RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO PUBBLICO COMUNITARIO
ISSN 1121-404X
RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO PUBBLICO COMUNITARIO
Anno XXIV Fasc. 3-4 - 2014
Xxxxxxxx Xxxxxxx
LA DISCIPLINA DELLA CONCESSIONE NEL DIRITTO EUROPEO: I PRINCIPI GIURISPRUDENZIALI E LA SISTEMAZIONE REALIZZATA CON LA DIRETTIVA 2014/23/UE
Estratto
Milano • Xxxxxxx Editore
XXXXXXXX XXXXXXX
LA DISCIPLINA DELLA CONCESSIONE NEL DIRITTO EUROPEO: I PRINCIPI GIURISPRUDENZIALI
E LA SISTEMAZIONE REALIZZATA CON LA DIRETTIVA 2014/23/UE
SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. La concessione nel diritto europeo: l’evoluzione della nozione ed i principi giurisprudenziali rilevanti. — 3. La concessione nella Direttiva 2014/23/ UE, con particolare riferimento al settore dei servizi. — 4. Il principio della procedura pubblicistica e l’eccezione dell’in house providing per le concessioni. — 5. Osservazioni conclusive: la nuova disciplina delle concessioni ed il problema del contratto pubblico nel diritto europeo.
1. Introduzione.
Anche per i contratti delle pubbliche amministrazioni gli Stati, ormai, devono confrontarsi con la riduzione dei margini di autonomia normativa ed organizzatoria nei confronti degli ordinamenti ultrastatali.
La Direttiva 2014/23/UE, che interviene nell’ambito delle concessioni, legate all’esercizio di importanti funzioni pubbliche (ad esempio, riguardan- ti i servizi) e rispetto alle quali significativamente, finora, il diritto europeo si era astenuto dall’intervenire, è un importante esempio di tale tenden- za (1).
È, infatti, crescente, in primo luogo, l’influenza del diritto internazio- nale (o globale) (2) attraverso il General Procurement Agreement (GPA), stipulato nell’ambito della World Trade Organization (WTO) (3), o con le
(1) Sulla connessione tra la materia delle concessioni e le prerogative statali (soprat- tutto, nell’ambito dei servizi pubblici) si vedano le considerazioni, più avanti, svolte.
(2) Il diritto internazionale e quello (soprattutto, amministrativo) globale, caratterizzati dalla propria comune collocazione in un ambito ultrastatale, individuano aree distinte: per il diritto amministrativo globale ricordiamo, ad esempio, la ricostruzione proposta da X. XXXXXXX, Gamberetti, tartarughe e procedure. Standards globali per i diritti amministrativi nazionali, in Riv. trim. dir. pub., 2004, 3, pp. 657 e ss.; X. XXXXXXX, I tribunali di Babele, Roma, 2009, pp. 5 e ss.; X. XXXXXXX, Lo spazio giuridico globale, Bari, 2013; X. XXXXXXXXX, N. XXXXXXX, X. XXXXXXX, The Emergence of Global Administrative Law, in Law and Contemporary Problems, 2005, 68, pp. 15 e ss. e X. XXXXXXXXXXX, Globalization and the rule of law: “A machine that runs of itself?”,
I. Con, 2003, pp. 427 ss.: l’attività degli Stati nel diritto internazionale è tradizionalmente avvenuta attraverso gli organi dell’Esecutivo (in particolare, con gli strumenti diplomatici e consolari), mentre il diritto globale si forma tramite un articolato intreccio di procedimenti, nel quale si relazionano i differenti organi esercitanti le funzioni normative, quelle giurisdizionali e le attività amministrative (X. XXXXXXX, op. ult. cit.).
(3) Sui contratti delle pubbliche amministrazioni si vedano, per il diritto globale, X. XXXXXX XXXXXXXX, La globalizzazione dei contratti delle pubbliche amministrazioni, Milano, 2012 e X.X. XXXXXX, Transnational Legal Approaches to Administrative Law: Conceptualizing Public Contracts in Globalization, in Riv. trim. dir. pub., 2014, 1, pp. 1 e ss. Con specifico riferimento all’esperienza del WTO precedente il GPA rinviamo a X. XXXXXX, The role of concessions in the GATT trading system and their implications for developing countries, in Journal of World Trade Law, 5, 1987, pp. 67 e ss.; sullo stesso GPA citiamo, invece, X. XXXXXXXXXX, Government Procurement in the WTO, The Hague, 2003; J.B. AUBY, L’interna- tionalisation du droit des contrats publics, in Droit administratif, agosto-settembre 2003, 5-10; X. XXXXXX XXXXXXXX, L’internazionalizzazione della disciplina dei contratti delle pubbliche am-
Procurement Guidelines (4), elaborate — fin dal 1964 — dalla World Bank
(WB) (5).
La disciplina dei contratti pubblici, per gli Stati membri dell’UE, di- scende consistentemente, in secondo luogo, anche dal diritto europeo, che, fin dalla Direttiva 89/665/CEE (6) (sulle procedure di ricorso nei confronti degli atti adottati in relazione ad un appalto pubblico), con le Direttive degli anni ’90 (7) e con quelle del 2004 (8), ora sostituite dalle Direttive 2004/23/
ministrazioni, in Riv. trim. dir. pub., 2006, pp. 187 e ss.; K. NADAKAVUKAREN XXXXXXX, X. XXXXX WOLDESENBET, The Revised Agreement on Government Procurement and Corruption, in Journal of World Trade, 2013, 5, pp. 1129 e ss.; X.X. XXXXXXX, On Globalization and Gover- nment Procurement, in X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXX (eds), Public Procurement. The Continuing Revolution, cit., pp. 23 e ss.
(4) Sui principi — nel modo indicato — elaborati dalla WB si vedano M. DE XXXXXX XXXXXXXX, The World Bank Procurement Regulations: A Critical Analysis of the Enforcement Mechanisms and of the Secondary Policies in Financed Projects, Xxxxxxxxxx, 0000; X. XXXXXX, A Critical Analysis of the Procurement Procedures of the World Bank, in X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXX (eds), Public Procurement: Global Revolution, cit., Alphen aan den Rijn, 1998 pp. 139 e ss.
(5) Esse hanno individuato alcuni principi rilevanti anche per i contratti dei soggetti pubblici e, ad esempio, hanno richiesto che l’obbligo di pubblicità e trasparenza si applichi a tutte le procedure contrattuali realizzate da questi soggetti (quindi, anche alle concessioni): The International Bank for Reconstruction and Development/THE WORLD BANK (ed.), Guide- lines procurement of goods, works, and non-consulting services under ibrd loans and ida credits & grants by world bank borrowers, Washington, 2011, in xxxx://xxxxxxxxxxxxx.xxxxxxxxx.xxx: in tale documento (p. 11) si afferma, infatti, che “timely notification of bidding opportunities is essential in competitive bidding”. L’interessse verso la dimensione globale propria del settore dei contratti della pubblica amministrazione è anche presente nei documenti europei, ad esempio, in COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione della commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle Regioni, Bruxelles, 13.4.2011, COM/2011/0206 def., dove (al punto 2.12) — sulla base dei principi delineati in EUROPEAN COMMISSION, Communication from the commission Europe 2020. A strategy for smart, sustainable and inclusive growth, Brussels, 3.3.2010, COM(2010) 2020 final — si osserva che “l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza apporta vantaggi (...) a livello mondiale” ed europeo e, perciò, “per garantire che tale apertura abbia luogo in uno spirito di reciprocità” e con “mutui benefici, offrendo alle imprese europee e straniere pari opportunità (...), è necessario introdurre (...) una legislazione europea sull’accesso delle imprese di paesi terzi agli appalti (...) europei”.
(6) Xxxxxxxx ufficiale, L 395, 30/12/1989, pp. 33 e ss. Sulla Direttiva 89/665/CEE — e sui
generali problemi della tutela processuale per le procedure ad evidenza pubblica connesse ai contratti della pubblica amministrazione — si xxxxxx X. XXXXXXX, Judicial protection against Member States: A new jus commune takes shape, in Common Market Law Review, 1995, pp. 703 e ss.; G. DELLA CANANEA, Beyond the State: the Europeanization and Globalization of Proce- dural Administrative Law, in European Public Law, 2003, 9, 4, pp. 563 e ss.; X. XXXXXXXXXX, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in questa Rivista, 1991, pp. 829 e ss.; X. XXXXXX, L’effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti: studio sull’influsso dell’integrazione europea sulla tutela giurisdizionale degli operatori econo- mici nei confronti delle amministrazioni nazionali, Milano, 1997; M.A. SANDULLI, Organismi e imprese pubbliche: natura delle attività e incidenza sulla scelta del contraente e tutela giurisdi- zionale, Milano, 2004; X. XXXXXX, European Defence Procurement: Towards a Comprehensive Approach, in European Public Law, 1998, 4, 1, pp. 111 e ss. La materia dei ricorsi appena indicati nel testo è stata, poi, disciplinata dalla Direttiva 2007/66/CEE, per le cui specifiche principali questioni si rinvia a X. XXXXX (a cura di), Il sistema della giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, Milano, 2010; M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, in Foro amm. - TAR, 2009, pp. LV e ss. ed a S. XXXXXXX, X. XXXXXXX (eds), Enforcement of the EU Public Procurement Rules, Copenhagen, 2011.
(7) In particolare, si ha riferimento alle Direttive 92/13/CEE (sugli appalti realizzati
UE (9) (per le concessioni) e 2014/24/UE (10) per gli appalti di forniture, lavori e servizi nei settori diversi da quelli dell’acqua, dell’energia, dei servizi di trasporto e postali (ora disciplinati dalla Direttiva 2014/25/UE (11)), ha elaborato una puntuale ed articolata normativa per la materia indicata.
dagli enti erogatori di acqua e di energia, da quelli che forniscono servizi di trasporto e dai soggetti che operano nel settore delle telecomunicazioni) - Gazzetta ufficiale, L 076, 23/03/1992 pp. 14 e ss., 92/50/CEE (con riferimento ai servizi) Gazzetta ufficiale, L 209 del 24/07/1992, pp. 1 e ss., 93/36/CEE (sulle forniture) Gazzetta ufficiale, L 199, 09/08/1993, pp. 1 e ss. e 93/37/CEE (sugli appalti di lavori) Gazzetta ufficiale, L 199, 09/08/1993, pp. 54 e ss. Sulla disciplina delineata dalle Direttive degli anni ’90 nella materia degli appalti citiamo AA.VV., Gli appalti pubblici di forniture: analisi della disciplina italiana e comunitaria, Milano, 1996; X. XXXXXXXXXX (a cura di), La nuova legge quadro sui lavori pubblici, Milano, 1999; F. MASTRAGOSTINO (a cura di), Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico, Padova, 1998.
(8) Il riferimento è alle Direttive 2004/17/CEE (per i settori dell’acqua, dell’energia, dei servizi di trasporto e di quelli postali) Gazzetta ufficiale, L 134, 30/04/2004, pp. 1 e ss. e 2004/18/CEE (per gli appalti di forniture, lavori e servizi) Gazzetta ufficiale, L 134, 30/04/2004, pp. 114 e ss. Sulla citata Direttiva per i settori speciali rinviamo a X. XXXXXXXXXX, An assessment of the new legislative package on public procurement, in Common Market Law Review, 2004, pp. 1277 e ss.; C.H. BOVIS, Public Service Obligations in the Transport Sector: The Demarcation between State Aids and Services of General Interest under EU Law, in European Business Law Review, 2005, 16, 6, pp. 1329 e ss.; X. XXXXXXX, Le regole applicabili ai contratti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive “appalti pubblici”, in Giur. it., 2010, 12, pp. 2659 e ss.; X. XXXXXX, I contratti di rilevanza comunitaria, in M.A. SANDULLI, Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2011, pp. 5003 e ss.; A. CRISAFULLI, I diritti speciali o esclusivi nei settori speciali, in Urbanistica e appalti, 2005, 9, pp. 5 e ss.; A. CRISAFULLI, Il codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Contratti pubblici di lavori servizi e forniture nei settori speciali [Commento a d. lg. 12 aprile 2006, n. 163], in Urbanistica e appalti, 2006, 10, pp. 897 e ss.; R. DE NICTOLIS, Le novità del D.L. 70/2011. Le novità dell’estate 2011 in materia di appalti, in Urbanistica e appalti, 2011, 9, pp. 1012 e ss.; X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, I settori speciali nel Codice dei contratti pubblici, Torino, 2010; X. XXXXXXXXXXX, Commitment Decisions: The New Kind of Settlement in European Competition Law. Application in Air Transport, in Air and Space Law, 2009, 34, 1, pp. 13 e ss., X. XXXXXXX, I settori speciali. Le regole della qualificazione, in Focus, Edilizia & Territorio, 2010, 6; A. QUATTROCCHI, Gli appalti nei settori speciali. Il settore dell’acqua, in Urbanistica e Appalti, 2007, 3, pp. 290 e ss.
Sulla Direttiva 2004/18/CEE si vedano, invece, C. BOVIS, The New Public Procurement
Regime: A Different Perspective on the Integration of Public Markets of the European Union, in European Public Law, 2006, 12, pp. 73 e ss., C.H. XXXXX, Public procurement in the EU: Jurisprudence and conceptual directions, in Common Market Law Review, 2012, pp. 247 e ss.;
X. XXXXXXX, La Corte di giustizia ’‘bacchetta’’ l’Italia sull’avvalimento, in Urbanistica e appalti, 2014, 2, pp. 149 e ss.; R. DE NICTOLIS, I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Milano, 2007; X. XXXXXXXXXXXX, X. SALA, I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Padova, 2014;
X. XXXXXXXX, Ordinamento comunitario, mercato e contratti della pubblica amministrazione, Napoli, 2009; B. XXX XXXXXXX, X. XXXXXXXX, Public procurement law and internal market law, in Common Market Law Review, 2009, pp. 805 e ss.; M. XXXXXX, X. LAGER, Public Procurement Issues in the European Union, in European Business Law Review, 2010, 21, 3, pp. 339 e ss.; X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, Appalti pubblici, in M.P. XXXXX, X. XXXXX (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano, 2007, I, pp. 424 e ss.; X. XXXXXXXX, The New Public Procurement Directives of the European Union, in Business Law Review, 2004, 25, 11, pp. 282 e ss.; X. XXXXXXXX, Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Milano, 2012.
(9) Xxxxxxxx ufficiale, L 102, 07/4/214, pp. 48 e ss.
(10) Gazzetta ufficiale, L 94, 28/3/214. Le nuove citate Xxxxxxxxx sul settore dei contratti della pubblica amministrazione sono appena entrate in vigore e, quindi, per il momento, non è molto vasta ed ampia la produzione scientifica su questo tema: su tale materia rinviamo, comunque, intanto, a X. XXXXXXX, D.D. COSMIN, La mini-rivoluzione del diritto europeo dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti, 2014, 5, pp. 493 e ss.
(11) Xxxxxxxx ufficiale, L 94, 28/03/2014, pp. 65 e ss.
Nello studio più avanti svolto, che viene sviluppato secondo una prospettiva europea, si cercherà di riflettere sui problemi posti dal contratto pubblico nel settore delle concessioni, per la prima volta, disciplinate dalla Direttiva 2014/23/UE.
La ricerca, dopo aver ricostruito, anche con riferimento alla giurispru- denza della Corte di giustizia, l’evoluzione della normativa di tale materia nello stesso ordinamento europeo tenterà di individuare i principi e le caratteristiche rilevanti per la concessione, anche in relazione al problema degli affidamenti in house e con una particolare attenzione alla concessione di servizi (rispetto alla quale si tenterà di comprendere il rapporto tra la normativa sulle concessioni e quella sulle autorizzazioni disposta dalla Direttiva 2006/123/CEE (12)) ed al servizio idrico ai sensi dell’art. 12, Direttiva 2014/23/UE.
La tesi sostenuta sarà quella per la quale, anche qualora venga esperita una procedura pubblica per l’affidamento di una concessione, essa, comun- que, rappresenterebbe una fattispecie potenzialmente interferente con il funzionamento del mercato europeo.
La giurisprudenza, prima, ed il legislatore europeo, poi, infatti, hanno, infatti, — come si tenterà di dimostrare — improntato i principi enucleati (per le gare pubbliche esperite in questo settore) secondo l’esigenza di contenere e di bilanciare gli effetti distorsivi appena indicati. Ne discende anche una disomogeneità dei principi, così, individuati (reperibile sia nelle sentenze, più avanti, commentate, sia nella stessa Direttiva 2014/23/UE), conseguente all’originario rapporto esistente tra questo contratto e le potestà pubblicistiche, sovranità (13).
