SUL PRINCIPIO DELLA CONCORSUALITA’
TAR SICILIA – PALERMO, SEZ. III – sentenza 13 settembre 2019 n. 2184
Sull'irrilevanza del diritto sopravvenuto al bando
1. Le procedure di affidamento di contratti pubblici sono disciplinate dalla normativa vigente alla data di pubblicazione del bando e restano, perciò, insensibili allo ius superveniens giacché, diversamente, sarebbero sacrificati i valori della certezza e del buon andamento, insieme all’affidamento dei concorrenti, i quali si vedrebbero esposti – senza potervi reagire – alla maturazione di esiti imprevedibili della gara, dovuti al mutamento delle regole in corso d’opera.
2. In sede di gara indetta per l’aggiudicazione di un contratto, la P.A. è tenuta ad applicare rigidamente le regole fissate nel bando, atteso che questo, unitamente alla lettera d’invito, costituisce la lex specialis della procedura a evidenza pubblica, che non può essere disapplicata nel corso del procedimento, neppure nel caso in cui talune delle regole in essa contenute risultino non più conformi allo ius superveniens, salvo l’esercizio del potere di autotutela, la cui attivazione pertiene, però, alla sfera della discrezionalità amministrativa.
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SUL PRINCIPIO DELLA CONCORSUALITA’
TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. II – sentenza 4 settembre 2019 n. 1490
Sull'illegittimità di una vendita senza pubblico incanto di un bene sdemanializzato
E’ illegittima una delibera del Consiglio comunale con cui è stata disposta la sdemanializzazione di un reliquato stradale e la vendita a trattativa privata (nella specie agli occupanti abusivi) per violazione, oltre che dell’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997, dell’art. 37 del r.d. 827/1924, a norma del quale «tutti i contratti dai quali derivi entrata o spesa dello Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, eccetto i casi indicati da leggi speciali e quelli previsti nei successivi articoli», e del successivo art. 41, comma 1, ove sono elencate le ipotesi in cui è esperibile la trattativa privata.
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 6 settembre 2019 n. 955
Sull’illegittimità di una concessione affidata senza l’esperimento di procedura selettiva
E’ legittimo, in quanto supportato da adeguata motivazione, il provvedimento con il quale la P.A. ha annullato in autotutela una concessione idraulica (nella specie, si trattava di una concessione idraulica di un area di mq. 1.350 con annesso capanno palustre), che sia motivato con riferimento al fatto che il rilascio della concessione è avvenuto senza il preventivo esperimento di una procedura concorrenziale.
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TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. III – sentenza 8 novembre 2018 n. 2122
Sull’illegittimità della proroga non prevista nell’avviso iniziale
E’ illegittimo il provvedimento di proroga di un contratto di appalto (nella specie avente ad oggetto il servizio di erogazione di sostanze alimentari e bevande a mezzo distributori automatici) che sia motivato con riferimento al fatto che, tra la P.A. e la ditta interessata, è intervenuto un atto di transazione, con reciproche concessioni tra le parti e, in particolare con il riconoscimento, da un lato, di un canone aumentato e, dall’altro, di maggiori spazi ove installare i distributori e di una proroga del servizio per ulteriori sette anni. L’art. 31, comma 1, n. 4, lett. b), Direttiva 2004/18 consente il rinnovo dell’affidamento, con ricorso alla procedura negoziata, solo quando ricorrono le condizioni in esso indicate, tra le quali rileva che la possibilità del rinnovo sia indicato sin dall’avvio del confronto competitivo e l’importo totale previsto per la prosecuzione sia individuato nel bando.
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CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE – sentenza 26 aprile 2019 n. 343
Sulla distinzione tra concessione e contratto
1. Il tratto distintivo che differenza la concessione dal contratto di appalto è rappresentato dalla sussistenza di un rischio operativo sostanziale, da ultimo definito dal legislatore come “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico” (cfr. art. 3, lettera zz, del d. lgs. n. 50 del 2016).
2. Nel caso di rapporto di concessione, non sussiste in capo all’Ente concedente alcun obbligo alla riconduzione del contratto di concessione ad una dimensione di remuneratività economica.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VII – sentenza 21 maggio 2019 n. 2706
Sul criterio per determinare il valore della concessione
E’ legittimo il provvedimento con il quale è stato annullato il bando di una concessione perché l’importo a base d’asta è stato determinato facendo esclusivamente riferimento al canone di concessione, dovendo tale determinazione considerarsi illegittima ai sensi dell’art. 8, comma 2, della direttiva 2014/23/UE, trasposto nell’art. 167 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dal cui contenuto si desume in maniera inequivocabile che il valore della concessione non può essere parametrato sic et simpliciter all’importo del canone concessorio.
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TAR SARDEGNA, SEZ. I - sentenza 18 giugno 2019, n. 547
Sulla distinzione tra concessione e locazione
Non si è in presenza di un contratto di locazione allorché, pur se il contrato è così denominato ivi si utilizzano ripetutamente i termini “concessione” e “concessionario” e allorché detto contratto preveda lo svolgimento di numerose prestazioni -ad esempio, di organizzazione di attività ed eventi- obiettivamente estranee a un rapporto di locazione e piuttosto espressive di interessi pubblici connessi alla promozione dell’attività sportiva equestre e al rilancio turistico del territorio.
Sulla distinzione tra concessione di bene pubblico e concessione di servizi
La sola appartenenza del bene al patrimonio indisponibile non qualifica di per sé la concessione in termini di “concessione di beni”, essendo un simile automatismo certamente da escludere tutte le volte in cui, proprio come nel caso in esame, la natura pubblicistica del bene trovi fondamento nella sua strumentalità allo svolgimento di un servizio pubblico, secondo il criterio teleologico di cui all’art. 826, comma 2, c.c., giacché tale schema implica, per sua natura, una “coesistenza” tra natura pubblica del bene e funzione pubblica del servizio cui è destinato; in questi casi, dunque, compete all’interprete individuare, tra i due profili, quello in concreto prevalente e, come tale, capace di qualificare giuridicamente il rapporto.
Il favor ordinamentale per la figura della concessione di servizi, a discapito della concessione di beni, trovi giustificazione sotto un ulteriore profilo che, pur non rilevando direttamente nel caso in esame, costituisce un dato sistematico di sicuro riferimento: si tratta del fatto che l’affidamento delle concessioni di servizi -in quanto assoggettato alle regole del Codice dei contratti pubblici- è assoggettato a meccanismi “più sicuri”, sotto il profilo della tutela della trasparenza e della concorrenza, rispetto all’affidamento delle concessioni di beni, in relazione alle quali, come noto, tali principi vanno faticosamente affermandosi solo in tempi recenti e in via giurisprudenziale.
È per questa ragione che la stessa Autorità nazionale anticorruzione, con deliberazione n.1300/2016, ha ritenuto che la concessione di un impianto sportivo con rilevanza economica debba essere inquadrata nell’ambito delle concessioni di servizi, con ciò che ne consegue sulle procedure da utilizzare per l’affidamento, ritenendo che la fattispecie presenti tutti i presupposti di cui all’art. 3, comma 1, lett. vv), del d.lgs. n. 50/2016, trattandosi di contratto a titolo oneroso in cui il corrispettivo del concessionario è rappresentato dal profitto derivante dalla gestione dei servizi”.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 17 gennaio 2019 n. 435
Sulla vincolatività del principio di rotazione degli inviti
1. Negli affidamenti “sotto soglia”, il principio di rotazione delle imprese uscenti – per espressa disposizione dell’art. 36 del d.lgs. 18 aprile 2018 n. 50 (secondo cui “L’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese”) – opera già in occasione degli inviti.
2. Il principio di rotazione delle imprese trova fondamento nella esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato. Pertanto, al fine di ostacolare le pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese, e di favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio di rotazione comporta in linea generale che l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale e deve essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento.
3. La precipua tutela connessa al principio di rotazione negli affidamenti “sotto soglia” è quella, anticipata, mirante all’obiettivo di evitare che la gara possa essere falsata, a danno degli altri partecipanti, dalla partecipazione di un soggetto che vanta conoscenze acquisite durante il pregresso affidamento. Ne deriva che l’esclusione del gestore uscente, non richiede alcuna prova della posizione di vantaggio da questi goduta, che è presupposta direttamente dalla legge.
4. Né vale opporre, come fa il Comune, l’ampiezza della platea dei candidati cui è stato trasmesso l’invito a seguito della manifestazione di interesse espressa in esito all’avviso pubblicato dall’Amministrazione, o il documento con cui il RUP ha espressamente richiesto alla Centrale di committenza di ammettere tutti i candidati, ivi compreso il gestore uscente, che avessero chiesto di partecipare alla gara, e, più in generale, la circostanza che l’Amministrazione non si sia avvalsa della potestà di operare limitazioni al numero di operatori tra cui effettuare la selezione. Difatti, anche in disparte l’evidente rilievo che la motivazione richiesta per derogare al principio di rotazione si incentra non su tutti i concorrenti, ma solo sul gestore uscente, e gli elementi di cui sopra non attengono a tale ambito, la sola considerazione dell’ampiezza della platea dei concorrenti non comporta la mancata applicazione del principio di rotazione, essendo, piuttosto e di contro, il numero eventualmente ridotto di operatori presenti sul mercato a rilevare in tema di deroga al principio (Cons. Stato, V, 13 dicembre 2017, n. 5854).
5. Laddove si lamenti la mancata applicazione del principio di rotazione, il concorrente può ricorrere già avverso il provvedimento di ammissione del gestore uscente, che concreta a suo danno, in via immediata e diretta, la paralisi di quell’ampliamento delle possibilità concrete di aggiudicazione che il principio di rotazione mira ad assicurare.
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CORTE DEI CONTI CAMPANIA – delibera n. 77 del 14 giugno 2018.
Sull’accordo quadro e sul rispetto degli obblighi finanziari
(Xxxxxxx: se al momento della stipula dell'accordo quadro è necessario effettuare prenotazione di impegno ex articolo 183, comma 3 del Tuel»).
