Diritto Del Lavoro Licenziamento e dimissioni contestuali: quale azione risolve il contratto di lavoro
Diritto Xxx Xxxxxx Licenziamento e dimissioni contestuali: quale azione risolve il contratto di lavoro
Cass Civ. – Sez. Lav. – 17.6.2016 n. 12586
Nell’ipotesi in cui venga minacciato a voce il licenziamento e contestualmente il dipendente dichiari di volersi dimettere, il rapporto di lavoro da quale di queste due azioni può dirsi risolto?
Secondo la Suprema Corte “qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio la inefficacia o invalidità di tale licenziamento, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza di dimissioni del lavoratore, il materiale probatorio deve essere raccolto, da parte del giudice di merito, tenendo conto che, nel quadro della normativa limitativa dei licenziamenti, la prova gravante sul lavoratore è limitata alla sua estromissione dal rapporto, mentre la controdeduzione del datore di lavoro assume la valenza di un'eccezione in senso stretto, il cui onere probatorio ricade sull'eccipiente ai sensi dell’art. 2697, secondo comma c.c.”.
Fattispecie nella quale una lavoratrice, stanca del reiterato mancato pagamento delle retribuzioni, minacciava le proprie dimissioni; contestualmente la sua responsabile le intimava oralmente il licenziamento.
Per la precisione, la lavoratrice trasmetteva all’azienda un telegramma datato 22 settembre, contenente la comunicazione di dimissioni, subordinate al mancato pagamento delle retribuzioni arretrate; solo due giorni dopo, il 24 settembre, la responsabile intimava il licenziamento e riceveva un fax con la copia delle predette dimissioni. In sostanza, l’azienda veniva resa edotta delle dimissioni (subordinate) della lavoratrice, solo due giorni dopo, proprio nel momento in cui veniva intimato il licenziamento.
La Corte di Appello riteneva che l'atto di estromissione era da intendere come licenziamento orale che, in quanto tale, era da considerare inefficace, ma che occorreva tener presente che allo stesso erano immediatamente seguite le dimissioni della dipendente che non necessitavano di accettazione, tanto più che era maturata anche la condizione rappresentata dal mancato pagamento delle precedenti retribuzioni, per cui le stesse erano idonee a determinare la cessazione del rapporto.
La difesa della lavoratrice riteneva, però, tardiva, in quanto sollevata per la prima volta in grado di appello, l’eccezione del datore di lavoro, secondo cui il rapporto si era risolto con l’atto delle dimissioni, ancorché pervenute a conoscenza della società successivamente all’intimazione del licenziamento.
La Corte di Cassazione ha risolto il problema sostanziale del “chi ha interrotto il rapporto per primo”, attraverso una questione processuale attinente le eccezioni proponibili in sede di appello: ne deriva che, l’eccezione della società datrice di lavoro secondo cui il rapporto si sarebbe risolto con le dimissioni, avrebbe dovuto essere sollevata già in primo grado e non solo in secondo grado, trattandosi di un’eccezione in senso stretto che non può essere rilevata d’ufficio.
La sentenza è pubblicata e annotata in: “Diritto & Giustizia di giugno 2016”.