ANNO ACCADEMICO 2016/2017
Dipartimento di Economia e Management Cattedra di Diritto Commerciale
Tra i patti parasociali e le offerte pubbliche d’acquisto: l’Azione di Concerto
RELATORE
Prof. Xxxxxxxx Xxxxxxxx
CANDIDATO
Xxxx Xxxxxx Xxxxxxx Matr. 187701
ANNO ACCADEMICO 2016/2017
Ad Xxxx e Xxxxx, che prima ancora di essere genitori,
sono stati amici e compagni di viaggio durante questa avventura.
A Xxxxxxxx, il mio porto sicuro durante ogni tempesta.
XXXXX, SEMPRE VOLLI, FORTISSIMAMENTE VOLLI.
Indice
Capitolo Primo: L’azione di Concerto
1. L’azione di concerto nella disciplina italiana 8
2. Le Offerte Pubbliche d’Acquisto 16
4. Elusione degli obblighi imposti ex lege 26
5. La disciplina nel Regolamento Emittenti 31
Capitolo Secondo: Analisi Dei Casi
2. Il caso Xxxxxxxxxxxx: quando a vincere è l’offerta peggiore 36
3. Il caso Antonveneta: aggiotaggio e scalate occulte 40
Capitolo Terzo: Segue Analisi dei Casi
1. Il caso S.S. Lazio S.p.a.: l’inapplicabilità della disciplina 46
2. Il caso RCS – MediaGroup: nuovi apporti di azioni al patto 49
3. Il caso Aeroporto Toscano: l’efficacia dei patti parasociali 52
Quella dell’«azione di concerto» è tra le nozioni più rilevanti all’interno dell’ordina- mento finanziario in quanto, le sue conseguenze, potrebbero essere capaci di alterare gli assetti proprietari correnti di una società.
Quando, infatti, due o più persone agiscono «di concerto», coordinano i loro comporta- menti e le loro azioni al fine di ottenere un determinato risultato all’interno del panorama societario.
I considerevoli e notevoli effetti che possono seguire l’azione in esame, hanno da sem- pre spinto il legislatore a misurarsi con tale istituto cercando di definire delle linee guida che riuscissero a delimitarne la corretta gestione.
Nel corso degli anni, infatti, la disciplina ha subìto moltissime modifiche grazie anche agli impulsi provenienti dall’Unione Europea, arrivando ai nostri giorni ad una armo- nizzazione quanto più completa possibile. Inoltre, l’intero apparato economico italiano sta subendo in maniera sempre più violenta l’influenza della globalizzazione dei mercati e dell’internazionalizzazione delle fonti e dei processi legislativi e, da qui, è sorta la necessità di avere una regolamentazione in linea con quella degli altri paesi, in particolar modo con l’Inghilterra e gli Stati Uniti, da sempre molto più all’avanguardia sulla loro gestione.
L’armonizzazione massima di stampo comunitario ha fatto in modo che al Testo Unico della Finanza fosse affiancata una disciplina di rango europeo la quale, grazie al Rego- lamento Emittenti, permettesse un più chiaro inquadramento dell’«azione di concerto». Le modifiche alla disciplina sono state condotte anche grazie all’intervento della Con- sob, che espletando l’arduo compito di autorità di vigilanza, ha dovuto esprimersi su controversie e su situazioni di dubbia interpretazione per poter trovare una soluzione che fosse quanto più in linea possibile con la normativa vigente.
L’attività della Consob non si limita, però, a delibere volte al perfezionamento dei pro- cedimenti di acquisto del controllo societario in corso. Talvolta succede che essa debba pronunciarsi sulla sospensione di offerte in atto nel caso in cui sussista il fondato so- spetto di violazione delle disposizioni contenute all’interno del Testo Unico della Fi- nanza. Un esempio è la recentissima delibera del 5 giugno 2017, n. 20023, con la quale la Consob ha dovuto sospendere in via cautelare l’offerta pubblica di scambio volontaria totalitaria promossa dalla società FRI-EL Green Power S.p.A., avente ad oggetto azioni emesse da Alerion Clean Power S.p.A.. Ciò è avvenuto ai sensi dell’art. 102, comma 6,
lett. a) del T.U.F. e successive modifiche, in quanto l’autorità di vigilanza, nel caso in esame, aveva identificato la sussistenza di un’azione di concerto tra FRIE-EL Green Power S.p.A. e una terza società, STAFIL S.p.A., la quale era divenuta titolare di circa
629.298 azioni Alerion. Il fondato sospetto precedentemente menzionato era rivolto al fatto che il «concerto» potesse mirare all’acquisizione del controllo societario di Xxxxxxx attraverso la nomina della maggioranza del CdA di quest’ultima.
La continua produzione di norme in relazione agli istituti, ha comunque raggiunto il massimo picco nel 2004 con la Direttiva 2004/25/CE, che ha tentato di inquadrare in modo chiaro sia i patti parasociali, ma, soprattutto, le offerte pubbliche d’acquisto.
Il recepimento della Xxxxxxxxx ha rappresentato l’occasione per fare chiarezza sulle varie definizioni e per disciplinare i rapporti tra soggetti, al fine di inquadrarli nella fattispecie del «concerto», delle o.p.a. e dei patti parasociali.
Il lavoro che segue intende fornire una panoramica generale sulle definizioni di «azione di concerto» forniteci dall’ordinamento nazionale e comunitario e delineare i vari mo- menti della sua evoluzione.
A tal fine, il primo capitolo rappresenta una ricostruzione delle scelte fornite dal legi- slatore durante gli ultimi anni, a partire dal Decreto Legislativo del 24 febbraio 1998. n. 58.
Particolare importanza assumono inoltre il Decreto Legislativo 229 del 2007 e il Decreto 146 del 2009, successivamente definito «Decreto Correttivo» considerate le numerose modifiche che poi verranno apportate a quanto definito dal decreto del 2007.
Il concetto di «azione di concerto» non è però fine a sé stesso in quanto assume grande rilievo se affiancato a quello delle offerte pubbliche d’acquisto e dei patti parasociali. Inizialmente, la scelta del legislatore di fornire un vasto perimetro alla nozione di
«azione di concerto» poteva essere abbinato alla volontà di innalzare il livello di prote- zione degli azionisti1. Come si avrà modo di vedere, ciò che il legislatore ha voluto assicurare è stata la trasparenza dei procedimenti in atto e la tutela degli azionisti di minoranza, attraverso degli obblighi imposti ex-lege dalle norme in materia di offerte pubbliche d’acquisto e di patti concertati.
Lo studio delle offerte pubbliche d’acquisto, soprattutto quelle riconducibili al novero delle o.p.a. obbligatorie, evidenzia come queste ultime rappresentino lo strumento ideale per comprende a pieno il fenomeno del «concerto» in vista delle conseguenze che il
1 Come suggerito da C. MOSCA, Xxxxxx di concerto e opa obbligatoria, Milano, 2013, p. XIII.
coordinamento tra soggetti può far riflettere sulle strutture organizzative di una società quotata.
Si è poi passati all’analisi degli «accordi» rappresentanti le fondamenta della collabora- zione tra «concertisti». Tali accordi vengono, nella maggior parte dei casi, identificati nei patti parasociali, anche se questi ultimi non esauriscono le tipologie di accordo che azionisti che «agiscono di concerto» possono stipulare.
Meritevoli di nota sono stati anche gli eventuali mutamenti interni del patto che hanno portato ad una ridistribuzione delle partecipazioni all’interno della platea degli azionisti, senza influenzare la quota complessivamente detenuta da ognuno di loro, così come nel caso dell’ingresso di un socio all’interno del patto che acquisti per intero la partecipa- zione di un altro partecipante uscente. La risposta ai quesiti in merito alle suddette ipo- tesi è stata la rilevanza ai fini o.p.a. soltanto nel caso in cui vengano significativamente modificate le regole di funzionamento del patto o degli assetti di potere esistenti al suo interno, comportando la necessità di tutelare il socio di minoranza.
Il secondo e il terzo capitolo sono poi rivolti, invece, all’analisi di casi recenti dai quali possono essere tratti innumerevoli per comprendere al meglio i legami tra le «azioni concertate», le offerte pubbliche d’acquisto e i patti parasociali.
Il caso Xxxxxxxxxxxx sarà d’aiuto per capire come, a volte, un’offerta meno vantaggiosa potrebbe comunque essere la miglior scelta se sostenuta da comportamenti «concertati». Totalmente differente è invece la conclusione a cui la scalata Antonveneta arriva: in questo caso, facendosi strada tra il diritto penale e quello commerciale, sia la Consob che Banca d’Italia, hanno dovuto limitare i danni che quella elusione normativa aveva portato nello scenario economico-politico italiano di quegli anni.
La Società Sportiva Lazio rappresenta, poi, un caso in cui nessuno dei presupposti che le vicende in esame hanno creato, potevano rappresentare, secondo la Consob, terreno fertile per la nascita di un’offerta pubblica d’acquisto.
Infine, i casi RCS - Media Group e quello dell’Aeroporto Toscano sono maggiormente concentrati sulla relazione tra «azione di concerto» e patti parasociali, in riferimento a nuovi apporti di azioni ai patti e alle conseguenze in cui un socio incombe, agendo in difformità a quanto accordato nei patti.
Capitolo Primo
L’Azione di Concerto
Sommario: 1. L’azione di concerto nella disciplina italiana – 2. Le offerte pubbliche d’acquisto – 3. I patti parasociali. – 4. Elusione degli obblighi imposti ex-lege. – 5. La disciplina nel Regolamento Emittenti.
1. L’azione di concerto nella disciplina italiana
Il recepimento della direttiva europea 2004/25/CE sulle offerte pubbliche d’acquisto (in seguito, o.p.a.), con la quale numerosi elementi del testo unico della finanza sono stati revisionati, ha previsto, su base comunitaria, una nozione di «azione di concerto»2.
Essa consente di ricondurre alla disciplina dell’o.p.a. e a quella dei patti parasociali una moltitudine di comportamenti basati su accordi e attività coordinate tra soggetti, i quali, in forza della loro capacità di creare una concentrazione di potere, sono in grado di in- cidere sul controllo di una società.
L’articolo 2, par.1, lett. d) della Dir. 2004/25/CE definisce i soggetti che agiscono di concerto come “persone fisiche o giuridiche che cooperano con l’offerente o la società emittente sulla base di un accordo, sia esso espresso o tacito, verbale o scritto, e volto ad ottenere il controllo della società emittente o a contrastare gli obiettivi dell’offerta”. È poi il secondo paragrafo di tale direttiva ad indicare che le “persone controllate da un’altra persona” sono considerate come “persone che agiscono di concerto con detta persona o tra di loro”. Per quanto riguarda, poi, tutti gli acquisti effettuati da coloro i quali agiscono di concerto, i paragrafi 1 e 4 dell’art. 5, sanciscono, rispettivamente, che essi portano ad un obbligo di o.p.a. obbligatoria e che gli acquisti ad oggetto, se effettuati
2 In realtà, la nozione di «concerto» non è del tutto nuova al diritto italiano delle società quotate. Riferimenti certi erano già l’art. 10, comma 5, della legge 149/1992. Molto prima ancora, gli accordi scritti per l’eser- cizio concertato dei voti facevano riferimento agli artt. 1/5-bis, comma 2, legge 216/1974, in materia di comunicazione delle partecipazioni rilevanti. Nelle disposizioni menzionate, il «concerto» era un semplice contenuto degli accordi a cui la legge dava rilievo. Il vero antenato, però, dell’art. 109, deve considerarsi l’art. 8 della legge 474/1974, in materia di privatizzazioni, in cui veniva stabilito (la legge è oggi abrogata) che «l’apporto entro due anni dal collocamento per offerta pubblica di vendita, ad un patto di sindacato di voto o di consultazione, in qualsiasi forma concluso, desumibile anche dal comportamento concertato, di azioni di società di cui al presente decreto (…) determina l’obbligo di procedere ad offerta pubblica (…)». Il comportamento concertato era quindi l’indizio per svelare l’esistenza di un patto parasociale. P. XXXXXXX, L’acquisto di concerto, in Riv. Soc., 2001, p. 493.
durante il periodo di offerta a prezzi superiori a quelli dell’offerta, rilevano ai fini della
best price rule.
L’articolo 5, par. 5, della Direttiva O.P.A. prevede «[s]e, dopo che l'offerta è stata resa pubblica e prima che venga chiusa per l'accettazione, l'offerente o qualsiasi persona che agisca di concerto con lui acquista titoli a un prezzo superiore a quello dell'offerta, l'offerente deve aumentare la sua offerta a non meno del prezzo massimo pagato per i titoli così acquistati». Più nel dettaglio, con best price rule si intende la regola di ade- guamento del prezzo al più alto prezzo pagato dall’offerente.
Il Testo Unico della Finanza (in seguito, T.U.F.) contiene una moltitudine di riferimenti al «concerto» senza mai però dare una definizione chiara di che cosa esso significhi. Lo stesso accade, tra l’altro, anche all’interno della legislazione comunitaria.
Pare che la nozione del concerto tragga origine dal diritto antitrust, in particolar modo dal concetto di pratica concordata3 dalla cui nozione discenderebbe una identificazione del concerto nella coordinazione tra soggetti.4 A conferma di ciò, si noti come, nel noto caso SAI-Fondiara, sia stata proprio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a constatare per prima l’esistenza di un patto occulto tra SAI e Mediobanca5, probabil- mente con l’intento di ritrovare i presupposti tipici delle pratiche concordanti.
Nel campo dell’antitrust, vengono considerate pratiche concordanti, tutte quelle situa- zioni in cui, anche senza un vero e proprio accordo formale, si produce un’intesa restrit- tive della concorrenza. Tra le similitudini con l’«azione di concerto», vi sono anche le questioni che si riscontrano sul campo dell’onere della prova. Tale analogia va ricercata nel fatto che è sempre insinuabile che, senza lasciare traccia soprattutto nel caso in cui le parti coinvolte siano poche, sia attuato uno scambio di informazioni, gettando le basi per pratiche collusive che risultano agevolate dalla loro circolazione6. In entrambi i casi, comunque, sia nel diritto dell’antitrust, che in merito all’«azione di concerto», quello
3 Il diritto della concorrenza italiano e quello comunitario vietano tutte le intese restrittive della concorrenza, nonché tutte le pratiche concordati che possano ledere, impedire o «falsare» la concorrenza del mercato. Nel dettaglio: «Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restrin- xxxx o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza», art. 2 della legge del 10 ottobre 1990, n.
287. Così anche a livello comunitario: «Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni d'imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudi- care il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato commune», art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
4 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, Il testo unico della finanza, Roma, 2012, p. 1436.
5 Provvedimento n. 11475 (C5422B) Xxxxxxxx Xxxxxxx xxxxx Xxxxxxxxxxx x xxx Xxxxxxx.
0 C. MOSCA, Xxxxxx di concerto e opa obbligatoria, Milano, 2013, p. 135 ss.
che si vuole ben chiarire è separare la convergenza di comportamenti solo incidentali da quelli, invece, consapevoli7.
Ciò nonostante, la prima disciplina organica dell’«acquisto di concerto», va ricercata all’interno del T.U.F., il quale, investito anch’esso dal processo evolutivo comunitario, risulta oggi composto da tre disposizioni principali in materia: sono, infatti, gli articoli 101-bis, comma 4, 4-bis e l’articolo 109 a fornire una enunciazione esaustiva della di- sciplina in esame.
La prima disposizione normativa definisce le caratteristiche dell’azione «concertata» e dei relativi soggetti, i cui comportamenti si riflettono sul controllo degli assetti societari. L’art. 101-bis, comma 4, sancisce, infatti, che «per persone che agiscono di concerto si intendono i soggetti che cooperano tra di loro sulla base di un accordo, espresso o tacito, verbale o scritto, ancorché invalido o inefficace, volto ad acquisire, mantenere o rafforzare il controllo della società emittente o a contrastare il conseguimento degli obiettivi di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio».
Al successivo comma, 4-bis, viene, poi, fornito un elenco di alcune presunzioni di con- certo. «Nel nostro ordinamento, nel quale continua a trovare spazio anche un sistema di presunzioni tipiche di “concerto”, il percorso ricostruttivo a disposizione dell’interprete si presenta duplice. Nozione generale e presunzioni corrono parallele, ma la prima è in grado di semplificare la prova di una “concertazione” giuridicamente rilevante che non verrebbe adeguatamente individuata sulla base del ragionamento presuntivo».8 Secondo la nozione generale, sono infatti definite «persone che agiscono di concerto: a) gli ade- renti a un patto, anche nullo, previsto dall'articolo 122, comma 1 e comma 5 lettere a), b), c) e d); b) un soggetto, il suo controllante, e le società da esso controllate; c) le società sottoposte a comune controllo; d) una società e i suoi amministratori, compo- nenti del consiglio di gestione, o di sorveglianza o direttori generali».
«Tuttavia, per ovviare al rischio di una eccessiva rigidità in sede applicativa, sono state introdotte, da un lato, ipotesi di presunzione relative, vale a dire ipotesi in cui si presume che i soggetti coinvolti siano persone che agiscono di concerto sulla base della defini- zione generale contenuta nel comma 4. Salvo che tali soggetti provino la non ricorrenza delle condizioni di cui al medesimo comma».9 Dall'altro lato, è stata considerata l’even- tualità di non far sussistere il «concerto» nel momento in cui, non essendo possibile
7 X. XXXXXXX, Pratiche concordate: concertazione e parallelismo cosciente. Limiti e confini di una catego- ria logico-giuridica molto speciale, in Foro amm. C.d.S., 2006, nt. 279, p. 3186.
8 X. XXXXX, xx.xxx., x. X.
0 X. XXXXXXXXX, Commentario all’offerta pubblica di acquisto, Torino, 2010, pp. 271 ss.
escludere la cooperazione tra più soggetti, questa non persegue nessuna delle finalità di controllo o di contrasto indicate all’art. 101-bis, comma 4.
Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 58/1998 si era posto il problema, rela- tivo all’attuale art. 101-bis T.U.F., se tale elenco individuasse presunzioni assolute op- pure delle ipotesi tassative di concerto: secondo l’opinione prevalente, la legge indivi- dua delle vere e proprie presunzioni assolute «che determinano un significativo (e molto insidioso) ampliamento dell’obbligo di o.p.a.».10
Le presunzioni del comma 4-bis, in particolar modo quelle presenti alle lettere a) e d) permettono la verifica delle condizioni che fanno sorgere l’offerta pubblica d’acquisto. Questa ultima disciplina del presupposto dell’o.p.a. trova contenuto nell’art. 109 del T.U.F., comma 1. «Dall’applicazione della regola c.d. della “soglia fissa”, adottata da tempo dal nostro legislatore su ispirazione del City Code britannico, può discendere l’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto da parte dei “concertisti” che si trovino a superare, complessivamente ed in seguito ad acquisti, una soglia partecipativa rilevante.»11
I due successivi commi dell’art. 109 T.U.F., invece, identificano rispettivamente i casi in cui il comma 1 non trova applicazione e quelli in cui la detenzione di partecipazioni assume rilievo ai fini dell’applicazione del comma 1.12
Nella sua prima formulazione, il T.U.F. del 1998, sottoponeva i soggetti ivi elencati, in regime di solidarietà, al rispetto delle discipline in tema di o.p.a. residuale, dettate ri- spettivamente dagli artt. 106 e 108 nel momento in cui questi ultimi si fossero trovati nella situazione di detenere, successivamente ad acquisti a titolo oneroso effettuati an- che da uno solo dei concertisti, una partecipazione che, considerata nel complesso, fosse
10 G.F. CAMPOBASSO, in Diritto Commerciale 2, Diritto delle società, a cura di X. XXXXXXXXXX, nona edizione, Torino, 2015, p. 258. Tale opinione è condivisa anche da: ASSOCIAZIONE PREITE, Il Diritto delle Società, a cura di X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx e X. Xxxxx, Bologna, 4a ed., 2012, p.120; F. XXXXXX, X. XXXXX, Sub. Articolo 109, in Le offerte pubbliche di acquisto, a cura di X. XXXXXX XXXXXXX XX, Torino, 2011, p. 264.