L'accordo quadro (disciplinato dall’articolo 54 del cdc) non genera alcuna obbligazione di tipo finanziario/contabile non richiedendo, pertanto, l'adozione dell'impegno di spesa.
L'accordo quadro deve essere previsto nel programma biennale dei beni e dei servizi in caso di «affidamenti complessivi» di importo unitario stimato pari o superiore a 40mila euro, come prevede l'articolo 21, comma 6 del Dlgs 50/2016. Se l'oggetto si configura in termini di lavori, per un importo di affidamenti pari o superiore ai 100mila euro, l'intervento deve essere previsto nel piano triennale delle opere pubbliche. In relazione alla questione contabile, la sezione precisa che l'accordo-quadro realizza un contratto «normativo» dal quale non scaturiscono effetti reali o obbligatori, ma la cui efficacia consiste nel «vincolare» la successiva manifestazione di volontà contrattuale delle parti. L'accordo quadro si limita a stabilire «come verranno stipulati i successivi contratti attuativi (contratti applicativi) riguardanti un determinato bene della vita e lasciano all' individuazione operata da una delle parti la determinazione del se, quando e quantum».
Dal punto di vista del diritto amministrativo, l'accordo corrisponde a una procedura a evidenza pubblica con cui si «individua il soggetto di tali future contrattazioni e le condizioni della piattaforma preparatoria all' affidamento di uno o più appalti successivi». Non c' è «affidamento» La fattispecie non realizza un affidamento come le altre procedure, ma «il titolo per una serie successiva di affidamenti diretti, esaurendo a monte, e per una determinata base di valore, la fase competitiva per l'aggiudicazione futura di tali contratti attuativi». Sorge quindi un «titolo» che consente di applicare ai futuri contratti «le condizioni contrattuali predefinite nell' accordo quadro». In questo senso, la previsione o la stipula dell'accordo non costituisce titolo per il sorgere di obbligazioni pecuniarie, e non consente di «impegnare e pagare con imputazione all' esercizio cui lo stanziamento si riferisce (articolo 183 del Tuel)». In relazione all' accordo quadro non si pongono quindi neppure problemi di prenotazione di impegno di spesa, né viene in rilievo l'operatività del fondo pluriennale vincolato.
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SUL PRINCIPIO DI ROTAZIONE
TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, SEZ. I – sentenza 16 settembre 2019 n. 376
Sul principio di rotazione
1. Il principio di rotazione delle imprese si riferisce propriamente non solo agli affidamenti ma anche agli inviti, orientando le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da interpellare e da invitare per presentare le offerte ed assumendo quindi nelle procedure negoziate il valore di una sorta di contropartita al carattere “fiduciario” della scelta del contraente allo scopo di evitare che il carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo.
2. E’ illegittima l’aggiudicazione di una gara nel caso di invito del precedente gestore del servizio, in violazione del principio della rotazione dlele imprese, ove la P.A. appaltante non abbia palesato le ragioni che l’hanno indotta a derogare a tale principio; infatti, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito del gestore uscente, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento (3).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 5 marzo 2019 n. 1524
Sul principio di rotazione (sulla necessità di motivare l’invito per l’uscente di gara aperta)
Il principio di rotazione che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da invitare a presentare le offerte trova fondamento nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento e non invece dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o “negoziato”), soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato.
Pertanto, anche al fine di dissuadere le pratiche di affidamenti senza gara – tanto più ove ripetuti nel tempo – che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che ove la procedura prescelta per il nuovo affidamento sia di tipo ristretto o “chiuso” (recte, negoziato), l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale.
Rileva il fatto oggettivo del precedente affidamento in favore di un determinato operatore economico, non anche la circostanza che questo fosse scaturito da una procedura di tipo aperto o di altra natura. Per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito del precedente affidatario, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, si veda anche la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee-guida n. 4).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 4 giugno 2019 n. 3755
Sul principio di rotazione
Non occorre specifica motivazione per escludere l’affidatario uscente dal novero degli operatori invitati alla procedura negoziata, non trattandosi di una scelta di carattere sanzionatorio, quanto piuttosto dell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento) e dell’applicazione del principio di concorrenza e massima partecipazione che, nella fattispecie, si esplica consentendo ad operatori, diversi da quelli fino a quel momento coinvolti, di accedere ad appalti di durata necessariamente limitata per il verificarsi di situazioni non prevedibili.
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TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. I – sentenza 4 giugno 2019 n. 1380
Sull’inapplicabilità del principio di rotazione per una gara con diversa qualificazione
1. Il principio di rotazione delle imprese non è applicabile nel caso in cui l’operatore economico sia stato invitato a differenti gare, per le quali era richiesta una diversa qualificazione.
2. Nel caso in cui l’Amministrazione abbia individuato gli operatori economici idonei a partecipare ad una procedura negoziata e, pertanto, invitati a partecipare alla stessa, non può negarsi ad un operatore economico non invitato, che sia comunque venuto a conoscenza di una simile procedura e che si ritenga in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dalla legge di gara, di presentare la propria offerta, salvo il potere dell’amministrazione di escluderlo dalla gara per carenze dell’offerta o degli stessi requisiti di partecipazione ovvero perché l’offerta non è pervenuta tempestivamente e sempre che la sua partecipazione non comporti un aggravio insostenibile del procedimento di gara e cioè determini un concreto pregiudizio alle esigenze di snellezza e celerità. Una simile interpretazione è conforme non solo al principio del favor partecipationis, costituendo piuttosto puntuale applicazione dell’altro fondamentale principio di concorrenza cui devono essere ispirate le procedure ad evidenza pubblica e rappresentando anche un ragionevole argine, sia pur indiretto e meramente eventuale, al potere discrezionale dell’amministrazione di scelta dei contraenti.
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TAR LOMBARDIA – BRESCIA, SEZ. I – sentenza 27 giugno 2019 n. 599
Sul divieto di invitare l’uscente, salvo adeguata motivazione
Il principio di rotazione è finalizzato a evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento e non invece dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o “negoziato”), soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 12 giugno 2019 n. 3943
Sul principio di rotazione (anche per l’impresa uscente di una gara aperta)
Ai fini dell’applicazione del principio di rotazione, rileva il fatto oggettivo del precedente affidamento in favore di un determinato operatore economico, non anche la circostanza che questo sia scaturito da una procedura di tipo aperto o di altra natura; per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito del precedente affidatario, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento.
L’impresa che in precedenza ha svolto un determinato servizio non può vantare alcuna legittima pretesa ad essere invitata ad una nuova gara per l’affidamento di un contratto pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, né di risultare aggiudicataria del relativo affidamento.
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CORTE DEI CONTI SEZ. GIUR. REG. LOMBARDIA - sentenza 19 luglio 2019 n. 196
Sul danno erariale in caso di prezzo sproporzionato
Configura danno erariale patito dalla società in house Expo 2015 spa il prezzo palesemente eccessivo e sproporzionato pagato, nell’ambito di una fornitura complementare senza evidenza pubblica, alla società appaltatrice per la fornitura di essenze arboree.
SULL’ATI VERTICALE E ORIZZONTALE
TAR LIGURIA, SEZ. II – sentenza 10 giugno 2019 n. 521
Sui presupposti per l’ammissione dell’ATI verticale
1. Nelle gare di appalto, l’A.T.I. orizzontale è caratterizzata dal fatto che le imprese associate (o associande) sono portatrici delle medesime competenze per l’esecuzione delle prestazioni costituenti l’oggetto dell’appalto, mentre l’A.T.I. verticale è connotata dalla circostanza che l’impresa mandataria apporta competenze incentrate sulla prestazione prevalente, diverse da quelle delle mandanti, le quali possono avere competenze differenziate anche tra di loro, sicché nell’A.T.I. di tipo verticale un’impresa, ordinariamente capace per la prestazione prevalente, si associa ad altre imprese provviste della capacità per le prestazioni secondarie scorporabili. Di qui la disposizione di cui all’art. 48 comma 2 del D. Lgs. n. 50/2016, a mente della quale, nel caso di appalti misti di forniture e servizi, al fine di garantire la massima partecipazione alle gare, “le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle secondarie”.
2. Condizione per l’ammissione di raggruppamenti di tipo verticale è che la P.A. abbia preventivamente individuato negli atti di gara, nel rispetto della disposizione citata, la prestazione prevalente o principale, e quelle secondarie.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II BIS – sentenza 23 maggio 2019 n. 6352
Sui presupposti per il mutamento della composizione del raggruppamento
E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha disposto l’esclusione di un raggruppamento temporaneo d’imprese in applicazione dell’art. 48, comma 19, del d.lgs. n. 50/2016 (secondo cui “è ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori, servizi o forniture ancora da eseguire”) nel caso in cui la variazione della composizione soggettiva della r.t.i. non appaia dettata da “esigenze organizzative” quanto, piuttosto, dall’intenzione della r.t.i. stessa di rimodulare la propria forma di presentazione in gara per usufruire del punteggio massimo.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 20 agosto 2019 n. 5751
Sull’obbligo di sottoscrizione dell’offerta da parte di tutti i componenti un RTI
1. In base a quanto previsto dall’art. 48, comma 8, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (secondo cui “E’ consentita la presentazione di offerte da parte dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere d) ed e), anche se non ancora costituiti. In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei o i consorzi ordinari di concorrenti e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e qualificata come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti”), deve ritenersi che èsia necessario che gli operatori facenti parte del costituendo raggruppamento temporaneo sottoscrivano effettivamente, oltre che la domanda di partecipazione, anche le offerte, tecnica ed economica, con la conseguente esclusione dalla gara in caso di mancato rispetto di tali obblighi, del tutto ragionevoli, non sproporzionati e correttamente esigibili sulla scorta della ordinaria diligenza (cui deve essere improntata la condotta di chi partecipa a gare pubbliche).
