UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA "TOR VERGATA"
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA "TOR VERGATA"
FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA
DOTTORATO DI RICERCA IN BIOTECNOLOGIE MEDICHE E MEDICINA MOLECOLARE
XXI CICLO DEL CORSO DI DOTTORATO
Regolazione del fattore trascrizionale p73 da parte del complesso E3 ubiquitina ligasi CDL4a e della proteina N4BP1
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Relatore: Dott.ssa Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Docente Guida: Xxxx. Xxxxx Xxxxxx Coordinatore: Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx
A.A. 2008/2009
INDICE
1.1 Generalità delle proteine appartenenti alla famiglia dell’oncosoppressore p53 1
1.2 Architettura genica della famiglia p53 3
1.3 Funzioni biologiche di p73 5
1.3.1 Ruolo di p73 nella regolazione della morte cellulare per apoptosi 5
1.3.2. Ruolo di p73 nello sviluppo embrionale e nel differenziamento 8
1.3.3 Ruolo di p73 nella tumorigenesi 9
1.3.4.Ruolo di p73 nella chemio sensibilità 12
1.4.1 Regolazione trascrizionale di p73 13
1.4.2 Regolazione post-traduzionale di p73 14
1.5 La reazione di ubiquitinazione 17
1.5.1 Generalità della cascata enzimatica dell’ubiquitinazione 17
1.5.2 Differenti tipi di ubiquitinazione e loro significato biologico 19
1.5.3 Enzimi coinvolti nella reazione di ubiquitinazione 22
1.5.4 Le E3 ubiquitina ligasi 23
1.5.5 Ubiquitinazione di p73 42
3.1 Colture cellulari, plasmidi e condizioni di trasfezione 47
3.2 Analisi di immunoblotting e immunoprecipitazioni 47
3.3 Determinazione dell’emivita proteica 48
3.6 Saggi di legame in vitro 50
3.7 Saggio di competizione in vitro 50
3.8 Saggio di ubiquitinazione in vivo 51
3.9 Saggio di ubiquitinazione in vitro 51
3.11 Reazione di RT-PCR semiquantitativa e di real-time PCR (qPCR) 52
4.2 La proteina N4BP1 regola la stabilità dei substrati di Itch. 55
4.2.1 L’assenza di N4BP1 induce i livelli proteici di p73 55
4.2.2 L’overespressione di N4BP1 aumenta la stabilità di p73 58
4.2.3 N4BP1 regola l’attività trascrizionale di p73 e di c-Jun 59
4.2.4 N4BP1 compete con p73 per il legame con il dominio WW2 di Itch 62
4.3 L’E3 ubiquitina ligasi CDL4a interagisce, multiubiquitina e controlla l’attività trascrizionale di p73 66
4.3.1 p73 interagisce con CDL4a tramite un legame diretto con DDB1 66
4.3.2 CDL4a multi-ubiquitina p73 71
4.3.3 CDL4A non influenza la stabilità di p73 74
5.1 Ruolo di N4BP1 nella regolazione di Itch e dei suoi substrati 85
5.2 Ruolo di CDL4a nella regolazione dell’attività trascrizionale di p73. 88
ELENCO ABBREVIAZIONI 91
BIBLIOGRAFIA 93
CURRICULUM VITAE 117
PUBBLICAZIONI 120
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio il Xxxx. Xxxxx Xxxxxx per avermi dato la possibilità di svolgere l’attività di ricerca finalizzata alla mia tesi di dottorato nel suo laboratorio. Un ringraziamento è rivolto alla Dott.ssa Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx che quotidianamente ha seguito il mio lavoro di tesi dandomi preziosi consigli. Desidero ringraziare il Dott. Xxxxxxxx De Xxxxxxxx, la Dott.ssa Xxxxxxxx Xxxxx e il Xxxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx per le discussioni scientifiche e gli utili suggerimenti. Un ringraziamento va al Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxxxx per l’aiuto, i suggerimenti, i consigli costanti che mi ha fornito e per avermi trasmesso una parte del suo forte spirito critico.
Un ringraziamento particolare lo rivolgo ora a tutti coloro che ho incontrato in questi anni trascorsi nel laboratorio. Nello specifico un ringraziamento particolare va ad uno dei punti di riferimento del laboratorio XxxxXxxxx e alla sua estrema disponibilità nell’affrontare questioni scientifiche e non e per avermi trasmesso la dote della praticità e della genuinità e non da meno per tutte le gite, gli agriturismi, i weekendini passati insieme. Un grazie va ad un’altra colonna del laboratorio: il nostro tuttofare-terrorista xxxxx Xxxxx teorico del “si può fare però….” nonchè fan delle levatacce…Continuando per “anzianità” un grazie va al mio “pungiball” preferito Xxxxxx e a tutti i “no” e le capocciate sopportate e non di meno alle serate e alle gite goliardiche fatte insieme. Come non ringraziare Xxxxxxxx per il suo entusiasmo e per le lunghissime chiacchierate fatte insieme…Xx ora un ringraziamento va al mio “alter ego”, la mia “Crock” Flavietta per avermi insegnato, ascoltato,consigliato, sopportato e supportato quotidianamente in lab e fuori. Ringrazio anche Xxxxxxxxxx “Xxxxx” per l’aiuto iniziale e per le uscite e le gite fatte insieme.
Ed ora arriviamo alle “creature” del lab ringrazio i miei “magazzinieri” preferiti: Xxxxx per la schiettezza e l’ironia napoletana e Ale per l’estrema disponibilità. Grazie anche a Xxx per la trasferta toscana, a Xxxxxxxxx per le chiacchere mondane, a Xxxxxxx per aver cercato di mettere ordine nel nostro delirio… Un ringraziamento va anche alla piccolina del lab Xxxxxxxx per avermi aiutato in un po’ di lavori noiosetti...Passando ai piani alti un grazie va a Xxxxxxx per le giornata interminabili trascorse in D27, a Xxxxx, Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx e al mitico Xxxxxxx per l’estrema pazienza e a tutti coloro che ho avuto modo di conoscere in questi anni.
Infine un ringraziamento particolare va alla mia famiglia a Xxxxxxx, a Xxxxx e a Xxxx per avermi sostenuto e soprattutto sopportato in questo periodo.
RIASSUNTO
Il fattore di trascrizione p73 appartiene alla famiglia di p53. Similmente a p53, p73 è costituito da un dominio di trans-attivazione (TA) posizionato all’estremità amino- terminale della proteina, da un dominio di legame al DNA (DBD) situato nella regione centrale e da un dominio di oligomeridizzazione (OD) sito all’estremità carbossi- terminale. La regione con la più elevata omologia tra p73 e p53 risulta essere il DBD, che evidenzia una percentuale del 63% di identità aminoacidica tra le due proteine. Questo dato sottolinea la capacità di p73 di poter interagire con gli stessi elementi responsivi (RE) di p53, situati nei promotori dei suoi geni bersaglio. In conseguenza di ciò p73 può transattivare numerosi geni comunemente indotti da p53 e coinvolti nella risposta apoptotica o nella regolazione del ciclo cellulare.
L’espressione di p73, così come quella di p53, è regolata a livello traduzionale. In particolare p73 è bersaglio di numerose modificazioni traduzionali quali fosforilazione, acetilazione, sumoilazione e ubiquitinazione.
In particolare in questo lavoro di tesi ci concentreremo sul ruolo dell’ubiquitinazione di p73 nella regolazione della sua attività biologica.
L’ubiquitinazione è un processo che avviene in tre diverse fasi ciascuna catalizzata dall’azione di un diverso enzima: la prima fase è catalizzata dall’enzima E1 (enzima attivatore) ed è preposta all’attivazione dell’ubiquitina tramite un meccanismo dipendente dall’utilizzo di ATP. La seconda fase è invece catalizzata dall’enzima di coniugazione E2, in grado di ricevere l’ubiquitina precedentemente attivata e di trasferirla all’enzima E3 ubiquitina ligasi. Quest’ultimo enzima catalizza il trasferimento finale dell’ubiquitina attivata ai substrati della reazione.
La specificità del processo di ubiquitinazione è conferita dall’azione dell’E3 ligasi. Questo enzima è infatti in grado di interagire con l’E2 e di reclutare i diversi substrati specifici. L’E3 ligasi sono divise in due famiglie principali: le E3 di tipo HECT e le E3 di tipo RING-finger. Quest’ultime sono a loro volta suddivise in RING-finger monomeriche e RING-finger multimeriche. Le HECT ligasi mostrano una struttura modulare comune costituita da tre domini funzionali. All’estremità N-terminale il dominio di legame al calcio (C2) è necessario per l’interazione alle membrane, mentre il legame ai diversi substrati della ligasi è mediato da diversi domini WW posizionati nella
regione centrale. Infine il dominio HECT situato all’estremità C-terminale lega l’enzima E2 e contiene il residuo di cisteina catalitica che è responsabile del trasferimento dell’ubiquitina dall’E2 al substrato specifico.
Nel nostro laboratorio abbiamo precedentemente dimostrato come Itch, una E3 ubiquitina ligasi di tipo HECT sia responsabile dell’ubiquitinazione di p73. In particolare, verificando la capacità di Itch di promuovere la poliubiquitinazione di p73 e la sua successiva degradazione ad opera del proteosoma. Recentemente, abbiamo identificato la proteina Nedd4 binding protein 4 (N4BP1), precedentemente dimostrata essere un substrato del prototipo delle HECT ligasi Nedd4, come nuovo interattore di Itch, in grado di regolarne negativamente la sua attività.
Nella prima parte del mio lavoro di tesi ci siamo occupati di approfondire i meccanismi alla base dell’interazione tra N4BP1 e Itch e di evidenziarne il significato funzionale.
N4BP1 interagisce con la regione centrale di Itch contenente i domini WW, in particolare con il secondo dominio WW (WW2). Tale dominio è comunemente utilizzato per il legame con i diversi substrati di Itch, ed infatti anche p73 interagisce con la medesima regione. Suggerendo che N4BP1 possa competere per il legame su Itch con i suoi substrati.
Tramite esperimenti di legame in vitro abbiamo effettivamente dimostrato che N4BP1 e p73 competono per il legame allo stesso sito su Itch.
Questo meccanismo di competizione si riflette con i dati fisiologici ottenuti che attestano un ruolo indiretto di N4BP1 nella regolazione della stabilità di p73 e dei suoi substrati. Esperimenti condotti in assenza di N4BP1, ottenuta mediante knock out genetico o attraverso silenziamento per RNAi, mostrano una forte diminuzione dei livelli proteici di p73 e dei vari substrati di Itch. Inoltre la capacità di p73 di transattivare i suoi geni bersaglio è fortemente ridotta in assenza di N4BP1. In maniera reciproca, l’overespressione di N4BP1 aumenta la vita media di p73 e dei substrati di Itch ed inoltre provoca un incremento dell’attività trascrizionale dei substrati di Itch: p73 e c- Jun.
Questi risultati identificano N4BP1 come regolatore negativo di Itch, in grado di modulare la stabilità e la funzionalità di diversi substrati di Itch.
La seconda parte del lavoro di tesi è stata finalizzata alla comprensione del significato funzionale e fisiologico del legame tra p73 e la ligasi E3 RING-finger CDL4a.
CDL4a è un complesso multimerico costituito dalla proteina ROC1, contenente il dominio RING-finger e responsabile dell’interazione con l’E2, dalla proteina cul4a che funziona come un adattatore molecolare facilitando il trasferimento dell’ubiquitina dall’E2 ai vari substrati, e dal fattore DDB1 responsabile del reclutamento dei diversi substrati o tramite un’interazione diretta con questi ultimi o attraverso un legame con proteine contenenti il dominio WD40.
Tramite esperimenti di legame in vitro e co-IP in vivo abbiamo dimostrato che p73 interagisce con CDL4a attraverso un legame diretto con DDB1. L’interazione tra p73 e la ligasi è fondamentale per l’ubiquitinazione di p73. Abbiamo infatti verificato che CDL4a è in grado di multiubiquitinare p73. Poiché dalla letteratura è noto che la reazione di multi-ubiquitinazione non regola la degradazione proteica proteosoma- dipendente, abbiamo monitorato i livelli proteici di p73 in cellule deplete per DDB1 e per la cul4a. L’ablazione dei componenti del complesso CDL4a ottenuta tramite RNAi o tramite delezione genetica, non determina alcuna variazione della stabilità di p73. Inoltre anche l’emivita di p73 non subisce alcuna modulazione in seguito ad overespressione dei componenti di CDL4a. Infine abbiamo dimostrato che la multiubiquitinazione di p73 CDL4a-dipendente inibisce l’attività trascrizionale di p73. Questo effetto è stato confermato dall’aumentata induzione dei messaggeri e delle proteine dei geni bersaglio di p73 in assenza di DDB1 o di cul4a.
I risultati ottenuti mostrano due differenti meccanismi di regolazione di p73 entrambi mediati dalla reazione di ubiquitinazione. N4BP1 inibendo Itch, esercita indirettamente un ruolo di regolatore positivo nei confronti di p73, mentre CDL4a multiubiquitina p73 e ne regola negativamente l’attività trascrizionale.
Studi futuri potrebbero essere indirizzati verso una migliore comprensione del ruolo svolto da entrambi N4BP1 e CDL4a nella regolazione del ciclo cellulare, nell’induzione apoptotica e nella progressione tumorale.
ABSTRACT
p73 is a structural and functional homolog of the tumor suppressing transcriptional factor p53. p73 and p53 are modular proteins with a similar basic structure formed by a transactivation domain (TA) situated at N-terminus of the protein, a DNA binding domain (DBD) in the central part of the protein and an oligodimerization domain (OD) at C-terminus of the factor. The core DNA binding domain is the region which shares the highest homology between p73 and p53. Consequently p73 can bind to canonical p53 DNA-binding site and activate transcription from p53-responsive promoters, thus inducing cell cycle arrest and apoptosis.
p73 activity is finely regulated by different post-translational modifications including phosphorylation, acetylation, sumoylation and ubiquitination. In this thesis we have focused our attention on the role of ubiquitin partners in the regulation of p73.
Ubiquitination is a multi-step process which involves sequentially three different kind of enzyme: the E1-activating enzyme responsible for the activation of the ubiquitin through an ATP-dependent mechanism, the E2-coniugating enzyme which receives directly from the E1 the activated ubiquitin and the E3 ubiquitin ligase enzyme which physically binds specific substrates and transfers the activated ubiquitin from the E2 to the target proteins. So the specificity of the reaction of ubiquitination is conferred by the activity of the E3 ligase.
The E3 ligase are divided into two major groups: the RING-finger ligase and the HECT ligase. The RING finger are also subdivided into two subgroups: the monomeric RING-ligase and the multimeric RING ligase.
The HECT ligase are constituted by a C2 domain at N-terminus of the protein, which is a calcium-lipid domain responsible for the interaction with the membrane, different WW domains in the central part which serve for the binding of the different substrates and an HECT domain at the C-terminus involved in the recruitment of the E2 enzyme. Furthermore the HECT domain contains the Cys catalitical residue responsible for the binding with the activated ubiquitin.
In our laboratory we previously identified Itch as the HECT-type E3 ubiquitin ligase of p73 responsible for the proteosomical-dependent degradation. Recently we
identified the protein N4BP1, which is first identified as a novel substrate of the E3 HECT ligase Nedd4, as a new interactor of Itch.
In the first part of the project we investigated the mechanism of action of N4BP1 and the physiological significance of its function.
We found that N4BP1, as p73, binds to WW2 domain of Itch, a region involved in the interaction with its substrates. This suggest that N4BP1 could compete with Itch substrates for the binding to the ligase. By performing an in vitro binding assay, we indeed demonstrated that N4BP1 acts as a competitor of p73.
As a consequence the overexpression of N4BP1 increases both the p73 half-life and the transcriptional activity. Conversely genetic and RNAi knockdown of N4BP1 diminish the steady-state protein levels of p73 and c-Jun, and significantly impair their transcriptional activity.
These results demonstrate that N4BP1 functions as a negative regulator of Itch and this activity is reflected on stabilization of the cell death regulator p73.
The second part of my project has been focused on the characterization of the significance of the interaction between p73 and CDL4a.
CDL4a is a multimeric complex constituted by cul4a, ROC1 e DDB1. ROC1 is a RING-finger protein which recruits the E2 enzyme, cul4a interacts with ROC1 and acts as a scaffold protein orienting the E2 enzyme versus the different substrates. The substrates are recruited or directly by DDB1 or conversely the interaction could be mediated by a WD40 protein which binds DDB1.
By GST pulldown assay in vitro and CO-IP experiments in vivo, we demonstrated that p73 binds to CDL4a through a direct interaction with DDB1. Moreover CDL4a mediates the multiubiquitilation of p73 on different residue of lysine. It’s well established that the multiubiquitination of a target protein, is not a signal for a proteosomical-dependent degradation. Therefore, we hypothesized that the multiubiquitilation of p73, CDL4a mediated, doesn’t effect its protein stability. To confirm this, we measured p73 protein levels in cells depleted for DDB1 or cul4a. We showed that genetic and RNAi knockdown of DDB1 or of Cul4a, obtained from different strategies, don’t exert any effect on stability of p73. In agreement with this datas p73 decay rate is not even affected by the overexpression of the different members of the CDL4a.
Finally we demonstrated that CDL4a inhibits the transcriptional activity of p73. In particular RNA mediated silencing or genetic knockdown of the different members of CDL4a induce an activation of different target genes of p73.
These results highlighted two different ubiquitin-mediated pathways which regulates p73 stability, function and activity. N4BP1 acts as an indirect positive regulator of p73 while CDL4a multiubiquitinates p73 and negatively regulates p73 trascriptional activity. Future studies will be necessary to understand the contribution of both CDL4a and N4BP1 in regulating cell cycle, apoptosis and cancer development.
PAROLE CHIAVE
Attività trascrizionale, complesso XXX0x, X0 ubiquitina ligasi, Itch, N4BP1, p73, ubiquitinazione.
1. INTRODUZIONE
1.1 Generalità delle proteine appartenenti alla famiglia dell’oncosoppressore p53
Il gene p53 codifica per un fattore trascrizionale antitumorale, comunemente definito “guardiano del genoma” a causa del suo ruolo centrale esercitato in risposta a stimoli oncogenici ed a stress citotossici quali il danno al DNA. La sua attivazione in risposta a questi eventi determina l’induzione trascrizionale di diversi geni bersaglio coinvolti nell’arresto del ciclo cellulare e nell’induzione dell’apoptosi, della senescenza cellulare e dei meccanismi di riparo del DNA (Xxxxxxx, 2000; Xxxxx et al., 2004; Xxxxxx and Xxxxxx, 2005; Xxxxxxx and Xxxxxx, 2005; Xxxxx and Xxxxxx, 2006).
Nel 1997 sono stati identificati due nuovi membri della famiglia di p53: p73 (Xxxxxx et al., 1997) e p63 (Xxxx et al., 1998; Xxxxxxx and Xxxxxxxxx, 1997; Xxxxx et al., 1998; Trink et al., 1998; Xxxx et al., 2001.)
Questi due nuovi fattori di trascrizione mostrano un elevato grado d’omologia con la sequenza genica di p53, che si riflette in un elevato grado di identità tra le tre proteine (Xxxx and XxXxxx, 2000; Xxxx et al., 2002, Xxxxx and Xxxxxx, 2001; Xxxxxxx et al., 2000). Inoltre, i membri di questa famiglia condividono una comune struttura modulare che consiste di un dominio di transattivazione (transactivation domain, TAD) posto all’estremità N-terminale, un dominio di legame al DNA (DNA binding domain, DBD) situato nella porzione centrale ed un dominio di oligomerizzazione (oligomerization domain, OD) contenuto nella regione C-terminale (Figura 1A).
A queste somiglianze strutturali corrisponde una ridondanza funzionale tra i diversi membri della famiglia; infatti p73 e p63 svolgono funzioni ed attività simili a quelle esercitate da p53 essendo anch’esse coinvolte nella regolazione dell’arresto del ciclo cellulare e nell’induzione dell’apoptosi (Figura 1B).
Figura 1: I membri della famiglia di p53. a) p53, p63 e p73 mostrano una comune struttura altamente conservata costituita da un dominio di transattivazione (TA) posto all’estremità N-terminale seguito da una dominio ricco in proline (PR), da un dominio di legame al DNA (DBD) posizionato nella regione centrale e un dominio di oligodimerizzazione (OD) situato all’estremità C-terminale. In aggiunta p63 e p73 possiedono un altro dominio PR e un dominio denominato SAM (sterile alpha motif) all’estremità carbossi-terminale. b) Schema riassuntivo delle diverse funzioni esercitate dalle tre proteine p53, p63 e p73: p53 risulta di fondamentale importanza nell’arresto del ciclo cellulare e nell’induzione apoptotica. Sia TAp73 che TAp63 sono in grado di transattivare gli stessi geni bersaglio di p53 e di conseguenza anch’essi svolgono un ruolo nell’induzione dell’arresto del ciclo e dell’apoptosi. Le varie isoforme di p73 e p63 sono coinvolte nei processi di sviluppo. (Xxxxxx et al., 2002)
Tuttavia le due proteine svolgono anche funzioni specifiche distinte da p53: studi condotti su topi in cui p73 o p63 sono stati deleti, mostrano che l’espressione di questi geni è importante per il corretto sviluppo dell’organismo. La perdita del gene codificante per p63 provoca varie alterazioni strutturali quali la completa assenza di pelle e di altre strutture epiteliali (Xxxxx et al., 2005), la perdita di arti (Xxxx et al., 1998, 1999, 2002; Xxxxx et al., 1999) e gravi displasie craniofacciali (Xxxx et al., 1999; Xxxxx et al., 1999; Xxxxx et al., 1999). La mancanza del gene p73, determina invece gravi difetti di sviluppo che causano disgenesi dell’ippocampo, idrocefalia, infezioni ed infiammazioni croniche ed anormalità nel corretto funzionamento dei feromoni (Xxxx et al., 1999, 2000, 2002).
Queste evidenze dimostrano quindi che i membri della famiglia di p53 svolgono precise funzioni in diversi processi coinvolti sia nello sviluppo che nella tumorigenesi. Risulta quindi rilevante identificare le vie regolazione che ne controllano l’attività trascrizionale.
1.2 Architettura genica della famiglia p53
La struttura genica di TP53, TP63 e di TP73 è altamente conservata dai molluschi all’uomo. Attraverso l’allineamento delle tre sequenze geniche, è stata stabilita l’esistenza di un protogene ancestrale, simile a TP63/TP73, da cui successivamente si sarebbe evoluto negli organismi superiori il gene codificante per il fattore di trascrizione p53. (Xxxx et al., 2002; Derry et al., 2001; Xxxxxxx et al., 2000; Xxxxxxx et al., 2000).
I domini strutturali introdotti precedentemente mostrano un elevato grado di omologia tra i vari membri della famiglia. La regione maggiormente conservata è il DBD che mostra il 63% di omologia tra p73 e p53 ed il 60% di omologia tra p63 e p53. Questo spiega la capacità di p73 e di p63 di interagire con i medesimi siti canonici di legame di p53, e la conseguente transattivazione dei promotori ad essi associati. (Xx Xxxxxxxx and Xxxxxx, 2000).
Attraverso il dominio OD le proteine p73 e p63 sono in grado di formare omo ed eterodimeri sia tra di loro sia con p53.
p63 e p73 inoltre contengono all’estremità carbossi-terminale un ulteriore dominio di interazione proteina-proteina, costituito da un motivo SAM (Sterile Alpha Motif). Questo particolare dominio è implicato nell’interazione tra proteine coinvolte nello sviluppo embrionale e può mediare l’interazione con lipidi di membrana (Xxxxxx and Xxxxx., 1999; Chi etal., 1999; Xxxxxxxxxx, 0000; Xxxxxxx et al., 2003).
L’espressione di TP63 e TP73 è regolata da due distinti promotori: il promotore 1 (P1) localizzato nella regione non tradotta all’estremità 5’, a monte dell’esone 1, ed il promotore 2 (P2) situato nell’introne 3. I due promotori sono responsabili della sintesi di due classi distinte di proteine divisibili nelle isoforme trascrizionalmente attive (transcriptionally active, TA) e nelle isoforme troncate di tipo ΔN (Figura 2). Queste ultime sono prive della regione all’estremità N-terminale e non contengono il TAD risultando quindi incapaci di transattivare l’espressione dei geni target. Inoltre l’esone 1 può subire eventi di splicing responsabili della generazione di altre isoforme prive del TAD (ΔN’p73, ExDelp73 e Ex2/3Delp73) (Xxxxxx and Xxxxxx., 2002; Xxxxxxxxxxxx et al., 2001; Xxxxxxxx et al., 2002).
