COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) XXXXXXXX Presidente
(NA) BLANDINI Membro designato dalla Banca d'Italia (NA) XXXXXXXXX DE XXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXXXX DE XXXXXX XXXXXX
Nella seduta del 31/01/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La ricorrente espone di essere titolare dal 2007 di un contratto di conto corrente affidato acceso presso l’intermediario convenuto, in relazione al quale imputa all’intermediario convenuto la violazione della disciplina in materia di usura e l’applicazione di interessi anatocistici. In particolare, con riguardo all’usura, l’istante richiama integralmente la perizia tecnica prodotta e denuncia l’applicazione di interessi e commissioni usurarie “nel corso del rapporto”, rilevando che il costo effettivo del credito, a far data dal IV trimestre del 2012 sino alla fine del 2014, avrebbe superato ripetutamente i tassi soglia ratione temporis vigenti; in relazione all’anatocismo, contesta l’applicazione di interessi composti a decorrere dal 1° gennaio 2014.
Riscontrato negativamente il reclamo, la ricorrente ha chiesto all’Arbitro di condannare la controparte alla restituzione di euro 7.585,85 per usura (indebito), di cui euro 81,98 per anatocismo, così come specificato nella perizia.
Costituitosi ritualmente, l’intermediario, sulla base delle argomentazioni esposte, ha chiesto al Collegio: in via principale, di respingere il ricorso perché infondato; in via subordinata (ed in sede di “integrazione alle controdeduzioni”), di circoscrivere il
risarcimento del danno ad euro 4.445,00 ovvero al rimborso degli oneri addebitati nei trimestri oggetto di contestazione.
In sede di controdeduzioni, l’intermediario ha formulato analitiche eccezioni alle deduzioni del ricorrente, che possono così sintetizzarsi. A) Quanto al paventato superamento del tasso soglia, la resistente eccepisce che il ricorrente avrebbe adottato una metodologia di calcolo difforme da quella indicata nelle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” e specificata nelle “Risposte ai quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei TEG ai sensi della legge sull’usura” (c.d. “FAQ Bankit”), avendo in specie incluso nel calcolo del TEG tutti i costi di gestione del rapporto (es. canone di gestione del c/c e costo di rilascio carnet assegni) anziché solo quelli connessi all’erogazione del credito, e sistematicamente annualizzato la CIV. Ne sarebbe pertanto derivato “uno sforamento artificioso” del tasso soglia. B) In relazione all’asserito anatocismo, l’intermediario ha sostenuto la conformità del contratto alla normativa all’epoca vigente (Delibera CICR 2000), essendo stata espressamente prevista, con clausola specificamente approvata per iscritto, la capitalizzazione di interessi attivi e passivi con pari periodicità trimestrale.
Parte resistente rileva peraltro di aver formulato al ricorrente, per mero spirito conciliativo, una proposta di rimborso degli oneri complessivamente addebitati sul rapporto oggetto di contestazione pari ad Euro 4.676,74, inizialmente accettata, ma poi abbandonata a seguito della presentazione del ricorso.
Con la successiva nota integrativa, l’intermediario convenuto ha rilevato, quale ulteriore elemento di discrasia tra la metodologia peritale e quella “ufficiale”, la mancata osservanza degli specifici criteri relativi alle variazioni di accordato intervenute nello stesso trimestre di rilevazione, allegando, a riprova del rispetto della normativa sull’usura, elaborazioni effettuate dalla funzione di audit interno; ha ulteriormente imputato alla richiesta del ricorrente errori anche nel quantum, atteso che, trattandosi di usura sopravvenuta, non troverebbe applicazione la sanzione civilistica della non debenza degli interessi bensì, sulla scorta di copiosa giurisprudenza ordinaria e dello stesso Xxxxxxx, l’inesigibilità di quelli eccedenti la soglia legale.
