CORTE D’APPELLO DI BARI SEZIONE LAVORO
CORTE D’APPELLO DI BARI SEZIONE LAVORO
Progetto prevedibilità delle decisioni
1. Tematica:
Legittimità dei contratti a termine stipulati da Poste Italiane S.p.A.
2. Normativa
- Art. 1419, primo comma, c.c., “Nullità parziale”;
- L. 18 aprile 1962, n. 230, “Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato”;
- L. 28 febbraio 1987, n. 56, "Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro";
- Legge-delega 29 dicembre 2000, n. 422, “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2000";
- D. Lgs. 24 ottobre 2001, n. 368, "Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal XXX".
- X.xxx. 00 ottobre 2001, n. 368 art. 2, comma 1 bis, aggiunto dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, c. 558;
3. Questioni problematiche:
1. Il Mutuo consenso;
Da sempre, Poste Italiane S.p.A. deduce l’intervenuta risoluzione consensuale del contratto a termine in ragione della prolungata inerzia del lavoratore che, trascurando di manifestare la propria volontà di continuare il rapporto lavorativo per un cospicuo lasso di tempo dalla cessazione del rapporto di lavoro, porrebbe in essere un comportamento tacito concludente della volontà risolutiva del contratto stesso.
Tale assunto, condiviso dai giudici di primo grado, non ha trovato accoglimento nella giurisprudenza della Corte e in quella di legittimità; difatti, la Suprema Corte con sentenza
n. 286 del 12.1.2016 (ex multis Cass., 18 novembre 2011, n. 23319 e Cass., ord., 4 agosto 2011, contrassegnata con acronimo certalex) ha confermato l’inesistenza della risoluzione del rapporto lavorativo per mutuo consenso, stabilendo: “affinché possa configurarsi una
risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo”.
A tal proposito è costante l'orientamento in base al quale l'onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la ridetta volontà grava sul datore di lavoro (cfr. Cass. 11 marzo 2011, n. 5887).
A titolo meramente esemplificativo, deve rammentarsi una pronuncia della Corte di Appello di Bari, Sezione Lavoro (Poste Italiane S.p.A. Vs Zingariello G., 18.2.2013), che ha qualificato come non concludente – ai fini della risoluzione contrattuale per mutuo consenso
– il comportamento del lavoratore che riscuota il TFR, ritiri il libretto di lavoro, si iscriva nuovamente nelle liste di collocamento ovvero per sostentare se stesso e la propria famiglia, ricerchi, xxxxx e, perfino, accetti un nuovo posto di lavoro.
2. L’apposizione del termine al contratto di lavoro da parte di Poste Italiane S.p.A.
Per quanto concerne, invece, la questione della validità o meno dell’apposizione del termine, giova evidenziare che la nuova normativa introdotta dal D. lgs. n. 368/2001, nel disciplinare il contratto di lavoro a tempo determinato, ha abrogato l’intera disciplina previgente.
Invero, la legge 18 aprile 1962 n. 230 disponeva che “il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato”, salvo le eccezioni tassativamente previste ex lege.
Successivamente, la legge 28 febbraio 1987, n. 56, nel delineare una nuova disciplina giuridica del mercato del lavoro, stabiliva (art. 23) che “l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi previste dalla legge del 1962 e successive integrazioni, è consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale”. “I contratti collettivi – aggiungeva la norma – stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti con contratto di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato”.
Orbene, questa disciplina è stata, poi, ridisegnata con la legge delega 29 dicembre 2000, n. 422 ed il decreto legislativo di attuazione n. 368 del 2001 che all’art. 1 così dispone: “E’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”.
4. Orientamento della Sezione :
E’ bene evidenziare i diversi orientamenti di questa Corte in merito all’assunzione a termine:
A) Contratti stipulati per esigenze determinate da ristrutturazione-riorganizzazione aziendale.
