DANILO PAPA
Associazione per gli Studi internazionali e comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni Industriali
Apprendistato: gli interpelli del Ministero
XXXXXX XXXX
Sommario: 1. Premessa. – 2. Apprendistato e limiti di età. – 3. Apprendistato e attività formativa. – 4. Apprendistato e contrattazione collettiva. – 5. Ap- prendistato e retribuzione. – 6. Apprendistato stagionale. – 7. Apprendistato part-time. – 8. Cumulabilità dei rapporti di apprendistato e trasformazione del rapporto. – 9. Ulteriori questioni.
Working Paper n. 54/2008
Pubblicazione registrata il giorno 11 novembre 2001 presso il Tribunale di Modena. Registrazione n. 1609
1. Premessa
2. Apprendistato e limiti di età
A partire dal 2005 – e cioè da quando ha iniziato ad operare il
c.d. diritto di interpello del Ministero del lavoro, previsto dall’art. 9 del d.lgs. n. 124/2004 – sono state pubblicate circa 140 risposte a quesiti, molte delle quali hanno interessato il con- tratto di apprendistato di cui al d.lgs. n. 276/2003. I chiarimenti ministeriali (in tutto 25) sono giustificati dalle notevoli difficoltà legate alla messa a regime del nuovo istituto, sul quale sono de- stinate ad intervenire le discipline dettate dalle singole Regioni e dalla contrattazione collettiva.
La trattazione che segue vuole dunque delineare un quadro complessivo degli orientamenti del Ministero su una tipologia contrattuale che, stando alle novità intervenute con la l. n. 247/2007, richiederà in futuro ulteriori indagini interpretative1.
Per quanto concerne i limiti di età per l’assunzione dell’apprendista, va anzitutto ricordato che il d.lgs. n. 276/2003 stabilisce un’età minima di 15 anni per la sottoscrizione di un contratto di apprendistato c.d. qualificante ed una età compresa fra i 18 ed i 29 anni per la sottoscrizione di un contratto di ap- prendistato c.d. professionalizzante o specializzante2. Si ricorda invece che, in riferimento al “vecchio” apprendistato, era previ- sta una età compresa tra i 15 anni (fermo restando l’adempimen- to agli obblighi scolastici) ed i 243.
Quanto alle problematiche interpretative legate ai limiti di età va ricordata anzitutto la risposta ad interpello al Collegio dei Ragionieri commercialisti di Macerata del 3 agosto 2005 che, modificando un primo parere, ha ritenuto possibile l’assunzione con il “vecchio” contratto di apprendistato di giovani fino a 26 anni di età anche nelle zone ammesse a sostegno transitorio ai sensi dell’art. 6 del Regolamento CE n. 1260/1999.
Sui limiti di età è fondamentale la risposta del 24 marzo 2006 al quesito avanzato dalla Confapi. In esso si chiedevano chiari- menti sulla interpretazione delle norme che subordinano l’attivazione di determinate tipologie contrattuali a requisiti di età, fra cui l’apprendistato professionalizzante. Sull’argomento, il Ministero ribadisce quanto già detto con circolare n. 30/2005 secondo cui «l’assunzione potrà essere effettuata fino al giorno antecedente al compimento del trentesimo anno di età (ovvero fino a 29 anni e 364 giorni)»; una interpretazione in linea con il principio fissato dalla giurisprudenza, in particolare nella sen- tenza della Cassazione n. 10169 del 26 maggio 2004 ove è e- spressamente detto che «se il computo fissato dalla legge è fatto ad anni, anche colui che ha ventinove anni e qualche mese, ha comunque ventinove anni, restando trascurabili le frazioni di mesi». Per inciso vale la pena ricordare che il Ministero traspone tale principio anche rispetto ad altre tipologie contrattuali la cui attivazione è subordinata a specifici requisiti di età, quali ad e-
sempio il “vecchio” apprendistato disciplinato dalla l. n. 25/1955 e dall’art. 16 della l. n. 196/1997, che risulterebbe ammesso an- che per soggetti di età sino a 24 anni e 364 giorni.
Interpello | Contenuti |
3 agosto 2005 | È possibile l’assunzione con il “vecchio” contratto di apprendistato di giovani fino a 26 anni di età anche nelle zone ammesse a sostegno transitorio ai sensi dell’art. 6 del Regolamento CE n. 1260/1999. |
24 marzo 2006 | L’assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante può essere effettuata fino al giorno antecedente al compimento del 30° anno di età (ovvero fino a 29 anni e 364 giorni). |
3. Apprendistato
e attività formativa
In materia di formazione dell’apprendista va anzitutto ricor- data la risposta ad interpello del 24 marzo 2006 avanzato dal Consiglio provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Bergamo.