Figura 2: Architettura genica dei membri della famiglia di p53. A) p53 esiste nelle due varianti di splicing: p53 NS (normal splice) e p53 AS (alternative splice). L’isoforma AS è caratterizzata dalla sostituzione degli aminoacidi 364-390 con 17 residui esclusivi dell’isoforma stessa. Le frecce indicano i siti di inizio della trascrizione. Le regioni non trascritte sono indicate in nero. B) Le isoforme di p73 (α, β, γ, δ, ε, ζ) e di p63 (α, β, γ) sono generate da eventi di splicing alternativo, che originano differenti estremità C-terminali. Le isoforme ΔNp73 (α e β) e ΔNp63 (α, β e γ), sono generate da un promotore alternativo posto all’interno dell’introne 3 e sono prive del dominio di transattivazione, possedendo una regione esclusiva all’estremità N-terminale (Xxxxx and Xxxxxx, 2001).
In generale, le isoforme di tipo TA sono in grado di legare il DNA attraverso le regioni responsive a p53 (REp53, Responsive Elements), espletando così le stesse funzioni esercitate dal fattore trascrizionale p53. Le isoforme ΔN, definite anche ΔΤΑ, pur legandosi ai siti responsivi sui geni target non sono in grado di transattivarne l’espressione e agiscono quindi, come dominanti negativi inibendo gli altri membri della famiglia (TAp63, TAp73 e p53) (Xxxxx et al., 2002; Xxxxxxxx et al., 2002; Xxxx and Xxxxx, 2004). Esemplificativi sono gli studi condotti durante l’embriogenesi sui neuroni, in cui l’isoforma ΔNp73 è il prodotto predominante del gene TP73, e la sua presenza è richiesta per neutralizzare l’azione proapoptotica di p53 (Xxxx et al., 1998; 2000; Xxxxxxx et al., 2000).
Un’ulteriore grado di complessità strutturale che caratterizza p73 e p63 è rappresentato da eventi di splicing alternativo che coinvolgono gli esoni 10-14 di TP73 e TP63 e che portano alla formazione di isoforme che differiscono nella regione carbossi- terminale, nove per p73 (α, β, γ, δ, ε, ζ, η, η1, ϕ) (Xxxxxx et al., 1997; Xx Xxxxxxxx et al., 1998; Xxxxxx et al.,2002; Xxxx and Xxxxx 2004.) e tre per p63 (α, β, γ) (Xxxx et al., 1998).
In totale il gene TP73 esprime 35 varianti di RNA messaggero, che possono potenzialmente codificare per 29 isoforme proteiche; al momento ne sono state descritte
14 diverse (Xxxxxx-Xxxxxxxxx et al., 2006). Il gene TP63 può essere espresso in sei varianti che codificano per 6 differenti proteine (Figura 2B).
L’esistenza di diversi mRNA determina un pattern complesso di isoforme di p73 e p63 che corrisponde ad una varietà di funzioni sia comuni che ridondanti tra esse. Lo studio del fenotipo dei topi knock out per ciascun fattore trascrizionale ha permesso una maggiore comprensione della funzione dei membri della famiglia di p53.
In particolare verranno esaminate più in dettaglio le funzioni e le caratteristiche ascrivibili a p73.
1.3 Funzioni biologiche di p73
1.3.1 Ruolo di p73 nella regolazione della morte cellulare per apoptosi
Come già introdotto, p73 è in grado di mimare l’attività trascrizionale e la funzione biologica di p53 transattivando diversi promotori di geni responsivi a p53 stesso. Tra i geni bersaglio indotti da entrambi i fattori trascrizionali ricordiamo: p21, 14-3-3σ, XXXX00, XXX0, PIG3 (Xxx et al., 1998; Xxxx et al., 1999; Xxx et al., 1999;
Xxxx et al., 1999; Xx Xxxxxxxx et al., 1998), p53R2 (Xxxxxx et al., 2000), IGFBP3 (Steegenga et al., 1999). E’ stato inoltre verificato che l’efficienza di attivazione dei geni bersaglio varia tra i diversi membri della famiglia di p53: GADD45 è indotto maggiormente da p73 rispetto a p53; viceversa p53 esercita la sua funzione con più efficacia nei confronti di p21 rispetto a p73 (Xxx et al., 1998; Xxx et al., 1999; Xx et al., 1999). Anche le diverse isoforme di p73 mostrano una differente capacità di transattivare i promotori dei geni bersaglio: generalmente p73β risulta molto più efficace nell’induzione dell’apoptosi rispetto all’isoforma p73α (Xx Xxxxxxxx et al., 1998; Xxx et al., 1999). Questi risultati suggeriscono un ruolo inibitorio esercitato dalla regione della proteina contenente il dominio SAM, esclusivo delle isoforme di tipo α, ipotesi ulteriormente accreditata da studi condotti su mutanti di delezione di p73α. In particolare, cellule esprimenti la proteina mutata mancante del dominio SAM mostrano un incremento dell’attività trascrizionale paragonabile a quella dell’isoforma p73β (Xxxxx et al., 1999).
Attraverso l’induzione dei geni bersaglio sopra elencati, p73 controlla l’arresto del ciclo cellulare e l’induzione dell’apoptosi. E’ stato dimostrato che fibroblasti murini
embrionali (Mouse Embryonic Fibroblasts, MEFs) knock out per p73 mostrano difetti nella risposta apoptotica indotta da danno al DNA; successivamente è stato riscontrato lo stesso fenotipo in cervelli embrionali di topo in vivo provenienti da animali in cui p73 è deleto. La risposta apoptotica difettiva è ascrivibile alla perdita della proteina TAp73, che costituisce l’isoforma predominante in seguito al danno al DNA. In accordo con questa ipotesi sono i dati ottenuti reintroducendo l’isoforma TAp73 nei MEF knock out per p73. Solo in seguito a ciò risulta infatti ristabilita una corretta risposta apoptotica, in seguito a danno al DNA provocato da trattamenti con doxorubicina; viceversa, la reintroduzione dell’isoforma anti-apoptotica ΔNp73 non determina alcun effetto (Xxxxxx et al., 2002). Ulteriori studi sono stati condotti in topi con delezioni in eterozigosi di TP73. Brevemente, essi confermano l’ipotesi che l’inattivazione del gene di p73 determini una predisposizione allo sviluppo tumorale attraverso l’induzione di una morte apoptotica difettiva (Xxxxxx et al., 2005).
I membri della famiglia di p53 esercitano funzioni comuni anche attraverso una loro cooperazione. Attraverso saggi di immunoprecipitazione della cromatina (Chromatin Immunoprecipitation, ChIP) condotti in MEFs knock out per p73, è stata dimostrata un’assenza di legame tra p53 e i promotori di Bax, Noxa e PERP; mentre al contrario p73 risulta essere in grado di interagire con i suddetti promotori anche in cellule knock out per p53, come dimostrando che p73 è essenziale nell’induzione dell’apoptosi p53-mediata (Xxxxxxx et al., 2002).
Anche le isoforme ΔNp73 sono coinvolte nella regolazione della risposta apoptotica; queste proteine interferiscono con la trascrizione dei geni bersaglio di p53 e di p73 attraverso due differenti meccanismi: da un lato le isoforme ΔNp73 si legano agli elementi responsivi contenuti nei promotori dei geni che sono sotto il controllo di p53, impedendo così l’interazione del fattore di trascrizione stesso con le canoniche regioni di legame al DNA, mentre dall’altro lato, possono formare eterodimeri con p53 o con p73, sequestrandoli e impedendo così la loro interazione con i promotori dei loro geni bersaglio (Figura 3).
Figura 3: Meccanismo d’azione dell’isoforma ΔNp73. L’isoforma ΔNp73 è in grado di inibire l’arresto del ciclo cellulare e l’apoptosi indotti sia da TAp73 (a), che da p53 (b). ΔNp73 blocca l’attività trascrizionale di TAp73 e di p53 o competendo per lo stesso sito di legame posto sui promotori dei geni bersaglio di p53 (c), o sequestrando TAp73 in un complesso eterotetramerico inattivo (d) (Marabese et al., 2007).
In cellule neuronali, è stata verificata un’attività anti-apoptotica della proteina ΔNp73β. In particolare, ΔNp73β è l'isoforma predominante nel sistema nervoso in sviluppo e nei gangli simpatetici, ed, i suoi livelli di espressione risultano elevati in presenza del fattore di crescita nervoso (Neural Growth Factor, NGF) e diminuiscono in sua assenza. Nelle condizioni di deprivazione di NGF, le cellule neuronali vanno incontro a meccanismi apoptotici dipendenti da p53 (Xxxxxx et al., 2000). I bassi livelli d’espressione di ΔNp73 in seguito a deprivazione di NGF, sono quindi responsabili dell’induzione apoptotica e dell’incremento dell’attività di trascrizionale di p53. Ad ulteriore conferma del ruolo anti-apoptotico svolto dall’isoforma ΔNp73, sono state
esaminate cellule neuronali knock out per p73; in questo sistema cellulare, la deprivazione di NGF o l’overespressione di p53 determinano un aumento della risposta apoptotica rispetto alle cellule wild-type, mentre la reintroduzione dell’isoforma ΔNp73 nei neuroni previene la morte cellulare (Xxxxxxx et al., 2000).
1.3.2. Ruolo di p73 nello sviluppo embrionale e nel differenziamento
Come già introdotto, lo studio di topi knock out per p73, ottenuti attraverso una eliminazione funzionale di tutte le sue isoforme, ha dimostrato come questa proteina sia fondamentale per il corretto sviluppo neuronale e come la sua espressione sia molto accentuata nel sistema nervoso in via di sviluppo, ed in particolare, nei gangli cervicali simpatetici superiori; l’isoforma ΔNp73 è predominante nel sistema neuronale fetale. Studi di ibridazione in situ ne hanno infatti dimostrato un’elevata espressione nel plesso corioideo, nell’area vomeronasale e nell’area preottica. (Xxxx et al., 2000; Xxxxxxx et al., 2000).
La delezione del gene TP73 determina diversi difetti neuronali tra cui: la disgenesi dell’ippocampo dovuta alla perdita di neuroni bipolari chiamati Cajal-Retzius sia nella zona marginale della corteccia che negli strati molecolari, l’idrocefalia dovuta ad ipersecrezione del fluido cerebrospinale e ad una risposta iperinfiammatoria della mucosa respiratoria, e lo sviluppo di comportamenti sociali e riproduttivi anomali causati da difetti nella percezione dei ferormoni (Xxxx et al., 2000; Xxxxxxx et al., 2000). L’espressione di p73 risulta molto accentuata nel sistema nervoso in via di sviluppo, ed in particolare, nei gangli cervicali simpatetici superiori. L’isoforma ΔNp73 è predominante nel sistema neuronale fetale. Studi di ibridazione in situ ne hanno infatti dimostrato un’elevata espressione nel plesso corioideo, nell’area vomeronasale e
nell’area preottica. (Xxxx et al., 2000).
Questi studi funzionali condotti in vivo hanno rivelato una funzione anti- apoptotica dell’isoforma ΔNp73, che è infatti richiesta per contrastare la morte neuronale durante le prime fasi dello sviluppo del sistema nervoso (Xxxxxxx et al., 2000). Il meccanismo attraverso il quale ΔNp73 promuove la sopravvivenza cellulare è determinato da una combinazione di eventi che comprendono l’inattivazione dei membri trascrizionalmente attivi della famiglia di p53 (p53, TAp63 e TAp73) da un lato (Xxxx and Xxxxx, 2004) e l’induzione della cascata di segnali nel mitocondrio dall’altro (Xxxxx
and Xxxxxx., 2004). I segnali apoptotici aventi luogo nel mitocondrio vengono indotti in seguito ad un aumento dell’espressione del gene Bax ed una sua rilocalizzazione dal citosol al mitocondrio, mediata dall’azione di Puma, con successivo rilascio del citocromo c. Studi condotti nel nostro laboratorio hanno dimostrato che l’isoforma ΔNp73 svolge un ruolo nella risposta apoptotica nel mitocondrio. L’interazione tra le due isoforme di p73 (ΔNp73 e TAp73) risulta infatti responsabile dell’inibizione dell’attività trascrizionale di TAp73, che si riflette con la riduzione della transattivazione di entrambi i geni Bax e Puma e una conseguente riduzione della risposta apoptotica (Xxxxxx et al., 2004).
In diverse linee cellulari, p73 svolge un ruolo fondamentale anche durante il processo di differenziamento. L’induzione del fattore di trascrizione è stata verificata in linee di neuroblastoma durante il differenziamento indotto da retinoidi (Xx Xxxxxxxx et al., 2000; Xxxxxxx et al., 1998). Inoltre un aumento dell’espressione p73α e p73β è stato associato con i processi di differenziamento delle cellule mieloidi, mentre l’induzione della trascrizione delle isoforme p73γ e p73δ è stata osservata durante il differenziamento dei cheratinociti epidermici (Xxxxxx et al., 2000; Xx Xxxxxxxx et al., 2000).
Recentemente è stato attribuito un ruolo nel processo di differenziamento anche all’isoforma ΔNp73. L’inibitore della chinasi ciclina-dipendente p57kip2 è un noto gene bersaglio di p73 (Xxxxx et al., 2002). In cellule di rabdomiosarcoma, dove l'isoforma ΔNp73 risulta essere overespressa, l’espressione della chinasi p57kip2 invece risulta diminuire, evento che determina l’inattivazione del fattore pRb e il conseguente blocco dell’uscita dal ciclo cellulare oltre all’interruzione del differenziamento dei mioblasti murini. La riduzione dell’espressione della chinasi p57kip2 è ascrivibile all’azione inibitoria di ΔNp73, che risulta in grado di interagire fisicamente con l’isoforma TAp73, e di costituire un legame diretto con il promotore del gene codificante per la chinasi p57kip2(Cam et al., 2006).
1.3.3 Ruolo di p73 nella tumorigenesi
Il gene TP73 mappa nella regione cromosomica 1p36.33, che risulta frequentemente deleta in una varietà di tumori umani inclusi neuroblastoma, melanoma, carcinoma alla mammella e il tumore del colon (Xxxxx and Xxxxxx, 2001). La posizione
cromosomiale di TP73 e le somiglianze strutturali e funzionali con il fattore p53 hanno fatto ipotizzare che p73 possa agire come un gene oncosoppressore (Kaghad et al., 1997). Tuttavia, studi genetici condotti su differenti tessuti tumorali hanno però escluso che p73 sia un classico oncosoppressore di tipo Xxxxxxx, che per definizione risulta perdere la sua funzione o la sua espressione durante il processo di tumorigenesi. Infatti p73, a differenza dell’omologo strutturale p53, risulta raramente mutato nei tumori umani (Xxxxx et al., 1999; Xxxx et al., 1999; Xxxxxx et al., 1998).
Studi recenti condotti su topi eterozigoti per l’espressione di p73 hanno messo in luce un ruolo del fattore di trascrizione nella tumorigenesi: topi adulti p73+/- mostrano infatti una propensione a sviluppare lesioni premaligne e tumori spontanei; inoltre proprio in alcuni di questi tumori è stata anche verificata la perdita del secondo allele di p73, suggerendo la possibilità che alcune isoforme di p73 possano agire come oncosoppressori. Ad ulteriore conferma dell’ipotesi di un ruolo di p73 durante il processo di tumorigenesi, sono stati condotti studi su topi doppio eterozigoti sia per il gene p73 che per il gene p53 (p73+/-; p53+/-); in questo sistema è stata monitorata una più elevata incidenza di lesioni metastatiche rispetto a topi eterozigoti per il solo gene p53 (p73+/+; p53+/-) (Xxxxxx et al., 2005).
Studi iniziali condotti su differenti tipi di tumori umani inclusi neuroblastoma, glioma, carcinoma della mammella, del polmone, del colon, dello stomaco, del fegato, e della vescica hanno dimostrato un’aumentata espressione di p73, piuttosto che una sua mutazione o delezione genica (Moll and Xxxxx, 2004); in questi studi però non sono state prese in considerazione eventuali differenze nell’espressione delle varie isoforme di p73. Recentemente invece sono stati condotti studi mirati a discriminare tra le due isoforme di p73, TA e ΔN. I risultati ottenuti mostrano che l’isoforma ΔNp73 risulta essere debolmente espressa o addirittura assente nei tessuti normali, mentre dall’esame di tumori di diversa origine istologica è stata verificata una sua aumentata espressione, in particolare nel carcinoma della mammella, delle ovaie, negli epaticiti e nei tumori neuroblastici (Xxxxx et al., 2002; Xxxxxx et al., 2004; Xxxxxxxxx et al., 2006; Douc- Rasy et al., 2002 ; Xxxx and Xxxx, 2005). Oltre ad un’alterata espressione dell’isoforma ΔNp73, è stato monitorato un incremento dell’espressione anche delle altre varianti mancanti della regione N-terminale: le isoforme ΔNExp73 e ΔNEx2/3p73 (Stiewe et al., 2002; Xxxxxx et al., 2003).
Altri dati ottenuti dall’esame di tessuti tumorali umani hanno messo in evidenza come un’aumentata espressione delle isoforme ΤΑp73 correli con elevati livelli di
espressione proteica dell’isoforma ΔNp73, processo dovuto alla capacità di TAp73 di legare e transattivare il promotore di ΔNp73 (Grob et al., 2001; Xxxxx et al., 2004; Xxxxxxxxx et al., 2006). In uno studio condotto su cellule di carcinoma della cervice è stata verificata un’induzione di entrambe le isoforme TA e ΔNp73, ma attraverso un meccanismo mutualmente esclusivo. L’aumento dell’espressione dell’isoforma ΔNp73 è stato osservato nel 41% dei casi esaminati e correlato con la resistenza alle radiazioni e con un incremento del danno, viceversa elevati livelli dell’isoforma TAp73 sono stati osservati nel 31% dei casi e sono stati associati ad una maggiore sensibilità alle radiazioni (Xxx et al., 2006).
Recentemente è stata monitorata un’aumentata espressione dell’isoforma TAp73 sia in linee cellulari sia in carcinomi primari, paragonata a cellule normali dell’epitelio basale. In queste stesse cellule è stata verificata anche un’induzione dell’isoforma ΔNp63, fisicamente associata all’isoforma TAp73. L’interazione tra le due proteine, ha permesso di predire un’inibizione del fattore TAp73, con conseguente riduzione dell’apoptosi p73-dipendente (Xxxxxxx et al., 2006; Xxxxx et al., 2006).
Altro dato interessante viene dall’osservazione condotta su leucemie linfoblastiche e su linfomi di Burkitt, in cui è stato verificata la presenza di metilazione sul promotore P1 di p73 responsabile del silenziamento delle isoforme TA (Xxxx et al., 1999; Xxxxxx et al., 1999). In diversi tumori quali leucemie, carcinoma della vescica, della mammella, e a cellule squamose, è stata anche determinata la perdita o la ridotta espressione dell’isoforma TAp73 (Moll and Xxxxx, 2004).
Il quadro che può essere ottenuto da tutti questi dati presi nel loro insieme ha portato alla formulazione di diverse ipotesi sul ruolo di p73 nella carcinogenesi, la maggiormente accreditata delle quali postula che in seguito all’aumentata espressione dell’isoforma ΔNp73 o alla presenza di livelli ridotti delle varianti XX, XXx00 competa con p53 e TAp73 per il legame ai promotori dei geni bersaglio, provocando infine una diminuita risposta apoptotica, con conseguente progressione tumorale (Xxxxxx et al., 2002; Xxxxx et al., 2002; Xxxxxx et al., 2005). La capacità di ΔNp73 di promuovere la sopravvivenza cellulare ha portato ad attribuire a questa isoforma un ruolo oncogenetico opposto a quello di soppressore tumorale esercitato dalle varianti TA. Il ruolo di oncogene di ΔNp73 è stato confermato dalla sua capacità di determinare immortalizzazione di cellule primarie attraverso la sua cooperazione con Ras e di promuovere la crescita tumorale nei topi nudi (Xxxxxxxx et al., 2003).
Tutte queste osservazioni hanno permesso di formulare l’ipotesi che in molti tipi di tumori sia proprio il rapporto relativo delle due isoforme di p73 a determinare lo sviluppo e/o la progressione del tumorale.
La situazione risulta ulteriormente complicata dall’esistenza di mutanti di p53, generati da polimorfismi nella posizione aminoacidica 72 (Arg/Pro), che sono in grado di legare ed inattivare l’isoforma TAp73 (Xxxxx et al., 2000; Xxxxxxx et al., 2001; Xx Xxxx et al., 1999; Xxxxxx et al., 2000).
Riassumendo, attraverso l’analisi dei livelli di espressione di p73 nei tumori umani, si è rafforzata l’idea che durante la tumorigenesi le funzioni di oncosopressore del TAp73 tendano ad essere neutralizzate sia da una relativa elevata espressione dell’isoforma ΔNp73, che dei mutanti di p53 (Xxxxxx and Xxxxxx, 2008).
1.3.4.Ruolo di p73 nella chemio sensibilità
Nelle cellule di mammifero i livelli di espressione della proteina p53 vengono mantenuti bassi in modo da assicurare una corretta progressione del ciclo cellulare e per preservare la cellula da un’eventuale induzione di morte non controllata. Stimoli di stress cellulare sono invece responsabili dell’induzione di p53. Analogamente a p53, anche p73 è sottoposto ad una rigida regolazione: in condizione basali i suoi livelli proteici vengono mantenuti ridotti, mentre in risposta ad radiazioni γ o in seguito a trattamento con agenti chemioterapici, quali cisplatino, etoposide, adriamicina, taxolo, doxorubicina, i suoi livelli proteici endogeni aumentano (Xxxxx et al., 1999; Xxxxxxxx et al., 2002; Xxxx et al., 1999; Xxxxx etal., 2003; Xxxxxxxxxxx et al., 2003).
L’accumulo della proteina p73 è dovuto sia ad una induzione trascrizionale (Xxxxx et al., 2000; Xxxxxx et al., 2002), sia principalmente, ad una stabilizzazione della proteina stessa che determina l’induzione di geni bersaglio coinvolti nella risposta apoptotica. Viceversa, il blocco della funzionalità di p73, attraverso interferenza dell’RNA (RNA interference), determina un incremento della chemioresistenza, che risulta essere indipendente dallo stato di p53. L’importanza di p73 in risposta ad agenti chemioterapici è stata messa in luce in maniera ancora più significativa da Xxxxx et al. (1999); infatti questi autori hanno verificato come la presenza di p73 sia essenziale per l’induzione apoptotica p53-dipendente in MEFs, ma sia, al contrario, in grado di indurre
apoptosi anche in cellule in cui p53 non è espresso o non è funzionale (Xxxxx et al., 1999; Xxxxxx et al., 2002).
In colture cellulari, è stato verificato che l’isoforma ΔNp73, può inibire la risposta apoptotica p53-dipendente innescata da agenti chemioterapici (Xxxxx et al., 2002; Xxxxxx et al., 2002), così come mutanti di p53, dovuti ad un polimorfismo nel residuo di Arg72, possono bloccare la funzionalità di p73 e la conseguente risposta apoptotica dipendente dall’azione di chemioterapici (Xx Xxxx et al., 1999; Xxxxxxx et al., 2001; Xxxxxxxx et al., 1999).
1.4 Regolazione di p73
1.4.1 Regolazione trascrizionale di p73
L’espressione del gene codificante per le diverse varianti di p73 è regolata trascrizionalmente attraverso vie distinte. Gli studi condotti inizialmente sulla regolazione dell’espressione genica di TP73 hanno identificato il promotore P1, localizzato nella regione non tradotta all’estremità 5’, a monte dell’esone 1, come la regione responsabile della trascrizione delle isoforme di tipo TA . Più recentemente è stata dimostrata l’esistenza di un secondo promotore interno (P2) posto nell’introne 3, responsabile invece della trascrizione delle isoforme ΔN. L’esame dei due promotori ha stabilito l’esistenza di distinti RE a fattori di trascrizione, suggerendo quindi una differente regolazione delle isoforme di TA e ΔN di p73. In particolare, l’attivazione dei fattori trascrizionali E2F-1 e c-myc e della proteina virale E1A, determinata da stress oncogenici, è importante per la regolazione delle isoforme TAp73 (Xxxxx et al., 2001; Xxxxxx and Xxxxxx, 2000; Xxxxx et al., 2000; Xxxxx et al., 2000; Xxxxxx et al., 2002), mentre il promotore P2 è principalmente regolato dai membri della famiglia di p53, attraverso un meccanismo di feedback (Xxxx et al., 2001; Xxxxxxxx et al., 2002).