Se, infatti, talvolta, tali principi sembrano orientati a contenere gli stessi effetti distorsivi, altre volte, tuttavia, emergono singole pronunce o parti- colari disposizioni normative, tese a salvaguardare alcuni specifici aspetti (idonei a realizzare la detta influenza della concessione sulle dinamiche concorrenziali) propri della medesima concessione.
Il presente studio si concluderà con alcune osservazioni dirette ad estendere le riflessioni svolte soffermandosi sul più generale problema del contratto pubblico nel diritto europeo alla luce del contesto che — come si anticipava — sostanzialmente ha ridotto l’autonomia normativa ed orga- nizzatoria propria degli Stati (14).
(12) Gazzetta ufficiale, L 376, 27/12/2006, pp. 36 e ss. Per questa Direttiva rinviamo alla dottrina, più avanti, citata, laddove la medesima Direttiva verrà esaminata rispetto a quella sulle concessioni.
(13) Sull’origine di questo istituto e sul suo rilievo rispetto al carattere appena indicato in relazione al medesimo istituto si vedano le osservazioni svolte nel paragrafo successivo.
(14) Tale tendenza, quindi, si inscrive in quella generalmente descritta negli studi giuspubblicistici diretti ad evidenziare l’influenza delle normative ultrastatali sui medesimi diritti pubblici nazionali. Oltre alle opere già citate con riferimento al diritto amministrativo globale si vedano — nel senso appena indicato e con particolare riferimento al diritto amministrativo europeo — T.E. XXXXXXXX, The Future of Sovereignty in Multilevel Governance Europe - A Constructivist Reading, in Journal of Common Market Studies, 2004, 42, pp. 23 e ss.;
X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXXX (eds), Democracy and Constitutional Culture in the Union of Europe, London, 1995, pp. 95 e ss.; X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXX, The European Union Legal
2. La concessione nel diritto europeo: l’evoluzione della nozione ed i principi giurisprudenziali rilevanti.
La concessione è un contratto stipulato da una pubblica amministra- zione e frequentemente utilizzato dagli Stati membri nel quale il rispetto dei principi di “non discriminazione” (art. 10, Trattato sul funzionamento del- l’Unione Europea - TFUE) e “libertà di stabilimento” — artt. 49 e ss., TFUE
— (o “libera prestazione dei servizi” — artt. 56 e ss., TFUE) — che, come è noto, rappresentano il fondamento del diritto europeo sugli appalti pubblici (15) — è — lo si è già accennato — particolarmente problematico e complesso (16).
Order After Xxxxxx, Xxxx, 0000; M.P. CHITI, Diritto amministrativo europeo, Milano, 2013; X. XXXXXXX, Il diritto amministrativo europeo presenta caratteri originali?, in Riv. trim. dir. pub., 2003, 2, pp. 35 e ss.; M.P. CHITI, Diritto amministrativo europeo, Milano, 2013; M.P. XXXXX, X. XXXXX, Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano, 2007; RUFFERT M., The Transfor- mation of Administrative Law in Europe. Xx xxxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxxxxxxx xx Xxxxxx, Xxxxxx, 0000; XXXXXX X., Are there exceptions to a Member State’s duty to comply with the requirements of a Directive?, in Com. Mar. Law Rev., 2013, pp. 217 e ss. Alla citata riduzione dell’autonomia organizzatoria statale si connette — come vedremo — anche una compressione dell’autonoma configurazione dei procedimenti amministrativi diretti ad attuare la normativa indicata.
(15) Il rilievo della concessione per gli affidamenti operati negli Stati membri è, ad esempio, ricordato in COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Comunicazione interpretativa della commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, Bruxelles, 12 aprile 2000.
Sul rapporto tra i principi indicati e la normativa europea riguardante i contratti pubblici si vedano X. XXXXXXXX, Ordinamento comunitario, mercato e contratti della pubblica ammini- strazione, cit.; M. XXXXXX, X. LAGER, Public Procurement Issues in the European Union, cit., pp. 339 e ss. e X. XXXXXXXX, The New Public Procurement Directives of the European Union, cit., pp. 282 e ss.
(16) Si veda, ad esempio, la ricostruzione proposta in M. X’XXXXXXX, Concessioni e concorrenza, Roma, 1998; V. HATZOPOLOUS, The Court’s Approach To Services (2006-2012): From Case Law To Case Load?, in Common Market Law Review, 2013, pp. 459 e ss. ed A. TRAVI, La liberalizzazione, in Riv. trim. dir. pub., 1998, 3, pp. 648 e ss., dove viene evidenziata la diversa incidenza delle varie tipologie di provvedimento amministrativo rispetto alla liberalizzazione (e, quindi, alla tutela della concorrenza) in un particolare mercato.
Il presente studio tenta di soffermarsi sui problemi posti dalla concessione nella sola prospettiva europea e con particolare riferimento alla disciplina individuata dalla Direttiva 2014/23/UE; tuttavia, sembra opportuno ricordare le questioni poste da questa nozione per alcuni ordinamenti statali così è noto, in Italia, essa, ad esempio — vuoi nell’evoluzione della giurisprudenza vuoi nelle riflessioni della medesima dottrina —, è stata caratterizzata da un’evoluzione diretta ad affrancarla dalla caratterizzazione nei termini pubblicistici (delineata
— secondo la concezione “unilateralista” — da X. XXXXXXXXXX, Concetto e natura della autorizzazione e concessioni amministrative, in Giur. it., 1894, pp. 7 e ss.), superati dalla dottrina, o nella prospettiva del “contratto di diritto pubblico” (connotato da una fase privatistica e da una pubblicistica — U. FORTI, Natura giuridica delle concessioni amministra- tive, in Giur. it., 1900, IV, pp. 369 e ss.) o del contratto ad “oggetto pubblico” (M.S. XXXXXXXX, L’attività amministrativa, Roma, 1962): su questa evoluzione e sui problemi della concessione nel diritto italiano rinviamo a M. X’XXXXXXX, Concessioni amministrative, in Enc. giur., Xxxx, 0000, pp. 2 e ss. e X. XXXXXXXX, Concessione amministrativa, in Enc. dir., Milano, 2007, pp. 250 e ss. Su tale tema si vedano anche E. BRUTI LIBERATI, Xxxxxxxx e funzione nei contratti di diritto pubblico, Milano, 1996; X. XXXXXXXXXX, Concessioni (diritto amministrativo), in Nuov. Dig. it., Torino, 1980, pp. 234 e ss.; M. X’XXXXXXX, Concessioni amministrative, cit.; M. X’XXXXXXX, Concessioni e concorrenza, cit.; M. X’XXXXXXX, Le concessioni amministrative, Napoli, 1981;
G.D. FALCON, Le convenzioni amministrative, Milano, 1984; E. XXXXXXXXX, Concessione ammi- nistrativa, in Enc. dir., Milano, 1961, pp. 375 e ss.; X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, Concessioni
Tale aspetto discende dalla duplice caratteristica stroricamente propria della concessione ed attraverso la quale, per un verso, il soggetto pubblico trasferisce a quello privato alcuni propri diritti (o talune facoltà), al fine di compensarlo rispetto agli oneri gravanti sul medesimo soggetto per la gestione di un bene pubblico, per la prestazione di un servizio o per la costruzione di un’opera caratterizzata da un interesse pubblico (17) e, per
amministrative, in Dig. disc. pub., 1989, pp. 292 e ss. Con riferimento agli studi specificamente riguardanti alcune figure di concessione citiamo X. XXXXXX, X. XXXXXXX, La concessione di opere pubbliche, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXXXX, La concessione di opera pubblica, in A. XXXXXXX (a cura di), L’appalto di opere pubbliche, Roma, 1987, pp. 525 e ss.; R. CAVALLO PERIN, La struttura della concessione di servizio pubblico locale, Torino, 1998; X. XXXXX, Le concessioni di lavori e di servizi, in M.P. CHITI (a cura di), Il partenariato pubblico-privato: concessioni, finanza di progetto, societa miste, fondazioni, Napoli, 2009, pp. 11 e ss.; X. XXXXX, Le concessioni di pubblici servizi tra provvedimento e contratto, in Dir. amm., 1999, pp. 381 e ss.; F. MASTRAGOSTINO (a cura di), Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico, Padova, 1998; G. MIELE, Ente pubblico e concessione di servizi pubblici, in Foro amm., 1942, I, II pp. 235 e ss.; A. PIOGGIA, La concessione di servizio pubblico come provvedimento a contenuto convenzionale determinato. Un nuovo modello per uno strumento antico, in Dir. pub., 1995, pp. 567 ss.; G. ROEHRSSEN, La concessione nel quadro dei sistemi di esecuzione delle opere pubbliche, in Rass. lav. pub., 1971, pp. 1 e ss. Il problema delle concessioni si è intrecciato, in Italia, con quello del contratto pubblico (di cui le stesse concessioni sono state percepite quali aspetti significativamente problematici), per il quale citiamo A. BENEDETTI, I contratti della pubblica amministrazione tra specialità e diritto comune, Torino, 1999; X. XXXXXXX, Diritto pubblico e diritto privato nell’amministrazione, in AA.VV., Scritti in onore di Xxxxx Xxxxxxxx, Milano, 1996, pp. 173 e ss.; X. XXXXXXX IRELLI, Diritto amministrativo e diritto comune: principi e problemi, in AA.VV., Scritti in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxx, Padova, 1998, pp. 566 e ss.; X. XXXXXXX XXXXXX, Note critiche in tema di attività amministrativa secondo modalità negoziali, in Dir. amm., 2003, pp. 217 e ss.; X. XXXXXXXXXX MATTEUCCI, Regime giuridico dell’attività ammi- nistrativa e diritto privato, in Dir. pub., 1999, pp. 405 e ss.; X. XXXXX, Provvedimento e contratto nelle concessioni amministrative, Padova, 1965; X. XXXXX, Il problema del contratto nel diritto amministrativo, Torino, 1964; X. XXXXXXXX, Principio di legalità e attività di diritto privato della pubblica amministrazione, Milano, 1982; X. XXXXXXXXXX, L’attività amministrativa e il diritto privato, in Giorn. dir. amm., 2005, pp. 481 e ss.; F.G. SCOCA, Autorità e consenso, in Dir. proc. amm., 2002, pp. 441 e ss.; X. XXXXXXXXX XXXXX, Il diritto privato dell’amministrazione pubblica, in Dir. amm., 2004, pp. 661 e ss.; X. XXXXXXXX, L’esercizio privato delle funzioni e dei servizi pubblici, in V.E. XXXXXXX (a cura di), Trattato di Diritto Amministrativo, Milano, 1935, pp. 264 e ss.
Sulla connessa e, per alcuni aspetti, simile questione del contrat administratif in Francia,
ad esempio, si vedano F. LICHÈRE, Droits des contrats publics, Xxxxx, 0000; X. XXXXXXXXX, Théorie générale du contrat administratif, Xxxxxxxxxxx, 0000; L. XXXXXX, Droit des contrats administratifs, Xxxxx, 0000.
(17) Alle tre fattispecie appena indicate corrispondono le tipologie della concessione di beni (che è, tuttavia, per quello che si dirà, estranea al diritto europeo sulle concessioni e per la quale rinviamo a X. XXXXXXX, Concessioni di beni e regola della gara, in Urbanistica e appalti, 2005, 3, pp. 333 e ss.; X. XXXXXXXX, Concessioni, contratti e beni pubblici, in Nuove Autonomie, 2007, 3-4, pp. 555 e ss. e X. XXXXXXXXX, Beni pubblici e concessioni, Padova, 2008), di quella di servizi (sulla quale ricordiamo, ad esempio, R. CAVALLO PERIN, La struttura della concessione di servizio pubblico locale, cit.) e della concessione di lavori (per cui esemplificativamente si vedano X. XXXXXX, X. XXXXXXX, La concessione di opere pubbliche, cit.). Sul modo nel quale la concessione si configura, fin dall’800, nei termini del trasferimento al soggetto privato con riferimento ad alcune facoltà proprie della pubblica amministrazione (al fine dell’indicata compensazione degli oneri connessi all’affidamento della medesima concessione) si veda, in relazione alla costruzione di un’opera pubblica, M. LE RAT DE MAGNITOT, Concessions, in Dictionaire de droit public et administratif, Xxxxx, 0000. Si vedano per tali aspetti anche le osservazioni di M. X’XXXXXXX, Concessioni amministrative, cit., pp.1e2e di X. XXXXXXXXX, Xxxx publbici e concessioni, cit., pp. 2 e ss.
altro verso (per la permanenza del citato carattere della stessa concessione), l’attività degli operatori economici in un particolare settore risulta forte- mente limitata e condizionata (18).
Tale caratteristica è stata in Italia rilevata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), con riferimento al settore dei servi- zi (19). Per le concessioni di beni pubblici la dottrina ha invece spiegato ad
(18) Questo effetto — che, spesso, si risolve nella creazione di situazioni di oligopolio o monopolio, come anche sembrano riconoscere i citati artt. 1, cc. 3 e 4 e 3, Xxxxxxxxx 2004/18/CEE (si veda, per tali aspetti, quello che verrà, poco più avanti, osservato nel presente paragrafo) — configura, a parere di chi scrive, una vera e propria attività di regolazione realizzata attraverso l’affidamento delle concessioni, soprattutto, nel settore dei servizi di interesse economico generale. Si vedano, ad esempio, anche le osservazioni di V. HATZOPOLOUS, The Court’s Approach To Services (2006-2012): From Case Law To Case Load?, cit., pp. 459 e ss. Del resto, anche Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, cit., p. 13 ha osservato che le concessioni possono essere utilizzate (ad esempio, nel caso della costituzione di un’impresa pubblica titolare di “diritti speciali o esclusivi) per costituire alcune posizioni monopolistiche, che, quindi, impongono l’adozione delle procedure pubblicistiche idonee a garantire la “concorrenza per il mercato” (nel senso della riproduzione — appunto, attraverso la gara pubblica — delle condizioni concorrenziali, altrimenti, compromesse dal procedimento avviato dalla pubblica amministrazione per l’affi- damento di un appalto o di una concessione) in tale fattispecie. Sulla tutela della “concorrenza per il mercato” per le concessioni citiamo, ad esempio, R. CAVALLO PERIN, X.X. XXXXX, La concorrenza nell’esecuzione dei contratti pubblici, in Dir. amm., 2, 2010, pp. 325 e ss. e X. XXXXXX, Rischio economico, trilateralità e traslatività nel concetto europeo di concessioni di servizi e di lavori, in Dir. amm., 2011, 4, pp. 703 e ss.
Sulla nozione di regolazione quale attività realizzata anche con lo strumento contrattuale
si vedano X. XXXXXXX, Private Regulation and European Private Law, in X.X. XXXXXXXX, M.W. XXXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXX, X. XX XXXXXX (eds), Towards a Xxxxxxxx Xxxxx Xxxx, Xxx Xxxx, 0000; X. XXXXXXX, P. IAMICELI, Le dimensioni costituzionali della regolazione privata, in
X. XXXXXX (a cura di), Giurisprudenza costituzionale e fonti del diritto, Napoli, 2006, pp. 315 e ss.; X. XXXXXXXXXX, I contratti tra privati con funzioni di amministrazione pubblica, in X. XXXXXX (a cura di), Amministrazione pubblica dei contratti, 253 e ss.; sulla regolazione (come un insieme di atti normativi ed amministrativi diretti ad orientare il funzionamento del mercato), in generale, comunque, rinviamo — anche con riferimento al diritto europeo—a X. XXXXXXX, Rules and Government, Xxxxxx, 0000; I. GLINAVOS, Regulation and the Role of Law in Economic Crisis, in European Business Law Review, 2010, 21, 4, pp. 539 e ss.; R. W. XXXX, Regulatory impact analysis: a cross-country comparison, in X. XXXXXX (ed.), The New Palgrave dictionary of Economics and the Law, III, London, 1998, pp. 276 e ss.; F. XXXXX, The Economic and Financial Crisis, Regulation and Competition, in World Competition, 2009, 32, 4, pp. 449 e ss.; X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX (eds), Review of Antitrust and Regulation in the EU and US: Legal and Economic Perspectives, Xxxxxxxxxx Xxxx, 0000; A. OGUS, Regulations, legal form and economic theory, Xxxxxx, 0000.
