Azienda
Azienda
L’applicazione analogica
del divieto di concorrenza alle cessioni di partecipazioni sociali
Tribunale di Verona, Sez. IV, ord., 3 giugno 2011, n. 3817 - Xxxxxxx X. Xxxxxxx
Azienda - Cessione - Concorrenza (divieto di) - Art. 2557 c.c. - Esclusione - Applicazione analogica - Cessione di parteci- pazioni sociali
(Cod. civ. art. 2557)
Perche´ , con riguardo all’ipotesi della cessione di quote sociali, sia ravvisabile quella sostituzione di un sogget- to ad un altro che giustifica l’estensione ad essa del divieto di concorrenza di cui all’art. 2557, comma 1, c.c. e` necessario che il socio alienante sia titolare dell’intero capitale sociale, ovvero di una quota di controllo, della societa`, o, in alternativa, che gestisca quest’ultima uti dominus, esercitando cioe` quegli stessi poteri che un imprenditore individuale esercita nella sua impresa.
Il Tribunale (omissis).
Il ricorrente ha adito questo Tribunale per sentir ordina- re, in via d’urgenza, a L.L. di astenersi dal proseguire ogni attivita` di impresa concorrenziale o comunque ido- nea a sviare la clientela della societa` Le Chiesole s.r.l. che ha come oggetto sociale la lavorazione, la conserva- zione e la commercializzazione di prodotti ortofrutticoli, agricoli ed alimentari in genere.
A sostegno di tale domanda L.G. ha dedotto:
– di aver acquistato in data 27 luglio 2010 dal resisten- te, che e` suo nipote, la partecipazione pari al 47,33 % del capitale sociale della predetta societa` al prezzo di eu- ro 300.000,00;
– che esso ricorrente alla data sopra menzionata era gia` titolare di una partecipazione alla Le Chiesole s.r.l pari al 47,33 % mentre il restante 5,35 % del capitale era de- tenuto, da B.P., madre di L.L., che tuttora lo detiene;
– fino alla data del predetto accordo L.L. era stato presi- dente del consiglio di amministrazione e legale rappre- sentante della societa` e, per di xxx`, aveva sempre tenuto i rapporti con la generalita` dei fornitori e dei clienti e aveva anche sempre gestito gli ordini di prodotti indiriz- zati alla societa`;
– nel novembre del 2010 il ricorrente aveva appreso che il nipote aveva cominciato a proporre ai produttori di radicchio di acquistarlo ad un prezzo piu` favorevole di quello praticato dalla Le Chiesole s.r.l;
– attraverso apposite indagini L.G. aveva anche appura- to che il resistente il 30 luglio 2010 aveva costituito una nuova societa` unipersonale, avente la denominazione,
L.L. s.r.l e un oggetto sociale sostanzialmente sovrappo-
nibile a quello di Le Chiesole s.r.l., e che la clientela di essa era costituita per la maggior parte da produttori che in precedenza avevano venduto i loro prodotti alla Le Chiesole s.r.l.
Il ricorrente ha anche espressamente individuato il fon- damento giuridico della sua iniziativa cautelare nell’art. 2557 c.c. e in quell’orientamento giurisprudenziale che ritiene possibile l’estensione in via analogica di tale nor- ma all’ipotesi di cessione di quote sociali in quanto an- che tale fattispecie realizza, al pari della cessione d’azien- da, la sostituzione di un soggetto ad un altro nell’impre- sa.
Il resistente L.L. ha eccepito il difetto di legittimazione attiva del ricorrente sulla scorta del duplice rilievo che egli non aveva mai avuto la ‘‘gestione sostanziale’’ della Le Chiesole s.r.l dal momento che e` stato titolare di una quota di minoranza del capitale sociale di essa e che nel frattempo, per la precisione il 10 dicembre 2010, la resi- stente aveva affittato a terzi l’azienda.
