Una prima distinzione va fatta tra contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito.
Una prima distinzione va fatta tra contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito.
Locazione e affitto sono contratti col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile (produttiva nel caso di affitto) per un dato tempo verso un determinato corrispettivo. L’affitto differisce dalla locazione perché l’oggetto del contratto è una cosa mobile o immobile “produttiva” di redditto. L’affittuario, dice il codice civile all’articolo 1620, “ può prendere le iniziative atte a produrre un aumento di reddito della cosa, purché esse non importino obblighi per il locatore o non gli arrechino pregiudizio, e siano conformi all’interesse della produzione” .
Il Comodato è invece quel contratto col quale “una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito (articolo 1803 Cod. Civ.).
In generale questi sono i contratti più utilizzati dagli enti ecclesiastici per concedere l’uso o il godimento di una cosa mobile o immobile a terzi.
Ritornando ora alla domanda iniziale circa la scelta del contratto più idoneo, pare chiaro che la natura onerosa o gratuita del contratto non può essere, per ovvie ragioni, l’unico elemento di valutazione. Certo non è possibile fare un elenco delle motivazioni che spingono alla scelta di un contratto rispetto ad un altro; l’importante è non scegliere sulla base di esclusive valutazioni personali. Il rischio, in questi casi, è quello di non tenere in considerazione delle conseguenze che un rapporto contrattuale così costituito potrebbe serbare. Si pensi al caso di un contratto di comodato o di affitto stipulato per mettere a disposizione di una persona la canonica o parte della stessa non abitata dal parroco. Anche accogliendo, sotto il profilo della solidarietà, la richiesta da parte di Xxxxx di poter utilizzare temporaneamente tale immobile, il parroco deve necessariamente sapere che la canonica, in questo caso, potrebbe perdere l’esenzione ICI riconosciuta dalla legge. Non bisogna dimenticare che il parroco, quando stipula un contratto, non agisce mai in nome e per conto proprio ma quale “legale rappresentante dell’ente”. E in questa veste egli deve adempiere il proprio compito ‘in nome della Chiesa, a norma del diritto’ (can. 1282) e ‘con la diligenza di un buon padre di famiglia’ (can. 1284, par. 1). Si ricorda che questi contratti rientrano nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione e richiedono, prima della stipula, la licenza scritta dell’ordinario diocesano.
Occorre anche rendersi conto che un contratto per definizione è sempre “accordo tra le parti per regolare costituire estinguere rapporti giuridici patrimoniali”. Che vuol dire? Vuol dire che in gioco ci sono “rapporti” suscettibili di valutazione economica, obblighi e doveri che sorgono per entrambe le parti.
Il parroco quale legale rappresentante dell’ente parrocchia non può bonariamente decidere di concedere in comodato gratuito un terreno o un fabbricato. Egli dovrà valutare correttamente, sentito anche il consiglio parrocchiale per gli affari economici, se tale scelta sia compatibile con il principio della corretta amministrazione dell’ente. In certi casi, per esempio, un contratto di affitto a canone contenuto può essere preferibile a un contratto di comodato gratuito.
Il consiglio che ci sentiamo di dare ai parroci che intendono concedere l’uso o il godimento di bene di proprietà della parrocchia è quello di valutare ed esaminare, avvalendosi anche della consulenza degli uffici diocesani, ogni singolo caso di richiesta. Alla domanda iniziale allora possiamo rispondere che non esiste, a priori, un contratto da preferire rispetto ad altro perché la scelta va fatta solo ed esclusivamente quando sono note tutte le vicende che si intendono regolamentare. In caso contrario si potrebbe correre il rischio di generalizzare formalizzando rapporti contrattuali che male si inseriscono in quel particolare contesto socio economico. Per queste ragioni si preferisce non mettere a disposizione modelli di contratto già pronti perché la stipula di un contratto è cosa troppo seria e troppo diversa rispetto alla mera compilazione di un modulo prestampato.