Sul complesso rapporto tra il diritto della concorrenza e lo strumento concessorio (con particolare riferimento ai servizi pubblici locali) in Italia rinviamo a M.P. CHITI, Verso la fine del modello di gestione dei servizi pubblici locali tramite società miste, in Foro amm. - TAR, 2006, 3, pp. 1161 e ss.; G. DI XXXXXXX, Servizi pubblici locali in trasformazione, Padova, 2010;
X. XXXXXXX, Partenariati pubblico-privati ed in house providing, in questa Rivista, 2010, 6, pp. 1501 e ss. Su tale aspetto citiamo, in generale, X. XXXXX, Società miste e affidamenti in house nella più recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale, Milano, 2009; X. XXXXXXXXXX, Regole e mercato nei servizi pubblici, Bologna, 2005, pp. 79 e ss.; A. PIOGGIA, L’amministra- zione pubblica in forma privata. un confronto con la Francia e una domanda: che fine ha fatto il “pubblico servizio” in Italia?, in Dir. amm., 2013, pp. 481 e ss.; X. XXXXXXXX, Tipicità e autonomia nei servizi pubblici locali, Milano, 2005; X. XXXXXX, Servizi pubblici locali e concorrenza, Torino, 2004.
(19) Si veda, in primo luogo, il Parere AS182. 21 ottobre 1999, in Boll. n. 41/1999, in
xxx.xxxx.xx (su tale argomento si veda anche X. XXXXXX, Servizi pubblici locali e concorrenza,
esempio come il legislatore ottocentesco — influenzato dai principi dell’au- tonomia del mercato rispetto all’intervento pubblico — non considerasse favorevolmente tale tipologia (secondo un atteggiamento che, solo in un momento successivo (con lo sviluppo economico e la necessità dell’uso di talune risorse da parte degli operatori privati nei cicli produttivi), verrà superato (20)).
La descritta potenzialità della concessione quale strumento di pene- trante intervento pubblico nelle vicende economiche (21), ha rappresen- tato a parere di chi scrive la ragione del ritardo rispetto alle Direttive sugli appalti con il quale il legislatore europeo è intervenuto su tale materia (22). La conseguente disciplina è, quindi, anche diretta — come si è antici- pato — a porre limiti (ancora più stringenti rispetto a quelli concernenti gli
cit.): in questo parere, tale Autorità affermava che, nei settori già liberalizzati, il ricorso alla concessione non fosse lo strumento più adeguato a garantire la tutela della concorrenza e che, in questi settori, fosse preferibile il ricorso all’autorizzazione. Su questi profili sia consentito rinviare anche a X. XXXXXXX, I partenariati pubblico-privati nella prospettiva del diritto europeo, Londra, 2010, pp. 161 e ss. Si veda, poi, anche la Decisione adottata dalla medesima Autorità il 20 ottobre 1998, in Boll. n. 42/98, la quale, così, propone: “il superamento dello strumento concessorio nelle ipotesi in cui la riserva non è mai esistita o è venuta a cadere”; “la limitazione dell’utilizzo delle concessioni nei settori in cui la riserva si è ridotta”; l’adozione di “strumenti sostitutivi” delle stesse concessioni caratterizzati da “criteri di regolazione oggettivi, trasparenti e non discriminatori” (Decisione AS, ult. cit.). Sull’argomento citiamo anche X. XXXXX, Appalti pubblici e concessioni: procedure di gara, tutela amministrativa e processuale a livello comuni- tario e nazionale, Padova, 1999 pp. 400 e ss.
Sul problema degli obblighi contrattuali connessi all’applicazione dei principi europei sulla concorrenza in relazione agli affidamenti concessori, per l’effetto dei quali un privato agisce in una posizione dominante, si vedano X. XXXXXXXXX, Beni ad uso comune del mercato e servizi a rete, in Annuario AIPDA, 2004, pp. 359 e ss. e X. XXXXXXXXXX, I contratti tra privati con funzioni di amministrazione pubblica, cit., pp. 287 e ss.
(20) X. XXXXXXXXX, Beni pubblici e concessioni, cit., pp. 2 e ss. (dove, ad esempio, viene riferito il caso delle foreste e dei beni culturali pubblici), che spiega che la medesima concessione veniva — in tale prospettiva — vista come un retaggio degli antichi privilegi superati con l’affermazione dello Stato liberale nel 1789 negli ordinamenti europei; del resto, la stessa giurisprudenza, come mostrano le sentenze della Cassazione di Roma nei decenni appena successivi alla creazione dello Stato unitario italiano, ha avuto un ruolo importante (attraverso il riconoscimento di un’ampia facoltà di disdetta da parte della pubblica ammini- strazione) nell’estinzione delle concessioni sui beni pubblici connesse agli atti amministrativi adottati prima dell’avvento del medesimo Stato unitario (su tale vicenda si veda X. XXXXXXXXX, op. ult. cit., pp. 327 e ss.): ricordiamo, ad esempio, Cass. Roma, 21 dicembre 1910, in Foro it., 1911, I, p. 355 e Cass. Roma, 3 giugno 1913, in Foro it., 1913, I, p. 1183 (per un commento a queste sentenze rinviamo a X. XXXXXXXXX, Beni pubblici e concessioni, cit., pp. 335 e ss.).
(21) Per tale aspetto rinviamo alle considerazioni svolte nei paragrafi successivi rispetto all’utilizzo delle concessioni nel settore dei servizi di interesse economico generale.
(22) Nel punto 10 del documento 5250/90 ADD 1 (adottato il 22 marzo 1990), Motivazione del Consiglio, allegato alla posizione comune adottata dal medesimo Consiglio sulla proposta modificata di Direttiva del Consiglio nella materia delle “procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni”, lo stesso Consiglio ha rigettato la proposta della Commissione per l’inclusione delle concessioni di servizio pubblico nella direttiva 90/531: a giudizio della posizione espressa da tale organo europeo, infatti, quella fattispecie sarebbe stata presente in un solo Stato membro con la conseguente difficoltà di apprezzare il rilievo europeo proprio della medesima fattispecie. Tale posizione, quindi, sebbene riferita alla concessione di servizio pubblico, è espressiva della sostanziale difficoltà con la quale lo stesso diritto europeo si è, finora, avvicinato al tema esaminato nel presente studio.
appalti) alla medesima potenziale influenza nei confronti del mercato interno (23).
Prima di riflettere sul modo in cui la Direttiva 2014/23/UE bilancia i principi citati sottesi alla materia delle concessioni, si deve preliminarmente precisare che, ai sensi del considerando n. 15, tale Xxxxxxxxx non si applica alla concessione di beni (24), restringendo a quelle di servizi l’ambito di applicazione di questa discilina.
Per comprendere gli elementi innovativi, così, connessi alla Direttiva 2014/23/UE devono essere svolte alcune riflessioni sull’evoluzione del dirit- to europeo per tale materia e, soprattutto, in relazione ai principi elaborati dalla Corte di giustizia e concernenti: la citata definizione (della quale si cercherà di cogliere i confini anche rispetto alle autorizzazioni); i limiti che la concessione incontra quale strumento per una possibile distorsione della concorrenza; il problema degli affidamenti in house.
La definizione di questa fattispecie, in primo luogo, è stata progressi- vamente delineata nella Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario (25) (che, con riferimento alla concessione di lavori, poteva già contare su quello che era stato disposto dall’artt. 1, lett. d e 3, Direttiva 93/37/CEE (26)), nelle Direttive 2004/17/
(23) Tale approccio è particolarmente evidente nella giurisprudenza comunitaria, che cercheremo di commentare più avanti.
(24) Ai sensi di tale considerando, infatti, “taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, (...) mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni ai sensi della presente direttiva”. Sulla concessioni di beni citiamo la dottrina sopra menzionata nelle note.
(25) COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Comunicazione interpretativa della Com- missione sulle concessioni nel diritto comunitario, cit. Su tale Comunicazione rinviamo a S. ARROSMITH, An Assessment Of The New Legislative Package On Public Procurement, in Common Market Law Review, 2004, pp. 1277 e ss.; X. XXXXXXXXXX, Public Private Partnerships and the European Procurement Rules: EU Policies in Conflict?, in Common Market Law Review, 2000, pp. 709 e ss.; C. XXXXX, The New Public Procurement Regime: A Different Perspective on the Integration of Public Markets of the European Union, cit.; X. XXXXXXXX, La Comunicazione iinterpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, in Giorn. dir. amm., 2000, pp. 1263 e ss.
(26) Lo stesso art. 1, lett. d ha definito le concessioni — secondo un contenuto ripreso anche nella citata Comunicazione del 2000 e nei successivi atti normativi europei adottati per la materia esaminata — come il contratto a titolo oneroso in cui la controprestazione dell’affidatario non è erogata dall’amministrazione aggiudicatrice, ma consiste nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto “accompagnato da un prezzo”, mentre l’art. 3 della medesima Direttiva ha richiesto l’espletamento di una gara pubblica anche per l’affidamento di questo tipo di concessioni. Già, COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Comunicazione della Com- missione, Gli appalti pubblici nell’Unione europea, Bruxelles, 11 marzo 1998, COM(98) 143, al punto 2.1.2.4 aveva manifestato l’intenzione di occuparsi anche delle forme di cooperazione tra i soggetti pubblici o privati diverse dagli appalti (e, quindi, comprese nella fattispecie della concessione), anche se — come spiega COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, cit., p. 4 ha osservato che la “varietà” di queste “ipotesi e il loro continuo sviluppo” avevano imposto “un’appro- fondita riflessione sulle caratteristiche comuni di questi fenomeni”, che era stata completata solo con l’adozione della stessa Comunicazione riguardante le concessioni.
CEE e 2004/18/CEE (27) (la quale, nell’escludere le medesime concessioni dall’ambito di applicazione delle proprie disposizioni, ha, comunque, defi- nito questa fattispecie in un senso analogo a quello già disposto dalla precedente Direttiva — sugli appalti nei settori speciali — e dalla citata Comunicazione) e nel Libro verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (28).
La citata Comunicazione interpretativa della Commissione sulle conces- sioni nel diritto comunitario, quindi, ha definito la concessione — così come viene confermato anche dagli atti europei appena ricordati — come il contratto, a titolo oneroso, tra un’amministrazione aggiudicatrice ed un soggetto (pubblico o privato), il quale riceve il corrispettivo (per il lavoro
(27) Con riferimento alla Direttiva 2004/17/CEE, l’art. 1, c. 3, lett. b definisce, per la prima volta, anche le concessioni di servizi e le identifica con i contratti di servizi a titolo oneroso con “le stesse caratteristiche di un appalto di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo” dei “servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo”; per la concessione di lavori, l’art. 1, c. 3, lett. a, invece, ripete la stessa definizione già individuata nella Direttiva 93/37/CEE. La medesima definizione (dei due tipi di concessione) è, poi, disposta dall’art. 1 (c. 3, per quella di lavori e c. 4, per quella di servizi), Xxxxxxxxx 2004/18/CEE, la quale non si applica a tali concessioni, se non (ai sensi dell’art. 17) nei limiti dell’art. 3, per il quale se, attraverso alcuni contratti di questo tipo, si attribuiscono “diritti speciali o esclusivi” ad un soggetto per l’esercizio di attività di interesse economico generale, il medesimo soggetto è tenuto ad applicare la normativa sulle procedure pubblicistiche disciplinate da tale Direttiva.
(28) COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Libro verde relativo ai partenariati pubbli- co-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, Bruxelles, 30 aprile 2004, COM(2004) 327 def. Nell’ambito dei partenariati pubblico - privati la concessione ha un rilievo importante, soprattutto, con riferimento alle collaborazioni pubblico - private definite “istituzionalizzate” (nelle quali il soggetto pubblico e quello privato cooperano attraverso l’istituzione di una distinta persona giuridica) e riguardanti le società miste frequentemente utilizzate dagli Stati membri per la prestazione dei servizi pubblici. Sul tema dei partenariati, si vedano X. XXXXXXXXXX, Public Private Partnerships and the European Procurement Rules: EU Policies in Conflict?, in Common Market Law Review, 2000, 3, pp. 709 e ss.; X. XXXXXXX, La Corte di giustizia definisce le condizioni di legittimità dei partenariati pubblici-privati, in Giur. it., 2010, 5, pp. 1193 e ss.; M.P. CHITI (a cura di), Il partenariato pubblico-privato: concessioni, finanza di progetto, societa miste, fondazioni, cit.; R. DI PACE, Partenariato pubblico privato e contratti atipici, Milano, 2006; X. XXXXX, Partenariato pubblico-privato, risoluzione del parlamento europeo e legislazione nazionale: insanabile distonia?, in Appalti e Contratti, 2007, 5, pp. 56 e ss.; A. MASSERA, Il partenariato pubblico-privato e il diritto europeo degli appalti, in questa Rivista, 2005, 5, pp. 1201 e ss.; L.E. XXXXXX, The New Public Procurement Directives: A Partial Solution to the Problems of Procurement Compliance, in European Public Law, 2006, 2, pp. 275 e ss.; M.A. SANDULLI, Il partenariato pubblico privato e il diritto europeo degli appalti e delle concessioni: profili della tutela, in questa Rivista, 2005, 1, pp. 167 e ss.; sulla stessa materia sia consentito rinviare anche a X. XXXXXXX, I partenariati pubblico-privati nella prospettiva del diritto europeo, cit. Sul tema dei partenariati “istituzio- nalizzati” rinviamo a C.H. BOVIS, Future Directions in Public Service Partnerships in the EU, in European Business Law Review, 2013, 24, 1, pp. 1 e ss. ed a M.P. CHITI, Verso la fine del modello di gestione dei servizi pubblici locali tramite società miste, cit.; su questo tema sia permesso anche un rinvio a X. XXXXXXX, Partenariati pubblico-privati ed in house providing, cit. La concessione nell’ambito dei partenariati pubblico - privati contrattuali è stata, ad esempio, esaminata in Italia anche con riferimento al project financing, in relazione al quale il dibattito e le opinioni della dottrina sono stati ampi ed articolati: per tale materia rinviamo a R. DE NICTOLIS (a cura di), La riforma del codice appalti, in Urbanistica e appalti, 2012, 6, pp. 671 e ss.; X. XXXXXXXX, La finanza di progetto dopo il d.lgs. n. 152/2008, in Dir. amm., 2009, pp. 429 e ss.; N. XXXXXX, Finanza di progetto, contributo pubblico, controllo ed equità, in Il diritto dell’economia, 2006, 3, pp. 567 e ss.
svolto o a causa del servizio prestato in virtù di questo contratto) — non dalla pubblica amministrazione (come avviene nell’appalto), ma — attra- verso il diritto ed il rischio di gestione (dell’opera realizzata o dell’attività diretta all’erogazione del servizio), eventualmente accompagnato da un prezzo (29). D’altra parte, il menzionato Libro verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni sottolinea come la stessa concessione possa essere configurata per le forme di collaborazione tra i soggetti pubblici e quelli privati individuate dal diritto europeo secondo il modello dei partenariati pubblico
- privati (30).
Tale osservazione introducendo una questione centrale nell’esame della Direttiva 2014/23/UE conferma il problematico rapporto tra la mede- sima concessione ed i ricordati principi (di “non discriminazione” oppure di “libertà di stabilimento” o di “libera prestazione dei servizi”), il quale induce il legislatore europeo ad adottare un approccio non sempre come le seguenti riflessioni cercheranno di spiegare coerente nei confronti della stessa materia.
Se, infatti, per un verso, la Direttiva 2004/17/CEE disponeva che, nei settori “esclusi” ai sensi di questa normativa, laddove vi sia l’affidamento di una concessione, un “diritto speciale o esclusivo” non potesse essere attri- buito al concessionario (31) (proprio perché, di per sé, questo affidamento rappresenterebbe una potenziale interferenza verso il mercato, la quale verrebbe eccessivamente accentuata, ad esempio, dall’ulteriore titolarità di alcuni “diritti speciali”), il combinato disposto degli artt. 3 e 17, Xxxxxxxxx 2004/18/XXX xxxxxxxx intendere che, qualora un diritto di questo tipo sia affidato con una concessione — anche se non si coglie la ragione di questo differenziato approccio rispetto ai settori esclusi —, il concessionario dove- va essere ritenuto un’amministrazione aggiudicatrice per l’applicazione del- la normativa sugli appalti (32): esso, quindi, considerato, così, alla stregua di
(29) Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto co- munitario, cit., pp. 6 e ss. Il diritto europeo espressamente, perciò, con riferimento alle concessioni, adotta una loro definizione nei termini della fattispecie contrattuale, secondo una prospettiva, invece, come si è visto, emersa meno agevolmente nella dottrina italiana.
(30) Libro verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, cit., pp. 11 e ss., pp. 18 e ss.
(31) Ai sensi del considerando 25 nella Direttiva 2004/17/CEE, infatti, “non possono essere considerati diritti esclusivi o speciali quelli concessi da uno Stato membro in qualsiasi forma, anche mediante atti di concessione”, ad un limitato “numero (...) di imprese in base a criteri obiettivi, proporzionali e non discriminatori, che offrano agli interessati” con tali criteri “la possibilità di beneficiarne”.