2. Ai sensi dell’art. 83, comma 9. del d.lgs. 50 del 2016 (a mente del quale “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica …”) il soccorso istruttorio non può essere consentito per rimediare all’assenza delle sottoscrizioni laddove esse debbano essere apposte.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 17 giugno 2019 n. 4025
Sul rapporto tra quota di partecipazione e la quota di esecuzione negli appalti di servizi
Negli appalti di servizi e forniture non vige ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara.
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SUGLI ONERI DI SICUREZZA AZIENDALE E SUI COSTI DELLA MANODOPERA
CORTE DI GIUSTIZIA U.E., SEZ. IX – sentenza 2 maggio 2019 (causa C‑309/18)
Sulla compatibilità dell’art. 95, comma 10, del cdc (relativo ai costi della sicurezza) con il diritto comunitario e sui limitati casi di possibilità di richiesta di chiarimenti
I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 19 luglio 2019 n. 1680
Sulla doverosità dei costi della manodopera e sulla funzione di eterointegrazione della norma
I costi della manodopera costituiscono elemento essenziale dell’offerta, in quanto la loro indicazione consente di verificare la salvaguardia dei livelli retributivi minimi dei lavoratori; la mancata quantificazione del costo della manodopera rende incompleta l’offerta, senza che sia possibile attivare il soccorso istruttorio non trattandosi della carenza di meri elementi formali della domanda di partecipazione, Trattandosi di norma imperativa, l’articolo 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016 va a eterointegrare la lex specialis, rendendo vigente e cogente l’obbligo anche ove non espressamente previsto.
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CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE – sentenza 16 luglio 2019 n. 683
Sugli oneri di sicurezza interna e sui costi della manodopera negli appalti sotto-soglia
Anche agli appalti sotto-soglia è applicabile il principio, previsto dall’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui gli oneri di sicurezza e il costo della manodopera devono essere espressamente indicati in sede di offerta, con la conseguenza che la mancata ottemperanza a tale obbligo legale comporta necessariamente l’esclusione dalla gara perché la loro omessa evidenziazione non è un’omissione formale, ma integra pienamente la violazione sostanziale della prescrizione di legge.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 9 settembre 2019 n. 1955
Sui costi della manodopera e sull’illegittimità della separata indicazione
1. I costi della manodopera costituiscono elemento essenziale dell’offerta, in quanto la loro indicazione consente di verificare la salvaguardia dei livelli retributivi minimi dei lavoratori; deve pertanto ritenersi che la mancata quantificazione del costo della manodopera renda incompleta l’offerta, senza che sia possibile attivare il soccorso istruttorio non trattandosi della carenza di meri elementi formali della domanda di partecipazione. L’articolo 95, comma 10, D.Lgs. n. 50/2016, che prevede detta quantificazione, costituendo che norma imperativa, va a eterointegrare la lex specialis di gara, rendendo vigente e cogente l’obbligo anche ove non espressamente previsto.
2. E’ illegittima l’aggiudicazione nel caso in cui la impresa aggiudicataria abbia indicato separatamente in offerta solamente i costi della manodopera tecnica impiegata nella commessa, mentre i costi del personale amministrativo siano stati inseriti nella voce “spese generali”; in tal modo, infatti, l’aggiudicataria ha apertamente violato la disposizione contenuta nell’articolo 95, comma 10, del D.Lgs. n. 50/2016, a mente del quale il concorrente nell’offerta economica deve indicare, tra l’altro, i propri costi della manodopera. Invero, il fatto che una parte di questi costi (segnatamente, quelli del personale amministrativo) sia stata inserita, insieme ad altre voci di costo, in una categoria più generale, equivale a non averli indicati, perché la norma presuppone un’indicazione separata di modo da consentire un controllo da parte della stazione appaltante sul rispetto dei minimi retributivi.
SULLA GARA TELEMATICA
Cons. Stato, sez. III - sentenza 16 aprile 2019, n. 2493
Sulla sufficienza della firma digitale, anche in assenza di allegazione del documento di identità
Come statuito da Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4676 del 20 settembre 2013, “dal combinato disposto dell’articolo 65, comma 1, lettera a) del Codice dell’amministrazione digitale e dell’articolo 77, comma 6, lettera b) del Codice dei contratti deriva che l’apposizione della firma digitale, a cagione del particolare grado di sicurezza e di certezza nell’imputabilità soggettiva che la caratterizza, sia di per sé idoneo a soddisfare i requisiti dichiarativi di cui al comma 3 dell’articolo 00 xxx x.X.X. 000 xxx 0000, xxxxx xx xxxxxxx dell’allegazione in atti di copia del documento di identità del dichiarante”.
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TAR XXXXXX XXXXXXX – BOLOGNA, SEZ. II – sentenza 15 novembre 2018 n. 863
Sulla derogabilità del principio di pubblicità per le gare telematiche
Nelle procedure telematiche – le buste tecniche possono essere aperte in seduta riservata. Infatti, a) l’utilizzo di gare interamente telematiche comporta la “tracciabilità” di tutte le operazioni modifica anche l’approccio e la soluzione di eventuali commissioni formali-procedimentali; b) la correttezza e l’intangibilità risulta, in questo caso, garantita dal sistema, con esclusione di ogni rischio di alterazione nello svolgimento delle operazioni, anche in assenza dei concorrenti.
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TAR VALLE D’AOSTA, SEZ. I – sentenza 22 marzo 2019 n. 13
Sulla possibilità di nominare la Commissione anche dopo l’apertura delle buste recanti l’offerta tecnica (per le gare telematiche)
Il nuovo codice non riproduce le norme in precedenza vigenti che esplicitamente rimettevano alla commissione il compito dell’apertura in seduta pubblica delle buste contenenti l’offerta.
La previsione delle Linee guida riflette il caso di gare svolte con metodo tradizionale, cioè con la presentazione di offerte in formato cartaceo; in questi casi la previsione dell’apertura da parte della commissione in seduta pubblica ha una sua giustificazione in esigenze di trasparenza, essendo possibili alterazioni e manomissioni del materiale cartaceo; a ben vedere, analoghe esigenze non si pongono o si pongono in modo molto meno pressante nel caso – quale è quello all’esame – di gare telematiche in cui i documenti di gara vengono caricati su una piattaforma telematica che permette di verificare ex post ogni accesso che vi sia stato alla documentazione. Se ci si muove in quest’ottica può ritenersi che la nomina della commissione in un momento successivo alla apertura delle buste (elettroniche) contenenti le offerte al fine di verificarne la integrità formale e la presenza dei documenti previsti dal bando non implichi alcun vizio della procedura.
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TAR PUGLIA – LECCE, SEZ. II – sentenza 10 giugno 2019 n. 977
Sulle conseguenze del malfunzionamento della piattaforma per le gare telematiche
Nel caso di gara svoltasi in forma telematica, il rischio inerente alle modalità di trasmissione della domanda di partecipazione alla gara non può far carico che alla parte che unilateralmente ha scelto il relativo sistema e ne ha imposto l’utilizzo ai partecipanti; e se rimane impossibile stabilire se vi sia stato un errore da parte del trasmittente, o piuttosto la trasmissione sia stata danneggiata per un vizio del sistema, il pregiudizio ricade sull’ente che ha bandito, organizzato e gestito la gara.
Pertanto, non essendo stata accertata la causa del malfunzionamento del sistema telematico, tale situazione, per le ragioni sopra esposte, non poteva che essere accollata alla Stazione appaltante “… che ha bandito, organizzato e gestito la gara” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 gennaio 2013, n. 481).
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III quater – sentenza 2 luglio 2019 n. 8605
Sulla necessità della firma digitale per le offerte
Legittimamente è stata esclusa dalla gara di appalto una offerta nella quale non era presente la firma digitale, bensì la sola marcatura temporale; ed infatti mentre la marcatura temporale è un servizio specificamente volto ad associare data e ora certe e legalmente valide ad un documento informatico, consentendo, quindi, di attribuirgli una validazione temporale opponibile a terzi (cfr. d.lgs. n. 82 del 2005, art. 20, comma 3, cd. Codice dell’Amministrazione Digitale), solo la firma digitale è idonea al diverso ed ulteriore scopo di “rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico” (art. 1 comma 1 lett. s) d.lgs. 82/2005), così che è palese la diversità delle funzioni attribuite a ciascuna di esse. Ne consegue che la mancata apposizione sul documento informatico costituente l’offerta economica della firma digitale, bensì della sola marcatura temporale, consente di attribuire certezza legale solo quanto a data e ora della relativa formazione, ma non anche a proposito della relativa provenienza ed integrità.
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TAR SARDEGNA, SEZ. I – sentenza 1 luglio 2019, n. 593
Sulla sanabilità della mancata apposizione della firma digitale
Anche se in linea di massima l’omessa sottoscrizione dell’offerta comporta di regola l’esclusione dalla gara, deve tuttavia ammettersi la regolarizzazione in una gara telematica dell’omessa apposizione della firma digitale all’offerta nel caso in cui, in base alle circostanze concrete, l’offerta risulti con assoluta certezza riconducibile e imputabile a un determinato soggetto o operatore economico
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TAR PUGLIA – BARI, SEZ. II – sentenza 17 dicembre 2018 n. 1609
Sulla necessità di rispettare le norme tecniche nella predisposizione dei files (gara MEPA)
La partecipazione alle gare gestite in forma telematico-informatica comporta la necessità di adempiere, con scrupolo e diligenza, alle prescrizioni di bando e alle norme tecniche rilevanti, come da manuale applicativo e da normativa sul punto vigente, nell’utilizzazione delle forme digitali, le cui regole (di necessaria osservanza, mettendosi altrimenti a repentaglio lo stesso funzionamento della procedura) ex se integrano per relationem la disciplina di gara e sono poste a garanzia di tutti i partecipanti; per cui l’inesatto o erroneo utilizzo, a contrario, rimane a rischio del partecipante.