Parte ricorrente ha presentato repliche alle osservazioni svolte in sede di controdeduzioni dall’intermediario, precisando: A) in merito all’applicazione di interessi anatocistici, che in perizia il rilievo è espressamente riferito al periodo successivo al 31/12/2013, quando con l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 120, comma 2, Tub, la capitalizzazione trimestrale degli interessi in conto corrente, prima autorizzata – a condizione di pari periodicità – dalla delibera CICR del 2000, deve ritenersi, a suo avviso, vietata; B) quanto agli elementi di costo da includere nel calcolo del TEG, la ricorrente corregge parzialmente la propria linea, escludendo che ogni addebito debba essere comunque considerato; insiste, però, sull’opportunità di includere nel computo le spese per comunicazioni, inerenti tutte alle condizioni economiche applicate al rapporto: in particolare, in relazione all’annualizzazione della commissione di istruttoria veloce, rettificando parzialmente quanto sostenuto nella memoria introduttiva, la ricorrente riporta nuove elaborazioni peritali che, sulla base delle istruzioni fornite dalla Banca d’Italia nel documento “Risposte ai quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei TEG ai sensi della legge sull’usura - novembre 2010”, considerano nel TEG, in caso di utilizzo extrafido continuativo iniziato nei trimestri precedenti, tutti gli oneri addebitati nel corso dell’intera durata dello sconfinamento. Pertanto, la ricorrente conclude che, dal 4° trimestre 2012 al terzo del 2013 e poi nei primi due del 2014, il rapporto sarebbe stato affetto da deficienza usuraria.
DIRITTO
La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne la presunta violazione della disciplina in materia di usura ed anatocismo in relazione ad un contratto di conto corrente assistito da un’apertura di credito, il cui accordato è variato nel corso del rapporto ed è stato oggetto di ripetuti sconfinamenti.
Movendo dall’esame delle doglianze relative alla presunta usurarietà del rapporto, va anzitutto rilevato che la forma tecnica di concessione del credito, oggetto del presente ricorso, rientra tra i cc.dd. finanziamenti “a utilizzo flessibile” (c.d. revolving), per i quali il tasso effettivo – in ragione delle specifiche regole di rilevazione (tutti i conti in essere nel trimestre di riferimento) e dei valori presi a riferimento (ammontare utilizzato nel trimestre appena concluso) – è calcolato periodo per periodo, per tutto il corso della durata del rapporto: ciò al fine di appurare se il tasso effettivo globale medio, all’atto della stipula del finanziamento convenuto nei limiti legali, superi in alcuni trimestri il tasso soglia.
Il Collegio deve al riguardo richiamare il nuovo indirizzo della Cassazione (3 aprile 2013, n. 1796), secondo cui la norma d’interpretazione autentica recata dalla l. 28 febbraio 2001, n. 24, esclude la rilevanza dell’usura sopravvenuta ai soli fini della declaratoria di nullità della clausola ex art. 1815, 2° comma, c.c.; non consente anche, per converso, di consolidare l’efficacia, nel corso del rapporto, degli interessi divenuti nel frattempo usurari. Sviluppando tale impostazione, questo Collegio ha distinto opportunamente gli effetti dell’usura a seconda se riferiti al momento genetico dell’accordo o invece al momento funzionale (v., in particolare, ABF Napoli, n. 1796/2013, e poi da ult., ABF Napoli, n. 4664/2016); distinguo assai rilevante, poiché schiude il varco da un lato all’esclusione della ricorrenza di una fattispecie – qui palesemente inammissibile – di invalidità sopravvenuta del contratto di finanziamento o di una sua specifica clausola, dall’altro lato alla configurazione, nella specie, di una mera inopponibilità al cliente dei tassi eccedenti rispetto al tasso soglia legale, trimestralmente rilevato.
Ad avviso di questo Collegio non vale a smentire siffatta impostazione l’assenza, nel presente contesto, di una norma che richiami l’istituto della integrazione automatica della clausola difforme da quella legislativa, contemplato dall’art. 1339 c.c., stante la portata generale e non già eccezionale di quest’ultimo, ben chiarita dalla Cassazione (26 gennaio 2006, n. 1689) e da un’acuta dottrina.
Su questa scia, la Banca d’Italia ha quindi fornito agli intermediari l’indicazione di condurre sistematicamente una verifica trimestrale sul rispetto delle soglie pro tempore vigenti per tutti i finanziamenti “a utilizzo flessibile” (c.d. revolving) (cfr. i “Chiarimenti in materia di applicazione della legge antiusura” del 3 luglio 2013).
