COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) RUSSO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) GUIZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 08/09/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della correttezza dell’intermediario nell’esecuzione del rapporto di conto corrente e di contratti ad esso collegati. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento.
Insoddisfatta dell’esito del reclamo, presentato una prima volta il 25 febbraio 2014 e poi reiterato con nota del 2 settembre 2014, l’attuale ricorrente si è rivolto all’Arbitro Bancario Finanziario lamentando una serie di inadempimenti dell’intermediario agli obblighi nascenti dal contratto di conto corrente.
In particolare il ricorrente si duole della mancata chiusura del c/c da parte dell’intermediario, nonostante la puntuale richiesta indirizzatagli già il 18 gennaio 2013, e del fatto che l’intermediario abbia omesso di procedere alla vendita di n. 104 azioni, registrate nel conto di deposito titoli acceso a suo nome, e nonostante diverse sollecitazioni in tal senso. Il ricorrente si duole, infine, del “mancato accredito di € 1.082,82 cedole BTP” dal luglio 2012 al gennaio 2015, lamentando di non aver ricevuto alcuna comunicazione volta a giustificare il mancato accredito.
Sulla base di tale, per vero essenziale, esposizione in fatto, il ricorrente ha concluso chiedendo al Collegio di ordinare all’intermediario: (i) “la chiusura del c/c intestato con
annullamento saldo negativo dal 18.01.2013”; (ii) di procedere alla “vendita immediata di
n. 104 azioni di…” e di procedere al pagamento del controvalore realizzato; (iii) di procedere all’accredito della somma di € 1.082,82 per cedole BTP, oltre interessi “o alla diversa somma da accertarsi”.
L’intermediario ha resistito depositando controdeduzioni con cui ha preliminarmente eccepito sia l’irricevibilità del ricorso per la sua sostanziale genericità in punto di allegazioni, sia, in ogni caso, l’incompetenza dell’ABF ratione materiae almeno per quanto concerne l’asserita mancata vendita delle azioni detenute dal ricorrente e il mancato accredito di cedole riferite a un BTP posto a pegno di un finanziamento. A tal proposito la resistente ha, infatti, richiamato l’art. 4 delle Disposizioni ABF in base al quale sono escluse dall’ambito di competenza le controversie attinenti ai servizi, alle attività di investimento e alle altre fattispecie non assoggettate al titolo VI del T.U., ai sensi dell’art. 23, comma 4, del d. lgs. 58/1998.
Quanto al merito del ricorso, il resistente ha proceduto innanzitutto a una più puntuale ricostruzione dei fatti alla base della controversia.
Il resistente premette che il conto corrente per cui è causa è stato aperto il 9 dicembre 2009. Alla conclusione di tale contratto facevano seguito, il giorno successivo, la stipulazione di un mutuo per l’importo di € 30.000,00 e la sottoscrizione di un “contratto di pegno su strumenti finanziari, dallo stesso detenuti, ovvero BTP 01/08/2021 3,75% cod. ISIN IT0004009673” e in pari data nr. 100 azioni della banca. Tutti gli strumenti finanziari venivano gestiti in amministrazione dall’intermediario in un dossier titoli.
Il resistente espone, quindi, che in data 9 giugno 2011 il ricorrente chiedeva un nuovo prestito, sempre dell’importo di € 30.000,00, garantito dal medesimo pegno, con cui estingueva anticipatamente il mutuo.
I pagamenti di entrambi i finanziamenti risultavano regolari fino alla rata in scadenza nell’aprile 2012, onorata il mese successivo. Atteso che da quel momento il ricorrente non eseguiva più alcun pagamento, la posizione veniva classificata a “collection” e affidata all’ufficio centrale per il recupero del credito.