L’interpello affronta la questione relativa alla individuazione del «soggetto legittimato a stabilire i requisiti in base ai quali un’azienda può considerarsi formativa» in occasione dell’attiva- zione di un contratto di apprendistato professionalizzante. Al ri- guardo il Ministero ricorda anzitutto che, con riferimento alla di- sciplina formativa dell’apprendistato professionalizzante, l’art. 49, comma 5, d.lgs. n. 276/2003, stabilisce che «la regolamenta- zione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bol- zano, d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale» nel rispetto di alcuni criteri e principi direttivi, fra i quali il «rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, terri- toriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavo- ro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazio- ne e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa inter- na rispetto a quella offerta dai soggetti esterni». Sulla base del dettato normativo, pertanto, il Ministero ritiene che la valutazio- ne della capacità formativa delle aziende spetti alla contrattazio- ne collettiva; ciò, peraltro, è in linea con quanto indicato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 2005 la quale, nel pronunciarsi in merito a questioni di legittimità costituzionale di talune disposizioni del d.lgs. n. 276/03, non ha rimesso alle Re- gioni la disciplina della formazione all’interno delle aziende bensì, nell’indicare che la formazione aziendale concerne il rap- porto contrattuale, l’ha fatta rientrare nell’ambito di competenza della legislazione statale e della contrattazione collettiva.
Altra risposta ad interpello, la n. 5 del 18 gennaio 2007 indi- rizzata alla Regione Friuli Venezia Giulia, chiede anzitutto se il monte ore di formazione formale fissato in 120 ore annue dal
d.lgs. n. 276/2003 possa essere ridotto, in particolare in presenza di crediti formativi individuali. Al riguardo il Ministero si e- sprime sostenendo che il monte ore annuo va inteso quale limite minimo, «posto dal Legislatore a tutela della primaria esigenza formativa da assicurare all’apprendista». Va dunque stigmatizza- ta – continua il Ministero – la scelta di alcuni contratti collettivi di ridurre l’impegno formativo per gli apprendisti in possesso di un titolo di studio post-obbligo (si veda ad esempio Ccnl Tessili e Ccnl Edilizia), giacché la disciplina normativa del nuovo ap- prendistato non permetterebbe una interpretazione diversa da quella anzidetta, così come invece poteva farsi con riferimento al “vecchio” apprendistato ed alla formulazione dell’art. 16 della l.
n. 196/1997, secondo cui l’impegno formativo dell’apprendista deve essere «normalmente pari ad almeno 120 ore medie annue» e può essere comunque ridotto «per i soggetti in possesso di tito- lo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale idonei rispetto all’attività da svolgere».
Nel rispetto pertanto del monte ore minimo di formazione formale, è invece nel potere sia delle Regioni che delle parti so- ciali individuare modalità e articolazione della formazione quali, ad esempio, criteri di scelta tra formazione interna ed esterna all’azienda, formazione a distanza od in aula, ripartizione del monte ore complessivo fra i diversi moduli del percorso forma- tivo.
La Regione Friuli chiede inoltre come possano essere valuta- ti, all’inizio del rapporto di apprendistato, eventuali crediti for- mativi già in possesso dell’apprendista. A tale domanda il Mini- stero risponde che i crediti possono eventualmente incidere «sul- la distribuzione delle ore di formazione fra le varie materie e di- scipline» senza che – ribadisce – sia possibile ridurre il monte ore di formazione formale. In conclusione la risposta ad interpel- lo sottolinea che, tenendo conto delle conoscenze già acquisite dall’apprendista, la sua formazione professionale potrà essere concentrata maggiormente su materie o conoscenze specialisti- che nelle quali lo stesso abbia maggiori carenze, non avendole acquisite nel precedente percorso scolastico, mentre potranno es- sere ridotte le ore di formazione dedicate a specifiche materie per le quali il soggetto dimostri, attraverso crediti formativi, di possedere un bagaglio sufficiente di conoscenze.
Ancora in materia di formazione occorre ricordare l’interpello
n. 8 del 2 febbraio 2007, in risposta ad un quesito della Confin- dustria, concernente la possibilità di stipulare il contratto di ap- prendistato a fronte di pregresse esperienze lavorative. Al ri- guardo il Ministero ricorda anzitutto che la questione non si po- ne «qualora il soggetto da assumere con contratto di apprendista- to professionalizzante abbia svolto in precedenza un periodo la- vorativo in forza di una diversa qualifica professionale». La pro-
blematica è invece più complessa in caso di coincidenza tra qua- lifica cui mira il contratto di apprendistato e qualifica rivestita in forza di un precedente rapporto; in tal caso, «in assenza di preci- si riferimenti normativi e di indicazioni di natura contrattuale», il Ministero si affida alla giurisprudenza della Suprema Corte, con- cernente però il contratto di formazione e lavoro. Ebbene la Cas- sazione chiarisce che «è ben possibile che un lavoratore già im- pegnato con un contratto di natura formativa possa essere parte di un ulteriore contratto che abbia come oggetto altro tipo di formazione, anche se astrattamente rientri nella stessa qualifica contrattuale purché l’ulteriore contratto sia idoneo a conferire una professionalità diversa da quella già acquisita»4.
