Corte di Cassazione Sezioni Unite civili Sentenza 07.07.2004, n. 12505
Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Integrale
FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUI RAPPORTI PREESISTENTI - VENDITA - IN GENERE - Permuta - Potere del curatore di sciogliersi dal contratto - Limiti - Art. 72, quarto comma, legge fall. - Applicabilità - Esclusione - Fattispecie in tema di preliminare di permuta di area edificabile con fabbricato da realizzare sull'area medesima e di sopravvenuto fallimento del costruttore.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx - Primo Presidente f.f.
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxx - Presidente di sezione
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxx - Consigliere
Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx - Consigliere
Dott. Xxxxxxx Xx Piano - Consigliere
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx - Consigliere
Xxxx. Xxxxx Xxxxxx - Consigliere
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx - Consigliere Relatore
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxxxx - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
Fallimento Lu. La., in persona del curatore, elettivamente domiciliato in Ro., Via D. Az. 9, presso l'avv. Pa. De Ca., unitamente all'avv. Ma. Pa. La., che lo rappresenta e difende in virtù di procura a margine del ricorso;
ricorrente
contro
Sa. Me., elettivamente domiciliata in Ro. Xxx Xx. Xx. x. 00, xxxxxx x'xxx. Xx. Fa., unitamente all'avv. An. Pa., che la rappresenta e difende in virtù di procura a margine del controricorso;
controricorrente
avverso la sentenza n. 752/00, emessa dalla Corte d'Appello di Bari il 3 agosto 2000;
Xxxxx, nella pubblica udienza del 4 marzo 2004, la relazione del Consigliere Relatore Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx;
Uditi, per le parti, l'avv. Ma. Pa. La. e l'avv. Sa. Pa. con delega;
Udita il P.M., in persona dell'avvocato generale Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con atto notificato il 30 agosto 1991, la signora Xx. Me. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Trani, il signor Xx. La., esponendo:
- che, con scrittura privata del 28 maggio 1988, aveva promesso di cedere in permuta al convenuto, un suolo editificatorio sito in Ca. dell'estensione di circa 1784 mq.;
- che il convenuto si era obbligato, a sua volta, a cedere in controprestazione ad essa attrice o a persona da nominare la e proprietà di una delle palazzine che sarebbero state costruite sull'area in questione "finita e rifinita in ogni sua parte e al pagamento di un conguaglio in denaro";
- che una parte del conguaglio era stata versata al momento della sottoscrizione del preliminare;
- che l'area sopra indicata era stata trasferita con due distinti atti rogati, rispettivamente, il 10 settembre 1988 e il 20 gennaio 1989;
- che alla scadenza aveva, senza esito, sollecitato il convenuto a trasferire il fabbricato, previa verifica della sua rispondenza a quanto concordato.
Tanto premesso, l'attrice chiedeva che fosse disposto, ai sensi dell' art. 2932 cc., il trasferimento della palazzina con condanna del convenuto all'esecuzione delle opere necessarie a rendere la costruzione conforme a quanto convenuto, al pagamento delle (residue) somme dovute a titolo di conguaglio e al risarcimento dei danni.
1.1 - Il convenuto non si opponeva al trasferimento del fabbricato, ma deduceva:
- che il ritardo era stato determinato dalla sospensione dei lavori e da alcune modificazioni del progetto originario disposte dalla Sovrintendenza a seguito del ritrovamento nel sottosuolo di reperti archeologici;
- che i lavori supplementari eseguiti per la realizzazione delle nuove opere richieste avevano comportato una spesa ulteriore di circa £ 41.000.000.
Xxxxxxxx, pertanto, che fosse disposto il trasferimento della palazzina con le modifiche richieste dalla sovrintendenza e che l'attrice fosse condannata a rimborsarlo delle maggiori spese sostenute per l'esecuzione delle nuove opere, con rivalutazione e interessi.
1.2 - Il Tribunale, con sentenza del 17 febbraio 1998, disponeva il trasferimento dell'immobile in favore dell'attrice e condannava il convenuto al pagamento, a titolo di conguaglio, della complessiva somma di £ 45.304.595, con gli interessi legali dalla domanda. La pretesa risarcitoria era invece respinta, osservandosi che i ritardi nell'esecuzione dell'opera erano dipesi da causa non imputabile al convenuto. Sorte non diversa aveva la domanda di rimessione in pristino, sul rilievo che le difformità lamentate non costituivano difetti o vizi dell'opera, né irregolarità che incidevano (negativamente) sulla funzionalità del bene. Con la stessa veniva ordinato al Conservatore di procedere alla prescritta trascrizione.
La domanda era stata trascritta il 31 agosto 1991.
2 - Il 25 marzo 1999 il Tribunale di Trani dichiarava il fallimento del convenuto. La Curatela proponeva appello, dichiarando che intendeva sciogliersi dal contratto, ai sensi dell'art. 72, quarto comma. L. fall.
Chiedeva pertanto che, in riforma della sentenza impugnata, anche le domande riconosciute fondate dal Tribunale fossero respinte o che, quanto meno, fosse dichiarata la cessione della materia del contendere.
La Sa. Me. si opponeva all'accoglimento del gravame, assumendo che l'art. 72, L. fall., era nella specie inapplicabile, sia perché tale disposizione riguardava la vendita e non la permuta, sia perché la sentenza pronunciata dal Tribunale era comunque opponibile al fallimento. E proponeva, a sua volta appello incidentale chiedendo che la Corte, ove avesse ritenuta fondata la pretesa del curatore di scioglimento dei contratti con i quali era stato disposto (il 10 settembre 1988 e il 20 gennaio 1989) il trasferimento dell'area in favore di Xx. La.
2.1 - La Corte territoriale rigettava l'appello principale, proposto dalla Curatela, osservando che la facoltà accordata al curatore del fallimento dall'art 72, quarto comma, L. fall. può essere esercitata, rispetto ai contratti di permuta, solo se nessuno dei due beni oggetto di scambio reciproco, sono passati in proprietà della controparte e che, nel caso di specie, l'area edificabile era stata invece già trasferita al Lu. La. L'appello incidentale era dichiarato assorbito.
2.2 - La Curatela chiedeva la cassazione di tale sentenza con un unico motivo di gravame, illustrato con memoria, al cui accoglimento la Sa. Me. si opponeva con controricorso, anch'esso illustrato con memoria.
Il ricorso, assegnato inizialmente alla prima sezione civile, era successivamente rimesso all'esame delle Sezioni Unite, in considerazione dell'esistenza, in materia, di non univoci precedenti giurisprudenziali di questa Corte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3 - Le Curatela fallimentare - denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 72, quarto comma, X.X. 00 marzo 1941, n. 267, nonché vizio di motivazione - censura la sentenza impugnata per aver negato che avesse il diritto di sciogliersi dal contratto ai sensi dell'art. 72, quarto comma, L. fall., senza considerare: a) che, in base a quanto disposto da tale disposizione, l'esecuzione della prestazione da parte del contraente in bonis, in caso di fallimento del venditore, non è di ostacolo all'esercizio della facoltà di scelta, da parte del curatore, tra l'esecuzione del contratto e il suo scioglimento; b) che tale principio, formulato esplicitamente per il contratto di compravendita e riconosciuto (pacificamente) applicabile anche al contratto preliminare, è da ritenersi operante anche rispetto al preliminare di permuta; c) conseguentemente, non poteva esservi dubbio che, nel caso di specie, il curatore potesse legittimamente optare per lo scioglimento del contratto, sebbene la controparte avesse già provveduto al trasferimento della proprietà dell'area in favore del fallito, posto: c1) che la posizione di quest'ultimo era assimilabile a quella del venditore e che doveva, quindi, farsi applicazione del principio sancito dall'art. 72, quarto comma, L. fall.; c2) che, in ogni caso, quando sia stato stipulato un contratto preliminare, l'esercizio della facoltà di scioglimento del contratto da parte del curatore del promettente venditore può essere impedito solo se, in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento, sia stato concluso il contratto definitivo, ovvero sia passata in giudicato la statuizione giudiziale che tenga luogo di quella stipulazione; c3) che, lo stesso effetto preclusivo non può invece essere riconosciuto alla trascrizione, sempre prima della dichiarazione di fallimento, della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica un contratto.
4 - Il Collegio, al quale il ricorso era stato assegnato, ha ritenuto che in ordine alla soluzione di tale specifica questione fossero emersi orientamenti non univoci della giurisprudenza di questa Corte ed ha chiesto, pertanto, che il ricorso fosse assegnato è queste Sezioni Unite.
Tali disarmonie si sarebbero manifestate, in particolare, tra le sentenze Xxxx. 4 aprile 1973, n. 934; 3 giugno 1993, n. 6207, 25 gennaio 1995, n. 871 (secondo le quali l'adempimento del contraente non fallito non sarebbe ostativo all'esercizio della facoltà di recesso del curatore ai sensi dell'art. 72, quarto comma, L. fall.) e la sentenza 8 novembre 1974, n. 3422, che avrebbe invece escluso, nell'ipotesi considerata, detta possibilità.
5 - Le decisioni richiamate, per la verità non affrontano, quanto meno esplicitamente, tale questione. L'esistenza di dissonanze anche inconsapevoli, nella giurisprudenza di questa Corte in ordine d'applicazione del citato art. 72, quarto comma, L. fall. rispetto ai contratti preliminari è peraltro innegabile, come si porrà in evidenza nei paragrafi seguenti. Una riconsiderazione delle soluzioni fino a questo momento seguite appare quindi opportuna, anche in considerazione della particolare importanza della questione, la cui soluzione non di rado viene ad incidere sulla soddisfazione di un interesse primario, come quello legato all'acquisto di una casa di abitazione, riconosciuto dalla nostra Carta Costituzionale meritevole di particolare protezione (art. 47 Cost.) e che iniziative legislative all'esame del Parlamento, confluite nel disegno di legge, recante "Delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da (atto S. 2195), si propongono di tutelare in modo più incisivo di quanto non sia consentito dalle norme attualmente in vigore.