Orbene la prima delle predette obiezioni non puo` essere condivisa. Infatti, perche´, con riguardo all’ipotesi della cessione di quote sociali, sia ravvisabile quella sostituzio- ne di un soggetto ad un altro che giustifica l’estensione ad essa del divieto di concorrenza di cui all’art. 2557, primo comma, c.c. e` necessario che il socio alienante sia titolare dell’intero capitale sociale, ovvero di una quota di controllo, della societa`, o, in alternativa, che gestisca quest’ultima uti dominus, esercitando cioe` quegli stessi poteri che un imprenditore individuale esercita nella sua impresa.
Proprio in quest’ultima condizione si e` venuto a trovare
il convenuto poiche´ egli, oltre a detenere una partecipa- zione di una certa consistenza, ha ammesso espressamen- te di aver ricoperto la carica di legale rappresentante del- la Le Chiesole s.r.l e, inoltre, non ha negato di aver svolto quei compiti di gestione che gli ha attribuito il ri- corrente.
Coglie invece nel segno il secondo dei rilievi di parte convenuta, ossia quello fondato sulla circostanza soprav- venuta dell’affitto dell’azienda attraverso la quale la Le Chiesole s.r.l svolge la societa` ad altra societa` (cfr. doc. 1 di parte resistente).
Ad avviso dello scrivente tale evenienza osta all’applica- zione dei sopra citati principi giurisprudenziali che, sotto il profilo fattuale, postulano, oltre alle condizioni di cui si e` detto, anche che il cessionario delle quote che la- menta l’attivita` concorrenziale del cedente si occupi in concreto dell’attivita` propria della societa`. Qualora cio` non avvenga, come nel caso di specie, in cui il ricorren- te, pur essendo titolare delle quote, ha perduto tempora- neamente la titolarita` dell’azienda, non si realizza quel subentro nella gestione aziendale che costituisce l’ele- mento comune all’ipotesi di cui all’art. 2557, primo comma, c.c.
Tale conclusione trova conferma nell’art. 2557 penulti- mo comma c.c. che, nel caso di usufrutto o di affitto di azienda, individua i soggetti a vantaggio dei quali opera il divieto di concorrenza rispettivamente nell’usufruttua- rio e nel locatore. A costoro insieme con l’azienda viene trasferito anche il relativo avviamento cosicche´ essi sono gli unici soggetti che, fintantoche´ permane il titolo in virtu` del quale detengono l’azienda, possono lamentare un pregiudizio al predetto elemento patrimoniale per ef- fetto dell’attivita` concorrenziale del proprietario.
D’altro canto anche le parti del contratto di affitto di
azienda in esame hanno seguito tale interpretazione dal momento che alla clausola n. 19 hanno stabilito che «la parte locatrice e` esonerata dall’obbligo di non concor- renza di cui all’art. 2557 c.c.».
A fronte di tale pattuizione il ricorrente, per poter invo- care la tutela di cui all’art. 2557, primo comma, c.c., avrebbe dovuto allegare e dimostrare che le Chiesole
s.r.l sta attualmente svolgendo una attivita` del tipo di quella che ha descritto in ricorso.
Egli ha invece implicitamente escluso tale evenienza nel momento in cui, nel replicare alle difese di controparte, ha precisato che, attraverso la propria iniziativa giudizia- ria, intende scongiurare il rischio che, alla scadenza del contratto di affitto, allorche´ gli verra` restituita l’azienda, essa risulti ‘‘svuotata di tutta clientela’’ (questa e` l’esatta espressione utilizzata dal ricorrente a pag. 2 della memo- ria di replica autorizzata).
Volendo poi considerare quest’ultimo argomento, e pre- scindendo dalla considerazione che la restituzione dell’a- zienda avverra` in favore del proprietario, ossia la Le Chiesole s.r.l., e` evidente che il ricorrente ha fatto riferi- mento ad una eventualita` futura la cui verificazione ri- sulta, per di piu`, anche del tutto incerta atteso che il contratto di affitto in questione potrebbe essere rinnova- to alla sua scadenza, per espresso accordo tra le parti, o, in alternativa, Le Chiesole, al termine di quel rapporto, riaffitti l’azienda a soggetti diversi dall’attuale condutto- re.