11 X. XXXXX, xx. xxx., x. XXX
00 Art. 109 T.U.F. Acquisto di concerto «1. Sono solidalmente tenuti agli obblighi previsti dagli articoli 106 e 108 le persone che agiscono di concerto quando vengano a detenere, a seguito di acquisti effettuati anche da uno solo di essi, una partecipazione complessiva superiore alle percentuali indicate nei predetti articoli. I medesimi obblighi sussistono in capo a coloro che agiscono di concerto, a seguito di maggiora- zione, anche a favore di uno solo di essi, dei diritti di voto, qualora essi vengano a disporre di diritti di voto in misura superiore alle percentuali indicate nell'articolo 106; 2. Il comma 1, primo periodo, non si applica quando la detenzione di una partecipazione complessiva superiore alle percentuali indicate agli articoli 106 e 108 costituisce effetto della stipula di un patto, anche nullo, di cui all'articolo 122, salvo che gli aderenti siano venuti a detenere una partecipazione complessiva superiore alle predette percentuali nei dodici mesi precedenti la stipulazione del patto; 3. Ai fini dell'applicazione del comma 1, le fattispecie di cui all'articolo 101-bis, comma 4-bis, assumono rilievo anche congiuntamente, limitatamente ai soggetti che detengono partecipazioni».
superiore alle soglie previste dagli articoli menzionati. Con fini antielusivi, gli stessi obblighi erano prescritti anche nel caso in cui gli acquisti che avevano comportato il superamento, fossero stati effettuati contestualmente, o nei dodici mesi precedenti alla stipulazione di un patto parasociale, seppur nullo.13
In quel caso, quindi, l’art. 109, nella sua precedente formulazione, non dava alcun peso normativo all’«azione di concerto» ma si limitava ad imporre una sommatoria di parte- cipazioni in capo a diversi soggetti, con la finalità di definire la base di calcolo per un successivo incremento rilevante14.
Nei tempi a seguire, la fonte legislativa italiana in tema di azione di concerto ha signi- ficativamente subìto le disposizioni del decreto legislativo n. 146/2009 (di seguito, De- creto Correttivo), contenente disposizioni integrative e correttive al primo decreto di attuazione 229/2007. Con il primo decreto di attuazione, il legislatore, recependo la di- rettiva comunitaria, non aveva modificato lo scheletro della precedente disciplina, la quale non prevedeva una definizione chiara di «azione di concerto», ma aveva riportato le quattro ipotesi di presunzione dell’art 109 nell’art 101-bis del T.U.F., con l’aggiunta di un quinto elemento di presunzione che identificava come persone che agiscono di concerto i “soggetti che cooperano al fine di ottenere il controllo della società emit- tente”.
Questa ultima clausola generale aggiunta con le modifiche apportate all’art. 109, vuole attribuire centralità al momento del coordinamento finalizzato ad «acquisire» o a «sta- bilizzare» il governo societario e i suoi assetti proprietari15. Inoltre, l’emersione di una nozione dell’«agire concertato» sembra attribuire autonoma rilevanza ai comporta- menti, sganciandoli, almeno in parte, dalla necessità di provare, anche attraverso i com- portamenti medesimi, l’esistenza di un accordo parasociale tra gli azionisti16.
Da un’analisi, anche superficiale, dell’art. 109 del T.U.F., risulta come elemento costi- tutivo del concerto, la necessità che il superamento delle soglie rilevanti sia stato effet- tuato in seguito ad acquisti; non è sufficiente che uno degli elementi tipici dell’art. 101- bis sia messo in atto oppure che la soglia limite imposta ex-lege sia semplicemente rile- vata. È indispensabile, quindi, che i suddetti comportamenti, siano stati accompagnati
13 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit, p. 1436.
14 F. XXXXXX, X. XXXXX, Sub. Articolo 109, in Le offerte pubbliche di acquisto, a cura di X. XXXXXX XXXX- XXX XX, Torino, 2011, p. 260 e ss.
15 F. XXXXXX, X. XXXXX, op. cit., p. 263.
16 Si è espressa in tal senso C. MOSCA, Acquisti di concerto, partecipazioni incrociate e responsabilità per inadempimento dell’obbligo di opa, in Riv. Soc., 2007, p. 1302.
da acquisti effettuati in un dato intervallo temporale e che, proprio tali acquisti, abbiano determinato il superamento in esame.
Ai fini dell’integrazione della fattispecie in esame, vale la pena sottolineare la rilevanza che gli acquisti assumono anche se effettuati da una sola delle persone che agiscono di
«concerto». All’art. 109 è stabilito un «legame di solidarietà» tra i soggetti. La conse- guenza è che una volta gli acquisti sono stati effettuati e la soglia limite è stata raggiunta, i «concertisti» saranno solidalmente tenuti agli obblighi imposti dagli artt. 106 e 108
T.U.F. (rispettivamente in tema di o.p.a. totalitaria e acquisto del flottante residuo), a prescindere dal fatto che abbiano partecipato a meno all’acquisto di azioni17. Avendo il legislatore istituito un regime di solidarietà, ha conseguentemente fatto in modo che la protezione dei soci di minoranza della target, prevarrà sulla tutela del concertista dis- senziente e/o inconsapevole dell’acquisto fatto, o addirittura all’oscuro dell’esistenza del concerto: l’alea di rischio che tali acquisti non concordati possano essere condotti viene fatta ricadere proprio su questi ultimi soggetti18.
Inoltre, inesistenti all’interno del Decreto Correttivo, erano anche riferimenti ad un
«contratto» oppure ad un «accordo». Le novità vanno invece ricercate nell’introduzione nel T.U.F. della valorizzazione del cosiddetto «concerto grosso»19 e di una definizione generale di persone che agiscono di concerto20.
Il «concerto grosso» è disciplinato all’art. 109, comma 3, T.U.F., riconducendolo a quelle ipotesi in cui, la detenzione qualificata sancita dalle norme in tema di o.p.a. ob- bligatoria, viene superata in virtù della somma delle varie partecipazioni detenute da vari sub-concertisti o «linee di concerto»21. La Consob (in seguito anche, autorità di vigilanza) si era espressa sulla questione in due momenti differenti: inizialmente negava
17 In tal senso, P. SERSALE, sub art. 109, in Commentario all’offerta pubblica d’acquisto, a cura di X. XXXXXXXXX, Torino, 2010, p. 198.
18D’altro canto, però, il concertista «ignaro» che si vedrà costretto ad adempiere gli obblighi derivanti dagli artt. 106 e 108, potrà godere di un diritto di regresso per l’intero nei confronti degli altri concertisti. Egli potrà, infatti, rivendere pro-quota ai concertisti, le azioni appena acquistate. In tal senso, X. XXXXXXXX, sub art. 109, in La disciplina dell’offerta pubblica d’acquisto, a cura di X. XXXXXXXXX, in Leggi civ. comm., 2010, p. 226.
19 Il Decreto Correttivo (d.lgs.146/2009) ha aggiornato il rinvio alle fattispecie tassative di cui all’art. 101-
bis TUF.
20 Evidente riferimento anche all’art 109 del T.U.F., riguardante la rilevanza degli acquisti di concerto ai fini dell’OPA.
21 X. XXXXX-XXXXX, Il «concerto grosso»; variazioni sul tema dell’o.p.a., in Giurisprudenza Commerciale, 2002, p. 655.
la rilevanza unitaria del concerto grosso22, per poi cambiare idea successivamente, rite- nendo possibile sommare le partecipazioni di due diverse «linee di concerto»23. Il mo- tivo per cui tale concetto è stato inserito all’interno del comma 3 ad opera del Decreto Correttivo, viene motivato in tale modo nella Relazione Illustrativa del 2009, sub art. 2, comma 4, rubricato «Modifiche all’art. 109, comma 3»: «Nel sistema vigente [d.lg. 19.11.2007, n. 229], fondato su fattispecie tassative, la disposizione di cui all’art. 109, comma 3, assicura la necessaria flessibilità della disciplina del concerto. A seguito delle modifiche proposte dall’art. 101-bis, comma 4, sarà invece possibile individuare altre fattispecie di concerto, ulteriori a quelle menzionate al comma 4-bis, del medesimo ar- ticolo e assistite dalla presunzione assoluta. In tale contesto sembra opportuno mante- nere la disposizione di cui all’art. 109, comma 3, presumendo il concerto nelle fattispe- cie in cui le ipotesi di cui all’art. 101-bis, si intersecano fra di loro (…)».
La definizione generale, invece, definisce chi agisce di «concerto» come «persone (…) che cooperano tra di loro sulla base di un accordo, espresso o tacito, verbale o scritto, ancorché invalido o inefficace, volto ad acquisire, mantenere o rafforzare il controllo della società emittente o a contrastare il conseguimento degli obiettivi di un'offerta pub- blica di acquisto o di scambio”. Come si è appena avuto modo di notare, la nozione di concerto torna ad avere, quale denominatore comune, un accordo24.
Leggendo la vigente normativa appare, però, evidente come il solo «accordo» non sia sufficiente per ricondurre un determinato comportamento all’«azione di concerto». «La formula esprime un’endiadi, ovvero un’unione di concetti - cooperazione e accordo – che, ai fini interpretativi, non possono essere separati. (…) La cooperazione deve sem- pre accompagnare o seguire il momento dell’accordo e deve esprimersi in comporta- menti funzionali a realizzare gli obiettivi che i soggetti hanno condiviso. In tal senso, l’accordo manifesta un’aspettativa circa le attività che saranno poste in essere, ma per aversi concerto è anche necessario che si dia luogo all’esecuzione del suo contenuto».25 Una riflessione che sorge spontanea dopo aver analizzato sia le disposizioni europee, che quelle italiane, è che il legislatore nazionale ha voluto usare un costrutto sintattico
22 Ciò si legge dalla Comunicazione del 27 maggio 1997 n. DIS/RM/97004673.
23 Ciò va ritrovato nella Comunicazione del 14 febbraio 2002 n. DEM/2010342.
24 In altre parole, «La legge richiede ora, in termini generali, l’esistenza – e, dunque, l’accertamento – di un accordo; il che sembrerebbe costituire una presa di posizione contro l’ipotizzata sufficienza di una mera condotta convergente di due o più soggetti. (…) Ma un accordo deve, comunque, essere ricostruibile, e per di più, non nel senso, del tutto generico, di (reciproca) condivisione dell’altrui condotta, ma in un’accezione assai più pregnante, dovendo avere un oggetto determinato, (…)» X. XXXXX, Le offerte pubbliche di ac- quisto, in L’ordinamento finanziario italiano, a cura di X. XXXXXXXXXXX, Padova, 2010, tomo II, p. 936.
25 C. MOSCA, op.cit., p. 132.
che riesca a rendere un certo concetto, ovvero «rimandare a tutte quelle situazioni fina- lizzate ad “acquisire”, “mantenere” o “rafforzare” il controllo della società emittente. La scelta va quasi sicuramente ricercata nella volontà di voler includere all’interno di tale definizione quante più situazioni possibili, in quanto le azioni di concerto possono assumere rilievo, per esempio, anche in presenza di un soggetto già detenente del con- trollo nel caso di O.P.A. da consolidamento».26
La più recente disciplina, contenuta nel Decreto Correttivo, ci permette non solo di en- trare in contatto con ulteriori fattispecie del «concerto» rispetto a quelle indicate al comma 4-bis del 101-bis, ma di attribuire alla Consob il compito di delineare la portata della nuova definizione generale di azione di concerto, volto ad individuare in via rego- lamentare: (i) presunzioni relative di “persone che agiscono di concerto”, nonché (ii) “i casi nei quali la cooperazione tra più soggetti non configura un’azione di concerto ai sensi del comma 4”.
«Pur nella consapevolezza dell’impossibilità di determinare ex-ante se ogni singolo comportamento posto in essere da più azionisti costituisca cooperazione elusiva, certo è che la previsione di una lista di “porti sicuri” chiara (cioè con formulazione non am- bigua) e vincolante (ossia avente forza di legge) costituisce un utile strumento per gli attivisti che, al contempo, se così formulato non compromette l’efficacia deterrente della nozione generale di concerto.»27
L’analisi che si intende condurre sull’azione di concerto, e le conseguenze che il man- cato rispetto delle regole legate a questo istituto potrebbe portare nel mercato italiano, va correlata a quella di altri due istituti fondamentali del Testo Unico della Finanza: le offerte pubbliche d’acquisto e i patti parasociali.
Spesso e volentieri, l’elusione delle norme comportamentali indicate dal testo unico in materia di o.p.a. e patti parasociali, ha provocato un’alterazione dei corretti procedi- menti di acquisizione del controllo societario penalizzando il mercato con comporta- menti speculativi.
26 CONSOB, Allegato n. 6 al Documento di Consultazione 6 ottobre 2010 del Regolamento emittenti - Rece- pimento della Direttiva 2004/25/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio e Revisione della Regolamen- tazione in materia di Offerte Pubbliche di Acquisto e Scambio
27 X. XXXXXX, L’impresa e il diritto commerciale: innovazione, creazione di valore, salvaguardia del valore nella crisi, Roma 2014, p.33.
2. Le Offerte Pubbliche d’Acquisto
Con il d.lgs. del 24 febbraio 1998, n. 58, che ha costituito il Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria, si è avuta una rivoluzione delle norme relative alle offerte pubbliche d’acquisto e di scambio.
Esse trovano ora la loro «fonte legale» negli articoli che vanno dal 101-bis al 112 del T.U.F., demandando comunque alla Consob un alto potere regolamentare. «La scelta di ampliare la potestà normativa della Consob in una materia soggetta a rapida evoluzione si pone in linea con quanto già avviene nei paesi finanziariamente più evoluti: essa è stata salutata dal consenso preponderante degli operatori, perché consente un più solle- cito aggiornamento delle regole».28
Riflettendo sulla ratio della collocazione, con riferimento alla disciplina delle offerte pubbliche, di una norma che regolamenta l’«acquisto di concerto», è opportuno ricor- dare che, dal testo della Relazione al testo unico delle disposizioni in materia di inter- mediazione finanziaria (1998), risulta chiaramente sub. art 109, la finalità fondamentale antielusiva di tale norma, ritrovabile nella palese volontà del legislatore di evitare aggi- ramenti. In mancanza delle previsioni in esame, sarebbe stato facilmente eludibile quanto sancito dagli art. 106 e 108 TUF, semplicemente frazionando la partecipazione complessiva, così da imputarla in capo ad una moltitudine di soggetti, nella forma auto- nomi, pur essendo «la stessa detenzione orchestrata dal medesimo direttore»29
Le fonti legali precedentemente indicate hanno subìto delle modificazioni anche in se- guito al recepimento della Direttiva o.p.a. 2004/25/CE, il cui obiettivo annunciato era quello di rendere uniforme, a livello europeo, la tutela dei soci con titoli negoziati sui mercati regolamentati, in occasione del trasferimento del controllo sulle società stesse.
«Ed infatti la nuova disciplina assicura la protezione degli azionisti di minoranza in caso di OPA, tramite l’obbligatorietà dell’offerta ed il prezzo equo; elimina le incertezze giu- ridiche relative alla legge applicabile e all’autorità competente per le OPA transfronta- liere; realizza una maggiore trasparenza nello svolgimento dell’operazione e, più in ge- nerale, istituisce un quadro di principi comuni e di requisiti generali che gli Stati membri
28 X. XXXXXXXX, La nuova disciplina delle OPA in “La Riforma delle società quotate, a cura di X. XXXXXXX,
X. XXXXXXXXX, X. XXXXX, X. XXXXX, X. XXXXX-XXXXX, X. XXXXXXX, P.G. XXXXXX, X. XXXXXXX XXXXXX, Xx- xxxx, 1998, p. 197.
29 In tal senso, X. XXXXXXXX, op. cit., p. 206.
devono attuare attraverso norme più dettagliate, conformemente ai rispettivi sistemi na- zionali».30
Coerentemente con quanto esposto nella direttiva europea sopra menzionata, il T.U.F., con «offerta pubblica di acquisto o di scambio» intende «ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma effettuati, finalizzati all'acquisto o allo scambio di prodotti finanziari (…)».31 La fattispecie appena menzionata appare piutto- sto ampia rendendo «(...) irrilevante che si tratti di un’offerta d’acquisto o scambio in senso tecnico»32.
Il fine ultimo della esaustiva regolamentazione presente all’interno del T.U.F. è sicura- mente la volontà di «garantire la massima trasparenza dell’operazione e la parità di trat- tamento dei destinatari dell’offerta».33
Nonostante le modifiche apportate dal d.lgs. n. 58 del 1998 e della Direttiva europea nel corso degli anni, inalterato è rimasto il principio dell’obbligatorietà della promozione di un’offerta pubblica d’acquisto al verificarsi di determinate condizioni, sancite dall’art. 106 del T.U.F., ai commi 1 e 2. L’articolo, presente nella seconda sezione del capo II “Offerte pubbliche d’acquisto”, recita «1) Chiunque, a seguito di acquisti, venga a de- tenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento promuove un'offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso. 2) Per ciascuna cate- goria di titoli, l'offerta è promossa entro venti giorni a un prezzo non inferiore a quello più elevato pagato dall'offerente e da persone che agiscono di concerto con il mede- simo, nei dodici mesi anteriori alla comunicazione di cui all'articolo 102, comma 1, per acquisti di titoli della medesima categoria. Qualora non siano stati effettuati acquisti a titolo oneroso di titoli della medesima categoria nel periodo indicato, l'offerta è pro- mossa per tale categoria di titoli ad un prezzo non inferiore a quello medio ponderato di mercato degli ultimi dodici mesi o del minor periodo disponibile».
La garanzia della trasparenza degli assetti proprietari, soprattutto nella società per azioni (in seguito, s.p.a.), è una delle principali ragioni che spiega la volontà del legislatore di definire delle soglie numeriche limite. Detenere una partecipazione di un certo ammon- tare in una società ad azionariato diffuso, significa godere di alcuni diritti che, nel caso
30 X.XXXXXXXXX, Commentario all’offerta pubblica di acquisto, pp. 251 ss.
31 Art. 1, lett. v), Testo Unico della Finanza.
32 ASSOCIAZIONE PREITE, Il Diritto delle Società, op. cit., p. 114.
33 G.F. CAMPOBASSO, in Diritto Commerciale 2, Diritto delle società, op.cit., p. 264.
venissero esercitati, potrebbero essere capaci di influenzare la gestione societaria, non- ché le decisioni a livello collegiale34.
La regola dell'offerta obbligatoria è cruciale per proteggere gli azionisti di minoranza e consentire loro di vendere le proprie azioni nel caso in cui il cambio dell’azionista di controllo non sia di loro gradimento. «Essa fornisce agli azionisti di minoranza condi- zioni di uscita adeguate e corrette e elimina qualsiasi spazio per la gara in offerte parziali a prezzi meno favorevoli».35
«È intuitivo come l’istituto dell’o.p.a. obbligatoria renda il trasferimento del controllo più costoso.»36 : il maggior costo andrebbe ricercato nel prezzo a cui viene lanciata l’o.p.a. obbligatoria.37 Talvolta, poi, la Consob può disporre che il prezzo sia inferiore o superiore quando ricorrono specifiche circostanza indicate dalla legge.38
Il lancio di un’offerta pubblica d’acquisto obbligatoria potrebbe essere visto come una sorta di compromesso tra chi esercita il potere societario attraverso il voto, con la vo- lontà di influenzarne la struttura, e chi ha interesse ad ottenere il massimo dall’investi- mento intrapreso attraverso la possibilità di liquidare la quota di partecipazione in caso di episodi non rassicuranti. Quando infatti viene superata la soglia del trenta per cento,
34 Art. 2359, Codice Civile, «Società controllate e società collegate» sancisce che «Sono considerate so- cietà controllate:
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordina- ria;
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'as- semblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa».
35 X. XXXXXXXXX, K. J. XXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXX, “Riforming company and takeover law in Europe”, Oxford, 2004, p. 620 “It provides the minority shareholders with adequate and fair terms of exit and elim- inates any room for tendering in partial bids at less favourable prices.”
