confisca nel rigido schema delle misure di sicurezza; poiché sotto l’epiteto del termine confisca, al di là del mero aspetto nominalistico, si identificano misure ablative di natura diversa a seconda del contesto normativo in cui lo stesso termine trova applicazione. Nel sistema penale italiano, vige da sempre, la contrapposizione tra pena e misura di sicurezza; contrasto che ha sempre accompagnato la figura della confisca nella sua progressiva metamorfosi.
20 X. Xxxxxxx, Trattato di diritto penale italiano, a cura di P. Xxxxxxxx, G. D. Pisapia, Torino, 1981-1986.
21 X. Xxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Commentario sistematico del Codice penale, Vol. III, Milano, 1994, p. 522.
xxxxxxx forti dubbi circa la correttezza sull’attribuzione della “pericolosità” o in capo alla persona (pericolosità sociale) o in capo alla res22. Il ragionamento circa la nozione di pericolosità trova non pochi ostacoli poiché le norme sulla pericolosità sociale sono inapplicabili alla confisca poiché riguardano soltanto la persona e non la cosa, stemperando, così di molto il connotato special-preventivo proprio delle misure di sicurezza. Le cose non possono essere definibili quali pericolose in sé ma solo nel rapporto con la persona che le detiene.
Il legislatore parte dall’assunto per cui la disponibilità della res, quale strumento per la commissione di un reato o provento di un illecito, possa rappresentare un ulteriore incentivo a commettere nuovi fatti di reato così mantenendo in vita “l’idea e l’attrattiva del reato”23. È proprio nella relazione ministeriale al progetto preliminare del Codice penale (Xxxxxx Xxxxx 1930) che si afferma che la confisca consisteva “nell’eliminazione di cose che, provenendo da fatti illeciti penali o in alcuna guisa collegandosi alla loro esecuzione, mantengono viva l’idea o
22 X. Xxxxxxx, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie: confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale "moderno", Padova, 1997, p. 23.
23 Relazione ministeriale al progetto preliminare del Codice penale, I, Roma, 1930, p. 244.
l’attrazione del reato”24. Per contro, parte della dottrina, ha sostenuto che il mancato richiamo al carattere della pericolosità ricondurrebbe la confisca al genus delle misure di sicurezza poiché tale elemento differenziale segnerebbe piuttosto il passaggio da una nozione di pericolosità personale ad una reale25 e che la stessa, come le altre misure, ha una finalità preventiva e non possa essere assimilata ad una pena, col carattere dell’accessorietà26.
Ad un’attenta lettura la definizione legislativa oggi vigente di confisca è perfettamente in linea con quanto aveva in mente il legislatore degli anni ’30 e, nonostante ciò, gran parte della dottrina ha sempre negato la finalità preventiva della misura in oggetto per attribuirle invece quella punitiva o espropriativa27. Infatti, l’affermazione di una totale indifferenza, ai fini dell’applicazione di tale misura, della nozione di pericolosità, evidenzierebbe che, di fatto, nella configurazione oggi vigente, la confisca si allontani sempre più dal carattere cautelare e
24 Relazione ministeriale al progetto preliminare del Codice penale, I, Roma, 1930, p. 245.
25 Vedi Confisca con indennizzo, in X. Xxxxxxxx, Scritti giuridici. Volume I: la legge penale e le sue interpretazioni. Il reato e la responsabilità penale. Le pene e le misure di sicurezza, Milano, 1997, p. 1570.
26 X. Xxxxx, sub artt. 414-421, in X. Xxxxxx, F. Xxxxxx, e X. Xxxxxxx, (a cura di), Commentario breve al Codice penale, Padova, 1992, p. 916.
27 X. Xxxxxxxx, La confisca: sanzione amministrativa o misura di sicurezza, in Archivio penale, 1985, p. 549.
preventivo per impersonificare un ruolo più spiccatamente repressivo ed indirettamente sanzionatorio. Ma è bene fare attenzione anche ad un ulteriore dato, non meno rilevante, dato dalla sistematica del codice e dalla sua collocazione, che nella sostanza “obbliga” il giudice, in sede applicativa, a trattare la confisca quale misura di sicurezza; ed a cui ha ben badato anche la stessa Corte di Cassazione che, con sentenza a Sezioni Unite del 22 gennaio 1983, ha affermato che la confisca di cui all’art. 240 c.p. rappresenta una misura di sicurezza patrimoniale, utile alla prevenzione della commissione di nuovi reati, per mezzo dell’espropriazione, a favore dello Stato di cose che «provenendo da illeciti penali o collegate alla esecuzione di essi, manterrebbero viva l’idea e l’attrattiva de reato. Essa, quindi, ha carattere cautelare e non punitivo, anche se, al pari della pena, i suoi effetti ablativi si risolvono spesso in una sanzione pecuniaria». La ricostruzione operata dalla Suprema Corte e la scelta di annoverare l’istituto della confisca come pura misura di sicurezza, esplica i suoi effetti anche sul sistema delle garanzie che incidono sullo stesso. In primo luogo, trova pieno riconoscimento il principio di legalità ed alla misura di sicurezza, qui in esame, si applica la disposizione contenuta nell’art. 199 c.p., secondo la quale «nessuno
può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge». Su altro versante, in riferimento al principio di irretroattività, in deroga al regime ordinario disciplinato dall’art. 2 c.p., le misure di sicurezza, e tra queste la confisca, sono regolate dal principio del tempus regit actum (a norma dell’art. 200 c.p.) secondo il quale le misure di sicurezza trovano la loro regolamentazione nella legge in vigore al tempo della loro applicazione e qualora la legge del tempo in cui debba eseguirsi la misura di sicurezza sia diversa, si applica la legge in vigore al tempo dell’esecuzione. Rispetto a tale asserzione, parte della dottrina ha rilevato come sia necessario delimitare quanto più possibile l’ambito di operatività della norma richiamata, circoscrivendola alle sole ipotesi che incidano sulle concrete modalità di esecuzione della misura e applicando, al contrario, il regime ordinario di cui all’art. 2.
c.p. a tutte quelle “nuove” ipotesi sopravvenute di confisca28. La tesi sin qui esposta sembrerebbe però non essere condivisa, in quanto in palese contrasto con l’art. 200 c.p. e con lo stesso comma III, dell’art. 25 Cost, il quale per le misure di sicurezza impone solo il mero
28 X. Xxxxxxxx, voce Legge penale nel tempo, in Enciclopedia del diritto, Vol. XXIII, Milano, 1973, p. 1066 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, op.cit., p. 44.
rispetto del principio di legalità e non anche quello di irretroattività. Si rileva come tuttavia, sia possibile giungere al medesimo risultato per mezzo dell’applicazione dell’art. 7 Cedu che, alla luce dell’interpretazione sin ora espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nell’imporre il principio di irretroattività della legge penale, lo espande a tutte quelle relazioni, di carattere afflittivo o sanzionatorio, e per tal ragione, estendibile anche all’istituto della confisca29.
Sul piano differenziale, echeggia ancora, il carattere di perpetuità presente nella confisca ed assente nelle altre misure, così comportando il permanere degli effetti della misura anche qualora siano cessati i connotati della pericolosità; o ancora, sul piano processuale, l’impugnabilità autonoma della confisca. Si giunge così al delinearsi di tre diverse ipotesi:
a) casi con una più marcata connotazione preventiva (come nel caso della confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato)
29 A. M. Xxxxxxx, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Milano, 2001, p. 106 e ss.
b) ipotesi con una più evidente funzione repressiva
prevista nella più recente legislazione speciale
c) casi in cui è estraneo lo stesso concetto di responsabilità penale e vi è un’illiceità oggettiva in senso assoluto della cosa che prescinde dal rapporto col soggetto che ne dispone30
Alla luce di nuove esigenze di intervento in materia criminale, la nozione tradizionale di confisca ex art. 240 c.p., ha dimostrato tutta la sua inidoneità31. Si è dunque assistito, negli ultimi decenni, ad una continua sedimentazione normativa, giurisprudenziale e dottrinale circa la natura giuridica della confisca, le sue finalità ed il suo inquadramento al fine di un corretto dialogo fra i diversi rami degli ordinamenti giuridici. È più volte emerso il continuo tentativo di dimostrare che la stessa abbia una tendenziale natura penale e sanzionatoria così attraendola nei meandri della “pena” nel rispetto dei principi fondamentali del diritto penale. L’orientamento secondo cui la confisca tributaria possa garantire il ripristino dell’equilibrio
30 C. Cost. 1974/229; 1976/259; 1987/2.
31 X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, (a cura di), Codice delle confische, op. cit, p. 6.
economico violato attraverso la restituzione dell’importo sottratto all’Erario, in una prospettiva non solo alternativa ma anche sussidiaria rispetto al procedimento amministrativo tributario, conduce a ritenere che la determinazione della misura dell’importo confiscabile non possa eccedere il quantum definito tra amministrazione e contribuente32.
3. Confisca facoltativa e confisca obbligatoria ed i loro presupposti applicativi
La qualificazione giuridica impressa alla confisca ordinaria delinea la stessa come uno strumento preventivo, mirato a sottrarre al reo la disponibilità di «cose che, provenendo da fatti illeciti penali, o in altra guisa collegandosi alla loro esecuzione, mantengano viva l’idea e l’attrattiva del reato».33 Trattasi, pertanto, di una misura “cautelare” volta a neutralizzare, per il tramite della sua ablazione, la forza seduttiva che la res, nelle mani
32 X. Xxxxxxx, Confisca e recupero dell’imposta evasa: profili procedimentali e processuali, in Rassegna Tributaria, 2015, 6, p. 1385.
33 Relazione sul libro I del progetto, in Lavori preparatori del Codice penale e del codice di procedura penale, V, Progetto definitivo di un nuovo Codice penale con la relazione del Guardasigilli Xx. Xxxxxxx Xxxxx, I, Roma, 1929 p. 202.
del reo, potrebbe esercitare su quest’ultimo34; essendo l’istituto della confisca orientato a compiti di “esclusiva prevenzione speciale”35.
L’art. 240 c.p. prevede, due distinte figure ablative, una “facoltativa” degli strumenti del reato, del prodotto o del profitto ed una “obbligatoria” del prezzo, dei beni e degli strumenti informatici o telematici utilizzati per la commissione dei reati e, infine, delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione e l’alienazione delle quali costituisce reato36.
Per quanto attiene alla confisca facoltativa, più correttamente qualificata come discrezionale, essa è subordinata alla sentenza di condanna, implicando necessariamente l’esercizio di un potere
discrezionale da parte del giudice, il cui parametro, tuttavia, nel
34 F. Vergine, Confisca e sequestro per equivalente, Milano, 2009, p. 15.
35 Il riportato orientamento pare assolutamente consolidato in giurisprudenza: cfr., tra le tante, Xxxx., sez. VI, 8 giugno 2000, Mariniello, in Cass. pen., 2001, p. 2762, Cass., SS.UU., 22 gennaio 1983, Costa, in Giust. pen., 1984, II, c. 35 [ove si legge, fra l’altro, che «la confisca prevista dall'art. 240 c.p. è una misura di sicurezza patrimoniale tendente a prevenire la commissione di nuovi reati mediante la espropriazione a favore dello Stato, di cose che provenendo da illeciti penali o collegate alla esecuzione di essi manterrebbero viva l'idea e l'attrattiva del reato. Essa quindi ha carattere cautelare e non punitivo anche se, al pari della pena, i suoi effetti ablativi si risolvono spesso in una sanzione pecuniaria»] e Cass., sez. IV, 2 aprile 1979, Milanesio, in Giur. it., 1981, II, c. 74.
36 Alla luce della copiosa bibliografica rinvenibile in tema si rinvia a: C. Xxxxxxxx, voce Confisca in Nuovo Digesto italiano, III, 1938; A. M. Xxxxxxx, Le moderne sanzioni penali tra funzionalità e garantismo, Milano, 2001; X. Xxxxxxxxx, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale italiano. Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche, Bologna, 2007; X. Xxxxxxxxx, La ricchezza illecita tra tassazione e confisca, Roma, 2012.
silenzio della legge, può essere desunto esclusivamente in via interpretativa e dovrebbe potersi rinvenire, ferma la sussistenza dei presupposti oggettivi, nello stesso criterio della pericolosità sociale37. La norma in esame al primo comma dispone che «nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che di questo costituiscono il prodotto o il profitto»38. Tale fattispecie tende a prevenire la commissione di altri reati e risponde precipuamente allo scopo di sottrarre alla disponibilità dell’autore del reato cose che, se rimanessero in suo possesso, potrebbero agevolare la realizzazione di nuovi fatti criminosi della stessa indole39. I presupposti per l’applicazione della confisca facoltativa, stando al dato letterale della norma sono tre40:
a) l’esistenza di una condanna;
37 Così, tra gli altri, X. Xxxxx, Xxxxx confisca, in Giustizia penale, 1981, II, p. 42, secondo cui: “[...] viene così affidata al magistrato la valutazione delle circostanze inerenti alla adottabilità̀ del provvedimento preventivo. [...] se infatti, come si è accennato, presupposto delle misure di sicurezza è la pericolosità̀, nel senso della probabilità̀ della commissione di ulteriori reati, non è pensabile ritenere di potersi cautelare dalla ripetizione dell’illecito privando l’agente di un oggetto che, se da una parte, in sé considerato, non contiene i fattori scatenanti del crimine, dall’altra è di agevole reperibilità̀ alternativa”.
38 Corte Cass. 6 aprile 1970 in Cass. pen; 1972, p. 118.
39 Corte Cass; Sez. VI, 30 marzo 2006, n. 40689, in Guida al diritto; 2007, fasc. 3, p. 78. 40 X. Xxxxxxxx, sub art. 240, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxx (diretta da), Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, vol. V, Milano, 2010, p. 1171.
b) il requisito oggettivo, in forza del quale la cosa appartiene alla categoria di res confiscabili previste dall’art. 240 comma 1 c.p.;
c) il requisito soggettivo di non appartenenza del bene oggetto di ablazione ad un terzo estraneo al reato.