E2F1 funziona da attivatore trascrizionale specifico per TAp73, interagendo con il proprio RE situato nel promotore P1 (Xxxxx et al., 2000; Xxxxxx et al., 2002). In alcuni tumori umani è stata osservata un’aumentata espressione dell’oncogene E2F1, che si riflette in un’induzione trascrizionale di TP73. Questo processo accredita ulteriormente l’idea di un ruolo di TAp73 nella tumorigenesi, come già descritto precedentemente (Xxxxxx et al., 2000; Xxxxx et al., 2000). Studi condotti su MEFs knock out per p53 o p73
E2F1 risulta essere importante anche nella risposta al danno al DNA; in cellule mutate per p53, in seguito a danno genotossico, le chinasi Chk1 e Chk2 vengono attivate e determinano la stabilizzazione e l’attivazione di E2F-1, responsabile a sua volta dell’induzione trascrizionale di p73 (Urist et al., 2004).
Studi recenti hanno inoltre dimostrato che l’espressione del fattore virale E1A induce la trascrizione dell’mRNA di TAp73, attraverso l’interazione con il sito di legame per E2F-1 situato sul promotore P1 di TPp73 (Xxxxxxxxxx et al., 2005).
Il fattore c-myc risulta essere invece responsabile di un’inibizione della trascrizione di p73 (Xxxxxxxx et al., 2002).
L’espressione genica di TAp73 è inoltre regolata da eventi di metilazione del DNA. All’interno del primo introne di TP73 è posizionato il sito di legame del repressore trascrizionale ZEB; la metilazione di questa regione determina la perdita di interazione tra ZEB ed il promotore di p73, con conseguente induzione della sua trascrizione. Questo meccanismo è tessuto-specifico ed avviene durante eventi di differenziamento in cellule neuronali ed in miociti (Fontemaggi et al., 2001).
Eventi di ipermetilazione sono stati riscontrati nel linfoma di Burkitt e nella leucemia linfoblastica, in cui determinano il silenziamento del gene di p73; questo dato rafforza il ruolo di oncosoppressore attribuito a p73. (Xxxx et al., 1999; Xxxxxx et al., 1999). La trascrizione delle isoforme di p73 risulta essere controllata anche da meccanismi di feedback tra i vari membri della famiglia di p53. Il promotore P2 viene regolato positivamente sia da p53 che da TAp73, meccanismo questo responsabile dell’induzione dell’espressione delle isoforme ΔNp73 (Grob et al., 2001; Xxxxxxxx et al., 2002).
1.4.2 Regolazione post-traduzionale di p73
Dalle funzioni biologiche esaminate fin’ora e dalle implicazioni nei processi di tumorigenesi, risulta di grande interesse comprendere in maniera approfondita quali siano le modificazioni post-traduzionali di p73 e quali gli interattori molecolari che contribuiscono alla sua regolazione.
Il meccanismo fondamentale responsabile della regolazione della stabilità di p73 risulta essere l’ubiquitinazione. Diversi studi hanno dimostrato che la stabilità proteica di p73 è regolata da meccanismi ubiquitina-proteasoma dipendenti. I livelli proteici di p73 vengono stabilizzati in seguito al trattamento con inibitori specifici del proteosoma, come l’MG132 e la lactacistina (Xxxxxx et al., 1999). La co-espressione di ubiquitina e di p73 determina un accumulo della forma ubiquitinata di p73 (Xxxxxxxxxx et al., 2004). Infine, studi condotti su cellule ts20, contenenti un enzima E1 di attivazione dell’ubiquitina termolabile (Ohh et al., 2002), mostrano come p73 venga stabilizzato in seguito ad inattivazione dei meccanismi di ubiquitinazione (Xxxxxxxxxx et al., 2004).
L’ubiquitinazione ed il suo contributo alla regolazione di p73 verranno esaminati in dettaglio più avanti, mentre qui di seguito verranno illustrati gli eventi di fosforilazione , acetilazione e sumoilazione che interessano p73.
Fosforilazione
p73 sottostà ad eventi di fosforilazione che comportano un’incremento della sua attivazione trascrizionale e della sua stabilizzazione. Numerosi studi hanno messo in evidenza come il danno al DNA, causato da irradiazione con raggi γ, sia responsabile della fosforilazione del residuo di Tyr99 ad opera della chinasi c-abl, e della successiva induzione dell’apoptosi p73-dipendente (Xxxx et al., 1999; Xxxxx et al., 1999) (Figura 4). Il meccanismo d’azione prevede la formazione di un complesso tra la regione ricca in proline (PXXP) di p73 ed il dominio SH3 posizionato su c-abl. La successiva fosforilazione attiva la proteina ma non risulta stabilizzarla.
Alcuni agenti chemioterapici, come il cisplatino, sono responsabili sia dell’attivazione funzionale di p73, sia della sua stabilizzazione; anche in questo caso la fosforilazione risulta dipendente dall’azione della chinasi c-abl, ma il residuo modificato post-traduzionalmente non è una tirosina (Gong et al., 1999).
Studi condotti da Xxxxxxxx et al., 2003 hanno dimostrato che p73 viene fosforilato anche nel residuo Ser47 dalla chinasi CHK1, che viene attivata in risposta al danno al DNA; ne consegue l’induzione di apoptosi dipendente da p73 (Xxxxxxxx et al., 2003) (Figura 4).
La fosforilazione di p73 può alternativamente inibire la funzionalità di p73, il quale può interagire fisicamente in vitro con diverse cicline e complessi ciclina-CDKs (Cyclin-dependent kinases, CDKs), come ad esempio il complesso ciclina A-CDK1/2,
ciclina B-CDK1/2, e ciclina E-CDK2. Questa interazione determina la fosforilazione di p73 nel residuo Thr86, che inibisce l’induzione di p21 da parte di p73 (Xxxxxxx et al., 2003) (Figura 4). Studi in vivo hanno dimostrato un’associazione tra p73 e la chinasi mitotica ciclina B-CDK1; l’interazione è responsabile di una ridotta capacità di p73 di legarsi al DNA e di attivare la trascrizione. Inoltre è stata osservata un’iperfosforilazione delle isoforme p73α e p73β in cellule in mitosi (Xxxxx et al., 2003).
Acetilazione
p73 viene acetilato dall’acetiltrasferasi p300/CBP (cAMP-responsive element binding protein). L’enzima opera modificando post-traduzionalmente i residui Lys321, Lys327e Lys331 di p73 (Figura 4). Xxxxxxxx et al., (2002) hanno dimostrato che il danno al DNA induce eventi di acetilazione. In particolare, la forma non acetilata di p73 è meno efficace nell’induzione dei geni pro-apoptotici come p53AIP1. Questi dati indicano che l’acetilazione di p73 indotta dal danno al DNA, contribuisce ad aumentare la capacità di p73 di trasattivare i geni apoptotici che sono sotto il suo controllo (Xxxxxxxx et al.. 2002).
Mantovani et al., 2004 hanno dimostrato che l’acetilazione di p73, mediata da p300, viene promossa dall’associazione tra prolil-isomerasi Pin1 e p73. Inoltre l’azione coordinata tra Pin1 e p300 è responsabile, in ultima analisi, di un incremento della stabilità e dell’attività trascrizionale di p73 (Mantovani et al., 2004)
Sumoilazione
nucleare e risulti responsabile dell’inibizione di p73. PIAS1 è espresso prevalentemente durante la fase S del ciclo cellulare, in cui contribuisce alla riduzione della trascrizione di p21 mediata da p73, con conseguente diminuzione del numero di cellule nella fase X0/X (Xxxxxxxx et al., 2004).
Figura 4: Modificazioni post-traduzionali della proteina p73. La fosforilazione dei residui S47 e Y99, causata da irradiazione γ, determina un’attivazione di p73. Alcuni complessi ciclina-CDK fosforilano il residuo T86 di p73, provocando un’inibizione dell’attività trascrizionale di p73 con conseguente progressione del ciclo cellulare. In seguito a danni al DNA l’enzima p300/CBP acetila p73 nei residui 321, 327 e 331, determinando un incremento dell’attività trascrizionale di p73. La reazione di sumoilazione del residuo K627 stabilizza p73 e inibisce l’attivazione di geni coinvolti nell’arresto del ciclo cellulare (Xxxx and Xxxxx, 2004).
1.5 La reazione di ubiquitinazione
1.5.1 Generalità della cascata enzimatica dell’ubiquitinazione
L’ubiquitinazione è una modificazione post-traduzionale che prevede le formazione di un legame covalente tra l’ubiquitina ed una proteina bersaglio. L’ubiquitina è una proteina globulare costituita da 76 aminoacidi, altamente conservata
tra tutti gli organismi eucarioti. Attraverso la reazione di ubiquitinazione l’ubiquitina viene coniugata alle proteine accettrici tramite la formazione di un legame isopeptidico tra l’estremità C-terminale dell’ubiquitina (residuo di glicina76) e l’aminogruppo. del residuo di lisina del polipeptide coinvolto nella reazione (Xxxxxxx, 2001).
L’ubiquitinazione è un processo enzimatico complesso, che prevede l’azione sequenziale di tre differenti enzimi: l’enzima di attivazione dell’ubiquitina (E1), l’enzima di coniugazione dell’ubiquitina (E2) e l’enzima responsabile del legame dell’ubiquitina (ubiquitina ligasi, E3). L’E1 è responsabile dell’attivazione del residuo di glicina contenuto all’estremità C-terminale dell’ubiquitina, attraverso un meccanismo ATP-dipendente. Questo processo consiste nella formazione di un legame tioestere tra l’ubiquitina ed un residuo di cisteina, situato nel sito catalitico dell’enzima E1, con il concomitante rilascio di PPi e AMP. L’ubiquitina attivata in questa prima fase viene successivamente trasferita al residuo catalitico (una cisteina) dell’ E2 mediante la formazione di un ulteriore legame tioestere. Infine l’ultima fase del processo è catalizzata dall’enzima E3, e prevede la formazione del legame isopeptidico tra l’estremità C-terminale dell’ubiquitina, precedentemente attivata, e l’ ε-aminogruppo. del residuo di lisina della proteina accettrice (Hershko and Xxxxxxxxxxx 1998) (Figura 5). Come si vedrà in seguito, le E3 possono sia possedere un’attività enzimatica intrinseca sia semplicemente coaudiuvare il trasferimento dell’ubiquitina dall’E2 al substrato proteico.
Figura 5: La reazione di ubiquitinazione. L’ubiquitina libera è attivata mediante un meccanismo dipendente dall’ATP che comporta la formazione di un legame tioestere tra l’enzima E1 e l’estremità carbossi-terminale dell’ubiquitina. La seconda fase comporta il trasferimento dell’ubiquitina all’E2. L’E2 interagisce con l’E3 facilitando il trasferimento finale dell’ubiquitina al substrato. Le HECT ligasi ricevono l’ubiquitina attivata e la legano attraverso il dominio HECT, successivamente la trasferiscono al substrato. Le E3 RING, invece trasferiscono direttamente l’ubiquitina al substrato. (Xxxxxxxx, 2001)
Il ruolo maggiormente studiato e attribuito all’ubiquitinazione riguarda il riconoscimento delle proteine bersaglio da parte del proteosoma 26S, che a sua volta è responsabile della degradazione proteolitica di varie proteine cellulari. Il proteosoma è un complesso proteolitico multienzimatico che riconosce come segnale degradativo una catena di almeno quattro molecole di ubiquitina legate tra loro attraverso il residuo di lisina 48 dell’ubiquitina. Il legame tra l’ubiquitina e la proteina accettrice costituisce così un metodo rapido e reversibile per controllare l’abbondanza cellulare dei livelli proteici.
1.5.2 Differenti tipi di ubiquitinazione e loro significato biologico
Poiché le catene di ubiquitina possono essere formate utilizzando diversi residui di lisina presenti nell’ubiquitina stessa, e grazie alla sua elevata specificità di legame alle proteine bersaglio, l’ubiquitinazione delle proteine costituisce un segnale multifunzionale e come tale influenza diversi processi biologici. Il modo attraverso il quale l’ubiquitina viene legata ai substrati proteici, determina il destino delle proteine bersaglio. Una proteina può infatti venire modificata su di un singolo o su diversi residui di lisina (Xxxxxxxxx, 2001). Quando un’unica molecola di ubiquitina viene coniugata ad un solo residuo di lisina, ci si riferisce ad una reazione di monoubiquitinazione, viceversa, quando più residui di lisina del substrato sono coinvolti nel legame all’ubiquitina si parla di multiubiquitinazione. Infine, più molecole di ubiquitina possono essere legate ad un residuo di lisina del substrato per formare una catena di poliubiquitina (poliubiquitinazione) (Figura 6A).
Sia la monoubiquitinazione che la multiubiquitinazione costituiscono un segnale per il controllo di diversi processi cellulari inclusi la trascrizione, la funzionalità degli istoni, l’endocitosi, il traffico di proteine di membrana e la localizzazione subcellulare (Xxxxx and Xxxx., 2003; Xxxxxxxx and Xxxxxx.,2003; Xxxxx, 2001; Xxxxxxxx et al., 2002) (Figura 6B).
Figura 6: Meccanismi di modificazione delle proteine da parte dell’ubiquitina. I substrati possono essere modificati attraverso il legame di una singola molecola di ubiquitina con un singolo residuo di lisina (monoubiquitinazione), oppure mediante l’interazione di più molecole singole di ubiquitina su residui di lisina multipli (multiubiquitinazione), o infine tramite la formazione di catene costituite da più molecole di ubiquitina su di un singolo residuo di lisina (poliubiquitinzaione). La monoubiquitinazione regola diversi processi cellulari quali l’endocitosi, il trasporto intracellulare l’attivazione trascrizionale, il riparo al DNA e l’attività degli istoni. La multiubiquitinazione è ancora poco caratterizzata e risulta svolgere funzioni nei processi di endocitosi. La poliubiquitinazione può avvenire su diversi residui di lisina presenti nell’ubiquitina e di conseguenza servire per diversi processi biologici. Catene generate utilizzando la Lys 48 costituiscono il segnale per la degradazione proteosoma-dipendente. Catene formate attraverso residui di Lys 63 sono implicate nella regolazione del riparo al DNA, nell’attivazione chinasica, nella funzione ribosomiale e nel trasporto delle proteine di membrana. Catene originate dall’utilizzo della Lys29 sono coinvolte nel reclutamento dell’enzima E4. Le catene generate attraverso l’utilizzo degli altri residui (lys6, lys11, lys27 e lys33) sono ancora poco caratterizzate.
Ad esempio, i recettori dei fattori di crescita, una volta attivati, vengono generalmente rimossi dalla superficie cellulare e trasportati nei compartimenti endosomiali; successivamente, possono essere degradati o alternativamente possono tornare sulla membrana cellulare ed essere nuovamente impiegati per un altro ciclo. Il processo descritto viene finemente regolato da meccanismi di ubiquitinazione. Diverse permeasi e trasportatori in S. cerevisiae così come recettori delle tirosin chinasi (receptor tyrosin kinases, RTKs) in cellule animali, sono soggetti a mono o a multiubiquitinazione (Xxxxxxx et al., 2003; Xxxxxxx et al., 1998; Xxxxx et al., 1997).
Un altro processo cellulare coordinato da eventi di ubiquitinazione è il riparo del DNA. In particolare, recentemente sono stati condotti diversi studi sul meccanismo di sintesi del DNA lesionato coordinato dal fattore replicativo PCNA (proliferating cell nuclear antigen), in grado di reclutare la DNA polimerasi. La diversa ubiquitinazione a cui può sottostare PCNA, è responsabile del reclutamento di polimerasi distinte; infatti PCNA monoubiquitinato interagisce con la polimerasi replicativa, viceversa, in seguito a poliubiquitinazione costituita da una catena le cui ubiquitine si legano attraverso la lys63
è la polimerasi di translesione ad essere coinvolta (Xxxxxx et al., 2005; Xxxxxxxxx and Xxxx, 2004).
L’ubiquitinazione è un processo fondamentale anche nella regolazione della trascrizione: gli istoni infatti sono stati il primo substrato scoperto in grado di interagire con la molecola di ubiquitina, ad oggi molti lavori hanno determinato come l’ubiquitinazione degli istoni possa essere responsabile di ulteriori modificazioni post- traduzionali negli istoni stessi (metilazione, acetilazione), in grado di alterare la struttura della cromatina (Xxxxxxxx and Xxxxxx, 2003). Alcuni esempi verranno illustrati in seguito.
L’ubiquitina contiene sette residui di lisina conservati (Lys6, Xxx00, Xxx00, Xxx00, Xxx00, Lys48 e Lys63), in grado di generare catene di poliubiquitina interagendo con il residuo di glicina posto all’estremità carbossi-terminale di una molecola di ubiquitina adiacente (Hershko and Xxxxxxxxxxx,1998; Xxxxxxxxxxx, 1994, 2005; Hershko, 2005).
Generalmente l’utilizzo del residuo Lys48 è finalizzato alla formazione di catene di ubiquitina che costituiscono il segnale di riconoscimento per il proteosoma. Tuttavia, alcuni studi dimostrano che anche i residui Lys11 e Lys29, potrebbero svolgere la stessa funzione proteolitica (Xxxxxxx and Xxxxxxx, 1994; Xxxxxxx et al., 1995); viceversa è stato dimostrato che i legami che sfruttano altri residui di lisina per formare catene di poliubiquitina, quali Lys63 (Xxxx et al., 2000; Xxxx et al., 2001; Xxxxxx et al., 2005; Adhikary et al., 2005; Xxxxxx-Xxxxxxxxx et al.,2007; Xxxxxxx et al., 2008), Lys29/33 (Xxxxxxxxxx et al., 2006; Xx-Xxxxx et al., 2008) e Lys6 (Xxxxxxxxx et al., 2004) sono implicati nella regolazione di processi cellulari proteolisi-indipendenti quali cambiamenti dell’attività proteica o della localizzazione subcellulare ed interazioni proteina-proteina (Xxxxxxx and Xxxxx, 2003) (Figura 7). In particolare, la formazione di catene di poliubiquitina che utilizzano il residuo Lys63 è stata associata alla regolazione della risposta al danno al DNA, della risposta infiammatoria, dell’endocitosi ed della sintesi di proteine ribosomiali (Xxxxxxx and Xxxxxxx., 2004).
Figura 7: Differenti funzioni esercitate dall’ubiquitina. E’ riportata una rappresentazione schematica dell’ubiquitina e dei diversi legami che può formare. L’ubiquitina è costituita da diversi residui di lisina (Lys6, Xxx00, Xxx00, Xxx00, Xxx00, Lys48 e Lys63) in grado di formare catene di multiubiquitinazione. Le funzioni svolte dalle catene che utilizzano i residui Xxx0, Xxx00, Xxx00, Lys29 e Lys33 non sono ancora note. La Lys 48 marca le proteine substrato per la degradazione mediata dal proteosoma, mentre i legami che utilizzano la Lys63 possono servire per numerose funzioni: il riparo al DNA, l’endocitosi e il trasporto vescicolare, la funzione ribosomiale e l’attivazione di chinasi (Xxxxxxxx, 2001)
1.5.3 Enzimi coinvolti nella reazione di ubiquitinazione
L’enzima E1 esiste in forma unica nel lievito, mentre nelle cellule di mammifero ne sono stati identificati almeno dieci.
La funzione dell’enzima E1 è quella di attivazione della molecola di ubiquitina. Questo meccanismo avviene attraverso il legame sequenziale tra l’E1, il complesso MgATP e l’ubiquitina, l’interazione determina la formazione di un intermedio ubiquitina-adenilato che servirà come donatore di ubiquitina al residuo di cisteina presente sul sito attivo dell’E1 stesso. Quindi ciascun E1 può legare contemporaneamente 2 molecole di ubiquitina: una come adenilato e l’altra come tioestere. Successivamente la molecola di ubiquitina “attivata” legata al gruppo tiolo, viene trasferita all’enzima di coniugazione E2 (Xxxx and Rose, 1982; Hershko et al.,1983). L’E1 è altamente efficiente ciò permette la produzione di un’elevata quantità
di ubiquitina attivata che può essere così rapidamente coniugata all’E2 (Xxxx and Xxxx, 1982).
Sono stati descritti 11 enzimi E2 nel lievito ed almeno cento negli gli organismi superiori, la loro architettura di base risulta comunque essere altamente conservata: nel dominio centrale, costituito da circa 150 residui aminoacidici, è presente la cisteina catalitica responsabile dell’interazione con l’ubiquitina precedentemente attivata dall’enzima E1, in questo stesso dominio sono anche localizzati i residui coinvolti nell’interazione con l’enzima E1 (Xxxxxx et al., 1998). Il meccanismo d’azione prevede il legame tra l’E2 e il complesso E1-ubiquitina. Questa interazione risulta molto efficiente paragonata alle singole interazioni tra E2 e ubiquitina libera, e tra E2 ed E1 privo di ubiquitina. Come già verificato nella prima reazione del processo di ubiquitinazione, anche in questo secondo caso, il trasferimento dell’ubiquitina dall’enzima E1 all’enzima E2, risulta essere particolarmente rapido, permettendo la produzione di notevoli quantità di ubiquitina “attivata” che può essere così utilizzata dagli enzimi E3 (Xxxxxxx et al., 1983). L’ultima fase del processo di ubiquitinazione che determina il trasferimento ultimo dell’ubiquitina dall’E3 al substrato, risulta infatti essere la reazione più specifica e la più lenta: tutte queste osservazioni portano ad attribuire una funzione fondamentale agli enzimi E3 ubiquitina ligasi.
La specificità della reazione di ubiquitinazione è conferita dall’enzima E3, che è responsabile del riconoscimento e del legame di un unico o di un gruppo ristretto di substrati ed è in grado di cooperare con uno o pochi enzimi E2 per il trasferimento al substrato dell’ubiquitina attivata. Ad oggi sono state identificate circa un migliaio di E3 che sono state classificate in tre gruppi principali descritte nel paragrafo successivo: le E3 ligasi di tipo HECT, di tipo RING-finger e di tipo U-box.
E3 di tipo HECT
Le E3 di tipo HECT (homologous to the E6-AP carboxyl terminus), sono proteine monomeriche che condividono una comune struttura modulare (Xxxxxxxxxx et al., 1995); in particolare, tutte possiedono un dominio catalitico C-terminale denominato HECT, originariamente caratterizzato nella proteina X0-XX (X0 associated-protein), che
è responsabile dell’interazione con l’E2 e contiene il residuo di cisteina necessario per il legame con l’ubiquitina ed il suo trasferimento al substrato proteico (Xxxxxxxx, 2001).
La specificità nei confronti dei differenti substrati, viene conferita alle E3 di tipo HECT dalla presenza di diversi domini di interazione proteina-proteina; in particolare le E3 di tipo HECT sono state ulteriormente suddivise in tre sottofamiglie, in base al motivo strutturale utilizzato per il riconoscimento del substrato: le HERC E3 contenenti domini RCC1-simili (RLD), le C2-WW-HECT formate da domini triptofano-triptofano (WW) e le SI(ngle)-HECT E3 in cui sono assenti sia il dominio RLD, sia i domini WW (Xxxxxxxxx and Xxxxx., 2007). Le E3 C2-WW-HECT posseggono da 2 a 4 domini WW posizionati nella regione centrale della proteina ed un ulteriore dominio conservato all’estremità N-terminale, denominato C2. Si tratta di un dominio di legame al calcio e ai fosfolipidi, coinvolto nella localizzazione della proteina a livello delle membrane cellulari (Xxxxxxxx, 2001) (Figura 8).
Figura 8: Relazione filogenetica tra i membri della famiglia delle E3 C2-WW-HECT. A) Ortologhi di Nedd4 sono stati identificati in lievito (rosso), in Drosophila (blu) in topo e nell’uomo (nero). Itch forma un cluster insieme a WWP1 e a WWP2, mentre Nedd4-1, Nedd4-2, le Smurf, NEDL1 e NEDL2 formano 2 cluster separati. B) La struttura modulare delle E3 C2-WW-HECT è costituita da un dominio N-terminale Ca2+/lipid binding (C2) (rettangoli gialli), una regione centrale contenente multipli domini WW (quadrati rossi) e un dominio HECT all’estremità C-terminale (rettangoli verdi) (Bernassola et al., 2008).
Le ligasi HECT sono le uniche tra le E3 a possedere un’attività catalitica intrinseca. Durante la reazione di ubiquitinazione interagiscono con l’enzima E2 attraverso il dominio HECT, ricevono dall’E2 l’ubiquitina attivata e la trasferiscono
direttamente alla molecola substrato. Le reazioni di trasferimento dell’ubiquitina dall’E2 al substrato coinvolgono un residuo di cisteina catalitica localizzato nel dominio HECT della E3. Da un punto di vista funzionale, le HECT E3 sono implicate sia in reazioni di monoubiqutinazione attraverso le quali regolano i processi di endocitosi e di smistamento proteico (Xxxxxxxxx et al., 1999; Xxxxxxx et al., 2003; Di Fiore et al., 2003), oppure possono catalizzare la formazione di catene di poliubiquitina, regolando in questo modo la stabilità proteica di recettori transmembrana o di proteine intracellulari.