Acquisita (e ribadita) l’impostazione ormai consolidata (e non solo nella giurisprudenza di questo Arbitro) in tema di effetti dell’usura sopravvenuta e venendo all’esame del caso di specie, va rilevato che la perizia tecnica prodotta dal ricorrente, pur richiamando la formula indicata nelle “Istruzioni” per i finanziamenti a utilizzo flessibile, non la applica correttamente, sia poiché include nel computo spese ed oneri non connessi all’erogazione del credito (canoni di gestione del conto corrente e spese di rilascio carnet assegni), sia perché “annualizza” oneri meramente eventuali, quali la commissione d’istruttoria veloce (d’ora innanzi: CIV).
A quest’ultimo proposito, va infatti chiarito che la CIV costituisce onere accidentale applicato a seguito di uno sconfinamento, evento di per sé solo eventuale e comunque non prevedibile dalla banca. Pertanto, la CIV deve essere considerata con riferimento al solo periodo in cui si verifica l’evento “sconfinamento” e non riportata ad anno (annualizzata). Per giunta, in alcuni trimestri di rilevazione, la perizia versata in atti dal ricorrente ripropone l’accordato del trimestre precedente ovvero lo assume pari a zero,
difformemente da quanto risulta dalla ricostruzione degli affidamenti offerta dall’intermediario, e senza fornire alcuna evidenza a sostegno delle sue doglianze.
D’altro canto, il Collegio reputa di non poter neppure condividere le elaborazioni fornite dall’intermediario, che attesterebbero il costante rispetto dei tassi soglia, considerando, tra l’altro, gli oneri applicati a titolo di CIV nel solo trimestre di riferimento.
Dalle rilevazioni sull’andamento dei saldi per valuta effettuate da questo Arbitro è infatti emerso che, per numerosi trimestri, vi è stata sostanziale continuità qualitativa negli sconfinamenti: ciò che induce ad escludere di fatto, nel caso di specie, il carattere occasionale della CIV corrispondentemente applicata e, di riflesso, a sostenere la sua inclusione nel calcolo del TEG anche per frazioni applicate nei periodi precedenti. Questa impostazione è conforme al principio di diritto sancito dall’art. 1, d.l. 394/2000, secondo cui “Ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo” (e cfr. anche Cass., 9.1.2013, n. 350). Sennonché proprio l’espressione “a qualunque titolo” impone, evidentemente, di prendere in considerazione tutte le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse, quale che sia la fonte di questi costi aggiuntivi.
In tal senso militano anche, riguardo agli specifici oneri qui in discussione, i chiarimenti offerti dall’Autorità di vigilanza, secondo cui: “nel caso di utilizzo extra-fido continuativo iniziato in trimestri precedenti e ancora in essere nel trimestre di rilevazione devono essere inclusi nel TEG tutti gli oneri addebitati al cliente nel corso dell’intera durata dell’utilizzo extrafido (fino ad un massimo di dodici mesi precedenti)” (cfr. FAQ Banca d’Italia “Risposte ai quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura” del novembre 2010).
Alla luce di quanto appena osservato e tenuto conto che i TEG ricalcolati dall’intermediario al rapporto in esame si pongono (quanto meno fino a tutto il 2013) sugli stessi valori dei tassi soglia pro tempore vigenti, può agevolmente concludersi che l’osservanza del criterio della “sommatoria della CIV” in caso di sconfinamenti prolungati determina lo sforamento della soglia usura. In particolare, dalle rilevazioni compiute da questo Arbitro risulta che il TEG è stato superiore al tasso soglia nei seguenti periodi: I trimestre 2013 (20,5249%), III trimestre 2013 (20,1999%), I trimestre 2014 (18,2860%), II trimestre 2014 (20,7432%).