Ciò che dunque la giurisprudenza evidenzia e che il Ministero porta quale argomentazione forte per sostenere una soluzione che vuole conciliare almeno in parte le pregresse esperienze del lavoratore, con la possibilità di sottoscrivere un contratto di ap- prendistato professionalizzante, è la circostanza secondo cui det- ta tipologia contrattuale mira alla acquisizione di una “qualifica- zione”, il che significa andare oltre la semplice “qualifica”, mi- rando invece ad acquisire una vera e propria professionalità. Il Ministero chiarisce infatti che l’apprendistato professionalizzan- te, a differenza delle altre tipologie contrattuali disciplinate dagli artt. 48 e 50 del d.lgs. n. 276/2003, non è volto alla acquisizione di una qualifica professionale ma alla «acquisizione di un baga- glio formativo di nozioni di carattere teorico-pratico quanto più completo possibile, legato non solamente allo svolgimento della mansione assegnata, individuata dalla qualifica contrattuale, ma ad una più complessa ed articolata conoscenza sia del contesto lavorativo che delle attività che in esso sono svolte».
Quindi ciò che conta è la verifica del contenuto del piano formativo legato al contratto di apprendistato professionalizzan- te, valutando se lo stesso possa dar luogo ad un «arricchimento complessivo delle competenze di base trasversali e tecnico pro- fessionali del lavoratore».
Interpello | Contenuti |
24 marzo 2006 | La valutazione della capacità formativa delle aziende spetta alla contrattazione collettiva, in linea con quanto indicato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 2005. |
18 gennaio 2007 | Il monte ore annuo di formazione formale pari a 120 ore va inteso quale limite minimo, «posto dal Legislatore a tutela della primaria esigenza formativa da assicurare all’apprendista». I crediti formativi in possesso dell’apprendista possono eventual- mente incidere «sulla distribuzione delle ore di formazione fra le varie materie e discipline» senza che sia possibile ridurre il monte ore di formazione formale. |
2 febbraio 2007 | A fronte di pregresse esperienze lavorative è sempre possibile la stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante in quanto ciò che conta è la verifica del contenuto del piano formativo, valu- |
tando se lo stesso possa dar luogo ad un «arricchimento complessi- vo delle competenze di base trasversali e tecnico professionali del lavoratore». |
4. Apprendistato e con- trattazione collettiva
Alcuni importanti chiarimenti riguardano il ruolo della con- trattazione collettiva. L’interpello del 12 aprile 2005, in risposta ad un quesito del Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del lavo- ro di Varese, ha chiarito che sono da considerarsi validi i con- tratti di apprendistato stipulati in assenza di iscrizione all’ente bilaterale. Già con la circolare n. 40/2004 il Ministero aveva in- fatti stabilito che «non sono da considerarsi legittime le clausole dei contratti collettivi che subordinino la stipula del contratto di apprendistato all’iscrizione all’ente bilaterale o ad altre condi- zioni non espressamente previste dal legislatore».
Con risposta ad interpello del 14 ottobre 2005, avanzato dall’Unione Regionale Piccole e Medie Industrie dell’Xxxxxx Xxxxxxx, si chiede invece se il nuovo apprendistato introdotto dall’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 possa trovare applicazione quando, pur in presenza di una regolamentazione regionale dei profili formativi, il contratto collettivo di riferimento non abbia provveduto a sua volta a disciplinare la materia. Ebbene, il Mini- stero ricorda immediatamente che l’art. 47, comma 3, del d.lgs.
n. 276/2003 si preoccupa di evitare ogni soluzione di continuità, prevedendo l’operatività della disciplina legale e contrattuale previgente «in attesa della regolamentazione del contratto di ap- prendistato ai sensi del presente decreto». Ciò premesso, si va subito al nocciolo della questione. La risposta ministeriale sotto- linea che, nel rispetto dei principi costituzionali in materia di competenze Stato-Regioni, la legge regionale nel caso specifico (l.r. Xxxxxx Xxxxxxx n. 17/2005) stabilisce un rinvio alla con- trattazione collettiva per alcuni rilevanti contenuti del contratto di apprendistato, quali l’articolazione della formazione e la sua erogazione; ne consegue che le indicazioni dettate dalla contrat- tazione collettiva – secondo il Ministero – sono dunque necessa- rie al fine del perfezionamento della disciplina regionale e, in lo- ro assenza, non è dunque possibile procedere alla stipulazione di contratti di apprendistato professionalizzante. Ciò realizzerebbe
– continua il Ministero – «una indebita commistione tra nuova e vecchia disciplina chiaramente esclusa dal citato articolo 47, comma 3, dello stesso decreto», giacché il datore di lavoro ap- plicherebbe la nuova tipologia contrattuale pur rifacendosi ad un contratto collettivo che non lo disciplina.