(32) L’art. 17, Xxxxxxxxx 2004/18/CEE considera quali ipotesi di concessione tutti i casi nei quali ad un soggetto venga attribuito un “diritto speciale o esclusivo”: in tale senso, la normativa europea ritiene (sulla base dell’originario contenuto della stessa fattispecie, il quale meglio esprime le potenzialità — restrittive rispetto al funzionamento di un mercato concor- renziale — proprie del medesimo contratto) che la concessione coincida con quelle fattispecie nelle quali una pubblica amministrazione (o un’amministrazione aggiudicatrice) conceda al soggetto affidatario una potestà della stessa amministrazione, o, comunque, idonea ad attri- buire all’affidatario alcune situazioni giuridiche soggettive “speciali” rispetto a quelle consen- tite alla generalità degli operatori economici. Su tali aspetti rinviamo alle osservazioni sopra formulate sull’origine della stessa concessione.
una pubblica amministrazione (33), dal medesimo diritto europeo implici- tamente veniva indicato come un soggetto caratterizzato da una posizione di oligopolio (o di monopolio) rispetto al mercato, sottolineandosi le potenzialità — colte dalla giurisprudenza (più avanti citata) della Corte di giustizia — della stessa concessione quale strumento per la restrizione della concorrenza (34).
Le indicazioni degli atti di soft law e normativi menzionati, tuttavia, sono state, appunto, completate dai principi della Corte di giustizia, che, fino alla recente citata Direttiva, hanno rappresentato (35) il riferimento prescrittivo principale per l’individuazione delle norme europee per le concessioni.
Tali principi rappresentano anche il contesto nel quale le regole intro- dotte da questa Direttiva si collocano ed alla luce dei quali esse devono essere interpretate e saranno, dunque, esaminati con riferimento agli aspetti problematici ricordati (36).
Per quello che, in primo luogo, riguarda la definizione della nozione, (rispetto agli atti indicati), il giudice europeo ne specifica alcuni limiti intrinseci e diretti a precisare l’ambito di applicazione nella prospettiva indicata.
Questa definizione può essere colta nelle sentenze Teleaustria (37), Parking Brixen (38), Xxxxxxxxxx (39), Acoset (40), Xxxxxx Xxxxxx Gm- bH (41) e Norma-A SIA (42), che concordano nell’identica definizione già
— come si è visto — proposta dai citati artt. 1, lett. d e 3, Direttiva 93/37/CEE, 1, c. 3, lett. a e b, Xxxxxxxxx 2004/17/CEE 1, cc.3e4e 3, Direttiva 2004/18/CEE per le concessioni di lavori e per quelle di servizi, ma speci- ficano due importanti aspetti (che confermano la tesi sopra proposta sul- l’orientamento del diritto europeo, attento agli effettivi distorsivi della concorrenza connessi concessione), concernenti, per un verso, il rapporto tra l’amministrazione aggiudicatrice ed il concessionario e, per altro verso, l’efficacia temporale propria di tali contratti.
(33) Sulla nozione europea di pubblica amministrazione (e, quindi, con riferimento al problema dell’organismo di diritto pubblico) si vedano gli autori citati nel paragrafo successivo.
(34) Si veda, per tale profilo, ancora, V. HATZOPOLOUS, The Court’s Approach To Services (2006-2012): From Case Law To Case Load?, cit., pp. 459 e ss.
(35) Sul rilievo della giurisprudenza della Corte di giustizia rispetto alla determinazione delle regole del diritto europeo citiamo X. XXXXXXX, Il ruolo della Corte di giustizia nell’ela- borazione dei principi generali dell’ordinamento europeo e dei diritti fondamentali, in AA.VV., Associazione Italiana dei Costituzionalisti. Atti Convegno Perugia 1999, Padova, 2000 e X. XXXXXXXX, The General Principles of EC Law, Xxxxxx, 0000.
(36) Sul rapporto tra tale giurisprudenza e l’esigenza indicata rinviamo a V. XXXXXXX- XXXX, The Court’s Approach To Services (2006-2012): From Case Law To Case Load?, cit., pp. 459 e ss.
(37) CGCE, sent. 7 dicembre 2000, in C-324/98, in xxx.xxxxx.xx.
(38) CGCE, sent. 13 ottobre 2005, in C-458/03, in xxx.xxxxx.xx.
(39) CGCE, sent. 10 settembre 2009, in C-206/08, in xxx.xxxxx.xx.
(40) CGCE, sent. 15 ottobre 2009, in C-196/08, in xxx.xxxxx.xx.
(41) CGCE, sent. 25 marzo 2010, in C-451/08, in xxx.xxxxx.xx.
(42) CGCE, sent. 10 novembre 2011, in C-348/10, in xxx.xxxxx.xx.
Sotto il primo profilo, l’interpretazione suggerita dalla Corte mostra come, nella definizione delle concessioni, continui ad essere influente il loro originario carattere (di atti con i quali la pubblica amministrazione, secondo la dinamica sopra indicata, trasferisce — e, quindi, “concede” — al privato alcune delle proprie potestà (43)): questa interpretazione alla medesima Corte consente, infatti, di delineare la stessa fattispecie attraverso i limiti idonei a contenerne gli effetti menzionati. Il giudice europeo, infatti, nella sentenza Xxxxxxxxxx (44), afferma che, “per poter ritenere sussistente una concessione” di servizi “è necessario che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca il rischio di gestione che essa corre a carico completo o, almeno, significativo al concessionario (45): la sentenza, nel ribadire la centralità del trasferimento del rischio (così come indicato dagli atti europei sopra com- mentati (46)), afferma che tale traslazione debba avvenire per opera della pubblica amministrazione (o dell’entità ritenuta equiparabile nella norma- tiva, così, sui contratti pubblici nel diritto europeo) nei confronti del soggetto concessionario e consista nel trasferimento di alcuni diritti o facoltà propri della stessa amministrazione.
Ancora, secondo la giurisprudenza europea, con riferimento ai limiti intrinseci alla citata definizione, la sentenza Xxxxxx Xxxxxx GmbH (47) argomenta che “in ogni caso, per quanto riguarda la durata (...), seri motivi
— tra i quali vi è, in particolare, il mantenimento della concorrenza — inducono a ritenere che l’attribuzione di concessioni senza limiti temporali sarebbe contraria all’ordinamento (...) dell’Unione” (48): anche questo limite, dunque, alla concessione quale contratto potenzialmente interferen- te con il fisiologico funzionamento del mercato europeo e così da contenere tale potenzialità, la Corte di giustizia richiede, appunto, che le medesime concessioni siano affidate per un arco temporale limitato (49).
Rispetto agli strumenti delineati da tale giurisprudenza per realizzare il citato contemperamento delle fattispecie concessorie rispetto alle dette
(43) Per tale aspetto, ancora, rinviamo a M. LE RAT DE MAGNITOT, Concessions, cit.
(44) CGCE, sent. 10 settembre 2009, cit.
(45) CGCE, sent. ult. cit., p. 77. In tale senso, si era, per altro, già espressa (sebbene con minore ampiezza) CGCE, sent. 27 ottobre 2005, in C-234/03, in xxx.xxxxx.xx. Sulla citata sentenza Xxxxxxxxxx rinviamo a C.H. XXXXX, Public procurement in the EU: Jurisprudence and conceptual directions, cit., pp. 247 e ss. ed a N. FIEDZIUK, Putting services of general economic interest up for tender: Reflections on applicable EU rules, in Common Market Law Review, 2013, 1, pp. 87 e ss.
(46) Si veda, ad esempio, ancora, Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, cit., pp. 6 e ss.
(47) CGCE, sent. 25 marzo 2010, cit.
(48) CGCE, sent. ult. cit.
(49) Tale sentenza — per quanto consta — risulta la prima in cui il giudice europeo si pronuncia, in termini generali, sul problema del limite delle concessioni: vi erano state, infatti, solo sentenze su alcune specifiche fattispecie, ad esempio, con riferimento al limite per gli affidamenti nel settore del gas in Italia (CGCE, 17 luglio 2008, in C-347/06, in xxx.xxxxx.xx — su tale vicenda si vedano G.F. LICATA, La scadenza delle concessioni per il servizio di distribuzione di gas naturale tra legislazione interna e giustizia comunitaria, in questa Rivista, 2011, 2, pp. 523 e ss. ed A. XXXXXXXX, Il principio di certezza del diritto “tutela” il legittimo affidamento dei gestori delle concessioni di distribuzione del gas naturale, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2008, pp. 2009 e ss.).
norme, essa mostra anche come la stessa giurisprudenza — pur conferman- do un approccio volto a precisare i principi a queste norme connessi per il settore indicato — sia secondo un orientamento presente anche nella Direttiva 2014/23/UE (50) — come si è anticipato —, talvolta, anche attenta a salvaguardare i margini entro i quali gli Stati possano continuare ad affidare taluni contratti legati all’esercizio di talune funzioni pubblicistiche (anche in settori rilevanti quali quelli dei servizi pubblici locali) (51).
Per il profilo appena indicato, la medesima giurisprudenza ha riguar- dato: la definizione delle modalità secondo le quali (anche in relazione agli interessi rilevanti nella concreta fattispecie) il contemperamento ricordato possa essere realizzato; il problema della concessione quale “situazione interna” allo Stato; la discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice rispetto alla scelta di affidare una concessione in presenza delle condizioni per l’in house providing.
Per il primo aspetto, il giudice europeo, in primo luogo, si è soffermato sull’obbligo dell’esperimento della gara per l’affidamento e — proprio nella prospettiva del menzionato contemperamento — ha, sempre, richiesto che venga esperita, ma non ha precisato come essa debba svolgersi e si è limitato a richiamare, soprattutto, il principio della “trasparenza” (52), affermando che i principi “di parità di trattamento e di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno Stato membro, (...) metten- do a concorso un numero rilevante di nuove concessioni, protegga le posizioni commerciali acquisite dagli operatori esistenti, ivi prevedendo in particolare determinate, distanze minime tra gli esercizi dei nuovi conces- sionari e quelli di tali operatori esistenti” (53). Per lo stesso aspetto, questa giurisprudenza, invece, mostra anche la tendenza a salvaguardare i ricordati ambiti della sovranità statale nella determinazione delle modalità secondo le quali i contrattti concessori possano essere configurati: nella materia delle “scommesse”, o dei “giochi d’azzardo”, la legittimità del monopolio realiz- zato (con alcune concessioni) per la tutela dei consumatori, rispetto alla patologica fruizione dei servizi appena indicati, è, ad esempio, generalmen- te, motivata (salvo il rispetto del principio della proporzionalità) con il richiamo al rilievo dell’interesse sotteso alla stessa tutela (54), anche se, per
(50) Si veda quello che preciseremo nel paragrafo successivo.
(51) Sul problema del ricorso allo strumento concessorio nel settore dei servizi pubblici locali italiani si vedano le osservazioni e la dottrina sopra proposte e quello che verrà osservato per l’in house providing.
(52) CGCE, sent. 9 settembre 2010, in C-64/08, in xxx.xxxxx.xx; CGCE, sent. 7 dicembre 2000, cit.; CGCE, sent. 13 ottobre 2005, cit. Si veda per il medesimo problema anche
X. XXXXXXX, Partenariati pubblico - privati ed in house providing, cit., pp. 1501 e ss.
(53) CGCE, sent. 16 febbraio 2012, in C-72/10 e C-77/10, in xxx.xxxxx.xx; CGCE, 8 settembre 2010, in C-316/07, in xxx.xxxxx.xx. In un senso analogo è anche CGCE, sent. 12 settembre 2013, in C-660/11 e C-8/12, in xxx.xxxxx.xx. CGCE, sent. 30 aprile 2014, in C-390/12 ha, invece, precisato che il diritto europeo “osta a una normativa nazionale (...), se essa non persegue realmente l’obiettivo della tutela dei giocatori d’azzardo o della lotta alla criminalità né risponde effettivamente alla preoccupazione di ridurre le occasioni di gioco ovvero di contrastare le attività criminali connesse allo stesso”.
(54) CGCE, sent. 8 settembre 2010, in C-316/07, in xxx.xxxxx.xx. Si veda anche CGCE, sent. 15 settembre 2011, in C-347/09, in xxx.xxxxx.xx.
la “prospezione”, la “ricerca” e la “coltivazione” di idrocarburi la Corte argomenta che non è conforme al diritto europeo l’esclusiva (per un certo numero di anni) riconosciuta, al precedente concessionario, sui dati acquisiti nel corso delle ricerche svolte per tale settore (55).
La medesima Corte, inoltre, configura, spesso, alcune concessioni come “situazioni interne” ad uno Stato membro (56), sebbene, ancora, non abbia compiutamente definito la natura della discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice rispetto al ricorso alla procedura pubblicistica, qualora sussi- stano i presupposti per un affidamento in house (57).
Le sentenze citate, se, nell’assenza di un quadro normativo delineato dal legislatore europeo, hanno, perciò, enucleato alcuni principi per gli affidamenti concessori, tuttavia, come si vede, sono caratterizzate da alcune aporie e contraddizioni, che ci inducono all’esame della Direttiva 2014/23/ UE, anche per valutare in quali termini essa sia riuscita a risolvere le problematiche indicate.
3. La concessione nella Direttiva 2014/23/UE, con particolare riferimento al settore dei servizi.
La Direttiva 2014/23/UE sulle concessioni chiarisce alcuni dei problemi sopra citati, anche se i principi giurisprudenziali commentati continuano, per taluni specifici aspetti (ad esempio, riguardanti il bilanciamento tra gli
(55) CGCE, sent. 27 giugno 2013, in C-569/10, in xxx.xxxxx.xx.
(56) Ad esempio, CGCE, sent. 14 novembre 2013, in C-221/12, in xxx.xxxxx.xx afferma che una fattispecie riguardante la concessione per il trasporto dei rifiuti (ai sensi del Regola- mento 1013/2006/CEE — in Gazzetta ufficiale, L 190, 23/07/2006, pp. 1 e ss. —, nel coordinato disposto con la Direttiva 2008/98/CE, in Gazzetta ufficiale, L 312, 22/11/2008, pp. 3 e ss.) nel territorio di uno Stato membro è puramente interna ed a questa fattispecie non si applicano gli obblighi dell’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica, imposti dalle menzionate norme europee. Tuttavia, invece, per CGCE, sent. 14 novembre 2013, in C-221/12, in xxx.xx xxx.xx, un “interesse transfrontaliero certo”, proprio di una concessione (idoneo a non quali- ficarla come “situazione interna”) può risultare (così, sussistendo sempre con la presenza delle seguenti condizioni) “dall’importanza economica della convenzione di cui è prevista la con- clusione” e “dal luogo della sua esecuzione” (un simile principio era statuito anche in CGCE, sent. 15 maggio 2008, in C-147/06 e C-148/06, in xxx.xxxxx.xx). Per la questione della qualificazione di una concessione come “situazione interna”, nel senso appena detto, citiamo
X. XXXXX, Concessioni di pubblici servizi, principi dell’in house providing e situazioni interne: Corte CE, sez. 1, 13 ottobre 2005, C-458/03, in Urbanistica e appalti, 2006, pp. 31 e ss.
(57) La Corte di giustizia era stata chiamata a deliberare, ad esempio, nella sentenza 6 aprile 2006, in C-410/04, in xxx.xxxxx.xx, con riferimento alla questione della discrezionalità secondo la quale un’amministrazione aggiudicatrice possa decidere l’affidamento in house (stanti le condizioni previste dal giudice europeo per il medesimo affidamento in house), alla luce dei citati principi europei nella materia della concorrenza. La Corte, nella conseguente pronuncia, — per ragioni processuali — aveva eluso una risposta a questa domanda, tuttavia, a parere di chi scrive, lasciando trasparire l’orientamento più coerente con le norme europee. Infatti, esse non intervengono (per l’espressa disposizione dell’art. 345, TFUE, che lascia impregiudicato il regime proprietario proprio di ciascuno Stato) sulla natura, pubblica o privata, delle imprese, unicamente tendendo ad assicurare la concorrenza tra gli operatori economici e sembrando, quindi, rendere euquiparabile l’attività svolta in house rispetto a quella esternalizzata. Per questo profilo rinviamo a X. XXXXXX, La libertà di scelta dei criteri di aggiudicazione per le amministrazioni, in Giorn. dir. amm., 2005, 2, pp. 135 e ss.
interessi rilevanti nei differenti settori coinvolti), ad integrare la normativa disposta dalla medesima Direttiva.