Le più studiate tra le E3 di tipo HECT sono le C2-WW-HECT il cui prototipo strutturale è considerato Nedd4 (neural precursor cell expressed, developmentally down- regulated 4) (Figura 9).
Figura 9: E3 HECT: Nedd4 Nedd4 è il prototipo strutturale delle C2-WW-HECT ligasi. E’ costituito dal dominio C2 in grado di mediare l’interazione con la membrana tramite un meccanismo Ca2+- dipendente, dai domini WW di interazione con la regione PY del substrato e dal dominio HECT responsabile del legame con l’E2. (Xxxxxxxx, 2001)
La proteina Nedd4 è stata inizialmente identificata come responsabile della regolazione dei fluidi e dell’omeostasi elettrolitica, grazie alla capacità di controllare i canali epiteliali del sodio (EnaC) (Xxxxx et al., 1997; Xxxxxx et al., 1999). Studi più recenti ne hanno attribuito un ulteriore ruolo nella tumorigenesi: Nedd4 è stata infatti identificata come la ligasi del fattore oncosoppressore PTEN (Xxxx et al., 2007; Xxxxxxx et al., 2007). Che antagonizzare le vie di segnale che portano alla sopravvivenza cellulare dipendenti dalla chinasi AKT/PI3K (fosfatidilinositolo 3-
chinasi). Una regolazione aberrante di PTEN, causata dall’overespressione di Nedd4, può quindi promuovere la sopravvivenza cellulare AKT-dipendente (Xxxx et al., 2007).
Alla medesima sottofamiglia appartiene l’enzima Itch, una E3 ampiamente studiata e caratterizzata nel nostro laboratorio, che costituisce in parte, l’oggetto di studio del lavoro sperimentale descritto in questa tesi.
La proteina Itch è stata inizialmente identificata mediante lo studio dei topi mutanti “non-agouti-lethal 18H” o topi Itchy, che in seguito ad una inversione cromosomica indotta da radiazioni non esprimono più i geni agouti e Itch (Xxxxx et al., 1998). La mutazione determina una colorazione del pelo più scura, inoltre, studi condotti su topi deleti per Itch, hanno evidenziato la formazione spontanea di malattie autoimmuni caratterizzate da una proliferazione linfatica nella milza, nei linfonodi e nella medulla del timo, oltre ad un’infiammazione polmonare cronica (Xxxxx et al., 1998).
Diversi substrati della ligasi Itch sono stati identificati e sono per lo più coinvolti nella risposta immunitaria, nell’apoptosi e nel traffico vescicolare.
Tra i diversi substrati di Itch sono stati ampiamente studiati i modulatori della risposta immunitaria, in particolare i membri della famiglia di Jun: c-Jun e XxxX (Xxxx et al., 2002; Xxxx and Xxxxxxxx, 2004). La proteina JunB è coinvolta nel differenziamento della cellule TH2, attraverso la regolazione trascrizionale dei promotori dell’interleuchina-4 (IL-4) e dell’interleuchina-5 (IL-5). In condizioni stazionarie, JunB viene regolato dalla ligasi Itch, che ne media la degradazione proteosoma-dipendente, ciò contribuisce al mantenimento di basse concentrazioni di IL-4 e alla conseguente attenuazione del differenziamento delle cellule TH2 (Xx et al., 1999; Xxxxxxxxxxx et al., 2002). Una de-regolazione di JunB causa un incremento del differenziamento delle cellule TH2, con successiva iperproliferazione delle cellule T ed una risposta allergica anormale (Fang et al., 2002). Anche c-jun è stato identificato essere un substrato della ligasi e la sua ubiquitinazione ad opera di Itch stesso media la degradazione lisosoma- dipendente (Xxxx and Xxxxxxxx, 2004).
Itch risulta essere coinvolto anche in altri processi biologici, quali ad esempio il mantenimento dell’anergia delle cellule T: l’induzione dell’anergia avviene ad opera della stimolazione dei TCR, presenti sulla superficie delle cellule presentanti l’antigene (APC), e determina un’aumento del messaggero di Itch. In queste condizioni Itch non solo è maggiormente trascritto, ma viene anche traslocato dal citoplasma al compartimento endosiomiale dove può esercitare la sua funzione di ligasi nei confronti dei substrati: la fosfolipasi C-γ1 (PLC-γ1) e la proteina chinasi θ (PKC-θ). I due substrati subiscono una monoubiquitinazione ad opera di Itch, che permette loro di sottostare ad un traslocazione vescicolare con trasferimento nel lisosoma e successiva degradazione (Xxxxxxxxxx et al., 2004). La riduzione dell’espressione dei due substrati interferisce con la funzionalità delle sinapsi immunologiche che a loro volta sono coinvolte nel signaling e nella proliferazione delle cellule T. Esperimenti in vivo condotti in topi deleti geneticamente per Itch, mostrano una resistenza all’induzione dell’anergia. Tutti questi dati sono consistenti nell’attribuire ad Itch una funzionalità nella risposta immunologica (Xxxxxxx 2004).
Recenti lavori hanno attribuito un ruolo della ligasi anche nel controllo del
traffico vescicolare di recettori: la proteina ErbB-4, appartiene alla famiglia ErbB dei recettori dei fattori di crescita (EGFR). ErbB-4 in seguito all’interazione con il suo ligando viene clivata in un frammento IC, in grado di traslocare nel nucleo, interagire con il coattivatore YAP (proteina associata a Yes) ed infine indurre attività trascrizionale. La ligasi Itch è in grado di interagire con ErbB-4 competendo con la proteina YAP, con conseguente sequestro di ErB-4 nel citoplasma e inibizione della sua attività trascrizionale (Sundvall et al., 2008).
Un ulteriore ruolo attribuito alla HECT ligasi Itch, risulta essere nell’induzione della risposta apoptotica attraverso due meccanismi distinti. La proteina c-FLIPL, inibitore della caspasi-8, è un substrato di Itch: in seguito a trattamento delle cellule con il fattore TNFα si ha un’induzione della morte cellulare per apoptosi, evento dovuto anche all’azione catalitica di Itch esercitata nei confronti della proteina c-FLIPL. Studi condotti in vivo su topi Itch KO, hanno messo in luce come l’apoptosi indotta negli epatociti in seguito all’azione di TNFα sia prevenuta con conseguente protezione nei confronti di un’epatite fulminante (Xxxxx et al., 2006).
I membri della famiglia di p53 risultano essere substrati della ligasi e come tali vengono degradati dal proteosoma in seguito a poliubiquitinazione Itch-dipendente (Xxxxx et al., 2005; Xxxxx et al., 2006), come descritto nel paragrafo 1.5.5.
L’attività catalitica e la capacità di Itch di reclutare i suoi substrati, sono soggette a diversi livelli di regolazione, compresi modificazioni post-traduzionali, come la fosforilazione, e interazione con proteine adattatrici.
Itch sottostà ad eventi di fosforilazione da parte della chinasi Jun N-terminale1 (JNK1), in particolare la chinasi catalizza la fosforilazione di 3 residui Ser/Thr presenti all’interno del dominio HECT di Itch. La modificazione post-traduzionale determina un cambiamento conformazionale della ligasi, tale da permettere il successivo reclutamento e interazione con i vari substrati (Xxxxxxxxx et al., 2006) (Figura 10). In particolare l’induzione della chinasi JNK1, determina un incremento dell’attività catalitica di Itch, con conseguente aumento della degradazione dei membri della famiglia di Xxx nonché controllo del differenziamento delle cellule TH2, come precedentemente illustrato (Xxx et al., 2004) (Figura 10).
Figura 10: Regolazione della produzione delle cellule TH2 Itch-dipendente. La stimolazione delle cellule T ha inizio in seguito all’attivazione della cascata JNK/MAPK e culmina nella degradazione di JunB ad opera dell’ubiquitinazione Itch-mediata. La fosforilazione di Itch nei residui S199, T222 e S232 è responsabile dell’attivazione della ligasi stessa che ubiquitina JunB. Conseguentemente si ha una riduzione della produzione di IL-4 e un’attenuazione della produzione di TH2. L’induzione del differenziamento delle cellule TH2 è promosso dall’azione della chinasi Src Fyn. Fyn fosforila il residuo Tyr 371 di Itch, inibendo l’interazione tra Itch e JunB. Successivamente JunB può indurre l’IL-4 che accelera il differenziamento delle cellule TH2 (Xxxxxx et al., 2008).
Itch subisce anche un evento di fosforilazione ad opera di una Src chinasi, Fyn nel residuo Tyr371. Questa modificazione determina però un’inibizione dell’attività
catalitica di Itch stesso che si riflette nell’induzione del differenziamento delle cellule TH2 (Xxxx et al., 2006) (Figura 10).
Le HECT ligasi come descritto precedentemente sono in grado di ricevere molecole di ubiquitina sul loro sito catalico posizionato nel dominio HECT direttamente dall’enzima di coniugazione E2, successivamente l’ubiquitina attivata può essere trasferita sui diversi substrati. Questo meccanismo è alla base della capacità delle HECT ligasi di autoubiquitinarsi. E’ stato dimostratcome in realtà l’autoubiquitinazione di Itch non sia responsabile della regolazione della stabilità della proteina stessa, in quanto prevede l’utilizzo del residuo Lys63 (Scialpi et al., 2008). Ulteriori studi condotti precedentemente avevano messo in luce l’esistenza di una de-ubiquitinilasi FAM/USP9X, che al contrario sembrerebbe agire proteggendo Itch dalla degradazione proteosoma-dipendente (Xxxxxxxxxx et al.,2006).
La regolazione della ligasi Itch, viene affidata anche all’interazione con particolari proteine.
La proteina legante Nedd4 (N4BP1) è un nuovo interattore di Itch, che svolge un effetto inibitorio nei confronti dell’attività di ubiquitinzione di Itch stesso, in particolare attraverso un meccanismo di competizione la suddetta proteina impedisce ai diversi substrati di Itch (p73, p63, c-Jun e JunB) di essere poliubiquitinati e di conseguenza degradati (Oberst et al., 2007).
La proteina interattore della famiglia Nedd4-1 (Ndfip1), agisce al contrario promuovendo la degradazione dei substrati di Itch. Le due proteine interagiscono in seguito a stimolazione delle cellule T, il legame determina un cambiamento nella localizzazione di Itch, che dalle vescicole intracellulari viene trasferito alla superficie interna della membrana plasmatica, con conseguente aumento della degradazione di JunB nonché con una diminuzione della produzione di citochine TH2 (Xxxxxxxx et al., 2000; Xxxxxx et al., 2006).
E3 di tipo RING-finger
La famiglia delle proteine del tipo RING-finger rappresenta il più numeroso gruppo di E3, che ne include almeno cento diversi enzimi. Al contrario delle E3 ligasi di tipo HECT, le E3 del tipo RING-finger non possiedono un’attività catalitica intrinseca, ma piuttosto agiscono da “sostegno molecolare”, facilitando l’interazione tra l’enzima E2 ed il substrato.
Il dominio RING-finger è costituito da 8 residui di cisteina e di istidina altamente conservati, coordinati insieme dalla presenza di due atomi di zolfo, a formare una struttura a ponte che serve per un adeguato ripiegamento dell’enzima e per l’interazione con l’X0 (Xxxxxx and Freemont, 1996). Il riconoscimento e il successivo legame tra l’E3 e i suoi diversi substrati, avviene tramite la giustapposizione tra l’E3 e una specifica regione di “ubiquitinazione” presente nelle proteine bersaglio. Inoltre generalmente l’interazione coinvolge altre proteine con funzione mediatrice, e può richiedere delle modificazioni post-traduzionali che riguardano i diversi substrati. Alcuni esempi verranno descritti nel dettaglio in seguito.
Le E3 del tipo RING-finger possono a loro volta essere suddivise in proteine monomeriche, oppure in complessi proteici costituiti da subunità multiple.
E3 del tipo RING-finger monometriche
Alla famiglia di proteine monomeriche appartengono la proto-oncoproteina c- Cbl, responsabile dell’ubiquitinazione dei recettori dei fattori di crescita, le proteine inibitori dell’apoptosi (IAPS) e l’oncoproteina Mdm2 che ubiquitina il fattore trascrizionale p53.
I membri della famiglia di Cbl, sono stati originariamente identificati come proteine con funzione di adattatore, in seguito sono state riscontrate essere delle E3 RING ligasi responsabili dell’endocitosi e della degradazione dei recettori delle tirosin chinasi (RTK) (Dikic, 2003; Marmor and Yarden, 2004). Cbl riconosce il residuo di tirosina delle RTK attivato tramite fosforilazione, e interagisce con questa mediante il dominio di legame SH2 (Src homology 2) posizionato all’estremità N-terminale, il legame media poi la successiva ubiquitinazione del substrato stesso (Xxx et al., 2002; Xxxxx and Xxxxxxx, 2001).
Un’altra E3 notevolmente studiata per via della sua capacità di regolare la stabilità proteica del noto fattore di trascrizione p53 è Mdm2 (Xxxx et al., 2000; Honda and Xxxxxx, 2000) (Figura11).
Figura 11: E3 RING monomerica: Mdm2 La ligasi Mdm2 è costituita dal dominio RING responsabile dell’interazione con l’E2 e dal dominio di interazione con il substrato p53. L’attività della ligasi è inibita da MdmX e da p19ARF(Xxxxxxxx, 2001).
Il “turnover” proteico di p53 è infatti regolato dalla ligasi Mdm2 (mouse double minute2). La ligasi è costituita dal dominio RING, presente all’estremità C-terminale e dal dominio di legame a p53, posizionato invece nell’estremità amino-terminale. L’interazione ligasi-substrato avviene tramite il riconoscimento del segnale di ubiquitinazione di p53, presente nella suo dominio di transattivazione TA. In seguito all’interazione tra le due proteine, p53 può essere alternativamente monoubiquitinata (quando la concentrazione di Mdm2 è bassa), oppure poliubiquitinata (quando i livelli della ligasi aumentano) e successivamente degradata (Xx et al., 2003). La reazione descritta viene però inibita dall’attivazione del fattore p53 in seguito a danno al DNA o a stimoli genotossici: l’attivazione prevede la fosforilazione di residui di serina posizionati nel dominio TA di p53, tale modificazione post-traduzionale impedisce l’interazione tra Mdm2 e p53, con conseguente aumento della stbilità di p53 stesso (Xxxxxxx and Xxxx, 2002; Xxxx and Xxxxxxxx, 2003).
E3 del tipo RING-finger multimeriche
I complessi multimerici RING-finger sono stati inizialmente identificati per la presenza di un dominio di legame allo zinco di tipo RING-finger, responsabile dell’interazione con l’enzima di coniugazione E2 (Joazeiro and Xxxxxxxx, 2000). Prendono comunemente anche il nome di E3 ligasi cullina-dipendenti (CDL) a causa della loro peculiare struttura che comprende le proteine Roc e le culline. Le proteine Roc sono piccoli polipeptidi in cui è situato il dominio RING, direttamente in grado di interagire con le E2; le culline invece, costituiscono una famiglia di proteine
strettamente correlate (cullina 1, 2, 3, 4a, 4b, 5 e 7) a cui appartengono anche le proteine Apc2 (subunità del complesso promuovente l’anafase/ciclosoma APC/C) e Parc, la cui funzione di base è quella di fornire un sostegno molecolare a tutto il complesso, favorendo inoltre l’avvicinamento tra l’enzima E2, legato al dominio RING, e le proteine substrato, in grado di interagire con il complesso attraverso una o più molecole adattatrici direttamente legate alla cullina (Xxxxxxxxx et al., 1998; Xx et al., 1998; Nikolaev et al., 2003) (Figura 12).
Figura 12: Struttura modulare dei complessi CDL. Le CDL sono costituite da una struttura catalitica centrale formata dalla cullina e da una proteina contenente il dominio RING-finger. I recettori o i fattori di specificità per il riconoscimento del substrato, sono indicati in verde e contengono un dominio all’N-terminale, in giallo, che lega la molecola adattatrice, in azzurro. La regione all’estremità C-terminale del recettore serve per l’interazione con il substrato. Nei complessi SCF (a) la molecola adattatrice Skp1 lega un dominio di 40 residui aminoacidici: il motivo Fbox. Xx xxxxxxx 0 (x) x xx xxxxxxx 0 (x) legano la molecola adattatrice elonghina BC e usano come fattori di specificità proteine con il motivo SOC (suppressor of cytokine signalling). La cullina 3 (c) lega un’unica proteina costituita dal dominio BTB (Tramtrack, Bric-a-brac). La cullina4a (d) lega la proteina DDB1 (DNA damage binding protein) che può funzionare da fattore di specificità legando direttamente i substrati o alternativamente può funzionare da recettore interagendo con DDB2 che a sua volta recluta il substrato.
Le diverse CDL mostrano un’architettura di base simile, ed il complesso maggiormente studiato è l’SCF costituito dai membri: SKP1-Cullina1-Rbx1-proteina Fbox (Figura 13).
La proteina Rbx1 è costituita da 108 residui e contiene il dominio RING, la suddetta proteina interagisce con l’estremità C-terminale della cullina1. La cullina1 è costituita da 776 residui ed è in grado di legare attraverso la sua porzione N-terminale, l’adattatore SKP1. L’adattatore è un piccolo polipeptide in grado di riconoscere e legare le diverse proteine Fbox (Xxx et al., 1996; Xxxxxx et al., 1999; Xxxx et al., 1999).
Le proteine Fbox sono caratterizzate da un dominio all’estremità N-terminale di 40 residui responsabile dell’interazione con SKP1, seguito da una regione di interazione proteina-proteina ricco in leucine, oppure costituita da ripetizioni WD-40 in grado di legare i diversi substrati (Xxx et al., 1996; Skowyra et al., 1999). Data la loro struttura, le Fbox possono così legare solo determinati substrati conferendo specificità al complesso SCF.
Figura13: E3 ring multimerica: SCFβTRCp. SCFβTRCp è il prototipo delle ligasi E3 multimeriche costituite dalla cullina (CDL). E’costituito da SKP1 in grado di reclutare le diverse Fbox, Rbx1 che serve per il legame con l’E2 e dalla Cul1 che fornisce il sostegno strutturale a tutto il complesso. (Xxxxxxxx, 2001)
Alcune SCF umane sono state studiate dettagliatamente e comprendono l’SCFSkp2, responsabile dell’ubiquitinazione dell’inibitore delle Cdk, p27, l’SCFb-TrCP che ubiquitina la β-catenina e il fattore IkB e l’SCFFbw7 che regola la ciclina E (Deshaies, 1999; Xxxxx et al., 2001).
Tra le numerose funzioni svolte dagli SCF, ricordiamo un ruolo preponderante nel controllo del ciclo cellulare tramite l’ubiquitinazione di fattori quali p21, p27, ciclinaE e nella replicazione del DNA tramite il controllo della stabilità di proteine quali E2F, CDT1 (Deshaies, 1999; Xxxxxxx and Xxxxxx, 2004).
Il riconoscimento da parte delle E3 ligasi in particolare dalle specifiche Fbox, può richiedere anche modificazione post-traduzionali generalmente subite dai vari substrati: la fosforilazione è tra queste la maggiormente osservata oltre alla coniugazione
ad oligosaccaridi ricchi di mannosio, o all’idrossilazione, o all’acetilazione, o alla sumoilazione o ancora alla metilazione (Xxxxxxx et al., 2003; Xxxx et al., 2001; Xxxxxxxx et al., 2001). Tutte queste modificazioni hanno luogo in seguito a specifici stimoli ed in determinate condizioni contribuendo al rigido controllo e alla selettività della reazione. Sono noti però anche esempi in cui i substrati non subiscono alcuna modificazione e vengono ugualmente reclutati dalle E3 (Xxxxxxx et al., 2003; Xx et al., 2003).
L’attività catalitica dei complessi SCF, è rigidamente controllata da diversi meccanismi. Uno di questi comporta il legame con un omologo dell’ubiquitina, la proteina Nedd8 (N8). La reazione di neddilazione prevede il legame covalente della molecola N8 ad un residuo di lisina conservato presente nella cullina (Osaka et al., 2000). La reazione di neddilazione è responsabile dell’induzione dell’attività ligasica della cullina1, in quanto aiuta e facilita il reclutamento dell’enzima E2 sulla cullina stessa (Xxxxxx et al., 2000; Xxxx et al., 2000; Xx et al., 2000; Xxxxxxxx et al., 2001). Un’altra funzione esercitata dalla proteina N8 consiste nell’impedimento dell’interazione tra il complesso SCF e il fattore CAND-1: CAND-1 compete con SKP1 per il legame alla cullina, impedendo quindi il successivo reclutamento della Fbox. In particolare CAND1 non è in grado di interagire con la CUL1, se questa è modificata dall’interazione con N8, in conseguenza di ciò la neddilazione costituisce un ulteriore meccanismo di attivazione del complesso SCF (Xxx et al., 2002; Xxxxx et al., 2002) (figura14).
Figura 14: La regolazione dell’attività delle ligasi RING multimeriche attraverso CAND1 e Nedd8. Cicli di legame e rilascio di Nedd8 risultano importanti nella regolazione delle ligasi CRL. Il complesso enzimatico SCF (SKP1, CUL1 e Fbox) associato a CAND1 si trova in uno stato inattivo (a). Il legame di Nedd8 al complesso provoca il distacco di CAND1 (b) e favorisce il reclutamento dei substrati “attivando” il complesso affinchè possa ubiquitinare i propri substrati (c). La deubiquitinasi UBP12 regola l’abbondanza dei substrati interferendo con la stabilità delle Fbox (d). L’isopeptidasi CSN5 può de- neddilare la Cul1 facilitando la dissociazione di SKP1 e il legame a CAND1(e). (Xxxxxxxx and Deshaies, 2005).
E3 del tipo RING-finger multimeriche: CDL4a
Alle E3 ligasi cullina-dipendenti (CDL) appartiene anche il complesso CDL4a, che è stato studiato nel nostro laboratorio ed in particolare è oggetto di studio della seconda parte del mio progetto di dottorato.
Il complesso multimerico CDL4a è costituito dalla cullina4a, questa proteina è un membro della famiglia delle culline e come tale mostra una sostanziale omologia con la cullina1. Di conseguenza tutta l’architettura del complesso, nonché la capacità e funzionalità dell’enzima stesso è sostanzialmente simile a quella esercitata dal
complesso SCF costituito dalla cullina1, da SKP1 e da differenti F-box (Xxxxxxxx and Deshaies, 2005).
Come descritto in precedenza, le culline sono in grado di interagire con l’enzima di coniugazione E2, attraverso delle proteine che contengono un dominio di tipo RING finger. In particolare nel complesso CDL4a, questo compito è affidato alla proteina ROC1. ROC1 è una proteina di tipo RING-H2 responsabile del reclutamento e dell’attivazione dell’enzima E2 (figura15).
Il reclutamento dei diversi substrati da parte del complesso CDL4a è invece affidato alla proteina DDB1 identificata originariamente come componente del complesso UV-DDB formato dalle proteine in grado di interagire con il DNA danneggiato (damaged DNA-binding proteins: DDB1 e DDB2) (Xxx and Xxxxx, 1988) (figura 15).
Figura 15: Struttura delle CDL4a E3 ligasi. Le CDL4a sono costituite nella regione centrale dalla cul4a, che esercita una funzione strutturale. La cul4a interagisce all’estremità C- terminale con la proteina ROC1costituita dal dominio RING che serve per il reclutamento dell’E2, mentre attraverso l’estremità N- terminale lega il fattore DDB1. DDB1 può funzionare come fattore di specificità legando direttamente i substrati (A), o in alternativa può funzionare da recettore interagendo con fattori costituiti dal dominio WD40 che a loro volta reclutano il substrato.
Il complesso E3 ligasi costituito da cul4a, ROC1 e UV-DDB (DDB1 + DDB2), viene attivato in seguito a radiazioni UV, tramite il legame con la molecola Nedd8. Studi condotti inizialmente da Xxxxxxxx et al (2003), hanno permesso di verificare un’attività
di ubiquitinazione del complesso ed inoltre hanno portato all’identificazione del primo substrato della suddetta ligasi (Groisman et al., 2003). In seguito a radiazioni UV vengono innescati meccanismi deputati al riparo del DNA stesso, uno di questi è il riparo in seguito ad excisione nucleotidica (NER), durante la risposta il complesso Cul4a-ROC1-DDB1-DDB2 (CDL4a-DDB2) viene attivato ed è in grado di ubiquitinare la proteina XPC (Xeroderma pigmentosum group C protein) che viene richiamata sul DNA danneggiato e a sua volta innesca i segnali di riparo (Xxxxxxxx et al., 2005). Parallelamente anche la proteina DDB2 viene ubiquitinata da CDL4a e successivamente degradata con una via dipendente dal protesoma (Sugasawa et al., 2005) (Figura 16). L’esempio illustrato mette in luce la capacità di DDB1 di poter alternativamente agire come adattatore del complesso CDL4a, nel caso dell’ubiquitinazione di XPC, funzione analogamente svolta da SKP1 nel complesso SCF, o come recettore nel caso della modificazione su DDB2 (Figura 15).