Le considerazioni sin sui svolte non comportano peraltro il difetto di legittimazione attiva del ricorrente ma piut- tosto la mancanza del fumus boni iuris della titolarita` in capo ad esso del diritto a tutela del quale ha agito. (omissis).
IL COMMENTO
di Florestano Xxxxxx
Il provvedimento in commento si inserisce nel solco tracciato dalla piu` recente giurisprudenza della Corte di Cassazione la quale ammette l’applicazione analogica del divieto di concorrenza previsto dall’art. 2557, com- ma 1, x.x. xx xxxx xx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxxx sociali, laddove il negozio giuridico considerato concretizzi la sostituzione di un soggetto ad un altro nell’esercizio dell’impresa.
L’ordinanza in epigrafe esprime un principio di diritto che si conforma ad un indirizzo espresso dal- la Cassazione negli ultimi anni, secondo il quale la disposizione di cui all’art. 2557, comma 1, c.c. non ha il carattere dell’eccezionalita` e, quindi, puo` esse- re applicata in via analogica a casi ‘‘simili’’ ed in particolare a casi di cessione di partecipazioni socia- li, laddove venga ravvisata la sostanziale sostituzio- ne di un soggetto con un altro nella conduzione dell’impresa. Nel caso di specie, il Giudice del Tri- bunale di Verona conclude per la non applicabilita`
del citato principio giurisprudenziale, poiche´ la ces- sione della partecipazione era stata preceduta da un affitto di azienda. Afferma il Tribunale che in pre- senza di un affitto di azienda, precedente la cessione della partecipazione, non puo` essere ravvisato quel subentro nella gestione dell’azienda, che costituisce l’elemento caratterizzante che rende possibile l’ap- plicazione analogica della norma de qua oltre i casi di cessione di azienda.
La pronuncia in commento offre lo spunto per una breve disamina sulla evoluzione della dottrina
e della giurisprudenza sull’art. 2557, comma 1, c.c. con riferimento alla sua possibile applicazione ana- logica oltre i casi di trasferimento di azienda.
La ratio del divieto di concorrenza di cui all’art. 2557, comma 1, c.c.
Stabilisce l’art. 2557, comma 1, c.c. che «Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cin- que anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circo- stanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta».
La diposizione in commento mira ad evitare che l’alienante, sfruttando la notorieta` acquisita presso il pubblico durante l’esercizio dell’azienda, possa, mediante la costituzione di una nuova impresa, ‘‘ri- prendersi’’ - o quantomeno, tentare di riprender- si (1) - la clientela dell’azienda ceduta e, quindi in buona sostanza, l’avviamento che fa parte integran- te della stessa (2). Il divieto di concorrenza stabilito dall’articolo in commento servirebbe, pertanto, ad evitare che la vendita di un bene composto quale e` l’azienda, risulti priva di uno dei suoi elementi es- senziali, svuotando di significato l’avvenuta cessio- ne. Peraltro, le parti sono libere di definire altri- menti i rapporti di concorrenza, potendo convenire
una deroga al divieto in questione od una sua di- versa declinazione. E` pacifico, infatti, che la norma in commento abbia natura dispositiva (3).
La norma contenuta nell’art. 2557, comma 1,
c.c. risulta, quindi, contemperare due esigenze con- trapposte: quella di consentire al cessionario il godi- mento dell’azienda acquistata e quella dell’alienan- te di avere dei limiti alla compressione della sua li- berta` professionale di iniziativa economica (4).