La soluzione è distinta in relazione al periodo:
1) Art. 8 CCNL del 1994:
-dal 25 settembre 1997 (data in cui le Poste e le OOSS hanno stipulato un accordo che ha aggiunto una quarta ipotesi al CCNL del 1994) al 30 aprile 1998 (data di scadenza delle varie proroghe della fattispecie legittimante) (per i part-time scadenza al 31 dicembre 1998) sono legittimi. (motivazione: v. sentenza Xxxxxxx Xx Poste del 2 novembre 2006, pagg. 7- 11);
-dal 1 maggio 1998 (o dal 1 gennaio 1999 se si tratta di part-time) all’ 11 gennaio 2001 (entrata in vigore del CCNL del 2001) non sono legittimi (v. stessa sentenza, leggendo anche pagg. 12 e 13). Ne discende che il contratto stipulato successivamente al 30.4.1998, è illegittimo.
La Corte ha quindi sancito che in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza di una situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente (Poste) ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998, sicché ha escluso la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230 (Cfr. Cass., 25 febbraio 2013 n. 4650).
2) Art. 25 CCNL del 2001:
-dall’11 gennaio 2001 (stipulazione CCNL) sino all’entrata in vigore del D. Lgs. 9 settembre 2001, n. 368 (24 ottobre 2001) sono legittimi. A tal proposito, si veda la sentenza Xxxxxxx Xx Poste del 12 marzo 2007, paragrafo n. 2.
B) Contratti stipulati a seguito del processo di mobilità aziendale
Il 24 ottobre 2001 (entrata in vigore del decreto legislativo 368/2001) sono intervenuti i
processi di mobilità.
La Corte non aderisce alla tesi secondo cui l’abrogazione di tutta la previgente legislazione, operata dall’art. 11 del D. Lgs. 24 ottobre 2001, n. 368 (disciplinante il rapporto di lavoro a tempo determinato) presuppone “un’inversione di tendenza”, poiché il ricorso al contratto a termine, sebbene non più sottoposto al rigido vincolo della imprevedibilità ed eccezionalità delle ipotesi in cui è ammissibile, resta pur sempre un tipo di contratto “eccezionale” rispetto a quello a tempo indeterminato. Ne è derivata, parimenti, la non condivisibilità della tesi che ritiene possibile l’assunzione a termine quando, pur in presenza di una occasione permanente di lavoro, sussista una ragione oggettiva, non arbitraria, che in concreto renda preferibile un rapporto a termine.
La Corte di appello di Bari, Sezione Lavoro, si è espressa per l’illegittimità dei CTD con la sentenza Xxxxxxxx Xx Poste del 20 luglio 2005, in cui è stato dichiarato illegittimo un contratto stipulato il 30 settembre 2002, quando si era esaurita la serie dei contratti collettivi di riorganizzazione del servizio portalettere. Ancora, con la sentenza Imbriola Vs Poste del 12 marzo 2007, in cui la assunzione a termine era avvenuta quando la serie dei contratti collettivi sulla riorganizzazione del servizio portalettere non era ancora temporalmente esaurita.
Tuttavia, la Corte ha, altresì, rilevato il mancato adempimento dell’onere della prova del coinvolgimento dell’ufficio specifico nella riorganizzazione.
In sintesi, gli accordi del 2002 sulla mobilità dispongono che questo processo deve necessariamente esaurirsi entro il 30.9.2002 per i portalettere (recapito) e entro il 30.11.2009 per la sportelleria. Deve, quindi, verificarsi anzitutto se il contratto rientra temporalmente entro tali limiti. In aggiunta, quand’anche il contratto sia stato stipulato entro tale periodo, Poste Italiane S.p.A. deve provare che il processo di mobilità ha riguardato anche lo specifico ufficio del ricorrente.
Con sentenza dell’1.2.2010, n. 2279, pur valutando come specifica la causale sugli accordi della mobilità (con cassazione della decisione della corte di appello che non aveva dato ingresso alla prova ritenendo la causale generica), la S.C. ha ribadito che l’onere della prova ricade sul datore di lavoro; in particolare, Poste deve dimostrare l’effettiva destinazione del lavoratore presso la sede di lavoro indicata, con la qualifica e le mansioni conseguenti.
C) Contratti stipulati per esigenze sostitutive.