36 ASSOCIAZIONE PREITE, op. cit., p. 118
37 Tale prezzo, secondo l’art. 106 del T.U.F. non può essere più basso di quello più alto pagato dall’offe- rente, o da chi opera in concerto con lui nei dodici mesi anteriori alla comunicazione dell’intento di lanciare un’o.p.a.
38 La riduzione del corrispettivo di offerta può essere accordata: a) quando il prezzo più elevato pagato dall’offerente è stato determinato da anomalie del corso dei titoli dovute ad eventi eccezionali o probabili manipolazioni; quando l’offerente abbia acquistato i titoli oggetto d’offerta a condizioni di mercato e nell’ambito della gestione ordinaria della propria attività caratteristica, e pertanto il prezzo più elevato pa- gato non rappresenta il corrispettivo del premio di controllo; c) quando il prezzo più elevato pagato dall’of- ferente è il corrispettivo di operazioni che avrebbero beneficiato di una delle esenzioni dall’obbligo di opa. L’aumento del prezzo è invece imposto, a tutela degli investitori, quando emergono circostanze che pos- sono aver fraudolentemente influito sul calcolo del corrispettivo minimo: pattuizioni con cui l’offerente si impegna a pagare un prezzo più elevato per l’acquisto di titoli oggetto di opa; accordi collusivi tra l’offe- rente ed uno o più venditori; fondato sospetto di manipolazione dei prezzi di mercato (artt. 106, 3° comma, T.U.F., e 47-bis – 47-novies reg. emittenti).
l’obbligato ha il potere inequivocabile di influenzare la gestione e, in vista di ciò, si trova costretto a dover lanciare un’offerta pubblica con cui, conseguentemente, acqui- stare le azioni di chi intende eventualmente alienarle pagando come corrispettivo un prezzo imposto dalla legge.
Per impedire il verificarsi di alcuni comportamenti elusivi, il presupposto dell’o.p.a. ob- bligatoria sorge anche quando la soglia rilevante è superata sommando gli acquisti e le maggiorazioni di voto di persone che agiscono di concerto: soggetti cioè che cooperano tra di loro sulla base di un accordo che mira al controllo della società oppure al mancato successo dell’o.p.a. promossa da altri. Superata poi la soglia rilevante, i soggetti «con- certisti» sono obbligati solidalmente a lanciare l’o.p.a. totalitaria anche se gli acquisti a titolo oneroso sono stati effettuati da uno solo di essi (art. 109).
Tra le fattispecie dell’o.p.a. obbligatoria, rientra anche l’o.p.a. a cascata39, il cui obbligo sorge quando il superamento della soglia limite imposta ex-lege del trenta per cento in una società quotata, non deriva da un acquisto diretto delle azioni di questa ultima so- cietà, ma dall’acquisto di azioni di un’altra società da cui quella sia partecipata, costi- tuendone il principale elemento patrimoniale.
Nel caso in cui, invece, il superamento della soglia limite sia stato già stato verificato, senza però raggiungere la maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria40, è stabilito che l’obbligo di o.p.a. sussiste solo se gli acquisti o la maggiorazione del voto superano il cinque per cento l’anno. Si parla in tal caso di o.p.a. da «consolidamento»41.
Chi ha già il controllo di diritto, perché è in possesso della metà dei voti, può aumentare la propria quota di partecipazione fin quando non raggiunge le percentuali entro cui sorge l’o.p.a. «residuale»42. «L’art. 108 del T.U.F. prevede un estremo strumento di tu- tela delle minoranze.»43 In forza di ciò, chi ottiene oltre il novanta per cento del capitale di una società quotata costituito da titoli con diritto di voto, è tenuto a promuovere un’o.p.a. totalitaria sui restanti titoli con diritto di voto al prezzo determinato dalla Con- sob, a meno che non ripristini entro centoventi giorni un «flottante sufficiente» ad assi- curare il regolare andamento delle negoziazioni.
39 Art. 106, comma 3, lett. a), T.U.F. e art. 45 del regolamento “Emittenti” n. 11971/1999 emanato dalla Consob
40 Si parla in tal caso di «controllo di diritto», G.F. CAMPOBASSO, in Diritto Commerciale 2, Diritto delle società, op.cit., p. 259
41 Art. 106, comma 3, lett. b, T.U.F. e l’art. 46 del regolamento “Emittenti” n. 11971/1999 emanato dalla Consob
42 Art 108, T.U.F.
43 ASSOCIAZIONE PREITE, op. cit., p. 120.
«Tale previsione legislativa, finalizzata a garantire il “ritiro” di tutte le azioni con diritto di voto ancora sul mercato, alle condizioni, anche di prezzo, stabilite dalla Consob, si giustifica solo sulla premessa che la concentrazione di una tale quantità di azioni in un’unica mano rischierebbe di deprimere gli scambi, rendendo così precaria la garanzia di liquidabilità dell’investimento che la presenza del mercato, invece, dovrebbe assicu- rare.»44
Per contrasto, bisogna ricordare che non sussiste obbligo di offerta quando il possesso di una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento è in via originaria e quando, pur avendo superato la soglia limite prevista ex-lege mediante acquisti a titolo oneroso, ci si trova nel caso di società partecipante e partecipata soggette a comune controllo, ovvero di acquisto a carattere transitorio o acquisto conseguente ad o.p.a. lan- ciata sulla totalità delle azioni, oppure acquisto per salvataggio di società in crisi.
La tutela degli azionisti tanto ribadita finora, mira «da un lato (…) a far sì che nel corso di un’offerta essi non subiscano perdite né vengano esclusi dai guadagni dell’offe- rente.»45 (…) «Dall’altro lato, le offerte pubbliche di acquisto costituiscono uno stru- mento con il quale si possono realizzare operazioni di acquisizione o di change of con- trol efficienti da un punto di vista allocativo, ad esito delle quali il controllo sia allocato presso il soggetto in grado di utilizzare le attività dell’impresa in maniera più efficiente (efficient takeover market hypothesis).»46
Il mancato bilanciamento tra le due finalità, a volte determinato da una possibile elu- sione delle norme in materia di o.p.a., potrebbe portare alla nascita di offerte che non siano efficienti. Talvolta dietro tale mancato bilanciamento è possibile che ci sia un ac- cordo tra le parti, identificato come «patto parasociale», la cui mancata pubblicità ge- nera la perdita di efficienza richiesta nel mercato.47
44 X. XXXXXX, op.cit., p. 250.
45 CONSOB, Regolamento in materia di offerte pubbliche d’acquisto, p. 5.
46 Cfr., H.G. XXXXX, Xxxxxxx and the market for corporate control, The Journal of Political Economy, 1965, Vol. 73, No 2, pp. 110-120; X.X.XXXXXX, R.S. XXXXXX, The Market For Corporate Control: The Scientific Evidence, Journal of Financial Economics, in Journal of Financial Economics, 1983, pp. 5-50. 47 Si cita (di cui si parlerà successivamente) a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, il caso Xxxxxxxxxxxx.
Uno degli strumenti utilizzati per “eludere” in maniera regolare la rigidità dei solidi controlli societari italiani che nel tempo si è fatto strada nel nostro complesso ordina- mento giuridico, è il patto parasociale.
Disciplinati oggi all’art. 122 del T.U.F., questi ultimi sono definiti come patti, o accordi, attraverso i quali si formano delle coalizioni o nuclei stabili con lo scopo di fare blocco e creare delle alleanze di governo societario. Questi ultimi possono essere visti come uno strumento nato per assicurare la stabilità degli asseti proprietari e tutelare i soci di minoranza, che, a causa della loro piccola quota di capitale – se presa singolarmente – non potrebbero avere voce nella gestione.
Dottrina e giurisprudenza non sono però state sempre pacifiche sull’argomento, propo- nendo definizioni diverse che hanno reso difficile il delinearsi di un quadro uniforme. Già nel 1931, Xxxxxx Xxxxxxxxx, di fronte a questi nuovi istituti che stavano nascendo, sostenne che «interprete e legislatore, né possono essere indifferenti, né possono seguire il facile partito della condanna assoluta. Interprete e legislatore, devono, ciascuno nel proprio ambito, inquadrare via via i nuovi fenomeni in un sistema che riesce così peren- nemente rinnovato. Ed è certo preferibile, che i nuovi istituti siano riconosciuti e disci- plinati nell’ambito della Legge, che non che essi, ufficialmente condannati, seguitino tuttavia ad essere usati nella pratica, nell’anarchia della mancanza d’ogni disciplina e d’ogni controllo. Che è la necessaria conseguenza del loro misconoscimento».48
A riaffrontare la questione fu, nel 1942, Xxxxxxx Xxxx, il quale definiva i contratti pa- rasociali «un peculiare fenomeno della pratica societaria consistente nella integrazione e talora nel superamento del regolamento legale e statuario dei rapporti sociali con vin- coli individualmente assunti dai soci fra di loro, o anche verso la società, o anche verso terzi organi sociali, che non si appoggiano come loro fonte alla legge o allo statuto so- ciale ma derivano da accordi distintamente conclusi e quindi estranei al regolamento sociale dei rapporti interni alla società»49. Quella di Oppo non resta però una definizione isolata, poiché, nel corso del tempo, altri esponenti della dottrina si pronunciarono dando la propria interpretazione al fenomeno. In tal senso, Xxxxxxxxx Xxxxxxx li identificava come «quegli accordi con cui i soci dispongono, per separato contratto, dei diritti che
48 Citazione ripresa da C. FOIS, Sindacati di voto e corporate governance: un problema tra ordinamento e sistema della società per azioni, in Governo dell’impresa e mercato delle regole, Scritti giuridici per Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxx, Milano, 2002, t I, p 235.
49 X. XXXX, I contratti parasociali, Milano 1942, p. 1 ss.
derivano loro dall’atto costitutivo, impegnandosi reciprocamente ad esercitarli in modo predeterminato»50, e, ancora, Campobasso li definisce come «quegli accordi con i quali i soci regolano, al di fuori dell’atto costitutivo, il loro comportamento nella società e verso la società»51.
La dottrina aveva quasi subito riconosciuto la validità di tali patti, mentre la giurispru- denza si preoccupava di garantirne la trasparenza e l’inquadramento normativo in appo- site fattispecie.
Dopo un rigoroso rifiuto di fronte alla loro ammissibilità e validità52, «è subentrato un meno drastico orientamento, a partire dalle sentenze Cassazione 5 luglio 1958, n. 212 (in Banca, borsa e titoli di credito, 1958, I, 384) e Cassazione 24 luglio 0000, x. 000 (xx Foro it., 1962, I, 1888), nelle quali trovasi affermato che la questione della nullità o meno dei patti parasociali, che vincolano la libertà di voto, deve essere risolta in base all’esame delle singole situazioni, “avendo presente che la limitazione di ordine pub- blico può riguardare soltanto quei casi nei quali può sussistere un conflitto di interesse tra i soci e le società in quanto solo a protezione di questa si vuole evitare che il voto, vincolato prima della riunione, possa formare artificialmente una maggioranza».53 Successivamente, con la sentenza della Cassazione, 23 aprile 1969, n. 1920 (in Giust. Civ., 1969, I, 1695), sottolineando nuovamente che la questione sui patti parasociali vada analizzata caso per caso, e quindi in base alle singole situazioni, afferma che sono da considerare nulli (i) quei patti azionari che sopprimono il libero voto in assemblea, consentendo non solo la formazione di maggioranze fittizie, ma anche «svuotando per- manentemente» l’assemblea stessa di funzione e contenuto e (ii) i patti che vanno contro l’interesse sociale.
È stato poi proprio il T.U.F. a disciplinare in maniera esaustiva l’istituto riordinando le poche regole precedentemente esistenti e facendo entrare nell’ordinamento anche le due tipologie di sindacato più utilizzate per ottenere il controllo, o almeno una quota soste- nuta di esso: i sindacati di voto e di blocco.54
Il primo è quello più comunemente utilizzato: prevede il voto compatto, occasionale oppure per un periodo di tempo stabilito. Può essere riferito a una, due o tutte le tipologie
50 X. XXXXXXX, Società per azioni in Trattati di diritto commerciale e diritto pubblico dell’economia, Pa- dova, 1988, p. 94.
51 G.F. CAMPOBASSO, Diritto Commerciale 2, Torino, 1995.
52 Cfr. Cassazione 13 gennaio 1932, in Foro it., 1932, I, 331; 10 maggio 1934, ivi, 1934, I, 1862; 3 marzo
1938, n. 706, ivi, 1938, I, 612.
53 X. XXXXXXX, I patti parasociali: disciplina, giurisprudenza e clausole, Milano, 2007, p. 151-152
54 Ad oggi la disciplina è divisa tra codice civile e testo unico della finanza. Nel codice civile di riferimento sono l’art. 2341 bis e ter, mentre all’interno del T.U.F., artt. 122, 123 e 124.
di assemblea societaria e viene regolato l’oggetto del voto oppure la maniera in cui si formerà la volontà degli aderenti. Il sindacato di blocco invece è inteso come un vincolo; esso si esaurisce in vincoli relativi al trasferimento di partecipazioni55 e tale sindacato può essere isolato, ovvero un patto puro sul trasferimento, o a servizio di altri sindacati, e quindi collocato all’interno di un patto più ampio.56
Accertata quindi la validità dei patti57, elementi indispensabili diventano il fatto che l’intento del patto parasociale rispetti quanto sancito dall’art 1322 del codice civile58 e gli obblighi pubblicitari relativi agli stessi. La ragione per cui il legislatore ha voluto imporre prestabiliti oneri di pubblicità (a carico degli aderenti, in maniera solidale) ri- siede nella volontà di voler tutelare non solo il risparmio, ma anche gli azionisti di mi- noranza.
L’art. 122 del T.U.F. mira a «realizzare un ragionevole equilibrio tra l’esigenza di assi- curare il necessario grado di contendibilità della proprietà e del potere e, nello stesso tempo, di non mortificare eccessivamente l’autonomia privata dei soci nel momento in cui permette di rendere più stabili sia le coalizioni di governo sia quelle di monitoraggio sulla conduzione delle imprese quotate attraverso la stipulazione di convenzioni para- sociali».59
Il fine ultimo della pubblicità a cui i patti sono soggetti è quello di evitare che tale ac- cordo resti occulto e che qualsiasi shareholder o stakeholder, sia consapevole dell’as- setto della società di cui fa parte o vuole entrare a far parte. «Attraverso la conclusione di xxxxx parasociali, gli aderenti convengono di unire le proprie forze e di esercitare con-
55 Un blocco potrebbe essere quello di non vendere azioni per i prossimi n anni. D’esempio è il patto creatosi all’interno di GT FIN S.r.l. e di cui V.G. è stato accusato di aver violato il sindacato avendo venduto le proprie quote di partecipazione. (In riferimento a ciò, Ordinanza 8 luglio 2014 del Tribunale di Genova)
56 Xxxxxxx essere poi ricordati anche il divieto assoluto di cessione di partecipazioni per un determinato periodo; il blocco con gradimento, caso in cui vi dovrà essere da parte dei soci aderenti al patto il gradi- mento all’ingresso di un nuovo socio; prelazione dei soci presenti nel patto rispetto alle azioni del socio che vuole vendere.
57«In questo senso si è ormai decisamente orientata anche la giurisprudenza, la quale oggi riconosce che i sindacati di voto non sono di per sé vietati (Cass, 23/11/2001 n. 14865, in Giur. Comm., 2002, II, 666, con nota di COSTI), salvo verificare se nel caso concreto il vincolo assunto dai contrenti si ponga in contrasto con norme imperative o presenti un motivo comune illecito (Cass., 18/07/2007, n.15936, in Società, 2009, 197; Cass., 28/04/2010, n. 10215, in Banca e borsa, 2012, II, 131, con nota di CIOCCA)» G.F. CAMPOBASSO, in Diritto Commerciale 2, Diritto delle società, op. cit., nt. 98, p. 344.
58 Art. 1322 del Cod. Civ. «Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge [41 Cost.] e dalle norme corporative. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare [1323], purché siano diretti a realizzare inte- ressi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico».
59 X. XXXXX, I patti parasociali, in La riforma delle società quotate, a cura di X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX,
X. XXXXX, X. XXXXX, X. XXXXX XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXX XXXXXX, Milano, 1998, p. 128.
giuntamente, valendosi delle rispettive partecipazioni, un’influenza dominante sulla so- cietà».60 È importante quindi che sia identificato l’esatto centro di potere della società. La questione di fondo, quindi, è quella di tutelare la «trasparenza delle situazioni di potere che essi concorrono a determinare, attraverso la concentrazione e l’indirizzo uni- tario dei voti».61
Per quanto detto finora, nel caso di società non quotate che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, gli obblighi pubblicitari devono essere adempiuti attraverso la comu- nicazione alla società e la loro dichiarazione all’apertura di ogni assemblea (art. 2341- ter). Nel caso, invece, di società quotate, i patti devono essere comunicati alla Consob (e alla società quotata nel caso di loro controllanti), devono essere pubblicati sulla stampa quotidiana e, ancora, devono essere depositate presso il registro delle imprese. Tutto ciò entro un periodo di tempo determinato a partire dalla loro stipulazione, ovvero un massimo di cinque giorni (artt. 122, 1°-2° comma, T.U.F. e Regolamento Emittenti 127-131).
Nel caso in cui dovesse verificarsi la violazione di tali obblighi di trasparenza, le san- zioni sono non poco pesanti: oltre ad una sanzione pecuniaria amministrativa, verrà de- cretata la nullità del patto.62
Nonostante per quanto riguarda la forma, non esiste un obbligo a cui i contraenti devono sottostare, «il legislatore ne limita però la durata, al fine di evitare una cristallizzazione delle posizioni di potere»63. In tal senso, nel caso di società non quotata, essi non pos- sono avere durata superiore ai cinque anni, mentre nel caso di società quotata, la durata massima è di tre anni. In dottrina è stato reputata legittima la possibilità di adottare il meccanismo di automatica rinnovazione, già adottato in precedenza per altri contratti di durata64.
In merito alla durata dei patti, può talvolta accadere che questi ultimi vengano stipulati solo occasionalmente o alla luce di singole assemblee: è sempre la volontà di soddisfare esigenze antielusive che porta anche a sottolineare l’importanza della trasparenza65.
60 ASSOCIAZIONE PREITE, op.cit., p. 64.
61 G.F. CAMPOBASSO, in Diritto Commerciale 2, Diritto delle società, op.cit., p. 341.
62 Ciò ai sensi del comma 3°, art. 122, T.U.F.
63 G.F. CAMPOBASSO, in Diritto Commerciale 2, Diritto delle società, op.cit., p. 342.
64 Condivide tale orientamento V. DONATIVI, Sub art. 2341-bis, in Società di capitali, Commentario, a cura di X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX D’ALCONTRES, NAPOLI, 2004, p. 181.
65 Sposano questa opinione X. XXXXXXX, Sub artt. 2341-bis -2341-ter, in Costituzione-conferimenti, Com- mentario alla riforma delle società, diretto da X. XXXXXXXXX, X. X. XXXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXX, Xx- xxxx, 2008, p. 339; V. DONATIVI, op.cit., p. 170.
L’interpretazione che la Consob ha fornito in merito alla nozione di patto presente all’art. 122 T.U.F. è particolarmente restrittiva66, considerando come tali solo quelli che realmente influiscono sugli assetti proprietari delle società quotate e, di conseguenza, sulla loro contendibilità. Non sono quindi riconducibili alla «causa dei xxxxx xxxxxx- ciali»67, gli accordi di lock-up, i contratti di compravendita di azioni, le opzioni put e call o i contratti futures68.
L’elemento costitutivo del «concerto» all’interno della disciplina dei patti parasociali, è rappresentato dalla partecipazione complessiva detenuta dai concertisti.69 La questione sulla «partecipazione complessiva» è stata affrontata ufficialmente dalla Consob già nel 199970, quando ha ritenuto confluire all’interno di tale totalità non solo tutte le azioni vincolate al patto, ma anche altre azioni eventualmente tenute al di fuori dai paciscenti.