Essa viene a disciplinare, per la prima volta, compiutamente gli ambiti concernenti: i soggetti tenuti all’applicazione delle procedura pubblicistica per l’affidamento delle concessioni (artt. 6 e 7); le caratteristiche proprie di tale procedura (artt. 8 e 9 per le soglie ed artt. 30 e ss. in relazione alla pubblicazione del bando ed agli atti amministrativi conseguenti (58)), i casi nei quali questa normativa non si applica, disciplinati dagli artt. 10 (per le concessioni affidate, da uno dei soggetti indicati agli artt.6e 7, nei confronti di un’amministrazione aggiudicatrice o di un “ente aggiudicatore”, sulla base di un “diritto speciale o esclusivo”) (59), 11 (per le comunicazioni elettroniche), 12 (per il servizio idrico), 13 (per le imprese collegate), 14 (per la società mista, dalla stessa normativa, definita “joint venture”), 16 (per gli affidamenti concessori riguardanti i settori esposti alla concorrenza nel diritto nazionale ai sensi degli artt. 34 e 35, Direttiva 2014/35/UE) e 17 (sugli affidamenti in house).
Nel presente studio, secondo l’obbiettivo della comprensione dei pro- blemi posti dalla nuova normativa in relazione ai principi giurisprudenziali citati, con riferimento agli essenziali caratteri della concessione nel diritto europeo, esamineremo i soli profili menzionati e concernenti, da una parte, la definizione della concessione e gli enti tenuti al rispetto della procedura pubblicistica indicata e, d’altra parte (per gli aspetti comuni alle diverse tipologie concessorie), i casi di esclusione delineati agli artt. 10 e 16. L’ipotesi disciplinata all’art. 12, invece, sarà accennata in relazione ai problemi posti dalla concessione di servizi, per la quale sarà studiata la questione del rapporto tra la Direttiva 2014/23/UE ed il sistema autorizza- torio disciplinato dalla Direttiva 2006/123/CEE.
(58) La presente Xxxxxxxxx, ai sensi dell’art. 8, si applica alle concessioni con un valore superiore ad Euro 5.186.000: per altro, secondo la Corte di giustizia, anche le negoziazioni al di sotto della soglia indicata dal diritto europeo devono sottostare ad un minimo rispetto degli obblighi di pubblicità e trasparenza, come è stato osservato in CGCE, sent. 18 gennaio 2007, in C-220/05 (in xxx.xxxxx.xx). Per questo aspetto, si vedano M. FAVIERE, Gli appalti di fornitura e di beni e servizi sotto soglia degli I.R.C.C.S. non sono condotti secondo le norme di diritto privato, in Giust. amm., 2005, 2, pp. 327 e ss. e X. XXXXXXXX, La direttiva 2004/18/CE e la giurisprudenza comunitaria in materia di appalti e concessioni, in Rassegna Avvocatura dello Stato, 2005, 3, pp. 68 e ss. Sulla stessa materia sia consentito anche rinviare a X. XXXXXXX, La sentenza Auroux - Commune de Roanne: una nuova pronuncia del giudice comunitario in materia di affidamento di un appalto senza procedura ad evidenza pubblica, in questa Rivista, 2007, 1, pp. 350 e ss.
(59) L’art. 10, altresì, riguarda: l’analoga esclusione per l’affidamento nel settore dei servizi sulla base di un “diritto speciale o esclusivo” — c. 1; il trasporto aereo (secondo il Regolamento 1008/2008/XXX - Xxxxxxxx ufficiale, L 293, 31/10/2008, pp. 3 e ss.) o dei passeggeri ai sensi del Regolamento 1370/2007/CEE (Xxxxxxxx ufficiale, L 315, 03/12/2007, pp. 1 e ss.) — c. 3; le concessioni affidate da uno dei soggetti indicati agli artt. 6 e 7 sulla base di un accordo internazionale (concluso conformemente al TFUE) con uno Stato terzo, alla condizione che tale accordo concerna i lavori, i servizi e le forniture, rispettto ai quali i firmatari debbano congiuntamente attuare le medesime concessioni (c. 4); gli affidamenti concessori ai quali uno Stato è obbligato da un’“organizzazione internazionale” (c. 4); le concessioni nella materia della sicurezza e della difesa ai sensi della Direttiva 2009/81/CE (Gazzetta ufficiale, L 216, 20/08/2009, pp. 76 e ss. — cc. 6 e 7).
Il problema degli affidamenti in house sarà, poi, autonomamente analizzato nella successiva parte della ricerca.
La definzione adottata dall’art. 5, c. 1 precisa — in una prospettiva volta ad aprire alle dinamiche concorrenziali (incentrate sul rischio della gestio- ne) le fattispecie concessorie — alcuni degli elementi sottolineati nell’esame delle sentenze sopra commentate; se, infatti, il considerando n. 11 conferma che la concessione è il “contratto a titolo oneroso” con il quale “una o più amministrazioni aggiudicatrici affidano l’esecuzione di lavori o la prestazio- ne e gestione di servizi a uno o più operatori”, con un corrispettivo consistente “nel diritto di gestire i lavori o servizi” (“o in tale diritto accompagnato da un prezzo”), lo stesso art. 5, c. 1 statuisce che tale rischio (che continua — anche nella nuova disciplina — ad essere il qualificante elemento dei contratti concessori) è “sul lato della domanda o (...) dell’of- ferta”, o su entrambi, ma, comunque, è assunto “nel caso in cui, in condi- zioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione” ed il medesimo rischio comporti “una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato”, “tale per cui ogni potenziale perdita stimata”, “subita dal concessionario”, “non sia (...) nominale o trascurabile” (60). Per tale profilo, poi, questa disposizione recpisce due formulazioni — come si è visto — delineate nella sentenza Xxxxxxxxxx (61) e concernenti la circo- stanza per la quale questo rischio è trasferito dalle amministrazioni aggiu- dicatrici e debba essere rilevante: la prima formulazione — nella prospettiva della tesi argomentata nel presente studio — è importante, poiché dimostra come nel legislatore europeo sia, ancora, presente l’idea (originaria) della concessione — anche in base alla quale si spiegano le misure più stringenti dettate, soprattutto, nella Direttiva 2014/23/UE, per tale fattispecie rispetto all’appalto pubblico in relazione alle condizioni per il ricorso alla procedura pubblicistica — quale strumento attraverso il quale la pubblica amministra- zione, trasferendo ad un soggetto privato (o, comunque, diverso dalla medesima amministraione) alcune facoltà (o taluni diritti), ordinariamente propri di un ente pubblico, possa violare i citati principi di “non discrimi- nazione” e di “libertà di stabilimento” (o “libera prestazione dei servi- zi”) (62). Sempre con riferimento ai profili definitori, la stessa Direttiva, cogliendo le osservazioni presenti nella giurisprudenza sopra commenta-
(60) Il considerando n. 18 argomenta che, nel “precisare (...) la definizione di conces- sione”, si debba fare “riferimento al concetto di ’rischio operativo’”: ai sensi del considerando,
n. 20, invece, il “rischio sul lato della domanda” è quello “associato alla domanda effettiva di lavori o servizi (...) oggetto del contratto”, mentre il “rischio sul lato dell’offerta” è quello “associato all’offerta dei lavori o servizi (...) oggetto del contratto”, nel senso che “la fornitura di servizi” possa non corrispondere alla domanda.
(61) CGCE, sent. 10 settembre 2009, cit.
(62) L’intento dell’apertura delle concessioni alle dinamiche concorrenziali attraverso la precisazione dell’effettività del rischio assunto dal concessionario è ben spiegato anche nei considerando della stessa Xxxxxxxxx, nei quali (al n. 19) si precisa che una “regolamentazione” che elimini il rischio, “prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi (...) per l’esecuzione del contratto, (...) non dovrebbe configurarsi come una concessione”, anche se “il fatto che il rischio sia limitato (...) dall’inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione”, come avviene nel caso dei “settori
ta (63), precisa (art. 18) che la concessione debba avere una durata limitata, “stimata (...) in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario” (art. 18, c. 1) e, per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima non debba superare “il periodo di tempo” in cui si possa “ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati nell’ese- cuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investi- to”, anche tenendo conto degli “investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici” (art. 18, c. 2) (64).
Anche l’esame degli artt.6e 7, confermando l’orientamento colto nella giurisprudenza europea, dimostra come la tendenza della normativa adot- tata con la citata Direttiva sia nel senso del contenimento degli effetti distorsivi dell’obiettivo connessi al ricorso alle concessioni.
In primo luogo, infatti, si deve sottolineare che, ai sensi degli artt. 6 e 7, i soggetti tenuti all’esperimento della procedura pubblicistica nei casi sopra menzionati sono le amministrazioni aggiudicatrici (comprensive degli organismi di diritto pubblico, dello Stato, delle “autorità regionali o locali” e delle associazioni tra tali enti - art. 6, c. 1, che prevede, per l’ultimo aspetto menzionato, un’esclusione (65)) e gli enti aggiudicatori, individuati, per le materie indicate nell’Allegato II della Direttiva 2014/23/UE, con riferimen- to alle stesse amministrazioni aggiudicatrici, alle imprese pubbliche (art. 7, c. 1, lett. b) ed ai soggetti (diversi da quelli sopra citati) “operanti sulla base di diritti speciali o esclusivi” nei settori dell’Allegato II, riguardanti: il gas e l’energia elettrica; l’elettricità; la “messa a disposizione” o la “gestione” di “reti destinate a fornire un servizio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario, tranviario, filoviario, mediante autobus, sistemi automatici o a cavo”; lo sfruttamento di un’area per la “messa a disposizione di aereoporti, porti marittimi”, “o interni”, “e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimi e fluviali”; la fornitura dei servizi postali, ovvero degli altri servizi indicati nel medesimo Allegato II, n. 5, lett. b (art. 7, c. 1, lett. c) (66).
con tariffe regolamentate o dove il rischio (...) sia limitato mediante accordi di natura contrattuale” con una “compensazione parziale”.
Sulla centralità del rischio (e sulla connessa trilateralità dei rapporti) nelle concessioni secondo il diritto europeo si veda X. XXXXXX, Rischio economico, trilateralità e traslatività nel concetto europeo di concessioni di servizi e di lavori, cit., pp. 703 e ss. Sul problematico rapporto tra la concessione e le stesse dinamiche concorrenziali nel diritto europeo, ancora, rinviamo a
M. X’XXXXXXX, Concessioni e concorrenza, cit.; V. HATZOPOLOUS, The Court’s Approach To Services (2006-2012): From Case Law To Case Load?, cit. ed a X. XXXXXXXXXX, Regole e mercato nei servizi pubblici, cit.
(63) Per questo aspetto si veda CGCE, sent. 25 marzo 2010, cit.
(64) Sulla questione del limite temporale per le concessioni citiamo — oltre alla dottrina già menzionata con riferimento allo specifico problema delle concessioni per il servizio del gas —, ad esempio, X. XXXXXXXXXX, Liberalizzazioni e libertà di impresa, in questa Rivista, 2013, 3-4, pp. 603 e ss.
(65) Ai sensi dell’art. 6, c. 1, le “autorità regionali” sono quelle delle “unità ammini- strative” elencate nelle NUTS1e2 nel Regolamento 1059/203/CEE (Gazzetta ufficiale, L 156, 21/06/2003, pp. 1 e ss.); ai sensi dell’art. 63, c. 3, invece, le “autorità locali” sono quelle indicate “nei livelli NUTS 3” o proprie delle “unità amministrative inferiori” secondo lo stesso Regolamento 1059/203/CEE.
(66) Si veda, per gli aspetti appena menzionati, quello che è anche indicato nell’Alle- gato II della citata Direttiva 2014/23/UE.
La nozione di organismo di diritto pubblico disciplinata da tale Diret- tiva (all’art. 6, c. 2) è sostanzialmente analoga a quella delineata nei precedenti atti normativi europei ed ampiamente esaminata dalla dottrina e dalla giurisprudenza (67).
In secondo luogo, tuttavia, — tale previsione normativa (poiché esten- de — rispetto a quello che è previsto per gli appalti pubblici — l’ambito dei soggetti tenuti all’esperimento della procedura pubblicistica volta ad assi- curare la “concorrenza per il mercato”), a parere di chi scrive, è ricondu- cibile alla detta principale ratio della Direttiva 2014/23/UE — si deve osservare come l’art. 7, cc. 1, lett. b e 4, nel caso degli enti aggiudicatori, (come si è visto) annoveri anche le imprese pubbliche tra le entità obbligate a seguire il procedimento amministrativo disciplinato agli artt. 30 e ss. per gli affidamenti concessori (68).
(67) Per lo stesso art. 6 è un organismo di diritto pubblico ogni entità prrovvista della personalità giuridica, creata per perseguire interessi generali, aventi natura non “industriale o commerciale” (per questo profilo, il considerando n. 21 precisa che l’attività di tale entità debba svolgersi al di fuori del mercato e, così, recepisce gli orientamenti giurisprudenziali, ad esempio, esposti in CGCE, sent. 22 gennaio 2002, in C-218/00, in xxx.xxxxx.xx — sia consentito rinviare, su questo aspetto, a X. XXXXXXX, Il rapporto fra le nozioni di impresa ed ente pubblico nella giurisprudenza comunitaria: una riflessione sulla base della decisione della
C.G. nel caso INAIL-Cisal-Xxxxxxxxxxx, in questa Rivista, 2002, 4, pp. 802 e ss.). Si veda, ad esempio, anche l’art. 2, Xxxxxxxxx 2004/17/CEE; la medesima nozione è analogamente ripresa nell’art. 2, c. 1, n. 4, Direttiva 2014/24/UE.
Sulla nozione di organismo di diritto pubblico si vedano X. XXXXXX JAMBRENGHI, L’orga- nismo di diritto pubblico, AA.VV., Annuario dell’associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, 1999-2000, Milano, 2001, pp. 79 e ss.; X. XXXXXXX, La nozione comunitaria di pubblica amministrazione, in Gior. dir. amm., 1996, pp. 671 ss., X. XXXXXXX (a cura di), The European administration. L’administration européenne, Brussels, 1987; M.P. CHITI, L’organi- smo di diritto pubblico e la nozione comunitaria di pubblica amministrazione, Bologna, 2000;
M.P. CHITI, The EC Notion of Public Administration: The Case of the Bodies Governed by Public Law, in European Public Law, 2002, pp. 473 e ss.; X. XXXXXXX, Il rapporto fra le nozioni di impresa ed ente pubblico nella giurisprudenza comunitaria: una riflessione sulla base della decisione della C.G. nel caso INAIL-Cisal-Battistello, in questa Rivista, 2002, 12, 4, pp. 802 e ss.;
X. XXXXX, Organismo di diritto pubblico: atto primo, in questa Rivista, 3/4, pp. 733 e ss.; X. XXXXX, Organismo di diritto pubblico, atto secondo: le attese deluse, in questa Rivista, 1999, pp. 157 e ss.; X. XXXXXX, The Public Law/Private Law Divide, Une entente assez cordiale, in European Public Law, 2008, pp. 433 e ss.; P.F. XXXXX, Between Governing and Governance. On the Emergence, Function and Form of Europe’s Post-National Constellation, Oxford, 2010; J.E. XXXXXXX, Le droit administratif espagnol entre l’ordre juridique national et l’ordre juridique communautaire, G. MARCOU (a cura di), Les mutations du droit de l’administration en Europe. Pluralisme et convergences, Paris, 1995, pp. 101 e ss.; A. XXXXXXX, Una nozione comunitaria di pubblica amministrazione, in J. FERRET e A. XXXXXXX (a cura di), Xx xxxxxxxxx xx xx xxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxx, Xxxxxxxxxx, 0000; X.X. XXXXXX XXXXXX, Le distinte nozioni comuni- tarie di amministrazione pubblica, in questa Rivista, 1998, 3/4, pp. 561 e ss.; X. XXXXXXX GRIFFI, Le nozioni comunitarie di amministrazione: organismo di diritto pubblico, impresa pubblica, società in house, in Serv. pub. app., 2006, 1,1, pp. 27 e ss. Per la giurisprudenza europea si veda, ad esempio, tra le ultime pronunce, CGCE, sent. 12 settembre 2013, in C-526/11, in xxx.xx xxx.xx.
(68) Sul problema della concorrenza “per il mercato” rinviamo alle osservazioni svolte sopra.
Anche per l’impresa pubblica, la Direttiva citata recepisce i principi già vigenti nel diritto europeo, soprattutto, attraverso le precisazioni formulate dalla Corte di giustizia; per un verso, infatti, si deve richiamare l’art. 2, Xxxxxxxxx, 2006/111/CEE (in Gazzetta ufficiale, L 318, 17/11/2006, pp. 17 e ss.); per altro verso, ricordiamo che, per l’art. 7, c. 4, è un’impresa pubblica
Anche per le esclusioni dall’ambito applicativo proprio della citata Direttiva, è possibile osservare il problematico bilanciamento, sotteso a tale normativa, tra la tutela della concorrenza e gli effetti delle fattispecie concessorie, talvolta, risolto (per le medesime esclusioni) nel senso della salvaguardia delle autonome potestà organizatorie statali nello stesso set- tore.