6 - L'art. 72 L. fall., il cui contenuto precettivo si sostanzia nell'attribuzione al curatore del contraente fallito del potere di sciogliersi dal contratto di vendita stipulato prima della dichiarazione di fallimento, non è di agevole lettura.
Stando alla rubrica, che fa riferimento alla vendita "non ancora eseguita da entrambe le parti", dovrebbe ritenersi che i contratti presi in considerazione, sono (soltanto) quelli non eseguiti o non compiutamente eseguiti sia dall'uno che dall'altro contraente, così come si afferma nella Relazione ministeriale, osservandosi che "la semplice esecuzione unilaterale si risolve in un credito della parte che ha eseguito verso l'altra, e i crediti si fanno valere secondo le norme proprie del fallimento" (ivi, § 18), vale a dire secondo le regole del concorso.
Nei primi tre commi, che hanno riferimento al fallimento del compratore, si afferma chiaramente che la possibilità, per il curatore, di optare per lo scioglimento del contratto, presuppone, innanzi tutto, che la vendita sia ancora ineseguita o "non compiutamente" eseguita "da entrambe le parti": ne deriva, come è del reato chiarito esplicitamente dal primo comma della norma in esame, che l'integrale esecuzione della prestazione, da parte del venditore o da parte dell'acquirente, preclude al curatore di optare per lo scioglimento del contratto. Il contenuto della disposizione è quindi, sotto tale riguardo, pienamente in linea con le indicazioni che possono trarsi dalla rubrica e dalla Relazione.
6.1 - Nel quarto comma dello stesso art. 72 L. fall., relativo al fallimento del venditore, si dispone che, se la cosa venduta "è già passata in proprietà del compratore", il contratto "non si scioglie". Ci si può chiedere, allora, se lo stesso effetto non si determina anche per il solo fatto che il compratore abbia eseguito la propria prestazione. Ma il dubbio, ancorché comprensibile (l'adempimento di tale prestazione impedisca, infatti, di considerare il contratto "non compiutamente" eseguito "da entrambe le parti"), è infondato.
Il legislatore ha precisato, infatti, che "se la cosa venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la scelta fra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto". Appare quindi evidente che nell'ipotesi inversa tale possibilità di scelta non è concessa e che il dato rilevante, in caso di fallimento del venditore, per l'esercizio del potere di scioglimento del contratto da parte del curatore fallimentare, è costituito (non dalla mancata esecuzione, totale o parziale, del contratto"da entrambe le parti", ma) dal mancata trasferimento della proprietà della cosa venduta al compratore. Vi è quindi nella norma in esame un'innegabile asimmetria, rilevata sin dal suo primo apparire, la cui giustificazione non appare affatto chiara. E' tuttavia evidente, tenuto conto del tenore delta rubrica e della Relazione che, dei due criteri passati in rassegna, quello fondato sulla totale o parziale inesecuzione del contratto "da entrambe le parti" riveste, rispetto all'altro criterio previsto dalla stessa norma, carattere di generalità.
6.2 - L'applicabilità alla permuta dell'art. 72 L. fall. è data per scontata dalla giurisprudenza di questa Corte, anche se con enunciazioni generiche, che prescindono da ogni riferimento alla questione che viene in considerazione nel presente giudizio (Xxxx. 25 gennaio 1995, n. 871; 3 giugno 1993, n. 6207; e già: Xxxx. 8 novembre 1974, n. 3422; 4 marzo 1973, n. 934).
Su ciò può convenirsi, tenuto conto delle affinità tra i due contratti. Non vi è dubbio, tuttavia, che la disposizione in esame debba essere posta in correlazione con l'art. 1555 c.c., il quale stabilisce, in via generale, che le norme stabilite per la vendita si applicano alla permuta "in quanto ... compatibili" con tale contratto.
Nel precedente paragrafo si e posto in evidenza che il citato art. 72 L. fall., nel regolare gli effetti del fallimento sui contratti di vendita stipulati prima della dichiarazione di fallimento, detta una disciplina differenziata, a seconda che il fallimento riguardi il venditore o il compratore. Ma nella permuta non e rinvenibile una siffatta distinzione di ruoli, in quanto il reciproco trasferimento delle cose (o dei diritti) oggetto del contratto comporta che ciascuno dei contraenti assuma, al tempo stesso, la posizione di alienante e di acquirente.
Deve quindi escludersi che l'incidenza del fallimento, possa, in tal caso, essere diversamente regolata, a seconda che a fallire sia l'una o l'altra parte. Gli effetti della dichiarazione del fallimento quindi regolati, sia nell'una che nell'altra ipotesi, in modo uniforme e secondo un criterio che non può non essere individuato in quello fondato sulla mancata o incompleta esecuzione del contratto "da entrambe le parti", posto che trattasi del criterio che assume, rispetto all'altro previsto dall'art. 72 L. fall., carattere di minore specificità (retro, § 6.1).
6.3 - La censura sopra puntualizzata alla lettera c1), del § 3 è pertanto infondata, dovendo ritenersi, per le ragioni esposte nel precedente paragrafo, che il principio sancito dal quarto comma dell'art. 72, L. fall. è inapplicabile ai contratti di permuta stipulati prima della dichiarazione di fallimento e che, pertanto, quale che sia il contraente fallito, il curatore può sciogliersi dal contratto solo se quest'ultimo è "ancora inseguito (o non compiutamente eseguito) da entrambe le parti".
7 - Non meno infondata è la doglianza specificata alla lettera c2) dello stesso § 3, che attiene alla individuazione dei presupposti in base ai quali può ritenersi eseguita, nei contratti preliminari, la prestazione del promissario.
L'applicabilità dell'art. 72 L. fall. ai contratti preliminari non è stata mai posta in dubbio e trova oggi una testuale conferma nell'art. 3, sesto comma, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito nella Legge 28 febbraio 1997, n. 30) che ha aggiunto a tale articolo un comma ulteriore, specificatamente riferito proprio al contratto in esame. In relazione ad esso si afferma, con orientamento ormai costante, che l'integrale pagamento del prezzo, da parte del promissario acquirente, non giustifica l'affermazione che la prestazione che tale parte è tenuta ad effettuare sia stata integralmente eseguita, in quanto il suo oggetto specifico e dato dalla prestazione del consenso alla stipulazione del contratto definitivo (Cass. 13 maggio 1982, n. 3001; 9 gennaio 1987, n. 70; 13 maggio 1999, n. 4747; 8 febbraio 2000, n. 1376).
L'affermazione muove dall'implicita premessa che il contenuto del contratto preliminare si esaurisca nell'assunzione, da parte dei contraenti, dell'obbligo di addivenire alla conclusione di un futuro contratto, destinato a costituire la fonte esclusiva dei diritti e degli obblighi riconducibili all'operazione negoziale programmata. La circostanza che le parti abbiano reciprocamente assunto l'obbligo di effettuare il pagamento del prezzo e di dar luogo all'immissione nel possesso del bene prima del trasferimento della proprietà non sarebbe idonea, secondo l'orientamento espresso da tali decisioni, ad infirmare la validità della conclusione appena formulata, in quanto si tratterebbe di effetti "solo formalmente connessi al contratto preliminare, ma sostanzialmente prodromici e anticipatori dell'assetto di interessi prefigurato nella prevista stipulazione del contratto definitivo e con questo destinato ad essere attuato" (così, testualmente: Cass. 4747/99, cit).
7.1 - Già con la sentenza 28 novembre 1976, n. 4478, questa stessa Corte aveva peraltro puntualizzato che l'anticipazione della consegna, come l'anticipato pagamento del prezzo, entra a far parte integrante del preliminare, costituendone un'obbligazione, che ha un suo titolo diverso da quello di vendita ... in perfetta coerenza con la regola generale che riconosce alle parti la più ampia libertà nella predisposizione del contenuto negoziale": da tale premessa veniva tratto argomento per riconoscere al promissario il diritto di chiedere, anziché la risoluzione del contratto, la condanna del promittente ad eliminare, a proprie spese, i vizi della cosa.
Muovendo dagli stessi presupposti, si è successivamente affermato che il promissario, di fronte all'inesatto adempimento del promettente nell'approntare la cosa promessa, ha la possibilità di esperire l'azione diretta all'eliminazione dei vizi o quella di riduzione del prezzo, anche contemporaneamente all'esercizio dell'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludete il contratto, prevista dall'art 2932 c.c. (Cass. 5 agosto 1977, n. 3560; 9 aprile 1980, n. 2268). La sentenza 29 marzo 1982, n. 1932 ha, a sua volta, dichiarato ammissibile l'esecuzione in forma specifica di un preliminare di permuta di area edificabile con un appartamento da costruire sulla stessa area, la cui superficie era risultata superiore a quella pattuita, subordinatamente l'offerta, da parte del promissario, di un conguaglio in denaro pari alla differenza tra la superficie promessa e quella accertata.
Questo orientamento interpretativo, confermato dalle Sezioni Unite, anche con riferimento al preliminare "puro" (sent. 27 febbraio 1985, n. 1720), si è consolidato (Cass. 27 giugno 1987, n. 5716; 5 febbraio 2000. n. 1296; 19 dicembre 2000, n. 15958; 16 luglio 2001, n. 9636; 17 aprile 2002, n. 5509; 2 luglio 2003, n. 10454).
7.2 - E' così maturato progressivamente il convincimento che l'impegno assunto con il preliminare non ad esaurisce nello scambio dei consensi richiesto per la stipulazione del contratto definitivo. Non solo perché l'interesse delle parti è diretto alla realizzazione dell'operazione economica programmata, rispetto alla quale il contratto definitivo assume un rilievo meramente strumentale. Ma (e soprattutto) perché la conclusione di detto contratto non è neppure indispensabile per il raggiungimento del risultato perseguito dalle parti, avendo il legislatore previsto che lo stesso obbiettivo possa essere raggiunto mediante la pronuncia di una sentenza produttiva degli effetti del contratto "non concluso" (art. 2932 c.c.).