Figura 16: Modello dell’ubiquitinazione di XPC UV-DDB-dipendente. In seguito ad irradiazione con UV, il complesso UV-DDB associato all’E3 viene trasferito sulla regione di cromatina danneggiata e viene attivato in seguito al legame con N8. UV-DDB-E3 attivato recluta XPC e lo ubiquitina, inoltre vengono ubiquitinati anche altri componenti del complesso: DDB2 e la Cul4a. DDB2 ubiquitinato perde le sue caratteristiche di interattore del DNA, si dissocia dal filamento danneggiato e subisce degradazione proteosoma-dipendente. XPC ubiquitinato, al contrario interagisce con il DNA e contribuisce al richiamo dei fattori coinvolti nel riparo al danno. (Xxxxxxxx et al., 2005).
Un ulteriore esempio in cui viene illustrata la capacità di DDB1 di funzionare come un adattatore è nella formazione del complesso CDL4a-CSA. La proteina CSA (Cocayne syndrome proteina A) è responsabile del reclutamento della RNA polimerasi in seguito a danno in risposta a radiazioni UV o all’azione di agenti chimici (Xxxxxxxx et al., 2003).
La struttura di DDB1 però non coincide con quella di SKP1 o di altri adattori delle culline (elonghina C o i domini BTB) (Xxxxxxxx et al., 1999; Xxxxx et al., 2002; Xxxxx et al., 2004), DDB1 infatti, non contiene il dominio BTB/POZ, necessario per l’interazione tra SKP1 e la CUL1, ma al contrario è costituito da un cluster di tre eliche beta (BPA, BPB, BPC) che permettono l’assunzione di varie conformazioni e una varietà nel riconoscimento di interattori e conseguente variabilità nell’attività di ubiquitinazione (Angers et al., 2006; Xx et al., 2006).
La funzione di recettore da parte di DDB1 nei confronti del complesso CDL4a, inoltre risulta essere ben documentata in quanto studi condotti tramite delezione di DDB1, hanno verificato una compromissione della proteolisi di numerosi substrati della cul4a in vivo (Xx et al.,2004; Angers et al., 2006; Xxxx et al., 2006; Xxx et al., 2006), oltre ad un’alterata attività di ubiquitinazione cul4a-dipendente in vitro (Xx et al., 2004; Xxxxx et al., 2006).
L’interazione tra il complesso CDL4a e i suoi substrati avviene tramite un dominio WD40, costituito da 40 a 60 residui aminoacidici con un dipeptide triptofano/acido aspartico (WD) all’estremità C-terminale (Li and Xxxxxxx, 2001): la presenza di questo dominio è stata riscontrata in molteplici proteine bersaglio del CDL4a (Angers et al., 2006; He et al.,2006; Xxxx et al.,2006; Xxx et al., 2006) (Figura 15).
La proteina DDB1 è altamente conservata dai lieviti fino ai mammiferi e la sua funzione risulta essere essenziale nei mammiferi e in Drosophila (Cang et al., 2006; Takata et al., 2004). Xxxxx et al., (2006) hanno riportato come topi deleti per la proteina DDB1, siano soggetti a letalità embrionale, degenerazione neuronale e emorragie cerebrali: la morte cellulare risulta essere preceduta da un accumulo aberrante dei regolatori del ciclo cellulare, nonché da un incremento dell’instabilità genomica (Cang et al., 2006). Analogamente, anche studi condotti su topi deleti per la Cul4a, mettono in luce una letalità embrionale intorno al giorno 7.5 dal concepimento (Xx et al., 2002), inoltre studi di inattivazione genica della cul4a, rilevano un sostanziale incremento della re-replicazione del DNA, causato da un accumulo del fattore di replicazione CDT1 (Xxxxx et al., 2003): il complesso CDL4a risulta implicato nell’induzione dei meccanismi che individuano il danno, attivano il riparo e impediscono la replicazione del DNA danneggiato interferendo quindi con la progressione del ciclo cellulare. Uno dei substrati identificati del complesso CDL4a, è infatti proprio il fattore CDT1, subunità del complesso di pre-replicazione, il suddetto fattore viene finemente regolato da eventi di ubiquitinazione dipendenti dal complesso CDL4a, sia durante la
progressione del ciclo per prevenire eventi di re-replicazione, sia in seguito al danno al DNA, in modo da evitare la replicazione del DNA lesionato (Xxxx et al., 2003; Xxxxxxxxx et al., 2006).
La proteina PCNA risulta mediare l’ubiquitinazione e la successiva proteolisi di CDT1, in quanto è in grado di richiamare sulla cromatina il complesso CDL4a, che può così riconoscere e modificare post-traduzionalmente CDT1 (Xxx et al., 2006; Xxxxx and Xxxxxx, 2006).
Analogamente a quanto descritto, un recente studio condotto da Xxxxx et al., (2008), ha evidenziato come il complesso CDL4a sia responsabile dell’ubiquitinazione del fattore p21, in condizioni di irradiazione con basse dosi di UV. L’ubiquitinazione di p21 è dipendente da PCNA: la deplezione di PCNA abroga l’ubiquitinazione e la conseguente degradazione di p21 CDL4a-dipendente (Xxxxx et al., 2008).
La progressione del ciclo cellulare viene quindi finemente regolata dall’attività di ubiquitinazione del complesso CDL4a, ulteriori esempi ne convalidano il ruolo descritto: CDL4a è in grado di reclutare i substrati Dacapo, l’inibitore della chinasi ciclina- dipendente (CDKI) presente in Drosophila, e il suo omologo in cellule animali: la proteina CDKI, p27Kip1: l’ablazione dell’espressione della cul4a sia in Drosophila che in cellule umane determina un arresto del ciclo cellulare in G1, effetto che viene controbilanciato in seguito al silenziamento di Dacapo o di p27 (Xxxx et al., 2006).
Il complesso CDL4a è stato visto anche essere implicato nella regolazione indiretta del fattore trascrizionale p53. p53 risulta essere regolato dalla E3 ligasi monomerica Mdm2, studi recenti hanno però individuato un ruolo di regolazione della stabilità del suddetto fattore anche da parte della cul4a: studi di silenziamento del complesso CDL4a sono responsabili di una stabilizzazione di p53 (Banks et al., 2006), mentre l’overespressione della sola cul4a è sufficiente per determinare una de- regolazione di p53 stesso (Xxx et al., 2004). Parallelamente Cang et al.,(2006) hanno verificato come in topi deleti per DDB1 ci sia un accumulo di p53 (Cang et al., 2006). Tutti questi dati attribuiscono al complesso CDL4a la capacità di incrementare e potenziare l’ubiquitinazione di p53 Mdm2-dipendente: la cul4a esercita un’attività di ubiquitinazione nei confronti di p53 che risulta diminuire in MEF Mdm2-/- e viene ristabilita mediante reintroduzione di Mdm2 wild type (Xxxxx et al., 2006).
Recenti studi hanno indicato come la ligasi CDL4a sia implicata nella regolazione delle modificazioni che avvengono negli istoni (Xxxx et al., 2006; Xxx et al., 2005): l’alterazione della struttura della cromatina controlla temporalmente e
Viceversa gli stessi autori hanno rivelato un ruolo di CDL4a come regolatore positivo della metilazione dell’istone H3 nei residui K9 e K27 (Xxxx et al., 2006). CDL4a interagisce con un gruppo di proteine che costituiscono la metiltrasferasi dell’istone H3 nei residui Lys9 e Lys27, Xxxx et al., (2006) hanno verificato come l’inattivazione di CDL4a abolisca la metilazione nei residui K9 e K27, evidenziando un ruolo di CDL4a nel controllo della metilazione (Xxxx et al., 2006).
Xxxxx et al., (2006), hanno invece verificato come la monoubiquitinazione degli istoni H2A/H2B sia un prerequisito per la metilazione degli istoni X0/X0 (Xxxxx et al., 2006), inoltre Xxxx et al., (2006) hanno messo in luce come DDB2 sia implicato nell’ubiquitinazione di H2A ed ancora come il complesso CDL4a attivo sia in grado di ubiquitinare H3 e H4: la modificazione post-traduzionale degli istoni H3 e H4 promuove i meccansmi di riparo del DNA (Xxxx et al., 2006). Tutti i dati descritti mettono in risalto un ulteriore ruolo dell’ubiquitinazione CDL4a-dipendente che risulta quindi essere diversificato dalla degradazione proteosoma-dipendente.
E3 di tipo U-Box
Le U-Box ligasi sono costituite da un dominio di 74 residui aminoacidici, strutturalmente simile al dominio di tipo RING (Xxx et al., 2002; Xxxxxxxxxx and Xxxxxxxx, 2003).
Inizialmente erano considerate delle proteine “ausiliarie” in quanto in grado di facilitare l’interazione tra l’E2 e l’E3, studi condotti successivamente hanno dimostrato la capacità di queste ligasi di poter interagire con l’E2 indipendentemente dalla presenza dell’E3. Il prototipo della famiglia è la proteina Ufd2, conservata dal lievito all’uomo
coinvolta nella formazione e nell’allungamento delle catene di ubiquitina (Xxx et al., 2002). Il membro maggiormente caratterizzato tra le U-box è la proteina CHIP responsabile del riconoscimento delle proteine non avvolte correttamente. XXXX agisce in concerto con le due chaperonine Hsp70 e Hsp90. Differenti substrati di CHIP sono noti e comprendono il recettore dei glucocorticoidi, il fattore trascrizionale E2A e la proteina tau associata alla sindrome di Alzhaimer (Xxxxx et al., 2003; Xxx et al., 2002; Xxxxxxxxxx and Xxxxxxxx, 2003).
Studi condotti nel nostro laboratorio hanno identificato Itch come la HECT E3 ligasi responsabile della degradazione del fattore trascrizionale p73: un frammento della proteina TAp73α, costituito dalla regione posta all’estremità C-terminale contenente il dominio ricco in proline (PY) è stato fuso con la GST ed è stato utilizzato come sonda in uno screening “phage display” (Cesareni et al., 1999; Xxxxxxxxxx et al., 2001). I risultati ottenuti dallo screening hanno identificato la proteina Itch come interattore di p73. Successivamente Xxxxx et al., (2004) hanno verificato, attraverso saggi di ubiquitinazione condotti sia in vitro che in vivo, come l’E3 ligasi neo identificata fosse responsabile dell’ubiquitinazione di entrambe le isoforme (TA e ΔN) di p73. Inoltre Xxxx è in grado di poliubiquitinare anche l’altro membro della famiglia di p53: p63, anche in questo caso l’ubiquitinazione riguarda entrambe le isoforme di p63 sono ubiquitinate (Xxxxx et al., 2006). Viceversa, Itch non esercita alcun effetto su p53. Itch, infatti interagisce attraverso la sua regione centrale costituita dai domini WW con la porzione C-terminale dei membri della famiglia di p53, la suddetta regione è però assente in p53 (Rossi et al., 2005, 2006). L’ubiquitinazione che consegue al legame prevede la formazione di una catena di molecole di ubiquitina che viene riconosciuta dal proteosoma, il quale è a sua volta responsabile della degradazione delle due proteine p73 e p63 (Xxxxxxxxxx et al., 2004; Xxxxx et al., 2005, 2006) (Figura 17).
Recentemente è stata identificata una nuova proteina N4BP1 con funzione di regolatore negativo dell’attività catalitica di Itch. L’azione della nuova proteina N4BP1 si riflette con una riduzione dell’ubiquitinazione dei membri della famiglia di p53: p73 e p63 (Xxxxxx et al., 2007).
Figura17: La regolazione di p73 mediata da Itch induce apoptosi. In cellule in condizioni stazionarie i livelli cellulari di p73 sono tenuti bassi dall’attività di ubiquitinazione esercitata da Itch. In cellule tumorali in risposta a trattamento con agenti chemioterapici si ha l’induzione di p73 che può essere ascritta
1) alla diminuizione dei livelli di espressione di Itch; 2) all’azione inibitoria esercitata da N4BP1 su Itch. L’attività di N4BP1 si riflette sulla riduzione della capacità di Itch di reclutare e ubiquitinare i suoi substrati. L’accumulo di p73 è responsabile dell’induzione trascrizionale di geni apoptotici (Xxxxxxxxxx et al., 2008).
L’isoforma ΔNp73 risulta efficacemente degradata in risposta ad agenti che danneggiano il DNA, attraverso un meccanismo che prevede il coinvolgimento del proteosoma (Xxxxxx et al., 2004). Le varianti TA, analogamente a p53, vengono invece stabilizzate in risposta al danno del DNA. I meccanismi responsabili di dell’accumulo di p73 in seguito a stress genotossico sono ancora poco chiari. Tuttavia un ruolo chiave sembra essere svolto dalla diminuzione dei livelli proteici di Itch che segue al trattamento di numerose linee cellulari tumorali con l’agente chemioterapico doxorubicina. In queste condizioni sperimentali Xxxxx et al., (2004) hanno anche verificato un incremento dell’induzione della morte apoptotica (Xxxxx et al., 2004). Un’alterata regolazione di Itch potrebbe determinare una variazione nel controllo della crescita, nel differenziamento e nell’induzione apoptotica ed essere responsabile in ultima analisi di trasformazioni maligne e di chemioresistenza.
Attraverso studi di screening condotti per identificare ulteriori interattori di p73, è stata identificata un’altra E3 appartenente alla famiglia delle HECT e denominata NEDL2. La porzione centrale dell’enzima contenente i domini WW interagisce con p73 attraverso un motivo ricco in prolina PY posto all’estremità C-terminale, della proteina; in questo caso però,a differenza di ciò che accade per Itch, il legame che media la reazione di ubiquitinazione di p73, non porta alla sua degradazione proteosoma-
dipendente, ma induce stabilizzazione del fattore trascrizionale ed un aumento della sua funzionalità (Xxxxxxxx et al., 2003).
Data l’alta omologia tra i membri della famiglia di p53, era stato inizialmente ipotizzato che Mdm2, la E3 specifica per p53, potesse regolare anche l’ubiquitinazione di p73. Diversi studi hanno identificato i residui responsabili dell’interazione tra p53 e Mdm2 (F19, W23 e L26) e la loro conservazione all’interno degli altri membri della famiglia di p53, nonché il legame tra p73 e Mdm2 (Xxxx et al., 1998; Xxxxxx et al., 1997; Xxxxxxx et al., 1997; Xxxxxx et al., 1996). Tuttavia, l’interazione tra p73 e Mdm2 non è finalizzata alla regolazione della stabilità di p73. Infatti, studi condotti in overespressione hanno piuttosto messo in luce un effetto stabilizzante di Mdm2 sui livelli proteici di p73; inoltre la regione contenente i residui di lisina di p53 che vengono modificati da Mdm2 è assente nella sequenza di p73 (Ongkeko et al., 1999; Xxxx et al., 1999; Gu et al., 2000).
La stabilità proteica di p73 viene regolata anche attraverso meccanismi ubiquitina-indipendenti. Xxxxx and Xxxxx (2005) hanno infatti descritto un meccanismo di regolazione comune sia a p53 che a p73 che ne determina la degradazione attraverso il proteosoma, ma non coinvolge reazioni di ubiquitinazione. L’NADH chinone riduttasi (NQO1) interagisce con p73 attraverso una reazione dipendente dal NADH; questo legame costituisce una forma di “protezione” di p73 dal riconoscimento e dalla successiva degradazione da parte del proteosoma. Inoltre un’alta concentrazione cellulare di NQO1 interagisce con la subunità 20S del proteosoma, impedendone così l’interazione con p73. L’assenza del legame NQO1/p73 rende p73 stesso maggiormente sensibile alla proteolisi proteosoma-dipendente. Infatti, studi condotti utilizzando il dicumarolo o altri inibitori dell’enzima NQO1, hanno indicato che tali composti inducono la degradazione di p73 (Xxxxx et al., 2001; Xxxxx and Xxxxx, 2005; Xxxxx et al., 2005; Xxxxxxxx et al., 2005).
Un altro meccanismo di degradazione di p73 non dipendente dalla sua ubiquitinazione, viene esercitato dalla ligasi UFD2a contenente un dominio di tipo U box (Hosoda et al., 2005).
2.SCOPO DEL LAVORO
La proteina p73 appartiene ad una famiglia di fattori trascrizionali il cui prototipo è l’oncosoppressore p53. In maniera simile a p53, p73 è coinvolto nella regolazione del ciclo cellulare, dell’apoptosi e della senescenza cellulare, funzioni biologiche attraverso le quali contribuisce a prevenire la tumorigenesi e la chemioresistenza.
Dalla letteratura è noto come p73 venga indotto in seguito a danni al DNA e a stress genotossici, causando conseguentemente un aumento della risposta apoptotica e un arresto del ciclo cellulare (Xxx et al., 1998; Xxx et al., 1999; Xx et al., 1999; Xxxxxx et al., 2002; Xxxxxx et al., 2005). Risulta quindi interessante indagare i meccanismi di regolazione di p73 e come questi possano essere modulati in risposta a danni al DNA allo scopo di sviluppare strategie antitumorali.
Nell’ottica di approfondimento della regolazione del fattore trascrizionale p73, nel mio lavoro di tesi sono stati presi in esame i meccanismi di regolazione post- traduzionale, in particolare le modificazioni ubiquitina-dipendenti responsabili della modulazione della stabilità e dell’attività trascrizionale di p73.
Il pathway di ubiquitinazione, ed in particolare le E3 ubiquitina ligasi che determinano la specificità di questa modificazione covalente, hanno un ruolo fondamentale nel controllo del ciclo cellulare, della risposta al danno al DNA e dell’apoptosi. Lo studio della regolazione delle E3 ligasi e dei loro substrati costituisce quindi un importante obiettivo nella comprensione delle basi molecolari della tumorigenesi; numerosi studi hanno infatti evidenziato come gli enzimi E3 svolgano un ruolo importante nel cancro: un’alterata regolazione dei substrati coinvolti nella modulazione di tali processi biologici è stata infatti correlata con lo sviluppo della cancerogenesi. Inoltre lo studio accurato dei meccanismi molecolari preposti all’ubiquitinazione di oncosoppressori come p73, nonché l’identificazione di molecole in grado di inibire i componenti del sistema di ubiquitinazione, potrebbe rivelarsi di fondamentale interesse per strategie mirate alle terapie contro il cancro.
Precedentemente nel nostro laboratorio, è stata identificata l’ E3 ubiquitina ligasi Itch, come l’enzima principalmente responsabile della degradazione ubiquitina- dipendente di p73 (Xxxxx et al., 2005). E’ stato inoltre evidenziato come in seguito al trattamento con differenti agenti chemioterapici, i livelli di Itch diminuiscono
parallelamente ad un incremento dei livelli di p73. Risulta quindi evidente come comprendere nel dettaglio la regolazione di Itch possa fornire le basi per una maggiore comprensione dei meccanismi di tumorigenesi e risposta chemioterapia in cui è coinvolto p73.
Inoltre, nel nostro laboratorio è stata dimostrata l’interazione molecolare tra Itch e la proteina N4BP1. Il suddetto legame, porta alla riduzione dei livelli di ubiquitinazione e conseguente degradazione mediata dal proteosoma di p73. I nostri dati preliminari suggeriscono che N4BP1 eserciti un’azione inibitoria nei confronti della capacità di Itch di catalizzare l’ubiquitinazione di p73. Tuttavia i meccanismi molecolari alla base dell’effetto inibitorio esercitato da N4BP1 e le sue conseguenze biologiche rimangono ancora scarsamente caratterizzati.
Lo scopo della prima parte del lavoro è stato proprio quello di determinare la rilevanza funzionale dell’interazione tra N4BP1 e Itch, e il conseguente effetto sui suoi substrati. Infatti, come sottolineato in precedenza, l’identificazione di regolatori della ligasi Itch risulta di estremo interesse per l’eventuale sviluppo di strategie antitumorali.
La seconda parte del mio progetto di dottorato ha riguardato la caratterizzazione di un altro meccanismo di regolazione ubiquitina-dipendente di p73, di cui è responsabile una E3 ubiquitina ligasi del tipo RING-finger, il complesso multi-proteico Cul4a-dipendente (CDL4a).
Una subunità di questa E3 ubiquitina ligasi è stata descritta interagire funzionalmente con p53 (Xxx et al., 2004). Poichè i diversi membri della famiglia di p53 condividono un elevato grado di identità aminoacidica e di similitudini strutturali, abbiamo testato l’ipotesi dell’esistenza di una possibile interazione tra p73 ed il complesso CDL4a.
Inizialmente abbiamo quindi indagato l’aspetto biochimico dell’interazione tra p73 e la E3 CDL4a al fine di comprendere i meccanismi alla base dell’interazione. L’identificazione di un’altra E3 ubiquitina ligasi di p73 risulta essere di notevole interesse in quanto il suo studio, permette di ottenere una migliore comprensione dei meccanismi di regolazione di p73 e di conseguenza una più ampia conoscenza delle funzioni biologiche dell’oncosoppressore da un lato e dell’eventuale sviluppo di tecniche chemioterapiche dall’altro.
A questo scopo abbiamo condotto degli studi concentrati sull’effetto esercitato dalla ligasi su p73 e sulle funzioni cellulari da esso regolate.
3. MATERIALI E METODI
3.1 Colture cellulari, plasmidi e condizioni di trasfezione:
Nello studio riportato sono state utilizzate le seguenti linee cellulari: carcinoma umano del rene HEK293T; carcinoma umano del polmone H1299; carcinoma umano del colon HCT-116(3); carcinoma umano della mammella BT-20; fibroblasti embrionali murini MEF N4BP1 KO vs WT (gentilmente forniteci dal Dr.Xxxxxxx X. Xxxxx); fibroblasti embrionali murini MEF CUL4a KO vs WT (gentilmente forniteci dal Dr. X. Xxxx); fibroblasti embrionali murini MEF DDB1 F/F (gentilmente forniteci dal Dr. X. Xxxx).
Tutte le linee cellulari utilizzate sono state mantenute nel “Dulbecco’s Modified Eagle Medium” (DMEM) complementato con il 10% di siero fetale bovino (FBS) e con 100 μg/ml di penicillina e 100 μg/ml streptomicina. Sono state fatte cresceree a 37°C in un’atmosfera umidificata con una concentrazione di CO2 pari al 5%.
Le cellule sono state trasfettate utilizzando il metodo del calcio fosfato e i seguenti reagenti: la Lipofectamine 2000 (Invitrogen) o l’Effectene (Qiagen) secondo la modalità descritta dalla casa produttrice.
I plasmidi utilizzati nelle trasfezioni sono i seguenti: TAp73α-HA; TAp73γ-HA; TAp73α-flag; TAp73α-myc; TAp73(DBD)-HA; TAp73(CT)-HA; p53-HA; (De
Xxxxxxxx et al., 1998), N4BP1-V5; c-Jun; cul4a-myc; DDB1-flag; DDB1; ub-HA-myc;
Itch-myc tutti espressi in vettori pCDNA 3.1 (Invitrogen).
3.2 Analisi di immunoblotting e immunoprecipitazioni:
Per preparare gli estratti cellulari da utilizzare nelle analisi per immunoblotting, le cellule sono state prima raccolte attraverso tripsinizzazione e lavate con il PBS. In seguito gli estratti cellulari sono stati lisati nel tampone di lisi Triton (50 mM Tris–HCl pH 7.5, 250 mM NaCl, 50 mM NaF, 1 mM EDTA 1 pH 8, 0.1% Triton), con l’aggiunta degli inibitori delle proteasi e delle fosfatasi. Le proteine dopo essere state quantificate attraverso l’utilizzo del Xxxxxxxx, sono state separate mediante l’SDS/PAGE e
Negli studi sono stati utilizzati i seguenti anticorpi: mouse monoclonal anti-Itch (BD Biosciences Pharmingen), mouse monoclonal anti-Myc (Cell Signaling Technology Inc.), mouse monoclonal anti-p21 (Santa Xxxx), mouse monoclonal anti--actin (Sigma), rabbit polyclonal anti-Flag (Sigma), and mouse monoclonal anti-ubiquitin (Zymed), rabbit polyclonal anti-N4BP1 (gentilmente fornito dal Dr. X. Xxxxx), mouse monoclonal anti-p73 (Abcam), mouse monoclonal anti-p53 (clone DO-1; Santa Xxxx Biotechnology), mouse monoclonal anti-HA (clone H11, Covance); rabbit polyclonal anti-GFP (Clontech); mouse monoclonal anti-Flag (clone M2; Sigma); goat polyclonal anti-GST (Promega); mouse polyclonal anti-JunB (clone N-17; Santa Xxxx Biotechnology), mouse monoclonal anti-V5 (Invitrogen); mouse monoclonal anti- laminaA/C (Santa Xxxx); goat polyclonal cul4a (Santa Xxxx); mouse monoclonal c-Jun (BD Biosciences Pharmingen); rabbit polyclonal tubulin (Santa Xxxx); rabbit polyclonal p73 SAM (Xxxxx et., 2005); goat polyclonal DDB1 (Novus Biologicals); mouse monoclonal p27 (BD Biosciences Pharmingen); rabbit polyclonal Puma (Cell Signaling).