L’articolo 240 c.p., nell’utilizzare al primo comma la locuzione “in caso di condanna” individua nella sentenza di accertamento della responsabilità penale dell’imputato il primo degli elementi necessari al fine dell’applicazione della confisca facoltativa41. Alla sentenza di condanna, non è equiparabile il decreto penale di condanna, di cui all’art. 459 ss. c.p.p., poiché l’art. 460 comma 2 c.p.p. stabilisce espressamente che, in quest’ultimo caso, il giudice ordina la confisca nei casi previsti dall’art. 240 comma 2 c. p42. Le ipotesi di confisca facoltativa hanno ad oggetto in via esclusiva solo le res di
41 Escluse dall’ambito di operatività del I comma della norma in esame risultano sia le sentenze di proscioglimento; del pari, anche se non espressamente previste dalla legge, ma sostenuto da autorevole dottrina, anche le sentenze di condanna per delitti colposi o le contravvenzioni commesse con colpa.
42 Si tenga altresì in conto che la connotazione sommaria del rito monitorio de quo sarebbe ad ogni modo incompatibile con ogni forma di valutazione prognostica della pericolosità sociale del condannato e, in genere, di accertamento dell’opportunità di disporre la misura. Vedi X. Xxxxxxxxxx, La confisca, op. cit., p. 45.
appartenenza del reo, essendo esclusi, ai sensi del comma terzo, i diritti che terzi vantino sulle cose.
Occorre, ora, analizzare cosa debba intendersi per “appartenenza” giacché, parte della dottrina, ritiene che si debba superare il solo diritto di proprietà così da includere anche i diritti reali di godimento e quelli di garanzia, (ed ancora le ipotesi di vendita con patto di riservato dominio e quelle di vendita con patto di riscatto a favore del venditore) che, ove gravanti sulla cosa pertinente al reato, ne impedirebbero l’ablazione in favore dello Stato43. Secondo altra parte della dottrina, l’orientamento più corretto ricomprenderebbe nella nozione di appartenenza esclusivamente il diritto di proprietà, in ragione del fatto che il carattere di altruità della cosa in sé considerato garantirebbe già da solo la non ripetibilità del fatto di reato. Diversamente, qualora venisse accolto l’orientamento per cui si trascenderebbe il solo diritto di proprietà, si consentirebbe la libera circolazione di res potenzialmente pericolose, in violazione alla ratio della medesima norma44. La reale appartenenza della cosa al soggetto,
43 X. Xxxxxxxxx, Xxxxx tutela dei diritti delle persone estranee al reato in materia di confisca, in Giustizia penale., 1956, II, p. 639. Conforme X. Xxxxx, in voce Confisca, op. cit., p. 983, nota 7.
44 X. Xxxxx, Xxxxx confisca, op. cit. p. 52; C. Cost; 19 gennaio 1987, n. 2, secondo cui “l’art.
27, primo comma, Cost. non può consentire che si proceda a confisca di cose pertinenti
autore del reato, deve essere valutata solo nel momento in cui la confisca è ordinata e non in quello in cui il fatto è stato commesso45. Sempre all’interno della medesima disposizione emerge la nozione di estraneo al reato, sulla quale si rileva come, secondo giurisprudenza costante, «l’estraneità non deriva in modo automatico dal fatto che il proprietario del mezzo non abbia subito condanna, dovendosi in realtà considerare estraneo al reato, sempre secondi i principi generali elaborati con riguardo al citato art. 240 c.p.; soltanto chi, indipendentemente dall’essere stato o meno sottoposto a procedimento penale, risulti di fatto non aver avuto alcun collegamento, diretto o indiretto, con la consumazione del reato stesso»46. Una volta emersi quali siano i presupposti al fine dell’applicazione della confisca facoltativa, analizziamo ora cosa debba intendersi per res confiscabile. La prima categoria di beni, su cui può cadere il provvedimento di confisca sono gli instrumenta sceleris ove trovano collocazione tutte le cose che sono servite al soggetto per la commissione del reato o quelle che sono state
a reato, ove chi ne sia proprietario al momento in cui la confisca debba essere disposta
non sia l’autore del reato o non ne abbia tratto in alcun modo profitto”.
45 X. Xxxxx, sub art. 240 C. p., in X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxx (a cura di) op. cit., p. 1810.
46 Cass. Sez. I., 3 maggio 2000, n. 3281, Xhaxho Xemal, in Cassazione penale, 2001, p.
1926.
inequivocamente destinate alla sua consumazione e tuttavia, sono rimaste non utilizzate, perché inidonee o semplicemente, perché il delitto è rimasto nella forma del tentativo47.
Secondo l’orientamento più rigoroso, nei casi ivi indicati, l’espropriazione per mano dello Stato è ammessa solo ove sussista un legame eziologico diretto ed essenziale, tra il bene ed il reato, nel senso che essi devono costituire la condicio sine qua non alla luce di un rapporto di necessaria strumentalità così da escludere tutte quelle res che siano servite solo accidentalmente o occasionalmente o facciano parte della sequenza causale idonea alla preparazione del fatto48. L’esistenza di un rapporto di stretta causalità tra la res ed il reato deve risultare oggettivamente con la presenza di un nesso strumentale che rilevi effettivamente la possibilità futura del ripetersi di un’attività punibile; nel senso che lo strumento del reato, se lasciato nelle mani del reo, possa costituire un rafforzamento del proposito criminoso di commettere ulteriori reati, in quanto esso si sia dimostrato
47 Cfr., tra i molti, X. Xxxxx, Sulla confisca, op. cit., c. 45; G. L. Gatta, sub art. 240, op. cit.,
p. 1817; X. Xxxxxxx, sub art. 240, in Commentario al Codice penale, in X. Xxxxxx, F. Xxxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), Commentario al codice penale, X xx., Xxxxxx, 0000, p. 635; X. Xxxxxx, sub art. 240., op. cit. p. 614.
48 X. Xxxxxxxxxx, La confisca, op. cit., p. 51.
indispensabile alla realizzazione dell’illecito penale e possa essere riutilizzato in futuro al medesimo fine49.
Altra parte della dottrina, sposa una concezione ancor più stringente del nesso di necessaria strumentalità tale per cui si richiede una “diretta strumentalità lesiva” rispetto al bene tutelato, ove lo strumento confiscabile deve assumere immediatamente una significatività sul piano lesivo, o perché ultimo vettore materiale dell’azione tipica, o perché non altrimenti fungibile rispetto a quel tipo di realizzazione criminosa50. Nella prassi si rinvengono diverse pronunce che sembrano accettare una versione molto più elastica del rapporto di causalità, nel senso che si ritengono confiscabili non solo le res legate al reato da un rapporto di indispensabilità oggettiva, ma anche le cose semplicemente agevolatrici della condotta del reo, che gli abbiano reso più facile la commissione del delictum51. Oltre a tali
49 Cass. pen., 19 marzo 1986, in Rep. giur. it., 1987, voce "Confisca", n. 6; X. Xxxxxxxxx, Diritto penale, V ed., Padova, 2007, p. 838; X. Xxxxxxxxxx, Brevi riflessioni in tema di confisca facoltativa, in Giurisprudenza italiana, 1992, II, p. 506.
50 X. Xxxxxxxxxx, La confisca, op.cit., p. 52.
51 Cass., sez. VI, 2 marzo 0000, Xxxxxx, xx Xxx. pen. 1990, p. 447, dove si statuisce che: «la confisca [...] tende a prevenire la commissione di altri reati sottraendo, alla disponibilità̀ del colpevole, cose che, se rimanessero in suo possesso, potrebbe agevolarlo nel realizzare nuovi fatti criminosi». Più̀ di recente, si è deciso: In tema di confisca, per “cose che servirono a commettere il reato”, ai sensi dell’art. 240 comma 1 c.p., devono intendersi quelle impiegate nella esplicazione dell'attività̀ punibile, senza che siano richiesti requisiti di "indispensabilità̀", ossia senza che debba sussistere un rapporto
res, a norma del primo comma dell’art. 240 c.p. sono confiscabili, il prodotto ed il profitto del reato, definibili quali producta sceleris, in quanto rappresentano la diretta ed immediata derivazione causale rispetto al reato52.
Per quanto concerne il profitto, quale bersaglio di ablazione facoltativa, larga parte della giurisprudenza di legittimità, ha affermato che lo stesso si individui in qualsiasi vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale, che si tragga dall’illecito penale.53 Nozione che, ad attenta analisi, risulta peccare per indeterminatezza, prestandosi ad agevoli operazioni di dilatazione ermeneutica, tali da farle ricomprendere incrementi patrimoniali non immediati o addirittura remoti, conseguiti con la realizzazione del fatto di reato54. Tanto in dottrina che in giurisprudenza si sono registrati due opposti orientamenti circa la nozione di profitto, l’uno, maggiormente restrittivo, che richiede una stretta finalità del bene- profitto con l’oggetto del reato; l’altro, più estensivo, secondo cui sarebbe oggetto di confisca ogni utilità realizzata come conseguenza
causale diretto e immediato tra la cosa e il reato nel senso che la prima debba apparire come indispensabile per l'esecuzione del secondo».
52 Sul punto, ancora, X. Xxxxxxxxxx, La confisca, op. cit. p. 52.
53 Cass. Sez. II, 16 aprile 2009, n. 20506, in Ced. Cass. pen.; 2009, 243198.
54 X. Xxxxxx, Sub art. 240 in op. cit., p. 615.
anche indiretta o mediata dell’attività criminosa55. Volendo seguire l’orientamento più estensivo, l’area del confiscabile si estenderebbe anche ai c.d. surrogati del profitto, ossia i beni (fungibili o infungibili), in cui è stato trasformato il profitto diretto e perfino alle utilità indirettamente derivanti dall’investimento del profitto e del suo surrogato56. Su altro versante, seguendo l’orientamento più rigoroso, si valorizza il nesso di pertinenzialità quale presupposto comune a tutte le forme di confisca (ad eccezione delle ipotesi di cui all’art. 240 comma 2 n. 2 c.p.), identificando il profitto confiscabile quale vantaggio di natura economica ovvero nel beneficio aggiunto di tipo patrimoniale di diretta derivazione causale dell’attività del reo, senza che possa addivenirsi ad un’estensione indiscriminata e a una dilatazione indefinita a ogni e qualsiasi vantaggio patrimoniale, indiretto o mediato, che possa comunque scaturire da un reato57.
55 X. Xxxxxxx, Criminalità del profitto, op. cit., p. 39.
56 X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx, La confisca nel diritto penale, in Corriere del merito, Le Rassegne, 2, 2009, p. 9. L’applicazione della lettura estensiva del nesso di pertinenzialità trae origine da alcuni passi della Relazione ministeriale sul progetto del codice penale (cit. I, p. 245) secondo la quale, nel caso di condanna, la confisca non può limitarsi alle cose che sono il prodotto del reato, sussistendo uguale motivo di applicabilità del provvedimento riguardo al profitto, ottenuto mediante l’azione criminosa (…) e che al colpevole venga sottratto ciò che era precisamente obiettivo del disegno criminoso e che egli sperava di convertire in mezzo di maggior lucro e di illeciti guadagni.
57 Xxxx. xxx., sez. un., 25 ottobre 2005, Muci, in Cass. pen., 2006, p. 1382 e Cass. sez. un., 2 luglio 2008, Impregilo e altri, in Dir. pen. proc., 2008, p. 1263.
Recentemente, le Sezioni Unite sono intervenute per dirimere la controversa questione tra i due orientamenti, aderendo alla concezione più estesa hanno sostenuto che per profitto del reato si debba intendere qualsiasi trasformazione che il denaro illecitamente conseguito subisca per effetto di investimento dello stesso quando sia collegabile causalmente al reato stesso ed al profitto immediato e sia soggettivamente attribuibile all’autore del reato, che quella trasformazione abbia voluto58. La lettura data sul tema dai giudici di Cassazione risulta maggiormente in linea con la ratio dell’istituto della confisca di cui all’art. 240 c.p. per due ordini di ragioni: il primo, è certamente quello di consentire la confisca di tutto ciò che sia qualificabile come frutto, o meglio come provento, del reato commesso; il secondo, l’essere conforme ad un’interpretazione “evolutiva” della confisca ordinaria, che mal si concilierebbe con una visione restrittiva che renderebbe difficilmente aggredibile il bene oggetto della trasformazione del denaro frutto dell’illecito commesso59. Secondo
58 Cass., sez. un., 25 ottobre 2007, Miragliotta, in Dir. pen. e proc., 2008, p. 1295.
59 Le Sezioni Unite, in motivazione, sottolineano inoltre che la concezione ampia di profitto, che esse abbracciano, si pone maggiormente in linea con la normativa internazionale di settore, che ha sempre considerato come oggetto di confisca il provento illecito, ossia ogni vantaggio economico derivato dal reato: «E' sufficiente ricordare la Convenzione di Vienna del 20 dicembre 1988 in materia di traffico illecito di stupefacenti che prevede la confisca per i proventi da reato definiti come qualsiasi
le indicazioni della Suprema Corte, occorre provare, caso per caso, l’esistenza di un legame di derivazione causale, pur indiretto, tra la cosa confiscabile e il reato, sicché il provvedimento ablativo sarebbe ammesso solo qualora venga individuato l’originario profitto, così da poterne “tracciare” puntualmente le trasformazioni fino al bene- surrogato effettivamente assoggettato a confisca60. Infine, è possibile definire il prodotto come il risultato materiale o empirico dell’esecuzione del fatto criminoso61 così considerando confiscabili le res che furono create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato; rimanendo invece esclusi dall’ambito di applicabilità quei beni di legittima appartenenza del reo nonché quelli sottratti alla pubblica custodia (cose pignorate o sequestrate)62.
A norma dei commi secondo e quarto dell’art. 240 c.p. viene regolata l’ipotesi della confisca che ha ad oggetto le cose che costituiscono il
bene proveniente direttamente o indirettamente attraverso la commissione di un reato. Gli stessi concetti sono espressi dalla Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali (Parigi, OCSE del 17 dicembre 1997). Infine, anche con la decisione - quadro relativa alla confisca dei beni, strumenti e proventi di reato del 24 febbraio 2005 della UE per provento del reato si è ritenuto ogni vantaggio economico derivato da reati».