La cooperativa ricorrente ha “tentato” di inserire nel sistema M.E.P.A. il file contenente l’offerta tecnica, non riuscendoci; tanto è accaduto, in realtà, perché errava nelle modalità di utilizzo dello strumento informatico-telematico, provando a inserire non un file pdf, accettato dal sistema, bensì un file word, in violazione del manuale applicativo del M.E.P.A., che richiede a tutti coloro che intendano utilizzare validamente la detta piattaforma di essere dotati del (comunissimo) applicativo che crea il formato pdf, che consente l’accesso degli atti al M.E.P.A.
Un principio fondamentale consolidato di tutte le procedure di gara, vede la necessità di produrre l’offerta tecnica e l’offerta economica in buste chiuse e separate, ossia, nel caso delle gare con modalità telematico-informatica, con file pdf (formato chiuso) e in finestra telematica separata, ossia con caricamento (c.d. upload) distinto.
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TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - sentenza 27 maggio 2019, n. 229
Sull’illegittimità della previsione di inoltro delle offerte a mezzo pec
Ai sensi dell’art. 40 del Codice Appalti: “A decorrere dal 18 ottobre 2018, le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell’ambito delle procedure di cui al presente codice svolte dalle stazioni appaltanti sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici.” Tuttavia tale obbligo non possa essere adempiuto utilizzando la posta elettronica certificata, e non mediante l’utilizzo di specifiche piattaforme elettroniche per la gestione della gara in modalità e-procurement.
Il Codice Appalti al comma 5 dell’art. 52 prevede l’obbligo per la Stazione Appaltante di garantire “che l’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione siano mantenute” e di esaminare “il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione soltanto dopo la scadenza del termine stabilito per la loro presentazione”.
Ne consegue l’illegittimità della gara indetta, per avere la stazione appaltante “palesemente violato il principio di segretezza delle offerte economiche, essendo prescritto che esse fossero inviate esclusivamente con posta elettronica certificata, senza nemmeno sistemi di cifratura atti a garantirne la segretezza”.
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 14 maggio 2019 n. 908
Sul timing nelle gare telematiche
Nelle gare celebrate in forma telematica il timing di gara indica all’impresa non solo il termine ultimo perentorio di “chiusura della busta”, ma anche il periodo e relativo termine ultimo di upload, da intendersi quale trasferimento dei dati sul server dell’Amministrazione appaltante idoneo a rendere “disponibile” l’offerta presentata. Tale deposito telematico, attuato nell’ambito di una procedura totalmente informatizzata, rappresenta lo speculare e indefettibile momento della (materiale) presentazione dell’offerta economica in una procedura di gara gestita con il tradizionale sistema dei plichi chiusi da recapitarsi a mezzo posta.
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SUL SOCCORSO ISTRUTTORIO
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 5 aprile 2019 n. 2242
Sul soccorso istruttorio per l’assenza della dichiarazione sui requisiti morali
1. L’omessa dichiarazione dei requisiti di moralità ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 non comporta l’esclusione del concorrente allorché la clausola del bando non richieda in termini espressi e specifici la dichiarazione dei medesimi, alla luce del principio di tassatività delle cause di esclusione; in tale evenienza la dichiarazione non può ritenersi falsa, ma al più solo incompleta, parziale o limitata, e come tale soggetta a soccorso istruttorio. Detto in altri termini, l’omessa presentazione in gara della dichiarazione sostitutiva in ordine all’assenza dei reati ostativi, lungi dal rappresentare una falsa dichiarazione, di per sé sola idonea a giustificare l’esclusione del concorrente dalla gara, si configura come mancanza di una dichiarazione sostitutiva, in quanto tale sanabile facendo ricorso al soccorso istruttorio.
2. L’istituto del soccorso istruttorio in generale tende ad evitare che irregolarità ed inadempimenti meramente estrinseci possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, anche nell’interesse del seggio di gara, che potrebbe perdere l’opportunità di selezionare il concorrente migliore, per vizi procedimentali facilmente emendabili. In assenza dell’attivazione del soccorso istruttorio, l’esclusione del concorrente dalla gara per mancata produzione della dichiarazione circa i requisiti prescritti può ritenersi illegittima solo laddove, nel corso del giudizio, il concorrente stesso abbia dato prova del possesso dei requisiti suddetti.
Sulla sanabilità con il soccorso istruttorio del PASS-OE
3. Nelle gare di appalto, il PASS-OE, strumento elettronico che consente alla stazione appaltante di verificare l’operatore economico attraverso il sistema AVCpass, ha il valore di una dichiarazione, con la conseguenza che la sua mancata produzione in sede di gara integra una carenza documentale suscettibile di sanatoria mediante soccorso istruttorio.
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TAR UMBRIA, SEZ. I – sentenza 8 aprile 2019 n. 190
Sulla legittimità dell’esclusione per allegazione di un CD vuoto (privo del prescritto DGUE)
1. Nelle gare di appalto il soccorso istruttorio, anche in vigenza dell’attuale D.Lgs. 50/2016, non può essere disposto in caso di totale assenza di dichiarazioni o di elementi essenziali ai fini dell’ammissione, pena in tale caso la violazione del principio della par condicio dei partecipanti, dovendosi anche tenere in considerazione un principio di autoresponsabilità dei partecipanti stessi.
2. E’ legittima l’esclusione dalla gara di una ditta che ha omesso di accludere alla propria offerta il DGUE prescritto dal bando (nella specie la ditta aveva accluso una busta che conteneva un supporto informatico vuoto e privo del prescritto CGUE; il bando invece aveva prescritto di accludere il DGUE, a pena di esclusione, all’offerta su supporto informatico mediante chiavetta usb/cd); né tale omissione è sanabile, atteso che la trasmissione di un supporto vuoto configura un’irregolarità essenziale non sanabile ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto non consente né l’individuazione del contenuto dell’atto né tanto meno l’individuazione del soggetto responsabile dello stesso, non essendo possibile – neanche facendo riferimento ai dati del mittente presenti sulla busta – ricollegare in modo certo ad un determinato soggetto che rappresenti la società la volontà di quest’ultima di prendere parte alla procedura di gara di cui si discute.
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TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 22 febbraio 2019 n. 388
Sulla sanabilità con il soccorso istruttorio di un documento scansionato (e non in originale)
1. Nel caso in cui la sottoscrizione apposta in calce al contratto di avvalimento e alla domanda di partecipazione e ai relativi allegati sia in forma “scansionata” (quindi non in “originale”), tale circostanza non determina la nullità – o a fortiori l’inesistenza – del contratto, con conseguenti effetti espulsivi, venendo in rilievo una scrittura privata per la cui validità è necessaria e sufficiente la forma scritta e non essendo in discussione, inoltre, la concreta attribuzione della paternità del documento contrattuale all’impresa ausiliaria, che non ha mai formalizzato alcuna contestazione o disconoscimento al riguardo. Trattasi, al più, di mera irregolarità suscettibile di essere sanata mediante il ricorso al soccorso istruttorio posto che, nel caso di specie, non viene in rilievo un’ipotesi di difetto assoluto di sottoscrizione bensì, soltanto, una modalità di sottoscrizione che, tenuto anche conto dell’ulteriore documentazione prodotta e in possesso della stazione appaltante, risulta comunque idonea a consentire la riferibilità all’impresa ausiliante, sul piano soggettivo, dell’accordo di avvalimento stipulato.
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TAR MOLISE, SEZ. I – sentenza 17 dicembre 2018 n. 698
Sulla perentorietà del termine per il soccorso istruttorio
E’ illegittima l’ammissione in gara di una ditta alla quale la P.A. ha accordato il c.d. soccorso istruttorio, nel caso in cui il relativo procedimento si sia protratto oltre il tempo massimo consentito dall’art. 83, comma 9, del Codice degli appalti pubblici (laddove si prescrive che la Stazione appaltante, ai fini del soccorso istruttorio, “assegna al concorrente un termine non superiore a dieci giorni” e “in caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara”), e, in particolare, ove la ditta interessata neppure nel termine differito, più lungo di giorni dieci, concesso dall’Amministrazione – peraltro inammissibilmente assegnato, in palese violazione dell’art. 83, comma 9, del Codice (che prevede la concessione di un termine “non superiore a dieci giorni”) – abbia ottemperato alla richiesta di integrazione dichiarativa; infatti, il termine per il compimento del soccorso istruttorio è necessariamente breve per almeno due ragioni: 1) per non intralciare né rallentare troppo la procedura di gara; 2) perché il soccorso istruttorio può riguardare modeste integrazioni documentali, non può servire a colmare vistose carenze delle offerte.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 21 maggio 2019 n. 795
Sull’inammissibilità del soccorso istruttorio per sanare l’impegno a rilasciare la cauzione definitiva
1. Nelle gare di appalto, il soccorso istruttorio ha come finalità quella di consentire l’integrazione della documentazione già prodotta in gara, ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale, non anche di consentire all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte.
2. Nel caso in cui la lex specialis preveda, a pena di esclusione, che (analogamente a quanto stabilito dall’art. 93, comma 8, del D.Lgs, n. 50/2016) la offerta avrebbe dovuto essere corredata dall’impegno di un fideiussore, anche diverso da quello che ha rilasciato la garanzia provvisoria, a rilasciare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto qualora l’offerente risultasse affidatario, legittimamente viene esclusa una ditta che abbia ottenuto tale garanzia soltanto in data successiva alla presentazione della domanda e, soprattutto, alla scadenza del termine utile per la partecipazione alla procedura; in tal caso, infatti, il ricorso al c.d. soccorso istruttorio è senz’altro precluso, atteso che l’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, è applicabile alle sole “carenze di qualsiasi elemento formale della domanda”, e non anche ai casi, come quello in questione, dell’assenza, ab origine di un elemento essenziale dell’impegno negoziale, pacificamente non integrabile ex post.
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SULL’AVVALIMENTO
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 14 giugno 2019 n. 4024
Sull’avvalimento della certificazione di qualità
1. Negli appalti pubblici l’avvalimento può riguardare anche la certificazione di qualità.
Sull’avvalimento frazionato e plurimo
2. Negli appalti pubblici è da ritenere ammissibile un contratto di avvalimento c.d. “frazionato” o “parziale”; in particolare, l’integrazione dei requisiti minimi di capacità imposti dall’amministrazione aggiudicatrice può essere dimostrata sia utilizzando l’avvalimento frazionato che l’avvalimento plurimo, poiché ciò che rileva è la dimostrazione da parte del candidato o dell’offerente, che si avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti, di poter disporre effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto.