La disciplina ante D. Lgs. n.368/2001 (contratti a termine stipulati sino al 24 ottobre 2001) è costituita dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, integrata (in forza di art. 23 legge 56 del 1987) dalla contrattazione. Invero, il CCNL del 26 novembre 1994 personale poste legittimava l’assunzione a termine con la dizione “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno- settembre” (si veda a tal proposito, sentenza Xxxxxxxx Xx Poste del 23 aprile 2007) e così concludeva: “in linea con gli ultimi arresti della S.C., la disposizione dell’art. 8 CCNL 1994 (e così pure quella dell’art. 25 CCNL 2001) va interpretata nel senso che è sufficiente, ai fini di una legittima apposizione del termine, che l'assunzione avvenga nel periodo (giugno – settembre) in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie” (Cfr. Cass. sentt. nn. 4933/2007 e 22352/2007)
Al fine di meglio comprendere le ragioni che fondano la legittimità dell’apposizione del termine al contratto occorso tra Poste S.p.A. e il lavoratore, par d’uopo rilevare che, con sentenza del 18.2.2013 (Poste Italiane S.p.A. Vs Zingariello G.), questa Corte ha confermato la validità del termine apposto in caso di “carenze di organico per l’assenza di personale con diritto alla conservazione del posto non fronteggiabili con il personale già in servizio”. Per giunta, con particolare riferimento alla causale “ragioni sostitutive”, contenuta in contratto, la Corte di Appello di Bari- Sez. Lav. inizialmente riteneva che nel contratto di assunzione bisogna precisare in cosa specificamente consistano le ragioni sostitutive (che tipo di sostituzione e il nome del lavoratore sostituito) e ciò sin dal contratto (insufficiente
una successiva richiesta di prova, peraltro nella specie formulata con capitolo generico). Successivamente, con le più recenti sentenze del 2010 la Cassazione, andando di contrario avviso, ha sostenuto che non è necessaria l’indicazione del nome (con riferimento a realtà aziendali complesse, quali Poste) e che il giudice di merito deve compiere un accertamento di fatto con riferimento al singolo ufficio, al numero dei dipendenti assenti, ecc. (x. Xxxx. nn. 1576 e 1577 del 2010). In particolare, secondo la Cassazione, l’apposizione del termine “per ragioni sostitutive” è legittima solo se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse- risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire e l’inquadramento, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non indicati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato. Ad oggi, la Corte non condivide l’orientamento in base al quale “la mancata indicazione, in seno al contratto intercorso tra le parti, del nominativo del lavoratore da sostituire e della causa specifica della sostituzione comporta l’impossibilità di ricondurre l’assunzione del ricorrente al carattere temporaneo, non già strutturale, della carenza di organico in seno all’azienda datrice di lavoro”.
D) La clausola di contingentamento
Il D.lgs. n. 368 del 2001, art. 2 (il cui comma 1 bis è stato aggiunto dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, c. 558) dispone nei seguenti termini: “1. È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato quando l'assunzione sia effettuata da aziende di trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aeroportuali ed abbia luogo per lo svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell'organico aziendale che, al 1 gennaio dell'anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito ai servizi sopra indicati. Negli aeroporti minori detta percentuale può essere aumentata da parte delle aziende esercenti i servizi aeroportuali, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro, su istanza documentata delle aziende stesse. In ogni caso, le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente articolo. 1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l'assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale, riferito al 1° gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente comma.”.
La S.C. – affrontando il tema del contratto di lavoro a tempo determinato – ha statuito che la disposizione dell'art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, aggiunta dall'art. 1, comma 558, della legge n. 266 del 2005, nell’ottica di una parziale liberalizzazione delle assunzioni
a termine nel settore delle poste, consente alle imprese concessionarie dei servizi postali di stipulare contratti a tempo determinato, nei limiti e per i periodi ivi previsti, senza necessità di indicare le ragioni obiettive giustificatrici dell'apposizione del termine.