60 X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx., La confisca, op. cit., p. 10.
61 L’espressione è di X. Xxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Commentario, op.cit., p. 527.
62 Manzini, Trattato di diritto penale, vol. III, op.cit.; p. 388.
prezzo del reato e di quelle intrinsecamente criminose, la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione rappresentano esse stesse reato o ancora, di quelle che si potrebbero definire relativamente illecite ovverosia quelle la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione può essere consentita da un’autorità amministrativa. La presenza dell’avverbio “sempre” in esordio alla disposizione de quo è un inequivoco segnale che si tratti di confisca obbligatoria. L’obbligatorietà della confisca, ivi costitutiva della fattispecie, prescinde da qualsiasi valutazione discrezionale da parte del giudice, dal momento che la pericolosità della cosa è presunta poiché è lo stesso legislatore a considerarla intrinseca attraverso una presunzione iuris et de iure; mentre, l’obbligo gravante sul giudice non può che limitarsi all’individuazione della natura giuridica della res oggetto di confisca e della sua riconducibilità ad una delle categorie previste dai citati commi II e IV dell’art. 240 c.p. Ciò premesso, a differenza delle ipotesi di cui al comma I per le quali il legislatore ha dettato una normativa omogenea, nel comma II, si delinea una regolamentazione differenziata, individuando diversi presupposti, per ciascuna delle categorie in esso contenute.
Iniziamo con l’analisi dei presupposti della confisca obbligatoria:
a) la definizione del procedimento (come si vedrà, non necessariamente per il tramite di una sentenza di condanna);
b) il requisito oggettivo (ossia la riconducibilità della res
confiscanda alle categorie di cui all’art. 240, comma 2);
c) il requisito soggettivo (ancora, la non appartenenza della cosa a terzo estraneo al reato, salvo che per le ipotesi di cui all’art. 240 comma 2 n.2, per cui occorre anche che la res appartenente al terzo sia suscettibile di “regolarizzazione” in via amministrativa).
Alla nozione di prezzo del reato, il quale, seppure concettualmente non risulta del tutto dissimile dalle nozioni di prodotto e profitto del reato, il legislatore ha riservato una diversa regolamentazione proprio per mezzo di tale fattispecie di confisca. A fondamento di tale scelta vi è la ragione che dall’ottenimento di un corrispettivo per l’azione criminosa (c.d. pactum sceleris) il reo percepirebbe tangibilmente l’idea che il reato “paghi” così giustificando la presunzione assoluta di intrinseca pericolosità. Prima di poter addivenire ad una nozione univoca di prezzo del reato è necessario ricostruire preliminarmente i presupposti alla cui sussistenza è subordinato il provvedimento
ablatorio. In prima analisi, si precisa che il comma in esame utilizza la locuzione “è sempre ordinata la confisca” e per tal ragione è necessario comprendere se, ai fini dell’irrogazione della misura, sia necessaria una preventiva sentenza di condanna. Sulla questione se la condanna costituisca o meno presupposto indefettibile anche dell’ablazione del prezzo si è sviluppato un vivace contrasto giurisprudenziale, ancor oggi forse non del tutto sopito63. Secondo un primo orientamento, minoritario ma persistente in giurisprudenza64 quanto nella dottrina più autorevole65, la condanna non rappresenta un requisito indispensabile per l’applicazione della confisca obbligatoria del prezzo; a conferma di ciò la locuzione “è sempre ordinata la confisca”, di cui all’esordio dell’art. 240 c.p., imporrebbe di disporre la misura ablativa indipendentemente dalla presenza di un provvedimento di condanna ( in contrasto con quanto dettato in tema di confisca facoltativa). L’orientamento di segno
63 X. Xxxxxxx, Xxxxxxxxxx del reato e confisca di cose diverse da quelle oggettivamente criminose, ovvero mai sopiti contrasti giurisprudenziali, in Cassazione penale, 2002, p. 1702.
64 Cfr. Cass., sez. II, 25 maggio 2010, n. 32273, in Guida al dir., 41, p. 87; Cass., sez. I, 25 settembre 2000, Todesco, in Cass. pen., 2002, p. 1701; Cass., sez. I, 19 gennaio 1976, Focaccia, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1977, p. 334 ss.; Cass., sez. IV, 24 febbraio 1965, Santieri, in Giust. pen., 1965, II, p. 417; Cass., sez. I, 10 novembre 1965, Davascio, ivi, 1966, II, p. 1064.
65 X. Xxxxxxxx, La confisca, in Novissimo Digesto italiano, IV, Torino, 1974, p. 42.
contrario, largamente prevalente in dottrina66, sostiene che l’uso dell’avverbio sempre di cui all’esordio dell’art. 240, comma 2 c.p. vale semplicemente a rafforzare il precetto dell’obbligatorietà della confisca nelle ipotesi ivi previste, precludendo ogni libero apprezzamento del giudice in ordine alla pericolosità della res. Di norma, una volta perpetratosi un reato, e anche qualora il reo non risulti punibile (pertanto, anche nella circostanza in cui il procedimento penale si sia concluso con una sentenza di proscioglimento67) la sua applicazione non risulta esclusa, poiché alla base deve essersi consumato, seppure nella forma tentata, un fatto tipico ed antigiuridico penalmente rilevante. Qualora si ritenesse di adottare il primo orientamento, l’inciso “anche se non è stata pronunciata condanna” inserito dal legislatore nel n. 2 del comma II, in relazione alle cose intrinsecamente criminose, dovrebbe ritenersi del tutto superfluo. In secondo luogo, in forza dell’art. 240, comma 3, c.p. secondo il quale non ha luogo la confisca del prezzo qualora la cosa
66U. Xxxxxxxx, La confisca e le cause estintive del reato con particolare riguardo all’amnistia, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1969, p. 976; I. Xxxxxxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, Xxxxx confisca, in Giustizia penale, II, 1974, c. 472; Xxxxx, op. cit., p. 46; X. Xxxxxxxxxx, La confisca, op. cit.,
p. 47; X. Xxxxxxx, op. cit., p. 1702; X. Xxxxxxxxx, Manuale, op. cit., p. 838; X. Xxxxxxxxx,
X. Xxxxxxx, Xxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, Xxxxxx 0000, pp. 649-650; X. Xxxxxx, sub art 240,
op. cit., p. 625.
67 X. Xxxxxxx, Trattato di diritto, op. cit., p. 391.
appartenga a persona estranea al reato, occorre valutare l’appartenenza a terzi del danaro corrisposto come prezzo al reo; colui che corrisponde all’autore materiale del reato il prezzo per determinarlo a commetterlo, non può essere considerato mai quale soggetto terzo, estraneo al reato, ma concorrente ex art. 110 c.p. ove non addirittura quale autore esclusivo ex art. 111 c.p., salvo che le cose non gli siano state carpite, estorte o sottratte68.
Indicati i presupposti per l’applicabilità della misura in esame, è possibile ora formulare una definizione di prezzo del reato da identificare in tutti quei beni che sono stati dati per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato69; differenziando lo stesso dalla nozione di provento del reato che deve ritenersi rientrante nella nozione più ampia di prodotto o profitto del reato e dunque, oggetto di confisca facoltativa. Secondo la Cassazione, per “prezzo” del reato deve intendersi la somma o altra utilità economica, data o promessa per indurre, determinare o istigare altri a commettere un reato, un fattore quindi che incide sulla
68 Ibidem.
69 X. Xxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, op. cit. p.532.
motivazione a delinquere, e che necessariamente postula un
concorso morale nell’illecito70.
3.1 Il limite dell’appartenenza del bene al terzo estraneo L’appartenenza della res confiscanda a persona estranea al reato impedisce sia la confisca facoltativa, sia quella obbligatoria quanto quella avente ad oggetto le cose c.d. relativamente criminose (ove oltre all’appartenenza della cosa al terzo estraneo occorre altresì che la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione, l’alienazione della stessa possano essere autorizzati in via amministrativa, art. 240, comma 4 c.p.). Il momento di determinazione dell’appartenenza della cosa ad un terzo non può essere fatto risalire al tempus commissi delicti poiché lesivo del diritto del terzo che abbia acquistato in buona fede in epoca successiva al reato bensì al momento del concreto esercizio, da parte del giudice, del potere di confiscare71. In ordine al concetto di “appartenenza” vigono due opposti orientamenti dottrinali, l’uno più esteso e l’altro imperniato su di una nozione ristretta di appartenenza. Secondo la concezione più ampia, comprensiva tanto della proprietà
70 X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxx E., Manuale di diritto penale, op. cit., p. 599.
71 X. Xxxxxxxxxx, La confisca, op. cit. p. 54.
quanto dei diritti reali di godimento e di garanzia, risulta impossibile sottoporre alla misura ablatoria il bene gravato dal diritto reale (almeno sino al pieno soddisfacimento della garanzia che vi accede72); l’altro indirizzo più “ristretto”, limitato al solo diritto di proprietà sulla cosa, cui è solito accompagnare la precisazione per cui lo Stato acquisterebbe la proprietà della res vincolato agli stessi limiti dell’originario titolare, con conseguente obbligo di rispettare i diritti reali esistenti sul bene73. Entrambi gli orientamenti, seppur divergenti tra loro, fanno salve le ragioni del terzo, titolare di un diritto reale sul bene oggetto di ablazione. Il concetto di estraneità al reato, nella sua accezione puramente sostanziale, (ai fini dell’art. 240 comma 3 c.p.), comporta che per “persona estranea al reato” si consideri solo colui che risulti non aver avuto alcun collegamento, diretto o indiretto, con la consumazione del fatto criminoso74. La dottrina più recente,
72 X. Xxxxx, voce Confisca, op. cit., p. 983.
73 X. Xxxxxxxxxx, op.cit. p. 55; X. Xxxxxx, op.cit., p. 621.
74 Secondo alcune pronunce per “persona estranea al reato” ci si riferisce a qualsiasi carenza di qualsivoglia contributo di partecipazione o di concorso, ancorché non punibile o ancora nel senso che non può considerarsi estrano al reato il soggetto che da esso abbia ricavato comunque vantaggi ed utilità, pur senza avervi concorso. Per approfondimento cfr. Cass., sez. I, 28 gennaio 1988, Tartaro, in CED Cass. pen., n. 178817; Cass., sez. VI, 21 febbraio 1994, Xxxxxxxxx, ivi, n. 198479 e Xxxx., sez. I, Xxxxxx, ivi, n. 202757. In dottrina, su tutti e da ultimo, cfr. T. E. Epidendio, La confisca nel diritto penale e nel sistema delle responsabilità degli enti, Padova, 2011, p. 160. Cass., Sez. II, 14 dicembre 1992, Xxxxxxxxx, in CED Cass. pen., n. 193422; Cass., Sez. III, 19 gennaio 1979,
diversamente da quanto sostenuto nel passato, ritiene che non si possa qualificare come estraneo solo l’autore o il concorrente del reato, poiché si colliderebbe con il principio di personalità della responsabilità penale, addebitando le conseguenze giuridiche di un fatto diverso da quello dallo stesso realizzato75. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite76, con un’importante pronuncia ha abbracciato la tesi secondo cui non può reputarsi estranea al reato la persona che abbia comunque ricavato un utile dalla condotta illecita del reo dovendo, in tal caso, riconoscersi la sussistenza di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto- reato. In secondo luogo, i giudici della Corte hanno ribadito la correttezza di quell’orientamento giurisprudenziale che esclude che l’applicazione della confisca possa comportare l’estinzione dell’altrui diritto reale di garanzia così considerando lo stesso come una forma di “appartenenza” della cosa, cui inerisce il c.d. diritto di seguito77.
Xxxxxxxxx, ivi, n. 141690. In termini, cfr. anche Xxxxx Xxxx., 00 gennaio 1987, n. 2, in
Giust. pen., 1987, I, p. 339.
75 X. Xxxxx, La nozione di “estraneo al reato” ai sensi dell’art. 240 c.p., in Rivista italiana di diritto penale, 1949, p.196.
76 Cass., sez. un., 28 aprile 1999, Bacherotti, che, pur occupandosi dell’ipotesi speciale di confisca prevista in materia di usura dall’art. 644, ultimo comma, c.p., introdotto dall'art. 1 della l. 7.3.1996, n. 108, detta principi senz’altro validi anche per la fattispecie codicistica generale qui in esame.
77 Conforme, più̀ di recente, Cass., sez. I, 19 febbraio 2003, Monte dei Paschi, in Cass. pen., 2004, p. 645.
3.2 Le cose intrinsecamente criminose e le cose il cui possesso è consentito previa autorizzazione amministrativa
A norma del n. 2, comma II dell’art. 240 c.p., è sempre ordinata la confisca “delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna”.
Non è richiesta alcuna pronuncia di sentenza di condanna ed il provvedimento ablatorio deve trovare applicazione anche nel caso in cui il procedimento penale si concluda con una sentenza di proscioglimento o di assoluzione. Inoltre, l’appartenenza a terzi della res non esenta il Giudice dall’obbligo di disporne l’apprensione coattiva al patrimonio dello Stato78. Con riferimento alle cose assolutamente vietate, la prova della natura illecita avviene in re ipsa ed il Giudice, ai fini dell’irrogazione del provvedimento di confisca, deve semplicemente limitarsi ad accertare la natura criminosa della res. Ai fini dell’applicazione della confisca il Giudice deve tenere
78 Sul punto è stato rilevato che il proprietario della cosa intrinsecamente criminosa, seppur soggetto diverso da quello coinvolto nel procedimento penale, non potrebbe ad ogni modo essere considerato estraneo al reato poiché qualsiasi attività umana relativa (ad esse) costituisce sempre reato. Cfr. X. Xxxxx, sub art. 240, op.cit. p. 1813.
conto dei requisiti di illeceità posseduti dalle cose nel momento della commissione del reato e non delle caratteristiche che le stesse potrebbero acquisire per effetto di modifiche, trasformazioni o adattamenti che vi fossero successivamente apportati, al tempo del giudizio79. Analizzando, infine, le cose il cui possesso è consentito con un’autorizzazione amministrativa80, si deve far presente che unanime dottrina considera tale categoria come una specie del genere delle cose intrinsecamente criminose sulla scia del fatto che il legislatore, sul piano sistematico, le disciplina all’art. 240, comma 2,
n.2 c.p.