Sull’avvalimento di garanzia e operativo
3. Nel caso di avvalimento c.d. “di garanzia”, nel quale l’impresa ausiliaria si limita a mettere a disposizione il suo valore aggiunto in termini di solidità finanziaria e di acclarata esperienza di settore, non è conseguentemente necessario, in linea di massima, che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o a indici materiali atti a esprimere una certa e determinata consistenza patrimoniale, ma è sufficiente che dalla ridetta dichiarazione emerga l’impegno contrattuale a prestare e a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria e il patrimonio esperienziale, così garantendo una determinata affidabilità e un concreto supplemento di responsabilità.
4 Nel caso di avvalimento c.d. “tecnico od operativo”, ovvero avente a oggetto requisiti diversi rispetto a quelli di capacità economico-finanziaria, sussiste sempre l’esigenza di una messa a disposizione in modo specifico di risorse determinate: onde è imposto alle parti di indicare con precisione i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto (art. 88 del regolamento di esecuzione del previgente codice dei contratti pubblici, riferimento normativo ora da individuarsi nell’ultimo inciso dell’art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Sull’inammissibilità dell’avvalimento generico
5. Va sicuramente esclusa la validità del contratto di avvalimento che applichi formule contrattuali del tutto generiche, ovvero meramente riproduttive del dato normativo o contenenti parafrasi della clausola della lex specialis descrittiva del requisito oggetto dell’avvalimento.
6. Poiché l’attestazione SOA è il frutto di una valutazione complessiva degli elementi dell’organizzazione aziendale che non coincide con la mera sommatoria degli stessi, va ribadito il principio che il prestito delle risorse e mezzi ricomprende ex se anche le figure tecniche.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 27 giugno 2019 n. 4418
Sull’avvalimento infragruppo e sull’onere documentale semplificato
1. Nelle gare pubbliche l’appartenenza al gruppo societario (e dunque il collegamento in senso ampio) rappresenta un possibile fattore, genetico e giustificativo, dell’avvalimento da parte di un concorrente dei requisiti posseduti da un altro soggetto.
2. Nel caso di avvalimento infragruppo, l’onere probatorio e documentale risulta semplificato, non sussistendo neppure l’obbligo di stipulare con l’impresa appartenente allo stesso gruppo un contratto di avvalimento, con il quale l’impresa ausiliaria si obbliga a mettere a disposizione del concorrente le risorse necessarie per tutta la durata del contratto, essendo sufficiente una dichiarazione unilaterale attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I TER – sentenza 18 aprile 2019 n. 5044
Sull’avvalimento e il soccorso istruttorio
1. È legittimo il provvedimento di esclusione da una gara di una ditta che, in sede di partecipazione, non ha prodotto il contratto di avvalimento in originale od in copia autenticata, così come prescritto a pena di esclusione dal bando e che, a seguito di soccorso istruttorio ex art. 83, comma 9, d.lgs. 50/2016, ha allegato una copia di detto contratto priva di data certa.
2. La disciplina di cui al soccorso istruttorio ex art. 83, comma 9, d.lgs. 50/2016 non prevede ulteriori richieste di chiarimento, legando l’esclusione alla mancata regolarizzazione nel termine dato, in quanto è necessario assicurare celerità e certezza nella fase di conclusione del procedimento di scelta del contraente, con conseguente impossibilità di attivare, in tali casi, il soccorso istruttorio.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 3 aprile 2019 n. 2191
Sull’avvalimento del requisito dell’esperienza pregressa
1. Nel caso dell’avvalimento c.d. operativo (ricorrente nel caso di specie), l’indagine in ordine agli elementi essenziali di questa tipologia di avvalimento deve essere svolta sulla base delle regole generali dell’ermeneutica contrattuale: in particolare, tale indagine deve essere svolta secondo i canoni enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali (articoli 1363 e 1367 del codice civile).
2. Nel caso in cui il contratto di avvalimento abbia ad oggetto il prestito del requisito della “esperienza pregressa”, è necessario l’impegno dell’ausiliaria ad assumere un ruolo esecutivo nello svolgimento del servizio, e non solo a trasmettere all’ausiliata il know how e la struttura organizzativa dall’esterno.
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TAR PIEMONTE, SEZ. I – sentenza 18 marzo 2019 n. 291
Sulle differenze tra subappalto e avvalimento
1. Negli appalti pubblici, subappalto e avvalimento operativo non sono sovrapponibili: infatti, nella materia degli appalti pubblici la disciplina del subappalto differisce significativamente da quella dell’avvalimento o del raggruppamento di imprese, in quanto non comporta assunzione diretta di responsabilità del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante, a conferma del fatto che esso realizza piuttosto una modalità di organizzazione interna del lavoro, che normalmente ha anche un determinato vantaggio per l’appaltatore”. Inoltre, l’avvalimento implica che il concorrente che abbia dichiarato di volersi avvalere delle risorse di un’impresa ausiliaria, debba avere immediata disponibilità delle medesime, nel senso che deve poterle usare per eseguire il contratto senza l’intermediazione della suddetta impresa. Ciò non avviene, invece, per l’ipotesi di subappalto, in cui parte della commessa viene eseguita direttamente dall’impresa subappaltatrice.
2. Negli appalti pubblici, non è possibile estendere in via analogica all’avvalimento (ancorché operativo) il limite del 30% di attività delegabili, dettato espressamente per il subappalto dall’art. 105 d.lgs. n. 50/2016.
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TAR TOSCANA, SEZ. II – sentenza 6 febbraio 2019 n. 185
Sull’inapplicabilità dell’avvalimento per conseguire un maggior punteggio
In base all’art. 89, comma 1, del d.lgs n. 50 del 2016, l’istituto dell’avvalimento è previsto per soddisfare l’esigenza dell’operatore economico di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara”. Pertanto, nelle procedure ad evidenza pubblica, l’avvalimento ha la funzione di consentire al concorrente sfornito di alcuni requisiti di ammissione alla gara, di parteciparvi ugualmente acquisendo i requisiti mancanti da altro operatore economico che li possieda, ma non può tramutarsi in uno strumento volto a conseguire una più elevata valutazione dell’offerta.
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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 26 marzo 2019 n. 482
Sull’inammissibilità dell’avvalimento per l’iscrizione in Albi e Registri
L’ammissibilità dell’istituto dell’avvalimento va esclusa per le attestazioni di idoneità e/o iscrizioni ad albi professionali, trattandosi di requisiti personali, spesso conseguenti a verifiche o prove d’esame, che non possono diventare oggetto di circolazione in favore di soggetti privi dell’abilitazione medesima. Pur essendo il ricorso all’avvalimento in linea di principio legittimo, non ponendo la disciplina alcuna limitazione, per i requisiti strettamente personali di carattere generale vige un’evidente preclusione, poiché tali requisiti non sono attinenti all’impresa e ai mezzi di cui essa dispone e non sono intesi a garantire l’obiettiva qualità dell’adempimento, riguardando viceversa la mera e soggettiva idoneità professionale del concorrente — quindi non dell’impresa ma dell’imprenditore — a partecipare alla gara d’appalto e ad essere come tale contraente con la pubblica amministrazione.
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SULLE COMPETENZE DEL R.U.P.
TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. I – sentenza 11 marzo 2019 n. 1382
Sulla competenza a svolgere la verifica dell’anomalia
In tema di verifica delle offerte anomale nelle gare di appalto, anche se la disciplina attuale (art. 97 del d.lgs. n. 50/2016), dispone genericamente che le operazioni di verifica spettano alla “stazione appaltante”, senza ulteriori specificazioni, deve ritenersi che sia il R.U.P. il titolare delle scelte, e se del caso delle valutazioni, in ordine alle offerte sospette di anomalia, che in tale fase interviene ad esercitare la propria funzione di verifica e supervisione sull’operato della commissione.
L’art. 31 del vigente Codice dei contratti pubblici, oltre a indicare alcuni specifici compiti del R.U.P., delinea la sua competenza in termini residuali precisando che “quest’ultimo, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”.
Tra i compiti espressamente attribuiti alla commissione giudicatrice di cui all’art. 77 non figura la verifica dell’anomalia dell’offerta, ragione per cui deve ritenersi che, anche nel novellato quadro normativo, tale attività rientri nella competenza del R.U.P.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. IV – sentenza 21 giugno 2019 n. 1443
Sulla competenza del RUP a definire il giudizio di anomalia
Illegittimamente il giudizio sull’anomalia dell’offerta è stato espresso in via autonoma dalla commissione di gara, in spregio alla competenza riconosciuta invece a livello legislativo (v. gli articoli 31 e 77 del codice dei contratti pubblici) al RUP. Sussiste infatti in capo a quest’ultimo organo il potere di valutazione della congruità delle offerte, salvo l’eventuale supporto della commissione di gara, che si pone però quale soggetto ausiliario del RUP stesso.
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TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. V – sentenza 31 gennaio 2019 n. 467
Sulla competenza del RUP a disporre l’esclusione
Al RUP, quale dominus della procedura di gara, l’art. 31, comma 3, del D.lgs 50/2016 assegna una competenza di natura residuale, nella quale rientra una generale funzione di coordinamento e controllo delle procedure di gara, nonché il compito di adottare le decisioni conseguenti alle valutazioni effettuate ed a formalizzare all’esterno gli atti della procedura (cfr. Tar Veneto, sez. I, 27 giugno 2018, n. 695); competenza che si estende peraltro anche all’adozione dei provvedimenti di esclusione delle partecipanti alla gara, secondo un orientamento che il Consiglio di Stato ha definito “pacifico” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 giugno 2017, n. 2983 e giurisprudenza ivi richiamata).