«Tale opzione interpretativa, la quale si basa sull’assunto che i partecipanti al patto ten- deranno, di fatto, ad esercitare i diritti sociali in modo convergente anche con riferi- mento alle azioni non vincolate, sembra anche trovare una legittimazione sul piano nor- xxxxxx (…)»71. Il voto convergente potrebbe essere considerato come oggetto di un nuovo patto parasociale, in quanto accordo formalizzato verbalmente, e ritenuto valido ai sensi dell’art. 122, comma 5, T.U.F., e assoggettato, tra l’altro, al regime di presun- zione assoluta di azione di concerto dai detentori delle azioni72.
La Consob si è anche pronunciata in merito ad eventuali mutamenti interni del patto che hanno comportati una ridistribuzione delle partecipazioni detenute da ogni singolo par- tecipante, senza influenzare la quota complessivamente detenuta, così come nel caso dell’ingresso di un socio all’interno del patto che acquisti per intero la partecipazione di un altro partecipante uscente. La risposta ai quesiti in merito alle suddette ipotesi è stata la rilevanza ai fini o.p.a. soltanto nel caso in cui vengano significativamente modificate
66 Ciò è desumibile dalla Comunicazione Consob del 18 aprile 2000, n. DIS/29486, in risposta ad un quesito concernente l'ambito di applicazione della disciplina dei patti parasociali di cui agli artt. 122-123 del T.U.F. con particolare riferimento agli accordi di lock-up.
67 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit, p. 1439.
68 La Comunicazione in esame sostiene che l’unica possibilità per tali accordi di essere considerati come
«patti parasociali» è la presenza di una specifica clausola che li definisce come tali. In tal caso, secondo la Consob, saranno le stesse clausole ad essere assoggettate al regime di pubblicità e alle ulteriori disposizioni previste dal T.U.F. per i patti parasociali.
69 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit, p. 1439.
70 Comunicazione del 31 marzo 1999 n. DIS/99024712.
71 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit, p. 1440.
72 X. XXXXXXXX, op.cit., p. 217.
le regole di funzionamento del patto o degli assetti di potere esistenti al suo interno73 comportando la necessità di tutelare il socio di minoranza.
Talvolta gli assetti proprietari vengono completamente stravolti a causa di operazioni di fusione e scissione. Nella situazione in cui la stipula dei patti parasociali risulta di ausilio alla realizzazione di una fusione e contestuale agli accordi relativi al suo progetto, tali patti devono necessariamente essere considerati come parte attiva dell’operazione. In tale contesto, i patti resi noti prima dell’assemblea con la quale si rende noto il progetto di fusione, sia secondo quanto stabilito dall’art. 122 T.U.F., sia nella relazione degli amministratori dell’assemblea che, se redatto, nel documento di fusione, saranno consi- derati dalla medesima assemblea nell’ambito della valutazione complessiva del progetto sopra menzionato74. La Consob si riserva comunque la possibilità di valutare il predetto orientamento alla luce delle concrete fattispecie sottoposte, analizzando volta per volta le tempistiche della stipula per capire se effettivamente la fusione è funzionale al con- trollo di una società quotata in elusione di un obbligo di o.p.a.75
4. Elusione degli obblighi imposti ex lege
Non di rado accade che, se la legge impone un obbligo di tenere uno specifico compor- tamento, in molti cercano di eluderlo al fine di trarne un vantaggio proprio o per altri. Quanto appena affermato può accadere - ed è accaduto76 - anche riguardo alle norme che disciplinano l’o.p.a. obbligatoria, quando, al superamento della soglia prefissata del trenta per cento, un gruppo di soggetti effettua acquisti di partecipazioni in modo isolato e singolo, per poi esercitare, di fatto, il controllo societario in maniera congiunta.
73 In tal senso, Comunicazione del 31 marzo 1999, n. DIS/99024712 (Quesito concernente la modifica dei patti parasociali della banca e l'applicabilità della disciplina dell'o.p.a. obbligatoria di cui all'art 109 del d.lgs. 58/98. Il riferimento è all'operazione di compravendita tra «A» e «B» di una partecipazione pari all'8,75% del capitale della banca e al contestuale conferimento di tale partecipazione nei patti parasociali della banca rilevanti ai enti dell'art 122 T.U.F. Occorre verificare se l'acquisto rientra nell'ipotesi di acquisto di concerto. L’esito dell'operazione in esame non solo non comporterà il superamento della soglia di pos- sesso azionario rilevante ai fini o.p.a. da parte di un singolo aderente al patto, ma neppure lo comporterà da parte degli aderenti nel loro complesso); Comunicazione del 13 agosto 1999, n. DIS/99061705 (Quesiti concernenti l'applicabilità della disciplina dell'o.p.a. obbligatoria con riferimento all'ingresso di nuovi soci nel patto parasociale. I due quesiti sono volti a sapere se la modifica della composizione del patto possa determinare l'obbligo di o.p.a. e se l'ipotizzata variazione della percentuale di partecipazione al capitale di
«A» da parte degli aderenti al patto possa far sorgere obbligo di o.p.a. La commissione ha reputato che la riposta debba essere negativa in entrambi i casi).
74 Comunicazione Consob del 22 luglio 2002, n. DEM/2050754.
75 X. XXXXXXX, Xxxxx xxxxxxxxxxx, «exit» e «voice» nell’esenzione da opa per fusione e scissione, in Le Società, n.10/2002, p. 1289 e ss.
76 Si avrà modo di analizzare diversi casi nel Capitolo successivo.
È proprio la disciplina dell’azione di concerto ad avere lo scopo di smascherare even- tuali comportamenti illeciti di chi non vuole rendere noti gli effettivi rapporti tenuti con i terzi, sulla base di tutte quelle situazioni che possono far sospettare un ipotetico coor- dinamento. Bisogna quindi individuare il tipo di legame che esiste tra i soggetti “con- certisti” e i terzi su cui grava l’onere della prova77.
Le disposizioni dell’art. 109 T.U.F. sono tassative e fanno capire che, «non sarebbe pos- sibile affermare, per esempio, che l’esistenza di un patto parasociale non manifesta la volontà di procedere agli acquisti concertati»78 o che, in altri casi, la stipula di tale patto, non sia sufficiente a far sorgere l’obbligo di o.p.a. poiché serve che siano stati effettuati degli acquisti nei dodici mesi antecedenti la stipula del patto stesso79.
Di fondamentale importanza è anche la questione riguardante i «patti nulli». Essa è ri- chiamata al comma 3, art. 122, il quale sancisce che, in caso di inosservanza degli ob- blighi previsti al comma 180, i patti sono nulli. Il legislatore italiano, a questo punto, suggerisce che il «concerto» è determinato dall’esistenza di un patto, sebbene questo sia nullo. Secondo quanto sancito dall’art. 109, T.U.F., è irrilevante che i patti siano giuri- dicamente vincolanti, oppure nulli: essi sono visti come fatti giuridici81, o, meglio an- cora, come pratiche facilitanti, ma non come contratti82. Per questo, la tesi che l’unica ipotesi di nullità rilevante ai fini dell’art. 109 sia quella speciale posta dall’art. 122,
77 In tal senso «Ai fini della prova occorre che sia dimostrata la presenza degli elementi essenziali del patto, non sussistendo deroghe ai principi generali (art. 122 D.Lgs. 58/1998). Pertanto, chi intende provare l’esi- stenza di un patto parasociale, ha l’onere di provare: (i) l’intervenuto accordo tra le parti; (ii) che il conte- nuto dell’accordo integra una delle ipotesi previste dall’art. 122 D.Lgs 58/98; (iii) quali soggetti abbiano aderito al patto» X. XXXXXXX, X. XXXXX, Società, Milano, 2016.
78 X. XXXXXXXX, Trasferimento del controllo e offerte pubbliche di acquisto, Bologna, 2000, p. 44
79 A sostegno di ciò, CONSOB, Comunicazione n. DAL/38036 del 18 maggio 2000 con oggetto: «Quesito in merito all'applicabilità della disciplina in materia di OPA obbligatoria in ipotesi di modifica di patto parasociale». La Consob ha dichiarato che «Al fine di fornire risposta al primo dei quesiti posti, si rileva che l'art. 109 (Acquisto di concerto) impone l'obbligo di offerta agli aderenti ad un patto del tipo previsto dall'art. 122, soltanto a seguito di "acquisti a titolo oneroso effettuati anche da uno solo di essi". Al comma 2 la stessa norma stabilisce tuttavia - al fine di evitare facili elusioni della disciplina - che i suddetti acquisti rilevano anche qualora "siano stati effettuati nei dodici mesi precedenti la stipulazione del patto ovvero contestualmente alla stessa". Al riguardo, nella nota inviata a Xxxxxx si riferisce che "la conclusione del patto non si accompagna ad acquisti di azioni diverse da quelle già possedute dagli aderenti". Nel presup- posto che durante il suddetto arco temporale non si siano verificati acquisti - circostanza in ordine alla quale la Commissione si riserva di compiere ogni opportuna verifica - si conferma che il mero rinnovo del patto non determina la ricorrenza dell'obbligo di cui all'art. 109 del T.U.F».
80 Art. 122, comma 1, T.U.F. «I patti, in qualunque forma stipulati, aventi per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano entro cinque giorni dalla stipula- zione sono: a) comunicati alla Consob; b) pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana; c) depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sua sede legale; d) comunicati alle società con azioni quotate»
81 Cfr. X. XXXXXXX, Il paradosso dei sindacati di voto, in Contr. Impr., 1995, pp. 65-66.
82 Cfr. X. XXXXX, Sub art. 109, in Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermedia- zione finanziaria, a cura di X. XXXX – X. XXXXXXXXXXX, XX, Xxxxxx, 0000, p. 1418 ; X. XXXXXXXXXX, Opa: la nuova disciplina, in Banca borsa, 1999, p. 155. Anche la Consob si è pronunciata seguendo lo stesso orientamento Com. del 12 ottobre 2000 n. DEM/75252.
comma 1, T.U.F., risulta non solo priva di basi testuali, ma del tutto contraria alla ratio
della disciplina83.
Con lo stesso approccio va affrontata anche la rilevanza di un patto stipulato oralmente, o per facta concludentia, per il quale, la volontà di coordinarsi, non sia stata manifestata a terzi.
«Si può affermare (…) che il patto implicito o tacito, concluso oralmente o per fatti concludenti, assume rilevanza in quanto ciò è richiesto dal rispetto delle finalità della Legge, come si evince dall’espressione “in qualunque forma stipulati” contenuta nell’art. 122, commi 1 e 5, del T.U.F»84
«L’obiettivo perseguito dal legislatore con le norme in materia di pubblicità dei patti parasociali di cui all’art. 122 del T.U.F. è quello di assicurare la trasparenza degli assetti proprietari e di fornire di essi una chiara e completa informazione al mercato»85.
Nel 2005, la «trasparenza» tanto ricercata dal legislatore, ha rischiato di essere compro- messa attraverso la reintroduzione del voto segreto: la legge sulla tutela del risparmio n. 262 di quello stesso anno, all’art.147-ter, comma 2, del T.U.F. aveva previsto l’obbligo di non rendere noto l’identità dei votanti.
Il motivo dietro questa scelta era quello di voler tutelare gli azionisti, permettendo loro di votare in maniera più libera e spontanea; tale principio però si scontrava con le esi- genze di trasparenza di cui il mercato, soprattutto finanziario, deve assolutamente go- dere.
Il voto segreto rendeva assolutamente difficile, se non impossibile, valutare l’esistenza di soggetti che agivano di concerto, identificare pratiche collusive, oppure riconoscere sindacati di voti. La dottrina, infatti, si era espressa in merito, sostenendo la rilevanza che assumono le manifestazioni di voto degli ipotetici paciscenti quale indicatore pre- suntivo dell’esistenza di un patto86. Successivamente, nel dicembre dello stesso anno, il
83 In tal senso, P. GIUDICI, op. cit., p. 500.
84 X. XXXX, Xxxxx parasociali, in Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermedia- zione finanziaria, a cura di X. XXXX, X. XXXXXXXXXXX, II, Padova, 1998, p. 1140.
85 X. XXXXXXX, Xxxxx parasociali, in La disciplina delle società quotate nel Testo Unico della Finanza, a cura di X. XXXXXXXXX, X.X. XXXXXXX, Xxxxxx, 0000, p. 822.
86 Non pochi esponenti della dottrina avevano criticato il voto segreto, sostenendo che «compromette la possibilità di accertare l'aggiramento di discipline quali, per es., quella sull'o.p.a. obbligatoria, atteso che il parallelismo di voto può essere considerato in certe circostanze un indizio di esistenza di un patto paraso- ciale occulto, ma diventa non rilevabile in caso di scrutinio segreto», XXXXXXXXX-GIUDICI, La legge sul risparmio, ovvero un pot-pourri della corporate governance, in Rivista delle società, 2006, p.573 ss. Lo stesso severo giudizio è stato espresso da X. XXXXX, il quale sostiene che «si deve partire dalla considera- zione che il voto segreto per la nomina delle cariche assembleari, combinato al voto di lista, potrebbe ren- dere difficile verificare se le cosiddette liste di minoranza siano effettivamente votate da soggetti non legati (o non coincidenti) con il gruppo di controllo. Sorge allora il legittimo sospetto che il voto segreto indebo- lisca, anziché́ rafforzare, la rappresentanza delle minoranze in consiglio, che si vorrebbe perseguire tramite
legislatore ha riaffermato il principio del “voto palese” nelle votazioni per le elezioni dei membri degli organi collegiali87 lasciando al comma in questione una vita molto breve.
Un altro elemento che potrebbe stimolare la volontà di alcuni soggetti di eludere l’ob- bligo di o.p.a. obbligatoria è la possibilità di includere nel patto parasociale corretta- mente pubblicizzato, clausole per cui, qualora uno dei soci dovesse effettuare operazioni che fanno superare le soglie rilevanti ex lege, il patto si risolve88.
Ovviamente, la questione diventa giuridicamente rilevante, quando la risoluzione del patto è solo fittizia e i paciscenti continuano ad operare di concerto in maniera segreta. A quel punto bisogna dimostrare che il patto sta continuando a produrre i suoi effetti all’interno della società, rendendo l’onere probatorio assolutamente non semplice da assolvere.89
Giova, inoltre, analizzare come la legislazione vigente intende orientarsi nel caso di le- sioni di situazioni giuridiche e conseguente diritto al risarcimento per mancato avvio di
o.p.a. obbligatoria. La normativa in materia di offerte pubbliche impone degli obblighi di comportamento che, come si è già precedentemente detto, hanno un doppio fine di tutela: da un lato il mercato in generale e la correttezza delle operazioni che in esso vengono condotte, e dall’altro le posizioni dei singoli soci, i quali sono anche in rapporto contrattuale tra loro, nonché di finanziamento o sociali.
«Se quindi le norme sull’o.p.a. sono destinate a regolare un rapporto contrattuale, la loro violazione deve portare ad una responsabilità contrattuale, per cui potrebbe derivarne il
il meccanismo del voto per lista. Più in generale, mentre sempre più si afferma, anche a livello legislativo, che la trasparenza degli assetti proprietari e degli schieramenti di potere all’interno delle società quotate rappresentano una condizione essenziale del buon governo societario, il legislatore solleva una cortina fu- mogena su uno dei momenti centrali della vita della società, in nome della presunta esigenza di tutelare la libertà di coscienza del socio-elettore, esigenza che non sembra rappresentare la primaria necessità del ca- pitalismo italiano nella sua attuale fase di sviluppo l’incoerenza di un’impostazione normativa che prescrive obblighi di pubblicità ai sindacati di voto e, al contempo, indebolisce fortemente la possibilità di addivenire al loro accertamento», X. XXXXX, La legge sulla tutela del risparmio e il degrado della tecnica legislativa, in Rivista delle società, 2006, p. 1 ss.
87 Il voto segreto, e quindi il comma 2, art. 147 del T.U.F., è stato abrogato con decreto legislativo del 29 dicembre 2006, art. 3, n. 303.
88 A quel punto non sarebbero più rilevanti le disposizioni dell’art. 109 T.U.F.
89 Per argomentare quanto appena detto, si cita «Se le parti hanno credibilmente posto come sanzione al superamento del limite la dissoluzione del patto, viene meno l'applicabilità dell'art. 109, perché la coalizione si scioglie e non trova più giustificazione la necessità di garantire ai soci di minoranza un' exit dalla società. Non deve valere, contro tale interpretazione, l'argomento che essa consente facili elusioni della norma. Il punto è che un obbligo di opa ex art. 109 non può esistere con il venir meno di qualsiasi forma di aggrega- zione di controllo. Se i soci sindacati hanno precedentemente dichiarato contrattualmente che il supera- mento delle soglie di crescita assegnate determina la risoluzione del patto, l'unico modo per obbligarli all'opa è dimostrare che in realtà il patto non è affatto rimasto privo di effetti, e che tuttora esiste una loro aggregazione capace di governare in modo coeso la società. Di nuovo, si apre un problema di prova.» P. GIUDICI, L’acquisto di concerto, in Rivista delle società, 2001, p. 490 ss.
risarcimento dei soli danni prevedibili e si osserva che ciò mal si concilia con le oscil- lazioni a lungo termine del valore dei titoli di borsa, per la loro natura non esattamente prevedibili, per quanti sforzi si facciano»90. Le disposizioni in materia di o.p.a., infatti, considerano e mirano a salvaguardare l’interesse alla tutela degli investitori nel mercato, e, conseguentemente sussiste, a fronte dell’obbligo del socio di controllo di promuovere l’offerta, il corrispondente diritto dei soci di minoranza di ottenere i benefici economici derivanti dalla promozione di quest’ultima91.
Con la motivazione della sentenza sopra citata, il Tribunale prende posizione sulla que- stione della qualificazione delle posizioni giuridiche soggettive derivanti dalla legisla- zione in materia di offerta pubblica residuale. La Corte d’Appello di Milano aveva già precedentemente definito la promozione dell’o.p.a. obbligatoria come «un onere neces- sario per conseguire effettivamente il controllo» che comportava però la sanzione del
«mancato conseguimento della situazione di vantaggio ricercata dall’onerato»92. Pas- sando quindi al piano della responsabilità dell’obbligato, spostandosi dal riconosci- mento dell’obbligo dell’azionista di promuovere l’offerta al correlato diritto del socio di minoranza di vendere al primo i titoli in questione, si arriva a ricondurre alla categoria della responsabilità contrattuale, il relativo inadempimento del socio di controllo. È pro- prio tale inadempimento a determinare la lesione della situazione giuridica soggettiva attiva che combacia con la situazione passiva posta a carico dell’inadempiente da una fattispecie che mette in relazione diretta i titolari delle due diverse posizioni giuridiche, presupponendo uno specifico rapporto tra essi93.
90 Così si è pronunciato il Tribunale di Milano, Sez. VIII, 30 marzo 2007, n. 3982. In tal senso si è orientato anche lo stesso Xxxx. Milano 9 giugno 2005, nella cui motivazione si evince che «l’obbligo di lanciare l’o.p.a. si configura come un obbligo contrattuale che si inserisce nel contratto sociale sotteso allo strumento finanziario, l’adesione al quale si determina con il semplice acquisto delle azioni diffuse sul mercato rego- lamentato, posto che la legge impone a chi acquista i titoli di società quotate di rispettare le regole del mercato imposte a tutela degli investitori che, anche solo con piccoli e irrisori acquisti nel loro insieme finiscono per alimentarlo e sostenerlo in maniera rilevante.»
91 Cfr. X. XXXXXXX, Società quotate: l’obbligo di lanciare l’o.p.a. ha natura contrattuale, nota a Trib. Mi- lano 9 giugno 2005, in Corriere Merito, 2005, p. 1156.
92 App. Milano 27 novembre 1998.
93 X. XXXXX, Lesioni di situazioni giuridiche e diritto al risarcimento per mancato avvio di Opa obbligato- ria, in Le Società, 2008, I, p. 75.