Ancora sui rapporti tra contratto di apprendistato e contratta- zione collettiva va segnalata la risposta ad interpello del 21 giu- gno 2006 dell’Apindustria di Piacenza con la quale, oltre a riba- dire quanto detto in precedenza, il Ministero chiarisce che i limi- ti di durata dell’apprendistato professionalizzante ed il relativo campo di applicazione soggettivo (età dell’apprendista) saranno
applicabili «solo dove risulti pienamente a regime la disciplina del D.Lgs. n. 276/2003». Inoltre si precisa che la necessaria in- dividuazione delle qualifiche e della effettiva durata dei contratti di apprendistato professionalizzante è rimessa, ex art. 49, comma 3, del d.lgs. n. 276/2003, soltanto ai «contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamen- te più rappresentative sul piano nazionale o regionale», esclu- dendo pertanto altri livelli di contrattazione.
Infine, la risposta ad interpello chiarisce che nel caso di ap- plicazione della l. n. 25/1955 e dell’art. 16 della l. n. 196/1997, sempre al fine di evitare una indebita commistione di discipline, anche di natura contrattuale, il datore di lavoro deve fare riferi- mento al contratto collettivo che regolamenta tale tipologia di apprendistato e che «solo con riferimento alle previsioni di carat- tere economico occorrerà riferirsi al rinnovato CCNL – sebbene riferito al nuovo apprendistato professionalizzante – al fine di evitare evidenti disparità di trattamento ed in attuazione del prin- cipio del favor prestatoris».
Interpello | Contenuti |
12 aprile 2005 | Sono da considerarsi validi i contratti di apprendistato stipulati in assenza di iscrizione all’ente bilaterale. |
14 ottobre 2005 | Le indicazioni dettate dalla contrattazione collettiva sono necessarie al fine del perfezionamento della disciplina regionale e, in loro as- senza, non è possibile procedere alla stipulazione di contratti di ap- prendistato professionalizzante. |
21 giugno 2006 | I limiti di durata dell’apprendistato professionalizzante ed il relativo campo di applicazione soggettivo (età dell’apprendista) saranno applicabili «solo dove risulti pienamente a regime la disciplina del D.Lgs. n. 276/2003». La necessaria individuazione delle qualifiche e della effettiva durata dei contratti di apprendistato professionalizzante è rimessa, ex art. 49, comma 3, del d.lgs. n. 276/2003, soltanto ai «contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparati- vamente più rappresentative sul piano nazionale o regionale», e- scludendo pertanto altri livelli di contrattazione. Nel caso di applicazione della l. n. 25/1955 e dell’art. 16 della l. n. 196/1997 il datore di lavoro deve fare riferimento al contratto colletti- vo che regolamenta tale tipologia di apprendista. |
5. Apprendistato e retribuzione
In materia di retribuzione dell’apprendista va anzitutto ricor- dato l’interpello, già citato, del 14 ottobre 2005, avanzato dall’Unione Regionale Piccole e Medie Industrie dell’Xxxxxx Xxxxxxx. In esso, infatti, nel sostenere che con riferimento al “vecchio” apprendistato si applica il corrispondente contratto collettivo, si precisa ulteriormente che «solo con riferimento alle previsioni di carattere economico occorrerà riferirsi al rinnovato CCNL – sebbene riferito al nuovo apprendistato professionaliz- zante – al fine di evitare evidenti disparità di trattamento ed in attuazione del principio del favor prestatoris».
Tale tematica è ripresa con la risposta ad interpello n. 28 del 1° ottobre 2007 trasmesso alla Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, le quali chiedevano di specificare il rapporto tra la previsione di cui all’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003 e quella dell’art. 13, comma 1, della l. n. 25/1955. La prima norma stabilisce an- zitutto che «durante il rapporto di apprendistato, la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del con- tratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a man- sioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto». L’art. 13 della l. n. 25/1955 prevede invece che «la retribuzione […] dovrà essere graduale anche in rapporto all’anzianità di ser- vizio».
In sostanza gli interpellanti chiedevano se fosse possibile, an- che sulla base di precedenti interpretazioni del Ministero, utiliz- zare ambedue i meccanismi ai fini della determinazione della re- tribuzione da corrispondere all’apprendista ovvero se uno dei meccanismi escludesse l’altro. Al quesito è data risposta negati- va giacché, se si ammettesse il cumulo tra i due meccanismi di determinazione della retribuzione, si recherebbe un danno al la- voratore al quale sarebbe dunque corrisposta una retribuzione in- feriore a quella derivante dalla applicazione del solo sistema di sottoinquadramento previsto dal d.lgs. n. 276/2003. Spiega infat- ti il Ministero che il rapporto tra le norme in questione «deve, invero, essere interpretato in termini non già di cumulatività bensì di alternatività». Ne consegue che, per l’apprendistato pro- fessionalizzante, la determinazione della retribuzione da corri- spondere al lavoratore dovrà avvenire ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 276/2003 salvo che, in forza del principio del favor pre- statoris, dall’applicazione della procedura di percentualizzazione derivi, in concreto, un trattamento più favorevole per il dipen- dente.