Tali principi sono stati di recente ribaditi dal Cons. Stato, Comm. spec., 25 settembre 2017, n. 2040, che ha precisato che “anche dopo l’intervento correttivo recato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 resta confermata l’assoluta centralità del ruolo del RUP nell’ambito dell’intero ciclo dell’appalto, nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell’azione amministrativa che ne ispirano la disciplina codicistica”.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II – sentenza 22 febbraio 2019 n. 2420
Sulla partecipazione del Rup alla Commissione (in caso di prezzo più basso)
Poiché l’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che: “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”, è evidente che non sussiste una generale incompatibilità tra le due figure di RUP e commissario, ma deve di volta in volta aversi riguardo alla singola gara; in particolare, nel caso di procedura negoziata, da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo, poiché la discrezionalità in capo alla Commissione non sussiste, non si ravvisano in concreto ragioni di incompatibilità.
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TAR XXXXXX XXXXXXX – BOLOGNA, SEZ. II – sentenza 15 novembre 2018 n. 863
Sulla possibilità della nomina del RUP quale Presidente della Commissione di gara
La norma dell’art. 77 prima parte del d.lgs. 50/2016, sulla nomina delle commissioni di gara, è destinata a valere solo “a regime”, ovvero dopo che sarà stato creato l’Albo dei commissari, che ancora non esiste. Fino alla sua istituzione, ai sensi del comma 12, la commissione continua ad essere nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante. In tal senso, il cumulo delle funzioni di RUP e di Presidente della commissione di gara non lede le regole di imparzialità, come ritenuto da costante giurisprudenza, che argomenta in termini di principio, e non con riguardo ad una specifica disciplina delle gare, e quindi si deve ritener condivisibile anche nel vigore della nuova normativa.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 26 ottobre 2018 n. 6082
Sulla presenza del RUP nella Commissione di gara
Ai sensi dell’art. 77, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, nelle procedure di evidenza pubblica, il ruolo di Responsabile unico del procedimento (Rup) può coincidere con le funzioni di commissario di gara o di presidente della commissione giudicatrice, a meno che non sussista la concreta dimostrazione dell’incompatibilità tra i due ruoli, desumibile da una qualche comprovata ragione di interferenza e di condizionamento tra gli stessi.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 11 settembre 2019 n. 6135
Sull’incompatibilità dei commissari di gara
1. Il fondamento ultimo di razionalità della disposizione dell’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 è quello per cui chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della Commissione, costituendo il principio della separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato a concretamente applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta. Una siffatta incompatibilità per motivi di interferenza e di condizionamento non può sussistere tra chi ha predisposto l’avviso pubblico e chi ha verificato la documentazione di gara.
Sulle competenze dei commissari di gara
2. Il requisito delle competenze nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto che i componenti della Commissione di gara debbono possedere va interpretato nel senso che la competenza ed esperienza richieste ai commissari debbono essere riferite ad aree tematiche omogenee, e non anche alle singole e specifiche attività oggetto del contratto.
Sull’indicazione delle modalità di conservazione dei plichi
3. Nelle gare pubbliche la mancata indicazione in ciascun verbale delle operazioni finalizzate alla custodia dei plichi non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura di valutazione comparativa concorsuale, implicitamente collegandosi all’insufficienza della verbalizzazione il pregiudizio alla segretezza ed alla integrità delle offerte; ciò anche in ossequio al principio di conservazione dei valori giuridici, il quale porta ad escludere che l’atto deliberativo possa essere viziato per incompletezza dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive ad esso preordinate, salvo i casi (nella fattispecie in esame neppure evidenziati) in cui puntuali regole dettate dall’Amministrazione indichino il contenuto essenziale del verbale; di conseguenza, ogni contestazione del concorrente, volta ad ipotizzare una possibile manomissione od esposizione a manomissione dei plichi, idonea a determinare un vulnus alla regolarità del procedimento di selezione del contraente, deve essere suffragata da circostanze ed elementi che, su di un piano di effettività ed efficienza causale, abbiano inciso sulla c.d. genuinità dell’offerta, che va preservata in corso di gara.
Sul principio di continuità delle operazioni di gara
4. Il principio di continuità e concentrazione delle operazioni di gara, seppure funzionale ad assicurare l’imparzialità, la trasparenza e la speditezza dell’azione amministrativa, ha un valore tendenziale, nel senso che deve tenere conto del numero delle offerte da giudicare, ovvero della complessità della valutazione.
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SULL’ACCESSO AGLI ATTI DI GARA
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 5 giugno 2019 n. 3780
Sull’applicabilità dell’accesso civico anche agli atti di gara
E’ illegittimo il provvedimento con il quale l’Amministrazione appaltante ha respinto una richiesta di accesso ex art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, tendente ad ottenere copia degli atti di una gara di appalto di servizi, ormai definita, che sia motivato con riferimento all’art. 5 bis, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 33/2013, secondo cui l’applicabilità dell’accesso civico generalizzato è esclusa per agli atti di gara, onde evitare un “pregiudizio concreto” agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica; infatti: a) anche a tale richiesta ostensiva deve ritenersi applicabile il diritto di accesso civico “generalizzato” ai documenti, dati e informazioni (ai sensi dell’art. 5, comma 2 e ss. del d.lgs. n. 33/2013), b) ove si interpretasse l’art. 5 bis, comma 3 del d.lgs. n. 33/2013, secondo cui l’accesso civico generalizzato è escluso fra l’altro nei casi previsti dalla legge “ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”, nel senso di ritenere non applicabile il diritto di accesso civico ad intere “materie”, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, e cioè il principio di trasparenza dell’attività della P.A., ricavabile direttamente dalla Costituzione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 2 agosto 2019 n. 5503
Sulle (tre) tipologie di accesso ai documenti amministrativi (e agli atti di gara)
1. L’accesso ai documenti in possesso delle PP.AA. è attualmente regolato da tre diversi sistemi, ciascuno caratterizzato da propri presupposti, limiti ed eccezioni: a) l’accesso documentale ex artt. 22 e seg. legge 7 agosto 1990, n. 241; b) l’accesso civico ai documenti oggetto di pubblicazione, già regolato dal d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33; c) l’accesso civico generalizzato, introdotto dalle modifiche apportate a quest’ultimo impianto normativo dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97.
2. Nei rapporti reciproci tra i tre tipi di accesso, ciascuno opera nel proprio ambito, sicché non vi è assorbimento dell’una fattispecie in un’altra; e nemmeno opera il principio dell’abrogazione tacita o implicita ad opera della disposizione successiva nel tempo (art. 15 disp. prel. al cod. civ.).
3. Nel caso in cui l’opzione dell’istante sia espressa per un determinato modello di accesso, resta precluso alla P.A. – fermi i presupposti di accoglibilità dell’istanza – di diversamente qualificare l’istanza stessa al fine di individuare la disciplina applicabile; in correlazione, l’opzione preclude al privato istante la conversione in sede di riesame o di ricorso giurisdizionale. Un tale rigore resta peraltro di fatto temperato dall’ammissibilità della presentazione cumulativa di un’unica istanza, ai sensi di diverse discipline, con evidente aggravio per l’amministrazione (del quale l’interprete non può che limitarsi a dare atto), dal momento che dovrà applicare e valutare regole e limiti differenti. Nulla infatti, nell’ordinamento, preclude il cumulo di differenti istanze di accesso.
4. Nell’ordinamento vigente sussiste l’esclusione assoluta della disciplina dell’accesso civico generalizzato in riferimento agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. Tale esclusione consegue non ad incompatibilità morfologica o funzionale, ma al rapporto positivo tra norme, che non è compito dell’interprete variamente atteggiare, richiedendosi allo scopo, per l’incidenza in uno specifico ambito di normazione speciale, un intervento esplicito del legislatore.
5. Nel caso di istanza avanzata ai sensi degli artt. 53, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 e 22 e seg. della legge n. 241 del 1990, non sussiste un interesse diretto, concreto ed attuale, con riferimento agli atti della fase esecutiva del rapporto contrattuale, in capo al soggetto che vi è estraneo e che, in mancanza di un provvedimento di risoluzione adottato dalla P.A., non possa vantare nemmeno un ipotetico interesse al subentro.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 16 maggio 2019 n. 1121
Sull’accesso agli atti di gara e all’offerta e sulle possibili limitazioni, anche modali
1. In tema di accesso agli atti della P.A., la necessità di coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso un improprio esercizio del diritto di accesso, il buon andamento dell’Amministrazione, è soddisfatto laddove nell’istanza siano individuati gli atti in modo sufficientemente preciso e circoscritto, in modo da evitare che quest’ultima sia costretta a compiere un’attività di ricerca e di elaborazione.
2. In tema di accesso agli atti di una gara di appalto, la lettera a) del quinto comma dell’art. 53 D.Lgs. n. 50/2016, analogamente a quanto previsto dal previgente art. 13 del D.Lgs. 163/2006, esclude dall’esercizio del diritto di accesso le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali. In particolare, ciò che viene sottratto dall’accesso, non è l’offerta nel suo complesso, quanto invece, la sola parte che contiene informazioni che costituiscono segreti tecnici o commerciali.
3. E’ illegittimo il diniego di accesso ad una offerta presentata in gara che si fonda sulle affermazioni dell’impresa interessata volte a comprovare la sussistenza di “segreti tecnici o commerciali” allorché le affermazioni stesse siano apodittiche, generiche, e pertanto, non minimamente motivate, laddove invece, l’esclusione dall’accesso presuppone la puntuale dimostrazione che le informazioni richieste siano coperte dal segreto.