Il contratto preliminare e quello definitivo, pur rimanendo distinti, si configurano pertanto quali momenti di una sequenza procedimentale diretta alla realizzazione di un'operazione unitaria (Cass. 27 giugno 1987, n. 5716). E in termini non diversi si pongono i rapporti tra il contratto preliminare e la sentenza destinata a surrogare il contratto "non concluso", dal momento che la natura giurisdizionale dell'atto non esclude che il rapporto da essa derivante abbia pur sempre natura contrattuale. Questo spiega, tra l'altro, perché (superando il dogma della immodificabilità del contratto preliminare, il quale postula che l'assetto definitivo dell'operazione coincida esattamente con quello prefigurato nel preliminare) sia stata ammessa dalle sentenze appena ricordate, in presenza di difformità non sostanziali e di vizi incidentali (non sulla sua effettiva utilizzabilità, ma solo) sul relativo valore e su qualche secondaria modalità di godimento, la possibilità di introdurre, nel giudizio promosso ai sensi del citato art. 2932 c.c., domande dirette a modificare o ad integrare il contenuto delle prestazioni delle parti.
7.3 - Appare allora evidente che il trasferimento della proprietà del bene effettuato prima della stipula del contratto definitivo di permuta, determinato l'insorgere degli effetti finali della operazione programmata con il preliminare, realizza (sia pure rispetto ad uno soltanto dei contraenti) lo stesso risultato giuridico ricollegato, nella previsione delle parti, alla stipulazione del contratto definitivo. E non può esservi quindi dubbio che in detta ipotesi, contrariamente a quel che sembrerebbe potersi desumere dalla sentenza 4747/99 e dalle altre decisioni richiamate nel § 7, il trasferimento del bene comporti, per la parte che lo effettua, l'integrale esecuzione della prestazione dovuta con tutte la conseguenze che ne derivano in ordine all'applicazione dell'art. 72, L. fall.
8 - Resta l'ultima doglianza, puntualizzata nella lettera c3 del § 3, con la quale viene mosso alla sentenza impugnata il rilievo di non aver considerato che neppure la trascrizione della domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, eseguita dal contraente in bonis prima della dichiarazione di fallimento, preclude al curatore la possibilità di sciogliersi dal contratto preliminare 72, L. fall.
L'assunto muove dal convincimento che, dopo la dichiarazione di fallimento del promittente, la domanda del promissario, anche se trascritta in precedenza, non possa più trovare accoglimento e che, pertanto, non vi sarebbero ostacoli all'apprensione, da parte del curatore fallimentare, del bene promesso in vendita (Cass. 10 maggio 1958, n. 1542; 14 febbraio 1966, n. 436; 18 gennaio 1973, n. 172; 10 giugno 1982, n. 3509; 29 maggio 1989, n. 1497; Cass. un., 14 aprile 1999, n. 239; Cass. 12 maggio 1997, n. 4105; 16 maggio 1997, n. 4358; 13 maggio 1999, n. 4747; 22 aprile 2000. n. 5287).
L'esattezza di questo indirizzo interpretativo, anche se da tempo stipulato con il fallito ai sensi del citato art. consolidato, deve essere riconsiderata.
8.1 - E' opportuno premettere che la domanda diretta ad ottenere, in costanze di fallimento, l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto è estranea alle previsioni dall'art. 51 L. fall., a norma del quale "nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento".
Si è ormai chiarito, infatti, che l'art. 2932 c.c. mette capo ad un provvedimento di natura cognitiva che ha la caratteristica di produrre direttamente l'effetto giuridico richiesto, dando concreta attuazione al diritto accertato, indipendentemente da ogni attività riconducibile alla nozione di esecuzione, quale considerata nel libro terzo del codice di rito: proprio per questo tale sentenza, come si riconosce nella stessa Relazione al codice (ivi, § 1187), avrebbe potuto essere più propriamente inquadrata, invece che tra i provvedimenti esecutivi, tra le sentenze "costitutive" contemplate dall'art. 2908 c.c. (Cass. 15 marzo 1995, n. 3045; 23 gennaio 1998, n. 615).
Deve quindi escludersi che il divieto posto dal citato art. 51 L. fall. interferisca con la proposizione della domanda in esame.
8.2 - Il suo accoglimento, secondo le sentenze sopra richiamate nel § 8, troverebbe tuttavia un ostacolo insormontabile nei peculiari effetti della sentenza dichiarativa di fallimento che, "cristallizzano" il patrimonio del fallito al momento dell'apertura della procedura concorsuale (art. 42 L. fall.), impedirebbero il perfezionamento della fattispecie integrata dalla pronuncia della sentenza contemplata dall'art. 2932 c.c. Ostacolo, che non verrebbe meno neppure in presenza dalla trascrizione, prima della dichiarazione di fallimento, della domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre, essendo gli effetti di tale adempimento pubblicitario condizionati alla trascrizione della sentenza di accoglimento che, per le ragioni già esposte, non potrebbe essere pronunciata dopo la dichiarazione di fallimento del convenuto.
8.3 - Tali considerazioni non sono condivisibili.
Il "meccanismo pubblicitario" previsto dall'art. 2652, n. 2, c.c. si articola in due momenti: quello iniziale, costituito dalla trascrizione della domanda giudiziale e quella fisica, rappresentato dalla trascrizione della sentenza di accoglimento. E' indubbio che la particolare efficacia della trascrizione delle domanda resta subordinata alla trascrizione della sentenza e può, pertanto, manifestarsi solo se tale adempimento viene effettuato. Ma è non meno certo che gli effetti della sentenza di accoglimento, quando sia trascritta, retroagiscono alla data della trascrizione della domanda.
Invero, "fermando" alla data della trascrizione della domanda giudiziale "la situazione controversa, si da renderla insensibile ai successivi mutamenti posti in essere dal convenuto o dai terzi, in ordine la bene della pretesa", si è inteso preservare l'attore vittorioso dal pregiudizio, cui altrimenti sarebbe esposto durante il tempo necessario per il riconoscimento e, nel caso dell'art. 2932, per l'attuazione del suo diritto" (Cass. 3 gennaio 1975, n. 1).
Non può quindi esservi dubbio che sia la trascrizione della domanda (e non della sentenza) ad assumere rilievo decisivo ai fini dell'opponibilità ai terzi del trasferimento attuato con la pronuncia, ai sensi dell'art 2932 c.c., della sentenza che produce gli effetti del contratto "non concluso". E che l'adempimento di tale formalità sia sufficiente a far prevalere il diritto acquistato dall'attore, una volta trascritta la sentenza, sui diritti contrari o incompatibili venutisi nel frattempo a creare in capo al terzo (Cass. 1/75 cit.; 15 gennaio 1990, n. 101; 5 aprile 1994, n. 3229; 13 agosto 1996, n. 7553; 5 gennaio 1998. n. 42; 14 aprile 2000, n 4819).
8.4 - Il sistema del codice civile circa gli effetti della trascrizione delle domande giudiziali trova il suo completamento nell'art 2915, secondo comma, c.c., che risolve il conflitto tra il creditore xxxxxxxxxx (e i creditori che intervengono nel processo di espropriazione) e i terzi, i cui diritti siano accertati con sentenza in epoca successiva al pignoramento, in base alla data della trascrizione della domanda e, quindi, adottando lo stesso criterio accolto dall'art. 2652 c.c. e dall'art. 2653 c.c. Anche in questo caso, pertanto, la trascrizione della domanda introduttiva del giudizio ha l'effetto di "prenotare gli effetti della futura sentenza di accoglimento, che saranno pertanto opponibili ai creditori procedenti se la trascrizione della domanda è stata effettuata prima del pignoramento.
8.5 - L'art. 45 L. fall. non si pone in antitesi con la disciplina appena illustrata, ma la integra (così in particolare: Cass. 1/75 e 101/90, citt.), Can tale disposizione si è statuito, infatti, che "le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi", (solo) se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento "sono senza effetto rispetto ai creditori". Il che lascia intendere che, nel caso opposto, tali formalità sono invece opponibili.
Nella sentenza 1/75. appena richiamata, si osserva, e il rilievo non può non essere condiviso, che il riferimento agli adempimenti necessari per l'opponibilità degli "atti" ai terzi si traduce nella formulazione di un criterio assolutamente generico, il quale richiede, per poter esse concretamente applicato, "di essere puntualmente specificato" a mezzo di quelle norme che, di volta in volta, a seconda della fattispecie considerata, stabiliscano quali sono le "formalità necessarie". L'unica particolarità data dalla circostanza che, non essendo la sentenza dichiarativa di fallimento oggetto di trascrizione o di iscrizione, l'anteriorità dell'atto dovrà essere verificata, come del resto risulta in modo inequivoco dalla formulazione della disposizione in esame, in relazione alla data di deposito della sentenza dichiarativa di fallimento e non a quella della sua annotazione nei pubblici registri ai sensi dell'art. 88, secondo comma, L. fall., essendo tale adempimento previsto per finalità di mera pubblicità-notizia (Cass. 1/75; 101/90, citt.).