5. La disciplina nel Regolamento Emittenti
Dal comma 4-ter dell’art. 101-bis del T.U.F. si delega alla Consob per l’individuazione dei casi per i quali si presume un’azione di concerto, salvo che i soggetti in questione non provino che non ricorrono le condizioni individuate dal sopra menzionato comma.
«Tale delega è stata esercitata perseguendo l’obiettivo di evitare che incertezze inter- pretative sulla regolamentazione dell’azione di concerto (considerando, in particolare, l’ampia nozione generale di concerto introdotta al comma 4 dell’art. 101-bis del TUF, recependo la Direttiva OPA), possa costituire un ostacolo alla partecipazione attiva delle minoranze e, in particolare, degli investitori istituzionali, nella governance delle imprese attraverso l’esercizio di diritti che la disciplina vigente attribuisce a minoranze qualifi- cate»94.
La disciplina dell’«azione di concerto», in relazione alle offerte pubbliche d’acquisto e ai patti parasociali, è situata all’interno del Regolamento concernente la disciplina degli emittenti approvato con delibera Consob n. 11971 del 1999. Esso è noto come «Rego- lamento Emittenti» e gli articoli di interesse sono gli artt. 44-quater, 45, 47-bis - 47- octies, 49 e 5095. In questa sede, l’attenzione verrà posta sul primo degli articoli elencati, ovvero il 44-quater, disciplinante le «Persone che agiscono di concerto».
Con le prime considerazioni che la Consob ha fatto dopo la Direttiva OPA, si è posta fin da subito, particolare attenzione ai rapporti basati sul concetto di parentela. I soggetti legati da rapporti familiari, potrebbero infatti far presumere l’esistenza di un coordina- mento nelle gestioni delle partecipazioni, che, considerato l’assetto industriale italiano caratterizzato da una presenza diffusa di imprese a conduzione familiare, non è trascu- rabile. Tale “concerto” potrebbe presumersi anche in assenza di un accordo paraso- ciale.96
94 CONSOB, Allegato n. 6 al Documento di Consultazione 6 ottobre 2010 del Regolamento emittenti - Rece- pimento della Direttiva 2004/25/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio e Revisione della Regolamen- tazione in materia di Offerte Pubbliche di Acquisto e Scambio
95 Art. 44-quater: «Persone che agiscono di concerto»; Art. 45: «Acquisto indiretto»; Art. 47-bis: «Proce- dimento per la riduzione del prezzo dell’offerta pubblica obbligatoria»; Art. 47-ter: «Riduzione del prezzo in caso di eventi eccezionali»; Art. 47-quater: «Riduzione del prezzo in caso di manipolazione»; Art. 47- quinquies: «Riduzione del prezzo in caso di particolari operazioni di compravendita»; Art. 47-sexies:
«Procedimento per l’aumento del prezzo dell’offerta pubblica obbligatoria»; Art. 47-septies: «Aumento del prezzo in caso di pattuizioni per l’acquisto di titoli»; Art. 47-octoes: « Aumento del prezzo in caso di collusione»; Art. 49: «Esenzioni»; Art. 50: « Obbligo di acquisto».
96 Anche l’ordinamento inglese prevede tra le presunzioni iuris tantum, i rapporti tra la società e i suoi amministratori ed i rispettivi “close relatives”.
Inizialmente tale previsione era stata eliminata dallo schema di decreto legislativo per il recepimento della Direttiva OPA, a causa delle difficoltà nelle quali gli operatori sareb- bero incorsi per fornire la prova dell’assenza di concerto e l’enorme mole di tempo ne- cessario a statuire l’esistenza degli obblighi in esame. Pertanto, nel Decreto 229/200797 era stato preferito l’inserimento di una norma di chiusura assoluta concernente “soggetti che cooperano al fine di ottenere il controllo della società emittente”98.
«Alla luce della successiva abrogazione della suddetta presunzione assoluta di concerto tra soggetti che cooperano indipendentemente dall’esistenza di un accordo e della intro- duzione nel TUF con il medesimo decreto di una specifica delega alla Consob ad indi- viduare delle presunzioni relative di azione di concerto, si è ritenuto opportuno preve- dere tale presunzione relativa ai rapporti familiari circoscrivendone l’ambito applica- tivo».99
Nel dettaglio, si era posta in consultazione tale disposizione: «Si considerano persone che agiscono di concerto, salvo che provino che non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 101-bis, comma 4, lett a) del Testo unico: un soggetto, il coniuge, il convi- vente, gli affini e i parenti in linea retta e in linea collaterale entro il secondo grado, i figli del coniuge e del convivente; […]». La Consob, inoltre, ha ritenuto opportuno in- serire, tra le presunzioni di persone che agiscono di concerto, i rapporti con i «consulenti finanziari per operazioni relative all’emittente»100, anche alla luce di situazioni in cui gli advisors finanziari dell’offerente hanno contribuito all’esito finale (in maniera traspa- rente o meno) dell’operazione di acquisizione operando sui titoli ad oggetto.
Nel decreto di recepimento 229 del 2007, il MEF aveva già individuato tra le ipotesi di presunzione quella di “un soggetto ed una società ad esso legata da un contratto di consulenza in relazione ad offerte pubbliche di acquisto o di scambio”. Anche in questo
97 Il Decreto 229/2007 rappresenta il primo decreto di attuazione, susseguito poi dal “Decreto Correttivo”.
98 Ad oggi, art. 44-quater, comma 1, lett. a), Reg. Em.
99 CONSOB, Allegato n. 6 al Documento di Consultazione 6 ottobre 2010 del Regolamento emittenti - Rece- pimento della Direttiva 2004/25/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio e Revisione della Regolamen- tazione in materia di Offerte Pubbliche di Acquisto e Scambio.
100 Ciò anche alla luce di quanto disciplinata dall’ordinamento inglese. Infatti, nel Takeover Code (Defini- tions) viene definito il rapporto concertato che può nascere tra advisors e clienti, come «a connected adviser with its client and, if its client is acting in concert with an offeror or with the offeree company, with that offeror or with that offeree company respectively, in each case in respect of the interests in shares of that adviser and persons controlling, controlled by or under the same control as that adviser (except in the capacity of an exempt fund manager or an exempt principal trader».
«Nell’ordinamento inglese, la presunzione può considerarsi superata solo se il Panel si convince della totale estraneità dell’advisor rispetto all’operazione sui titoli dell’emittente e, in tal caso, tra gli elementi da va- lutare, si suggerisce di considerare la natura dell’attività svolta dall’advisor, ovvero se limitata alla consu- lenza in corporate finance o estesa ad attività di broker.» C. MOSCA, Xxxxxx di concerto e Opa obbligatoria, op. cit., p. 32.
caso, si è deciso di eliminare tale disposizione, introducendo una norma di chiusura che chiarifichi i rapporti con i consulenti finanziari per le operazioni relative all’emittente, ponendo rilievo solo sugli acquisti anomali, ovvero al di fuori dell’ordinaria gestione della propria attività.101
Al comma 2, art. 44-quater, Reg. Em., sono invece identificati tutti i casi di coopera- zione che non configurano un’azione di concerto, ai sensi di quanto sancito dal T.U.F. Esso prevede che, non configurano azione di concerto: «a) il coordinamento tra azioni- sti al fine di esercitare le azioni e i diritti loro attribuiti dagli articoli 2367, 2377, 2388, 2393-bis, 2395, 2396, 2408, 2409 e 2497 del codice civile ovvero dagli articoli 126-bis, 127-ter e 157 del Testo unico; b) gli accordi per la presentazione di liste per l’elezione degli organi sociali ai sensi degli articoli 147-ter e 148 del Testo unico, sempreché tali liste candidino un numero di soggetti inferiore alla metà dei componenti da eleggere ovvero siano programmaticamente preordinate all’elezione di rappresentanti della mi- noranza; c) la cooperazione tra azionisti per contrastare l’approvazione di una delibera di assemblea straordinaria o di una delibera di assemblea ordinaria avente ad oggetto:
1) i compensi dei componenti degli organi sociali, le politiche di remunerazione o i piani di compensi basati su strumenti finanziari; 2) operazioni con parti correlate; 3) autorizzazioni ai sensi dell’articolo 2390 del codice civile o dell’articolo 104 del Testo unico; d) la cooperazione tra azionisti per: 1) favorire l’approvazione di una delibera assembleare avente ad oggetto la responsabilità dei componenti degli organi sociali o di una proposta all’ordine del giorno ai sensi dell’articolo 2367 del codice civile o dell’articolo 126-bis del Testo unico; 2) far confluire voti su una lista che candidi un numero di soggetti inferiore alla metà dei componenti da eleggere o sia programmati- camente preordinata all’elezione di rappresentanti della minoranza, anche tramite la sollecitazione di deleghe di voto finalizzata alla votazione di tale lista».
Prevedere delle determinate presunzioni assolute negative di azione di concerto è utile per oltrepassare i dubbi interpretativi e fornire un quadro regolamentare che favorisca il coordinamento e la comunicazione tra gli azionisti che non sono interessati al controllo della società, ma puntano ad avere un ruolo attivo e qualificato, nell’ambito della cor- porate governance.
101 Ci si riferisce all’art 44-quater, comma 1, lett b) “(…) un soggetto e i suoi consulenti finanziari per operazioni relative all’emittente, ove tali consulenti o società appartenenti al loro gruppo, dopo il conferi- mento dell’incarico o nel mese precedente, abbiano effettuato acquisti di titoli dell’emittente al di fuori dell’attività di negoziazione per conto proprio effettuata secondo l’ordinaria operatività e a condizioni di mercato.”
In altre parole, si ritiene che l’attuazione di iniziative e intese occasionali tra azionisti di minoranza finalizzate a coordinare i comportamenti quando stanno per verificarsi spe- cifici eventi societari, non configurino un’azione concertata, in quanto, tali iniziative, esauriranno i propri effetti uno actu e non influiranno in maniera permanente sulla ge- stione societaria102.
102 In tal senso, CONSOB, Allegato n. 6 al Documento di Consultazione 6 ottobre 2010 del Regolamento emittenti - Recepimento della Direttiva 2004/25/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio e Revisione della Regolamentazione in materia di Offerte Pubbliche di Acquisto e Scambio.
Capitolo Secondo
Analisi dei casi
Sommario: 1. Cenni introduttivi - 2. Il caso Gildemeister: quando a vincere è l’offerta peggiore – 3. Il caso Antonveneta: aggiotaggio e scalate occulte.
L’evoluzione normativa che ha interessato la disciplina dell’«azione di concerto», in relazione ai patti parasociali e alle offerte pubbliche d’acquisto, ha provato a sopperire, nel corso nel tempo, alle esigenze che man mano si manifestavano sul mercato.
Nonostante i continui «aggiustamenti» e le continue modifiche apportate alla disciplina in esame dall’ordinamento italiano, e da quello comunitario, gli operatori finanziari hanno più volte provato ad eludere gli obblighi imposti ex-lege.
A partire dal 1998103, numerose sono state le diatribe riguardanti casi reali che hanno coinvolto i diversi istituti e le differenti fattispecie contenute al suo interno, le quali, a seconda delle diverse situazioni, hanno indotto la Consob a fornire il proprio giudizio in merito.
I primi due casi rappresentano casi in cui l’elusione degli obblighi imposti dalla legge hanno portato a un vantaggio indebito ad una delle controparti, mentre i due successivi analizzano un caso di inapplicabilità della disciplina dell’o.p.a. in seguito a un accordo interno e una situazione in cui nuovi apporti di azioni al patto avrebbero potuto far sor- xxxx, ma così, giustamente, non è stato, un obbligo di o.p.a.
L’ultimo, infine, rivolge l’attenzione verso l’efficacia dei patti parasociali e, in partico- lar modo, cosa comporta la tenuta di un comportamento difforme rispetto a quello sta- bilito ex-ante dai paciscenti.
103 Decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n.58.
2. Il caso Gildemeister: quando a vincere è l’offerta peggiore
Era la fine del gennaio del 2000 quando la Holding Macchine Utensili S.p.a.(in seguito H.M.U.), dava notizia104 di un’offerta pubblica d’acquisto sul totale delle azioni ordina- rie di Gildemeister Italia (in seguito Gital) al prezzo di Euro 4,13166 per azione.
In risposta a ciò, Xxxxx aveva immediatamente ritenuto l’offerta ostile e, il prezzo pro- posto, totalmente inadeguato. Allo stesso tempo, G.I. Holding S.r.l. (in seguito G.I. S.r.l.), aveva comunicato la propria volontà di presentare un’offerta concorrente per la totalità delle azioni ad un prezzo di Euro 4,5 per azione, ottenendo, a quel punto, il pieno consenso del Consiglio di Amministrazione di Gital.
Dopo che H.M.U. aveva reso noto di aver acquistato un ammontare pari a un 1.250.000 azioni a Euro 4,519 l’una105, la controfferente G.I. S.r.l., richiedeva alla Consob di prov- vedere al pieno rispetto della norma in quanto il prezzo rilanciato era inferiore di due- cento punti base rispetto a quello minimo e, soprattutto, l’acquisto da parte di H.M.U. era stato condotto sulla base di un accordo con alcuni soci di Gital, di cui il mercato non era a conoscenza.
Mentre si aspettava un comunicato dalla Consob, G.I. comunicava un rilancio ad un prezzo di Euro 4,65 a patto che si consentisse a G.I. di acquistare una partecipazione
104 Ai seni degli articoli 102 e 106 del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n.58 (T.U.F.).
105 Ai senti dell’art. 42 del Regolamento Emittenti sull’adeguamento del prezzo di offerta, il quale sanci- sce: «1. I soggetti interessati si attengono a principi di correttezza e di parità di trattamento dei destinatari dell’offerta che si trovino in identiche condizioni, compiono tempestivamente le attività e gli adempimenti connessi allo svolgimento dell’offerta, non eseguono operazioni sul mercato volte a influenzare le adesioni all’offerta e si astengono da comportamenti e da accordi diretti ad alterare situazioni rilevanti per i pre- supposti dell’offerta pubblica di acquisto o di scambio obbligatoria. 2. Se, nel periodo compreso tra la comunicazione prevista dall’articolo 102, comma 1, del Testo unico e la data ultima di pagamento del corrispettivo, gli offerenti o le persone che agiscono di concerto con essi, direttamente, indirettamente o per interposta persona, acquistano i prodotti finanziari oggetto di offerta, ovvero assumono posizioni lun- ghe aventi come sottostante tali prodotti, a prezzi superiori al corrispettivo dell’offerta, adeguano quest’ul- timo a tale prezzo. Si applica l’articolo 44-ter, comma 6, in quanto compatibile. 3. Le previsioni contenute nel comma 2 si applicano anche agli acquisti, per un quantitativo complessivamente superiore allo 0,1 per cento della categoria dei prodotti finanziari oggetto dell’offerta, da parte degli offerenti e delle persone che agiscono di concerto con essi che siano stati effettuati nei sei mesi successivi alla data ultima di paga- mento. In tal caso, l’obbligo di adeguamento del corrispettivo al prezzo più alto pagato è adempiuto dagli offerenti attraverso l’attribuzione di un conguaglio agli aderenti all’offerta, con le modalità rese note in un apposito comunicato al mercato. 4. Alle operazioni di compravendita effettuate a condizioni di mercato nell’ambito dell’attività di negoziazione per conto proprio non si applica: a) il comma 2 se esse sono com- xxxxx per un quantitativo complessivamente non superiore allo 0,5 per cento della categoria dei prodotti finanziari oggetto dell’offerta; b) il comma 3 se esse sono compiute per un quantitativo complessivamente non superiore all’1 per cento della categoria dei prodotti finanziari oggetto dell’offerta. 5. In caso di offerte concorrenti, l’emittente che fornisce informazioni a uno degli offerenti, comunica tempestivamente le me- desime informazioni agli altri offerenti che abbiano presentato richieste specifiche e circostanziate di ac- cesso a tali informazioni. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 41».
almeno pari al cinquanta per cento con l’aggiunta di un’azione del capitale sociale della società avversaria.
Una volta ricevuto il parere della Consob, la quale invitava entrambe le parti ad effet- tuare nuovi rilanci in un termine prefissato, G.I. comunicava le nuove condizioni e il prezzo di 4,75 euro106 mentre H.M.U. non intendeva in alcun modo incrementarlo. La conseguenza di queste nuove disposizioni fu all’inizio sorprendente poiché, nonostante le vantaggiosissime condizioni proposte da G.I., le sue adesioni risultavano pari al solo 12,5 per cento.
Tutto ciò poteva essere spiegato solo andando ad identificare un accordo a monte stipu- lato tra H.M.U. e gli azionisti di maggioranza di Gital, tali da influenzare le adesioni e gli esiti dell’intera offerta.
Per completare le procedure di formalizzazione dell’acquisto, la Consob ordinava a
H.M.U. di integrare con un comunicato a pagamento la sezione “evenuali accordi tra offerenti” e, con delibera del 9 maggio 2000, la stessa dichiarava di non poter punire in alcun modo l’offerta promossa da H.M.U. Il giorno successivo si decretava, quindi, il successo dell’o.p.a. di H.M.U. con una quota di adesioni pari a poco meno dell’ottanta- sei per cento (contro il circa sei e mezzo per cento di G.I.107).
Inoltre, il Tribunale di Milano, con il decreto del 10 maggio 2000, respingeva il ricorso che due azionisti di minoranza di Gital avevano promosso e negava la giurisdizione del giudice ordinario108 sulla richiesta di sospensione dell’o.p.a. ritenendo inoltre inesistenti le condizioni per il sequestro giudiziario delle azioni dei soci sindacati.
Il punto chiave dell’intera vicenda, di cui precedentemente si è cercato di fornire una panoramica sintetica, è racchiusa nel concetto di accordo e di patto per cui il testo unico fornisce un’elencazione quanto più ampia possibile, indicando tutte quelle aggregazioni che possono incidere sugli assetti proprietari e sulla gestione del potere all’interno delle società. «Il che ancora una volta sollecita l’interprete a non enfatizzare la distinzione tra sociale e parasociale e a rendersi conto che la ragione, unica, che spinge il legislatore a
106 Oltre al nuovo prezzo, fortemente conveniente, G.I. prometteva la facoltà di revoca dall’adesione in caso di mancato raggiungimento della soglia minima.
107 In quel caso si verificò anche la revoca di un quantitativo pari a 2,4 milioni di azioni già depositate facendo nascere così il primo caso di attuazione delle nuove norme della legge Draghi in materia.
108 In tal senso, il Tribunale di Milano, sez. VIII, 10 maggio 2000 (decr): «In presenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il quale detiene, ora, anche il potere cautelare, non può risultare una competenza analoga del giudice ordinario. (Cfr. ex plurimis Cassazione, sez. unite, 10 ottobre 1994, n. 8276)».
prendere in considerazione i patti parasociali è costituita dalla profonda incidenza che alcuni di essi hanno nella vita della società e quindi sul sociale»109.
Il tribunale di Milano aveva sostenuto che la fattispecie verificatasi nel caso Gildemei- ster si applicasse anche “ai patti con i quali ci si impegna ad aderire ad un’offerta pub- blica volontaria o obbligatoria di acquisto”110. La soluzione è senz’altro corretta poiché rientra in quella previsione normativa disciplinata dall’art. 122, comma 5, T.U.F. nell’ambito dell’applicabilità ai patti stipulati per l’acquisto e la vendita concertata di azioni e strumenti finanziari nonché nel concetto di influenza dominante, per la quale il legislatore del 1998 aveva speso non poche parole identificandola come capace di in- durre l’esercizio della società controllata111.
Per ciò che rileva ai fini del caso in esame, va ricordato che il controllo di cui si parla nel testo unico, è il controllo tra imprese. Esso prevede chiaramente l’ipotesi in cui la società controllata non stipuli alcun contratto, ma che questo sia concluso tra i suoi soci, accordati per esercitare un’influenza dominante112.