Brevi cenni sul divieto di concorrenza nell’evoluzione della legislazione italiana e nella legislazione straniera
E` utile evidenziare che il codice del commercio del 1882 non prevedeva alcuna disposizione analo- ga all’odierno art. 2557 c.c. Ciononostante, si rite- neva (5) che in caso di vendita di azienda commer- ciale (cos`ı come nell’ipotesi di trasferimento della quota di maggioranza di una societa`), il divieto di concorrenza a carico dell’alienante fosse implicito. Si affermava, in particolare, che, in mancanza di patto contrario, nella cessione di azienda e` compre- so anche l’avviamento e, quindi, la clientela. Il ce- dente assumeva implicitamente il dovere/onere di astenersi dal compiere atti che impedissero al ces- sionario di accaparrarsi della clientela, posto che in
caso contrario avrebbe sofferto l’evizione del bene ceduto, con conseguente inadempimento dell’obbli- go della garanzia per evizione di cui all’art. 1482 del codice civile del 1865 (6). Sul punto si e` espressa recentemente - incidenter tantum - anche la Cass. n. 9682/2000 la quale in merito all’art. 2557
c.c. ha affermato che: «La norma costituisce una novita` del codice vigente, giacche´ nel vigore delle legge abrogata si riteneva che anche nel silenzio del negozio di cessione l’alienante, per un tempo varia- mente definito nella pratica, non poteva fare con- correnza all’acquirente. Le opinioni sul fondamento di tale implicito divieto si dividevano tra quelle che affermavano che la concorrenza in questione, se consentita, avrebbe operato una sorta di revoca della cessione permettendo all’alienante di aggredi- re l’avviamento ceduto, e quelle che valorizzavano i principi di buona fede e di equita` nella interpreta- zione e nella esecuzione del contratto».
A seguito dell’inserimento dell’art. 2557 c.c. nel codice civile del 1942, e` sorto il tema della sua pos- sibile applicazione analogica oltre i casi di cessione di azienda e, quindi, alla cessione di partecipazioni sociali.
Sul punto, qualora si ritenga che l’art. 2557 c.c. non possa essere applicato analogicamente oltre i casi di cessione di azienda, si avra` che nell’ipotesi
Note:
(1) Cfr. in questo senso Cass. 20 febbraio 1996, n. 1311.
(2) Cfr. Delli Priscoli, Trasferimento di azienda e procedimento di applicazione in via analogica, in Giur. comm., 2010, 51/II e ss., ed ivi dottrina richiamata: Xxxx, Il contratto di acquisizione di partecipazioni societarie, Milano, 2007, 347; Sirolli Mendaro Pu- lieri, Recesso da societa` di persone e divieto di concorrenza, in Arch. civ., 2004, 480; Cavallo, Recesso da societa` di persone e divieto di concorrenza, in Notariato, 2003, 465; Viscusi, Divieto di concorrenza ex art. 2557 c.c. e trasferimento di partecipazioni sociali, in Riv. dir. impr., 2001, 281; Xxxxxxxxxx, Cessione di quo- te di s.r.l. e divieto di concorrenza ex art. 2557 c.c., in Arch. civ., 2001, 766.
(3) Cfr. Cass. 16 aprile 2008, n. 10062 e Cass. 17 settembre 1997, n. 9251.
(4) Cfr. Cass. n. 225/1975, in Giur. it., 1975, I, 1, 1846, secondo la quale il divieto sancito dalla norma assume carattere di relati- vita`: nel senso che, pur nel limite temporale da essa previsto (cinque anni), e pur nell’ambito dell’identica attivita` mercantile, l’operativita` del divieto rimane subordinata a un giudizio di ‘‘ido- neita`’’ (della nuova impresa a sviare la clientela di quella cedu- ta), che va apprezzato caso per caso dal giudice con riguardo al- l’ubicazione (della nuova impresa) e ad ogni altra circostanza in- fluente, e che non puo` , per sua stessa natura, non assumere carattere discrezionale.
(5) Cfr. Vivante, La proprieta` commerciale della clientela, in Riv. dir. comm., I, 1928, 493 e ss.
(6) Cfr. Delli Priscoli, op. cit., 51/II e ss. ed ivi in questo senso Cass. del Regno 13 febbraio 1940, n. 520, in Foro it., 1940, I, 542.
di cessione di quote o azioni anche in misura rile- vante di una societa`, non gravera` sul cedente alcun obbligo di astensione ex lege dalla concorrenza. Inoltre, qualora alienante ed acquirente dovessero stipulare un patto di non concorrenza, tale accordo xxxx` sottoposto ai limiti di cui all’art. 2596 c.c., che sembrerebbe norma generale in materia (7).