Infine va segnalato l’interpello n. 13 del 1° marzo 2007, con il quale la Federmeccanica chiedeva chiarimenti in merito al di- vieto, stabilito dall’art. 49, comma 4, lett. b, del d.lgs. n. 276/2003, «di stabilire il compenso dell’apprendista secondo ta- riffe di cottimo». In particolare si chiedeva se la corresponsione agli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professio- nalizzante per le «figure professionali addette a produzioni in se- rie svolte su linee a catena o di montaggio semplice» – ai sensi del Ccnl 19 gennaio 2006 per l’Industria Metalmeccanica e l’Installazione di Impianti – della voce “utile di cottimo” o ana- loghe formulazioni in atto in azienda contrastasse con il divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di cot- timo, di cui al citato art. 49, comma 4, lett. b, del d.lgs. n. 276 del 2003, laddove si trattasse di importi fissi legati alla mansione
e non più incentivanti, ovvero di una voce retributiva equivalen- te e sostitutiva definita contrattualmente in azienda con specifico riferimento agli apprendisti addetti alle linee a catena. Al riguar- do il Ministero sottolinea che, quanto alla problematica relativa alla corresponsione di un “utile di cottimo” a lavoratori assunti con contratto di apprendistato, previsto nel citato Ccnl 19 gen- naio 2006, non sembrano sussistere perplessità sulla compatibili- tà di tale emolumento con la previsione di cui all’art. 49, comma 4, lett. b, del d.lgs. n. 276/2003 qualora lo stesso sia pressoché totalmente sganciato dal “risultato produttivo” del lavoratore, costituendo viceversa una voce retributiva fissa; ciò in quanto la ratio della previsione contenuta nel d.lgs. n. 276/2003 – peraltro del tutto analoga a quella riportata nell’art. 11, lett. f, della l. n 25/1955 – è di evitare che l’apprendista possa subire un pregiu- dizio dall’applicazione di una retribuzione commisurata al risul- tato, proprio in ragione della minore capacità produttiva dovuta evidentemente ad una minore esperienza di lavoro.
Interpello | Contenuti |
14 ottobre 2005 | Con riferimento al “vecchio” apprendistato si applica il corrisponden- te contratto collettivo e «solo con riferimento alle previsioni di carat- tere economico occorrerà riferirsi al rinnovato CCNL – sebbene rife- rito al nuovo apprendistato professionalizzante – al fine di evitare evidenti disparità di trattamento ed in attuazione del principio del favor prestatoris». |
1° ottobre 2007 | Per l’apprendistato professionalizzante la determinazione della retri- buzione da corrispondere al lavoratore dovrà avvenire ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 276/2003 salvo che, in forza del principio del favor prestatoris, dall’applicazione della procedura di percentualiz- zazione derivi, in concreto, un trattamento più favorevole per il di- pendente. |
1° marzo 2007 | La corresponsione di un “utile di cottimo” a lavoratori assunti con contratto di apprendistato non sembra incompatibile con la previsio- ne di cui all’art. 49, comma 4, lett. b, del d.lgs. n. 276/2003 qualora lo stesso sia pressoché totalmente sganciato dal “risultato produtti- vo” del lavoratore, costituendo viceversa una voce retributiva fissa. |
6. Apprendistato stagio- nale
Con riferimento alla compatibilità del contratto di apprendi- stato con attività stagionali, con risposta ad interpello del 2 mag- gio 2006 del Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Rimini, il Ministero chiarisce che, atteso il requisito di durata del contratto di apprendistato professionalizzante (che, ai sensi dell’art. 49, comma 3, non può essere inferiore a 2 anni e supe- riore a 6), non è possibile utilizzare il contratto de quo per le as- sunzioni nell’ambito delle attività a carattere stagionale. La natu- rale breve durata delle attività a carattere stagionale, infatti, si presenta incompatibile con il contenuto formativo dell’apprendi- stato diretto a far conseguire al lavoratore una determinata pro- fessionalità e che giustifica la durata minima di 2 anni del rap-
sia quella del “vecchio” apprendistato il Ministero ammette il ri- corso all’apprendistato per attività di carattere stagionale. In pas- sato, infatti, il Ministero del lavoro con note del 10 gennaio 2002 e 20 marzo 2002 ha confermato, sulla base dell’art. 8, l. n. 25/1955, e dell’art. 21, comma 4, l. n. 56/1987, la possibilità di accedere a contratti di apprendistato da parte delle imprese che svolgono attività stagionali, facendone conseguire il ripropor- zionamento dei contenuti formativi in relazione alla durata dei relativi contratti.