Così come aveva già affermato il Tribunale di Milano, i patti con i quali ci si impegna a prendere parte ad un’offerta pubblica di acquisto sono sicuramente da considerarsi rilevanti, ma in relazione al caso in esame, lo stesso ha ritenuto “difettare il fumus dell’esistenza di patti simili” poiché aveva identificato l’accordo tra H.M.U e gli azio- nisti di maggioranza di Gital come degli accordi finanziari che miravano a una maggiore sicurezza del rientro creditizio e non come dei veri e propri patti. Agendo in tale modo, dimenticava però il comma 5 del già più volte citato art. 122, T.U.F.: esso si rivolge a patti “in qualunque forma stipulati”, ricomprendendo al suo interno anche le aggrega- zioni che «corrisponderebbero all’esecuzione di un patto ma senza stipulazione del patto medesimo o di un patto che preveda specificamente quel comportamento»113.
Sembra quindi giuridicamente incongrua la decisione del Tribunale di non far rientrare quegli accordi finanziari nel novero dei patti consistenti all’impegno ad aderire ad un’o.p.a.114
109 X. XXXXX, La riforma delle società quotate, op. cit., p. 114-115.
110 Tribunale di Milano, sez VIII, 10 maggio 2000 (decr).
111 X. XXXXXXXXXX, Il caso Xxxxxxxxxxxx: nella battaglia a colpi di OPA può vincere chi offre di meno, in Corriere Giuridico, n.5/2001, p.663.
112 Volendo usare parole più autorevoli: «In altre parole, siamo in presenza di un’ipotesi di controllo deri- vante da un patto parasociale, ed in particolare da un accordo di voto, volto ad assicurare il controllo soli- tario sulla società». X. XXXXXXX, I patti parasociali nella nostra disciplina delle società quotate, in Rivista di diritto privato, 1999, p. 206.
113 X. XXXX, Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia finanziaria, op. cit., p. 1140.
114 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 664.
Sostenendo questa linea di pensiero, il Tribunale ha concesso un’elusione veramente facile permettendo ad una parte dei soci di Gital, legati a H.M.U. da un accordo per cui non erano stati rispettati gli obblighi di pubblicità, di ottenere il controllo della Gital stessa prima ancora che l’o.p.a. venisse lanciata in ostilità al Consiglio di Amministra- zione. Il tutto senza dare la possibilità ai soci paciscenti di recedere.115
Gli «accordi commerciali e finanziari» menzionati dal Tribunale di Milano erano l’esatto sintomo, se non addirittura il mezzo, per realizzare la convenzione parasociale rilevante per la contendibilità della società bersaglio dell’o.p.a.116
La corretta soluzione sarebbe stata, quindi, quella di riconoscere l’esistenza di un patto parasociale e dichiarane la nullità per poi rendere inefficaci le adesioni all’o.p.a. econo- micamente inferiore e riaprire la contesa sulla società117. Comportandosi in questo modo, si sarebbe anche assicurata la tutela giurisdizionale che spetta ai soci: essi avreb- bero potuto, per esempio, recedere dal patto e stipulare nuove intese che avrebbero per- messo di uniformare il comportamento nei confronti dell’offerta.
La tutela delle minoranze, più volte precedentemente menzionata, deve consentire all’azionista isolato la decisone se investire o meno, di poter individuare l’interlocutore o, nel caso di aspirazione al raggiungimento della quota di maggioranza, conoscere il proprio concorrente118.
Analogie al caso in esame possono essere, inoltre, ritrovate, anche nelle decisioni dei giudici francesi e inglesi. Nel 1986, la Corte di Appello di Parigi ha ritenuto valide le promesse di alienazione promosse dai soci di maggioranza di una società bersaglio alla società offerente, nonostante ci fosse un’offerta successiva economicamente più van- taggiosa.
Il caso riguardava la società Radar e venne concluso non ritenendo violata la parità di trattamento degli azionisti di quest’ultima, poiché a tutti i soci fu offerta la possibilità di vendere al medesimo prezzo119. I dubbi sollevati per il caso Gildemeister combaciano esattamente con quelli relativi agli avvenimenti che hanno interessato la società Radar.
115 All’art. 123 del d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, comma 3, si legge “Gli azionisti che intendono aderire ad un’offerta pubblica di acquisto o di scambio promossa ai sensi dell’art. 106 o 107 possono recedere senza preavviso dai patti indicati nell’art. 122”.
116 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 664.
117 Di tale avviso è X. XXXXXXXXXX, op. cit., p.665.
118 X. XXXXXXXX, Tutela delle minoranze e accordi parasociali nelle società quotate, in Rivista delle società,
1999, p. 734.
119 X. XXXXXXXX, Le offerte pubbliche di acquisto, in Trattato delle società per azioni, a cura di G.E. XXXXXXX, X.X. PORTALE, Torino, 1993, p. 549-550.
È pur vero che in entrambi i casi la parità di trattamento non sia stata violata, ma è altrettanto vero che, nel caso italiano, così come in quello francese, i soci di maggioranza hanno violato l’aspettativa di un maggior profitto economico.
Ciò che avrebbe dovuto prevalere, in entrambi i casi, è quello che il legislatore italiano definisce la contendibilità societaria, in riferimento agli impegni assunti dai soci o dagli amministratori nei confronti del futuro offerente120.
Le vicende relative al caso in analisi hanno portato a delle modificazioni anche nell’ap- parato legislativo. Oggi, la disciplina sulla tempistica e la procedura per effettuare ri- lanci potrebbero essere oggetto di elusione attraverso l’acquisto di titoli sul mercato ad un prezzo superiore rispetto ad uno precedente, scaduti i termini ultimi per il rilancio. In quella circostanza, il principio di parità di trattamento impone di estendere lo stesso prezzo a tutti i destinatari dell’offerta, al fine di ottenere il risultato pratico di realizzare un rilancio sul prezzo senza ossequiare alla disciplina specifica. Per sormontare questi rischi, il Regolamento Emittenti impone il divieto per l’offerente di acquistare strumenti finanziari oggetto dell’offerta stessa e a prezzi superiori121. Quanto appena affermato è tutelato dall’art. 44, comma 8, Reg. Em., introdotto nel 2001 proprio in seguito alle
o.p.a. concorrenti sulle azioni della società Gildemeister.
«La stessa norma, infine, si applica anche ad acquisti indiretti o compiuti per interposta persona e all’acquisto di diritti d’opzione sugli strumenti finanziari aventi ad oggetto un’o.p.a. ad un prezzo superiore a quello di quest’ultima»122.
3. Il caso Antonveneta: aggiotaggio e scalate occulte
Quello di Antonveneta è dei più famosi scandali bancari che ha coinvolto l’Italia e al- cune delle sue più autorevoli figure istituzionali a partire dal 2005.
Prima, però, di entrare nel dettaglio del caso Antonveneta e delle relative (tentate) sca- late bancarie «occulte», vale la pena dare peso alle pronunce della Cassazione e della Corte d’Appello di Milano in merito al concetto di aggiotaggio e ai patti parasociali occulti con i quali si è arrivato ad una elusione della disciplina dell’o.p.a. obbligatoria. Le regole organizzative del mercato sono state, in questo caso, fondamentali affinché la
120 X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 667. In tal senso si è espresso anche X. XXXXXXXX, Le offerte pubbliche di acquisto, in Trattato delle societò per azioni, op. cit., p. 551.
121 X. XXXXXXXXXXX¸ Le offerte pubbliche d’acquisto e di scambio, Milano, 2014, p. 88.
122 X. XXXXXXXXXXX¸ op. cit., p. 88.
Corte d’Appello di Milano potesse quantificare la pericolosità delle condotte elusive messe in atto dai soggetti interessati.
La Cassazione, con sentenza n. 4324 del 2013, ha definito il delitto di aggiotaggio come ciò che «(…) si consuma nel momento e nel luogo in cui le proposte di acquisto e di vendita aventi carattere manipolativo vengono accoppiate dal sistema telematico con altrettante proposte di vendita o di acquisto».123 Per quanto riguarda, invece, l’istituto delle offerte pubbliche d’acquisto, la sopracitata Corte d’Appello di Milano, Sez. V Pen., 11 giugno 2012, n. 3830, ha stabilito che «l’elusione dell’o.p.a. obbligatoria che sia frutto di acquisti e patti parasociali occulti, e cioè che discenda dalla contempora- nea violazione degli obblighi derivanti dagli artt. 106, 109 e 122 TUF integra la fatti- specie penale della manipolazione del mercato mediante condotta artificiosa».
Le vicende in esame, definite come «una vera e propria contesa portata avanti senza esclusione di colpi»124, rientrano nel novero degli avvenimenti giudiziari collegati alle tentate scalate bancarie «occulte» da parte dei contropattisti durante l’anno 2005, i quali hanno messo in evidenza potenzialità della fattispecie di aggiotaggio forse ancora ine- splorate rispetto all’approfondimento giurisprudenziale e scientifico fino ad allora ma- turato125.
«Si tratta di una vicenda cruciale dello sviluppo del sistema bancario italiano, che getta luci inquietanti sui nuovi protagonisti della vita economica e finanziaria italiana e sulla loro propensione a rispettare le regole fondamentali del mercato finanziario. Se un arbi- tro della contesa (la Consob) è stato universalmente lodato per la tempestività e il co- raggio della decisione, l’altro (la Banca d’Italia) è stato invece accusato di volere difen- dere ciecamente la proprietà italiana delle banche, di parteggiare per la banca lodigiana e di volersi addirittura sostituire ai giocatori. Un salto che non era stato immaginato neppure nelle più feroci critiche di Xxxxxx a Xxxxxxxx Xx Xxxxx»126.
123 Sentenza connessa al dispositivo dell’art. 2637 c.c.: «Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni».
124 Trib. Milano, sez. II pen., sent. 28 maggio 2011, xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/x/000-xx-xxxxxxxx- del-tribunale-di-milano-nel-caso-antonveneta, Allegato p. 3
125 G.P. ACCINNI, Opa obbligatoria e condotta “artificiosa” nel reato di aggiotaggio c.d. “manipolativo”,
in Riv. Soc., 2006, pp. 56 e ss.
000 X. XXXXXXXX, X. XXXXX, Andava a piedi da Lodi a Lugano. Storia della scalata alla Banca Antoveneta, in Mercato Concorrenza Regole, 2005, n. 2, pp. 331-376. Il riferimento a Xxxxxx e Xxxxxxxx Lo Bello è di matrice calcistica.
Da un lato dello schieramento vi era ABN AMRO, banca di nazionalità olandese di dimensioni rilevanti che aveva già all’epoca assunto una posizione importante all’in- terno del panorama bancario italiano; dall’altro vi era Banca Popolare di Lodi, che no- nostante fosse da anni in una fase di importante espansione nell’ambito nazionale, aveva un impatto sul mercato decisamente inferiore rispetto a quello, invece, della concor- rente127.
Il 10 maggio 2005 la Consob, con delibera n. 15029, aveva stabilito che durante la lotta in corso per il controllo di Banca Antonveneta, sulla quale ABN AMRO aveva annun- ciato di voler lanciare un’o.p.a. già il 30 marzo, la Banca Popolare di Lodi e altri soggetti avevano stipulato «un patto parasociale avente per oggetto l’acquisto concertato di azioni ordinarie della Banca Antonveneta e l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante sulla banca stessa128». Era, quindi, non solo facilmente identificabile un’azione di concerto, ma, al contempo, era chiara anche una elusione degli obblighi imposti dall’art. 112 T.U.F.
A supporto di quanto appena dedotto, va menzione la decisione della Consob, la quale, infatti, aveva deliberato che Xxxxxxxxx Xxxxxxx (in seguito Fiorani), amministratore de- legato di Banca Popolare di Lodi, agendo di concerto con altri soci di Antonveneta, aveva stipulato un patto parasociale occulto con l’obiettivo di superare celatamente la soglia del 30% della stessa. Nel rispetto degli obblighi ex-lege, doveva essere, quindi, lanciata un’o.p.a. obbligatoria.
Il 22 luglio, con due distinte delibere129, sulla base anche delle ulteriori indagini condotte dall’autorità giudiziaria, era emerso, in primo luogo, che il patto era stato stipulato anche da Magiste International, società dell’immobiliarista Xxxxxxx Xxxxxxx. In più, due fondi d’investimento, Generation Fund e Active Fund, con sede presso le Isole Cayman, ri- sultavano essere società di comodo, nell’acquisto di titoli Antonveneta, i quali acquisti,
127 «Da una parte vi era ABN Amro, banca di nazionalità olandese costituita nella forma di una spa, di dimensioni rilevanti e con una rete di rapporti ed esperienze internazionali collaudata, che aveva già all’epoca assunto una posizione di un certo rilievo nel sistema creditizio italiano, avendo una partecipazione pari all’8 per cento in Capitalia e pari al 12,76 per cento nella medesima Antonveneta, che era retta da un patto di sindacato cui partecipava. Dall’altra vi era la Banca Popolare di Lodi, un istituto che oltre ad avere all’epoca la forma caratteristica enunciata nella sua denominazione (che di regola corrisponde ad una spe- cifica tipologia legata ad un determinato contesto territoriale) e pur essendo da alcuni anni in una fase di vivace e proficua espansione nell’ambito nazionale, dove era passata dalla 42° alla 7° posizione, aveva non solo dimensioni patrimoniali, caratteristiche manageriali e impatto sul mercato sicuramente assai più mo- desto della sua concorrente ma all’inizio delle vicende qui all’esame possedeva una partecipazione in An- tonveneta pari allo 0,012 per cento, che non le aveva consentito sino ad allora di svolgere alcun ruolo significativo nella gestione». Tribunale di Milano, 28 maggio 2001, cit., p. 3
128 Consob, delibera n. 15029 del 10 maggio 2005.
129 Consob, delibera n. 15115 e 15116 del 22 luglio 2005.
non essendo stati pubblicizzati, non godevano più del diritto di voto. Poco tempo dopo, il 1° agosto, veniva confermato il sequestro delle azioni dei concertisti già disposto dai pubblici ministeri e si sospendevano dalle cariche sociali per un periodo di due mesi l’amministratore delegato Xxxxxxx, il direttore Xxxxxxxxxx Xxxx e i due principali con- certisti, Xxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx.
Mentre ABN si decideva a muoversi e soprattutto provava ad ottenere le sospirate auto- rizzazioni, Banca Popolare di Lodi realizzava in sole tre mosse la scalata necessaria a bloccare ogni possibilità di successo per gli olandesi.
«L’indagine della Consob che porta all’imposizione dell’o.p.a. obbligatoria mette in evidenza tre fasi ben definite, che prevedono prima acquisti coordinati finanziati dalla banca lodigiana, poi il passaggio delle azioni a quest’ultima in coincidenza con le auto- rizzazioni della Banca d’Italia; infine il controllo dell’assemblea di Aprile per conqui- stare il caposaldo necessario per contrastare l’o.p.a. ormai avviata»130. Proprio sulla base di quanto appena riportato, ricevuto il consenso da Banca d’Italia, Xxxxxxx lancerà suc- cessivamente l’o.p.a. sul totale del capitale della società scalata, spazzando via gli av- versari olandesi.
La Consob, inoltre, aveva indagato a fondo sulla sussistenza del «concerto» all’interno della vicenda. «L’indagine su una scalata di concerto è tipicamente un processo indizia- rio, in cui la prova lampante, quella che gli americani chiamano smoking gun, non si trova quasi mai; i sospettati tipicamente affermano di aver agito separatamente, perché colpiti da un’ispirazione improvvisa sulla convenienza di quelle azioni e di essersi tro- vati per caso insieme ad altri soggetti»131.
L’autorità di vigilanza prontamente dichiarò che, in assenza di conferme dalle parti in causa, risultasse doveroso avvalersi «di ragionamenti di tipo induttivo atti a ricavare da una o più circostanze note (fatti base o indizi) altre circostanze non dotate di prova di- retta»132. In termini più coloriti, a commento della decisione Consob, Xxxxxxxxxx Xxxxxx sosteneva che «la concertazione è evidente, ma non in un paese dove la cultura giuridica è formalista e garantista: un patto non scritto o con un vizio di forma, può essere giuri- dicamente inesistente, a prescindere dalle intenzioni e dai comportamenti delle parti in causa. Come se un palmipede dal becco piatto, che cammina e starnazza come un’anatra,
000 X. XXXXXXXX, X. XXXXX, op. cit., pp. 349, 350.
000 X. XXXXXXXX, X. XXXXX, op. cit., p. 357.
132 Atto di Accertamento relativo alla delibera Consob n. 15029.
non potesse essere un’anatra a meno che sia nato da un uovo d’anatra certificato e ga- rantito. La decisione della CONSOB è di fondamentale importanza perché stabilisce finalmente che il rispetto della legge si definisce anche in base ai comportamenti, non solo agli atti formali»133.
La parte accusatoria sosteneva, per di più, che, nella «contesa» per ottenere il controllo di Banca Antonveneta si fosse verificata, attraverso l’aggiotaggio, una manipolazione del corretto iter procedurale di acquisizione attraverso la diffusione di notizie false in merito ai prezzi delle azioni e arrecando un pregiudizio alla legittimità e comportando anche la responsabilità penale dei soggetti protagonisti per i reati di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), manipolazione artificiosa del mercato (art. 185 T.U.F.) e osta- colo alle funzioni dell’autorità pubbliche di vigilanza (art. 2368 c.c.).
La manipolazione di mercato «artificiosa» menzionata dalla stessa Corte, potrebbe ri- cercare la sua piena espressione in un «qualunque comportamento a contenuto almeno decettivo, idoneo ad alterare il patrimonio informativo di un qualunque operatore di- verso da quello che ha posto in essere l’artificio stesso, di una condotta cioè che, com- plessivamente considerata, oggettivamente contiene una componente ingannevole, coe- rentemente con il non flessibile valore semantico del termine artificio, che presuppone comunque una immutatio veri»134.
Quanto al ricorso a norme di carattere sub-legislativo relative alla questione, si rimanda spesso agli esempi di pratiche manipolative contenute nel Cesr135, recepito dalla comu- nicazione Consob DME/5078692 del 29 novembre 2005, con la finalità di individuare le condotte artificiose136. Spostandosi, invece, sul piano delle fonti di carattere legisla- tivo, è stato poi rilevato come, anche se non previsto esplicitamente dalla legge, la di- sciplina amministrativa del mercato esercita la propria influenze sull’esegesi dei precetti penali137. Seguendo tale linea di pensiero, sarebbe possibile identificare una violazione degli obblighi extra-penali (quale nello specifico, il lancio di un’o.p.a. in presenza di un patto parasociale nascosto al pubblico) e un’idoneità fraudolenta dei comportamenti nei
133 X. XXXXXX, Antonveneta, in gioco non solo una banca, in La Repubblica, 13 maggio 2005.
134 X. XXXXXXXXXXX, Sub art. 185 – Manipolazione del mercato, in X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit., p. 2404.
135Documento Market Abuse Directive. Level 3 -Firs set of Cesr guidance and information on the common operation of the Directive che reca una serie di esempi di condotte manipulative del mercato e di operazioni sospette.
136 Ovviamente ciò può verificarsi nel caso in cui siano soddisfatti tutti i requisiti richiesti dalla fattispecie penale, come la necessaria price sensitivity della condotta stessa. In tal senso X. XXXXX, Aggiotaggio ope- rative e scalate bancarie occulte. Il caso Antonveneta, in Le Società, 2012, n. 12, p. 1343.
137 In tal senso, X. XXXXX, Controlli sul mercato finanziario e responsabilità pensale. Posizioni di garanzia e tutela del risparmio, Bologna, 2009, p. 117.
confronti del mercato. Ciò che si vuole tutelare è sempre il regolare funzionamento del mercato, ritrovabile nella trasparenza e nella correttezza del mercato stesso, nella sua dimensione di tutela della natura pubblica138.
Secondo il Tribunale di Milano, il reato di aggiotaggio deve essere sempre caratterizzato da una condotta commissiva atta a trasferire una notizia non vera. Questo, però, non significa che l’omissione sia priva di rilievo assoluto nel campo della materia in esame. Essa sarà sicuramente rilevante in quanto costituisce modalità connotativa dell’attributo di falsità proprio della notizia comunicata139. In altre parole, la diffusione di notizie price sensitive, che si rilevino false poiché omette circostanze significative, fa sussistere la fattispecie di aggiotaggio.