Al contrario, qualora si ritenga che l’art. 2557
c.c. sia applicabile in via analogica, la disciplina ivi contenuta risulterebbe applicabile ogni qualvolta si realizzi un risultato equivalente ad una cessione di azienda, e, quindi, anche in quei casi di cessione di una quota rilevante e/o consistente di partecipazio- ni sociali tale da generare un trasferimento del po- tere gestorio dell’azienda.
Nella legislazione dei principali paesi europei, fra i quali Spagna, Francia e Germania, non esiste una norma analoga all’art. 2557 c.c., pur non essendo vietato alle parti di stipulare, in occasione di cessio- ni di aziende o partecipazioni, appositi patti limita- tivi della concorrenza, purche´ tali da non impedire oltre limiti definiti la concorrenza. Anche negli or- dinamenti di origine anglosassone, quali Stati Uniti e Gran Bretagna, non esiste un divieto di concor- renza connaturato alla cessione di aziende o parte- cipazioni sociali, ma e` consentita la stipula di appo- siti patti limitativi della concorrenza (8).
Dal confronto con le legislazioni straniere, emer- ge che solo in Italia vi e` una espressa previsione normativa, seppur derogabile dalle parti, che stabi- lisce un obbligo di non concorrenza in caso di tra- sferimento di azienda.
Il divieto di concorrenza nell’evoluzione della giurisprudenza
La giurisprudenza meno recente considerava l’art. 2557 c.c. norma eccezionale rispetto all’art. 2596 c.c., in quanto la prima porrebbe una deroga al principio di liberta` di concorrenza previsto dalla seconda. Conseguentemente, escludeva l’applicazio- ne analogica dell’art. 2557 c.c., giusto il disposto dell’art. 14 delle Disposizioni sulla legge in genera- le, all’ipotesi di cessione di partecipazioni rilevanti di una societa` (9).
In particolare, con la sentenza n. 2669/1980 la Cassazione affermava che: «Il divieto di concorren- za imposto all’alienante dall’art. 2557 c.c. vale solo per l’ipotesi di alienazione dell’azienda o di un ramo autonomo di essa, senza potersi estendere per analo- gia al caso di cessione di quota sociale: ipotesi, que- st’ultima che, sia in relazione alle persone dei con- traenti, sia in relazione alle finalita` del negozio, e`
da tenersi nettamente distinta dalla prima anche nel caso in cui, essendo la societa` composta di due soli soci, uno di essi, per effetto della cessione che l’altro gli faccia della sua quota, possa rimanere in definitiva unico proprietario dell’azienda» (cos`ı an- che Xxxx. 23 giugno 1956, n. 2245).
Successivamente, con la pronuncia del 20 di- cembre 1991, n. 13762 la Cassazione ha mutato il suo orientamento, aprendo un primo varco ad una possibile applicazione estensiva e/o analogica del- l’art. 2557 c.c., affermando che: «Le disposizioni dell’art. 2557 c.c., concernenti il divieto di concor- renza in caso di trasferimento di azienda, trovano applicazione non soltanto con riguardo alle ipotesi di alienazione di questa, intesa in senso tecnico, ma anche a tutte quelle altre ove si avveri la sostituzio- ne di un imprenditore all’altro nell’esercizio dell’im- presa, come conseguenza diretta della volonta` delle parti o di un fatto da esse espressamente previsto e, pertanto, anche in favore del proprietario di un’a- zienda nel caso che l’abbia data in affitto allorche´ l’azienda gli sia stata ritrasferita dall’affittuario per scadenza del termine finale o per altra causa nego- zialmente prevista». Con la sentenza in commento la Cassazione ha in primo luogo affermato che le disposizioni contenute nell’art. 2557 c.c. possono trovare applicazione a tutte le fattispecie in cui vi sia la sostanziale sostituzione di un soggetto ad un altro nell’esercizio dell’impresa. Inoltre, la ‘‘tutela’’ garantita dall’art. 2557, comma 1, c.c. all’acquiren- te di azienda, sarebbe applicabile anche in favore del proprietario di un azienda nell’ipotesi in cui l’abbia data in affitto, qualora la stessa gli sia ritra- sferita dall’affittuario a seguito della cessazione del contratto di affitto.