Soffermandosi, per il momento — come si è anticipato —, sugli artt. 10 e 16 e, per la prima disposizione, con riferimento alle ipotesi indicate al c. 1, osserviamo che il legislatore europeo considera l’esistenza di un “diritto esclusivo” come uno strumento attraverso il quale è consentito derogare all’obbligo dell’esperimento della gara per l’affidamento della concessio- ne (69).
La medesima disposizione, in sé, è una conseguenza della normativa europea sui “diritti speciali ed esclusivi” (70), che, per definizione, compor- tano la deroga alle norme sulla concorrenza (nel caso esaminato, intesa “per il mercato”) e, quindi, anche la possibilità del non esperimento (per le concessioni) delle procedure pubblicistiche sopra ricordate, la quale, perciò, è una delle possibili forme in cui questi diritti possano concretizzarsi (71).
La stessa disposizione, però, è significativa, poiché, nell’esplicitare che i medesimi diritti possano consistere nell’eccezione appena indicata e con- siderando che sostanzialmente essi, nel settore dei servizi, coincidono con le deroghe consentite dall’art. 106, c. 2, TFUE alla disciplina sulla concorrenza
qualunque impresa sulla quale un’amministrazione aggiudicatrice (o un ente aggiudicatore) possa esercitare un’“influenza dominante”: requisiti di tale “influenza” sono la proprietà pubblica, ovvero la partecipazione finanziaria, oppure alcune previsioni normative dirette a realizzare la stessa “influenza dominante”, che, comunque, si presume (in ogni caso, lasciandosi
— al di fuori dei casi nei quali opera tale presunzione — un ampio spazio alla discrezionale ricostruzione della fattispecie ad opera dell’interprete) — art. 7. c. 4, lett. a, b, c —, qualora i soggetti sopra indicati: detengano — nei confronti di tale impresa — “la maggioranza del capitale sottoscritto”; “controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa”; “possono designare più della metà dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza”. Il rapporto tra la qualificazione dell’impresa pubblica e l’applica- zione della normativa europea sulle procedure per la stipula dei contratti delle pubbliche amministrazioni è esaminato in X. XXXXXXX XXXXXX, Impresa pubblica, fini sociali, servizi di interesse generale, in questa Rivista, 2006, 5, pp. 747 e ss.; X. XXXXXXXX, L’organismo di diritto pubblico, l’impresa pubblica e la delimitazione soggettiva della disciplina sugli appalti pubblici, in Foro amm. - CdS, 2003, 12, pp. 3827 e ss.; X. XXXXX, Ente pubblico, impresa pubblica, organismo di diritto pubblico, in questa Rivista, 2000, 3-4, pp. 839 e ss.
(69) Ai sensi dell’art. 10, c. 1, infatti, la citata procedura non si applica alle concessioni affidate ad “un’amministrazione aggiudicatrice o a un ente aggiudicatore di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), o a un’associazione dei medesimi in base a un diritto esclusivo”, ovvero non deve essere esperita per le “concessioni di servizi aggiudicate ad un operatore economico sulla base di un diritto esclusivo (...) concesso ai sensi del TFUE e di atti giuridici dell’Unione recanti norme comuni in materia di accesso al mercato applicabili” alle attività indicate nel menzionato Allegato II.
(70) Si veda l’art. 106, TFUE per la nozione di impresa alla quale uno Stato riconosca “diritti speciali o esclusivi”.
(71) Sui “diritti speciali o esclusivi” connessi ad un’impresa pubblica si vedano X. Xxxxxxx Xxxxxx, Impresa pubblica, fini sociali, servizi di interesse generale, cit.; X. XXXXXXXX, L’organismo di diritto pubblico, l’impresa pubblica e la delimitazione soggettiva della disciplina sugli appalti pubblici, cit.; X. XXXXX, Ente pubblico, impresa pubblica, organismo di diritto pubblico, cit.
per i servizi di interesse economico generale (che significativamente, infatti, l’art. 4, Xxxxxxxxx 2014/23/UE rimette alla definizione adottata dagli Stati membri), dunque, conferma che principalmente la salvaguardia delle pre- rogative nazionali nella materia esaminata si lega proprio ai servizi di interesse economico generale, che rappresentano un’importante parte delle fattispecie per le quali le pubbliche amministrazioni statali ricorrono agli affidamenti concessori (72).
Anche l’art. 16 si inserisce nell’ambito del bilanciamento tra i principi sopra menzionati e, infatti, dispone che, qualora la concorrenza sia garantita “a monte” per un particolare settore (secondo una procedura disciplinata dagli artt. 34 e 35, Diretgiva 2014/25/UE), le concessioni affidate in tale settore possano essere esonerate dalla procedura pubblicistica (73).
Il problema del contemperamento tra i diversi principi indicati è significativamente rilevante rispetto alle questioni poste dalla Direttiva 2014/23/UE per il settore dei servizi, che, ad esempio, in Italia, rappresen- tano una significativa e problematica parte degli affidamenti concessori (74). Nell’esame di tale aspetto, infatti, dobbiamo — come si è detto — considerare due profili riguardanti, da una parte, il rapporto tra la disciplina
(72) La possibilità della deroga alla procedura pubblicistica nel senso appena indicato può acquisire un rilievo significativo nell’ordinamento italiano con riferimento al sistema dei servizi pubblici locali, per i quali, ad esempio, la qualificazione dell’esclusività riferita ai diritti conferiti a taluni operatori nell’ambito del medesimo settore potrebbe essere utilizzata dalle amministrazioni aggiudicatrici nella direzione dell’applicazione di quella deroga. Per la nozio- ne del servizio economico generale (anche in relazione alle deroghe che essa possa comportare per le regole sul funzionamento del mercato europeo) sembra possibile rinviare a M. CREMONA, Market Integration and Public Services in the Xxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxx, 0000; N. XXXXXXXX, Putting services of general economic interest up for tender: Reflections on applicable EU rules, in Common Market Law Review, 2013, pp. 87 e ss.; X. XXXXX, I servizi di interesse economico generale. Stato, mercato e welfare nel diritto dell’Unione Europea, Milano, 2010; X. XXXXXXXX (ed.), The European Social Model and Transitional Labour Markets, Famham, 2009; X. XXXXXX, I servizi “pubblici” economici nell’ordinamento Nazionale ed Europeo, alla fine del primo decennio del XXI secolo, in Dir. amm., 2010, pp. 1 e ss. Del resto, lo stesso diritto europeo, al Protocollo (n. 26) del TFUE statuisce (all’art. 1) che “i valori comuni dell’Unione” nel “settore dei servizi di interesse economico generale (...) comprendono (...) il ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti”.
(73) Per la distinzione tra una concorrenza “a monte” ed una “a valle” nel settore delle
concessioni di servizi si veda D.U. GALETTA, Forme di gestione dei servizi pubblici locali ed in house providing nella recente giurisprudenza comunitaria e nazionale, in questa Rivista, 2007, 1, pp. 17 e ss.
(74) Si veda quello che si è osservato nelle note precedenti per i servizi pubblici locali in Italia. Sul problematico rapporto della normativa italiana, per questa materia, rispetto al diritto europeo rinviamo anche alle riflessioni ed alla dottrina proposte, più avanti, con riferimento alla questione dell’affidamento in house. Sulla concessione di servizi (e con una particolare attenzione a quelli pubblici) in Italia citiamo, ancora, R. CAVALLO PERIN, La struttura della concessione di servizio pubblico locale, cit.; X. XXXXX, Le concessioni di pubblici servizi tra provvedimento e contratto, cit.; F. MASTRAGOSTINO (a cura di), Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico, op. cit.; G. MIELE, Ente pubblico e concessione di servizi pubblici, in Foro amm., 1942, I, II pp. 235 e ss.; A. PIOGGIA, La concessione di servizio pubblico come provvedimento a contenuto convenzionale determinato. Un nuovo modello per uno strumento antico, cit.
appena menzionata e quella della Direttiva 2006/123/CEE, diretta alla liberalizzazione di questo mercato e, d’altra parte, le risorse idriche (75).
Nella prima direzione, si deve comprendere quali siano i criteri in forza dei quali, in presenza della necessità di consentire la prestazione di alcuni servizi, una pubblica amministrazione possa coordinare il regime discipli- nato da questa Direttiva (che, all’art. 9, prevede che, solo sussistendo alcune ragioni elencate nella stessa disposizione, l’esercizio di un servizio possa essere subordinato ad un atto autorizzatorio, perciò, relegando a talune più restrittivamente ammesse — posto che, come si è spiegato, le concessioni comportano un’ancora più incisivo condizionamento delle dinamiche con- correnziali — i casi nei quali tale servizio sia affidato attraverso le medesime concessioni) con il ricorso all’affidamento concessorio secondo la Direttiva 2014/23/UE (76).
I due regimi, a parere di chi scrive, sono sovrapponibli con le seguenti precisazioni: se è vero che, nella nozione dell’atto auotirzzatorio, indicata nel citato art. 9, sono compresi anche gli atti amministrativi con i quali è deliberata la stipula di una concessione e la Direttiva 2006/123/CEE distin- gue tra il “regime di autorizzazione” (comprendente anche le concessio- ni (77)) e l’autorizzazione stricto sensu — anch’essa inclusa nella prima
(75) La definizione della concessione di servizi è desumibile dall’art. 5, c. 1, n. 1 e coincide con quella sopra ricordata con riferimento alla normativa precedentemente vigente.
(76) L’art. 9, Xxxxxxxxx 2006/123/CEE, infatti, statuisce che, secondo la regola generale, i servizi non debbano essere subordinati ad un “regime autorizzatorio”, al quale gli Stati possono assoggettare i medesimi servizi solo in presenza delle seguenti ragioni: esso non deve essere “discriminatorio nei confronti del prestatore” (art. 9, c. 1, lett. a); “la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale” (art. 9,
c. 1, lett. b); “l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia” (art. 9, c. 1, lett. c). Sul “regime di autorizzazione” individuato dalla Direttiva appena citata si vedano X. XXXXXXXXXX, Liberalizzazioni e libertà di impresa, cit.; X. XXXXXXX, Direttiva “Bolkestein”, silenzio-assenso, d.i.a.,“liberalizzazioni temperate”, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, A.P. 29 luglio 2011 n. 15, in Foro amm. - TAR, 2011, pp. 2978 e ss.; D.M. TRAINA, Disciplina del commercio, programmazione e urbanistica, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2011, 2-3, pp. 119 e ss.; H. DE WAELE, The Transposition and Enforcement of the Services Directive: A Challenge for the European and the National Legal Orders, in European Public Law, 2009, 15, pp. 523 e ss.
Sulla tradizionale definizione delle autorizzazioni amministrative nel diritto italiano, anche rispetto alla concessione, rinviamo a X. XXXXXX, Atto complesso, autorizzazione e approvazione, in Arch. giur., 1903, pp. 3 e ss.; U. FORTI, X. XXXXXXXXX, Autorizzazione (diritto amministrativo), in Nov. Dig. it., Torino, 1957, pp. 1580 e ss.; X. XXXXXXXX, Autorizzazione amministrativa e situazioni giuridiche soggettive, Napoli, 1996; X. XXXXXXXXX, Le autorizzazioni amministrative costitutive di rapporti giuridici fra amministrazioni e privati, Milano, 1957, x. XXXXX, Autorizzazioni amministrative e liberalizzazione dei mercati. Il quadro comunitario, Torino, 2006; A. ORSI XXXXXXXXXX, Autorizzazione amministrativa, in Dig. Disc. pub., Torino, 1987, pp. 58 e ss.; X. XXXXXXXXXX, Teoria generale delle autorizzazioni e delle concessioni amministrative, in Giur. it., 1894, pp. 25 e ss.; X. XXXXXXXXXX, Concetto e natura della autoriz- zazione e concessioni amministrative, cit.; X. XXXXXXXXX, La natura giuridica dell’autorizzazione amministrativa, Padova 1944.
(77) Il diritto europeo, infatti, nella Direttiva 2006/12/CEE, mostra — rispetto alla terminologia del diritto italiano — una sosatnziale confusione tra il nomen concessione e quello concernente l’autorizzazione: ad esempio, il considerando n. 39 afferma che il “regime di autorizzazione (...) dovrebbe comprendere (...) le procedure amministrative per il rilascio di
nozione —, che corrisponde all’atto amministrativo definito quale autoriz- zazione nell’ordinamento italiano, un’interpretazione sistematica nei con- fronti delle norme ricordate dovrebbe comportare un più penetrante onere della motivazione per l’affidamento di una concessione, così da considerarla un’ipotesi speciale rispetto al generale regime dell’art. 9, giustificando l’autonoma disciplina configurata nella Direttiva 2014/23/UE (78).
Sebbene, infatti, la giurisprudenza commentata — e nel diritto europeo non sembrano rinvenirsi altre indicazioni su tale aspetto —, per il momento, non abbia individuato alcuni limiti alla discrezionalità amministrativa rispet- to alla scelta dell’affidamento — dell’erogazione di questi servizi — con la gara o in house, i principi e le regole desumibili dalla normativa europea, invece, sembrano consentire un’univoca soluzione al problema sopra sug- gerito. Poiché la Dirrettiva 2006/123/CEE, nelle disposizioni citate, solo nelle circostanze ricordate ammette la subordinazione dell’esercizio di un servizio ad un “regime di autorizzazione” e, così, agli Stati impone un onere di motivazione (sulla sussistenza di queste circostanze) per tutti gli atti con i quali la fattispecie autorizzatoria venga introdotta con tale modalità, un analogo e più stringente onere deve sussistere per i contratti concessori, i quali, appunto, più incisivamente comprimono la libera prestazione dei servizi, tutelata dalla Direttiva 2006/123/CEE, e, quindi, sono la più consi- stente eccezione alla regola posta dall’art. 9 (un’interpretazione diversa sarebbe illogica, contrastando con il differenziato regime normativo previ- sto dalle due Direttive appena commentate) (79).
Tale onere, che significativamente circoscrive la discrezionalità del legislatore e delle pubbliche amministrazioni nazionali, rappresenta un parametro del sindacato — sulla legittimità — dei loro atti e, per le ragioni dette, è coerente con la complessiva descritta ratio della Direttiva 2014/23/ UE.
autorizzazioni, licenze, approvazioni o concessioni”, mentre, d’altra parte, se l’art. 9 (nel titolo) è riferito al “regime di autorizzazione”, l’art. 10 menziona l’autorizzazione stricto sensu, sebbene, poi, finisca per utilizzare intercambiabilmente anche la locuzione del “regime di autorizzazione”.
(78) Tale più penetrante onere si connette alle osservazioni, finora, svolte sulla natura della concessione quale incisivo strumento per il condizionamento delle dinamiche del mercato europeo, secondo le caratteristiche — fin dall’origine — proprie di tale fattispecie (rinviamo alle considerazioni svolte nei primi due paragrafi per questi aspetti). Rispetto al problema del rapporto con l’autorizzazione ricordiamo (per comprendere meglio il diverso grado con il quale le due fattispecie incidono sulle medesime dinamiche concorrenziali) che la concessione ha (in virtù delle disposizioni citate) una durata limitata, proprio perché il legislatore europeo riconosce che la stessa fattispecie possa configurare posizioni oligopolistiche o monopolistiche nel mercato rilevante; d’altra parte, la procedura preordinata alla stipula di una concessione è estremamente articolata (rispetto a quella della mera autorizzazione, tesa a valutare la conformità di un’istanza rispetto ad alcuni requisiti determinati dalla legge) ed accede ad un atto necessariamente contrattuale, così da rendere estremamente gravosa (e, appunto, incisiva sulle ricordate dinamiche concorrenziali) questa condizione dell’esercizio di un’attività econo- mica. Rinviamo — per tali aspetti —, ancora, alle considerazioni ed alla dottrina proposte nel precedente paragrafo per i medesimi profili.
(79) Sulla natura della libertà (non subordinata ad un previo atto amministrativo) propria — in virtù della citata regola generale — delle attività consistenti nella prestazione di un servizio si veda H. DE WAELE, The Transposition and Enforcement of the Services Directive: A Challenge for the European and the National Legal Orders, cit., pp. 523 e ss.