Non sussiste un contrasto con l'ordinamento comunitario in quanto tale prescrizione, come rilevato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (C-20/10, Vino), è giustificata dalla direttiva 1997/67/Ce, in tema di sviluppo del mercato interno dei servizi postali, non venendo in rilievo la direttiva 1999/70/Ce, in tema di lavoro a tempo determinato, neppure con riferimento al principio di non discriminazione, che è affermato per le disparità di trattamento fra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ma non anche per le disparità di trattamento fra differenti categorie di lavoratori a tempo determinato.
Dovrebbe essere allora chiaro che l’unico limite imposto alle Poste è, dunque, quello di rispettare i predetti limiti: della prescritta osservanza, in caso di contestazione, deve fornire prova, senza tuttavia avere l’onere, perché non rintracciabile in alcun dato normativo, di trascrivere nei singoli contratti di assunzione il numero massimo di contratti a termine stipulabili e il numero dei lavoratori assunti a termine. Ebbene, allorquando le Poste eccedano il predetto limite nelle assunzioni a termine, tale eventualità non si tradurrà in un vizio di nullità dei termini apposti a tutti i contratti a tempo determinato stipulati nel periodo considerato, ma produrrà la nullità limitatamente ai termini apposti ai contratti sottoscritti dopo il raggiungimento del numero massimo consentito di assunzioni di tale natura (sentenza del 30.9.2014, La Vacca M. C. Vs Poste Italiane S.p.A.)
E) Conseguenze sanzionatorie
L’assenza o l’incompletezza della specificazione della ragione giustificatrice importa, per espresso disposto dello stesso art. 1, secondo comma, l’inefficacia della clausola appositiva del termine e non la nullità dell’intero contratto che, dunque, si considera a tempo indeterminato (cfr. in generale art. 1419, primo comma, c.c.).
Ora, sempre in tema di “specificazione della ragione giustificatrice” è bene evidenziare che, a mente dell’art. 1, comma 2, D. Lgs. n. 368/2001 “L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1”; pertanto, è doveroso dare una “indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale” (Xxxx. 1° febbraio 2010 n. 2279). Xxxxxx, nella sentenza del 21.12.2015 (Console A. Vs Poste Italiane S.p.A.), la Corte ha ritenuto assolto l’onere di specificità della ragione giustificativa addotta in presenza dell’espressa indicazione (in contratto) della necessità di “far fronte agli incrementi di attività o esigenze produttive particolari e di carattere temporaneo connesse alla gestione degli adempimenti ICI che non possono essere soddisfatte con il personale in servizio”, seguita dal cenno ai referenti con riferimento alle mansioni assegnate (“lavorazione dei bollettini”) ed al luogo di lavoro.
Deve, comunque, osservarsi che la disciplina sul contratto a tempo determinato non è finalizzata a determinare i livelli della forza lavoro delle imprese né a porre una nozione di
«ordinario» organico aziendale quale riflesso regolativo dei limiti sostanziali della stipulazione di un contratto a tempo determinato. L’impresa, in definitiva, rimane sostanzialmente libera di definire i propri assetti organizzativi e produttivi in ragione dell’interesse economico perseguito e il legislatore, con i limiti (esterni) posti alla stipulazione di un contratto a termine, si preoccupa solo di sottrarre la tipologia contrattuale in questione al libero esplicarsi dell’autonomia privata.
Questi limiti intervengono già nella fase della stipulazione e identificano un presupposto giustificativo del contratto che deve risultare coerente con la durata (limitata) del rapporto di lavoro. La specifica dimensione della temporaneità (della causale di assunzione) deve rispondere ad un interesse obiettivamente verificabile rispetto al quale la scelta del tipo contrattuale risulti congruente tanto con la singola realtà produttiva quanto col concreto atteggiarsi del rapporto.
Alla stregua di quanto precede, non costituisce abuso (del contratto a tempo determinato) la scelta di un datore di lavoro che decida di ricorrere a contratti a tempo determinato per fronteggiare carenze temporanee di organico, sebbene queste si manifestino in modo ricorrente, se non addirittura permanente.
Bari, 2 ottobre 2017
- Scheda redatta dalle dott. sse Xxxxxx Xx Xxxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx, tirocinanti ai sensi dell’art. 73, D.L. 69/2013, presso la Corte di Appello di Bari, Sezione Lavoro. -