Il radicale cambio di orientamento ha trovato
Note:
(7) Infatti, mentre per entrambi gli articoli presi in considerazio- ne il patto di non concorrenza non puo` eccedere la durata di cin- que anni, nel caso dell’art. 2596 c.c. e` altres`ı e` previsto che tale patto debba essere circoscritto ad una certa zona o ad una de- terminata attivita`.
(8) Per una piu` ampia disamina sulle principali legislazioni stra- niere, cfr. Delli Priscoli, op. cit., 51/II e ss. e ivi il richiamo alla pronuncia della Corte di giustizia della Comunita` Europea che ha ritenuto che la clausola di non concorrenza, accessoria ad una cessione di una parte dell’azienda, non puo` essere considerata un’intesa restrittiva della concorrenza, come tale vietata ai sensi dell’art. 85, Tratt. CE (ora art. 81), cfr Xxxxx Xxxxxxxxx XX 00 luglio 1985, n. C-42/84, Remia - Nutricia, in Recueil, 2545, punto 19.
(9) Cfr. Cass. 23 aprile 1980, n. 2669, in Giur. it, 1981, I, 1, 800;
Cass. 10 maggio 0000, x. 0000, xx Xxx. xxx. xxxx., 0000, XX,
000; Cass. 29 aprile 1965, n. 756, in Giust. civ., I, 1355; Cass. 7
febbraio 1963, n. 209, in Giur. it., 1965, I, 1, 530; App. Roma 31 ottobre 1977, in Giur. ann. dir. ind., 1977.
conferma con la sentenza del 20 gennaio 1997, n. 549 con la quale la Cassazione ha affermato che:
«In tema di divieto di concorrenza, la disposizione contenuta nell’art. 2557 c.c. non ha il carattere della eccezionalita`, in quanto con essa (e con la di- sposizione di cui all’art. 2596 c.c.) il legislatore non ha inteso porre una norma derogativa del principio
tracciare la casistica delle fattispecie concrete nelle quali la giurisprudenza ha rinvenuto la presenza di un trasferimento di partecipazioni sociali che con- cretizzasse l’elemento caratterizzante della «sostitu- zione di un imprenditore ad un altro nell’esercizio dell’impresa ceduta».
Con la sentenza n. 13762/1991 (quella con la
di libera concorrenza, bens`ı
ha inteso disciplinare
quale la Cassazione ha mutato l’orientamento previ-
nel modo piu` congruo la portata di quegli stessi ef- fetti che le parti hanno esplicitato o che deve pre- sumersi connaturali al rapporto che le parti stesse hanno posto in essere». Pertanto la Corte, ammet- teva l’applicabilita` in via analogica dell’art. 2557
c.c. all’ipotesi di cessione di quote sociali di azien- da, nel caso in cui il giudice, con una rigorosa inda- gine su tutte le circostanze e peculiarita` del caso, avesse rinvenuto in tale cessione un ‘‘caso simile’’ all’alienazione d’azienda, dove la similitudine in questione consisterebbe nella sostanziale «sostitu- zione di un soggetto ad un altro nell’azienda».
Con le pronunce successive la Cassazione ha confermato l’orientamento citato, negando all’art. 2557 c.c. natura di norma eccezionale, cio` sulla considerazione che la stessa non limiterebbe la li- berta` di iniziativa economica tutelata a livello Co- stituzionale dall’art. 41, ma semplicemente preve- drebbe una disciplina speciale a tutela della stessa iniziativa economica privata, al fine di evitare che il cessionario, dopo aver pagato un corrispettivo per l’avviamento dell’azienda, si veda detto avviamento azzerato in conseguenza dell’iniziativa concorrenzia- le del cedente, che sfrutterebbe una indebita posi- zione di vantaggio (10).
Da quanto sopra esposto ne deriva che, oggi, la giurisprudenza assolutamente prevalente riconosce la possibilita` di un applicazione analogica dell’art. 2557 c.c. nelle ipotesi di cessioni di quote di parte- cipazione societarie, nel caso in cui il trasferimento realizzi, in concreto, un ‘‘caso simile’’ all’alienazione dell’azienda, ossia che essa produca la sostanziale analogia della sostituzione di un soggetto ad un al- tro nella conduzione dell’azienda.