9 - La giurisprudenza di questa Corte è univoca nel ritenere che l'art. 45 L. fall. si coordini (non solo con gli artt. 2652 e 2653 c.c., ma anche) con l'art. 2915, secondo comma, c.c. e che, pertanto, sono opponibili ai creditori fallimentari (non solo gli atti posti in essere e trascritti dal fallito prima della dichiarazione di fallimento, ma anche) le sentenze pronunciate dopo tale data, se le relative domande sono state in precedenza trascritte (in tal senso, oltre le sentenze richiamate nel paragrafo precedente: Xxxx. 28 gennaio 1966, n. 322; 19 ottobre 1967, n. 2529; 5 agosto 1977, n. 3537; 5 giungo 1987, n. 4915; 9 dicembre 1998, n. 12396). Proprio muovendo da queste premesse si è statuito che la domanda di risoluzione di un contratto di compravendita per inadempimento dell'acquirente non trova ostacolo nella sopravvenienza del fallimento del convenuto qualora essa risulti "quesita" prima della sentenza dichiarativa del fallimento attraverso la trascrizione della relativa domanda giudiziale (Cass. 12396/98, cit.). Deve anzi notarsi, a tale riguardo, la tendenza a considerare le ragioni del contraente "in bonis", che agisca in risoluzione, rispetto a quello dei creditori fallimentari, per il solo fatto che la domanda sia stata proposta prima della dichiarazione del fallimento e, quindi, anche oltre l'ambito di applicazione della disciplina della trascrizione delle domande giudiziali (Cass. 13 giugno 1983, n. 4045; 21 febbraio 1994. n. 1648; 17 gennaio 1998, n. 376; 16 maggio 2002. n. 7178).
9.1 - Rispetto alla domanda di "esecuzione specifica" dell'obbligo a contrarre la giurisprudenza di questa Corte, come si è anticipato, giunge invece ad una conclusione opposta, escludendo, in modo altrettanto univoco, che la trascrizione della domanda, effettuata prima della dichiarazione di fallimento, valga a rendere opponibile alla massa dei creditori l'eventuale sentenza di accoglimento trascritta dopo la dichiarazione di fallimento (retro, § 8).
Tale approdo interpretativo non appare però persuasivo. Tanto più che la proponibilità, anche nei confronti del fallimento, dell'azione prevista dall'art. 2932 c.c. è esplicitamente riconosciuta in un'ipotesi (quella del mandante che agisca per conseguire il trasferimento in suo favore degli immobili acquistati per suo conto dal mandatario) che, come non si è mancato di rilevare, si inquadra perfettamente nello schema dell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre (art. 79, terzo comma, L. fall. in relazione all'art. 1706, secondo xxxxx, c.c.).
9.1.1 - A sostegno di tale orientamento ci si è richiamati, innanzitutto, alla "intangibilità"del patrimonio del fallito, osservando che i suoi beni, essendo vincolati al soddisfacimento dei crediti indicati nell'art. 111, L. fall., non potrebbero essere destinati, neppure in parte, ad una finalità diversa.
E' agevole replicare, tuttavia, che, contrariamente a quel che sembrerebbe doversi desumere dal primo comma dell'art. 42, L. fall., l'intangibilità (o, se si preferisce, l'indisponibilità) del patrimonio fallimentare non riguarda i beni appartenenti ai fallito alla data della dichiarazione di fallimento, sia alcuni di essi sono (o possono essere) esclusi dal fallimento (art. 46 e 47. L. fall.); sia, perché sono ricompresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallimento "durante" lo svolgimento di tale procedura (art. 42, secondo comma, L. fall.); sia, infine, perché l'individuazione dei beni ricompresi nel patrimonio fallimentare non può prescindere dalla considerazione di quanto stabilito dall'art. 45 L. fall., essendo evidente che l'atto, se "opponibile", è idoneo ad incidere negativamente sulla consistenza della massa attiva fallimentare e a ridurre, quindi, la consistenza dei beni sui quali i creditori fallimentari possono soddisfarsi, non diversamente da quanto previsto per i beni pignorati (art. 2915, secondo comma, c.c.).
9.1.2 - Considerazioni analoghe valgono per il principio della "parità di trattamento" dei creditori fallimentari, che certo rappresenta uno degli aspetti caratterizzanti della disciplina del fallimento. Anche la portata di tale principio deve essere infatti determinata (non già in modo aprioristico, ma) tenendo conto del contenuto di (tutte) le disposizioni che regolano il concorso dei uditori e, quindi, anche dell'art. 45 L. fall. Articolo che oltretutto è, a sua volta, espressione di un più generale principio, il quale risponde all'esigenza di evitare che la durata del processo "torni a danno di chi ha ragione". Principio, la cui operatività, già individuabile nel vigore dei codici abrogati, ha ricevuto quelli vigenti un più ampio riconoscimento proprio in virtù della generalizzazione del principio della trascrizione delle domande giudiziali, prima prevista solo alcune ipotesi (domande di revocazione, rescissione e risoluzione) specificamente indicate (art. 1933, n. 3, c.c. 1865). E il cui rilievo è stato negli anni ulteriormente rafforzato, sia dalla ratifica (con la L. 4 agosto 1955, n. 848) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, che annovera tra i diritti fondamentali dell'individuo, la cui violazione dà titolo al riconoscimento di un'equa "soddisfazione" (art. 41), anche del diritto alla durata "ragionevole" del processo (art. 6.1); sia dal nuovo testo dell'art. 111, secondo comma, Cost. che ha assunto la "durata ragionevole" del processo quale connotato "necessario" dell'attività giurisdizionale.
Se, invero, l'interesse delle parti alla più sollecita definizione del giudizio ha acquistato un rilievo così pregnante da giustificare il riconoscimento di un indennizzo in favore delle parti che a causa dell'eccessivo protrarsi del processo, abbiano risentito ragione di danno, appare evidente che è sede interpretativa debba essere privilegiata l'applicazione delle norme che, come quelle in tema di iscrizione delle domande giudiziali, sono dirette ad evitare proprio che la durata del processo possa compromettere, la realizzazione di quella "piena tutela", di cui la parte ha diritto di godere secondo il diritto sostanziale.
Nel caso di specie il fallimento del convenuto è stato dichiarato il 25 marzo 1999, mentre la domanda era stata trascritta il 31 agosto 1991 e la sua fondatezza era stata riconosciuta dal Tribunale con sentenza del 17 febbraio 1998.
9.1.2 - Maggiore concretezza riveste l'argomento che è stato tratto dall'art 72 L. fall., il quale riconosce al curatore del contraente fallito, in relazione ad alcune ipotesi, il potere di sciogliersi dal contratto (retro, § 6). Ma neppure. essa appare sufficiente a giustificare l'accoglimento dell'opinione appena riferita.
E' evidente, infatti, che anche tale disposizione debba essere coordinata con quanto stabilito dal citato art. 45, L. fall. Ne deriva che, quando la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l'accoglie, anche se trascritta successivamente, è opponibile alla massa dei creditori e impedisce l'apprensione del bene da parte del curatore, che non può quindi avvalersi del potere di scioglimento accordatogli, in via generale, dall'art. 72 L. fall.
Non varrebbe osservare che la facoltà di recesso del curatore, ai sensi dell'art 72, quarto comma, L. fall., non è impedita neppure, dalla stipulazione di un contratto definitivo di compravendita ad detti obbligatori (come nelle ipotesi previste dagli art. 1378, 1472 e 1478 c.c.), se prima della data della dichiarazione di fallimento non si è prodotto l'effetto traslativo, per la decisiva regione che in dette ipotesi gli effetti reali si determinano al verificarsi delle situazioni specificamente considerate dalle norme sopra richiamate e non retroagiscono, mentre, per quanto si è detto, gli effetti derivanti dalla sentenza di accoglimento della domanda trascritta, pronunciata ai sensi dell'art. 2932 x.x., xxxxxxxxxxx xxxx xxxx xx xxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxx (xxxxx, § 0); se, quindi, la trascrizione stata eseguita prima della dichiarazione di fallimento deve ritenersi che il trasferimento della proprietà del bene promesso in vendita sia avvenuto prima di tale momento, integrando gli estremi della situazione considerata dallo stesso art. 72, quarto comma, L. fall. come ostativa all'esercizio della facoltà di recesso da parte del curatore.
Quanto, infine, al rilievo che il contratta preliminare si atteggerebbe "quale momento di una fattispecie traslativa complessa e non cura conclusa", il cui processo di formazione, la dichiarazione di fallimento sarebbe idonea ad arrestare in modo definitivo, "anche indipendentemente dal disposto dell'art. 72, L. fall. (così, in particolare, Xxxx. 18 gennaio 1973, n. 172; 1542/58, cit.), può replicarsi che il contratto preliminare si inserisce certamente nel processo di formazione del contratto, ma è individuato dalla conclusione di un accordo; accordo che, pur essendo strumentale alla conclusione di un futuro contratto, è caratterizzato dall'efficacia vincolante sancita dall'art. 1372 c.c., dalla quale le parti possono sciogliersi solo "per mutuo consenso" o "nei casi previsti dalla legge". Il vincolo che da esso deriva non è quindi meno intenso di quello proprio degli altri contratti c.d. definitivi e deve pertanto escluderai che la sua forza di resistenza rispetto al potere di recesso del curatore sia più attenuata.
10 - Il ricorso è quindi infondato sotto ogni profilo e deve essere conseguentemente rigettato.
L'esistenza delle dissonanze e dei contratti rilevati nella giurisprudenza di questa Corte giustifica la compensazione delle spese di questa fase di giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e compensa le spese di giudizio.
PAGINA DI RIVISTA 24 ORE AVVOCATO RIFERITA ALLA TEMATICA DELLA SENTENZA:
Il
Sole 24 Ore - Ventiquattrore Avvocato
Edizione
n. 3 del 28 febbraio 2005
pagina
47
Autore:
Xxxxxx Xxxxxx
Xxxxxxx
della dichiarazione di fallimento sul preliminare di compravendita
immobiliare
Il fallimento incide sui rapporti preesistenti in capo all'imprenditore fallito e tra questi sul contratto preliminare di compravendita immobiliare. Vanno dunque indagati la tutela di cui gode il contraente rispetto al fallimento della controparte contrattuale e i poteri di cui dispone il curatore fallimentare per poter acquisire il bene alla massa attiva del fallimento.