Per le immunoprecipitazioni, i lisati cellulari sono stati incubati con la resina A/G sepharosio (Roche) per 2h a 4°C, per eliminare eventuali interazioni aspecifiche; in seguito gli estratti sono stati immunoprecipitati con gli specifici anticorpi che a loro volta erano stati precedentemente pre-adsorbiti alla resina A/G sepharosio. Gli immunocomplessi sono stati lavati nel tampone di lisi Triton ed in seguito eluiti attraverso bollitura con il tampone di caricamento Laemmli.
3.3 Determinazione dell’emivita proteica:
L’emivita delle diverse proteine esaminate è stato misurato attraverso il blocco della sintesi proteica mediante l’uso della cicloesimide (CHX, Sigma).
Le cellule HEK293T sono state trasfettate con i fattori trascrizionali: TAp73α- HA; p53-HA e c-jun da soli o in presenza di dosi crescenti delle diverse proteine: N4BP1, oppure Itch, oppure Cul4a, o infine DDB1. 24h dopo la trasfezione è stata aggiunta al mezzo di coltura la cicloesimide ad una concentrazione finale di 80 g/ml. Le cellule sono state poi raccolte ai diversi tempi indicati ed una uguale concentrazione proteica di lisati è stata sottoposta a SDS-PAGE ed analizzata attraverso un immunoblot (IB).
L’attività della luciferasi è stata misurata 24h dopo la trasfezione utilizzando il dual reporter assay system (Promega) ed è stata normalizzata attraverso la misurazione dell’attività luciferasica della Renilla secondo le modalità descritte dalla casa produttrice.
3.6 Saggi di legame in vitro:
Per identificare le interazioni dirette tra i substrati, le diverse proteine in questione sono state purificate come segue: le proteine ricombinanti taggate con la GST, sono state purificate attraverso la resina di glutatione (GE Healthcare), la proteina p73- His è stato purificata mediante la resina al Nickel (NiNTa, Qiagen), il complesso CDL4a (ROC1:Cul4a:DDB1) è stato purificato da cellule precedentemente infettate con il baculovirus esprimente il complesso stesso, le proteine N4BP1-V5, p73-HA e la cul4a- myc sono state prodotte in vitro attraverso il sistema T7 dei reticolociti di coniglio (Promega) secondo le modalità descritte dal protocollo.
Le reazioni di legame sono state condotte utilizzando 1-10 μg delle proteine di fusione con la GST, precedentemente adsorbite alla resina di sefarosio oppure 1-10 μg del complesso CDL4a purificato in presenza di 3-15 μl delle proteine traslate in vitro. La reazione è stata fatta avvenire in un tampone di legame (20mM TrisHCl pH7.5; 200mM NaCl; 0.1% Triton X-100), ed è stata incubata su di un agitatore a 4°C per 1h. Dopo 5 lavaggi nel buffer di legame, i complessi formatisi sono stati risolti mediante SDS- PAGE e visualizzati attraverso un immunoblotting.
3.7 Saggio di competizione in vitro:
10μg della proteina di fusione Itch-GST sono stati messi in presenza delle proteine N4BP1-V5, e della proteina p73-HA entrambe purificate attraverso l’utilizzo del sistema dei reticolociti di coniglio (Promega). La reazione è stata condotta nel tampone
di legame (20mM TrisHCl pH7.5; 200mM NaCl; 0.1% Triton X-100), ed è stata incubata su di un agitatore a 4°C per 1h. Dopo 5 lavaggi nel buffer di legame, i complessi formatisi sono stati risolti mediante SDS-PAGE e visualizzati attraverso un immunoblotting.
3.8 Saggio di ubiquitinazione in vivo:
Le cellule HEK293T sono state trasfettate transientemente con i vettori indicati per 24h. Le cellule sono state trattate con l’inibitore del proteosoma MG132 (Calbiochem) ad una concentrazione finale di 40μM per 1h prima di essere raccolte. La lisi è stata condotta in tampone denaturante RIPA (50mM TrisHCl pH7.5; 150mM NaCl; 1% Nonidet P-40; 0.1% SDS; 0.5% sodio deossicolato). Le immunoprecipitazioni sono state risolte come precedentemente descritto e le forme poliubiquitinate sono state evidenziate attraverso un IB utilizzando l’anticorpo anti-HA.
3.9 Saggio di ubiquitinazione in vitro:
La reazione di ubiquitinazione in vitro è stato effettuata utilizzando la proteina cul4a-myc immunopurificata dalle cellule HEK293T precedentemente trasfettate transientemente con il suddetto vettore. Gli immunocomplessi cul4a-myc sono stati lavati due volte con il tampone equilibrante (25 mM Tris–HCl pH 7.5, 50 mM NaCl, 1 mM EDTA, 0.01% Triton and 10% glycerol). In alternativa sono stati utilizzati 0.5μg del complesso CDL4a purificato da cellule infettate con il baculovirus. Per il saggio di ubiquitinazione ogni campione costituito da 30 ng of E1, 0.5 mg of UbcH7 and 5 g di ubiquitina è stato aggiunto alla miscela della reazione di ubiquitinazione (2.5 mM Tris– HCl, 0.7 mM DTT, 4 mM ATP, 10 mM MgCl2, 0.1 mM ubiquitin aldeide) e incubato a 30°C ai tempi indicati. I campioni sono poi stati bolliti nel tampone di caricamento e sono stati risolti attraverso SDS/PAGE seguito da immunoblotting diretto contro p73.
Le cellule BT-20 sono state infettate con il vettore lentivirale contenente il costrutto shRNA specifico per DDB1 (SHVRSC, Sigma) ad una MOI pari a 2 o.n. nel mezzo DMEM complementato con il 10% di siero fetale bovino (FBS) e con 100 μg/ml di penicillina e 100 μg/ml streptomicina con l’aggiunta di polibrene ad una concentrazione finale di 8 μg/ml. Dopo 24h dall’infezione le cellule sono state selezionate in puromicina ad una concentrazione finale pari a 2μg/μl.
Le cellule MEF DDB1 F/F sono state infettate con il vettore adenovirale contenente la ricombinasi Cre per 1h a 37°C nel mezzo DMEM complementato con lo 0.2% di FBS. Le cellule sono state raccolte a 3 giorni dall’infezione e sono state sottoposte ad analisi per IB come precedentemente descritto.
3.11 Reazione di RT-PCR semiquantitativa e di real-time PCR (qPCR):
L’RNA totale è stato estratto dalle cellule mediante l’utilizzo dell’RNeasy Kit (Qiagen) secondo le modalità descritte dal protocollo. L’RNA è stato convertito in cDNA attraverso la retrotrascrizione utilizzando la SuperScript Reverse Transcriptase (Invitrogen). Mediante la PCR sono stati amplificati i seguenti frammenti di DNA: human TAp73 F 5’-CCACGTTTGAGCACCTCTGG-3’ e human TAp73 R 5’- CTGCTCAGCAGATTGAACTGG-3’; human Puma F 5’- CTGTGAATCCTGTGCTCTGC e human Puma R 5’- AATGAATGCCAGTGGTCACA-3’; mouse p21 F 5’- TGTTCCGCACAGGAGCAAAGT-3’ e mouse p21 R 5’- CGTCTCCGTGACGAAGTCAA-3’; mouse Bax F 5’-GTGTCTCCGGCGAATTGG-3’
e mouse Bax R 5’-CCCAGTTGAAGTTGCCATCA-3’; mouse Gadd45 F 5’-
CAGAGCAGAAGACCGAAAGGA-3’ | e | mouse | Gadd45 | R | 5’- | |
GCAGGCACAGTACCACGTTATC-3’; | mouse | c-Jun | F | 5’- | ||
GCAGAGGGAAGCGCATGA-3’ | e | mouse | c-Jun | R | 5’- |
TGAGCATGTTGGCCGTGGAT-3’;L’amplificazione dell’actina è stata effettuata utilizzando dei primer commerciali (Stratagene, human #302010; mouse #302110) secondo le istruzioni fornite dal protocollo. Le reazioni sono state condotte con il
seguente programma: 95°C 3min, seguiti da 30 cicli: 94°C 35sec; 56°C 35sec; 72°C 40 sec,seguiti da 5min a 72°C.
Nelle qPCR, la mix di reazione utilizzata è la Platinum SYBR Green qPCR SuperMix without ROX (Invitrogen) in un volume finale di 25 μl. Il cDNA totale è stato successivamente amplificato con le seguenti coppie di primers: mouse p21 F 5’-
TGTTCCGCACAGGAGCAAAGT-3’ | e | mouse | p21 | R | 5’- | |
CGTCTCCGTGACGAAGTCAA-3’; | mouse | c-Jun | F | 5’- | ||
GCAGAGGGAAGCGCATGA-3’ | e | mouse | c-Jun | R | 5’- |
TGAGCATGTTGGCCGTGGAT-3’; La reazione stata condotta utilizzando il seguente programma di PCR: 95°C per 3 min seguiti da 40 cicli a 94°C per 15s e 59°C for 1min.
4. RISULTATI
4.1 Premessa ai risultati
Nel mio lavoro di tesi mi sono preposta di studiare i meccanismi di regolazione ubiquitina-dipendente di p73. In particolare ho focalizzato la mia attenzione sull’isoforma trascrizionalmente attiva TAp73.
Studi condotti precedentemente nel nostro laboratorio hanno portato all’identificazione di Itch come una delle E3 responsabili dell’ubiquitinazione di p73 e della sua successiva degradazione proteolitica operata dal proteosoma (Xxxxx et al., 2005).
Dal momento che p73 svolge un ruolo importante come soppressore tumorale e come regolatore della chemiosensibilità, la regolazione fisiologica dei suoi livelli cellulari deve essere finemente modulata, allo scopo di prevenire fenomeni di trasformazione neoplastica e di resistenza alla terapia farmacologia dei tumori. In questa ottica risulta interessante identificare e studiare i meccanismi di regolazione della sua principale E3 ligasi, e monitorare gli effetti secondari sui suoi substrati, in particolare su p73.
A questo scopo, nel nostro laboratorio sono stati condotti degli studi preliminari, che hanno portato all’identificazione di un nuovo interattore molecolare di Itch denominato “Xxxx0 Xxxxxxx Xxxxxxx0” (X0XX0). La proteina N4BP1 è stata inizialmente identificata come un substrato ed un interattore di Nedd4 attraverso un two- hybrid screen (Murillas et al., 2002). Data l’alta omologia strutturale osservata tra i vari membri della famiglia delle E3 di tipo HECT, i nostri studi preliminari sono stati indirizzati a verificare un’eventuale interazione tra Itch e N4BP1. Il legame osservato tra le suddette proteine è diretto, e determina un’inibizione dell’attività di ubiquitinazione esercitata da Itch su numerosi suoi substrati (Oberst et al., 2007). In particolare, abbiamo osservato che N4BP1 inibisce la capacità di Itch di poliubiquitinare vari membri della famiglia di p53 (TAp73α, TAp63α, ΔNp73α e ΔNp63α), e c-Jun. Al contrario non ha effetto su p53. Questo risultato conferma la specificità d’azione di N4BP1 nei confronti
della ligasi Itch e non delle altre E3 ubiquitina ligasi: la stabilità di p53 è infatti regolata dalla E3 ligasi di tipo RING: Mdm2.
Dato il ruolo fondamentale di Itch, l’identificazione di un potenziale inibitore della sua attività ligasica ci ha portato ad approfondire ulteriormente la funzione e i meccanismi di azione di N4BP1.
4.2 La proteina N4BP1 regola la stabilità dei substrati di Itch.
4.2.1 L’assenza di N4BP1 induce i livelli proteici di p73
Per confermare il ruolo inibitorio di N4BP1 nei confronti di Itch, e per analizzare il suo ruolo fisiologico nella regolazione dei substrati di Itch, abbiamo utilizzato la tecnica dell’RNAi, per ottenere il silenziamento genico di N4BP1 in cellule di carcinoma umano del colon HCT116. In queste condizioni, abbiamo quindi misurato i livelli proteici endogeni di TAp73 e di altri substrati noti di Itch, come c-jun e junB. In particolare le cellule sono state trasfettate con un oligo di RNA a doppio filamento complementare al messaggero codificante per la proteina N4BP1. L’appaiamento tra l’oligo e il corrispondente messaggero serve da segnale per la successiva degradazione del messaggero stesso (Xxxxxxxx et al., 2001; Xxxxxx et al., 2001). L’effetto ultimo della tecnica utilizzata determina il silenziamento della proteina N4BP1. La figura 1 mostra i livelli proteici endogeni di p73 c-jun e junB monitorati attraverso la tecnica di immunoblotting (IB). Tutti i substrati di Itch subiscono una riduzione dei livelli di espressione proteica in assenza di N4BP1. Come controllo negativo abbiamo utilizzato p53 che non presentando il dominio PY di interazione con Itch, non è un substrato di Itch. Dalla figura 18 si può notare come i suoi livelli di espressione proteica siano paragonabili tra le cellule che hanno subito il silenziamento di N4BP1 e le cellule di controllo. L’efficienza dell’RNAi è stata monitorata attraverso l’esame delle cellule di controllo, che sono state trasfettate con l’oligo specifico per il messaggero della lamina A/C. Come si evidenzia dalla figura 18, i livelli proteici della lamina A/C nelle cellule di controllo sono ridotti rispetto ai corrispondenti livelli nelle cellule interferite con l’oligo specifico per N4BP1.
Figura 18: Il silenziamento di N4BP1 endogeno determina una riduzione dei livelli proteici dei substrati di Itch. (A-B) Le cellule HCT 116 (3) sono state trasfettate con l’oligo per la Lamina A/C o con l’oligo per N4BP1 (N4BP1_3 HP). Dopo 48 ore le cellule sono state raccolte, lisate e analizzate tramite IB usando anticorpi anti-p73 e anti-p53 (A), e anti-c-Jun e anti-JunB (B). Gli IB anti-N4BP1, anti- Lamina A/C e anti-actina sono stati utilizzati come controlli di trasfezione, silenziamento e di caricamento.
Ad ulteriore conferma dei dati ottenuti sulle cellule umane, sono stati condotti degli esperimenti utilizzando MEFs knock out per N4BP1 (N4BP1-/-). Gli estratti cellulari ottenuti da MEFs wild-type (N4BP1+/+) e N4BP1-/- sono stati analizzati mediante IB, utilizzando l’anticorpo diretto contro la proteina p73. La figura 19 mostra una riduzione dei livelli proteici del fattore trascrizionale nelle cellule N4BP1-/- rispetto alle corrispondenti cellule N4BP1+/+. Dall’analisi degli stessi lisati cellulari si evince anche che i livelli della proteina p53, usato come controllo negativo, non subiscono alcuna variazione nelle cellule deplete per N4BP1.
Figura 19: Il knockdown genetico di N4BP1 diminuisce i livelli proteici di p73. Gli estratti cellulari ottenuti dalle MEFs N4BP1+/+e N4BP1-/-sono stati esaminati attraverso IB utilizzando gli anticorpi anti-p73 e anti-p53. Gli IB utilizzando anti-N4BP1 e anti-tubulina servono rispettivamente come controllo del sistema cellulare utilizzato e come controllo del caricamento.
Il fattore trascrizionale c-jun, viene indotto sia a livello trascrizionale che post- traduzionale in seguito a danno al DNA, in particolare quello prodotto dalle radiazioni UV (Xxxxxx and Xxxxxxxx 1996; Xxxxx et al., 1997). Le MEF N4BP1+/+ e N4BP1-/ sono state sottoposte ad un trattamento con radiazioni UV e quindi lasciate in coltura per 4, 8 e 24 ore. In seguito al trattamento le cellule sono state lisate e sottoposte ad IB per c-jun. La figura 20 mette in luce che nonostante c-jun venga indotto in risposta alle radiazioni UV in entrambe le linee cellulari, l’incremento dei suoi livelli risulta inferiore nelle cellule in cui N4BP1 è stato depleto, rispetto alla stabilizzazione osservato in cellule in cui N4BP1+/+. Eseguendo un’analisi quantitativa dei livelli di induzione, si denota infatti un incremento dell’espressione di c-jun di 7.7 volte nelle MEF N4BP1+/+, valore che è drasticamente ridotto a 1.4 volte nelle MEF N4BP1-/-.
Figura 20: Il knockdown genetico di N4BP1 diminuisce i livelli proteici di c-Jun. Le MEF N4BP1+/+e N4BP1-/- sono state trattate con gli UV (60 J/m2) e raccolte ai diversi tempi dall’irraggiamento: 0, 4, 8, 24 ore di irradiazione. Gli estratti sono stati esaminati per IB tramite l’uso di un anticorpo anti-c-Jun. Il controllo di caricamento è stato monitorato con un anticorpo anti-actina.
4.2.2 L’overespressione di N4BP1 aumenta la stabilità di p73
Verificato un ruolo indiretto di N4BP1 nel regolare la stabilità dei substrati di Itch, ci siamo preposti di indagare se N4BP1 potesse influenzare l’emivita dei suddetti substrati. A questo scopo, cellule umane 293T sono state trasfettate con un cDNA codificante per TAp73α-HA in presenza o meno di N4BP1-V5. Le stesse cellule hanno poi subito un trattamento con la cicloesimide (CHX), un inibitore della sintesi proteica. La figura 21 mostra che l’emivita di p73 viene xxxxxxxxxx xx xxxxxxxx xx X0XX0 (xxxxxx 00X).
Analogamente è stato condotto lo stesso esperimento monitorando un altro substrato di Itch, c-jun. Come mostrato in figura 21B, analogamente a p73, l’espressione di N4BP1 determina un incremento dell’emivita di c-jun. Come controllo della specificità di azione svolta da N4BP1 nei confronti dei substrati di Itch, abbiamo misurato l’emivita di p53 in seguito alla sua co-espressione con N4BP1. In queste condizioni, non abbiamo osservato alcuna variazione dell’emivita di p53, dopo il blocco della sintesi proteica, rispetto alle cellule che sono state trasfettate solamente con p53- HA (figura 21C). Nei grafici riportati nella figura 21, viene schematizzato la percentuale di decadimento delle tre diverse proteine in funzione del tempo, misurata in assenza o in presenza di N4BP1.
Figura 21: N4BP1 prolunga l’emivita dei substrati di Itch. Le cellule HEK 293T sono state trasfettate con i vettori di espressione per TAp73-HA (A), o con il vettore vuoto pCDNA (B), o con il vettore p53-HA (C), da solo o in cotrasfezione con il vettore N4BP1-V5. Ventiquattro ore dopo la trasfezione, le cellule sono state trattate con la cicloesimide (CHX, 80 μg/ml) e sono state raccolte ai diversi tempi dall’inizio del trattamento. Gli estratti cellulari sono stati esaminati tramite IB utilizzando gli anticorpi anti-HA e anti-c-Jun. Le membrane sono state incubate anche con l’anticorpo anti-V5 per controllare l’espressione di N4BP1. Il grafico con l’emivita di p73, c-Jun e p53 è stato generato mediante densitometria e normalizzazione dei livelli di p73 con la tubulina.
4.2.3 N4BP1 regola l’attività trascrizionale di p73 e di c-Jun
Gli esperimenti mostrati fino ad ora hanno messo in luce un effetto di N4BP1 nel potenziare la stabilità di p73 e più in generale dei substrati di Itch. Partendo da questi risultati ci siamo preposti di verificare se la capacità di N4BP1 di stabilizzare p73 potesse influenzare anche la sua funzione trascrizionale. A questo scopo, abbiamo condotto dei saggi reporter di luciferasi utilizzando le cellule H1299 di carcinoma umano del polmone, in cui p53 è mutato. Le cellule sono state co-trasfettate con un
costrutto codificante la proteina TAp73α e con il plasmide reporter Gadd45-RE-Xxx, in
assenza o in presenza di N4BP1. Il reporter Gadd45-RE-Xxx contiene l’RE a p53 localizzato nel promotore del gene codificante per GADD45, noto gene bersaglio delle proteine appartenenti alla famiglia di p53. I grafici riportati in figura 22A mostrano come la capacità di TAp73 α di transattivare il promotore di GADD45 venga notevolmente incrementata attraverso l’overespressione della proteina N4BP1.
Sono stati inoltre condotti dei saggi di luciferasi in cellule Hela. Per monitorare l’attività trascrizionale di c-jun, le cellule sono state co-trasfettate con il vettore codificante per la proteina di fusione costituita dal dominio di attivazione di c-Jun fuso con il dominio di legame al DNA della galattosidasi-4 (GAL4-c-Jun) e il vettore reporter costituito da 5 ripetizioni in tandem dei siti di legame della galattosidasi che controllano l’espressione del gene della luciferasi (GAL4-Luc). Il grafico in figura 22B mostra l’andamento dell’attività trascrizionale di c-jun, in assenza ed in presenza di N4BP1. Analogamente ai risultati ottenuti per p73, la trascrizione c-jun dipendente, subisce un incremento in presenza di N4BP1. Come controllo della specificità di azione della proteina N4BP1, sono stati condotti analoghi saggi di luciferasi anche per un’altra isoforma di p73, TAp73γ. Questa isoforma si origina attraverso un evento di splicing alternativo, in seguito al quale viene generata una proteina che perde la porzione carbossi-terminale in cui è presente il motivo PY, responsabile dell’interazione con Itch. Come atteso, l’attività trascrizionale dell’isoforma TAp73γ, non viene significativamente influenzata dall’overespressione di N4BP1 (figura 22C). Analoghi risultati si possono riscontrare anche dall’esame del grafico della figura 22D, in cui viene misurata la capacità di p53 di transattivare il promotore del gene GADD45.
Figura 22: Effetto di N4BP1 sull’attività trascrizionale dei substrati di Itch. Le cellule H1299 sono state transientemente cotrasfettate con il plasmide reporter (Gadd45-RE-Luc) e con i vettori p73α (A), p73γ (C)e p53 (D), in presenza o in assenza di N4BP1. L’attività trascrizionale di c-Jun (B) è stata misurata cotrasfettando le cellule Hela con il vettore Gal4-c-Jun e con il reporter Gal-Luc in assenza o in presenza di N4BP1. Come controllo positivo è stato incluso Mekk1 in grado di attivare costitutivamente c-Jun. Dopo 24 ore dalla trasfezione, è stato condotto il saggio di luciferasi. Il vettore pRL-TK è stato incluso per normalizzare l’efficienza di trasfezione. L’attività basale della luciferasi è stata normalizzata con valore 1. I valori riportati nel grafico rappresentano la media +/- deviazione standard di tre esperimenti indipendenti condotti in duplicato.
Per validare i risultati ottenuti dai saggi di luciferasi condotti su cellule umane, ci siamo proposti di esaminare l’attività trascrizionale di p73 nelle MEFs N4BP1+/+ e N4BP1-/- cotrasfettate transientemente con un costrutto codificante la proteina TAp73α e con il plasmide reporter Gadd45-RE-Xxx. Il grafico della figura 23A mostra come la transattivazione del promotore del gene GADD45 dipendente dal fattore p73, sia notevolmente ridotta in cellule in cui N4BP1 è stato geneticamente deleto rispetto alle MEFs N4BP1+/+.
Analoghi esperimenti sono stati condotti per monitorare l’attività trascrizionale di c-jun. Le MEF MEFs N4BP1+/+ e N4BP1-/- sono state co-trasfettate con i vettori esprimenti la galattosidasi-4 fusa al dominio di attivazione di c-Jun (GAL4-c-Jun) e il reporter GAL4-Xxx come precedentemente descritto.
Utilizzando questo sistema sperimentale, abbiamo dimostrato che l’attività trascrizionale di c-jun è significativamente ridotta nelle cellule N4BP1-/- paragonate alle cellule di controllo (figura 23B)
Figura 23: Il knockdown genetico di N4BP1 diminuisce l’attivita’ trascrizionale di TAp73α e di c-Jun. Le MEF N4BP1+/+ e N4BP1-/- sono state co-trasfettate con il plasmide reporter Gadd45-RE- Luc e con un vettore di espressione per TAp73α (pannello Α). Per monitorare l’attività trascrizionale di c- Jun le MEF N4BP1+/+ e N4BP1-/- sono state co- trasfettate con il vettore Gal4-C-Jun e con il reporter Xxx- Xxx (Xxxxxxxx X). Dopo 24 ore dalla trasfezione, è stato condotto il saggio di luciferasi. Il vettore pRL-TK è stato incluso per normalizzare l’efficienza di trasfezione. L’attività basale della luciferasi è stata normalizzata con valore 1. I valori riportati nel grafico rappresentano la media +/- deviazione standard di tre esperimenti indipendenti condotti in duplicato.