Interpello | Contenuti |
2 maggio 2006 | Non è possibile utilizzare il contratto di apprendistato professionaliz- zante per le assunzioni nell’ambito delle attività a carattere stagiona- le. Solo nell’ipotesi in cui la disciplina applicabile sia quella di cui alla l. n. 25/1955 il Ministero ammette il ricorso all’apprendistato per atti- vità di carattere stagionale. |
7. Apprendistato part-time
Con risposta ad interpello n. 4 del 18 gennaio 2007 il Mini- stero ribadisce anzitutto la compatibilità, in linea di principio, di un contratto di apprendistato con un regime orario part-time, ri- cordando che già la circolare n. 46/2001 aveva evidenziato la necessità di effettuare una verifica in tal senso di volta in volta,
«cioè […] valutare se la durata della prestazione lavorativa sia tale da consentire […] il soddisfacimento dell’esigenza formati- va»5. La questione, sollevata dal Consiglio dell’Ordine dei Con- sulenti del lavoro di Viterbo, era tuttavia più specifica: si chie- deva infatti se «l’attivazione del servizio ispettivo in merito alla trasformazione dell’orario di lavoro per gli apprendisti, al fine della garanzia del contenuto formativo del contratto, debba av- venire preventivamente anche per l’assunzione di apprendisti con contratto a tempo parziale». Al riguardo va ricordato che lo stesso Ministero del lavoro, con una nota del 2 aprile 2004, ave- va infatti chiarito che, in caso di trasformazione del rapporto di apprendistato da tempo pieno a tempo parziale, l’autorizzazione rilasciata dalle Direzioni provinciali del lavoro richiede, oltre al controllo sulla effettiva volontà delle parti, anche il controllo sulla compatibilità della riduzione oraria con il contenuto forma- tivo. Ebbene, in proposito il Ministero chiarisce che il controllo effettuato dalle Direzioni provinciali del lavoro, volto a verifica- re detta compatibilità, avviene esclusivamente in caso di tra- sformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale e mai nell’ipotesi di assunzione dell’apprendista direttamente con ora- rio part-time; ciò in quanto «la stipula del contratto non può es- sere subordinata alla preventiva verifica ispettiva circa la compa- tibilità tra contenuto formativo del contratto e riduzione di ora- rio. La necessaria attivazione del Servizio ispettivo prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro contrasterebbe, infatti, con lo spirito e la lettera del D.Lgs. n. 276/2003, che ha abrogato
l’autorizzazione preventiva rilasciata dalla Direzione provinciale del lavoro al fine di eliminare ogni appesantimento burocratico connesso alla stipula del contratto di apprendistato».
Ulteriore quesito avanzato dalla Confartigianato di Cuneo ri- guardava ancora la compatibilità di un rapporto di apprendistato con un orario di lavoro part-time e l’eventuale riduzione del pe- riodo formativo dell’apprendista. Più in particolare si chiedeva
«entro quale limite minimo di lavoro settimanale possa essere at- tivato un rapporto di apprendistato part-time» e «se, in caso di apprendistato part-time, il monte ore formativo obbligatorio di 120 ore medie annue riferito ad un rapporto di apprendistato ar- ticolato su 40 ore di lavoro settimanali, sia o meno proporzio- nalmente riquantificabile rispetto all’orario part-time convenuto tra le parti».
Il Ministero, con risposta ad interpello del 13 dicembre 2006 ribadisce che non esiste alcun minimum di orario da osservarsi nella stipula del contratto ma che, in ogni caso, è necessario che la riduzione oraria non sia di ostacolo al raggiungimento delle finalità formative proprie dell’apprendistato. Di seguito il Mini- stero precisa che le 120 ore di formazione previste dall’art. 16 della l. n. 196/1997 (ma analogamente può dirsi per il monte ore previsto dall’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003) «rappresentano la soglia minima di attività formativa da svolgere all’interno del rapporto di apprendistato. Ditalché, anche in conformità al prin- cipio di non discriminazione tra lavoro part-time e lavoro a tem- po pieno, espresso nel secondo comma dell’art. 4 del D.Lgs. n. 61/2000, si ritiene che il periodo di attività formativa non possa essere riproporzionato in relazione al ridotto orario di lavoro».