LA QUESTIONE
Quale sorte spetta ad un preliminare di compravendita qualora uno dei due contraenti sia dichiarato fallito? In quale modo il contraente in bonis può tutelare la propria posizione creditoria? Quali diversi effetti si producono nel caso in cui il preliminare sia stato trascritto? Come si coordina la disciplina fallimentare con il processo di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre ex art. 2932 c.c. ? In particolare, quale tutela fornisce l'ordinamento al promissario acquirente dinanzi al fallimento del promittente venditore, in funzione dell'ottenimento del bene immobile o della restituzione di quanto già pagato?
INTRODUZIONE
I quesiti cui si intende fornire risposta ruotano tutti attorno al caso in cui, prima della sentenza dichiarativa di fallimento, sia stato stipulato dal fallito un contratto preliminare di compravendita immobiliare.
In particolare, la fattispecie più densa di questioni è quella del fallimento del promittente venditore: occorre prendere in considerazione la posizione del compratore che ha confidato nell'acquisto di un bene immobile ed invece si trova dinanzi, appunto, all'insolvenza ed alla dichiarazione di fallimento del suo potenziale xxxxx causa.
Emergono dunque rilevanti esigenze di tutela del promissario acquirente, che si fanno pressanti nel caso in cui egli abbia già anticipatamente versato una parte del prezzo di compravendita.
Peraltro, tali esigenze debbono contemperarsi con gli interessi dei creditori del promittente venditore fallito, in vista del loro soddisfacimento secondo le regole del concorso.
In questo ambito, assume particolare importanza il coordinamento della disciplina fallimentare con la proposizione, da parte di uno dei contraenti, della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre ex art. 2932 c.c. prima della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento. Come si vedrà, la tendenza dell'ordinamento, del legislatore e della giurisprudenza, va nella direzione di fornire una protezione crescente al compratore nel caso di fallimento del venditore.
LA FATTISPECIE
L' art. 72 del X.X. 00 marzo 1942, n. 267, cd. legge fallimentare, in apertura della sezione dedicata agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, disciplina i contratti di compravendita stipulati dal fallito precedentemente alla sentenza dichiarativa di fallimento.
Effetti del fallimento sul contratto preliminare di compravendita
Nessuna disposizione della legge fallimentare si occupava, prima della novella del 1996 di cui si dirà infra , espressamente degli effetti sul contratto preliminare di compravendita. Peraltro, pacificamente dottrina e giurisprudenza hanno sempre ritenuto che la norma dell'art. 72 sia applicabile anche al contratto preliminare di compravendita benché non testualmente contemplato.
Appiglio testuale in tal senso è il presupposto, indicato nel comma 1, che il contratto di vendita sia «ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti», come analogicamente si può qualificare la fattispecie in cui non sia ancora stato stipulato il contratto definitivo di compravendita che con il preliminare le parti hanno assunto l'obbligo di stipulare. Inoltre, al comma 4 si fa riferimento al caso in cui non sia avvenuto il passaggio di proprietà del bene oggetto della compravendita.
Dopo l'introduzione di un nuovo ultimo comma all'art. 72 da parte del D.L. n. 669/1996 (v. infra ), non si può più dubitare: si fa espresso riferimento al contratto preliminare, con richiamo alla facoltà di scioglimento del curatore di cui al comma 4 dello stesso art. 72. Secondo quanto dettato dall'art. 72, in caso di fallimento del promittente compratore, si ritiene che l'esecuzione del contratto rimanga sospesa fino a quando il curatore non scelga se subentrare nella posizione contrattuale del fallito ovvero sciogliersi dal vincolo contrattuale; il promittente venditore, pertanto, non ha facoltà di domandare la risoluzione del contratto ma può soltanto mettere in mora il curatore, ai sensi del comma 3 della citata norma, facendogli assegnare un termine dal giudice delegato.
Se al momento della dichiarazione di fallimento era pendente il giudizio di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, il curatore può senz'altro proseguirlo, assumendo la posizione del compratore fallito, per giungere ad una sentenza traslativa della proprietà del bene, il quale sarà così acquisito all'attivo del fallimento.
Al contrario, quando ad esser dichiarato fallito è il promittente venditore, occorre applicare l'art. 72, comma 4, per il quale il contratto «non si scioglie» se la cosa oggetto di vendita «è già passata in proprietà del compratore». Ora, nel contratto preliminare di compravendita, tale passaggio non è senz'altro ancora avvenuto, per cui in ogni caso il curatore può scegliere se subentrare nel contratto, eseguendolo, ovvero sciogliersi da esso, ed in quest'ultima ipotesi residua al promissario compratore il diritto a far valere il proprio credito nel passivo del fallimento in concorso (si pensi ad es. al credito per la restituzione del prezzo eventualmente già corrisposto). Dunque, chiaramente il limite temporale all'esercizio della facoltà di scelta da parte del curatore è l'avvenuto trasferimento della proprietà dal venditore al compratore: in tal caso il curatore non può recuperare il bene all'attivo del fallimento (in proposito si veda ampiamente di seguito).
In entrambi i casi, che fallisca il promittente venditore o il promissario acquirente, residuano dei crediti dell'una parte contrattuale nei confronti dell'altra per far valere i quali è necessaria l'insinuazione al passivo fallimentare: il credito del promittente venditore o promittente acquirente potrà trovare soddisfazione soltanto con moneta fallimentare. Come è noto, la soddisfazione dei creditori del fallito con l'attivo del fallimento è subordinata all'effettivo ammontare dello stesso ed al ricavato dalla sua liquidazione, cosicché normalmente vengono soddisfatti soltanto coloro che hanno diritto ad essere preferiti sugli altri per essere il loro credito assistito da una garanzia reale o da un privilegio secondo l'ordine dettato dagli art. 2745 ss. c.c.
Privilegio immobiliare per i crediti del promissario acquirente
Nel caso in esame, al fine di tutelare maggiormente il contraente in bonis di un preliminare di compravendita, il D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 convertito, con modifiche, in legge 28 febbraio 1997, n. 30 ha istituito un nuovo privilegio immobiliare per i crediti del promissario acquirente (non anche per quelli del promittente venditore rispetto al fallimento della controparte) che conseguono alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645 bis c.c. L'art. 72, ult. comma, inserito dal decreto legge citato, dispone che in caso di preliminare di compravendita trascritto, se il curatore opta per lo scioglimento del contratto, l'acquirente gode del privilegio disciplinato dall'art. 2775 bis c.c., purché gli effetti della trascrizione non siano cessati prima della data della sentenza dichiarativa di fallimento. Emerge una fattispecie complessa, a formazione progressiva: affinché il credito del promissario acquirente nei confronti del fallito possa essere assistito dal privilegio in questione è necessario che il preliminare di compravendita sia stato trascritto, che il promittente venditore sia stato dichiarato fallito, il curatore del fallimento abbia deciso di sciogliersi dal contratto e non siano precedentemente cessati gli effetti della trascrizione.
Occorre precisare che l'art. 2775 bis riconosce un privilegio speciale, sull'immobile oggetto del preliminare, di particolare rilevanza data la sua collocazione nell'ordine delle cause di prelazione: il creditore ha diritto ad essere preferito rispetto ai creditori con ipoteche iscritte sullo stesso immobile anteriormente alla trascrizione del preliminare, salvo che si tratti di ipoteche relative a mutui erogati allo stesso promissario acquirente per l'acquisto del bene immobile od a favore dei creditori garantiti ai sensi dell'art. 2825 bis c.c., come in giurisprudenza si è già avuto modo di affermare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2748 e 2775 bis , comma 2, c.c. Dunque, si tratta di privilegio postergato soltanto ai crediti di natura tributaria secondo l'ordine di cui all'art. 2780 c.c.
Ne esce una tutela piuttosto forte per il promissario acquirente che, se non può ottenere il trasferimento della proprietà del bene come previsto nel contratto preliminare che aveva stipulato con il fallito, ha la prospettiva di ottenere soddisfazione, in via privilegiata, del proprio diritto alla restituzione di quanto già eventualmente pagato.
LA GIURISPRUDENZA
Al di fuori dell'intervento legislativo espresso che ha riguardato la materia del privilegio speciale immobiliare di cui sopra, altri aspetti problematici connessi ai rapporti tra contratto preliminare e fallimento sono stati affrontanti ed in parte risolti a livello giurisprudenziale.
Trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre
Rinviando per il resto alla rassegna che segue, ciò di cui qui particolarmente è opportuno dare atto è la questione della rilevanza della trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre ex art. 2932 c.c. rispetto al fallimento del promittente venditore. Ogni considerazione prende le mosse da una recente sentenza della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, 7 luglio 2004, n. 12505, che ha ribaltato la tradizionale e granitica giurisprudenza in materia. La Suprema Corte afferma ora che quando la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l'accoglie, anche se trascritta successivamente, è opponibile alla massa dei creditori e impedisce l'apprensione del bene da parte del curatore del contraente fallito, che non può quindi avvalersi del potere di scioglimento accordatogli, in via generale, dall'art. 72 legge fall.
Più chiaramente, come si legge nella motivazione, «gli effetti della sentenza di accoglimento della domanda trascritta, pronunciata ai sensi dell'art. 2932 c.c., retroagiscono alla data di trascrizione della domanda», per cui, se la trascrizione è eseguita prima della dichiarazione di fallimento, «deve ritenersi che il trasferimento della proprietà del bene promesso in vendita sia avvenuto prima di tale momento, integrando gli estremi della situazione considerata dall'art. 72, comma 4, legge fall., come ostativa all'esercizio della facoltà di recesso da parte del curatore».
Invece, secondo la giurisprudenza tradizionale, assolutamente univoca e costante, la sentenza passata in giudicato di accoglimento è opponibile al fallimento, in quanto determina il trasferimento della proprietà del bene, ma prima di essa il curatore ha il potere di sciogliersi dal contratto in qualsiasi momento, inducendo il rigetto della domanda; nessun rilievo ha, in proposito, la trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. prima della sentenza dichiarativa di fallimento del promittente venditore.