All’interno del T.U.F., l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mer- cato, occupano un grande spazio in luce della rilevanza che l’elusione delle norme in materia ha nel mercato stesso. L’accento è posto su quelle notizie e informazioni che possano «ragionevolmente» essere previste e che, grazie alla tipicità delle informazioni, siano in grado di alterare artificiosamente il mercato. «La considerazione che il verifi- carsi di un evento futuro possa portare a dei vantaggi dal lato informativo ha spinto il legislatore all’introduzione di una previsione che comprenda nella nozione di informa- zione privilegiata tipica anche tal genere di notizie, che, in sé considerate, in quanto non riguardanti un fatto bensì una congettura circa il futuro, ben difficilmente avrebbero potuto essere ricondotte allo schema normativo, incentrato, coerentemente con le esi- genze di tutela, sulla conoscenza di un fatto (che, come tale, non può che essere un evento già accaduto)»140.
In conclusione, «la principale questione che hanno dovuto affrontare i giudici di merito è consistita, in estrema sintesi, nello stabilire se il mancato lancio di un’o.p.a., pur a fronte del superamento della soglia del 30 per cento del capitale sociale ordinario di una società target, da parte di uno o più soggetti uniti tra di loro da patti parasociali (ancorché non dichiarati), potesse essere qualificato in termini di aggiotaggio141. La pronuncia della Corte d’Appello di Milano, sopra riportata, sulla base delle fonti legislative prima- rie e secondarie, ha risposto positivamente alla questione in esame142.
138 G.P. ACCINNI, op. cit., p. 56 ss.
139 In tal senso, X. XXXXX, op. cit., p. 1345.
140 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit., p. 2329. Il riferimento è a X. XXXXXXXX, Aggiotaggio bancario, in La nuova legge bancaria, a cura di X. XXXXX-XXXXX, X. XXXXXXXX, Xxxxxx, 0000, pp. 2044-2045.
141 X. XXXXX, op.cit., p. 1341.
142 Un’analogia può essere ritrovata anche nel caso Unipol, dove si è precisato che gli acquisti di concerto e i patti parasociali non (tempestivamente) dichiarati possono integrare una condotta manipolativa del mer- cato; ciò nonostante, la Corte di Milano non ritenendo raggiunta la prova del patto occulto, ha assolto gli
Capitolo Terzo
Segue Analisi dei casi
1. Il caso SS Lazio S.p.a.: l’inapplicabilità della disciplina – 2. Il caso RCS: nuovi ap- porti di azioni al patto – 3. Il caso Aeroporto Toscano: l’efficacia dei patti parasociali.
1. Il caso S.S. Lazio S.p.a.: l’inapplicabilità della disciplina
Tra i tanti casi di patti parasociali e acquisti concertati occultati, per i quali i soggetti coinvolti hanno assunto comportamenti elusivi nei confronti della disciplina, si ritro- vano anche episodi in cui, i protagonisti delle vicende hanno voluto «scongiurare il ri- schio (…) di una impropria estensione delle norme sui patti parasociali a fattispecie che nulla hanno a che vedere con questi»143. Un esempio viene di seguito riportato.
Nel caso in esame, la Consob si è espressa in merito all’applicabilità della disciplina dei patti parasociali e di quella dell’acquisto di concerto agli accordi stipulati tra la Società Sportiva Lazio S.p.A. (di seguito “Lazio” o “società”) ed alcuni giocatori. Il riferimento è quello indirizzato agli accordi stipulati nel maggio 2003 tra la Lazio ed alcuni giocatori professionisti e l’accordo stipulato nell’ottobre 2003 tra la Lazio e il tecnico Xxxxxxx Xxxxxxxxxx000.
In particolare, il quesito riguarda l’applicabilità delle citate discipline agli autonomi con- tratti che prevedevano impegni di sottoscrizione di un aumento di capitale riservato ai dipendenti della Lazio e a degli impegni di non alienazione delle azioni sottoscritte, da parte di alcuni giocatori e del tecnico Xxxxxxxxxx.
Tali accordi prevedevano le seguenti caratteristiche: una parziale dilazione dei termini di pagamento; un impegno da parte dei calciatori di sottoscrivere un futuro aumento di capitale riservato a loro, in tutto o in parte; un impegno da parte di ciascuno dei calciatori a non trasferire per otto mesi dalla data di sottoscrizione le azioni di nuova emissione acquistate per effetto dell’aumento di capitale ad essi riservato («impegno di lock- up145»); il prezzo delle azioni doveva essere calcolato sulla base di parametri prestabiliti;
imputati dall’accusa di manipolazione del mercato ex art. 185, T.U.F. (App. Milano 30 maggio – 13 giugno 2012, n. 3891).
143 X. XXXX, Xxxxx parasociali e gestione delle banche, Milano, 2010, p. 59.
144 Consob, Comunicazione del 28 novembre 2003, n. DEM/3077483.
145 Una clausola di lock-up è la clausola che sancisce l'impegno della società emittente ed eventualmente di alcuni azionisti a non compiere determinate azioni sul capitale della società stessa nel periodo successivo ad un'operazione di offerta pubblica.
la previsione che la sottoscrizione di tale accordo non comportava in alcun modo un impegno con indirizzo di controllo e/o coordinamento della gestione societaria.
La Lazio chiedeva, quindi, alla Consob di confermare come la assunzione (e quindi la relativa esecuzione) degli impegni di sottoscrizione e di lock-up non determinasse alcun obbligo di o.p.a. a carico dei firmatari.
A tal fine, l’autorità di vigilanza, ricordando l’art. 109, comma 1, lett. a) T.U.F., ha sottolineato che, nel caso in esame, non sussistano i presupposti della disciplina dell’o.p.a. obbligatoria indicati dall’articolo del testo unico, così come nessun acquisto a titolo oneroso comportante il superamento della soglia del 30 per cento da parte gli aderenti agli accordi è stato effettuato.
Nel periodo di riferimento, tra l’altro, la Lazio era controllata dal xxxx. Xxxxxxxxx, il quale deteneva una percentuale di controllo maggiore del 50 per cento, rendendo applicabile l’esenzione dall’o.p.a. obbligatoria prevista dal combinato disposto degli artt. 106, comma 5, T.U.F. e 49, comma 1, lett. a) Reg. Em. Si è voluto sottolineare ciò, poiché, anche nel caso in cui gli acquisti a titolo oneroso precedentemente menzionati si fossero verificati, la circostanza del controllo, non avrebbe fatto integrare la disciplina dell’of- ferta obbligatoria agli accordi della società.
In data 7 agosto 2003, poi, a seguito della conclusione dell’aumento di capitale, il xxxx. Xxxxxxxxx, ha perso il controllo della società e, i calciatori ancora vincolati all’impegno di sottoscrizione, hanno sottoscritto azioni pari al 16 per cento del capitale della Lazio post aumento146.
Nella sua comunicazione, la Consob, aveva sottolineato che alla percentuale del 16 per cento non potevano essere sommate le partecipazioni detenute da altri azionisti rilevanti della Lazio in quanto nessuno di questi aveva dichiarato di controllare la società, né singolarmente, né in forza della sua partecipazione, né tramite un patto parasociale rile- vante.
Il riferimento era la lettura congiunta delle lettere a) e b) dell’art. 109: «Sono solidal- mente tenuti agli obblighi previsti dagli articoli 106 e 108, quando vengano a detenere, a seguito di acquisti a titolo oneroso effettuati anche da uno di essi, una partecipazione complessiva superiore alle percentuali indicate nei predetti articoli: a) gli aderenti a un patto, anche nullo, previsto dall'art. 122; b) un soggetto e le società da esso control- late (...)». Neppure la disciplina dell’o.p.a. solidale poteva quindi essere rinvenuta, poi- ché, come si è precedentemente detto, dovrebbero essere considerate le totalità delle
146 La percentuale era comunque ancora sotto quella del 30 per cento, imposta ex-lege.
partecipazioni possedute in una società quotata da un soggetto e dalle sue controllate, nel caso in cui una o più partecipazioni siano rilevanti ai sensi dell’art. 122 T.U.F. Spostando invece l’attenzione sugli accordi di lock-up, con la Comunicazione del 18 aprile 2000, n. 29486, la Consob ha condotto un’approfondita analisi in merito all’ap- plicabilità della disciplina dei patti parasociali agli accordi di lock-up, nonché di overal- lotment options, ai contratti futures e alle opzioni call e put.
Il riferimento della comunicazione era a «specifici accordi che, secondo una prassi con- solidata, sono stipulati tra gli offerenti, lo sponsor e i coordinatori dei consorzi di collo- camento nell'ambito delle procedure finalizzate alla quotazione di azioni su mercati re- golamentati». Tali accordi ricoprono la finalità di garantire stabilità al mercato degli strumenti finanziari "neo quotati" e si sostanziano nell'assunzione, da parte dei proprie- tari, di impegni a non alienare, dare in pegno o disporre delle azioni possedute, per un determinato periodo successivo alla quotazione, ovvero a non esercitare il diritto di voto nelle assemblee convocate per deliberare su nuove emissioni di azioni.
Nonostante sembrino essere in grado di produrre gli effetti di cui all’art. 122 del T.U.F., nella citata Comunicazione, la Consob ha sottolineato che la funzione di tali contratti è diversa da quella che solitamente viene attribuita ai patti parasociali. Lo scopo ultimo è quello di «dare un indirizzo unitario alla gestione sociale e cristallizzare determinati assetti proprietari».
«La finalità del lock-up è quella di evitare oscillazioni negative dei prezzi delle azioni nel periodo immediatamente successivo alla quotazione che possa essere causato da una pressione sull’offerta dei titoli stessi. Un esempio è l’impegno da parte dei possessori di azioni a non vendere i loro titoli in un periodo che può variare dai novanta ai centottanta giorni successivi all’emissione»147.
La Consob ha quindi considerato che «negli accordi di lock-up gli obblighi relativi all'e- sercizio del
diritto di voto non siano volti ad incidere sugli assetti di potere delle quotate e così le clausole relative al divieto di vendita non perseguano l'obiettivo di stabilizzare determi- nati assetti proprietari. Pertanto, benché tali accordi producano gli effetti esplicitamente indicati nell'art. 122, tuttavia non presentano il secondo elemento ritenuto necessario per individuare i patti parasociali: la funzione "tipica" di tali accordi, come sopra indivi- duata. Conseguentemente, agli stessi non sarà applicabile la disciplina di cui agli artt. 122 e 123 del Testo Unico».
147 X. XXXXXXXXXX, Corporate & investment banking, Milano, 2009
La decisione della Consob di non far rientrare alcune categorie di accordi all’interno della categoria dei patti parasociali ha influito anche sul codice civile. «L’art. 2341-bis c.c., ha fatto tesoro di quanto elaborato dall’autorità di vigilanza, introducendo in aper- tura di norma un dato definitorio utile e necessario per non correre il rischio di inserire nella categoria dei patti parasociali patti che sono diretti a realizzare finalità differenti ed estranee rispetto a quella di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della so- cietà. La norma di apertura permette allora di risolvere la questione relativa alla indivi- duazione se determinate ipotesi di accordi possano essere ricondotti o meno all’interno dei patti parasociali e, conseguentemente, sottoposti alla disciplina normativa»148.
Pertanto, alla luce delle considerazioni fatte, la Consob ha ritenuto di «confermare quanto esposto nel quesito della Lazio ovvero che, a seguito della stipula tra la società e alcuni calciatori dei contratti che prevedono per quest'ultimi i descritti impegni di sot- toscrizione e di lock-up, né i calciatori né alcun azionista della Lazio risulterà obbligato a promuovere un'opa solidale ai sensi dell'art. 109, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 58/98».
2. Il caso RCS – MediaGroup: nuovi apporti di azioni al patto
Il patto parasociale stipulato tra gli azionisti RCS MediaGroup, con il quale è stato pre- visto un meccanismo di protezione degli aderenti contro eventuali offerte pubbliche di acquisto, è stato pubblicato sulle principali testate giornalistiche sollevando non pochi interrogativi di ordine giuridico149.
La Consob rese noto il suo orientamento, su richiesta dei paciscenti, il 6 agosto 2004 con Comunicazione n. DEM/DCL/4073976, la quale, in risposta al quesito formulato dal Prof. P. Marchetti150, per conto dei partecipanti al patto RCS MediaGroup (in seguito RCS), aveva sottoposto all’autorità di vigilanza un interrogatorio in merito all’applica- bilità della disciplina delle o.p.a. conseguentemente a ipotizzati nuovi apporti di azioni al patto precedentemente menzionato.
Nel dettaglio, i fatti esposti dal Xxxx. Xxxxxxxxx riguardavano: 1) un riparto di azioni effettuato in data 7 luglio 2004 dopo l’approvazione di un «codicillo 18» portando il complessivo possesso di azioni a n. 342.030.484, pari al 46,683 per cento del capitale
148 X. XXXXXXX, op. cit., p. 77.
149 In tal senso, X. XXX, Modifiche di patti parasociali, tutela delle minoranze e opa obbligatoria (consi- derazioni sul patto anti-opa RCS MediaGroup), Giur. Comm., 2005, n. 5, p. 601.
150 Professor Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx, presidente di RCS MediaGroup dal 2004 al 2012, attualmente presi- dente della fondazione del Corriere della Sera.
ordinario; 2) l’ipotesi dell’ingresso di nuovi aderenti all’interno del patto151; 3) il pos- sesso in data 9 luglio 2004 del 3,66 per cento di azioni proprie, sottolineando che «nes- sun membro fruirà di una posizione tale da poter esercitare una particolare influenza sulle decisioni del patto stesso, ed anzi si è avuto cura di introdurre un meccanismo tale da impedire che un membro del patto possa in un certo momento possedere oltre il 25 per cento delle azioni conferite, quota questa che attribuisce una posizione di potere specifica, ancorché di importanza marginale, e precisamente quella di bloccare nuovi ingressi nel patto».
Il quesito inviato alla Consob si conclude con la richiesta volta a mettere in chiaro se l’autorità di vigilanza condivida i principi da loro esposti, ovvero confermare se il pos- sesso rilevante, che era sempre stato negli ultimi dodici mesi superiore al 47 per cento, in modo tale che tutti gli ulteriori apporti potessero avvenire senza far sussistere un ob- bligo di o.p.a., riuscisse nelle finalità ricercate e se l’adesione al patto di nuovi parteci- panti, con pacchetti azionari detenuti da più di dodici mesi, tali da far salire il possesso complessivo oltre il 50 per cento, rendesse possibile ogni successivo apporto o incre- mento senza che si configurasse il predetto obbligo.
Secondo l’approccio della Consob, bisognava in primis, valutare l’aggregazione delle partecipazioni conferite al patto con quelle non conferite al patto RCS. Già nel 1999152, l’autorità di vigilanza si era espressa in merito ai criteri da utilizzare per individuare la partecipazione complessiva detenuta dagli aderenti ad un patto stabilendo che biso- gnasse sommare tutte le azioni vincolate al patto con quelle possedute al di fuori dell’ac- cordo stesso.
In forza della passata pronuncia e delle considerazioni del caso, la somma delle parteci- pazioni complessive del patto parasociale, confermava la precedente comunicazione e condivideva quanto affermato nel quesito dal xxxx. Xxxxxxxxx, relativamente all’inappli- cabilità della disciplina dell’o.p.a.
Tale decisione doveva essere ritenuta valida anche nel caso in cui fossero state prese in considerazione le azioni date in prestito, che, se considerate in un’ottica nel calcolo complessivo, avrebbero prodotto una percentuale superiore al 47 per cento nell’inter- vallo dei dodici mesi. La Consob ha infatti prontamente ritenuto che le azioni date in
151 Tale ingresso sarebbe stato subordinato all’esito del quesito rivolto alla Consob.
152 Comunicazione Consob del 31 marzo 1999, n. 99024712. In particolare, in tale comunicazione, la Con- sob affermò che l’art. 109, comma 1, lett. a), del T.U.F. «attribuisce rilievo alle partecipazioni possedute complessivamente dagli aderenti al patto a prescindere se le stesse siano vincolate o meno allo stesso e al fine di verificare se vi sia "una partecipazione complessiva superiore alle percentuali" rilevanti, si devono sommare le partecipazioni vincolate al patto con quelle che gli aderenti non vi hanno conferito».
prestito, non possono essere sommate in quanto con un contratto di prestito, la proprietà delle azioni passa in toto da una parte all’altra, unitamente ai diritti di voto, con l’obbligo del prestatario di restituire lo stesso quantitativo di azioni in una data prestabilita.
Inoltre, con riferimento alla rilevanza delle azioni proprie ai fini del calcolo della parte- cipazione aggregata dagli aderenti al patto RCS in quel momento, nel quesito veniva individuata la partecipazione complessiva, tenuto conto delle azioni proprie, pari al 48,5 per cento153.
Nonostante RCS avesse utilizzato delle metodologie di calcolo dettate dalla Consob, la stessa ci tiene a sottolineare non solo l’inadeguatezza della formula per il caso in esame, ma anche il fatto che essa non si fosse mai espressa sulla rilevanza delle azioni proprie
«rispetto alla partecipazione complessivamente posseduta da più soci vincolati ad un patto parasociale».
L’autorità di xxxxxxxxx sostiene che, in ogni caso, volendo integrare il contenuto delle precedenti comunicazioni, sarebbe possibile ascrivere l’acquisto di azioni proprie «solo ad un patto che vincolasse il voto dei partecipanti nelle assemblee ordinarie e che com- plessivamente aggregasse o la maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria (50 per cento + 1) o voti sufficienti ad esercitare un’influenza dominante nella medesima assemblea»154.
Spostando l’attenzione dal generale al particolare, si definisce che, nel caso in esame, non fosse possibile dare rilevanza alle azioni proprie ai fini dell’individuazione della partecipazione complessivamente aggregata dai partecipanti al patto e che, quindi, non si potesse sostenere la sussistenza di un obbligo di offerta pubblica solidale.
RCS aveva, infine, chiesto alla Consob di vagliare il comportamento da tenere verso eventuali accrescimenti operati da parte di chi si trova già all’interno del patto nel caso in cui si fosse verificato l’ingresso di nuovi partecipanti.
La peculiarità del quesito risiedeva nel fatto che i nuovi soggetti aderenti al patto ave- vano detenuto azioni sia da più di dodici mesi che in momenti di più recente acquisi- zione. Tale particolarità non era stata direttamente presa in considerazione dalla norma- tiva.
153 Il calcolo derivava dal criterio del calcolo delle azioni proprie in relazione alla disciplina dell’o.p.a. divulgato dalla Consob con le Comunicazioni del 2 agosto 2001 nn. 1059750 e 1059866 e da ultimo su Consob Informa del 19 novembre 2001. Con tali comunicazioni, però, la Consob faceva riferimento alle partecipazioni possedute da un singolo azionista che controlla la società di diritto o di fatto, anche in rela- zione ad un patto parasociale, ai sensi dell’art. 93 T.U.F.
154 CONSOB, Comunicazione del 6 agosto 2004, n. DEM/DCL/4073976
L’autorità di vigilanza aveva conseguentemente stabilito che andava effettuato la veri- fica a ritroso dei dodici mesi rispetto al totale delle azioni apportate al patto in un dato momento.
Nel caso RCS si avrebbe avuto una partecipazione pari al 53,94 per cento che avrebbe reso gli acquisti effettuati dai nuovi partecipanti al patto nei dodici mesi precedenti alla loro adesione totalmente irrilevanti, poiché, anche se questi ultimi non fossero stati con- siderati, si sarebbe già superato il 50 per cento del capitale ordinario.
La Consob, infine, perviene alla totale insussistenza dell’obbligo di o.p.a. «presuppo- nendo altresì che le modifiche da apportarsi alla composizione soggettiva del patto in questione rispecchino fedelmente ed esattamente quelle prefigurate dal quesito e che non si verifichino alterazioni delle regole di funzionamento e degli assetti di potere esi- stenti all’interno del patto stesso»155.