Casistica delle pronunce della giurisprudenza relative
all’applicazione analogica dell’art. 2557 c.c.
Una volta tracciato il percorso seguito dalla giu- risprudenza della Suprema Corte in ordine alla pos- sibile applicazione analogica dell’art. 2557 c.c., ap- pare utile una breve disamina di alcune fattispecie vagliate dalla giurisprudenza ai fini della predetta applicazione analogica. In altri termini, appare utile
gente circa la possibile applicazione analogica del- l’art. 2557, comma 1, c.c.), e` stato affermato il prin-
xxxxx secondo il quale le disposizioni dell’art. 2557
c.c. trovano applicazione non solo con riguardo alle ipotesi di alienazione di azienda intesa in senso tec- nico, ma anche a tutte quelle altre ove si avveri la sostituzione di un imprenditore all’altro nell’eserci- zio dell’impresa e, pertanto, anche in favore del pro- prietario di un azienda nel caso che l’abbia data in affitto, allorche´ gli sia stata ritrasferita dall’affittuario per scadenza del contratto di locazione.
Con la sentenza n. 549/1997 la Cassazione ha esaminato il caso in cui due soggetti titolari del 25% ciascuno delle quote sociali di una S.n.c. ave- vano acquistato ciascuno il 25% delle rimanenti quote. Gli acquirenti avendo appreso che gli alie- nanti intendevano intraprendere una nuova attivita` commerciale identica a quella svolta dalla societa`, e per di piu` nelle vicinanze dell’esercizio di questa, li avevano convenuti in giudizio chiedendo l’accer- tamento dell’illegittimita` della nuova iniziativa commerciale per violazione del divieto di concor- renza di cui all’art. 2557 c.c. Nel caso di specie, la Corte accoglieva il ricorso presentato dagli acqui- renti rilevando che il Giudice di secondo grado era incorso in errore e falsa applicazione dell’art. 2557, comma 1, c.c. laddove aveva ritenuto che alla ces- sione di quote sociali di un azienda non fosse appli- cabile per analogia il divieto di concorrenza di cui all’articolo in questione. Pertanto, la Corte dispo- neva la cassazione con rinvio della sentenza impu- gnata, affermando i seguenti principi:
a) l’art. 2557, comma 1, c.c. costituisce norma non eccezionale, e quindi ne e` consentita l’applica- zione in via analogica;
b) e` astrattamente ammissibile l’applicazione analogica di detta norma alla cessione di quote so- ciali;
Nota:
(10) Cfr. in questo senso Cass. 23 settembre 2011, n. 19430; Cass. 19 novembre 2008, n. 27505; Cass. 17 aprile 2003, n. 6169; Cass. 19 dicembre 2001, n. 16026; Cass. 24 luglio 0000, x. 0000, xx Xxxxx. xxx., 0000, X, 0000; Cass. 16 febbario1998, n. 1643, in Giur. comm., 1998, II, 577, con nota ricognitiva di Boc- ci.
c) tale cessione concreta un ‘‘caso simile’’ all’a- lienazione di azienda prevista dalla norma allorche´ da` luogo ‘‘sostanzialmente’’ allo stesso fenomeno che la norma ha inteso disciplinare;
d) tale equiparazione va accertata in concreto te- nendo conto di tutte le circostanze e le peculiarita` del caso e va condotta con estremo rigore.
Con la sentenza n. 9682/2000 la Corte ha esami- nato il caso di trasferimento di partecipazioni socie- tarie di aziende operanti nel settore delle telecomu- nicazioni. Nel caso in esame, l’acquirente aveva ac- quistato due aziende attraverso il trasferimento del- le relative partecipazioni societarie. Tuttavia, dopo tali cessioni, il venditore aveva ripreso ad operare nel medesimo settore mediante altra emittente, in diretta concorrenza con le aziende cedute. La Cor- te, applicando i principi citati, concludeva per la fondatezza del ricorso e cassava la sentenza impu- gnata rinviando al Giudice di Secondo Xxxxx per la decisione del merito.