Si è sempre affermato che la trascrizione della domanda de qua prima della dichiarazione di fallimento è ininfluente rispetto alla facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto, che egli conserva per tutto il corso del processo fino al passaggio in giudicato della sentenza.
In altri e più ampi termini, massima tralatizia è quella per cui «la sopravvenienza del fallimento del promittente venditore, in pendenza di controversia instaurata dal promissario acquirente per l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, consente al curatore di conseguire una pronuncia di rigetto della domanda, previo esercizio della facoltà di optare per lo scioglimento del contratto, ai sensi dell'art. 72, comma 4, X.X. 00 marzo 1942, n. 267, mentre non rileva che la domanda, inerendo a bene immobile, sia stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, ovvero che il promissario abbia già pagato od offerto il pagamento del prezzo, posto che la suddetta facoltà di scelta viene meno solo con il passaggio della proprietà della cosa al compratore». Tale facoltà può essere esercitata dal curatore in qualsiasi momento, con l'unico limite, appunto, del passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c., che genera il trasferimento della proprietà del bene.
Pertanto, sempre secondo la giurisprudenza consolidata, nel processo pendente per l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre, il curatore, esercitando la facoltà di scioglimento dal contratto, induce la pronuncia di una sentenza di rigetto in merito della domanda del promissario acquirente. Conseguentemente si è affermato che la facoltà del curatore può essere esercitata, anche a mezzo del procuratore costituito, fino a che non sia passata in giudicato la sentenza di trasferimento coattivo e, dunque, pure con la comparsa conclusionale o all'udienza collegiale del giudizio d'appello, senza che la controparte possa opporre la violazione dell'art. 345 c.p.c..
Ecco che le Sezioni Unite ribaltano questa interpretazione, in particolare sul punto dell'individuazione del momento in cui deve considerarsi avvenuto il passaggio di proprietà che, ai sensi dell'art. 72, comma 4, legge fall., impedisce l'esercizio della facoltà di scioglimento da parte del curatore: se la domanda ex art. 2932 c.c. è stata trascritta prima della sentenza dichiarativa di fallimento ed è stata poi accolta, la proprietà deve considerarsi come passata dal venditore poi fallito al compratore al momento stesso della trascrizione, e ciò impedisce al curatore di acquisire il bene alla massa attiva fallimentare.
POTERE DEL CURATORE DI SCIOGLIERSI DAL CONTRATTO SENZA AUTORIZZAZIONE DEL GIUDICE DELEGATO Cassazione civ., Sez. I, 25 agosto 2004, n. 16860Con riguardo al contratto preliminare di compravendita, in caso di fallimento del promittente venditore, la scelta del curatore tra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto è espressione di un potere discrezionale del curatore ed avviene attraverso un atto che non è di straordinaria amministrazione e come tale può essere compiuto senza alcuna specifica autorizzazione del giudice delegato; in particolare, detta scelta nell'ipotesi in cui si indirizzi per lo scioglimento del contratto è finalizzata alla conservazione del bene oggetto del contratto all'attivo fallimentare e può essere effettuata anche senza atti formali o manifestamente esplicitata per facta concludentia. (Rep. Foro it., 2004, x. «Xxxxxxxxxx», x. 000. V. anche Cass., Sez. I, 14 aprile 2004, n. 7070, in Rep. Foro. it., 2004, x. «Xxxxxxxxxx», x. 00; Cass., Sez. I, 10 febbraio 2001, n. 1920, in Nuovo dir., 2001, 528; Cass., Sez. Unite, 14 aprile 1999, n. 239, in Giust. civ., 1999, I, 1572) CONSEGNA DEL BENE E PAGAMENTO DEL PREZZO ANTICIPATI Cassazione civ., Sez. I, 8 febbraio 2000, n. 1376Nel caso di fallimento del promittente la vendita di un immobile il curatore fallimentare ha la facoltà di optare tra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto quando la proprietà non sia ancora passata al promissario compratore, essendo del tutto irrilevante che quest'ultimo abbia anticipatamente ottenuto il godimento dell'immobile e versato integralmente il prezzo. (Giur. it., 2000, 1243) Cassazione civ., Sez. I, 11 novembre 1994, n. 9423In tema di fallimento, nel caso in cui, a seguito di un contratto preliminare di vendita immobiliare il bene venga anticipatamente consegnato al promissario acquirente e, intervenuto il fallimento di quest'ultimo, il curatore si sciolga dal contratto (art. 72, comma 2, legge fall.), al promittente venditore spetta, per il periodo compreso tra il giorno della consegna dell'immobile al promissario acquirente e la data della comunicazione della volontà del curatore di sciogliere il contratto, un «giusto compenso» (corrispondente ai canoni che avrebbero potuto essere percepiti sul mercato delle locazioni), in base all'applicazione analogica - per identità di ratio - dell'art. 80, 2º comma, legge fall. (riguardante il recesso del contratto di locazione da parte del curatore del fallimento del conduttore); l'indennizzo per l'ulteriore occupazione dell'immobile da parte del fallimento (nel periodo successivo allo scioglimento del contratto) deve considerarsi debito contratto per l'amministrazione del fallimento e, quindi, essere liquidato in prededuzione, ai sensi dell'art. 111, n. 1, legge fall. (Fallimento, 1995, 719) OPERATIVITÀ DELLA COMPENSAZIONE Cassazione civ., Sez. Unite, 2 novembre 1999, n. 755Nel caso di fallimento del promissario compratore, la dichiarazione del curatore - ai sensi del 2º comma dell'art. 72 legge fallimentare - di scioglimento dal vincolo contrattuale agisce su di esso caducandolo fin dall'origine, con la conseguenza che il credito restitutorio per le attribuzioni patrimoniali, eventualmente effettuate dal promissario compratore fallito, in forza di quel contratto, non può reputarsi inerente ad un'obbligazione nascente dalla stessa dichiarazione del curatore e nemmeno dalla dichiarazione di fallimento, ma è relativo ad un'obbligazione che trova il suo fatto genetico nel venir meno della giustificazione contrattuale dell'attribuzione patrimoniale fin dal momento della sua esecuzione; ne consegue che, collocandosi tale momento anteriormente alla dichiarazione di fallimento, il suddetto credito, in quanto deve considerarsi sorto prima del fallimento stesso, va ritenuto compensabile con il controcredito del promissario venditore sorto anch'esso anteriormente a detta dichiarazione (nella specie, le sezioni unite, enunciando tale principio, hanno corretto - ai sensi dell'art. 384, 2º comma c.p.c. - la motivazione dell'impugnata sentenza, con cui il giudice d'appello, aveva, invece, affermato quella compensabilità, pur nel presupposto che il credito restitutorio - concernente somme versate a titolo di acconto sul prezzo della vendita definitiva - non potesse considerarsi sorto prima del fallimento). (Foro it., 2000, I, 2893) APPLICABILITÀ AL PRELIMINARE DI PERMUTANella stessa importante sentenza 7 luglio 2004, n. 12505 le Sezioni Unite si sono pronunciate circa l'applicabilità dell'art. 72 legge fall. in tutte le sue parti al contratto preliminare di permuta, a seguito del contrasto giurisprudenziale sorto sul punto fra le sezioni semplici della stessa Corte di Cassazione. Cassazione civ., Sez. Unite, 7 luglio 2004, n. 12505In tema di effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, diversamente da quanto avviene nella vendita, in caso di permuta - dove il reciproco trasferimento delle cose (o dei diritti) oggetto del contratto comporta che ciascuno dei contraenti assuma, al tempo stesso, la posizione di alienante e di acquirente - l'incidenza del fallimento non è suscettibile di una disciplina differenziata a seconda che a fallire sia l'una o l'altra parte, e gli effetti della dichiarazione di fallimento sono regolati in modo uniforme secondo il criterio delineato nei primi tre commi dell'art. 72 legge fall., che assume, rispetto all'altro previsto dal 4º comma della stessa disposizione, carattere di minore specificità; pertanto, ai contratti di permuta stipulati prima della dichiarazione di fallimento è inapplicabile il principio posto dall'art. 72, 4º comma, legge fall.; e, quale che sia il contraente fallito, il curatore può sciogliersi dal contratto solo se quest'ultimo è ancora ineseguito, o non compiutamente eseguito, da entrambe le parti (principio espresso in fattispecie di contratto preliminare di permuta tra area edificabile e immobile da costruire, nella quale il fallimento del costruttore era intervenuto successivamente all'avvenuto trasferimento della proprietà dell'area e dopo che la costruzione era stata eretta). (Gius, 2004, 3547) |
LA DOTTRINA
Per lo più la dottrina, che ha approfondito il tema degli effetti del fallimento su un preesistente contratto di compravendita, in ordine alla rilevanza della trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. rispetto al fallimento del promittente venditore ha aderito piuttosto supinamente all'opinione tralatizia della giurisprudenza.
Si è così affermato, conformemente alle massime della Corte di Cassazione, che la trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. anteriormente al fallimento non preclude l'acquisizione al patrimonio fallimentare dell'immobile dedotto nella promessa di vendita, integrandosi l'inaccoglibilità della domanda se il curatore si avvale della facoltà di sciogliersi dal contratto.
In altri termini, stante la costanza e l'univocità della giurisprudenza, la dottrina sembra aver dato per scontato che così deve essere, non prospettandosi soluzione alternativa, e disconoscendo rilievo alla trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre proposta dal promissario acquirente in bonis .