Tanto esposto in fatto, e ferme le dispiegate eccezioni preliminari, l’intermediario sostiene, con riferimento alla richiesta di vendita delle azioni, di aver esercitato “il diritto riconosciuto dall’art. 15 dello Statuto Sociale che prevede, in caso di inadempienza del Socio alle proprie obbligazioni verso la Società, che il Consiglio di Amministrazione, senza pregiudizio di ogni altra azione che spetti alla Società e senza necessità di preventiva intimazione o costituzione in mora e di formalità giudiziarie, possa escluderlo e portare in compensazione dei propri crediti, anche ai sensi dell’art. 1252 c.c. e con effetto nei confronti dei terzi, il debito verso il Socio stesso per il controvalore delle azioni determinato… ai sensi dell’art. 6”. Rappresenta altresì che le richieste di vendita delle azioni non potevano trovare accoglimento, in quanto sin dal momento della prima richiesta, avanzata in data 19 luglio 2013, il ricorrente era in mora di 15 rate per un importo complessivo di € 11.575,75, oltre interessi e spese. Ricorda quindi che il debito residuo “ad oggi è di € 24.762,48, in sorte capitale e di € 4.562,90 a titolo di interessi, oltre interessi di mora e spese”.
Per quanto concerne il mancato accredito “delle cedole riferite a un BTP posto a pegno”, il
resistente sottolinea che all’atto della sottoscrizione del pegno il ricorrente ha approvato specificamente, ai sensi dell’art. 1341 co. 2 c.c., anche gli artt. 3 e 4, che rispettivamente dispongono l’estensione del pegno “agli interessi, ai dividendi, ai premi in natura o in denaro, azioni o obbligazioni gratuitamente assegnate ed a quant’altro possa spettare sui titoli” e il carattere omnibus del medesimo. Il resistente sottolinea, ancora, che “le cedole staccate in favore del – ricorrente – risultano accreditate sul c/c 018.12011086 infruttifero intestato al ricorrente e, di conseguenza, tali importi rientrano estensivamente, ai sensi
dell’art. 3, c.1 del contratto di pegno, nella garanzia pignoratizia” e preannuncia che provvederà “ad escutere, quanto prima, il pegno e a portare in compensazione del maggior credito vantato il netto ricavo, oltre le somme riferite alle cedole, previa contabilizzazione a sofferenza della posizione”.
Infine, l’intermediario dichiara di aver accolto la richiesta di estinzione del c/c, sottolineando sul punto la cessata materia del contendere, e precisando che sebbene “le spese riferite al conto corrente ordinario, oramai non più movimentato, siano state da tempo cristallizzate, abbiamo provveduto ad estinguere, senza scalare e senza ulteriori costi a carico del ricorrente, il conto corrente in esame”. In proposito l’intermediario evidenzia di aver inviato al cliente un bonifico dell’importo di € 20,00 per le spese di procedura “in considerazione del parziale accoglimento del ricorso”.
A valle del deposito delle controdeduzioni il ricorrente ha fatto pervenire articolate note di replica in cui - dopo aver ripercorso le vicende in fatto, e integrato per vero la sintetica narrativa contenuta nel ricorso - insiste sulla doglianza di non corretto comportamento dell’intermediario nella gestione della richiesta di chiusura del conto, lamentando il ritardo della medesima che “potrebbe giustificare anche una pronuncia di indennizzo in via equitativa in favore dell’istante in ragione di tale pregiudizio subito da gennaio 2013 al mese di maggio 2015”.
Il ricorrente si duole altresì dell’intervenuta escussione, senza previa comunicazione da parte della banca, del pegno su obbligazioni deducendo che l’intermediario avrebbe tenuto “un comportamento scorretto, non trasparente e negligente”. In riferimento alla richiesta di indennizzo per la mancata vendita di n. 104 azioni, sottolinea che il resistente ha omesso qualsiasi riscontro e non ha deliberato la vendita delle azioni, tenendo un atteggiamento “scorretto, non trasparente e negligente”.
Anche l’intermediario ha fatto pervenire al Collegio note di replica in cui contesta che il ricorrente abbia richiesto l’estinzione del conto sin dal gennaio 2013, precisando che la raccomandata del 19 luglio 2013, richiamava una nota del 18 gennaio 2013 non provata e che non risulta agli atti della banca. Per quanto concerne poi l’asserito danno causato dal mancato riscontro a tale richiesta, il resistente insiste nel rilevare di aver “provveduto ad estinguere il conto senza scalare e senza alcun onere (seppur dovuto, come dimostrato in precedenza) a carico del cliente”.