4.2.4 N4BP1 compete con p73 per il legame con il dominio WW2 di Itch
Dopo aver identificato l’azione inibitoria di N4BP1 nei confronti di Itch, siamo andati ad indagare il meccanismo molecolare attraverso cui viene esercitata tale regolazione negativa. Come primo punto siamo andati a vedere la modalità di interazione tra N4BP1 e Itch, per poter identificare nel dettaglio la regione di legame. A questo scopo abbiamo condotto degli studi in vitro per mappare i siti di interazione tra N4BP1 e Itch. In particolare, abbiamo generato dei mutanti per delezione di Itch, costituiti dai singoli domini strutturali della proteina, fusi con il “tag” GST. Nel dettaglio sono stati clonati i seguenti frammenti: il GST-C2 costituito dalla porzione N-terminale, il GST-WW formato dalla regione centrale della proteina contenente i 4 domini WW, e il GST-HECT costituito dalla porzione carbossi-terminale dell’enzima. Per evitare problemi di solubilità legati alla presenza del dominio C2, la proteina di controllo, GST-
ΔC2, è stata privata del dominio C2. I suddetti frammenti sono stati in seguito espressi in cellule batteriche e purificati mediante coniugazione alla resina glutatione-sefarosio, che lega selettivamente proteine che contengono il “tag” GST. Infine i frammenti purificati sono stati utilizzati per condurre un saggio di interazione in vitro con N4BP1, che è stato invece trascritto e tradotto in vitro utilizzando un sistema di estratti di reticolociti di coniglio. La figura 24A mostra che N4BP1 interagisce esclusivamente con la proteina di fusione GST-WW. Tale legame è inoltre paragonabile a quello che N4BP1 stabilisce con la proteina di controllo GST-ΔC2. La specificità di legame è stata esaminata attraverso l’eventuale interazione di N4BP1 con la sola GST.
Figura 24: N4BP1 interagisce fisicamente con la regione centrale (WW) di Itch. A) La proteina GST utilizzata come controllo negativo o i singoli frammenti di Itch fusi con la GST sono stati coniugati alla resina glutatione-sefarosio. La resina successivamente è stata incubata con N4BP1-V5 tradotto in vitro. I complessi formatisi sono stati visualizzati attraverso IB utilizzando l’anticorpo anti-V5. La membrana è stata in seguito colorata con una soluzione di blue Coomassie (pannello in basso). B) La proteina GST o i singoli domini WW di Itch fusi con la GST sono stati coniugati alla resina glutatione- sefarosio. La resina successivamente è stata incubata con N4BP1-V5 tradotto in vitro. I complessi formatisi sono stati visualizzati attraverso un IB utilizzando l’anticorpo anti-V5. La membrana è stata in seguito colorata con una soluzione di blue Coomassie (pannello in basso).
Avendo identificato la porzione centrale di Itch come la regione responsabile dell’interazione con N4BP1, ci siamo preposti di indagare se e quale dei quattro domini WW sia direttamente responsabile del legame. A questo scopo abbiamo clonato, espresso in batteri e purificato, come descritto sopra, i singoli domini: WW1, WW2, WW3 e WW4 di Itch. Nuovamente abbiamo condotto un saggio di legame in vitro tra N4BP1, tradotto in vitro come precedentemente descritto, ed i singoli domini WW di Itch. La figura 24B mostra l’esistenza di una specificità di legame esclusivamente tra N4BP1 ed il secondo dominio WW (WW2) di Itch.
Dalla letteratura è noto che Xxxx interagisce con i suoi substrati attraverso uno dei suoi quattro domini WW. Il nostro gruppo ha precedentemente mappato l’interazione tra p73 e Itch identificando il legame tra la regione ricca in prolina (PY) posta all’estremità C-terminale di p73 e la regione centrale WW posizionata su Itch (Xxxxx et al., 2005). Avendo verificato che N4BP1, pur non essendo un substrato di Itch interagisce con la medesima regione centrale della ligasi, abbiamo ipotizzato che N4BP1 e p73, essendo in grado di legare la stessa regione su Itch, possano competere per lo stesso sito di legame. Per indagare questa ipotesi siamo andati per prima cosa a mappare l’esatta regione di interazione tra p73 e Itch. In particolare abbiamo determinato quale dei domini WW sia coinvolto nel legame con p73. A questo scopo abbiamo espresso TAp73α come proteina di fusione con il “tag” istidina (His) nei batteri, ed in seguito l’abbiamo purificata utilizzando una resina ad ioni Nickel (Ni2+), che sfrutta l’alta affinità degli ioni di Ni2+ per l’His.
La proteina così prodotta è stata utilizzata in un saggio di legame in vitro in presenza della proteina di fusione GST-WW o dei singoli domini WW. I risultati ottenuti dimostrano che p73, analogamente a N4BP1, interagisce con il frammento contenente il dominio WW2 di Itch (Figura 24B).
Figura 25: p73 e N4BP1 interagiscono con lo stesso sito di legame di Itch. A) La proteina GST ed i singoli domini WW di Itch fusi con la GST sono stati coniugati alla resina glutatione-sefarosio. La resina successivamente è stata incubata con p73-His purificata dai batteri. I complessi formatisi sono stati visualizzati attraverso un IB utilizzando l’anticorpo anti-p73. La membrana è stata in seguito colorata con una soluzione di blue Coomassie (Figura A pannello in basso). B) Gli esperimenti di competizione sono stati condotti utilizzando la proteina di fusione ΔC2Itch-GST legata alla resina di sefarosio- glutatione. Il complesso è stato poi incubato con p73-HA tradotto in vitro, in presenza di un eccesso pari a 6 volte di N4BP1-V5 anch’esso tradotto in vitro. I complessi sono stati evidenziati mediante IB con anti- p73 e con anti-N4BP1. Il legame tra p73 ed Itch è stato normalizzato attraverso l’IB anti-GST, ovvero attraverso la stima della quantita’ di Itch legata alla resina di sefarosio.
Questi esperimenti ci hanno indicato che p73 e N4BP1 interagiscono con il medesimo sito di legame presente nella molecola di Itch. Questa osservazione ha fornito un’ulteriore prova a favore dell’ipotesi di competizione tra N4BP1 e p73 per lo stesso sito di legame (WW2) posizionato su Itch, precedentemente illustrata. Al fine di verificare nel dettaglio questa ipotesi, abbiamo condotto un saggio di competizione in vitro utilizzando le proteine p73 e Itch, purificate dai batteri, e la proteina N4BP1 tradotta in vitro dal sistema dei reticolociti. I dati riportati in figura 25B mostrano che l’interazione tra p73 e Itch, monitorata attraverso un IB per rivelare p73, è drasticamente ridotta in presenza di N4BP1. Dai dati ottenuti e riportati in questa prima parte del lavoro di tesi di dottorato, si può concludere che abbiamo verificato il meccanismo d’azione attraverso il quale la neo-identificata proteina N4BP1 esercita la sua funzione inibitoria nei confronti di Itch. In particolare abbiamo verificato l’esistenza di un meccanismo di competizione tra il noto substrato di Itch, p73 e N4BP1. Le due proteine infatti legano lo stesso sito posizionato nella regione centrale (WW2) della ligasi (Figure 24B e 25A). Tramite questo meccanismo N4BP1 può interagire con Itch ed esercitare la
sua funzione inibitoria nei confronti della ligasi stessa. L’azione di N4BP1 si riflette con un aumento della stabilità e della funzionalità delle proteine bersaglio di Itch.
4.3 L’E3 ubiquitina ligasi CDL4a interagisce, multiubiquitina e controlla l’attività trascrizionale di p73
Parallelamente allo studio descritto in precedenza, la nostra attenzione è stata indirizzata anche verso la caratterizzazione di un altro meccanismo ubiquitina- dipendente di regolazione di p73. L’ipotesi di lavoro della seconda parte del mio progetto di ricerca si è basata sull’identificazione di un’interazione biochimica e funzionale tra p53 e la Cul4a (Xxx et al., 2004). Dato l’elevato grado di identità di sequenza condiviso da p73 e p53, abbiamo ipotizzato l’esistenza di un’interazione tra p73 e la proteina Cul4a.
4.3.1 p73 interagisce con CDL4a tramite un legame diretto con DDB1
Abbiamo quindi condotto un saggio di immunoprecipitazione (IP) in vivo, utilizzando estratti proteici di cellule HEK293T precedentemente co-trasfettate con vettori di espressione per TAp73α e la Cul4a. Nel primo esperimento abbiamo co- espresso p73 con l’epitopo HA, e la Cul4a con l’epitopo myc. Gli estratti cellulari sono stati lisati in condizioni non denaturanti, in modo da preservare l’eventuale interazione tra le due proteine. In seguito è stata condotta una IP per la cul4a attraverso l’utilizzo della proteina G-sefarosio a cui era stato pre-adsorbito un anticorpo diretto contro l’epitopo Myc. La presenza di p73 nell’immunocomplesso contenente Cul4a è stata monitorata attraverso un IB diretto contro la proteina p73, utilizzando un anticorpo anti- HA. La figura 26A mostra l’esistenza di un legame tra p73 e Cul4a.
Ad ulteriore conferma di questo dato abbiamo condotto l’IP reciproca utilizzando lisati cellulari ottenuti da cellule trasfettate con il plasmide Myc-Cul4a in presenza di un vettore di espressione Flag-p73. In questo caso, gli estratti cellulari sono stati incubati con un anticorpo anti-flag e l’interazione tra le due proteine è stata verificata attraverso
un IB diretto contro l’epitopo myc. La figura 26B, evidenzia e conferma l’interazione tra p73 e Cul4a.
Figura 26: p73 interagisce con la cul4a. Le cellule HEK293T sono state trasfettate transientemente con i vettori esprimenti HA-p73 in presenza o in assenza di myc-Cul4a (A), oppure con flag-p73 in presenza o in assenza della myc-cul4a (B). Dopo 24 ore dalla trasfezione le cellule sono state raccolte e lisate e la formazione degli immunocomplessi è stata monitorata attraverso una IP utilizzando anticorpi anti-myc (A), oppure anti-flag (B), seguita da un IB contro il “tag” HA (A) o contro il myc (B). Il controllo della IP è stato monitorato attraverso un IB anti-myc (A), oppure anti-flag (B). Mentre il controllo di trasfezione è visualizzato tramite l’analisi degli estratti cellulari (input) con IB anti-HA e anti-myc (A) oppure IB anti- myc e anti-flag (B).
Come descritto in precedenza (Xx et al., 2004; He et al., 2006; Xxxx et al., 2006) il complesso E3 CDL4a può utilizzare la proteina DDB1 sia come molecola adattatrice che come recettore per il reclutamento dei substrati. Poichè l’esistenza di un legame tra Cul4a e p73 suggerisce la possibilità che p73 rappresenti un substrato per questa E3, abbiamo voluto verificare se p73 possa interagire con il complesso multimerico indirettamente o direttamente attraverso la molecola DDB1. A questo scopo abbiamo condotto una IP in vivo in cellule umane HEK293T in cui sono stati overespressi entrambi i plasmidi di espressione HA-p73 e flag-DDB1. Gli estratti cellulari sono stati lisati e la proteina Flag-DDB1 è stata immunoprecipitata utilizzando un anticorpo anti- flag. Il legame tra p73 e DDB1 è stato evidenziato attraverso un IB per il tag di p73, HA (Figura 27A).
Figura 27A: p73 interagisce con DDB1. Le cellule HEK293T sono state trasfettate transientemente con un vettori esprimente HA-p73 in presenza o in assenza di flag-DDB1. Dopo 24 ore dalla trasfezione, le cellule sono state raccolte e lisate, e gli estratti immunoprecipitati utilizzando un anticorpo anti-flag. La presenza di p73 negli immunocomplessi è stata rivelata mediante IB diretto contro il “tag”HA. Il controllo della IP è monitorato attraverso un IB anti-flag. Il controllo di trasfezione è visualizzato tramite l’analisi degli input con IB anti-HA e anti-flag.
Per confermare l’esistenza di un’interazione fisiologica tra p73 e DDB-1, abbiamo condotto un saggio di co-IP trasfettando unicamente Myc-TAp73, e rivelando la presenza di DDB1 endogeno negli immunocomplessi ottenuti immunoprecipitando myc-p73. La necessità di trasfettare p73 origina dai bassi livelli di espressione di p73, che rendono estremamente difficile immunoprecipitare la proteina p73 endogena. L’interazione tra le due proteine è stata messa in luce tramite IB utilizzando un anticorpo contro DDB1. La figura 27B mostra la presenza di un legame tra DDB1 endogeno e p73. Come controllo positivo abbiamo in parallelo immunoprecipitato gli estratti cellulari anche per la cul4a, noto interattore diretto di DDB1. Come atteso, la figura 27B mostra il legame tra DDB1 endogeno e la cul4a.
Figura 27B: p73 interagisce con DDB1 endogeno. Le cellule HEK293T sono state trasfettate transientemente con il vettore vuoto pCDNA, o con i vettori esprimenti p73-myc oppure cul4a-myc. Dopo 24 ore dalla trasfezione le cellule sono state raccolte e lisate e la formazione di un legame tra p73 e DDB1 è stato monitorato attraverso una IP utilizzando un anticorpo anti-myc, seguita da un IB contro anti- DDB1. Il controllo della IP è monitorato attraverso un IB anti-myc. Il controllo di trasfezione è visualizzato tramite l’analisi degli input con IB anti-DDB1 e anti-myc.
Dopo aver stabilito l’esistenza a livello endogeno di un’interazione tra p73 e DDB1, abbiamo iniziato a mappare la regione di p73 responsabile del suddetto legame. A questo scopo abbiamo generato due mutanti di delezione di p73: il primo definito p73- DBD è costituito dalla porzione N-terminale della proteina e comprende il TAD e il DBD (aminoacidi 1-319), mentre il secondo chiamato p73-CT, è costituito dalla regione carbossi-terminale, in cui sono presenti l’OD e il dominio SAM (aminoacidi 318-627). Entrambi i mutanti prodotti sono stati marcati con il l’epitopo HA, e sono stati utilizzati per il saggio di IP in vivo, descritto in Figura 27C. Le cellule HEK293T, sono state trasfettate con i due mutanti HA-DBD e HA-CT e come controllo con il vettore esprimente la forma intera di p73 (HAp73FL). Gli estratti cellulari sono stati immunoprecipitati con un anticorpo diretto contro l’epitopo HA, ed attraverso un IB contro DDB1 abbiamo identificato p73-DBD come la regione di p73 che interagisce con DDB1 (figura 27C). Stiamo attualmente producendo ulteriori mutanti per delezione di p73 allo scopo di identificare la regione minima di legame a DDB1.
Figura 27C: La regione N-terminale di p73 interagisce con DDB1 endogeno. Le cellule HEK293T sono state trasfettate transientemente con il vettore vuoto pCDNA, o con i vettori esprimenti p73FL-HA oppure p73DBD-HA o ancora p73CT-HA. Dopo 24 ore dalla trasfezione le cellule sono state raccolte e lisate e la formazione di un legame tra p73 e DDB1 è stata verificata attraverso una IP utilizzando un anticorpo anti-HA, seguita da un IB contro anti-DDB1. Il controllo della IP è stato monitorato attraverso un IB anti-HA. Il controllo della trasfezione è visualizzato tramite l’analisi degli input con IB anti-DDB1 e anti-HA.
I substrati di CDL4a possono interagire con la ligasi o tramite un legame diretto con DDB1 o per mezzo di una proteina accessoria.
Per verificare se il legame tra DDB1 e p73 sia diretto abbiamo condotto dei saggi di legame in vitro utilizzando proteine purificate. A questo scopo abbiamo purificato un complesso (Cul4a:DDB1:ROC1) CDL4a, composto dalla cul4a, da ROC1 e da DDB1, da cellule precedentemente infettate con il baculovirus esprimente il complesso sopraindicato. Questo approccio permette di purificare un complesso E3 che conserva la sua attività enzimatica, e che pertanto si rivela molto utile ai fini dei saggi funzionali descritti di seguito. Parallelamente abbiamo purificato la proteina His-TAp73α, come descritto precedentemente. In seguito abbiamo eseguito un saggio di legame in vitro, in cui His-TAp73α viene pre-adsorbita ad una resina ad ioni Ni2+, la quale viene successivamente incubata con il complesso Cul4a:DDB1:ROC1. Il legame di p73 al complesso CDL4a è stato rivelato mediante IB, utilizzando un anticorpo anti-DDB1 (figura 28A). L’esistenza di un’interazione diretta tra p73 e DDB1 è stata quindi confermata attraverso un ulteriore saggio di legame in vitro, in cui abbiamo valutato la
capacità di Cul4a trascritta e tradotta in vitro di interagire con His-TAp73α. Come atteso
dalla natura di “scaffold” molecolare delle subunità di cullina nei complessi CDL, la Cul4a purificata non è in grado reclutare direttamente p73 (figura 28B). Prendendo in esame entrambi i saggi condotti in vitro, si può concludere che p73 venga reclutato al complesso CDL4a attraverso il suo legame diretto con il recettore DDB1.
Figura 28: p73 interagisce fisicamente con il complesso CDL4a. La proteina His-TAp73α viene pre-incubata con una resina ad ioni Ni2+,per 30 min. La resina viene quindi incubata con il complesso ricombinante CDL4a (Cul4a:DDB:ROC1) purificato (A) oppure con Myc-Cul4a trascritta e tradotta in vitro (B), per 1 ora. Dopo aver lavato la resina, His-TAp73α viene eluita utilizzando elevate concentrazioni di imidazolo (250 mM). La formazione del legame di p73 al complesso CDL4a e a Cul4a è stata evidenziata attraverso un IB anti DDB1 (A) e anti Cul4a (B) rispettivamente.
4.3.2 CDL4a multi-ubiquitina p73
Per esaminare la capacità del complesso CDL4a di catalizzare la reazione di ubiquitinazione di p73, abbiamo condotto un saggio di ubiquitinazione in vitro utilizzando il complesso CDL4a purificato da cellule eucariotiche mediante la tecnica dell’IP. In particolare, abbiamo overespresso Myc-Cul4a nelle cellule HEK293T, e utilizzato un anticorpo anti-Myc per isolare la E3 CDL4a in condizioni non denaturanti, che preservano l’attività enzimatica del complesso. HA-TAp73α è stato invece sintetizzato mediante il sistema del lisato dei reticolociti. Le proteine purificate sono state utilizzate per eseguire un saggio di ubiquitinazione in vitro, in cui il substrato
viene incubato in presenza degli enzimi E1, E2 ed E3 (CDL4a) e di un eccesso di ubiquitina. La presenza di specie ubiquitinate di p73 è stata rivelata mediante IB utilizzando un anticorpo anti-HA. La figura 29 mostra che, in presenza del complesso CDL4a, p73 viene modificato mediante coniugazione, di molecole di ubiquitina. La presenza di forme ubiquitinate di p73 può essere visualizzata con la comparsa di bande discrete di ubiquitinazione (figura 29).
Figura 29: Ubiquitinazione di p73 CDL4a-dipendente. Le cellule HEK293T sono state trasfettate con i plasmidi esprimenti il vettore vuoto (linee 1 e 2) o la cul4a (linee 3 e 4). Le cellule sono state lisate e la cul4a è stata immunoprecipitata con l’anticorpo anti-myc. In seguito è stato condotto il saggio di ubiquitinazione in presenza di E1, E2, p73-HA tradotto con il sistema dei reticolociti, e un eccesso di ub wt. Dopo 90min di reazione sono state visualizzate le forme ubiquitinate di p73 mediante un IB anti-HA.
I risultati mostrati nella figura 11 ci hanno suggerito che p73 non sia substrato per un evento di poliubiquitinazione ma che venga piuttosto modificato mediante multi- ubiquittinazione dal complesso CDL4a. La presenza di bande discrete di ubiquitinazione è infatti indicativa della coniugazione delle molecole di ubiquitina a singoli residui di
lisina nella proteina substrato. Al contrario, la formazione di catene poliubiquitina determina la comparsa di specie ubiquitinate ad elevato peso molecolare (Thrower et al., 2000). Al fine di confermare la natura della reazione di ubiquitinazione catalizzata dalla CDL4a nel modificare p73, abbiamo condotto un ulteriore saggio di ubiquitinazione in vitro, in cui in parallelo all’ubiquitina wild-type viene utilizzata l’ubiquitina metilata. In questa forma modificata di ubiquitina la presenza del gruppo metilico impedisce l’estensione delle catene di poliubiquitina (Xxxxx, 2001); la metil-ubiquitina (Met-Ub) può quindi catalizzare solamente reazioni di multi-ubiquitinazione. L’esperimento mostrato nella figura 30, è stato eseguito utilizzando esclusivamente molecole ricombinanti purificate. In questo modo, possiamo escludere la possibilità che p73 venga modificato in vivo da enzimi E3 che co-immunoprecipitano con Cul4a, o che l’ubiquitina sia stata coniugata ad una proteina che è associata a p73. Come fonte di E3, abbiamo utilizzato il complesso nativo Cul4a:DDB1:ROC1 purificato da baculovirus e descritto precedentemente. E’ importante sottolineare che la capacità del complesso purificato Cul4a:DDB1:ROC1 di catalizzare la formazione di specie ubiquitinate di p73 convalida ulteriormente l’azione diretta del complesso nell’ubiquitinazione di p73 (Figura 30). Come mostrato dalla figura 30 l’utilizzo della Met-Ub nella reazione in vitro non è in grado di alterare il profilo di ubiquitinazione di p73 catalizzato dal complesso CDL4a in presenza di ubiquitina wild-type. In particolare si identificano delle bande discrete di ubiquitinazione, che indicano che p73 viene covalentemente modificato dal complesso CDL4a su residui distinti di lisina.
Figura 30: Il complesso CDL4a multi-ubiquitina p73. Il complesso nativo Cul4a:DDB1:ROC1 purificato da baculovirus e la proteina p73-His purificata dai batteri sono stati utilizzati nel saggio di ubiquitinazione in vitro. La reazione è stata condotta in presenza degli enzimi E1, E2 e in eccesso di Ub wt o di Ub met. Le bande di ubiquitinazione di p73 sono state visualizzate mediante un IB anti-p73.
4.3.3 CDL4A non influenza la stabilità di p73
In primo luogo abbiamo condotto esperimenti in cellule HEK293T in cui sono stati coespressi i vettori di espressione HA-TAp73α e Myc-Cul4a o Flag-DDB1. Per verificare un’eventuale modulazione dei livelli proteici di p73, abbiamo trasfettato il cDNA che codifica per Cul4a o per DDB1 in dosi crescenti, mentre i livelli di XX- XXx00x sono stati mantenuti costanti. Le cellule sono stati lisate ed in seguito sono stati
monitorati i livelli di espressione proteica di p73 attraverso un IB diretto contro l’epitopo HA. La figura 31 mostra che i livelli del fattore p73 non diminuiscono in seguito all’overespressione di Cul4a (pannello A) o di DDB1 (pannello B), ma bensì aumentano. Tale effetto potrebbe essere provocato da un’interferenza con la degradazione proteosoma dipendente di p73, attraverso la competizione con un’altra E3 ligasi, per i medesimi residui di lisina.
Figura 31: La cul4a e DDB1 non alterano la stabilità di p73. Le cellule HEK293T sono state trasfettate con il vettore esprimente HA-p73 in presenza di dosi crescenti di myc-cul4a (A) o di flag- DDB1 (B). Le cellule sono state raccolte dopo 24h dalla trasfezione, lisate ed esaminate attraverso un IB anti HA (p73). Gli IB anti-tubulina sono stati utilizzati come controllo del caricamento. Gli IB anti-myc
(A) e anti-flag (B) sono stati usati per visualizzare l’efficienza di trasfezione
Per avere un’ulteriore conferma che la stabilità di p73 non sia influenzata dall’attività di E3 della CDL4a, abbiamo eseguito esperimenti mirati ad esaminare gli effetti di Cul4a e DDB1 sull’emivita di p73. Le cellule HEK293T sono state co- trasfettate con i plasmidi esprimenti HA-p73, myc-cul4a e flag-DDB1 ed in seguito sono state trattate con la CHX, un inibitore della sintesi proteica.