Ora, quella dottrina che aveva aderito alla tesi della ininfluenza della trascrizione sulla scelta del curatore, aderendo alla giurisprudenza, dovrà a questo punto rimeditare le proprie opinioni, e confrontarsi con la nuova linea intepretativa della Suprema Corte di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti dottrinali
- ANGIELLO, «Art. 72», in TEDESCHI (a cura di), «Le procedure concorsuali. Il fallimento. Commentario», Utet, 1996, 574 ss.;
- GAZZONI, «La trascrizione immobiliare», II ed., in Il Codice civile. Commentario diretto da XXXXXXXXXXX , Xxxxxxx, 1998, I, 693 ss.;
- GUGLIELMINUCCI, Lezioni di diritto fallimentare , II ed., Xxxxxxxxxxxx, 2003, 123 ss., 143 s.;
- PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare , VI ed., (a cura di) BOCCHIOLA e XXXXXXXXXXX, Xxxxxxx, 2002, 374 ss.;
- RAGUSA MAGGIORE-COSTA (trattato diretto da), «Il fallimento», Utet, 1997, II, 269 ss., 318 ss.;
- SATTA, «Diritto fallimentare», III ed., (a cura di) VACCARELLA e LUISO, Cedam, 1996, 285 ss., in part. 287-288 note 4-5.
LE CONCLUSIONI
Come si è accennato, sulla scorta della recente svolta delle Sezioni Unite, la sentenza che accoglie la domanda di esecuzione specifica di un preliminare non concluso produce effetti soltanto dal momento del suo passaggio in giudicato, trattandosi di pronuncia costitutiva, ma tali effetti, id est tener luogo del contratto non concluso ed in particolare costituire il trasferimento della proprietà del bene, retroagiscono fino al momento della trascrizione ex art. 2652, n. 2, c.c. della domanda giudiziale di cui all'art. 2932 c.c.
Si deve quindi considerare come trasferito il bene sin dal momento della trascrizione della domanda giudiziale (accolta con sentenza passata in giudicato) di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre, e ciò impedisce al curatore, che eserciti la facoltà di recesso dal contratto, di acquisire il bene all'attivo fallimentare.
Il revirement giurisprudenziale è senz'altro da salutare con favore per vari motivi.
Innanzitutto, si restituisce il suo proprio rilievo alla trascrizione nei registri immobiliari della domanda di esecuzione di contratto preliminare: l' art. 2652, n. 2, c.c. dispone che la sentenza che accoglie la domanda diretta ad eseguire un obbligo a contrarre «prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda»: se la funzione precipua della trascrizione di un atto nei registri immobiliari è quella di rendere gli effetti di tale atto opponibili ai terzi, la tesi della giurisprudenza tradizionale negava questa funzione, svuotando di significato la trascrizione della domanda ex artt. 2932 e 2652, n. 2, c.c.
Tra l'altro, come ben coglie la motivazione delle Sezioni Unite del luglio 2004, la trascrizione della domanda giudiziale è anche funzionale a garantire il rispetto del principio per cui la durata del processo non deve andare a danno della parte che ha ragione: si deve assicurare che il promissario acquirente, che ha introdotto il giudizio ex art. 2932 c.c., non subisca pregiudizio dal fatto che, nelle more del processo, il convenuto (promittente venditore) sia stato dichiarato fallito. In secondo luogo, si evita una irragionevole disparità tra gli effetti del pignoramento nell'espropriazione individuale e quelli della dichiarazione di fallimento nell'espropriazione concorsuale. Infatti, ai sensi dell'art. 2915, comma 2, c.c., è opponibile al creditore procedente e ai creditori intervenuti la domanda di esecuzione in forma specifica di preliminare non concluso se ed in quanto trascritta prima della trascrizione dell'atto di pignoramento. La giurisprudenza e la dottrina avevano sinora sottolineato la - pretesa - differenza di disciplina per le due fattispecie, senza attribuirle fondamento giustificativo.
Inoltre, si attribuisce coerenza alla disciplina degli effetti del fallimento ex art. 72 legge fall. rispetto a quanto disposto dall'art. 45 della stessa legge, per il quale sono senza effetto le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi se compiute dopo la dichiarazione di fallimento: dunque, ragionando a contrario, se tali formalità, tra le quali si annovera in primis la trascrizione, sono compiute prima, esse sono opponibili al fallimento e fanno salvo quanto sarà ottenuto dall'accoglimento della domanda. E si giunge ad una equiparazione, senz'altro opportuna, della trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. alle altre domande da trascrivere ex artt. 2652 e 2653 c.c. : la giurisprudenza ha sempre ritenuto che siano opponibili al fallimento le domande di risoluzione di contratto, di annullamento, di revocatoria ordinaria, e simili, se trascritte prima della sentenza dichiarativa; ora, sulla scorta della interpretazione fornita dalle Sezioni Unite, lo stesso principio vale anche per la domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre, di cui l' art. 2652, n. 2, c.c. prevede la trascrizione.
LA PRATICA
Il nuovo corso avviato dalle Sezioni Unite con la sentenza del luglio 2004 ha una portata dirompente sui poteri del curatore fallimentare, e sulla possibilità che il bene, già del fallito, possa rimanere nell'attivo del fallimento per essere liquidato in funzione della soddisfazione dei crediti ammessi al passivo.
Infatti, se la trascrizione della domanda è avvenuta prima della dichiarazione di fallimento, il curatore non può esercitare la facoltà di sciogliersi dal contratto preliminare, ovvero, se si ritiene che tale facoltà sia comunque esercitabile, l'efficacia della scelta compiuta in corso di causa resterà condizionata al passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento, retroattiva al momento della trascrizione della domanda, nel senso che solo in caso di rigetto, per mancanza dei suoi propri presupposti, la scelta del curatore potrà produrre il suo effetto di far cadere il bene nell'attivo fallimentare.
In termini pratici, il promissario acquirente che abbia introdotto un processo per sentire pronunciare sentenza che tenga luogo del contratto non concluso, se ha trascritto la propria domanda nei registri immobiliari, può dormire sonni più tranquilli: se sopravviene il fallimento della contraoparte, il curatore subentrerà nella posizione processuale del fallito, ma non potrà chiedere il rigetto della domanda soltanto esercitando il recesso di cui all'art. 72, comma 4, legge fall.
Si tratta dunque di un notevole passo in avanti in funzione della protezione della posizione del promissario compratore nel caso di fallimento dell'altro stipulante di un contratto preliminare di compravendita; e ciò si affianca alla tutela fornita dall'attribuzione del privilegio di cui all'art. 2775 bis c.c., ai sensi dell'art. 72, ult. comma, legge fall., nel caso in cui il curatore riesca ad esercitare il proprio potere di scioglimento dal contratto.
Infine, il principio posto dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 12505/2004 può sortire anche l'esito interpretativo di ritenere che si possano far retroagire ancor più indietro gli effetti della sentenza di accoglimento della domanda di esecuzione del preliminare: se, dopo la novella del 1996, il contratto preliminare di compravendita era stato esso stesso trascritto nei registri immobiliari, è stata poi trascritta la domanda ex art. 2932 c.c. e questa è stata accolta, in una coerente continuità si potrà considerare come trasferita la proprietà del bene al compratore fin dal momento della trascrizione del contratto preliminare, così attribuendosi a quest'ultima una specifica funzione e un significato rilevante.
Le novità legislative
In conclusione, occorre segnalare quanto previsto dalla legge-delega 2 agosto 2004, n. 210, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 13 agosto 2004, per la «tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire».
Si tratta di un ulteriore approfondimento della protezione per il promissario compratore che abbia stipulato un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un bene immobile in costruzione o da edificare. Ad essere in «situazione di crisi» (lettera c, art. 2) è il «costruttore», intendendosi per tale, in senso molto ampio e comprensivo, l'imprenditore che costruisce e vende direttamente il bene, ovvero colui che affida a terzi, in virtù di contratto di appalto, la realizzazione dell'edificio (art. 2, lettera b).
Punti
cardine dei principi e criteri direttivi della legge sono i
seguenti:
1. limitazione dell'esperibilità delle azioni
revocatorie nei confronti dell'acquirente;
2. modificazione
dell'art. 72 legge fall., in funzione della «equa ed adeguata tutela
dei diritti dell'acquirente discendenti dalla stipula del contratto
diretto all'acquisto o al trasferimento di un immobile da
costruire»;
3. imposizione dell'obbligo al costruttore di
rilasciare fideiussione «di importo pari alle somme e al valore di
ogni altro eventuale corrispettivo che complessivamente ha riscosso e
deve ancora riscuotere prima della stipula del contratto definitivo
di compravendita»;
4. creazione di un fondo di solidarietà e
garanzia a vantaggio delle vittime dell'insolvenza del costruttore,
alimentato con una percentuale delle fideiussioni stipulate dai
costruttori;
5. previsione di garanzie da parte del costruttore
per l'evenienza di vizi e difformità che si manifestino dopo la
stipula del contratto definitivo di compravendita;
6. disciplina
dei contenuti del contratto preliminare e di ogni altro contratto
diretto all'acquisto di un immobile da costruire, con indicazione
analitica delle caratteristiche tecniche della costruzione, la
tipologia dei materiali impiegati, le modalità e le fasi di
esecuzione, le modalità e i tempi di pagamento, l'esistenza di
iscrizioni ipotecarie e iscrizioni pregiudizievoli, gli estremi del
permesso di costruire, la planimetria, nonché le indicazioni
dell'appaltatore.
Come ben si vede, i decreti legislativi attuativi forniranno ampia ed effettiva tutela alla posizione del compratore di un bene edificando, dinanzi alla situazione di crisi generatrice di una procedura concorsuale già in essere o da instaurare a carico del costruttore.
VARIE MASSIME DELLA SENTENZA SOPRATTUTTO MASSIME REDAZIONALI, XXXX’ AUTORALI:
Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Massima
redazionale
Fallimento - Permuta - Diritto di recesso del curatore
Pur applicandosi alla permuta la disciplina dei rapporti pendenti prevista dalla legge fallimentare per la compravendita, questa deve essere posta in relazione, adattandola, al particolare contenuto del contratto e degli obblighi che ne derivano. Il curatore del fallimento può pertanto esercitare il diritto di recesso da un contratto di permuta stipulato anteriormente alla dichiarazione di fallimento solo se, quale che sia il contraente fallito, questo sia ancora ineseguito (o non compiutamente eseguito) da entrambe le parti.