Le differenze di trattamento circa l’applicazione della misura sorgerebbe per mezzo della dicotomia tra le cose assolutamente vietate e quelle relativamente vietate. Quest’ultime comprendono quelle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione sono di norma permesse in virtù di particolari autorizzazioni o controlli nell’interesse ed a tutela della collettività. Risulta di particolare evidenza la differenza con la categoria delle cose
79 Cass. Sez. I, 30 novembre 1994, Fiori, in Cass. pen., 1996, p. 2548.
80 Si pensi alla legislazione sulle armi, munizioni, esplosivi ed a quella sulle sostanze stupefacenti e psicotrope.
assolutamente vietate per cui ogni attività umana costituisce reato; mentre nel caso di quelle relativamente vietate, viene in rilievo in via esclusiva la mera condotta non conforme ai precetti che ne regolano la loro formazione, uso o detenzione.
Se da un lato emerge un’illeceità in re ipsa; dall’altro, è necessario che il giudice, per procedere all’applicazione del provvedimento ablatorio, accerti la carenza dell’autorizzazione amministrativa al momento dell’eventuale applicazione della misura e non al tempo del commesso delitto, giacché, in tal caso, verrebbe in rilievo una sorta di liceità sopravvenuta. È proprio in quest’ottica che si giustifica l’introduzione del presupposto dell’appartenenza all’imputato della res colpita dalla confisca, ai sensi dell’art. 240, comma IV, c.p.81.
81 X. Xxxxxxxxxx, Disorientamento giurisprudenziale in tema di confisca, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1977, p. 334.
4. La confisca per equivalente o “di valore” sulla scia dei diversi ordinamenti
Nell’ultimo ventennio, l’azione combinata di forti sollecitazioni sovranazionali e istanze nazionali di semplificazione applicativa, hanno indotto il legislatore ad introdurre la figura della confisca per equivalente, la quale consente l’apprensione di beni (somme di denaro o altre utilità) di valore corrispondente ai proventi diretti del reato nelle ipotesi in cui questi ultimi non siano attingibili con la confisca ordinaria82. Il legislatore interno nel momento in cui lo Stato italiano ha dovuto ratificare le Convenzioni internazionali in materia di corruzione ha operato un attento raffronto tra le normative europee nell’ambito delle quali erano già presenti, da diverso tempo,
82 M.P. Spina, Confisca per equivalente in materia di reati tributari: tra effettività del prelievo fiscale e garanzie sostanziali. Osservazioni a margine di Cass. 14.01.2016 n. 5728 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p.4.
articolate forme di confisca83. Appare emblematico come i modelli evolutivi di confisca non trovino una vera origine nel diritto internazionale, ma piuttosto che la normativa di matrice internazionale si sia limitata a riprodurre ciò che già esisteva nei diversi ordinamenti nazionali, suggerendo, ove necessario, la sua introduzione in quelli dove ne erano privi84. In ragione di tale raffronto, nella “nascita” della confisca per equivalente, ha giocato un ruolo fondamentale proprio la normativa sovranazionale, a sua volta ispirata da soluzioni già adottate nei diversi contesti europei. Tra queste, in particolare, l’ordinamento tedesco ha conosciuto due forme di ablazione del patrimonio85. La prima è conosciuta come forma di confisca vera e propria, la quale ha ad oggetto le res derivanti dal reato o quelle che furono destinate alla sua commissione. Essa trova applicazione solo ed esclusivamente in commissione di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole ed è applicabile per mano della
83 X. Xxxxxxxxx, L’evoluzione nazionale ed internazionale della confisca tra diritto penale “classico” e diritto penale “moderno”, in La giustizia patrimoniale penale, a cura di X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, Torino, 2011, p. 219 e ss.
84 X. Xxxxxxx Xxxx, voce Confisca per equivalente, in Digesto delle discipline penalistiche, agg. IV, Torino, 2008, p. 196.
85 X. Xxxxxxx, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni
pecuniarie nel diritto penale “moderno”, Padova, 1997, p. 88.
discrezionalità del giudice86. La seconda conosciuta come la Verfall des Wertersatzes, disciplinata dall’art. 73 del codice penale tedesco ha ad oggetto il vantaggio economico derivante dal fatto di reato in virtù della mera commissione di un fatto antigiuridico ed ha funzione essenzialmente compensativa e con effetto riparatorio87. Tale misura ablativa assorbe al suo interno sia la confisca del prezzo sia quella del profitto del reato al fine di neutralizzare lo “stimolo” a delinquere attivo nel soggetto agente per mezzo dell’adprehensio della utilità economica proveniente dalla commissione del fatto di reato. Nell’ablazione del profitto, invece, si pone come obiettivo la riparazione e compensazione dell’usurpazione della ricchezza. L’applicazione del Verfall richiede la commissione di un fatto antigiuridico ma non necessariamente colpevole e comporta l’effetto espoliativo del patrimonio in ragione di una quota qualsiasi purchè sia di valore equivalente a quella illecitamente lucrata88.
La confisca di valore è nota altresì in ordinamenti come quello svizzero, che contempla il pagamento per equivalente allorquando
86 F. Xxxxxxx, voce Confisca, in Archivio penale, 2013, n. 3, p.12.
87 A. M. Xxxxxxx, op. cit., 79 ss.
88 F. Xxxxxxx, voce Confisca, op. cit., p.12. È altresì possibile perfino l’ablazione dei profitti del terzo estraneo qualora gli autori materiali del reato hanno agito per suo conto.
non sia stato possibile rinvenire i beni confiscabili o ancora in quello francese con la cd. confiscation en valeur che trova applicazione tutte le volte in cui l’oggetto della confisca sia stato preventivamente sequestrato o non sia rappresentabile.
Spostandoci nella giurisdizione penale anglosassone del Commonwealth, si rivengono due diverse forme di ablazione. La prima, il forfeiture, la quale assicura alla Corona tutto ciò che è servito alla commissione del fatto di reato o il cui possesso sia assolutamente vietato; la seconda, la confiscation order, trova applicazione ove si verifichi una valutazione preventiva della personalità del reo e non dei beni da sottoporre a confisca ed ha ad oggetto l’acquisizione al patrimonio dello Stato del prodotto o del profitto del reato in misura corrispondente a quanto ricavato dallo stesso89. Ancora, nell’ordinamento statunitense, si rinvengono due differenti fattispecie di confisca, una di origine “penale” applicata dal giudice dopo lo svolgimento di un procedimento contro il soggetto interessato -culminato con una sentenza di condanna- ed una “civile” annoverabile come una forma di aggressione delle risorse finanziarie
89 Xxx, p. 13; X. Xxxxxxxxxx, Criminalità economica e confisca del profitto, in Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, a cura di X. Xxxxxxx, C. E. Paliero, Milano, 2006, 2013 ss.
e dell’accumulo di ricchezza, di origine illecita, delle organizzazioni
criminali90.
Tali soluzioni normative, adottate dai singoli ordinamenti europei e non, si ispirano ad una logica di rinuncia al bene nella sua identità ma non nel suo valore intrinseco, in conformità ad una funzione chiaramente ripristinatoria dell’alterato equilibrio patrimoniale e sempre più lontana da un’idea di prevenzione della pericolosità del bene in sé91. Già dalle primissime Convenzioni internazionali in materia di ablazione patrimoniale, in particolare nella Convenzione del Consiglio d’Europa92, la quale riprendeva i principi base della Convenzione di Vienna del 198893, si prevedeva all’art. 2 che:
«Ciascuna Parte prende le misure legislative o di altra natura eventualmente necessarie per consentirle di procedere alla confisca di strumenti e di proventi, o di valori patrimoniali il cui valore corrisponde a tali proventi»
o ancora all’art. 7:
90 F. Xxxxxxx, voce Confisca, op. cit., p.14.
91 F. Xxxxxxx, voce Confisca, op. cit., p.38.
92 Firmata a Strasburgo l’8 novembre 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la
confisca dei proventi di reato.
93 Fu il primo documento internazionale che prevedeva espressamente obblighi di confisca dei proventi del reato.
«Ciascuna Parte prende le misure legislative e di altra natura eventualmente necessarie per consentirle di eseguire, alle condizioni previste dal presente capitolo, le richieste di confisca di valori patrimoniali specifici, consistenti in proventi o strumenti nonché di confisca di proventi consistente nell’imposizione dell’obbligo di pagare una somma di denaro pari al valore dei proventi».
Il modello qui esposto ha trovato pieno accoglimento in ambito comunitario, nella decisione quadro 2005/212/GAI relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi del reato, e da ultimo, nella decisione quadro 2006/783 GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca tra i vari Stati membri94 (che troveranno approfondimento nel terzo capitolo di questo elaborato).
Nel nostro ordinamento giuridico, è l’art. 322-ter c.p. a prevedere la confisca per equivalente, o di valore95, quale provvedimento ablatorio patrimoniale disposto su somme di denaro, beni o altre utilità di cui il reo abbia la disponibilità, per un valore corrispondente
94 X. Xxxxxxxxx, Le ipotesi speciali, op. cit., p. 79.
95 Termine utilizzato per la prima volta da X. Xxxxxxx, in X. Xxxxxxx, Criminalità del profitto, op. cit., p. 88.
al prezzo, il prodotto o il profitto del reato, previsto per talune fattispecie criminose, allorquando sia intervenuta la condanna e sia fisicamente impossibile identificare e recuperare quanto ottenuto dal reato96. Si tratta di un’ipotesi di confisca che, apparentemente, segue le regole delineate dal codice e che rappresenta l’equivalente di un profitto o prezzo del reato su cui non è possibile rifarsi. Tale misura ablativa, nella sua fase esecutiva, avrà come oggetto di ablazione non il profitto o il prezzo bensì il valore corrispondente qualificato appunto come equivalente. Essa trova applicazione soltanto per alcune fattispecie incriminatrici espressamente previste dalla legge. Oggetto dell'aggressione è il patrimonio del reo indipendentemente dal suo legame con l’attività illecita, nei limiti dell’accertato ammontare del prezzo o del profitto del reato. Ciò ha comportato due conseguenze: per un verso, vi è un ampliamento della nozione di bene confiscabile sino al più ampio concetto di “vantaggio patrimoniale” che può consistere in un incremento del patrimonio dell’agente attraverso l’acquisizione di nuovi beni, come in una mancata diminuzione patrimoniale conseguita attraverso un
96 X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxxxx, Confisca e altre misure ablatorie patrimoniali, Giappichelli, 2011, pp. 113 e ss.
risparmio; su altro versante, si assiste ad un affievolimento del nesso di pertinenzialità tra il bene ed il reato, seppur in modalità attenuata rispetto a quanto si verifica in altre ipotesi di confisca97.
Nonostante l’aspetto caratterizzante della confisca per equivalente risieda nella netta cesura del nesso di pertinenzialità tra il reato e la cosa, l’intervento ablativo deve comunque calibrarsi sull’originario risultato dell’illecito, secondo un iter procedimentale tale per cui, si cercherà di esprimere in termini pecuniari il valore del bene irreperibile, per poi ricercare nel patrimonio del reo, cose che a quel valore corrispondano98. L’art. 240 c.p. non ha subito alcuna modifica in quanto il legislatore ha preferito stabilire, reato per reato, la possibilità di applicare la confisca per equivalente. Essa si riferisce a tutti quei beni che oltre a non avere alcun legame diretto con la pericolosità individuale del reo, non hanno neanche un collegamento diretto con la singola fattispecie incriminatrice; ciò poiché la ratio
97 T. E. Epidendio, X. Xxxxxxx, (a cura di,), Codice delle confische, op.cit., p. 9. Cfr. T.
E. Epidendio, La confisca, op.cit., p. 53. Nell’ipotesi di confisca per equivalente “l’individuazione dei beni da confiscare è ancora direttamente legata al reato, posto che il parametro di commisurazione del valore dei beni suscettibili di confisca per equivalente è comunque riferito ad un bene (profitto, prodotto, prezzo) pertinenziale rispetto al reato”.
98 M.P. Spina, Confisca per equivalente in materia di reati tributari: tra effettività del prelievo fiscale e garanzie sostanziali. Osservazioni a margine di Cass. 14.01.2016 n. 5728, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p.5.
dell’istituto risiede nella necessità di privare il reo di un qualsiasi beneficio economico derivante dall’attività criminosa verificatosi nel caso concreto. Il presupposto della pericolosità risulta così irrilevante trattandosi di res eziologicamente avulse dal reato. Il legislatore con l’aumento della criminalità, soprattutto nella sua forma organizzata, ha ritenuto insufficiente l’istituto della confisca, già esistente, in via facoltativa od obbligatoria, al fine di colpire il prodotto, il prezzo o il profitto del reato. Di conseguenza, la confisca per equivalente trova sempre una maggiore diffusione poiché per sua natura è idonea a sopperire ai limiti strutturali della confisca tradizionale99. L’istituto, qui in esame, potendosi rivolgere genericamente a tutti i beni di cui il reo ha la disponibilità, ha lo scopo precipuo di impedire che il colpevole del reato possa reinvestire gli stessi, di provenienza delittuosa, così ottenendo, dal loro impiego economico, del vantaggio.
Ne consegue, che la confisca di “valore” trovi il suo fondamento ed al contempo il suo limite nel profitto derivante dal reato. Essa, non ha alcun legame con il perseguimento di esigenze legate alla specifica pericolosità del bene da confiscare né tantomeno con la colpevolezza
99 X. Xxxxxx, La progressiva estensione del concetto di profitto del reato quale oggetto della confisca per equivalente, in Giurisprudenza italiana, 2009, p. 2075.
del reo o con il livello di gravità del reato100. Per tal ragione, la sua introduzione nel panorama giuridico nazionale, ha posto sin dalle sue primissime applicazioni il problema se tale misura ablativa abbia una funzione analoga o diversa rispetto a quella tradizionale, disciplinata dall’art. 240 c.p.; ed è apparso subito chiaro che i due istituti siano caratterizzati da una differente natura giuridica. Ciò in quanto la confisca di valore ha ad oggetto non lo specifico prezzo o profitto dell’illecito ma denaro o beni per un valore corrispondente così rescindendo il legame tra il bene sottoposto a sequestro ed il reato commesso. Privando il reo di ogni possibile guadagno o utilità derivante dalla commissione del reato, la misura appare idonea a disincentivare la commissione di reati manifestando ab origine un carattere di natura preventiva, oggi surclassato dal carattere preminentemente sanzionatorio.