Interpello | Contenuti |
18 gennaio 2007 | È compatibile, in linea di principio, un contratto di apprendistato con un regime orario part-time. Il controllo effettuato dalle Direzioni pro- vinciali del lavoro, volto a verificare detta compatibilità, avviene e- sclusivamente in caso di trasformazione del rapporto da tempo pie- no a tempo parziale e mai nell’ipotesi di assunzione dell’apprendista direttamente con orario part-time. |
13 dicembre 2006 | Non esiste alcun minimum di orario da osservarsi nella stipula del contratto di apprendistato ma, in ogni caso, è necessario che la ri- duzione oraria non sia di ostacolo al raggiungimento delle finalità formative. Le 120 ore di formazione previste dall’art. 16 della l. n. 196/1997 (ma analogamente può dirsi per il monte ore previsto dall’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003) «rappresentano la soglia minima di attività formativa da svolgere all’interno del rapporto di apprendi- stato». |
8. Cumulabilità dei rapporti di apprendistato e trasformazione
del rapporto
Con interpello n. 3 dell’11 febbraio 2008 il Ministero affronta l’ipotesi di un lavoratore assunto con contratto di apprendistato professionalizzante dopo avere svolto un periodo di apprendista- to nella vigenza della l. n. 25/1955. In premessa si ribadisce che la disciplina del d.lgs. n. 276/2003 va «integrata con le disposi-
zioni contenute nella L. n. 25/1955, non abrogate dal citato X.Xxx. n. 276/2003, che continuano a trovare applicazione ai contratti di apprendistato, in quanto compatibili con il nuovo quadro normativo»6.
Tenuto conto di tale principio, la risposta ad interpello precisa come sia, fra gli altri, applicabile anche l’art. 8 della l. n. 25/1955 al nuovo regime normativo e, soprattutto, nei rapporti tra “vecchio” e “nuovo” apprendistato. Chiarisce infatti il Mini- stero che, «in presenza delle condizioni indicate dal citato art. 8, un nuovo rapporto di lavoro, disciplinato dalla normativa e dalle disposizioni contrattuali sull’apprendistato professionalizzante, sarà instaurato tenendo conto, ai fini del computo della durata massima, del periodo di lavoro già svolto nel precedente rappor- to. La durata del nuovo apprendistato potrà essere, dunque, cal- colata sommando la durata del vecchio rapporto con quello nuo- vo».
Il meccanismo del cumulo non potrà tuttavia essere applicato in via del tutto automatica, scomputando dalla durata del “nuo- vo” apprendistato il periodo già svolto sotto il regime del “vec- chio” apprendistato. Il precedente rapporto va infatti ad incidere sul nuovo anche e soprattutto per una diversa modulazione del piano formativo che, lo si ricorda, lo stesso Legislatore definisce “individuale” e quindi calibrato sulle specifiche esperienze pro- fessionali di ogni singolo lavoratore. La stessa risposta ad inter- pello, infatti, sottolinea la necessità che il nuovo rapporto di la- voro «individui contenuti formativi diversi ed aggiuntivi rispetto a quelli che hanno caratterizzato il primo rapporto, in modo da preservare i caratteri di diversità fra la vecchia e nuova tipologia di apprendistato, in particolare per quanto attiene ai contenuti formativi da assicurare all’apprendista secondo la nuova disci- plina».
Nella problematica in esame va tuttavia altresì sottolineata la necessità di verificare che, una volta interrotto il “vecchio” rap- porto di apprendistato, permangano i requisiti per l’instaurazione del nuovo rapporto, in particolare per quanto concerne il limite di età che, come noto, non può essere inferiore ai 18 anni (17 anni per soggetti in possesso di una qualifica professionale).
Diversa, seppur apparentemente connessa, è invece la que- stione relativa alla possibile trasformazione di un rapporto di ap- prendistato sorto ex l. n. 25/1955 in un rapporto di apprendistato professionalizzante rispetto alla quale il Ministero, con risposta interpello n. 14 del 1° marzo 2007 avanzato dalla Associazione Nazionale dei Consulenti del lavoro, si era espresso negativa- mente, evidenziando come tale operazione comporterebbe una
«indebita commistione tra nuova e vecchia disciplina».
La cumulabilità dei periodi deve dunque ritenersi ammessa solo se giustificata da una vera e propria interruzione del rappor-
to.