Gli estratti cellulari sono stati esaminati per IB utilizzando un anticorpo anti-HA per monitorare i livelli di p73 in seguito a trattamento con CHX. I dati riportati in figura 32, dimostrano che l’overespressione della Cul4a (pannello B) o di DDB1 (pannello C) non sono in grado di influenzare significativamente l’emivita di p73, rispetto alle cellule di controllo (A). Come controllo positivo dell’esperimento, abbiamo cotrasfettato XX- x00 con myc-Itch. Come mostrato nella figura 32D, Xxxx riduce notevolmente l’emivita di p73.
Figura 32: L’emivita di p73 non è influenzata dai componenti del complesso CDL4a. Le cellule HEK 293T sono state trasfettate con il vettore di espressione per HA-TAp73 da solo (A) o in cotrasfezione con i vettori Myc-cul4a (B), oppure Flag-DDB1 (C) o infine Myc-Itch, come controllo positivo (D). Ventiquattro ore dopo la trasfezione, le cellule sono state trattate con la CHX (80 μg/ml) e sono state raccolte ai diversi tempi di trattamento (0, 2, 4, 6, 8 e 10 ore). Gli estratti cellulari sono stati esaminati tramite IB utilizzando un anticorpo anti-HA. Le membrane sono state incubate anche con gli anticorpi anti-myc e anti-flag per controllare l’efficienza di trasfezione e con l’anticorpo anti-tubulina per controllare il caricamento.
Ad ulteriore conferma dei risultati ottenuti fin’ora, abbiamo testato l’effetto dell’ablazione di DDB1 sui livelli proteici di p73 conducendo esperimenti di silenziamento transiente in cellule HCT-116, mediante la tecnica dell’RNAi.
La significativa riduzione dei livelli di DDB1 mostrata nel pannello superiore della figura 33A, non determina alcuna variazione dei livelli proteici di p73 (Figura 33A).
Parallelamente abbiamo effettuato esperimenti simili in una linea cellulare umana di carcinoma della mammella (BT-20), in cui p53 è mutato. L’assenza di p53 rende queste cellule un ottimo modello sperimentale per verificare la specificità di azione del complesso CDL4a nei confronti di p73.
In queste cellule, DDB1 è stato silenziato in maniera stabile mediante trasduzione lentivirale. In seguito ad infezione lentivirale, l’oligo shRNA specifico per DDB1 viene introdotto ed integrato nella cellula, dando origine al corrispondente siRNA. Quest’ultimo a sua volta, è in grado di appaiarsi con il messaggero di DDB1 e mediarne la degradazione. Il lentivirus utilizzato oltre a codificare per un mRNA
specifico per DDB1, codifica anche per l’antibiotico puromicina, consentendo la selezione delle cellule infettate. Le cellule dopo essere state raccolte, sono state lisate ed in seguito sono stati monitorati i livelli di espressione proteica di p73. L’IB mostrato in figura 33B evidenzia come i livelli endogeni di p73 non vengano modificati in seguito a delezione di DDB1, a differenza dei livelli proteici di p27, noto substrato di DDB1. L’efficienza dell’infezione e del silenziamento è stata misurata mediante IB diretto contro DDB1.
Per validare i risultati ottenuti nelle cellule umane mediante RNAi, abbiamo esaminato i livelli proteici di p73 in MEFs wild-type (Cul4a+/+) ed in cellule knock out per Cul4a (Cul4a-/-). Gli estratti cellulari sono stati sottoposti ad IB per monitorare i livelli di p73 e di alcuni dei substrati canonici del complesso CDL4a. Utilizzando anche questo sistema sperimentale, non si denotano variazioni nell’espressione proteica di p73 nelle cellule Cul4a-/- paragonate con le MEFs di controllo (Figura 33C). Come controlli positivi, sono stati condotti degli IB utilizzando anticorpi diretti contro le proteine p27 e c-jun. Entrambe le proteine si accumulano in assenza di Cul4a, come è stato precedentemente dimostrato.
Esperimenti simili sono stati eseguiti in MEFs modificate geneticamente attraverso la tecnologia della ricombinazione sito specifica Cre/lox. In seguito ad infezione adenovirale di queste cellule si ottiene il silenziamento transiente della proteina DDB1(Cang et al., 2006). Cellule infettate con Ad-Cre per 3 giorni non mostrano differenze nei livelli proteici di p73 se paragonate con il virus di controllo (figura 33D). Al contrario, p27 e c-jun, usati come controlli positivi, si accumulano in seguito alla deplezione di DDB1, come precedentemente dimostrato.
Figura 33: Il silenziamento dei componenti del complesso CDL4a non determina variazioni nei livelli proteici di p73. A) Le cellule HCT116 sono state trasfettate con l’oligo di controllo (corsia 1) o con l’oligo per il silenziamento di DDB1 (corsia 2). Dopo 48 ore dalla trasfezione, le cellule sono state raccolte, lisate e analizzate tramite IB usando un anticorpo anti-p73. Gli IB anti-DDB1 e anti-actina sono stati utilizzati rispettivamente come controlli di trasfezione e di caricamento. B) Le cellule BT-20 sono state infettate con il vettore lentivirale contenente un oligonucleotide complementare alla sequenza dell’mRNA di DDB1. I cloni che esprimevano ridotti livelli di DDB1 sono stati selezionati in mezzo di coltura contenente puromicina (2μg/μl). Gli estratti cellulari sono stati esaminati mediante IB contro p73. La funzionalità del sistema utilizzato è stata monitorata attraverso un IB anti-p27. Il silenziamento lentivirale e’ stato verificato misurando i livelli di DDB1. Il controllo di caricamento è stato visualizzato attraverso un IB anti-actina. C) Gli estratti cellulari ottenuti da MEF Cul4a+/+e Cul4a-/- sono stati esaminati attraverso IB utilizzando un anticorpo anti-p73. La funzionalità del sistema utilizzato è stata monitorata attraverso IB anti-p27 e anti-c-Jun. Il sistema knock out è stato controllato misurando i livelli di Cul4a: l’anticorpo utilizzato non discrimina tra le due diverse proteine cul4a e cul4b, ma mostra chiaramente un’assenza di espressione della forma cul4a.
Il controllo di caricamento è stato visualizzato attraverso un IB anti-actina. D) MEF DDB1 Flox/Flox sono state infettate con un costrutto adenovirale contenente la ricombinasi Cre (Ad-Cre). Tre giorni dopo l’infezione, le cellule sono state raccolte e lisate. Gli estratti cellulari sono stati esaminati mediante IB utilizzando un anticorpo anti-p73. La funzionalità del sistema utilizzato è stata monitorata attraverso IB anti-p27 e anti-c-Jun. Il sistema knock out e’ stato controllato misurando i livelli di DDB1. Il controllo di caricamento è stato visualizzato attraverso un IB anti-actina.
4.3.4 CDL4A regola l’attività trascrizionale di p73
Poiché CDL4a non regola la stabilità di p73, ci siamo preposti di indagare se la sua attività trascrizionale possa essere modulata in seguito alla multiubiquitinazione catalizzata dal complesso. A questo scopo, abbiamo condotto dei saggi di luciferasi utilizzando promotori di geni bersaglio di p73. In maniera simile a quanto descritto precedentemente le cellule H1299 sono state co-trasfettate con un costrutto codificante la proteina TAp73α e con il plasmide reporter Gadd45-RE-Luc, in assenza od in presenza di Cul4a o di DDB1. L’overespressione di entrambi i componenti del complesso CDL4a è responsabile di un effetto inibitorio nei confronti dell’attivazione p73-dipendente del promotore del gene GADD45 (figura 34A e B). La repressione trascrizionale è del 30% e del 58% per Cul4a (figura 34A) e DDB1 (figura 34B), rispettivamente.
Figura 34: Effetto dell’ubiquitinazioine catalizzata dal complesso CDL4a sulla transattivazione p73-dipendente del promotore di Gadd45. Le cellule H1299 sono state transientemente cotrasfettate con il plasmide reporter Gadd45-RE-Xxx e con un vettore che codifica per p73α, in assenza o in presenza della cul4a (A), DDB1 (B) o entrambe le subunita’ del complesso (C). Dopo 24 ore dalla trasfezione, è stato condotto il saggio di luciferasi. Il vettore pRL-TK è stato incluso per normalizzare l’efficienza di trasfezione. L’attività basale della luciferasi è stata normalizzata con valore 1. I valori riportati nel grafico rappresentano dalla media +/- la deviazione standard di tre esperimenti indipendenti condotti in duplicato.
Risultati simili sono stati ottenuti monitorando l’effetto di Cul4a sulla transattivazione del promotore di p21 (dati non mostrati), mettendo così in luce un effetto inibitorio generalizzato sui diversi geni bersaglio di p73.
I dati ottenuti fin’ora hanno permesso di individuare una funzione inibitoria da parte del complesso CDL4a nei confronti dell’attività trascrizionale di p73. Per confermare la funzione inibitoria della E3 ed esplorarne le conseguenze fisiologiche, abbiamo esaminato l’effetto dell’ablazione di DDB1 sui livelli di alcuni geni bersaglio di p73. A questo scopo, abbiamo utilizzato il modello cellulare delle BT-20, in cui DDB1 viene silenziato in maniera stabile mediante infezione lentivirale, come descritto in precedenza. In questo sistema cellulare abbiamo misurato i livelli di espressione di alcuni geni bersaglio di p73 attraverso studi di PCR semiquantitativa. In particolare abbiamo osservato che l’espressione di Puma e di p21 aumenta in seguito alla delezione di DDB1 relativamente alle cellule silenziate con l’oligo di controllo (figura 35A).
Il risultato ottenuto a livello dell’mRNA è stato confermato a livello proteico utilizzando il medesimo sistema sperimentale. Le cellule BT-20 sono state lisate e gli estratti cellulari sottoposti ad IB per le proteine codificate dai diversi geni bersaglio di p73. La figura 35B mostra che sia il livelli proteici di puma che quelli di p21 aumentano in assenza di DDB1, mentre p73, come atteso, non subisce alcuna variazione. Come controllo della funzionalità del sistema studiato, si può notare che i livelli proteici di p27 sono aumentati nelle cellule knock out per DDB1, rispetto alle cellule di controllo (figura 35B).
Figura 35: Il silenziamento di DDB1 induce i geni bersaglio di p73. Le cellule BT-20 sono state infettate con il vettore lentivirale contenente un oligonucleotide complementare alla sequenza dell’mRNA di DDB1. Come controllo negativo sono state utilizzate cellule BT-20 infettate con un vettore lentivirale contenente un oligonucleotide scramble. Dopo la selezione in puromicina (2μg/μl) dei cloni knock out per DDB1, l’RNA è stato estratto, retrotrascritto ed analizzato attraverso PCR semiquantitativa per l’espressione di p21, Puma, e p73 (A). La PCR semiquantitativa è stata condotta come controllo anche sull’actina. (B) Parallelamente, le cellule sono state lisate ed esaminate attraverso un IB tramite l’uso degli anticorpi anti-p21, anti-puma, ed anti-p73. Il silenziamento lentivirale e’ stato verificato misurando i livelli proteici di DDB1. La funzionalità del sistema è stata testata con un IB anti-p27 ed il caricamento è stato normalizzato con un IB anti-actina.
Studi analoghi sono stati eseguiti utilizzando anche le cellule knock out per la Cul4a e DDB1 descritte precedentemente. Studi di PCR semiquantitativa hanno rivelato che alcuni geni bersaglio di p73 vengono regolati positivamente in assenza della Cul4a. In particolare, abbiamo osservato un’induzione dell’mRNA di Noxa e di Puma, mentre i livelli di p21 e di Bax rimangono sostanzialmente invariati (Figura 36). L’analisi dell’espressione di c-jun è stata invece presa in esame come controllo negativo del sistema sperimentale utilizzato, in quanto, a differenza dei suoi livelli proteici, l’mRNA non subisce alcuna variazione in assenza della Cul4a (Figura 36).
Figura 36: Il knockdown genetico della Cul4a induce l’espressione dell’mRNA dei geni bersaglio di p73. Gli RNA estratti da MEF Cul4a+/+ e Cul4a-/- sono stati retrotrascritti e successivamente esaminati attraverso PCR semiquantitativa per l’espressione di Puma, Noxa, p21, e Bax. I livelli di espressione degli mRNA di c-Jun e dell’actina sono stati utilizzati come controllo del sistema utilizzato e come controllo di normalizzazione, rispettivamente.
Infine abbiamo analizzato i livelli dei geni bersaglio di p73 anche in MEFs DDB1 Flox/Flox. In maniera simile a quanto osservato per le MEFs knock out per la cul4a, l’assenza di DDB1 influenza la capacità di p73 di indurre i suoi geni bersaglio. In particolare i trascritti dei geni che codificano per Noxa, Xxx, Xxxx00 e Puma aumentano in assenza di DDB1, rispetto alle cellule infettate con il virus di controllo (figura 37A). Come controllo del sistema utilizzato abbiamo monitorato l’espressione di c-jun, che risulta invariata nelle cellule knock out per DDB1 relativamente alle cellule di controllo. Abbiamo inoltre condotto nello stesso sistema cellulare degli studi di PCR real-
time, per analizzare in maniera quantitativa i livelli di espressione genica di p21 in seguito alla delezione di DDB1 (dati non mostrati). I livelli di p21 risultano aumentati di
6.5 volte relativamente alle cellule di controllo.
Infine, abbiamo confermato il dato ottenuto per l’espressione di p21 nelle cellule infettate con Ad-Cre, anche a livello proteico. Come evidenziato dalla figura 37B, i livelli proteici di p21 subiscono un incremento in seguito alla delezione genica di DDB1.
Figura 37: La delezione di DDB1 determina un’induzione dell’espressione dei geni bersaglio di p73. I MEF DDB1 Flox/Flox sono stati infettate con Ad-Cres per 3 giorni. (A) L’mRNA e’ stato estratto e retrotrascritto e attraverso PCR semiquantitativa, sono stati esaminati gli mRNA dei geni codificanti per Noxa, p21, Bax, e Gadd45. I livelli di espressione degli mRNA di c-Jun e dell’actina sono stati utilizzati come controllo del sistema utilizzato e come controllo di normalizzazione, rispettivamente.
(B) gli estratti cellulari sono stati esaminati attraverso IB utilizzando un anticorpo anti-p21. L’IB contro DDB1 è stato usato come controllo dell’infezione, mentre l’IB anti-actina è stato utilizzato come controllo di caricamento.
I risultati mostrati in questa seconda parte del lavoro, mostrano l’identificazione di una nuova E3 ligasi: CDL4a in grado di multiubiquitinare p73.
In particolare è stata identificata la prima ligasi in grado di esercitare un controllo sulla funzionalità di p73. Le ligasi di p73 identificate fin’ora agiscono infatti esclusivamente sulla stabilità di p73 stesso. L’azione svolta dal complesso CDL4a, si riflette in una inibizione dell’attività trascrizionale di p73, che a sua volta influenza l’espressione genica dei diversi geni bersaglio di p73.
5. DISCUSSIONE
Il fattore trascrizionale p73, analogamente agli altri membri della famiglia p53, è costituito da un dominio di transattivazione (TA), un dominio di legame al DNA (DBD) ed un dominio di oligodimerizzazione (OD). La regione che mostra il più alto grado di omologia tra p73 e p53 è la regione di legame al DNA (DBD), per questa caratteristica p73 è in grado di interagire con le stesse regioni responsive poste nei promotori di vari geni controllati da p53.
Il fattore trascrizionale p73 esiste in due isoforme principali: la forma TA e la forma ΔN. All’isoforma trascrizionalmente attiva TAp73 è attribuito un ruolo pro- apoptotico in quanto è capace di mediare la morte cellulare indotta da stress genotossici modulando la trascrizione dei geni coinvolti nella risposta apoptotica.
L’isoforma ΔNp73, mancando del dominio TA, non è in grado di svolgere attività trascrizionale, ed agisce come dominante negativo nei confronti dell’attività di TAp73 e di p53 (Xxxxxxxx et al., 2002; Xxxx et al., 2001). All’isoforma ΔNp73 viene quindi attribuita una funzione anti-apoptotica.
Benchè mutazioni a carico del gene p73 sono rare nei tumori, diverse
osservazioni hanno però suggerito un ruolo chiave di p73 durante la cancerogenesi. Le varie isoforme di ΔNp73 sono debolmente espresse o addirittura assenti in tessuti normali ma risultano overespresse in alcuni tumori come negli epatocarcinomi, nei tumori ovarici e in alcune linee di melanomi (Fauridoni-Xxxxxxx et al., 2008; Xxxxxxxxxxxx et al., 2001; Ikawa et al., 1999; Xx et al., 2000; O’Nions et al., 2001; Douc- Rasy et al., 2002). Inoltre ΔNp73 è in grado di indurre immortalizzazione di cellule primarie e coopera con l’oncogene RAS nella formazione di tumori in vivo (Xxxxxxxx et al., 2003).
Viceversa le isoforme TAp73 risultano debolmente espresse in tessuti cancerogeni (Xxxxxx and Xxxxxx, 2008). Inoltre l’espressione ectopica di TAp73 induce arresto del ciclo cellulare, apoptosi o senescenza in dipendenza dal contesto cellulare (Xxxxxxxxx et al., 2008).
Recentemente studi condotti su topi deleti selettivamente per la sola isoforma TAp73 hanno evidenziato che l’assenza di questa isoforma determina un’aumento dell’instabilità genomica, una maggiore predisposizione per la formazione di tumori
spontanei ed una più elevata sensibilità a composti chimici carcinogeni in paragone con topi WT esprimenti entrambe le isoforme di p73 (Xxxxxxxx et al., 2008).
I dati presentati portano ad attribuire all’isoforma TAp73 un ruolo di soppressore tumorale, mentre all’isoforma ΔNp73 viene conferito un ruolo di oncogene (Ikawa et al., 1999; Xxxx et al., 2000).
I dati sopra descritti suggeriscono che la diversa proporzione delle varianti TA e
ΔN, piuttosto che le loro diverse mutazioni, sono importanti nella patogenesi tumorale.
E' necessario pertanto chiarire i meccanismi molecolari che regolano l’espressione di p73 per comprendere meglio il loro coinvolgimento nello sviluppo tumorale.
Nel mio progetto di dottorato, mi sono concentrata sullo studio della regolazione ubiquitina-dipendente dell’isoforma TAp73. In cellule di mammifero i livelli proteici di TAp73 sono regolati principalmente da Itch, una E3 ubiquitina ligasi contenente il domino catalitico HECT. In condizione normali Itch lega, ubiquitina e induce la degradazione proteosoma-dipendente di p73.
In questa tesi abbiamo caratterizzato la proteina N4BP1 come un regolatore negativo di Itch. Inoltre, abbiamo identificato il complesso CDL4 come una E3 ligasi capace di regolare l’attività trascrizionale di p73. Di seguito verranno discussi in maniera separata i risultati conseguiti.
5.1 Ruolo di N4BP1 nella regolazione di Itch e dei suoi substrati .
La HECT ligasi Itch è stata oggetto di studio del nostro laboratorio in quanto responsabile dell’ubiquitinazione e della successiva degradazione proteosoma- dipendente di p73. I miei studi sono stati indirizzati verso l’analisi della modalità d’azione della proteina N4BP1, interattore di Itch, e delle conseguenze funzionali prodotte sui substrati della ligasi.
Numerosi meccanismi di regolazione dell’attività di Itch sono stati ampiamente caratterizzati e comprendono sia modificazioni post-traduzionali che interazioni con differenti proteine regolatrici. Brevemente, l’attivazione catalitica di Itch risulta essere dipendente dall’azione della chinasi1 Jun N-terminale (JNK). JNK è infatti responsabile della fosforilazione di Itch nei residui Ser/Thr. In seguito alla fosforilazione la ligasi subisce un cambiamento conformazionale tale da permettere un’apertura della struttura
ed una conseguente interazione con i suoi substrati (Xxx et al., 2004; Xxxxxxxxx et al., 2006). Un’altra chinasi coinvolta nella regolazione dell’attività di Itch è Src Fyn. Fyn fosforilando Itch nel residuo Tyr373 impedisce l’interazione tra la ligasi e i suoi substrati regolando negativamente l’attività catalitica di Itch (Xxxx et al., 2006).
Recentemente sono stati identificati degli interattori di Itch: Ndfip1 e Numb. Ndfip1 interagisce con Itch in seguito a stimolazione delle cellule T e potenzia l’attività catalitica di Itch (Xxxxxxx et al., 2004; Xxxxxx et al., 2006). Analogamente, Xxxx è responsabile di una regolazione positiva nei confronti dell’attività di ubiquitinazione di Itch, determinando un incremento della degradazione proteasoma-dipendente di Notch (XxXxxx et al., 2003).
Ad oggi non era però stata identificata alcuna proteina interattore di Itch con funzione inibitoria. Nel nostro laboratorio è stata dimostrata l’interazione tra la proteina a funzione ignota N4BP1 (interattore della ligasi Nedd4) ed Itch.
Lo studio del ruolo di N4BP1 nella regolazione di Itch e la caratterizzazione del meccanismo molecolare che ne è alla base, costituiscono l’argomento della prima parte del mio lavoro di dottorato.
Attraverso differenti approcci biologici quali il silenziamento in cellule umane o l’utilizzo di knock down genetico in modelli murini, abbiamo osservato che l’assenza di N4BP1 induce una riduzione dei livelli proteici dei vari substrati di Itch, quali p73, c-Jun e JunB dovuta ad una loro maggiore degradazione proteosoma-dipendente.
In particolare la stabilità di c-Jun è stata monitorata in cellule MEF N4BP1 WT vs KO. L’induzione del substrato di Itch, in seguito a trattamento con radiazioni ultraviolette è notevolmente ridotta in cellule MEF N4BP1 KO rispetto alle cellule N4BP1 WT. Parallelmente ad una riduzione dei livelli proteici di c-jun e di p73 abbiamo osservato che in cellule MEF N4BP1 KO l’attività trascrizionale di entrambi i fattori risulta notevolmente ridotta se paragonata all’attività in cellule N4BP1 WT. Abbiamo inoltre dimostrato che l’overespressione di N4BP1, in maniera reciproca alla sua delezione, induce un aumento sia dell’emivita che dell’attività trascrizionale di entrambi c-Jun e p73. Presi tutti insieme, questi dati dimostrano che N4BP1 svolge un’attività inibitoria nei confronti di Itch modulando l’ubiquitinazione e la degradazione proteosoma-dipendente dei suoi diversi substrati.
Abbiamo poi indagato nel dettaglio il meccanismo attraverso il quale N4BP1 esercita la sua azione nei confronti di Xxxx.
Tramite saggi di legami in vitro, abbiamo dimostrato che N4BP1 e p73 legano lo stesso dominio WW2 di Itch suggerendo quindi un meccanismo di competizione tra le due proteine per il legame alla ligasi. In particolare tramite un saggio di competizione in vitro, abbiamo dimostrato che N4BP1 compete con p73 per il legame ad Itch.
È noto dalla letteratura che i livelli di Itch diminuiscono in seguito a danno genotossico, condizione in cui p73 si accumula e viene indotto trascrizionalmente per svolgere le sue funzioni pro-apoptotiche (Xxxxx et al., 2005). Parallelamente alla diminuzione dei livelli di Itch, l’attivazione di N4BP1 potrebbe costituire un ulteriore meccanismo “di difesa” esercitato dalle cellule in risposta al danno al DNA. Al fine di comprendere più dettagliatamente la funzione svolta da N4BP1 sarà interessante studiare se questa proteina possa essere modulata in condizioni di stress cellulare o di danno al DNA, ovvero in tutti quei processi biologici in cui p73 risulta essere più attivo. Per esempio, meccanismi di inibizione dell’attività di ubiquitinazione di Itch su p73 potrebbero determinare un rapido aumento dei livelli proteici di p73. Nel contesto descritto potrebbe essere plausibile l’ipotesi di un aumento dei livelli proteici di N4BP1 in seguito a danno o a stress cellulare in maniera da inibire la funzionalità della ligasi Itch e conseguentemente permettere un aumento della stabilità dei suoi vari substrati tra cui p73. p73 potrebbe in queste condizioni esercitare la sua funzione trascrizionale e transattivare i diversi geni bersaglio coinvolti nell’arresto del ciclo cellulare e nell’induzione apoptotica.
Lo studio presentato in questa prima parte della tesi, identifica in N4BP1 un nuovo regolatore dell’attività catalitica di Itch. Inoltre tale studio suggerisce un nuovo meccanismo che potrebbe regolare la stabilità di p73 in seguito a danno al DNA e conseguentemente modulare la risposta apoptotica dopo trattamento chemioterapico (Figura 38).
Figura 38: Modello del meccanismo d’azione di X0XX0. X0XX0 compete con i substrati di Itch per lo stesso sito di legame (dominio WW2) posto sulla ligasi. L’interazione tra N4BP1 e la ligasi determina un accumulo dei substrati con conseguente aumento della loro attività trascrizionale.