100 E. M. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxx, (a cura di), Trattato breve di diritto penale, Parte generale, vol. II, Punibilità e pene, Padova, 2015, p. 484; F. Xxxxxxx, voce Confisca, in Digesto delle discipline penalistiche, Torino, 2016, p. 186.
4.1 Origini della confisca di “valore” ed ambito applicativo
La confisca per equivalente fu introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento in relazione al reato di usura, dalla legge 7 marzo 1996
n. 108, che disciplinando l’art. 644 c.p., ha stabilito che al di là dell’obbligatorietà della confisca del prezzo e del profitto relativo al reato di usura, la confisca potesse estendersi anche a somme di denaro, beni o altre utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona, per un importo pari al valore degli interessi, o degli altri vantaggi o compensi usurari101. Apparentemente è entrata in scena in relazione alla fattispecie di reato di cui all’art. 644 c.p. ma nella realtà fattuale essa apparve per la prima volta, tempo addietro, all’interno della Convenzione n. 141 del Consiglio d’Europa relativa al riciclaggio, al rintracciamento, al sequestro o alla confisca dei proventi del reato. Della lettura dell’art. 2 della Convenzione il legislatore italiano fornì, probabilmente errando, un’interpretazione restrittiva, ritenendo sufficiente che la confisca di valore dovesse essere garantita al solo fine di consentire la cooperazione internazionale tra gli Stati. In realtà, da un’attenta lettura dell’articolo
101 X. Xxxxx, La nuova legge sull’usura: un modello di tecniche incrociate di tutela,
Torino, 1997, p. 107.
2, emerge piuttosto l’obbligo gravante sugli Stati membri di prevedere nei loro ordinamenti cumulativamente la confisca della proprietà e la confisca di valore, diversamente da quanto previsto dalla precedente Convenzione di Vienna del 1988, la quale prevedeva un regime alternato tra le stesse102. Fu proprio a seguito di tale Convenzione che fu inserito nel nostro ordinamento penale processuale l’art. 735 c.p., conseguente alla ratifica con legge 9 agosto 1993, n. 328. Si tratta di una norma processuale che stabilisce che qualora vi sia esecuzione di un provvedimento straniero di confisca, avente ad oggetto l’imposizione del pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore del prezzo, del prodotto o del profitto di un reato, devono trovare applicazione le disposizioni sull’esecuzione delle pene pecuniarie, ad eccezione di quella concernente il rispetto del limite massimo di pena previsto dallo stesso art. 735, comma II, c.p. Ad un’attenta analisi di tale norma non può sfuggire che già in quella disposizione l’esistenza e l’applicazione della confisca di valore venivano date “per certe”,
102 X. Xxxxxxxxxx, M. C. Xxxxxxxxxx, La legge italiana di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi da reato: uno sguardo d’insieme in Cassazione penale, 1994, p. 2839.
anche se si dovette attendere il 1996, per mezzo della fattispecie di reato dell’usura per una prima regolamentazione normativa. Nella seconda metà degli anni ’90, nel nostro paese, a seguito di un periodo segnato dal costante dilagare del fenomeno corruttivo dei pubblici funzionari, autorevole dottrina ha esortato il legislatore all’introduzione di nuovi strumenti sanzionatori, a carattere patrimoniale, cercando di dare un nuovo volto alla “vecchia” forma di confisca. In attuazione della Convenzione Ocse di Parigi del 17.12.1997, sulla scia del nuovo desiderio normativo, l’art. 3 della L.
29 settembre 2000, n. 300, ha introdotto all’interno del nostro ordinamento la disposizione di cui all’art. 322 ter c.p. Nel comma primo della norma, prezzo e profitto del reato vengono equiparati ed indicano qualsiasi utilità economicamente valutabile, direttamente derivante dalla commissione del reato, ossia il frutto del reato.
L' indicazione "o profitto" è stata aggiunta dall'art. 1 della L. 6 novembre 2012, n. 190. La norma ha mostrato sin dalla sua primissima applicazione una crescente e sempre più forte propensione a mostrare il carattere deterrente e repressivo delle misure di sicurezza patrimoniali quali mezzo, forse principale, di contrasto alla criminalità a sfondo economico così comportando che
tale rimedio venisse esteso ad un numero sempre più crescente di reati. Con maggiore incisività, la disposizione di cui all’art. 322 ter c.p. ha previsto che in relazione ai delitti contro la pubblica amministrazione sia obbligatoria la confisca dei beni di proprietà del reo che costituiscano profitto o prezzo del reato o, quando non sia possibile, la confisca di beni posti nella disponibilità del reo per un valore corrispondente al prezzo del reato. La presa di posizione che ebbe allora il legislatore, svincolata da rigidi criteri applicativi, fece sperare che in tempi brevi potesse esservi l’intervento del Parlamento circa una previsione generalizzata del rimedio della confisca per equivalente, al di là dei settori specifici in cui aveva trovato applicazione103.
Nella confisca per equivalente, elemento di speciale rilievo, è costituito dalla sua applicabilità non soltanto ai beni di proprietà dell’imputato, ma anche a quelli posti semplicemente nella sua disponibilità, direttamente o per interposta persona. Per mezzo di
103 F. Vergine, Confisca e sequestro, op. cit., p. 38 e ss.
tale espediente il legislatore ha voluto ovviare alla possibilità che il reo intesti fittiziamente la proprietà a terzi104.
La trasformazione, l’alienazione o la dispersione di ciò che rappresenti il prezzo o il profitto del reato determinano la conseguente necessità, per l’ordinamento, di approntare uno strumento applicativo che, in presenza di determinate categorie di fatti illeciti, comporti che il beneficio che il reo ha tratto, ove fisicamente non rintracciabile, venga ad essere concretamente sterilizzato sul piano patrimoniale, attraverso una misura ripristinatoria che incide direttamente sulle disponibilità dell’autore del fatto, deprivandolo del tandundem sul piano xxxxxxxxx000.Xx giudice con la sentenza di condanna, qualora accerti l’impossibilità di aggredire direttamente il prezzo o il profitto del reato, a causa di un fatto sopravvenuto che ne abbia comportato la perdita o un irrecuperabile trasferimento, indica i beni assoggettati a confisca in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato106. Il
104 X. Xxxxx; X. Xxxxxxxx, (a cura di), La giustizia patrimoniale penale, Torino, 2011, p. 734 e ss.
105 Cass., sez. un., 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci, p. 39 della motivazione.
106 X. Xxxxx, Sequestro e confisca per equivalente. Prospettive d’indagine in Nuovi modelli di intervento penale: sequestro e confisca per equivalente a cura di X. Xxxxx in Dottrina e attualità̀ giuridiche nel diritto civile, commerciale, penale e pubblico a cura di X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
giudice effettuerà una stima poiché i beni oggetto di confisca devono trovarsi, in primo luogo, nella disponibilità del reo e presentare un valore equivalente al guadagno illecito107. Dall’analisi della disciplina, sin qui esposta sulla confisca di valore, sembrerebbe chiaro che, essa abbia natura sanzionatoria, in quanto ciò che viene colpito è direttamente il patrimonio dell’imputato sulla base di un meccanismo di equivalenza economica, senza che l’oggetto della confisca abbia alcun nesso di pertinenzialità con il reato. Per tal ragione si fa un esplicito riferimento alla natura precipuamente punitiva108.
La questione deve però essere affrontata prescindendo da una mera valutazione circa la sua collocazione sistematica, che la rinviene nel codice di rito tra le misure di sicurezza, essendo, al contrario, di preminente importanza, tratteggiarne funzione e specifica finalità applicativa. In relazione alla diversa ratio ed alle finalità che la misura ablativa tende a conseguire essa può assumere natura di pena, misura di sicurezza, di misura civile o amministrativa109.
107In dottrina, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxx, La confisca ordinaria, per sproporzione e per equivalente nel processo di cognizione ed esecuzione in X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, (a cura di), La giustizia patrimoniale penale, tomo II, Torino, 2011, pp. 734 ss.
108 X. Xxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxx, (a cura di), La nuova giustizia penale tributaria, Padova, 2016, p. 408.
109 Corte Cass. 24 settembre 2008 in X. Xxxxxxx, La Confisca di valore e i reati tributari, in
Rivista penale, 4, 2009, p. 486.
La giurisprudenza di legittimità ha più volte avuto modo di precisare che il “rapporto di pertinenzialità” esistente tra il reato e la misura ablatoria, caratteristico del provvedimento di cui all’art. 240 c.p., non è presente nella confisca di valore poiché i beni da confiscare possono essere di diversa natura rispetto al provento (profitto o prezzo) del reato stesso110.
Da ciò consegue che, in tema di natura giuridica, sulla scia dell’impostazione maggiormente accreditata in dottrina e in giurisprudenza, la confisca di valore rappresenta una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti con carattere preminentemente di natura sanzionatoria111. La tesi per la quale la confisca di valore presenti i tratti di una vera e propria sanzione è sostenuta dalla giurisprudenza maggioritaria ponendo a supporto di tale ricostruzione l’argomento principale del carattere preminentemente afflittivo e la sua applicabilità ai beni del patrimonio del reo privi di qualsiasi legame rispetto al reato commesso e, quindi, lontani da qualsiasi connotazione di specifica ed
110 Xxxxx Xxxx. Xxx. XX, 00 gennaio 2005, n. 11902.
111 Corte Cass. 16 gennaio 2004 in Foro it; 2204, II, p. 685. In dottrina, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxx, La riforma dei reati tributari, Torino, 2015, p. 290 ss. E. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx (... altri autori), Il contrasto dei fenomeni corruttivi, Torino, 2020.
attuale pericolosità112. Tale orientamento in tema di natura giuridica ha trovato le sue origini nella Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e successivamente è stato recepito unanimemente dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Costituzionale, le quali hanno valorizzato la finalità general- preventiva poiché essa mira alla privazione di qualunque beneficio sul versante economico, derivante dall’illecito commesso, in quanto la res confiscata non presenta alcuna pericolosità oggettiva113.
In materia di confisca per equivalente conseguente a reati tributari la Suprema Corte ha precisato che «la mancanza di pericolosità̀ dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all’assenza di un ‘rapporto di pertinenzialità̀’ (inteso come nesso diretto, attuale e strumentale) tra il reato e detti beni, conferiscono all’indicata confisca una connotazione prevalentemente
112 La tesi della natura sanzionatoria della confisca per equivalente è sostenuta dalla giurisprudenza maggioritaria. Si veda: Corte Cass. 14 giugno 2006 in Giur. it., 2007,966 e Corte Cass. 28 luglio 2009 in Cass. pen., 2010, 3102, con nota di Xxxxxxxx. Anche la Corte Cass., Sez. Un. 25 giugno 2009 in Foro it., 2009, II, 629, escludendo l’applicabilità̀ della confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter c.p. al profitto del reato, essendo essa prevista espressamente solamente per il prezzo dello stesso, e ciò̀ sulla scorta del divieto di applicazione in malam partem, riconosce implicitamente natura sanzionatoria alla misura ablatoria. In dottrina, per tutti: X. Xxxxxxxxx, Le ipotesi speciali di confisca, op. cit., e X. Xxxxxx, Art. 199-240, in X. XXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, Commentario sistematico del Codice penale (II Ed.) III, Xxxxxxxx, 2011, pp. 419 ss.
113 X. Xxxxxxx, sub. art. 322 ter, in Codice penale commentato, a cura di X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, III ed.; Milano, 2011, p. 3146.
afflittiva, attribuendole, xxxxx, una natura ‘eminentemente sanzionatoria’, che impedisce l’applicabilità̀ a tale misura patrimoniale del principio generale dell’art. 200 c.p., secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione e possono essere, quindi, retroattive»114. Volgendo lo sguardo al di là del nomen iuris, la confisca per equivalente si considera una misura sanzionatoria tout court; essa opera, più che come strumento di prevenzione come strumento di sanzione e di compensazione in virtù di un riequilibrio economico di quanto indebitamente ottenuto e che non si ha diritto a trattenere115.
Nel delicato rapporto tra confisca per equivalente e prescrizione del reato, si segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione dell’11 maggio 2020, in relazione all’opportunità di irrogare la misura de quo (prevista dall’art. 12 bis, D.lgs. 74/2000), in ipotesi di reati tributari (nella specie, sottrazione fraudolenta di imposte ex. art. 11) che siano dichiarati estinti per intervenuta prescrizione. Fra i motivi di ricorso, si deduceva “l’erronea applicazione dell’art. 12 bis del d.lgs.
114 Tesi confermata anche da Corte Cost., ord. 2 aprile 2009, 97 in Foro it., 2009, I, p.2596.
115 X. Xxxxxxx, La confisca, op.cit, p. 827.
74/2000, evidenziando che tale norma, nel prevedere la confisca obbligatoria per equivalente anche in caso di condanna per uno dei delitti tributari previsti dal medesimo decreto, deve essere applicata anche nei casi di declaratoria di intervenuta prescrizione, a condizione che questa sia preceduta da un giudizio di merito di pieno accertamento della responsabilità penale”.