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Pubblicazione |
Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Massima
redazionale
Fallimento - Rapporti pendenti - Preliminare di permuta - Trasferimento di proprietà ex una parte
L'impegno assunto con il contratto preliminare non si esaurisce nello scambio dei consensi richiesto per la stipulazione del contratto definitivo, entrambi configurandosi, pur nel loro rimanere distinti, quali momenti di una sequenza procedimentale diretta alla realizzazione di un'operazione unitaria. Pertanto il trasferimento della proprietà effettuato prima della stipula del contratto definitivo di permuta, determinando l'insorgere degli effetti finali dell'operazione programmata con il preliminare, realizza, sia pure rispetto ad uno solo dei contraenti, lo stesso risultato giuridico ricollegato, nella previsione delle parti, alla stipulazione del contratto definitivo; sicché esso comporta, agli effetti della applicazione della disciplina dei rapporti pendenti in sede fallimentare, per la parte che lo effettua, l'integrale esecuzione della prestazione.
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Pubblicazione |
Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Massima
redazionale
Fallimento - Rapporti pendenti - Esecuzione in forma specifica - Trascrizione della domanda anteriore al fallimento - Effetti
La trascrizione, anteriormente alla data di deposito della sentenza dichiarativa di fallimento, della domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre assume rilievo decisivo ai fini dell'opponibilità ai terzi del trasferimento attuato con la pronuncia e trascrizione, a questo successiva, della sentenza che produce gli effetti del contratto non concluso: effetti che retroagiscono alla data della prima trascrizione. Tale sentenza, pertanto, è opponibile alla massa dei creditori ed impedisce l'apprensione del bene da parte del curatore, che non può quindi avvalersi del potere di scioglimento accordatogli, in via generale, dall'art. 72 L. Fall.
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Pubblicazione |
Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Massima
redazionale
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI - PRELIMINARE DI PERMUTA DI AREA EDIFICABILE - FALLIMENTO - NON APPLICABILITÀ ALLA PERMUTA DELL’ART. 72, COMMA 4° DEL R.D. N. 267/1942 - EFFETTO TRASLATIVO - VALIDITÀ DEL CONTRATTO ANCHE A SEGUITO DELLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO DEL COSTRUTTORE.
La disciplina dei rapporti pendenti prevista dalla legge fallimentare per il contratto di compravendita è applicabile, in linea generale, alla permuta. Peraltro, in caso di stipula di contratto preliminare di permuta di area edificabile, cui faccia seguito una dichiarazione di fallimento del costruttore del fabbricato, non può trovare applicazione, a differenza di quanto accade nella vendita, l'art. 72, comma 4°, della suddetta legge fallimentare, ed in tal caso l'incidenza del fallimento non è suscettibile di una disciplina differenziata a seconda che a fallire sia l'uno o l'altro contraente. Pertanto nella permuta, qualunque sia il contraente fallito (essendo ciascuna delle due parti al tempo stesso acquirente ed alienante), il curatore del fallimento può esercitare il diritto di recesso dal contratto di permuta stipulato prima del fallimento solamente ove il contratto sia ineseguito (o eseguito solo in parte) da entrambe le parti.
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PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Il Merito, 2006, 12, pg. 17, annotata da X. Xxxxx |
Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Massima
redazionale
OBBLIGAZIONI - Obbligazioni e contratti - Preliminare di permuta di area edificabile - Fallimento - Non applicabilità alla permuta dell’art. 72, comma 4 del R.d. n. 267/1942 - Effetto traslativo - Validità del contratto anche a seguito della dichiarazione di fallimento del costruttore
La disciplina dei rapporti pendenti prevista dalla legge fallimentare per il contratto di compravendita è applicabile, in linea generale, alla permuta.
Peraltro, in caso di stipula di contratto preliminare di permuta di area edificabile, cui faccia seguito una dichiarazione di fallimento del costruttore del fabbricato, non può trovare applicazione, a differenza di quanto accade nella vendita, l'art. 72, comma 4, della suddetta legge fallimentare, ed in tal caso l'incidenza del fallimento non è suscettibile di una disciplina differenziata a seconda che a fallire sia l'uno o l'altro contraente.
Pertanto nella permuta, qualunque sia il contraente fallito (essendo ciascuna delle due parti al tempo stesso acquirente ed alienante), il curatore del fallimento può esercitare il diritto di recesso dal contratto di permuta stipulato prima del fallimento solamente ove il contratto sia ineseguito (o eseguito solo in parte) da entrambe le parti. (X.Xxxxx)
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PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
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Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Massima
FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUI RAPPORTI PREESISTENTI - VENDITA - IN GENERE - Permuta - Potere del curatore di sciogliersi dal contratto - Limiti - Art. 72, quarto comma, legge fall. - Applicabilità - Esclusione - Fattispecie in tema di preliminare di permuta di area edificabile con fabbricato da realizzare sull'area medesima e di sopravvenuto fallimento del costruttore.
In tema di effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, diversamente da quanto avviene nella vendita, in caso di permuta - dove il reciproco trasferimento delle cose (o dei diritti) oggetto del contratto comporta che ciascuno dei contraenti assuma, al tempo stesso, la posizione di alienante e di acquirente - l'incidenza del fallimento non è suscettibile di una disciplina differenziata a seconda che a fallire sia l'una o l'altra parte, e gli effetti della dichiarazione di fallimento sono regolati in modo uniforme secondo il criterio delineato nei primi tre commi dell'art. 72 della legge fallimentare, che assume, rispetto all'altro previsto dal quarto comma della stessa disposizione, carattere di minore specificità. Pertanto, ai contratti di permuta stipulati prima della dichiarazione di fallimento è inapplicabile il principio posto dall'art. 72, quarto comma, l. fall; e, quale che sia il contraente fallito, il curatore può sciogliersi dal contratto solo se quest'ultimo è ancora ineseguito, o non compiutamente eseguito, da entrambe le parti. (Principio espresso in fattispecie di contratto preliminare di permuta tra area edificabile e immobile da costruire, nella quale il fallimento del costruttore era intervenuto successivamente all'avvenuto trasferimento della proprietà dell'area e dopo che la costruzione era stata eretta).
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PUBBLICAZIONE CED, Cassazione, 2004 Il Sole 24 Ore, Il Sole 24 Ore, Ventiquattrore Avvocato, 2005, 3, pg. 53 |
Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Massima
FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUI RAPPORTI PREESISTENTI - IN GENERE - Contratto preliminare di permuta - Facoltà di scioglimento unilaterale del contratto conferita al curatore - Preclusione derivante dall'avvenuta esecuzione del contratto preliminare di permuta - Identificazione - Fattispecie in tema di preliminare di permuta di area edificabile con fabbricato da realizzare sull'area medesima - Trasferimento della proprietà del bene effettuato prima della stipula del contratto definitivo di permuta - Rilevanza.
Con riferimento alla norma dell'art. 72 della legge fallimentare, in fattispecie di preliminare di permuta di area edificabile con fabbricato da realizzare sull'area medesima, il trasferimento della proprietà del bene, con la relativa consegna, effettuato dal promittente la permuta nei confronti dell'altro contraente prima della stipula del contratto definitivo di permuta, determinando l'insorgere, "ex uno latere", degli effetti finali della operazione economica programmata con il preliminare, realizza, sia pure rispetto ad uno soltanto dei contraenti, lo stesso risultato giuridico ricollegato, nella previsione delle parti, alla stipulazione del contratto definitivo, e quindi comporta, per la parte che lo effettua, l'integrale esecuzione della prestazione dovuta, come tale preclusiva, una volta sopravvenuto il fallimento del costruttore, della facoltà di scioglimento unilaterale del contratto conferita al curatore, essendo tale facoltà esercitabile solo se il preliminare di permuta è ancora ineseguito, o non compiutamente eseguito, da entrambe le parti.
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PUBBLICAZIONE CED, Cassazione, 2004 Il Sole 24 Ore, Diritto e Pratica delle Società, 2005, 19, pg. 86, annotata da B. Di Xxxxx |
Corte
di Cassazione Sezioni Unite civili
Sentenza 07.07.2004,
n. 12505
Massima
FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUI RAPPORTI PREESISTENTI - VENDITA - NON ESEGUITA - Contratto preliminare - Esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto - Trascrizione della relativa domanda giudiziaria - Rilevanza - Nel caso di successivo fallimento del promissario inadempiente - Conseguenze - Opponibilità alla massa dei creditori della sentenza di accoglimento - Preclusione della scelta del curatore "ex" art. 72 legge fall. - Sussistenza. TRASCRIZIONE - ATTI RELATIVI A BENI IMMOBILI - EFFETTI DELLA TRASCRIZIONE - DOMANDE GIUDIZIARIE - IN GENERE - Contratto preliminare - Esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto - Trascrizione della relativa domanda giudiziaria - Rilevanza - Nel caso di successivo fallimento del promissario inadempiente - Conseguenze - Opponibilità alla massa dei creditori della sentenza di accoglimento - Preclusione della scelta del curatore "ex" art. 72 legge fall. - Sussistenza. CONTRATTI IN GENERE - CONTRATTO PRELIMINARE (COMPROMESSO) - ESECUZIONE SPECIFICA DELL'OBBLIGO DI CONCLUDERE IL CONTRATTO - Trascrizione della relativa domanda giudiziaria - Rilevanza - Nel caso di successivo fallimento del promissario inadempiente - Conseguenze - Opponibilità alla massa dei creditori della sentenza di accoglimento - Preclusione della scelta del curatore "ex" art. 72 legge fall. - Sussistenza.
Quando la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l'accoglie, anche se trascritta successivamente, è opponibile alla massa dei creditori e impedisce l'apprensione del bene da parte del curatore del contraente fallito, che non può quindi avvalersi del potere di scioglimento accordatogli, in via generale, dall'art. 72 della legge fallimentare.
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PUBBLICAZIONE CED, Cassazione, 2004 |