4. Nel caso in cui alcune informazioni contenute nei documenti oggetto della domanda di accesso siano da ritenere riservate, in ogni caso le stesso possono essere tutelate non già negando in toto il rilascio della copia dei documenti, ma con il parziale oscuramento dei relativi atti, mediante cancellature od omissis, su richiesta della impresa interessata.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 1° aprile 2019 n. 2126
Sui presupposti per l’accesso agli atti di gara
Non può essere accolta una istanza di accesso ad una procedura di gara ove non sia stato chiarito per quale specifica ragione l’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza sarebbe necessaria alla difesa dei propri interessi, né quale sia il legame tra la documentazione stessa e l’azione civile, che sembra avere ad oggetto la risoluzione del precedente contratto, dunque una vicenda antecedente e autonoma rispetto agli atti e ai documenti dei quali si chiede l’accesso; invero, l’interesse che deve supportare l’istanza di accesso agli atti amministrativi oltre che specifico, diretto e concreto, deve essere anche attuale.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 25 marzo 2019 n. 630
Sull’esclusione dell’accesso civico generalizzato per atti relativi all’affidamento di servizi
E’ legittimo il provvedimento con il quale l’Amministrazione appaltante ha respinto una richiesta di accesso ex art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, relativa ai preventivi di spesa per l’affidamento – disposto in favore di una cooperativa – dei servizi di assistenza legale per il recupero dell’evasione ed elusione tributaria, atteso che tale richiesta non rientra nel diritto di accesso civico “generalizzato” ai documenti, dati e informazioni non soggetti ad obbligo di pubblicazione (ai sensi dell’art. 5, comma 2 e ss. del D.Lgs. n. 33/2013); tali preventivi di spesa, infatti, si sostanziano in documenti afferenti alla “procedura di affidamento ed esecuzione” dell’incarico professionale affidato alla suddetta Cooperativa, che, in quanto tali, sono sottoposti alla disciplina di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016.
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SUI REQUISITI MORALI
TAR PIEMONTE, SEZ. I – sentenza 14 agosto 2019 n. 948
Sul conflitto di interesse
1. Per ciò che concerne il conflitto di interessi, il riferimento alle ipotesi previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, contenuto nell’art. 42 del decreto legislativo n. 50 del 2016, costituisce un rinvio ampliativo ed esemplificativo e non limitativo, come si evince dall’uso della locuzione “in particolare”.
2. In materia di conflitto di interessi può farsi tuttora applicazione, in quanto non contraddetto dalla disciplina attualmente vigente, del costante orientamento giurisprudenziale per cui le situazioni di conflitto di interessi, nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite. Per l’effetto, al di là delle singole disposizioni normative, ogni situazione che determini un contrasto, anche solo potenziale, tra il soggetto e le funzioni attribuitegli, deve comunque ritenersi rilevante a tal fine.
3. Sussiste una situazione di conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 42 del decreto legislativo n. 50 del 2016, nel caso in cui risulti che l’Amministratore delegato della società aggiudicatrice dell’appalto sia dipendente della Stazione appaltante; infatti la norma sul conflitto di interesse è posta a tutela di un pericolo astratto e presunto che non richiede la dimostrazione, volta per volta, del vantaggio conseguito. Tale conflitto d’interessi ha reso illegittima la partecipazione della società aggiudicataria alla gara, integrando la causa di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lett. d) del codice dei contratti pubblici.
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CORTE DI GIUSTIZIA U.E., SEZ. IV – sentenza 19 giugno 2019 (causa C-41/18)
Sul grave illecito professionale
L’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE, sugli appalti pubblici, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I – sentenza 11 settembre 2019 n. 10837
Sulla rilevanza delle sole condanne definitive e non dei procedimenti penali a carico
E’ illegittimo il provvedimento dell’ANAC di annotazione nel Casellario informatico degli operatori economici dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture disposta in relazione al fatto (qualificato dalla stessa stazione appaltante non già quale falsa dichiarazione, ma solo come “carenza informativa”) che non era stata dichiarata la mera pendenza di un procedimento penale; va infatti considerato che nessuna tra le norme di cui al Codice dei contratti pubblici (o altra) stabilisce l’obbligo per l’operatore economico che partecipi ad una gara di comunicare alla stazione appaltante i carichi pendenti in capo ai soggetti indicati nell’art. 80, co 3, del d.lgs. 50/2016, fermo restando che, ai sensi dell’art. 80, co 1, del Codice, costituisce motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto, la sola condanna – con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.c. – per uno dei reati elencati nelle successive lettere da a) a g).
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TAR MOLISE, SEZ. I – sentenza 25 luglio 2019 n. 259
Sull’irrilevanza dei reati dichiarati estinti
In sede di gara di appalto non può disporsi l’esclusione di una ditta che ha omesso di dichiarare alcune condanne per reati dichiarati estinti, atteso che la legge stessa li qualifica come non idonei a giustificare l’esclusione del concorrente dalla gara (v. art. 80 comma 3 del d.lgs. n. 50/2016).
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 13 giugno 2019 n. 3984
Sulla differenza tra concordato con continuità aziendale e concordato in bianco
Non può essere ammessa in gara una ditta che non ha presentato una domanda di concordato con continuità aziendale, ma la (diversa) istanza di concordato c.d. in bianco, con riserva di presentazione del piano e della restante documentazione richiesta dall’art. 186 bis l.f. nel termine concesso dal Giudice.
Né la circostanza poi che la ditta in questione abbia ottenuto, successivamente alla proposizione dell’istanza di concordato c.d. in bianco – e nella pendenza della procedura di affidamento dell’appalto – il decreto di autorizzazione da parte del Tribunale fallimentare a partecipare alla gara in questione, non rileva, atteso che tale autorizzazione non è accompagnata dagli ulteriori requisiti richiesti dall’art. 186-bis l.f., circostanza questa che indebolisce la solidità della partecipazione del raggruppamento appellato alla procedura, esponendo al rischio la stazione appaltante di non poter contare su un valido operatore economico nel caso di affidamento ad esso della procedura ad evidenza pubblica in svolgimento (e neppure nel caso di eventuale scorrimento nella graduatoria, in sede di esecuzione, laddove si dovesse rendere necessario per il venir meno dell’aggiudicatario).
Sulla persistenza della regolarità contributiva
Nelle gare di appalto, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva”.
Sulla distinzione tra Durc interno e Durc esterno
L’art. 31, comma 8, del decreto legge n. 69 del 2013 non ha in alcun modo modificato la disciplina dettata dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e, pertanto, la regola del previo invito alla regolarizzazione non trova applicazione nel caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica delle dichiarazioni rese dall’impresa ai fini della partecipazione alla gara. L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione”.
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TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. I – sentenza 16 maggio 2019 n. 1120
Sull’onere probatorio in capo alla PA caso di illecito professionale
1. In linea generale l’art. 80, c. 5, lett. c) del X.Xxx. 18 aprile 2016 n. 50 rimette alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità, anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo. In particolare, non è indispensabile che i gravi illeciti professionali posti a fondamento della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, essendo infatti sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi.
2. Quando la stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla gara un operatore economico perché considerato colpevole di un grave illecito professionale non compreso nell’elenco dell’art. 80, c. 5 lett. c) del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50, deve adeguatamente motivare l’esercizio di siffatta discrezionalità, ed in maniera ben più rigorosa ed impegnativa rispetto a quanto avviene a fronte delle particolari ipotesi esemplificate dal testo di legge.
3. Va riconosciuta alla stazione appaltante la facoltà di escludere un concorrente, a prescindere dalla definitività degli accertamenti compiuti in sede penale, e dunque, anche a fronte di una richiesta di rinvio a giudizio, ferma restando tuttavia la necessità di accertare che ciò abbia in concreto avuto luogo a fronte di una congrua motivazione. E’ pertanto illegittimo il provvedimento di esclusione dalla gara di una impresa facendo riferimento al fatto che il legale rappresentate della stessa è stato rinviato a giudizio, senza una apposita motivazione.
4. La stazione appaltante è gravata dell’onere di dimostrare l’inaffidabilità del concorrente, e non quest’ultimo a dover dimostrare la propria affidabilità. L’aver posto a fondamento dell’avviso di avvio del procedimento, e del provvedimento finale, una mera richiesta proveniente dalla pubblica accusa, e non specifiche condotte della ricorrente comprovanti la commissione di un grave illecito professionale, non consente perciò di considerare provati i relativi fatti.
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TAR LAZIO – ROMA, SEZ. II ter – sentenza 3 maggio 2019 n. 5596
Sulla necessità dell’accoglimento dell’istanza di rateizzazione
1. Nelle gare di appalto, il requisito della regolarità fiscale si considera sussistente soltanto ove, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, l’istanza di rateizzazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo e non anche nelle ipotesi in cui l’iniziale irregolarità abbia dato luogo alla richiesta di dilazione, solo successivamente accolta.
2. Anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, la mera presentazione dell’istanza di rateizzazione non comporta l’automatico recupero della posizione di regolarità fiscale, atteso che, con la presentazione di tale istanza, il partecipante non assume alcun impegno vincolante a onorare il debito in quel momento gravante a suo carico, ma semmai ad adempiere l’obbligazione novata, originante dall’eventuale.
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TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. III – sentenza 26 giugno 2019 n. 1594
Sulla necessità dell’accoglimento dell’istanza di rateizzazione
Il requisito della regolarità fiscale e contributiva si considera sussistente soltanto ove, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, l’istanza di rateizzazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo, e non anche nelle ipotesi in cui l’iniziale irregolarità abbia dato luogo alla richiesta di dilazione, solo successivamente accolta; ciò in quanto la mera presentazione dell’istanza di rateizzazione non comporta l’automatico recupero della posizione di regolarità, atteso che, con la presentazione di tale istanza, il partecipante non assume alcun impegno vincolante a onorare il debito in quel momento gravante a suo carico, ma semmai ad adempiere l’obbligazione novata, originante dall’eventuale successivo accoglimento dell’istanza di rateizzazione da parte dell’Agente della riscossione.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 19 giugno 2019 n. 4188
Sul DURC in compensazione
La compensazione del debito previdenziale con i crediti vantati dall’impresa nei confronti di altra pubblica amministrazione (diversa dall’ente previdenziale) opera alle condizioni previste dalla disciplina di diritto comune: purché vi sia la coesistenza dei rispettivi crediti e debiti (art. 1241 Cod. civ.) e sempre che gli stessi siano liquidi ed esigibili (art. 1243 Cod. civ.). L’unico profilo derogatorio rispetto alla disciplina generale è rappresentato dalla mancanza della condizione di reciprocità perché i rapporti di credito/debito non intercorrono tra i medesimi soggetti: a fronte del debito che l’impresa ha nei confronti dell’ente previdenziale corrisponde un credito con altra pubblica amministrazione (tra quelle elencate dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001).