Lo stesso profilo, però, non rileva per i servizi di interesse economico generale, più frequentemente interessati dalle concessioni (80), i quali, ai sensi dell’art. 2, c. 2, lett. a, Xxxxxxxxx 2006/123/CEE, sono esclusi rispetto all’applicazione della Direttiva.
Sempre con riferimento al settore dei servizi, si deve segnalare l’esclu- sione operata, per il servizio idrico, rispetto all’applicazione dei principi diretti ad obbligare (i soggetti menzionati agli artt. 6 e 7) all’esperimento della procedura pubblicistica: ai sensi dell’art. 12, c. 1, Direttiva 2014/23/UE, infatti, tale normativa non si applpica alle concessioni volte a: “fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile” (art. 12, c. 1, lett. a); “alimentare tali reti con acqua potabile” (art. 12, c. 1, lett. b) (81).
Nella mancanza di un’espressa disciplina, l’interprete potrebbe chie- dersi se il settore idrico rientri tra quelli ascrivibili al generale regime della
(80) Si vedano le osservazioni, finora, proposte sul rilievo di tali servizi (nella disciplina delle concessioni in Italia) rispetto all’afidamento della gestione di quelli pubblici locali.
(81) L’acqua è stata interessata da alcuni atti normativi europei, soprattutto, diretti alla sua tutela dall’inquinamento, ma non particolarmente attenti alle modalità gestorie, finora, affidate alle discrezionali scelte organizzatorie nazionali. Ad esempio, con la Direttiva 2000/ 60/CEE (in Gazzetta ufficiale, L 327, 22/12/2000, pp. 1 e ss.) — recentemente modificata con la Direttiva 2009/31/CEE, in Gazzetta ufficiale, L 140, 05/06/2009, pp. 114 e ss. — è stata adottata una normativa — “quadro” — nel senso appena indicato, fondata sull’organizzazione amministrativa secondo i “bacini idrografici” e diretta al perseguimento degli obbiettivi della protezione delle “acque superficiali”, di quelle “sotterranee”, delle “aree protette” e dell’“am- biente in senso più ampio”; tale normativa, poi, è integrata settorialmente attraverso alcune specifiche disposizioni, quali quelle riguardanti l’“acqua potabile”, contenute nella Direttiva 98/83/CEE (in Gazzetta ufficiale, L 330, 05/12/1998, pp. 32 e ss.); si deve segnalare anche che l’UE è una parte di alcune Convenzioni internazionali per la protezione delle acque (sempre, però, prevalentemente nella prospettiva della tutela ambientale), come la Convenzione di Barcellona (16 febbraio 1976), la Convenzione di Helsinki (22 marzo 1974) per “la protezione del marBaltico”, la Convenzione di Helsinki (17 marzo 1972) per la “protezione e l’utilizza- zione dei corsi d’acqua transfrontalieri edei laghi internazionali”, la Convenzione di Berna (12 aprile 1999) per “la protezione del Reno”, la Convenzione OSPAR per la protezione dell’am- biente marino dell’Atlantico nordorientale (22 settembre 1992). Un accenno alle problematiche gestorie nel senso (recepito dalla Direttiva 2014/23/UE) delle specialità del regime delle acque, quale bene caratterizzato da un rilievo collettivo (tale da renderlo incompatibile con la gestione delle attività economiche con una natura commerciale), si veda il considerando n. 1, Direttiva 2000/60CEE; nella medesima direzione citiamo anche COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio - Verso una gestione sostenibile delle acque nell’Unione europea - Prima fase dell’attuazione della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE), COM/2007/0128 def.
Sul diritto europeo riguardante la materia dell’acqua rinviamo a D. XXXXXXXX, Refor-
ming EU Water Law: Towards Sustainability?, in European Energy and Environmental Law Review, 2001, 10, 2, pp. 41 e ss. ed a M. XXX XXXXXXXX, X. VOGELEZANG-XXXXXX, The Influence of Environmental Quality Standards and the River Basin Approach taken in the Water Framework Directive on the Authorisation of Plant Protection Products, in European Energy and Environmental Law Review, 2008, 2, pp. 78 e ss. Per I problemi posti in Italia, con riferimento al sistema per la gestione delle risorse idriche, citiamo, soprattutto, in relazione alle modalità gestorie ed ai contratti concessori rilevanti per tale settore, E. BOSCOLO, Le politiche idriche nella stagione della scarsità, Milano, 2012; G. CAIA, Finalità e problemi dell’affidamento del servizio idrico integrato ad aziende speciali. Purposes and problems about the award of the integrated water service to special undertaking, in Foro amm. - TAR, 2012, pp. 663 e ss.
libera “prestazione dei servizi” — ai sensi dell’art. 9, Xxxxxxxxx 2006/123/ CEE — (al più, assoggettato ad un “regime di autorizzazione” non carat- terizzato dalla complessa procedura volta alla stipula di un contratto — come avviene nel caso della concessione — e diretta — anche sulla base delle ipotesi del citato art. 10 — a tutelare i “diritti esclusivi” nella prospet- tiva di un interesse economico generale) oppure se l’esclusione sopra ricor- data dimostri l’intenzione di prevedere un regime speciale per le risorse idriche, nel quale i particolari interessi generali, così, coinvolti implichino una limitazione del confronto concorrenziale.
Il coordinamento tra l’art. 12 ed il considerando n. 40 (della medesima Direttiva), tuttavia, non lascia alcun dubbio sulla soluzione rispetto al problema appena posto: tale considerando connette, infatti, la menzionata esclusione alla natura dell’acqua quale “bene pubblico di valore fondamen- tale per tutti i cittadini dell’Unione”, al quale l’individuazione di “regimi specifici” (qualificati dall’attenuazione del rigoroso rispeto delle regole della concorrenza) e “complessi” è connaturata.
4. Il principio della procedura pubblicistica e l’eccezione dell’in house providing per le concessioni.
Le disposizioni della Direttiva 2014/23/CEE con riferimento al pro- blema degli affidamenti in house possono analogamente essere lette secondo la ratio — sopra indicata e centrale nelle riflessioni svolte nel presente con- tributo — diretta ad individuare un contemperamento tra i citati principi di “non discriminazione” e di “libertà di stabilimento” (o di libera “prestazione dei servizi”) — e, quindi, di tutela della concorrenza nel mercato europeo — e l’esigenza (più volte, menzionata) della salvaguardia della discrezionalità (organizzatoria e procedimentale) degli Stati membri in settori connessi al- l’esercizio di tradizionali attività, rientranti nella competenza dei pubici po- xxxx, come quelle legate ai servizi di interesse economico generale (82).
Anche in relazione a questo profilo, sembra opportuno un richiamo alla giurisprudenza europea (e specificamente a quella della Corte di giustizia), che, avendo, per la prima volta, enucleato i principi rilevanti per gli affida- menti in house, rappresenta il contesto sulla base del quale le regole disposte dalla Direttiva 2014/23/UE devono essere esaminate ed interpretate.
Tale giurisprudenza, a parere di chi scrive, complessivamente può essere suddivisa in due fasi.
Un primo momento, coincidente con le pronunce anteriori al 2007, è caratterizzato da una linea rigorosa (e coerente), diretta a delineare, secon- do criteri restrittivi, le condizioni per il ricorso agli stessi affidamenti in house. Un successivo periodo, invece, contraddice (pur senza negarli espres- samente) i principi affermati nella prima e nella seconda fase e, così, risulta caratterizzato da una maggiore apertura verso la possibilità del ricorso
(82) Si veda, appunto, per tale profilo, l’esempio dei servizi pubblici locali in Italia ed il connesso problema degli affidamenti in house secondo quello che viene, più avanti, osser- vato.
all’affidamento (di un lavoro o di un servizio) attraverso l’in house provi- ding, soprattutto, con riferimento alla società mista (83).
(83) Per tale periodizzazione della giurisprudenza sull’in house providing sia consentito riferirsi a X. XXXXXXX, I partenariati pubblico - privati nella prospettiva del diritto europeo, cit. Sul problema degli affidamenti in house, esclusivamente considerati nell’ambito del di-
ritto europeo (e con un riferimento alla citata giurisprudenza), si vedano X. XXXXX, X. XXXX- MER, The In-House Providing in European Law, Copenhagen, 2010; N. XXXXXXXX, Putting ser- vices of general economic interest up for tender: Reflections on applicable EU rules, cit.; X. XXXXXXXXXXX, The Economic Constitution of the EU Treaty and the Limits between Economic and Non-economic Activities, in European Business Law Review, 2012, 23, 6, pp. 973 e ss.
In Italia, la questione degli stessi affidamenti si è legata — come si accennava — a quella delle forme di gestione dei servizi pubblici locali: la medesima questione è stata caratterizzata da numerosi problemi rispetto alla conformità al diritto europeo (anche in relazione all’utilizzo dello strumento concessorio — rinviamo alle osservazioni ed alla dottrina già proposte per questo profilo): il primo problema ha riguardato, ai sensi degli artt. 113 e ss., d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (“Testo unico degli enti locali”), l’affidamento (diretto) alla società mista, per la quale — come si vedrà — il diritto europeo ha, solo negli ultimi anni, chiarito i requisiti per il ricorso all’in house providing, mentre il diritto italiano ammetteva lo stesso affidamento (soprattutto, dopo Cons. St., A.P., sent. 3 marzo 2008, n.1— in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx
—, nella quale si argomentava come la scelta del partner privato attraverso una procedura ad evidenza pubblica — qualora tale xxxxxxxx avesse un carattere di stabile collaborazione con la pubblica amministrazione, secondo alcuni indici precisati da questa pronuncia — fosse idonea a non rendere obbligatoria la “doppia gara” — e, quindi, la successiva procedura ad evidenza pubblica — per l’affidamento del servizio alla società, così, costituita — su questa problematica sia consentito rinviare a X. XXXXXXX, I partenariati pubblico-privati nella prospettiva del diritto europeo, cit.). Un secondo connesso aspetto, invece, aveva riguardato la normativa introdotta con le modifiche legislative intervenute dopo il 2006 e, soprattutto, attraverso il d.l. 25 settembre 2009, n. 223,convertito nella l. 20 novembre 2009, n. 166, le quali sostanzialmente avevano legato l’affidamento in house rispetto ad un’indagine di mercato, condotta dagli enti locali a quel fine, normativa, poi, come è noto, travolta dal referendum del 2011 e, quindi, modificata con la l. 12 novembre 2011, n. 183 e con il d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito nella l. 24, marzo 2012, n. 27.
Sui problemi posti dal diritto italiano in relazione al sistema per l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali secondo la l. 8 giugno 1990, n. 142 (“Ordinamento delle autonomie locali”) si veda R. CAVALLO PERIN, Comuni e Provincie nella gestione dei servizi pubblici locali, Napoli, 1993; per le questioni connesse al medesimo sistema ai sensi degli artt. 113 e ss., d.lgs. n. 267/2000, prima delle vicende concernenti il detto referendum, citiamo X. XXXXXXX, Appalti in house, concessioni in house ed esternalizzazione, in questa Rivista, 2001, 2, pp. 495 e ss.; X. XXXXXXXX, La gestione di lavori, servizi e forniture degli enti locali alla luce ella sentenza del Consiglio di Stato 10 marzo 2003, n. 1289 e della giurisprudenza comunitaria, in xxx.xxxxxxxxx.xx, 2003, 10; X. XXXXXX, Legittimi gli affidamenti in house anteriori alla legge di riforma dei servizi pubblici locali?, in Foro amm. - TAR, 2004, pp. 1172 e ss.; M.P. CHITI, Verso la fine del modello di gestione dei servizi pubblici locali tramite società miste, cit.; G. DI XXXXXXX, Servizi pubblici locali in trasformazione, cit.; X. XXXXXXX, Partenariati pubblico - privati ed in house providing, cit.; X. XXXXX, Gli appalti pubblici di servizi e forniture; le concessioni di pubblico servizio e il principio della gara, cit.; X. XXXXX, Società miste e affidamenti in house nella più recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale, cit.; X. XXXXX, Concessioni di pubblici servizi, principi dell’in house providing e situazioni interne: Corte CE, sez. 1, 13 ottobre 2005, cit.; A. XXXXXXX, L’“in house providing”: una questione da definire, in Giorn. dir. amm., 2004, 8, pp. 849 e ss.; X. XXXXXXXX, Affidamento diretto di servizi a società a prevalente capitale pubblico locale e principi comunitari di concorrenza, in Foro amm. - TAR, 2003, pp. 2175 e ss.;
X. XXXXXXXXXX, Regole e mercato nei servizi pubblici, cit.; A. PIOGGIA, L’amministrazione
pubblica in forma privata. un confronto con la Francia e una domanda: che fine ha fatto il “pubblico servizio” in Italia?, cit.; X. XXXXXXXX, Tipicità e autonomia nei servizi pubblici locali, op. cit.; X. XXXXXXXXXXX,La natura giuridica delle società a partecipazione pubblica e dei consorzi per la gestione dei servizi pubblici locali, in Foro amm. - TAR, 2010, pp. 2733 e ss.; X. XXXXXX, Servizi pubblici locali e concorrenza, cit. Sulla fase successiva alle riforme legislative
Al primo periodo appartengono le sentenze Teckal (84), Stadt Hal- le (85), Parking Brixen (86), Anav - Comune di Bari (87), Carbotermo (88) e Tragsa - Empresa de Trasformaciòn Agraria S.A. (89), nelle quali il giudice europeo ha definito i concetti del “controllo analogo” e dell’“eser- cizio prevalente dell’attività”: alcune delle fattispecie decise in queste pronunce, appunto, riguardavano il caso dell’affidamento concessorio.
Con riferimento al primo concetto, la Corte di giustizia argomentava come il “controllo analogo” fosse l’esercizio, consentito all’amministrazione aggiudicatrice, nei confronti del soggetto affidatario (dell’appalto o della concessione), di un controllo corrispondente a quello esercitato dalla me- desima amministrazione verso i propri organi (o “servizi”), rispetto al quale, per un verso, la sentenza Stadt Halle precisava che dovesse sussistere la totale partecipazione finanziaria pubblica — da parte della stessa ammini- strazione — nei confronti del capitale dell’affidatario — solo in tale modo, infatti, la Corte riteneva possibile l’omogeneità dei fini (pubblici) tra i due soggetti, quale essenziale requisito del controllo appena menzionato (90)
—, mentre, per altro verso, la ricordata pronuncia Parking Brixen, ancora, osservava come, per concretizzare il “controllo analogo”: l’amministrazione dovesse realizzare (verso l’affidatario) un’“influenza determinante (...) sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti”; per conseguenza, fossero necessari (in aggiunta alla totale partecipazione finanziaria pubbli- ca): a) il perseguimento (da parte dello stesso destinatario, in base alla definizione statutaria del suo oggetto sociale) di interessi di rilievo generale;
b) l’impossibilità (statutariamente prevista) di apertura del capitale (del destinatario) a persone diverse dall’amministrazione aggiudicatrice; c) l’as- senza (per gli organi amministrativi dello stesso destinatario) di margini di
connesse al referendum indicato si vedano G. CAIA, Finalità e problemi dell’affidamento del servizio idrico integrato ad aziende speciali. Purposes and problems about the award of the integrated water service to special undertaking, cit.; X. XXXXXXXXXX, Principi e norme ammini- strative sui limiti di azione delle società a partecipazione pubblica locale. Principles and administrative rules on the limits of action of local public companies, in Foro amm. - TAR, 2012, 1, pp. 3713 e ss.; X. XXXXX, Morte, resurrezione e “trasfigurazione” dell’in house, in questa Rivista, 2013, 2, pp. 496 e ss., X. XXXXXXXXX BANFI, Procedure concorrenziali e regole di concorrenza nel diritto dell’Unione e nella Costituzione (all’indomani della dichiarazione di illegittimità delle norme sulla gestione dei servizi pubblici economici), in questa Rivista, 2012, 5, pp. 723 e ss.
(84) CGCE, sent. 18 novembre 1999, in C-107/98, in xxx.xxxxx.xx.
(85) CGCE, sent. 11 gennaio 2005, in C-26/03, in xxx.xxxxx.xx.
(86) CGCE, sent. 13 ottobre 2005, in C-458/03, in xxx.xxxxx.xx.
(87) CGCE, sent. 6 aprile 2006, in C-410/04, in xxx.xxxxx.xx.
(88) CGCE, sent. 11 maggio 2006, in C-340/04, in xxx.xxxxx.xx.
(89) CGCE, sent. 19 aprile 2007, in C-295/05, in xxx.xxxxx.xx.