Le difese del ricorrente rendono peraltro necessario ribadire e precisare al riguardo che, in base agli orientamenti del Collegio di coordinamento di questo Arbitro (decisione n. 77/2014), l’accertamento dell’usura sopravvenuta determina esclusivamente – come già sopra argomentato – la declaratoria di inesigibilità degli interessi corrisposti eccedenti la soglia legale, non invece la gratuità del credito: ciò in quanto, a seguito dell’interpretazione autentica introdotta dal già citato art. 1 del d.l. 394/2000, è stato chiarito che l’usura sopravvenuta rileva non già ai fini dell’applicazione dell’art. 644 cod. pen. e dell’art. 1815, comma 2°, cod. civ. (conf., da ult., ABF Napoli, n. 4664/2016), bensì ai soli fini dell’inopponibilità al cliente degli interessi superiori alla soglia.
Tanto acclarato, il Collegio deve rilevare che, nel caso di specie, la domanda del ricorrente ha specificamente ad oggetto l’accertamento degli effetti restitutori conseguenti all’usurarietà del finanziamento. Onde, l’esatta determinazione dei diritti del ricorrente impone, nella specie, di effettuare il calcolo del dovuto riportando gli interessi al tasso soglia senza considerare gli oneri applicati dall’intermediario al finanziamento: ciò in quanto, qualora si tenesse conto dell’effetto di quest’ultimi, si investirebbero le cause che hanno determinato l’usura, così esorbitando dall’oggetto e dai limiti della specifica domanda formulata dal ricorrente all’Arbitro.
Passando ad esaminare le doglianze del ricorrente relative all’anatocismo, il Collegio rileva anzitutto che l’art. 10 del contratto di conto corrente di corrispondenza dispone che “gli interessi … producono a loro volta interessi nella stessa misura”: la clausola e la conseguente prassi di liquidazione trimestrale sono conformi alla disciplina di cui alla delibera CICR 9 febbraio 2000, vigente almeno fino al 1° gennaio 2014.
A questo riguardo, è consolidato orientamento dell’Arbitro Bancario Finanziario che, a far data dall’entrata in vigore della delibera CICR testé citata, debba reputarsi legittima la capitalizzazione in conto corrente quando prevista ed applicata con pari periodicità nella liquidazione di interessi attivi e passivi.
Le doglianze del ricorrente si riferiscono, tuttavia, al periodo successivo al 1° gennaio 2014 fino al 31 dicembre 2014 in cui l’intermediario, come si evince dagli estratti conto agli atti, ha proseguito con la prassi di contabilizzazione di interessi composti ad onta della sopravvenuta vigenza della nuova e più stringente disciplina recata dall’art. 120, comma 2° Tub (nel testo modificato dall’art. 1.629, l. 27 dicembre 2013, n. 147), secondo cui “gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.
Il Collegio deve dunque rilevare la nullità della suddetta clausola di anatocismo per illiceità sopravvenuta a seguito della riforma dell’art. 120 Tub, ricordando che la questione è stata oggetto di esame da parte del Collegio di coordinamento di questo Arbitro (decisione n. 7854/2015), il quale è pervenuto ad affermare, con ampia e condivisibile argomentazione, la natura immediatamente precettiva del nuovo testo dell’art. 120 Tub.
Ne consegue l’immediata invalidità sopravvenuta delle clausole contrattuali che, in linea con la precedente formulazione della norma e con la delibera CICR del 9.2.2000, prevedano la produzione di interessi anatocistici a condizione che sia rispettata la stessa periodicità di capitalizzazione per gli interessi attivi e passivi.
Questo Collegio aderisce all’orientamento ora ricordato e ritiene che i princìpi ivi affermati restino validi nel caso di specie, malgrado la legge 8 aprile 2016, n. 49 (convertendo il d.l. 14.2.2016, n. 18) abbia ulteriormente modificato l’art. 120 Tub (in senso conforme, ABF Napoli, nn. 6466/2016, 6461/2016; ABF Roma, n. 5054/2016). Di conseguenza, il Collegio accerta che l’intermediario ha addebitato interessi anatocistici indebiti per illiceità sopravvenuta della relativa clausola contrattuale.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio, accertata l’indebita pretesa degli interessi nei sensi di cui in motivazione, dichiara l’intermediario tenuto al ricalcolo degli stessi.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1