Con la sentenza n. 19430/2011 la Cassazione ha esaminato una fattispecie relativa all’applicabilita` dell’art. 2557 c.c. nel caso di cessione del 40% delle partecipazioni sociali di una societa` di persone. In tal caso la Suprema Corte ha confermato la decisio- ne assunta della Corte d’Appello competente, la quale aveva escluso l’applicabilita` in via analogica dell’art. 2557 c.c. al caso sottoposto al suo esame sulla base di un accertamento di fatto che aveva portato il Giudice di secondo grado ad escludere l’equivalenza fra cessione della quota del 40% e l’a- lienazione dell’intera azienda, escludendo il ricorre- re di una fattispecie di sostituzione dell’imprendito- re cessionario nella gestione dell’azienda.
Nella giurisprudenza di merito si segnala un’ordi- nanza della Sezione specializzata in proprieta` indu- striale ed intellettuale del Tribunale di Milano del
15 dicembre 2010 (11), che pur riconoscendo il principio della Suprema Corte in ordine all’applica- bilita` dell’art. 2557 c.c. al trasferimento di parteci- pazioni azionarie, lo ha escluso nel caso sottoposto al suo esame, non rinvenendo i presupposti della cosiddetta ‘‘sostituzione dell’imprenditore’’. Nel ca- so esaminato, in seguito ad una asta privata, veniva trasferito il 45% delle partecipazioni sociali di una societa` di capitali da parte di un gruppo di soci ad altro gruppo, gia` titolare di uguale quota di parteci- pazione del capitale sociale, mentre il restante 10% era rappresentato da azioni proprie della societa`. Successivamente, gli acquirenti agivano in giudizio
dute. Il Giudice concludeva per l’infondatezza della domanda cautelare proposta dagli acquirenti sulla base del rilievo che, nel caso di specie, trattandosi di trasferimento di una quota di minoranza, non fosse ravvisabile «la sostituzione dell’imprenditore», poiche´ oggetto del trasferimento non era una parte- cipazione di controllo, anche di fatto, della societa` in questione ma, al piu`, era ravvisabile una fattispe- cie di controllo congiunto.
Conclusioni
Volendo sintetizzare l’attuale stato dell’arte in te- ma di applicazione del divieto di cui all’art. 2557, comma 1, c.c. ad ipotesi diverse dalla cessione di azienda e, quindi, alla cessione di partecipazioni, si puo` affermare che la norma in questione sara` appli- cabile in tutti quei casi nei quali attraverso la ces- sione di partecipazioni sociali si concretizzi un feno- meno di sostituzione dell’imprenditore nella gestio- ne dell’impresa. In particolare, sembrerebbe che la giurisprudenza rinvenga tale ipotesi qualora venga ceduto il controllo societario e, quindi, in primis qualora venga ceduta la maggioranza del capitale sociale. Tuttavia, la generalizzazione del principio di diritto porta a concludere che l’ipotesi di sostitu- zione dell’imprenditore possa rinvenirsi anche in una pluralita` di fattispecie nelle quali, pur non pas- sando di mano il mero pacchetto di maggioranza, si determini, per le ragioni piu` disparate, una sostan- ziale sostituzione del soggetto che esercita il con- trollo gestorio della societa`. In realta` tale accerta- mento di merito, a parere di chi scrive, andra` con- dotto con assoluto rigore, escludendo l’applicazione analogica del divieto in tutti quei casi nei quali la sostituzione dell‘imprenditore non sia piena, cio` an- che alla luce della natura, se non eccezionale, pecu- liare del divieto di cui all’art. 2557 c.c.; cio` anche in relazione alla singolarita` di tale divieto nel qua- dro del diritto comparato, tale da poterlo considera- re retaggio di un diritto poco in linea con le piu` re- centi tendenze di liberalizzazione dei mercati e delle concorrenza.
in sede cautelare per inibire ai venditori l’esercizio
di un attivita` commerciale in asserita concorrenza con quella della societa` le cui azioni erano state ce-
Nota:
(11) Pronuncia che ad oggi non risulta pubblicata.