Interpello | Contenuti |
11 febbraio 2008 | La previsione di cui all’art. 8 della l. n. 25/1955 è applicabile anche con riferimento alla instaurazione di un rapporto di apprendistato professionalizzante, dopo aver svolto un periodo di apprendistato ex l. n. 25/1955. Il precedente rapporto va ad incidere sul nuovo anche e soprattutto per una diversa modulazione del piano formativo. |
1° marzo 2007 | Non è possibile la trasformazione di un rapporto di apprendistato sorto ex l. n. 25/1955 in un rapporto di apprendistato professionaliz- zante. |
9. Ulteriori questioni
Altre questioni sollevate tramite procedura di interpello ri- guardano:
- l’inapplicabilità ad oggi del c.d. apprendistato qualificante, stante l’incompletezza della relativa disciplina, strettamente con- nessa alla riforma del sistema d’istruzione prevista dalla l. n. 53/2003, e dunque il ricorso, per i soggetti che non abbiano com- piuto i 18 anni, alla disciplina del “vecchio” apprendistato (rispo- sta ad interpello n. 36 del 29 novembre 2007 alla Federmeccani- ca);
- il diritto, in capo al datore di lavoro, ai benefici contributivi annuali previsti dalla l. n. 25/1955 successivamente alla trasfor- mazione del rapporto di apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come previsto dall’art. 21, comma 6, della l. n. 56/1987. In proposito il Ministero evidenzia che i bene- fici contributivi sono da collegare al momento fattuale della tra- sformazione del rapporto a tempo indeterminato e pertanto, anche nella ipotesi in cui tale trasformazione avvenga in maniera antici- pata rispetto al termine previsto nel contratto, il datore di lavoro avrà diritto a fruire dei benefici contributivi per l’anno successivo alla trasformazione dell’apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato (risposta ad interpello del 4 maggio 2005 avanzato dal Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Udine);
- la compatibilità del “nuovo” apprendistato con specifiche attività, quali l’attività di “salvataggio sulla costa” (risposta ad in- terpello del 5 dicembre 2005 alla Confederazione esercenti attivi- tà commerciali e turistiche di Ferrara) o con specifiche previsioni contrattuali, quali l’art. 28 del Ccnl Panificatori del 19 luglio 2005 (risposta ad interpello del 21 giugno 2006 alla FIPPA, Fe- derazione Italiana Panificatori, Panificatori-Pasticceri ed Affini);
- l’inapplicabilità del Trattamento straordinario di integra- zione salariale ai lavoratori con contratto di apprendistato (rispo- sta ad interpello del 5 novembre 2007 alla FISASCAT-Cisl, Fe- derazione Italiana Sindacati Addetti Servizi Commerciali Affini e del Turismo) e la non prorogabilità del contratto a fronte di ma- lattie di breve durata (risposta ad interpello n. 17 dell’11 luglio
2007 alla Associazione Piccole e Medie Industrie della Provincia di Bologna);
- la sperimentazione del “nuovo” apprendistato attuata nella Regione Liguria (risposta ad interpello del 14 settembre 2006 al Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di La Spezia);
- l’inclusione dei soci lavoratori nel calcolo percentuale per l’assunzione di apprendisti (risposta ad interpello del 10 ottobre 2006 al Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Mace- rata).
* Xxxxxx Xxxx è Responsabile Area giuridica e Attività di Interpello, D.G. Attività ispettiva del Mi- nistero del lavoro e della previdenza sociale, è Componente del Centro Studi Attività ispettiva e del Co- mitato scientifico della Fondazione Studi del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro. Si segnala che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione.
1 La legge che ha dato attuazione al Protocollo welfare del 23 luglio 2007 ha infatti delegato il Go- verno ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia apprendi- stato, attenendosi ad alcuni criteri direttivi: a) rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva nel quadro del perfezionamento della disciplina legale della materia; b) individuazione di standard nazionali di qualità della formazione in materia di profili professionali e percorsi formativi, certificazione delle competenze, validazione dei progetti formativi individuali e riconoscimento delle capacità formative delle imprese, anche al fine di agevolare la mobilità territoriale degli apprendisti mediante l’individuazione di requisiti minimi per l’erogazione della formazione formale; c) con riferimento all’apprendistato profes- sionalizzante, individuazione di meccanismi in grado di garantire la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’attuazione uniforme e immediata su tutto il territorio nazionale della relativa discipli- na; d) adozione di misure volte ad assicurare il corretto utilizzo dei contratti di apprendistato.
2 Il d.lgs. n. 276/2003 stabilisce ancora che «per soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età».
3 26 anni se le assunzioni intervengono nelle aree svantaggiate (obiettivi 1 e 2 del regolamento CE n. 2081/1993, ora regolamento CE n. 1260/1999); 26 anni, per i giovani portatori di handicap, elevati a 28 anni se l’assunzione interviene nelle aree svantaggiate; 29 anni, nel settore artigiano per le alte qualifiche individuate dal Ccnl.
4 Così Cass. n. 17574/2004.
5 In proposito il Ministero si è espresso anche con circolare n. 9/2004, nella quale ha chiarito che
«[…] non si ravvisa, in linea di principio, neppure una incompatibilità tra il rapporto a tempo parziale e il contratto di apprendistato o di inserimento ove la peculiare articolazione dell’orario non sia di ostacolo al raggiungimento delle finalità – formative ovvero di adattamento delle competenze professionali – tipiche di questi contratti».
6 Tale principio era infatti già contenuto nella circolare del Ministero n. 40/2004, nella quale si legge che «si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui alla legge n. 25 del 1955 e successive modi- ficazioni, pertanto si considerano applicabili le norme in materia di diritti e doveri del datore di lavoro e dell’apprendista, nonché la disciplina previdenziale ed assistenziale».