(90) CGCE, sent. 11 gennaio 2005, cit. Per tale tema (e per un’interpretazione della stessa pronuncia quale argomentazione diretta a definire non legittimi — per il diritto europeo
— gli affidamenti in house verso le società miste, anche con il socio scelto con una procedura ad evidenza pubblica) sia consentito rinviare a X. XXXXXXX, La nuova ricostruzione dell’in house providing proposta dalla Corte di giustizia nella sentenza Xxxxxx Xxxxx, in questa Rivista, 2005, 3-4, pp. 1004 e ss.
autonomia di decisione (rispetto alle indicazioni dell’amministrazione) sul piano della gestione (91).
L’“esercisio prevalente dell’attività” era delineato, invece, con riferi- mento al principale svolgimento dell’attività (del destinatario) a vantaggio dell’ente affidante, così da risultare “ogni altra attività” provvista di un “carattere” solo “marginale” e non rilevando la concreta remunerazione della prestazione (che poteva materialmente provenire anche da un sogget- to diverso — dall’amministrazione aggiudicatrice — o dall’utente), mentre, nella sentenza Tragsa - Empresa de Trasformaciòn Agraria S.A., si precisava che “la parte più importante (dell’attività della) società” sarebbe “realizza- ta(a) con gli enti e gli organismi pubblici che la controllano”, producendo questa “mediamente” più del 55%” del proprio esercizio “con le comunità autonome e circa il 35% con lo Stato” (92).
Nella seconda fase la Corte di giustizia pronuncia alcune significative sentenze, in primo luogo, sul problema (ai fini dell’applicazione dei requisiti già indicati per l’in house providing) della compartecipazione da parte di più enti con riferimento ad un soggetto affidatario (93) e, in secondo luogo, per la questione della società mista pubblico - privata (94).
Sul primo profilo la Corte chiarisce che il “controllo analogo” non è escluso dalla contemporanea partecipazione finanziaria da parte di altri soggetti, insieme a quello pubblico (o coincidente con l’amministrazione aggiudicatrice) maggioritario, (principio), tuttavia, corretto (rispetto alle precedenti affermazioni formulate nella sentenza Coname (95)), ora, nel senso di richiedere unicamente che i soggetti compartecipanti siano parte- cipati da quello detentore della maggioranza del capitale (96): come si vede, la deroga alle regole precedentemente affermate è evidente, dal momento che, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, i soggetti com- partecipanti non devono essere enti pubblici o organismi di diritto pubblico, essendo sufficiente che essi siano “imprese comunali” (o, comunque, par- tecipate da altro ente pubblico o da un organismo di diritto pubblico) — in ipotesi, anche non totalitariamente (o maggioritariamente) —, anche con- siderandosi che la possibilità, per i privati, di partecipare al capitale della società aggiudicataria, “in considerazione in particolare della forma socie- taria di quest’ultima, non è sufficiente, in assenza di una loro effettiva partecipazione al momento della stipula di una convenzione come quella di
(91) CGCE, sent. 13 ottobre 2005, cit., p. 73.
(92) CGCE, sent. 11 maggio 2006, cit., pp. 63, 65, 66, 67 e 72.
(93) Per tali fattispecie, soprattutto, citiamo CGCE, sent. 17 luglio 2008, in C-371/05, in xxx.xxxxx.xx; CGCE, sent. 29 novembre 2012, in C-182/11 e C-183/11, in xxx.xxxxx.xx; CGCE, sent. 8 maggio 2014, in C-15/13, in xxx.xxxxx.xx.
(94) Si veda CGCE, sent. 15 ottobre 2009, cit.
Su tale seconda fase della giurisprudenza europea sia consentito rinviare (per le sentenze fino al 2009) a X. XXXXXXX, I partenariati pubblico-privati nella prospettiva del diritto europeo, op. cit., pp. 1537 e ss.
(95) CGCE, sent. 21 luglio 2005, in C-231/03, in xxx.xxxxx.xx.
(96) CGCE, sent. 17 luglio 2008, cit.
cui trattasi (...), per concludere che la prima condizione, relativa al controllo dell’autorità pubblica, non sia soddisfatta” (97).
Con riferimento alla società mista, invece, il giudice europeo viene, ora, espressamente ad ammettere (contrariamente a quello che sembrava ar- guirsi dalla citata pronuncia Xxxxx Xxxxx (00)) la possibilità dell’affidamento in house a vantaggio di una società di quel tipo, qualora il socio privato venga scelto con una procedura ad evidenza pubblica (tuttavia, non preci- sandosi adeguatamente — nella medesima pronuncia — quali debbano essere le caratteristiche di questa procedura) (99).
Il contributo della Direttiva 2014/23/UE alla soluzione delle contrad- dizioni presenti nella giurisprudenza ricordata è (ancor più rispetto a quello che si è rilevato per una generale definizione della concessione) rilevante e significativo, sebbene la stessa Direttiva confermi un orientamento diretto ad attenuare (rispetto alla linea interpretativa affermata con le menzionate sentenze Stadt Halle e Parking Brixen, fino al 2007) il rigore dei requisiti dell’in house providing.
L’art. 17, cc. 1 e 2 disciplina, per la prima volta, l’affidamento in house e lo riferisce alle due ipotesi, nelle quali, da una parte, esso avvenga tra uno dei soggetti indicati agli artt. 6 e 7 ed un’entità (pubblica o privata), sulla quale il primo soggetto eserciti un controllo “analogo”, qualora “oltre l’80
% delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore controllante o da altre persone giuridiche control- late dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore di cui trattasi” (art. 17, c. 1, lett. a e b): lo stesso “controllo analogo” è concretiz- zato attraverso “un’influenza decisiva sugli obiettivi strategici e sulle deci- sioni significative della persona giuridica controllata” e “può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice” (“o dall’ente aggiudicato- re”) — art. 17, c. 2. In tale nozione, sembra permanere la centralità dell’elemento della partecipazione finanziaria (compiendosi, però, per que- sto aspetto, un arretramento rispetto alla ricordata sentenza Parking Brixen, nella quale vi era l’ampio e dettagliato riferimento anche agli strumenti del controllo societario), che, tuttavia, non deve necessariamente essere totale, poiché si ammettono le “forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto” — “prescritte dalle disposizioni (...)
(97) Sent. ult cit. La possibilità dell’affidamento ad una società partecipata da più enti è, poi, anche ammesso da CGCE, sent. 29 novembre 2012, cit. e sent. 8 maggio 2014, cit., nella quale si osserva che, comunque, — a garanzia dell’omogeneità tra il soggetto affidante e quello affidatario richiesta dalla citata pronuncia Stadt Halle per l’in house providing — viene richiesto che l’entità affidataria eserciti un’attività qualificabile (quantomeno) nei termini del servizio pubblico.
(98) Per tale interpretazione sia, ancora, consentito rinviare a X. XXXXXXX, La nuova ricostruzione dell’in house providing proposta dalla Corte di giustizia nella sentenza Xxxxxx Xxxxx, cit., pp. 1004 e ss.
(99) CGCE, sent. 15 ottobre 2009, cit. Per alcune considerazioni in tale senso si veda quello che si era già osservato in X. XXXXXXX, I partenariati pubblico-privati nella prospettiva del diritto europeo, cit., pp. 1537 e ss.
nazionali, in conformità dei trattati” —, “che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata” (art. 17, c. 1, lett. c). D’altra parte, l’art. 17, c. 2 ammette che il soggetto in house possa affidare una concessione alla propria amministrazione affidataria, o ad un’entità che essa controlla nei termini appena indicati.
Rispetto a questa normativa, in primo luogo, deve essere segnalato il positivo tentativo della delimitazione del rilievo della partecipazione finan- ziaria privata — che, in maniera non sufficientemente precisata, era stata ammessa nella seconda fase della giurisprudenza sopra commentata — per la configurazione dell’in house providing nella materia delle medesime concessioni.
In secondo luogo, giova alla chiara determinazione della fattispecie anche l’introduzione di un espresso criterio quantitativo per la definizione della prevalenza dell’esercizio dell’attività nei confronti del soggetto affi- dante, integrandosi, anche sotto tale aspetto, la giurisprudenza citata.
Infine, ancora, nella stessa prospettiva, è apprezzabile il tentativo, operato dall’art. 17, c. 3, con riferimento alla precisazione delle condizioni della congiunta partecipazione da parte di più enti nei confronti del soggetto (potenzialmente) affidatario in house: rispetto a questa questione, tale disposizione, infatti, — secondo criteri, a parere di chi scrive, non razional- mente coordinati con quelli generali riguardanti le concessioni in house —, per potersi realizzare la compartecipazione menzionata, richiede che: “gli organi decisionali della persona giuridica controllata” siano “composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti” (lett. a); tali soggetti siano “in grado di esercitare congiunta- mente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica” (lett. b); “la persona giuridica controllata” non persegua “interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti (...) controllanti” (lett. c).
Il requisito dell’omogeneità degli interessi era, comunque, implicito nel sistema giuridico europeo, sulla base dei principi affermati nella giurispru- denza descritta e, in tale senso, sebbene sia richiamato solo con riferimento al caso della compartecipazione, deve essere ritenuto rilevante per tutti gli affidamenti in house riguardanti le fattispecie qualificabili nei termini della concessione (100).
Anche la disciplina della Direttiva 2014723/UE per l’in house provi- ding, perciò, conferma — secondo un orientamento comune alle diverse disposizioni esaminate —, con riferimento alle fattispecie concessorie, la tendenza del diritto europeo verso la ricerca di un equilibrio tra le istanze della concorrenza e quelle della salvaguardia delle prassi o delle normative nazionali volte a preservare, nel medesimo settore, l’esercizio di alcune tradizionali funzioni, soprattutto, connesse alla prestazione di taluni servizi di interessse economico generale, anche se tale equilibrio risulta — nell’in-
(100) Apparentemente, infatti, tale requisito sembrerebbe — nella formulazione (ap- pena citata) della Direttiva 2014/23/UE — riferito solo al menzionato caso della comparteci- pazione. Tuttavia, le ragioni sistematiche sopra ricordate sembrano prevalere su tale interpre- tazione letterale e propendere per la soluzione proposta.
xxxxx — diretto ad affermare la priorità della tutela dei citati principi concorrenziali “nel mercato” e “per il mercato”.
5. Osservazioni conclusive: la nuova disciplina delle concessioni ed il problema del contratto pubblico nel diritto europeo.
La Direttiva 2014/23/UE sembra, quindi, complessivamente realizzare un apprezzabile tentativo di sistemazione dei principi affermati, soprattutto, tramite le sentenze della Corte di giustizia, pur permanendo alcuni degli aspetti problematici segnalati.
Alcune osservazioni conclusive possono essere dedicate al modo in cui la descritta articolata disciplina delle stesse concessioni possa inquadrarsi rispetto al problema dell’individuazione di un’autonoma nozione del con- tratto pubblico nel diritto europeo.
Senza soffermarsi su tale complessa e problematica questione (che implicherebbe anche l’esame della normativa sugli appalti pubblici, esulan- do dallo scopo del presente studio), sembra possibile trarre, dai commenti svolti, l’impressione che il medesimo diritto europeo non tenda ad afferma- re un’unitaria figura per il contratto pubblico, connotata — nelle distinte fattispecie degli appalti e delle concessioni — da alcuni elementi comuni. Tale constazione è coerente con la finalità della conseguente normati-
va, che sembra volta a realizzare l’“effetto utile” riguardante il contenimen- to degli effetti economici distorsivi (rispetto al corretto funzionamento del mercato concorrenziale europeo) connessi alle procedure con le quali i soggetti pubblici affidano un appalto o una concessione (101): il principio dell’“effetto utile” induce, perciò, — come si è visto — ad adottare per la medesima concessione, una disciplina differenziata (e, per le ragioni dette, più rigorosa) rispetto a quella degli appalti pubblici.
Ad accomunare le diverse fattispecie identificate per ciascuno di questi affidamenti operati dai soggetti pubblici (definiti nei termini prescritti dalla normativa indicata) rimane l’interesse a fondamento delle particolari pro- cedure disciplinate dalle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE: tale interesse, però, non è, così, a parere di chi scrive, individuato nei termini di quello pubblico tradizionalmente inteso, ad esempio, dalla dottrina italiana in relazione al contratto pubblico (o “di diritto pubblico”) (102), ma è un’esigenza — come si è spiegato — fortemente connessa alla tutela del mercato (e della libertà dei suoi operatori) e, quindi, generale, ma non pubblica, quantomeno in senso soggettivo, poiché si riferisce ad un equili-
(101) Sulla teoria dell’effetto utile (come è noto, costantemente proposta dalla Corte di giustizia) nell’interpretazione del diritto europeo si veda M. DE XXXXXXX X., L’efficacité des différentes techniques nationales de protection juridique contre les violations du droit commu- nautaire par les autoritésnationales et les particuliers, in Cah. Droit Eur., 1981, pp. 379 e ss.
(102) Si veda, per tale configurazione, ad esempio, X. XXXXX, Il problema del contratto nel diritto amministrativo, cit., e X. XXXXXXXX, L’esercizio privato delle funzioni e dei servizi pubblici, cit.
Per l’analoga problematica nel diritto francese rinviamo a X. XXXXXXXXX, Théorie générale du contrat administratif, cit. ed a L. XXXXXX, Droit des contrats administratifs, cit.
brio tra gli interessi (generalmente, privati) dei diversi operatori economi- ci (103), il quale è tutelato dalla pubblica amministrazione (o dai soggetti a questa equiparati) solo per la posizione dell’imparzialità che la connota negli ordinamenti europei.
Secondo tale prospettiva, le norme esaminate (e quelle connesse sta- tali) non configurerebbero — come si è argomentato, invece, in una parte della dottrina (104) — l’attuazione di un nuovo “ordine pubblico economi- co”, così, nei termini della nullità ex artt. 1418 e 1343, c. c. configurando i vizi degli atti adottati nella violazione delle citate norme europee, ma individurebbero un interesse generale, reso vincolante attraverso alcune norme imperative, in modo da qualificare questa violazione come nullità ex art. 1418 (appunto, definita rispetto ad una norma imperativa).
Al di là di tali comuni questioni, il diritto euroepo sui contratti della pubblica amministrazione — come emerge dall’esame svolto riferito alla particolare disciplina adottata dalla Direttiva 2014/23/UE per la concessio- ne — non consente, perciò, l’individuazione di un’unitaria categoria del contratto pubblico e conferma, quindi, l’originalità dell’approccio del diritto europeo rispetto alle tradizionali nozioni disciplinate nella normativa na- zionale, nel quale, comunque, continuano ad avere un rilevante ruolo i principi giurisprudenziali (105).
(103) Se sulla distinzione tra l’interesse pubblico in senso oggettivo ed in senso soggettivo, con riferimento all’attività della pubblica amministrazione rispetto ai principi costituzionali, ricordiamo le riflessioni di X. XXXXXXXXXX, L’imparzialità amministrativa, Pado- va, 1965, rinviamo, invece, con specifico riferimento ai contratti della pubblica amministrazio- ne,a A. BENEDETTI, I contratti della pubblica amministrazione tra specialità e diritto comune, cit.;
X. XXXXXXX, Diritto pubblico e diritto privato nell’amministrazione, cit.; X. XXXXXXX IRELLI, Diritto amministrativo e diritto comune: principi e problemi, cit.; X. XXXXXXX XXXXXX, Note critiche in tema di attività amministrativa secondo modalità negoziali, cit.; X. XXXXXXXX, Principio di legalità e attività di diritto privato della pubblica amministrazione, cit.; F.G. SCOCA, Autorità e consenso, op. cit.; X. XXXXXXXX, L’esercizio privato delle funzioni e dei servizi pubblici, cit.
Il fondamento della normativa europea sugli appalti pubblici (e per le concessioni) — anche per la qualificazione del vizio dell’atto (della pubblica amministrazione) per la violazione del diritto europeo nella medesima materia — è stato studiato, ad esempio, da R. CAVALLO PERIN, X.X. XXXXX, La concorrenza nell’esecuzione dei contratti pubblici, cit.; X. XXXXXX, Rischio economico, trilateralità e traslatività nel concetto europeo di concessioni di servizi e di lavori, cit.;
X. XXXXXX, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l’inefficacia “flessibile” del contratto, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx, maggio 2010; X. XXXXXXXX, Categorie contrattuali, contratti pubblici e i nuovi rimedi previsti dal Decreto legislativo n. 53 del 2010 di attuazione della Direttiva ricorsi, in Dir. proc. amm., 2010, pp. 1326 e ss.
(104) Citiamo, ad esempio, X. XXXXXXXX, op. ult. cit., pp. 1326 e ss.
(105) Rimane, quindi, per tale profilo, valida la prospettiva illustrata in X. XXXXXXX, Il ruolo della Corte di giustizia nell’elaborazione dei principi generali dell’ordinamento europeo e dei diritti fondamentali, cit.