La Corte ha disatteso il motivo, ritenendo legittima la revoca della confisca de quo operata dal Giudice di appello che aveva contestualmente dichiarato prescritto il reato contestato. Nel giungere a tale conclusione la Corte ha richiamato il principio di diritto formulato dalle Sezioni Unite con la sentenza 21 luglio 2015
n. 31617 secondo cui il giudice, nel dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto. Tale pronuncia, ha ricordato la Corte, aveva rilevato che “ la confisca per equivalente viene ad assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile e pertanto è contraddistinta dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, esulando
dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza, nel senso che l’oggetto della confisca per equivalente finisce per essere rappresentato direttamente da una porzione del patrimonio, il quale in sé non presenta alcun elemento di collegamento con il reato commesso dall’agente. In definitiva (...) la confisca per equivalente presenta una natura prettamente sanzionatoria, il che impone di escludere (...), che possa essere disposta l’ablazione definitiva del bene ove il reato sia dichiarato estinto per prescrizione”. La pronuncia de quo si pone, almeno ad una prima analisi, in contrasto con le più recenti riforme del processo penale. Si badi, ad esempio, che l’art. 6, comma 4, D.lgs. 1° marzo 2018, n. 21116 ha introdotto nel codice di procedura penale il nuovo art. 578 bis rubricato- Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione. La norma dispone che:
“quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo 240 bis del codice penale e da altre disposizioni di legge117, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione
116 La norma ha stabilito il principio della “riserva di codice”. Il D.lgs. è in vigore dal 6
aprile del 2018.
117 Per completezza si segnala che l’art. 1 comma 4 lett. f) l. 9 gennaio 2019 n.3 (Spazzacorrotti) dopo le parole “e da altre disposizioni di legge” ha aggiunto le seguenti “o la confisca prevista dall’articolo 322-ter del codice penale”.
o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato”.
La norma sembrerebbe dunque imporre al giudice di pronunciarsi sulla confisca in caso di prescrizione solo:
1. nei casi di confisca in casi particolari, sia essa prevista dal codice penale o da altre disposizioni di legge, per tale intendendosi, secondo la rubrica dell’art. 240 bis c.p., la confisca allargata o per sproporzione;
2. in un unico ulteriore caso di confisca previsto per i reati contro la
pubblica amministrazione di cui all’art. 322 ter c. p118.
Se così fosse, la confisca per equivalente prevista per i reati tributari dall’art. 12-bis D.lgs. n. 74/2000, dovrebbe ritenersi esclusa dall’ambito di applicazione della norma; così in linea con le conclusioni raggiunte dalla sentenza della Corte di cassazione qui in
118 X. Xxxxxxx, La decisione sugli effetti civili e la confisca senza condanna in sede di impugnazione. La Legge n. 3 del 2019 (C.d. Spazzacorrotti) trasforma gli artt. 578 e 578 bis c.p.p. in una disciplina “a termine” in xxxxx://xxxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/x/0000-xx-xxxxxxxxx-xxxxx- effetti-civili-e-la-confisca-senza-condanna-in-sede-di-impugnazione-la-legge-n-3. L. Roccatagliata, Confisca per equivalente e prescrizione del reato. Le contrastanti indicazioni del Giudice di legittimità e i seri dubbi sulla compatibilità con il dettato costituzionale, in xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/0000/00/00/xxxxxxxx-xxx-xxxxxxxxxxx-x- prescrizione-del-reato-le-contrastanti-indicazioni-del-giudice-di-legittimita-e-i-seri- dubbi-sulla-compatibilita-con-il-dettato-costituzionale/.
analisi che ne esclude l’applicazione ove il reato sia dichiarato
estinto119.
Tuttavia, si deve dar atto della presenza di una differente e ben più autorevole interpretazione offerta da due recenti pronunce delle Sezioni Unite. La prima. la sentenza n. 6141/2019 la quale ha ritenuto che la locuzione “altre disposizioni di legge” contenuta nell’art. 578 bis
c.p.p. consista in un riferimento generale “alle plurime forme di confisca previste dalle leggi penali speciali”120. La seconda, invece, la n. 13539/2020 ha stabilito che l’art. 578 bis c.p.p. deve essere interpretato nel senso che esso si applica a tutte le ipotesi e forme di confisca. La Corte afferma che la norma de quo “non può che essere letta con una valenza di carattere generale, capace di ricomprendere in essa anche le confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale”.
Di tutte queste questioni la sentenza in commento non fa alcuna menzione. È pur vero che il dispositivo è stato emesso prima che la più recente delle due cassazioni a Sezioni Unite fosse pronunciata ma
119 X. Xxxxxxxxxxxxx, Confisca per equivalente e prescrizione del reato. Le contrastanti indicazioni del Giudice di legittimità e i seri dubbi sulla compatibilità con il dettato costituzionale, in xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/0000/00/00/xxxxxxxx-xxx-xxxxxxxxxxx-x- prescrizione-del-reato-le-contrastanti-indicazioni-del-giudice-di-legittimita-e-i-seri- dubbi-sulla-compatibilita-con-il-dettato-costituzionale/.
120 Punto 19.1 della sentenza sez. un. n.6141/2019.
non può non rilevarsi che si pone in contrasto con l’orientamento consolidato e recentissimo delle Sezioni Unite. Il quadro della giurisprudenza appare compatto e, tuttavia, non del tutto convincente. Lo scenario che si delinea è quello in cui al giudice è concesso di applicare una misura effettivamente sanzionatoria, al di fuori di una pronuncia di condanna, nel caso in cui il fatto per cui si punisce sia prescritto. In sostanza, l’imputato potrà essere punito anche quando il fatto commesso si sia estinto. Certamente, non può che emergere un forte dubbio sulla compatibilità della norma che permetta di irrogare la confisca per equivalente nei casi in cui il reato si sia estinto per intervenuta prescrizione, con il principio di colpevolezza e di presunzione di innocenza di cui all’art. 27 Cost., dal quale si ritiene discenda l’ulteriore principio per cui l’irrogazione di una sanzione penale può conseguire solo ad un provvedimento di condanna.
Come oramai ritenuto dall’unanime giurisprudenza europea e nazionale, la confisca di valore o per equivalente esula da qualsiasi funzione di prevenzione, costituente la principale finalità delle misure di sicurezza e, pertanto, trattandosi di una vera e propria sanzione,
essa potrà applicarsi solo nei limiti del pieno rispetto di tutte le garanzie previste dall’ordinamento penale in tema di irrogazione delle pene. In considerazione di quanto sinora esposto, la scelta del legislatore di estendere la confisca di valore nell’ambito dei reati tributari è quanto mai “infelice”. È oggi auspicabile un intervento organico che sia calibrato ab origine per la materia penale/tributaria al fine di favorire esiti di effettiva tutela e maggiore corrispondenza al quadro garantistico delineato dal principio di legalità xxxxxx000.
5. Denaro come oggetto di confisca: diretta o per equivalente?
Da sempre uno dei temi più dibattuti in giurisprudenza attiene ai limiti della confisca in via diretta (nell'ambito dei reati tributari) in cui l’oggetto dell’ablazione sia costituito dal denaro. Nello specifico, della possibilità di confiscare somme di denaro presenti su un conto corrente, nei casi di reati tributari, consistenti nell’omesso pagamento delle imposte. Si dibatte, dunque, se tale forma ablatoria possa connaturarsi in via diretta oppure possa essere sottoposta ad un
121 X. Xxxxx Xxxxxxx, La confisca per equivalente nel diritto penale tributario in
xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 13 nov. 2010.
provvedimento di confisca “per equivalente”. Nonostante vi siano precise disposizioni codicistiche in tema di confisca diretta del prodotto o profitto del reato e di confisca “per equivalente”, la giurisprudenza si è manifestata con forte intensità sul versante della confiscabilità del denaro quale profitto del reato, al punto di istituire lo strumento della confisca diretta del valore del denaro122. Il primo approdo verso l’istituzione della confisca diretta del valore del denaro è tradizionalmente rappresentato dalla nota sentenza Gubert123.
122 X. Xxxxxx, Confisca diretta del denaro e prova dell’assenza di pertinenzialità: la recente giurisprudenza di legittimità erige i primi fragili argini alle sentenze Gubert e Xxxxx in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx Fascicolo 6/2019.
123 L’esistenza di un pregresso contrasto giurisprudenziale circa la possibilità di aggredire con sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta o per equivalente, i beni di una persona giuridica per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante della stessa, ha condotto la terza sezione penale della Corte di Cassazione ad adire le Sezioni Unite. Il pregresso contrasto giurisprudenziale constava di due diversi orientamenti. Un primo, riteneva ammissibile il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni della persona giuridica per le violazioni penal-tributarie commesse nell’interesse della società che, beneficiando degli incrementi patrimoniali derivanti dalla condotta penalmente rilevante posta in essere dal legale rappresentante, non poteva considerarsi come estranea al reato, nonostante la mancata inclusione dei delitti tributari nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente ex D.lgs. 231/01 (cfr. Cass. pen., sez. III, ud. 7 giugno 0000, xxx. 00 xxxxxx 0000, x. 00000, xx xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx di X. Xxxxx Xxxxxxx, La Suprema Corte ammette il sequestro preventivo funzionale alla successiva confisca per equivalente dei beni della persona giuridica per i reati tributari commessi nel suo interesse dal legale rappresentante. Secondo un opposto indirizzo, invece, non poteva considerarsi ammissibile il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni appartenenti alla persona giuridica, salvo nel caso in cui la legal entity rappresentasse un mero schermo fittizio utilizzato dal legale rappresentante all’esclusivo scopo di farvi confluire i profitti illeciti derivanti dai reati tributari; si veda X. Xxxxx, Il caso Unicredit al vaglio della Cassazione: il patrimonio dell’ente non è confiscabile per equivalente in caso di reati tributari commessi dagli amministratori a vantaggio della società in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 25 gennaio 2013; X. Xxxxx, La confisca per equivalente fra reati tributari e responsabilità dell’ente (in margine al caso Unicredit), xxxxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 23 gennaio 2012.
Secondo l’orientamento prevalente della Corte la confisca del profitto, quando si tratta di denaro o di beni fungibili, non è confisca per equivalente ma confisca diretta, a prescindere dall’esistenza di un nesso di derivazione dal reato contestato124 . Più nel dettaglio, proviamo a compiere un passaggio ulteriore seguendo i passaggi argomentativi svolti dai giudici di Cassazione, che hanno suscitato non poche perplessità, dando risposta favorevole all’applicabilità della confisca diretta in luogo di quella per equivalente125. Con riferimento al denaro, qualora il profitto derivante da taluno dei reati per i quali è prevista la confisca per equivalente sia costituito proprio dallo stesso, l’adozione del sequestro preventivo non è subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell’indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all’importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso
124 Cass.pen., Sez. Un., 30 gennaio 2014-5 marzo 2014, Gubert, cit., punto n. 2.5 della motivazione. Cfr. X. Xxxxxx, Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, di beni di una persona giuridica: il rebus dei reati tributari in Cassazione penale, 9, 2014, p. 2826.
125 X. Xxxxxxxxxxx, X. E Paliero, Le Sezioni Unite e il profitto confiscabile: forzature semantiche e distorsioni ermeneutiche in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx , 20 aprile 2015. Si veda anche X. Xxxxxx, Confisca, responsabilità degli enti, reati tributari, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, vol. 58, n. 4, 2015, p. 1675 ss.
pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare126. Risulta, dunque, ammissibile il sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., nel caso in cui vi siano indizi per i quali il denaro di provenienza illecita sia stato depositato in banca ovvero investito in titoli, trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di celare con il più semplice degli artifizi127. La trasformazione che il denaro, in qualità di profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è di ostacolo al sequestro preventivo il quale può avere ad oggetto il bene di investimento così come sia stato acquisito, ammettendosi, di conseguenza, la confiscabilità in xxx xxxxxxx xx xxx. 000, xx, 1, c.p. del denaro e degli altri beni fungibili che costituiscono il profitto del reato128. Si badi che, a rigor di logica, nel caso di profitto/indebito rimborso, ove il denaro acquisito risulti ancora identificabile e rintracciabile nel patrimonio del soggetto, la misura ablativa da applicarsi sarà quella diretta; contrariamente, proprio in ragione della natura “fungibile” del denaro, troverà applicazione la confisca per equivalente colpendo o il denaro stesso o beni per il
126 Cass.pen. sez. III, n. 1261 del 25/09/2012.
127 Cass. pen. sez. VI, n. 23773 del 25/03/2003.
128 X. Xxxxxxx, Punti fermi, disorientamenti interpretativi e motivazioni “inespresse” delle sezioni unite in tema di sequestro ai fini di confisca e reati tributari in Cassazione penale, n. 9, 2014, p. 2806.
corrispondente valore129. Sulla questione in oggetto, dopo la sentenza Xxxxxx le Sezioni Unite sono nuovamente intervenute con l’altrettanto nota sentenza Lucci130, pronuncia apparentemente gemella131, ribadendo che la confisca di denaro è da qualificarsi sempre in via diretta e che non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato132. Ciò in ragione del pensiero secondo cui, una somma di denaro, non soltanto si confonde ab origine con le altre disponibilità economiche dell’autore del fatto, ma perde altresì- per il sol fatto di appartenenza al reo- qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa identificabilità fisica133. Soltanto, quindi, nelle ipotesi in cui sia impossibile la confisca di denaro sorge l’eventualità che si applichi la confisca di “valore” degli altri beni di cui disponga l’imputato e per un valore corrispondente a quello del prezzo o profitto del reato. Ad
129 Nel caso di omesso versamento, in mancanza di somme identificabili come direttamente pertinenti e provenienti dal reato, la confisca sarà sempre per equivalente, al di là del fatto che il soggetto disponga o meno del denaro pari al suo debito. Si veda,
X. Xxxxxx, op. cit., p. 1687 ss.
130 Sentenza S.U. Lucci n. 31617/2015, punti n. 13 e ss. della motivazione.
131 In tali pronunce ci troviamo dinanzi a reati strutturalmente ed ontologicamente differenti.
132 F. Lumino, La confisca del prezzo o del profitto del reato nel caso di intervenuta prescrizione in
Cassazione penale, 2016, fasc. 4, p. 1384.