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VARIE
CORTE DI GIUSTIZIA UE, sentenza 06 giugno 2019, n. C-264/18
Sulla non riconducibilità dei servizi legali alla disciplina del codice dei contratti
Per quanto riguarda i servizi forniti da avvocati, di cui all’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24, dal considerando 25 di tale direttiva risulta che il legislatore dell’Unione ha tenuto conto del fatto che tali servizi legali sono di solito prestati da organismi o persone designati o selezionati secondo modalità che non possono essere disciplinate da norme di aggiudicazione degli appalti pubblici in determinati Stati membri, cosicché occorreva escludere tali servizi legali dall’ambito di applicazione della direttiva in parola.
A tale riguardo, occorre rilevare che l’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24 non esclude dall’ambito di applicazione di detta direttiva tutti i servizi che possono essere forniti da un avvocato a un’amministrazione aggiudicatrice, ma unicamente la rappresentanza legale del suo cliente nell’ambito di un procedimento dinanzi a un organo internazionale di arbitrato o di conciliazione, dinanzi ai giudici o alle autorità pubbliche di uno Stato membro o di un paese terzo, nonché dinanzi ai giudici o alle istituzioni internazionali, ma anche la consulenza legale fornita nell’ambito della preparazione o dell’eventualità di un siffatto procedimento. Simili prestazioni di servizi fornite da un avvocato si configurano solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza.
Xxxxxx, da un lato, un siffatto rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla libera scelta del suo difensore e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato, rende difficile la descrizione oggettiva della qualità che si attende dai servizi da prestare. Dall’altro, la riservatezza del rapporto tra avvocato e cliente, il cui oggetto consiste, tanto nel salvaguardare il pieno esercizio dei diritti della difesa dei singoli quanto nel tutelare il requisito secondo il quale ogni singolo deve avere la possibilità di rivolgersi con piena libertà al proprio avvocato, potrebbe essere minacciata dall’obbligo, incombente sull’amministrazione aggiudicatrice, di precisare le condizioni di attribuzione di un siffatto appalto nonché la pubblicità che deve essere data a tali condizioni.
Ne consegue che, alla luce delle loro caratteristiche oggettive, i servizi di cui all’articolo 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24, non sono comparabili agli altri servizi inclusi nell’ambito di applicazione della direttiva medesima. Tenuto conto di tale differenza oggettiva, è altresì senza violare il principio della parità di trattamento che il legislatore dell’Unione ha potuto, nell’ambito del suo potere discrezionale, escludere tali servizi dall’ambito di applicazione di detta direttiva.
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TAR VENETO, SEZ. I – sentenza 26 giugno 2019 n. 771
Sull’ammissibilità di giustificativi trasmessi a mezzo pec e non in plico chiuso e sigillato
La clausola della lettera di invito che prevede – a pena di esclusione – la trasmissione delle giustificazioni con plico chiuso e sigillato è affetta da nullità, ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016; di conseguenza, deve ritenersi illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta partecipante alla gara per il mancato rispetto delle suddette formalità, nel caso in cui la ditta stessa abbia correttamente trasmesso la relazione giustificativa, in sede di verifica delle offerte anomale, in modo tempestivo e per iscritto, mediante invio di messaggio di posta elettronica certificata, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 97, comma 5, e 40 del d.lgs. n. 50/2016.
L’art. 40 del d.lgs. n. 50/2016 prevede che “le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell’ambito delle procedure di cui al presente codice svolte da centrali di committenza sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale. A decorrere dal 18 ottobre 2018, le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell’ambito delle procedure di cui al presente codice svolte dalle stazioni appaltanti sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici”.
Inoltre, l’art. 5 bis del d.lgs. n. 82/2005 stabilisce che “la presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche avviene esclusivamente utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Con le medesime modalità le amministrazioni pubbliche adottano e comunicano atti e provvedimenti amministrativi nei confronti delle imprese”.
In base a tali disposizioni, è del tutto legittimo, e deve essere quindi consentito, l’invio della relazione giustificativa dell’anomalia per mezzo di posta elettronica certificata.
E’ stato ricordato che, secondo la giurisprudenza, “il subprocedimento di verifica di anomalia, proprio perché connotato dall’elaborazione progressiva del giudizio di congruità o non congruità della prima migliore offerta, dall’apporto dialettico e collaborativo del relativo proponente e perfino dall’esercizio di poteri istruttori ufficiosi da parte della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2004, n. 490; sez. VI, 5 luglio 2006, n. 4261), non esige quella stessa rigida cristallizzazione e intangibilità della documentazione prodotta in sede di offerta, che, posta a presidio della par condicio dei concorrenti, viene assicurata mediante l’adozione delle cennate misure di custodia e di conservazione” (cfr. T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII, 2 luglio 2010, n. 16568).
Con riferimento ai giustificativi dell’offerta, né il vigente Codice dei contratti pubblici, né alcuna altra disposizione di legge prescrivono, a pena di esclusione, che il relativo invio debba essere effettuato con plico chiuso e sigillato.
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TAR XXXXXX XXXXXXX – BOLOGNA, SEZ. II – sentenza 6 maggio 2019 n. 387
Sul giudizio di anomalia
1. Le valutazioni in ordine agli elementi e alla congruità dell’offerta sono frutto di un apprezzamento di natura tecnico-discrezionale, e pertanto possono essere sindacate solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto. Il giudice amministrativo non può, quindi, sostituire un’autonoma valutazione rispetto a quella effettuata dall’Amministrazione in quanto, in caso contrario, vi sarebbe un’invasione nelle attribuzioni che la legge riserva alla P.A.
2. La valutazione di congruità dell’offerta dev’essere globale e sintetica, non concentrata esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo, essendo l’obiettivo dell’indagine l’accertamento dell’affidabilità dell’offerta nel complesso, non già delle singole voci componenti.
3. Il giudizio sull’anomalia è ampiamente discrezionale ed è espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta erroneità o irragionevolezza.
Sulla clausola sociale
4. La c.d. clausola sociale presente nei bandi di gara deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto, sicché tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente. Conseguentemente l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 12 settembre 2019 n. 6148
Sul CCNL da applicare alle gare
1. La scelta del contratto collettivo da applicare ad un appalto pubblico rientra nelle prerogative organizzative dell’imprenditore con il solo limite della coerenza con l’oggetto dell’appalto, per cui la stazione appaltante non può imporre l’applicazione di un CCNL e la scelta fatta da un concorrente di applicare un CCNL che consenta un forte abbattimento dei costi, e presentare, in questo modo, un’offerta più competitiva, rileva solo in sede di valutazione di congruità dell’offerta, ma non costituisce causa di non ammissibilità della stessa (in applicazione del principio è stata respinta la censura con la quale si sosteneva che, per un appalto del servizio di vigilanza, doveva applicarsi a tutte le imprese il CCNL Multiservizi).
2. L’imposizione di un determinato CCNL non può essere giustificata neppure dall’inserimento negli atti di gara di una clausola sociale, atteso che la clausola sociale non può essere intesa nel senso di imporre all’aggiudicatario subentrante di applicare un determinato CCNL, per essere, invece, rimessa alla sua libera determinazione la scelta del CCNL, che, pertanto, potrà anche essere diverso da quello applicato dal precedente contraente, sempreché siano salvaguardati i livelli retributivi dei lavoratori in modo adeguato e congruo.
3. La stazione appaltante non è tenuta ad appurare che il costo medio orario offerto sia compatibile con il costo indicato dalle apposite tabelle ministeriali, perché i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle non costituiscono parametro di ammissibilità dell’offerta, ma mero parametro di valutazione della congruità della stessa, con la conseguenza che l’eventuale scostamento dalle voci di costo contenute nelle tabelle non legittima, di per sé, un giudizio di anomalia o di incongruità, per essere necessario, affinché si pervenga a tale conclusione, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.
Sulla clausola sociale
4. La clausola sociale contenuta nel disciplinare di gara va formulata in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario. Infatti, solo se formulata in questi termini, la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto.
5. E’ da escludere che una clausola sociale possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e dipendenti da assorbire.
6. La clausola sociale non comporta alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo. Deve tuttavia ritenersi che l’obbligo di garantire ai lavoratori già impiegati le medesime condizioni contrattuali ed economiche non sia assoluto né automatico.
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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 17 giugno 2019 n. 4050
Sull’esperienza (prevalente) dei commissari di gara
1. Nelle gare di appalto, la legittima composizione della commissione aggiudicatrice (che deve essere formata da «esperti nello specifico settore cui afferisce l’oggetto del contratto», ex art. 77 d.lgs. n. 50 del 2016, e già ex art. 84 d.lgs. n. 163 del 2006) presuppone solo la prevalente, seppure non esclusiva, presenza di membri esperti del settore oggetto dell’appalto; quest’ultimo requisito deve essere inteso in modo coerente con la poliedricità delle competenze richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare, considerando anche, secondo un approccio di natura sistematica e contestualizzata, le professionalità occorrenti a valutare sia le esigenze dell’amministrazione sia i concreti aspetti gestionali ed organizzativi sui quali i criteri valutativi siano destinati ad incidere.
2. Ai fini della dimostrazione del requisito dell’esperienza dei commissari di gara, non è necessario che l’esperienza professionale di ciascun componente copra tutti gli aspetti oggetto della gara, potendosi le professionalità dei vari membri integrare reciprocamente, in modo da completare ed arricchire il patrimonio di cognizioni della commissione, purché idoneo, nel suo insieme, ad esprimere le necessarie valutazioni di natura complessa, composita ed eterogenea.
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CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA – sentenza 21 maggio 2019 n. 8
Sulla prevalenza del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa
Gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, quand’anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo codice.
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