DIRITTO
Debbono essere esaminate, innanzitutto, le eccezioni preliminari sollevate da resistente, le quali risultano solo parzialmente fondate.
La prima eccezione attiene all’inammissibilità del ricorso per indeterminatezza. Essa va disattesa. Gli è, infatti, che se il ricorso è certamente assai sintetico – e ne è in un certo senso riprova la circostanza che il ricorrente abbia avvertito il bisogno, nelle repliche, di tornare nuovamente proprio su alcuni elementi di fatto – esso non può dirsi indeterminato, né per quanto attiene al petitum, esposto con sufficiente chiarezza, né per quanto attiene alle ragioni, appunto di fatto, su cui la domanda si fonda.
Parzialmente fondata risulta, invece, l’eccezione di incompetenza ratione materiae, là dove si deduce l’estraneità ai poteri di cognizione dell’Arbitro della domanda inerente la mancata esecuzione dell’ordine di vendita delle azioni, e più in generale delle doglianze relative alle condotte poste in essere in relazione alla gestione di tali titoli. Non appare, infatti, revocabile in dubbio che le controversie, com’è sotto il profilo considerato quella di specie, che attengono all’accertamento della diligenza dell’intermediario nell’adempimento degli obblighi inerenti ad un contratto di deposito titoli in amministrazione, finiscono
fatalmente per impingere sull’area delle controversie attinenti alla corretta esecuzione di servizi di investimento, che sono normativamente sottratte alla cognizione dell’ABF.
L’eccezione non merita, invece, accoglimento là dove si pretenderebbe di sottrarre alla cognizione del Collegio l’esame delle doglianze relativa al mancato accredito in conto delle cedole delle obbligazioni. Sotto questo profilo sembra al Collegio che, per com’è stata in concreto articolata dal ricorrente, la domanda attiene fondamentalmente – e ne fa fede anche la stessa difesa del resistente - all’interpretazione del contratto con cui è stato costituito il pegno, e dunque sul se sia legittima la condotta dell’intermediario che ha esteso il pegno anche sugli interessi maturati e rappresentati dalle cedole; il che comporta, allora, che la domanda investe l’interpretazione di un tipico contratto bancario, e come tale rientra nei poteri di cognizione dell’Arbitro adito.
Venendo all’esame del merito del ricorso, ad avviso del Collegio deve essere preliminarmente dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla richiesta di chiusura del conto, atteso che la stessa risulta essere stata oramai soddisfatta dal resistente, il quale ha anche provveduto, in ragione di ciò, al rimborso del contributo di
€ 20 versato dal ricorrente per accedere alla procedura di soluzione della controversia. D’altra parte non sembra che a esito diverso possa giungersi neppure valorizzando la circostanza – su cui insiste il ricorrente in sede di replica – che l’intermediario avrebbe provveduto tardivamente, sicché resterebbe pur sempre da accertarne e dichiararne la responsabilità per i danni dipendenti dal ritardo nell’evasione della richiesta. In disparte, infatti, la pur assorbente considerazione che la domanda di danni risulta articolata dal ricorrente soltanto nella memoria di replica, sicché essa è tardiva e non suscettibile di essere esaminata, decisiva appare la considerazione che l’intermediario ha comunque di fatto congelato il saldo del conto al mese di gennaio 2013, corrispondente alla data della affermata prima richiesta di chiusura, rinunciando a far valere qualsiasi onere successivo a tale data, di tal ché non è possibile prospettare, neppure in astratto, un interesse del ricorrente a un simile accertamento.
Per quel che concerne la domanda riguardante la pretesa responsabilità dell’intermediario
per non aver proceduto all’accredito in conto degli interessi maturati sulle obbligazioni detenute dal ricorrente, essa appare infondata.
L’art. 3 delle condizioni generali del contratto di pegno – sottoscritto espressamente, ai sensi dell’art. 1342 c.c., dal ricorrente – sancisce con estrema chiarezza il principio per cui la garanzia costituita sulle obbligazioni si estende automaticamente agli «interessi e (…) a quanto possa spettare sui titoli», sicché del tutto conforme al contratto appare la condotta dell’intermediario che, allo scadere delle cedole, ha conteggiato il relativo importo nell’ambito della garanzia, senza procedere al loro pagamento.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1