133 X. Xxxxxxx, Xxxxx considerazioni in tema di confisca del profitto. Dialogando con la sentenza Xxxxxx e Xxxxx Xxxxxx, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 20 ottobre 2016.
una più attenta riflessione le considerazioni addotte dalla Corte per l’applicabilità della confisca diretta di una somma di denaro risultano “un’autentica forzatura” in quanto in realtà sembrano propendere per la confisca per equivalente, la quale trova applicazione tutte le volte in cui viene meno la rintracciabilità fisica del bene134. Appare evidente che qui il vero nodo da sciogliere, al di là del denaro come oggetto di confisca, attiene al rapporto intercorrente fra queste e la loro diversa natura, neutralizzante nella confisca diretta e punitiva in quella per equivalente135. Pur essendo oramai considerato ius receptum il principio enunciato dalle Sezioni Unite136 secondo cui il denaro che costituisce profitto del reato, in qualità di bene fungibile, può sempre essere attinto dalla confisca diretta ex art. 240, co. 1, c.p., al di là dell’esistenza di un nesso di derivazione col reato contestato, oggi assistiamo ad alcuni arresti di legittimità che pur affermando in apparenza di conformarsi al pensiero della Corte, escludono che la
134 Ciò vale, a rigor di logica, per il risparmio di spesa, consistente in denaro, proprio perché non materialmente individuabile e già presente nel patrimonio, che può essere oggetto solo di confisca per equivalente, come aveva già in precedenza affermato la Corte nella sua precedente pronuncia “Gubert”. Cfr. X. Xxxxxxx, Xxxxx considerazioni in tema di confisca del profitto - Dialogando con la sentenza Xxxxxx e Xxxxx Xxxxxx- in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
135 Cfr. X. Xxxxxxx, Xxxxx considerazioni in tema di confisca del profitto - Dialogando con la sentenza Xxxxxx e Xxxxx Xxxxxx- in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx .
136 Gubert prima e Xxxxx in seguito.
confisca diretta del denaro possa applicarsi qualora l’interessato fornisca la prova della totale assenza di pertinenzialità tra la somma confiscata (o sequestrata) ed il reato commesso (o contestato nel caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta)137.
Recenti arresti di legittimità hanno delimitato l’ambito applicativo della confisca diretta “del valore del denaro” che costituisce il profitto del reato. Il primo tentativo si è mosso a seguito di un ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva disposto l’annullamento del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta della somma di denaro a seguito di omesso versamento di ritenute dovute o certificate di cui all’art. 10 bis D.lgs. 74/2000 (fattispecie in tema di omesso versamento delle ritenute in cui la S.C. ha escluso la sussistenza dei presupposti per il sequestro e la successiva confisca di somme di denaro certamente depositate successivamente al momento di perfezionamento del reato)138. La Corte di Cassazione ha qui chiarito che “ove si abbia invece la prova che tali somme non possano proprio in alcun modo derivare dal reato né
137 Per approfondimento, X. Xxxxxx, Confisca diretta, op. cit.
138 Cass. pen., Sez.II, ud. 30 ottobre 2017, dep. 27 febbraio 2018, n. 8995 in procedimento Barletta e altri.
possono neppure rappresentare il risultato della mancata decurtazione del patrimonio quale conseguenza del mancato versamento delle imposte (ovvero del “risparmio di imposta”) nel quale la giurisprudenza ha da sempre identificato il profitto dei reati tributari, le stesse non sono sottoponibili a sequestro in quanto difetta in esse la caratteristica del profitto, pur sempre necessaria per poter procedere, in base alle definizioni e ai principi di carattere generale, ad un sequestro, come quello di specie, in via diretta”139. In tempi ancor più recenti la Corte, in relazione al reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 D.lgs. 74/2000 ha considerato rilevante e decisiva la prova che le somme sequestrate fossero totalmente estranee all’illecito in oggetto in quanto le stesse non potevano derivare in alcun modo dal reato e non possono evidentemente, neanche rappresentare il profitto del reato ossia rappresentare il risparmio di imposta derivante dall’evasione fiscale per effetto dell’omessa presentazione della dichiarazione, ragione per cui le stesse non sono sottoponibili a
139 In questo stesso senso si è già espressa la Corte di Cassazione in relazione al delitto di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’art. 10 ter D.lgs. 74/2000, ritenendo scriminante la circostanza che in queste ipotesi “il profitto del reato consiste nel corrispondente risparmio di spesa e, in particolare, nelle disponibilità liquide giacenti sui conti del contribuente alla data di scadenza del termine per il pagamento e non versate”. Così Cass. Pen. Sez. III, ud. 9 febbraio 2016, dep. 7 luglio 2016, n. 28223.
sequestro, difettando in esse la caratteristica di profitto, pur sempre necessario per poter procedere, in base alle definizioni e ai principi di carattere generale ( ) ad un sequestro in via diretta140. Nel caso di
specie, pur trattandosi di delitto tributario (omessa presentazione della dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto), il cui profitto deve individuarsi nel risparmio di imposta conseguito dal contribuente, la Corte è giunta ad affermare che il terzo ricorrente ha l’onere di allegare circostanze da cui desumere che l’accrescimento del conto è frutto di rimesse successive alla commissione del reato e con questo non collegabili. Quindi, il tema si sposta sul terreno della prova in ragione del fatto che il rappresentante della società, in epoca successiva alla data del commesso reato, a cui sono state sequestrate le somme sul conto corrente (intestato al momento del sequestro della persona indagata a cui è attribuito il reato), ritenendo di aver diritto alla loro restituzione, ha l’onere di allegare la prova che il denaro giacente sul conto, ancora intestato all’indagato, fosse di derivazione diversa dal risparmio di imposta e successiva al compimento del reato sicché non poteva configurarsi come
140 Così Cass. Pen., Sez. III, ud. 12 luglio 2018, dep. 24 settembre 2018, n. 41104.
profitto141. Infine, è utile evidenziare che la Cassazione, ha recentemente escluso la confisca diretta in presenza della prova dell’estraneità del reato delle somme attinte dal sequestro, ove si abbia la prova che le stesse non possono in alcun modo derivare dal reato e costituire, pertanto, profitto dell’illecito142. In definitiva, i giudici di legittimità affermano che la natura fungibile del denaro non è di per sé sufficiente alla qualifica di “profitto” in quanto è necessario provare che la disponibilità della somma successivamente sequestrata costituisca essa stessa risparmio di impresa conseguito con il mancato versamento dell’imposta o che si tratti di liquidità rimasta nella disponibilità del contribuente.143 Le puntualizzazioni esposte dalla Corte non si pongono in contrasto con i principi espressi nelle due note precedenti pronunce, Xxxxxx e Xxxxx, ma al contrario ne costituiscono un’applicazione concreta, riferita in
141 Così Cass. Pen., Sez. III, ud. 12 luglio 2018, dep. 24 settembre 2018, n. 41104.
142 Cass. pen. sez. III, 09/02/2016 n. 28223 e Cass. pen. sez. III, 30/10/2017 n. 8995. In quest’ottica, nell’ipotesi in cui il contribuente sia titolare di un rapporto di conto corrente bancario o postale che, alla scadenza del termine per il pagamento dell’imposta, presenti un saldo negativo, è chiaro che il denaro versato successivamente non può essere ritenuto “profitto” del reato ma unità di misura equivalente al debito tributario scaduto e non onorato. Qualora invece il conto bancario o postale presenti, alla scadenza. saldi attivi, il profitto dell’omesso versamento dell’imposta equivale al correlativo mancato decremento del saldo. In tal senso, Cass. pen., Sez. II, 4 ottobre 2018, n. 6348, Star Kamin s.r.l.
143 X. Xxxxxx, Confisca diretta, op. cit.
particolar modo alla peculiare tipologia dei reati tributari contraddistinti, come nel caso del D.lgs. 74/2000, artt. 10 bis e 10 ter, dall’omesso versamento di imposte dovute in base a specifiche dichiarazioni del contribuente144. Gli arresti qui riportati fanno salva la misura della confisca diretta del valore del denaro che costituisce profitto del reato, coniata dalla giurisprudenza di legittimità, avendo cura di sottolineare che è presente una posizione antitetica rispetto al pensiero espresso nelle celebri sentenze (su esposte), la quale non può trovare una censura tout court in quanto si giungerebbe ad uno stravolgimento di un sistema punitivo oggi consolidato, utile a colpire il patrimonio del reo senza dover sottostare alla più rigida disciplina della confisca per equivalente, che resta applicabile, in subordine, ove non vi sia possibilità di procedere alla confisca diretta e solo nei casi espressamente previsti dalla legge, in ragione della natura prettamente “sanzionatoria”. Il perimetro di applicabilità della misura della confisca diretta del valore del denaro viene rimodellato, “apparentemente”, attraverso la previsione di mere deroghe alla regola generale (ad esempio per la rilevanza assegnata alla prova) 145.
144 In tal senso, Cass. pen., sez. III, 4 ottobre 2018, n. 6348.
145 Xxxx deroghe si rinvengono nelle sentenze di merito sopra citate.
Gli “arresti” giurisprudenziali, qui evidenziati, hanno inteso circoscrivere l’applicazione indiscriminata di tale forma di confisca, iniziando a conferire valore alla prova, proveniente dall’interessato, terzo o parte processuale, dell’eventuale assenza di derivazione di quelle somme dal reato in contestazione. In questa nuova prospettiva la confisca diretta del valore del denaro potrebbe trovare una sua collocazione all’interno della categoria delle presunzioni, alla stregua di una norma presuntiva146.
146 X. Xxxxxx, Confisca diretta, op. cit. Si rifletta sul fatto che nelle ipotesi in cui il profitto è costituito da denaro si consente la confisca diretta anche in assenza del nesso di pertinenzialità, in quanto l’appartenenza alla categoria dei beni fungibili consente di presumere che le somme di denaro che si trovano sul conto corrente- nonostante si siano unite e confuse con quelle già ivi depositate e che si vogliono aggredire con il sequestro prima, con la confisca poi - siano proprio quelle derivate dal reato oggetto di contestazione.
CAPITOLO II
LA CONFISCA E LA SUA EVOLUZIONE IN AMBITO TRIBUTARIO
1. La confisca e la sua evoluzione nell'ambito dei delitti tributari Col passare degli anni le misure ablatorie, seppur mancanti di una disciplina organica e coordinata, hanno ottenuto un ruolo sempre più rilevante nella repressione dei fenomeni criminali. Nel campo penale- tributario un ruolo di primaria importanza è rivestito dalla confisca “penal-tributaria” la quale trova, oggi, specifica regolamentazione nell’art. 12 bis147 d.lgs. n. 74/2000 (prevista tanto nella forma diretta che per equivalente), inserito dall’art. 10 comma 1 d.lgs. n. 158/2015148, il quale ha operato un’attenta revisione del sistema sanzionatorio penale tributario.
147 L’applicazione dell’istituto della confisca nel settore dei reati tributari era stata anticipata dalla legge n. 146 del 16/03/2006 in materia di crimine organizzato transnazionale, la quale si limitava all’ambito applicativo legato al reato transnazionale di cui all’art. 3 della stessa legge o ai diversi reati, inclusi i reati tributari di cui al d.lgs. 74/2000, commessi con l’aggravante della transnazionalità di cui all’art. 4 della stessa L. 146/2006.
148 D.lgs. 24.09.2015 n. 158, di revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’art.
8 comma 1 legge delega 11.03. 2014 n. 23, in vigore dal 22.10.2015. Prima
L’art. 12 bis149 , rubricato Confisca, recita:
«1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
2. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta».
dell’introduzione del nuovo art. 12-bis l’obbligo di confisca era limitato al caso di condanna per i soli delitti di dichiarazione fraudolenta, infedele o omessa di cui agli art. 2,3, 4 e 5, i delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui all’art. 8, i delitti di omesso versamento di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, nonché il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11 del d.lgs. 74/2000. Dalla lettura dell’art. 12-bis oggi vigente sembrerebbe invece, almeno ad una prima valutazione, che l’obbligo di confisca sia stato esteso anche al caso di condanna per il delitto di distruzione o occultamento delle scritture contabili di cui all’art. 10. Cfr. X. Xxxxxxxxxx, Commento sull’art. 12-bis d.lgs. 74/2000 mod. d.lgs. 158/2015, in I. Xxxxxxxxxx, (a cura di), I nuovi reati tributari, Milano, 2016, p. 253 ss.
149 Precedente dell’art.12 bis è l’art. 1 comma 143 legge 24.12.2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) in vigore dal 1.1.2008, abrogata dall’art. 14 comma 1 lett. b) d.lgs. n. 158/2015.
La confisca de quo in caso di condanna per i reati tributari di cui all’articolo 12-bis prevede, da un lato, al primo comma, l’applicabilità ai reati fiscali di una forma di confisca obbligatoria, anche per equivalente, e dall’altro, al secondo comma, ne dispone l’inoperatività per la parte che il contribuente si impegna a versare nelle casse dell’erario. La previsione del secondo comma è di particolare interesse in quanto, per la prima volta, il legislatore interviene a disciplinare il rapporto tra confisca e recupero dell’imposta evasa “in modo originale”, qualificando la stessa come un’ulteriore misura ablativa di carattere definitivo (“anticipata” da sequestro preventivo ad essa prodromico), potenzialmente incidente sulla medesima ricchezza150. Ancor prima della riforma, avvenuta in applicazione al d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, nel nostro sistema penal-tributario, esisteva già una forma di confisca per equivalente151. In concreto, la
150 Il ruolo sistematico della previsione appare importante perché espressione di un principio di alternatività tra la misura confiscatoria e il recupero del tributo, il quale non aveva ancora trovato una specifica base normativa. X. Xxxxxxx, Confisca e recupero dell’imposta evasa: profili procedimentali e processuali, in Rassegna tributaria, n. 6, 2015, p. 1385. Si veda ancora X. Xxxxxxxxx, “Confisca per equivalente”, per i reati fiscali e possibili duplicazioni rispetto al pagamento del tributo, in “Dial.trib.”, 2008, p. 65; X. Xxxxxxxxxx, Identità di oggetto dell’obbligazione d’imposta e della confisca nei reati di evasione, in Rassegna tributaria, n.6, 2014, p. 1255 e ss.; C. Sanvito, La nuova confisca obbligatoria in caso di reati tributari trova collocazione sistematica, in Il Fisco, 32-33, 2015.
151 L’art. 1, comma 143, della L. n. 244/2007 (ora abrogato dal d.lgs. n. 158/2015) sanciva l’applicabilità della confisca di cui all’art. 322-ter anche in relazione ad una gran parte dei delitti tributari. Si veda X. Xxxxxxxxxx, Commento all’art. 12-bis, in C.