3. Il caso Aeroporto Toscano: l’efficacia dei patti parasociali
Tra i più recenti casi del mercato italiano, per cui è stata necessaria una pronuncia della Consob156, rientra l’offerta pubblica di acquisto volontaria promossa da Corporacion America Italia S.r.l. sulla totalità delle azioni emesse da Società Aeroporto Toscano (in seguito S.A.T.).
Il riferimento è alla nota con la quale la Regione Toscana (in seguito la Regione), in qualità di azionista della S.A.T., ha chiesto all’autorità di vigilanza di esprimersi in me- rito alle caratteristiche dell’offerta promossa da Corporacion America S.r.l. (in seguito Offerente) sulla totalità del capitale sociale di S.A.T., dedotte però le azioni già in pos- sesso al momento della proposta. Tali azioni rappresentavano il 27,392 per cento del sopra menzionato capitale sociale.
L’originale documento d’offerta era stato approvato regolarmente dalla Consob il 17 aprile 2014 e, il 29 aprile dello stesso anno, l’offerta è cominciata. Nel frattempo, però, S.A.T., ovvero la parte Emittente, aveva prodotto una valutazione negativa sul prezzo
155 Si era infatti affermato nel quesito che l’ingresso dei nuovi soci all’interno del patto sarebbe stato con- sequenziale e subordinato all’esito del parere della Consob. La stessa ha sottolineato che, qualora nella fase esecutiva le operazioni in programma si fossero discostate dalla prospettazione fatta dai richiedenti, le con- clusioni finali sarebbero state totalmente differenti.
156 Comunicazione Consob dell’11 giugno 2014 n. DCG/049117.
dell’offerta costringendo l’offerente ad una modifica che ha visto salire il prezzo da Euro 13,15 a Euro 14,22157.
La quota di partecipazione che la Regione deteneva all’interno del capitale di S.A.T. era pari al 16,90 per cento; inoltre, tale partecipazione, era inclusa in un patto parasociale di consultazione e voto (rilevante ai sensi dell’art. 122 del T.U.F.) e al quale partecipa- vano anche la maggioranza dei soci di S.A.T. e la Fondazione Pisa. Fine ultimo del patto era la nomina della maggioranza degli 11 membri del CdA di S.A.T. aggregando al suo interno circa il 54,45 per cento del capitale della stessa.
Sul fronte regionale, la Regione aveva fin da subito manifestato la propria propensione ad aderire all’offerta, formalizzando la propria decisione con le delibere della Giunta del 20 e 27 maggio e, la definitiva delibera del 5 giugno 2014, con la quale rendeva nota la sua volontà di non aderire all’offerta promossa su ADF e di aderire parzialmente all’offerta promossa su S.A.T., mantenendo una partecipazione al capitale pari al 5 per- cento «a condizione che le modalità di adesione all’offerta pubblica di acquisto di Cor- poracion America Italia S.r.l. avvengano in modo da non comportare oneri a carico della Regione Toscana».
Ciò nonostante, lo stesso esito positivo non era ritrovabile all’interno del patto paraso- ciale sopra menzionato. I membri del patto, infatti, rappresentanti dal Comitato Direttivo e dal suo Presidente158 avevano manifestato, in più di una occasione, la loro volontà a non aderire all’offerta159.
Già il 26 maggio, i paciscenti avevano inviato alla Regione una diffida a non vendere le azioni del patto invocando un vincolo di inalienabilità delle azioni possedute al suo in- terno.
L’art. 8 dell’accordo stabiliva infatti che l’unico motivo per cui le azioni del patto pote- vano essere trasferite risiedeva nella possibilità in cui la vendita fosse imposta, per un socio pubblico, da una norma imperativa di legge oppure fosse effettuata dai Soci Sot- toscrittori per eseguire impegni finalizzati all’aggregazione aeroportuale per rendere l’aeroporto il terzo polo toscano (come stabilito alla lettera b) dell’accordo). Al succes- sivo art. 9 venivano, invece, imposte specifiche penali ed eventualmente un risarcimento del maggior danno derivante dall’inadempimento.
157 Tale prezzo era stato espresso sulla base della media dei valori definiti mediante diversi criteri di calcolo e valutazione utilizzati dall’Esperto indipendente incaricato.
158 Presidente del patto era il Sindaco del Comune di Pisa.
159 Il comune e la provincia di Pisa detenevano partecipazioni pari rispettivamente al 8,45 per cento e il 9,62 per cento del capitale di S.A.T.
La diffida in questione, oltre ad avere come destinatario la Regione, veniva inoltrata anche alla Camera di Commercio di Firenze, la quale, in qualità di pattista con una par- tecipazione pari all’1,8 per cento del capitale di S.A.T., aveva già aderito all’offerta, effettuando il recesso ai sensi dell’art. 123, comma 3, T.U.F.
Il disposto dell’art. 123, a cui la Camera di Commercio si era appellata per il recesso dal patto, era stato nominato anche all’interno della diffida inviata dal Comune e la Provin- cia di Pisa, sostenendo che, anche sulla base di un parere legale commissionato dall’Emittente, non fosse applicabile il disposto secondo cui «gli azionisti che intendono aderire a un’offerta pubblica di acquisto o di scambio promossa ai sensi degli articoli 106 o 107 possono recedere senza preavviso dai patti indicati nell’articolo 122. La di- chiarazione di recesso non produce effetto se non si è perfezionato il trasferimento delle azioni»160. I legali consultati ritenevano non applicabile il testo sopra riportato «al caso in cui il socio paciscente intenda aderire ad un’x.xx. volontaria, come quella promossa da Corporacion (…)».
Usando le medesime motivazioni sottostanti le diffide, il Comune di Pisa ha presentato al Tribunale di Pisa un ricorso contro la Regione Toscana, con il quale chiedeva il se- questro giudiziario delle azioni detenute da quest’ultima e, unitamente a ciò, un prov- vedimento di urgenza finalizzato ad ordinare alla Regione di adempiere agli obblighi assunti tramite il patto e la conseguente non vendita delle azioni.
Il Tribunale, però, ha ritenuto giusto, con decisione del 3 giugno 2014, di rigettare il ricorso «per difetto del requisito del fumus, con assorbimento dell’esame della valuta- zione del profilo del periculum e dell’ammissibilità delle richieste misure».
Malgrado la pronuncia del Tribunale, la Regione Toscana ha successivamente chiesto il parere della Consob, appellandosi ad una situazione di incertezza sui mercati che infi- cerebbe il regolare andamento delle negoziazioni che le misure adottata dal Comune di Pisa avrebbero creato.
Con riferimento alla natura dell’offerta promossa su S.A.T., questa è identificata, ai sensi dell’art. 102, T.U.F. come un’offerta pubblica di acquisto preventiva, ovvero una delle quattro tipologie di offerta pubblica d’acquisto presente all’interno del Capo II del
T.U.F. «Offerte pubbliche di acquisto e di scambio»161.
160 Art. 123, comma 3, T.U.F.
161 Le tipologie di offerta sono: offerta obbligatoria di cui all’art. 106, comma 1, T.U.F., con presupposto di acquisto di una partecipazione superiore al 30 per cento del capitale; offerta preventiva totalitaria, di cui all’art. 106, comma 4, T.U.F., con fattispecie di elusione dall’obbligo di promuovere un’offerta in determi- nati casi; offerta preventiva parziale, di cui art. 107, la quale aggiunge un ulteriore ipotesi ai casi di non sussistenza dell’obbligo di offerta; offerta volontaria, di cui all’art. 102 e ss. T.U.F. Da tale elencazione è
Nel caso in esame, l’offerta rientra nella fattispecie di cui all’art. 106, comma 4, T.U.F., ai sensi del quale «l’obbligo di offerta non sussiste se la partecipazione indicata nel comma 1 è detenuta a seguito di un’offerta pubblica di acquisto o di scambio, rivolta a tutti i possessori di titoli per la totalità dei titoli in loro possesso» proprio perché è volta al superamento della soglia imposta ex-lege del 30 per cento attraverso un’offerta rivolta all’intero capitale sociale dell’emittente162.
A tal riguardo, la Consob, nella stessa comunicazione ha voluto sottolineare il fatto che il legislatore del 1998 ha introdotto la fattispecie dell’offerta sopra menzionata proprio
«per evitare la duplicazione dell’obbligo di promuovere un’offerta in considerazione del fatto che il trasferimento del controllo in tal caso avviene nel rispetto della parità di trattamento, garantendo a tutti gli azionisti la possibilità di disinvestire al medesimo prezzo».
Anche a livello europeo, la necessità di evitare l’insorgere di un obbligo di o.p.a. suc- cessiva, si è manifestata all’interno della Direttiva 2004/25/CE, la quale, all’art. 5 rubri- cato «Tutela degli azionisti di minoranza: offerta obbligatoria e prezzi equi» ha stabilito che non sussiste obbligo di promuovere un’offerta quando il controllo è stato ottenuto a seguito di un’offerta volontaria presentata a tutti i possessori di titoli e per la totalità dei titoli da loro posseduti.
L’esclusione dell’obbligo di o.p.a. è rilevato in quanto, «l’offerta pubblica volontaria attraverso la quale si è giunti ad ottenere la partecipazione, che in teoria farebbe scattare l’o.p.a., già di per sé tutela quei principi di parità di trattamento di exit della minoranza, anche se preventivamente rispetto all’eventuale cambio di controllo»163. L’offerta in questione rappresenta quindi un’esenzione164 al più generale obbligo di offerta, che fonda la sua ratio sulla tipicità del procedimento165, che, come già ripetuto, è adatto a
evidente come, superata la soglia del 30 per cento, sia necessario promuovere un’offerta pubblica salvo i casi in cui sussistano i requisiti dall’art. 106, commi 4 e 5, ed art. 107.
162 In tal senso si è espresso la Consob con comunicazione dell’11 giugno 2014 n. DCG/049117.
163 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit., p. 1407.
164 Non è della stessa opinione X. Xxxxxxxxxx, secondo il quale, non siamo davanti ad una esenzione, poiché il comma 4 «non esime (definitivamente o temporaneamente) dall’obbligo di o.p.a. ma semplicemente im- pedisce che tale obbligo venga ad esistenza; essa configura quindi una fattispecie impeditiva dell’obbligo di o.p.a., mentre le esenzioni propriamente dette sono fattispecie estintive (la sola esenzione per le opera- zioni di carattere temporaneo configura una fattispecie sospensiva) di tale obbligo» X. XXXXXXXXXX, Art. 106, in Leggi civ. comm., 2010, I, p. 130.
165 X. XXXXXXXXX, Esenzioni dall’obbligo e offerte pubbliche d’acquisto preventive, in Le offerte pubbliche d’acquisto, a cura di X. XXXXXXX XX., Torino, 2011, p. 178.
tutelare le minoranze, non rendendo necessario un successivo intervento di riequili- brio166.
«Mentre l’esclusione dell’operatività di tale esenzione nel primo caso sembra da potersi condividere, in quanto in tal caso gli azionisti di minoranza non parteciperebbero diret- tamente ai meccanismi di offerta, né, quindi, beneficerebbero delle tutele derivanti dalla disciplina dell’o.p.a. (best price), nel secondo caso la scelta del legislatore è più contro- versa»167.
In merito, invece, alla seconda parte del quesito inviato alla Consob, ovvero l’applica- bilità del contenuto dell’art. 123, comma 3, T.U.F. al caso in esame, l’autorità di vigi- xxxxx statuisce che l’applicazione della norma menzionata «rispetta una specifica fatti- specie», la cui violazione porterebbe a conseguenze unicamente di natura risarcitorie nonché l’adozione di provvedimenti autoritativi da parte della Commissione.
Questo perché l’efficacia dei patti parasociali è rilevante solo inter partes e, in forza di ciò, una violazione di quanto definito all’interno dell’accordo non è assolutamente equi- parabile ad una violazione dello statuto societario.
L’aderente al patto, infatti, è sempre e comunque libero di esercitare il voto in assemblea in maniera difforme e in violazione delle regole poste dall’accordo parasociale168. La violazione sarà eventualmente considerata come una questione di inadempimento con conseguenze unicamente risarcitorie, restando comunque una fattispecie estranea alla società, così come quest’ultima è estranea al patto parasociale in sé169.
166 Nonostante la comunicazione della Consob, non tutti hanno condiviso l’idea della tutela delle minoranze. Secondo X. Xxxxxxxxxx, il comma 4, più che costituire uno strumento di tutela delle minoranze, costituisce un elemento di salvaguardia volto a mitigare l’eccessivo costo della disciplina dell’o.p.a. obbligatoria, con- siderandola tra l’altro in questo senso «quanto mai opportuna visti i maggiori costi, rispetto al passato, cui si andrebbe incontro a seguito dell’o.p.a. obbligatoria». X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 169.
167 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit., p. 1407. Della stessa idea anche X. XXXXXXXXX, Esenzioni dall’ob- bligo e offerte pubbliche d’acquisto preventive, op. cit., p. 184 e X. XXXXXXXX, Mercato del controllo socie- tario e tutela degli investitori. La disciplina dell’o.p.a. obbligatoria, Bologna, 2002, p. 53.
168 Xxxxxx detto è la diretta conseguenza delle pronunce della Cassazione. In questi termini, Cassazione, 20.09.1995, n. 9975, in Riv. Dir. Comm., 1996, II, p. 199 e in Soc., 1996, p. 37.
169 In altre parole, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, op. cit., p. 1675.
Nelle pagine che compongono il lavoro si è provato a delineare i tratti principali di una materia per niente facile, quale quell’«azione di concerto».
Partendo da una descrizione della disciplina in generale, si sono ripercorse le tappe prin- cipali e si è cercato di comprendere la provenienza del «concerto».
Prime forme di «azioni concertate» sono state quindi ritrovate all’interno delle prime pratiche concordate del diritto antitrust, con le quali non poche sono le similitudini. Tra esse possono essere identificate: la finalità che le «aggregazioni» perseguono, l’onere della prova, così come la necessità di distinguere pratiche collusive accidentali da quelle invece consapevoli.
Da lì a poco, tante sono state le modifiche che hanno interessato l’intera disciplina, fa- cendo in modo che, nel tempo, venisse delineato un quadro di definizioni non povero di elementi. Al fine di fornire un’elencazione quanto più completa possibile, si è aggiunto al novero delle nozioni anche una lista di presunzioni, che, grazie alle caratteristiche riscontrate volta per volta nei vari casi, permettessero non solo di identificare compor- tamenti concertati, ma anche di riconoscere i presupposti di un’offerta pubblica d’ac- quisto o di un patto parasociale che ad essa portasse.
Inoltre, si è arrivati alla conclusione che, accantonate le presunzioni di sussistenza, non si viene a creare obbligo di o.p.a. quando il possesso di una partecipazione, pari ad una percentuale maggiore di quella limite del trenta per cento, è in via originaria, oppure quando, nonostante la suddetta soglia prevista ex-lege sia stata superata, ci si trovi nel caso di società partecipante e partecipata soggette a comune controllo oppure casi di acquisto per salvataggio di società in crisi.
Per quanto detto finora, appare evidente che solo grazie allo sforzo del legislatore, la disciplina dell’«azione di concerto» è riuscita ad avere una sua definizione e un suo posto all’interno di un complesso normativo articolato e insidioso.
Tutto il procedimento che interessa l’«agire di concerto» si snoda attraverso un mecca- nismo composto da una moltitudine di processi per nulla semplici e lineari.
Giustificazione di tale articolazione potrebbe derivare dal fine ultimo a cui la disciplina del «concerto» collegato all’o.p.a. e ai patti parasociali, mira, ovvero, l’acquisizione del controllo delle società.
Il legislatore ha dovuto, però, fare in modo che la stessa attenzione fosse rivolta sia agli azionisti di minoranza, che all’efficienza allocativa. Da un lato, infatti, il bisogno di
fornire protezione a quella parte della voice societaria, che, se non fosse per la tutela precedentemente menzionata e per i procedimenti legislativi oggetto di questa tesi, ver- rebbe sempre schiacciata dal potere maggiore di chi detiene una percentuale di controllo superiore. Dall’altro, invece, la possibilità di rendere l’acquisto del controllo societario un procedimento più oneroso e più articolato. Questo potrebbe, in un certo senso, disin- centivare il suddetto acquisto, sia nel caso in cui non dovesse sorgere un ragionevole profitto, sia nel caso in cui l’acquirente avesse voluto appropriarsi della società a un prezzo non idoneo.
Nonostante vi siano, al giorno d’oggi, una moltitudine di diversi orientamenti all’interno della sfera del diritto in merito alla disciplina in esame, ciò su cui le più autorevoli voci sono d’accordo è il bisogno di tutelare l’azionista di minoranza. Questo servirebbe a fare in modo che nel corso di un’offerta, gli azionisti in un certo senso più deboli, non subiscano perdite e non vengano esclusi da eventuali guadagni dell’offerente.
In più le offerte pubbliche d’acquisto rappresentano il mezzo attraverso il quale è pos- sibile stravolgere un consiglio di amministrazione e ribaltare l’intero assetto societario, quindi, a mio avviso, considerato il potere che la materia in esame ha, è necessario che tutte le parti abbiano gli stessi poteri.
Se la finalità della trasparenza delle operazioni e quella della tutela degli azionisti di minoranza non sono bilanciate, è possibile che, talvolta, sia determinato un caso di elu- sione delle norme che disciplinano le offerte pubbliche d’acquisto, o ancora, si potrebbe far nascere un’o.p.a. a condizioni non efficienti sul mercato. Inoltre, non di rado si è verificato che l’elusione sia stata la conseguenza della mancata pubblicità di un patto parasociale richiesta dal mercato e dall’art. 122 del T.U.F.
La struttura normativa di riferimento è, in ogni caso, da sempre in continua evoluzione: dagli anni a cui i primi riferimenti normativi fanno capo si è assistito a un’innumerevole quantità di modificazioni ed ampliamenti con l’intento di colmare le lacune che si in- contravano lungo il percorso evolutivo e adeguarsi agli standard che una sempre più esigente Europa richiedeva.
I casi analizzati hanno permesso di notare che, nonostante le continue modifiche alla normativa di rango nazionale e i continui impulsi, nonché le stesse direttive comunitarie, continuano a verificarsi casi di elusione. Questi ultimi trovano la loro natura soltanto nella volontà di voler conseguire un vantaggio indebito, che va poi a discapito delle società bersaglio e degli azionisti deboli.
Alla luce di quanto detto finora, spero di essere riuscita nell’intento di collegare una materia comune sia al mondo dell’economia che a quello del diritto: due sfere che, po- tendo anche sembrare lontane, sono in realtà estremamente vicine.
Le autorità di vigilanza, e, in questo caso, Consob e Banca d’Italia, hanno vigilato e regolamentato al fine di evitare situazioni del genere, dovendo più volte indossare le vesti sia di arbitro che di giustiziere nel caso di operazioni poco chiare o particolarmente danneggianti per una delle due parti.
Dire che l’evoluzione normativa della disciplina delle o.p.a., dei patti parasociali e dell’«azione di concerto» sia ormai completata appare impossibile, poiché, si può ben capire come, così come il mercato evolve continuamente, allo stesso modo il legislatore si deve adeguare alla fantasia degli operatori finanziari per poter reggere il loro passo e preparare la normativa vigente ad un veloce cambiamento.
Personalmente, credo che, talvolta, la troppa regolamentazione potrebbe costituire un ostacolo alla messa in opera di operazioni che, altrimenti, avrebbero stimolato la con- correnza e il miglior funzionamento del mercato. A volte, infatti, soprattutto nelle so- cietà italiane, ci troviamo di fronte a delle cristallizzazioni di poteri e a delle vere e proprie ingessature dei sistemi amministrativi, che sicuramente poco hanno a che vedere con la concorrenza. Ciò a cui mi riferisco non è legato ad una eventuale agevolazione delle scalate bancarie o ad una eliminazione degli obblighi imposti ex-lege: quello di cui sono convinta è che bisognerebbe prendere consapevolezza della situazione in cui ver- sano le società italiane al giorno d’oggi e capire che, magari, un processo più snello di acquisizione del controllo, potrebbe dare l’opportunità a molte società di diventare com- petitive anche dal punto di vista dimensionale rispetto alle altre potenze europee.
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