Riforma si è occupata di regolare la previsione della confisca obbligatoria del profitto derivante dai reati tributari conferendogli una precisa collocazione all’interno del nuovo articolato del d.lgs. 74/2000152. La norma in esame, l’art. 12-bis, conferma che il giudice che pronuncia sentenza di condanna per un reato tributario, di cui al d.lgs. 74/2000, deve in prima battuta, verificare se sia possibile procedere alla confisca diretta dei beni, oggetto del profitto del reato e solo, qualora si avveda dell’impossibilità di apprendere, in via diretta, il profitto (perché non individuato o appartenente a persona estranea al reato), deve disporre della confisca per equivalente alla luce del valore corrispondente all’accertato ammontare del profitto di provenienza delittuosa.
Soffermiamoci sulla parte maggiormente innovativa della norma: “la confisca non opera per la parte che può essere restituita all’Erario”. Da più fronti153, sin dalla sua primissima “entrata in scena” essa risultò
Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxx (a cura di), La riforma dei reati tributari. Le novità del d.lgs. n. 158/2015, Torino, 2015, p. 288.
152 Si badi che il primo comma dell’art. 12-bis ripete la formulazione dell’art. 322-ter c.p. La riforma ha reso applicabile la misura in relazione a tutti i reati tributari previsti dal d.lgs. 74/2000; mentre l’art. 1, comma 143, della l. n. 244/2007, contemplava un elenco tassativo di reati in relazione ai quali la confisca trovava applicazione. Tale estensione di confisca ha fatto sospettare che il Governo abbia posto in essere un eccesso di delega oltrepassando i limiti sanciti dalla delega legislativa.
153 X. Xxxxxxxxx, Osservazioni di “prima lettura” allo schema del decreto legislativo in materia penal- tributaria, in Diritto penale contemporaneo, 20 luglio 2015.
ambigua e suscettibile di generare diversi problemi a livello applicativo ed interpretativo. L’art. 12-bis, nella versione definitiva del D.lgs. n. 158/2015, ha subito una lieve trasformazione letterale, tale per cui, oggi, essa contempla anche un secondo comma in base al quale: «La confisca non opera per la parte che il contribuente s’impegna a versare all’erario in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta»”.
A prima lettura, la ratio legis della disposizione appare quella di tutelare in via preliminare le pretese creditorie dell’Agenzia delle entrate rispetto a quelle ablatorie conseguenti alla confisca stessa154. Su altro versante, l’art. 12-bis, comma 2, sembra mettere in atto un consolidato approccio giurisprudenziale presente nel nostro sistema giuridico, secondo il quale la sanatoria della posizione debitoria con l’Amministrazione finanziaria fa venir meno lo scopo principale perseguito con la confisca (e con il sequestro ad essa prodromico), cosicché la restituzione all’erario del profitto derivante dal reato
154 La stessa logica la si ritrova anche nelle disposizioni ex art. 13 ed art. 13-bis della medesima legge in base al quale l’estinzione del debito consente o di evitare la condanna (art. 13) o di diminuire la pena (13-bis). Nel susseguirsi di queste norme emerge l’intentio legislativa di far sì che possano prevalere le pretese creditorie dell’erario su quelle punitive e ablatorie insite nella natura stessa della misura della confisca.
“elimina in radice lo stesso oggetto sul quale dovrebbe incidere la confisca”155. L’originaria disciplina della confisca penal-tributaria, fondata sul richiamo del già citato articolo 322-ter c.p, nulla disponeva riguardo al particolare rapporto tra confisca del profitto del reato tributario e la sorte del debito fiscale verso l’Erario. Ad oggi, la conseguenza logica a cui giunge la giurisprudenza è quella per cui, qualora il contribuente provveda al pagamento dell’imposta, seppur in forma rateizzata, verrebbe meno automaticamente qualsiasi indebito vantaggio da aggredire col provvedimento ablatorio in ragione della corrispondenza del profitto oggetto di confisca rispetto all’ammontare dell’imposta evasa. Ciò comporterebbe un dato ulteriore e cioè che i beni in sequestro dovrebbero essere restituiti per un ammontare corrispondente a quello versato dall’agente e che, quello stesso ammontare, venga detratto dal quantum della confisca (sino a completa esclusione). Compiendo un passo ulteriore, si giungerebbe ad un’inammissibile duplicazione sanzionatoria, poiché si giungerebbe a confiscare l’intero profitto, senza tenere in considerazione quanto di questo sia stato già versato nelle casse dello
155 Cass. pen.; sez. III, 15 aprile 2015, n. 20887; Cass. pen; sez. III, 16 maggio 2012, n.
30140; Xxxx. xxx; sez. III, 3 dicembre 2012, n. 46726.
Stato, dopo la consumazione del reato, in netto contrasto col principio secondo cui l’espropriazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivante dal reato156.
Il ragionamento sotteso sembrerebbe quello per cui la ratio della confisca nel sistema penal-tributario risieda non tanto nella funzione ablatoria della misura in sé quanto nell’importanza del recupero del debito tributario. L’accesso alla rateazione per le somme non versate in precedenza non blocca, il sequestro preventivo, fermo restando la possibilità per l’imputato di chiedere la riduzione del sequestro in misura corrispondente alle rate corrisposte157. Per tal ragione, il piano di rateazione amministrativo determina l’apertura di una parentesi temporale nella quale, la confisca, seppur esistente nel mondo giuridico, non può essere materialmente eseguibile in quanto condizionata ad un evento futuro e incerto quale il mancato
156 Cass. pen; III, 1° dicembre 0000, x. 00000. Vedi: X. Xxxxx, Problemi di giustizia penale- tributaria: la confisca per equivalente del profitto, in Archivio penale, 2014, fasc. 1, p.15 ed ancora
X. Xxxxx, X. Xxxxxx, Diritto penale tributario, Bologna, 2010, p.74.
157 La mera presentazione di un’istanza di ammissione al concordato preventivo, con il relativo piano, anche con la richiesta di accesso alla c.d. rottamazione-ter, non impedisce il sequestro preventivo, in assenza dei provvedimenti di ammissione e di omologazione (cfr. Cass. n. 25061 del 5 giugno 2019).
pagamento del tributo158. L’art. 12- bis159, in linea con gli orientamenti giurisprudenziali su esposti, compie un ulteriore passo ove esclude la confisca non solo per la parte che il contribuente ha versato all’erario, bensì anche per quella che si impegna a versare160. Pacifico che per “impegno a versare” si debba considerare un impegno formalmente assunto dal contribuente con l’Amministrazione finanziaria e non un semplice “intendimento unilaterale” del primo: un accertamento con adesione, una transazione fiscale ex art. 182-ter L.F; un piano di rateazione, eccetera161. Dunque, lo sforzo richiesto oggi al contribuente attiene anche al semplice “impegno” a pagare il debito tributario al fine di evitare o ridurre l’applicazione della confisca162.
158 G. Antico, X. Xxxxxxxx, Istanza di rateizzazione amministrativa: effetti sul sequestro preventivo
in Il fisco, n. 14, 2010, pp. 1-1340.
159 La giurisprudenza anteriore all’entrata in vigore dell’art. 00 xxx xxx x.xxx. 00/0000 xxxxxx xxx, fino al pagamento dell’ultima rata, venissero definitivamente meno le condizioni legittimanti la confisca, ammettendo solo il dissequestro parziale, in proporzione agli importi già correttamente versati.
160 X. Xxxxxxxxxxx, La riforma dei reati tributari: un primo sguardo al d.lgs. 158/2015, in Diritto penale contemporaneo, 9 ottobre 2015.
161 X. Xxxxxxxxx, M. Monza, Le confische nel diritto penale tributario: una pluralità di istituti ablatori a confronto- Dalla confisca ex art. 12-bis d.lgs. 74/2000 alla confisca di prevenzione in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, fascicolo 11/2018.
162 La confisca non è eseguibile se il contribuente onora il debito tributario adempiendo all’integrale pagamento rateale concordato con l’Agenzia delle Entrate. Si segnala la sentenza della Cassazione sez. III n. 24614 del 2020 con la quale la Corte esprimendosi in merito ad un caso di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, ha ritenuto di dare continuità al principio di diritto già consolidato secondo il quale in presenza di un accordo rateale la confisca per il profitto del reato tributario, ancorché disposta, non è eseguibile a produce i suoi effetti solo in caso di mancato pagamento del debito verso l’Erario.
Egli dovrà indicare l’esatto importo che, se inferiore al profitto confiscabile, opererà per un ammontare risultante dalla sottrazione e se invece, risulti pari a zero, la misura ablatoria non opererà affatto. Con l’espressione “impegno a versare” il legislatore ha certamente voluto riferirsi a quel formale accordo con l’Agenzia delle entrate, di cui il contribuente si giova in ragione del principio di leale collaborazione tra cittadino ed Amministrazione finanziaria163. “L’impegno a versare” sembrerebbe potersi realizzare nell’ambito degli esistenti moduli procedimentali e processuali, dai quali emerga, in relazione al debito di imposta accertato o in via di accertamento, l’impegno giuridicamente qualificato del contribuente al versamento del quantum dovuto, sulla base di definizioni consensuali o comportamenti concludenti. Ove simile “impegno” non risulti di pronta individuazione, sarà il solo pagamento effettivo del debito
163 Nell’ipotesi di adesione alla disciplina della voluntary disclosure, non è possibile disporre il sequestro e la confisca nei confronti di colui il quale ha perfezionato la procedura e pagato le relative imposte in relazione al salvacondotto penale contenuto nell’art. 5- quinquies del D.L. n. 167/1990. Diversamente, per la pace fiscale, la valutazione degli effetti del condono sulle misure cautelari adottate sarà valutato case by case poiché dovrà appurarsi che per escludere il sequestro e la confisca, seppur condizionata, non sarà sufficiente il solo impegno a pagare ratealmente ma si dovrà verificare se l’adesione agevolata ha comportato l’integrale restituzione dell’obbligazione tributaria o una restituzione parziale. Il quantum del profitto illecito restituito non potrà poi essere oggetto del sequestro preventivo.
tributario a determinare il venir meno dei presupposti legittimanti la confisca (ed il sequestro preventivo ad esso prodromico)164.
La disposizione individua nel pagamento del tributo il momento in cui l’esigenza sistematica di coordinare le diverse reazioni ablative si perfeziona ma con un effetto “ostativo” rispetto alla confisca ed al sequestro preventivo che si determina già all’atto dell’impegno preso dal contribuente ed in relazione alle somme che ne sono oggetto165. L’estinzione del debito tributario appare quindi non essere sufficiente per far venir meno i presupposti della confisca (e ancor prima, del sequestro preventivo) in relazione alla parte ulteriore di evasione accertata ai fini penali166.
164 X. Xxxxxxx, Confisca e recupero, op. cit., p. 1385. Vengono in considerazione le fattispecie di accertamento con adesione, di conciliazione giudiziale, di transazione fiscale ove l’impegno del contribuente risulta dalla definizione concordata con l’Amministrazione finanziaria. Per approfondire il tema della transazione fiscale, si veda X. Xxxxxx, La transazione fiscale: profili procedimentali e processuali, in X. Xxxxxxxxx, (a cura di) Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, p. 663 ss.
165 X. Xxxxxxx, Confisca e recupero, op. cit., p. 1385. Sul piano applicativo ciò comporta un’importante conseguenza perché se da un lato, sino ad oggi, secondo la giurisprudenza, il solo pagamento del tributo poteva determinare successivamente la revoca del sequestro in ragione delle somme già versate, ora è l’impegno del contribuente, ancorché condizionato all’effettivo versamento, a rendere possibile preventivamente il dissequestro in ragione degli importi che devono ancora essere versati. Sul tema, X. Xxxxxxx, Sequestro per equivalente nei reati tributari: attuabilità della confisca al venir meno del “profitto”, in Il fisco, 2013, pp. 4163 ss.
166 X. Xxxxxxx, Confisca e recupero, op. cit., p. 1385; si veda anche, X. Xxxxxxxxxx, Identità di oggetto, op. cit., p. 1255.
Le fasi, a cui fa riferimento la Riforma, entro le quali “l’impegno a versare” deve essere espletato sembrano potersi ricostruire in tal modo:
a) entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, e comunque prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali;
b) in qualunque momento precedente all’apertura del
dibattimento di primo grado;
c) in qualunque momento precedente alla pronuncia della sentenza definitiva di condanna.
Qualora l’impegno non venga rispettato, occorre far riferimento all’ultima proposizione del capoverso dell’art. 12bis ove recita che “Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta”. Tale assunto sembra inequivocabilmente riferirsi al fatto che la confisca, debba
essere disposta successivamente nell’eventualità in cui manchi il
pagamento pattuito. La questione non risulta così semplice167.
La disposizione ex post della confisca trova facile ed immediata applicazione allorché la sentenza di condanna non sia ancora divenuta definitiva o qualora questa venga impugnata (atteso che il giudice di secondo grado detiene i pieni poteri per disporla per la parte che accerti non essere stata versata) e di certo, non nel caso in cui la sentenza sia nel frattempo passata in giudicato. In tal caso, occorre capire se sia di competenza del giudice della cognizione o di quello dell’esecuzione, provvedere in executivis, in caso di mancato versamento, alla disposizione della misura ablatoria. Escludendo da subito che possano provvedervi il giudice della cognizione, ormai privo di ogni potere ed il pubblico ministero, il quale non ha l’autorità di eseguire una misura che non sia stata disposta con provvedimento giurisdizionale, in quanto in difetto del titolo esecutivo in forza del quale dare 168esecuzione alla confisca; rimane il giudice
167 Una disposizione di tale rilevanza avrebbe dovuto avere una formulazione letterale più chiara ed attenta in quanto l’asserzione “impegno a versare” risulta estremamente vago e foriero di possibili contraddizioni. Sul tema, X. Xxxxxxx, Confisca e recupero, op. cit.; X. Xxxxxxxxxxx, Sull’imminente riforma in materia di reati tributari: le novità contenute nello schema di decreto legislativo, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, luglio 2015.
168 X. Xxxxxxxxxxx, L’impegno a pagare il debito tributario e i suoi effetti su confisca e sequestro in
Diritto penale contemporaneo, fascicolo 4/2015, p. 169.