PROMOZIONE DELLA SICUREZZA, DELLA REGOLARITÀ E DELLA QUALITÀ SOCIALE DELLE CONDIZIONI DI LAVORO IN EMILIA-ROMAGNA. APPROVAZIONE LINEE DI INTERVENTO E SCHEMA DI PROTOCOLLO D’INTESA Prot. n. (DGL/01/15775)
PROMOZIONE DELLA SICUREZZA, DELLA REGOLARITÀ E DELLA QUALITÀ SOCIALE DELLE CONDIZIONI DI LAVORO IN EMILIA-ROMAGNA. APPROVAZIONE LINEE DI INTERVENTO E SCHEMA DI PROTOCOLLO D’INTESA Prot. n. (DGL/01/15775)
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Vista la L. n. 448 del 23 dicembre 1998, ed in particolare l'art. 78, comma 4 laddove prevede l'istituzione a livello regionale e provinciale di Commissioni con compiti di analisi del lavoro irregolare a livello territoriale, di promozione di collaborazioni ed intese istituzionali e di assistenza alle imprese;
Dato atto che tali Commissioni sono state costituite con delibera della Giunta regionale dell’Emilia- Romagna n. 367 del 1 Marzo 2000;
Considerato che:
- la richiamata Commissione regionale per l'emersione del lavoro irregolare, nella propria attività, ha valutato l’opportunità di adottare iniziative dirette a definire un policy mix costituito da più linee operative e progetti a medio periodo in particolare per quanto attiene:
o la realizzazione di analisi e studi condotte sui diversi fenomeni, con particolare attenzione al legame con le questioni della sicurezza e degli infortuni sul lavoro;
o la messa in rete delle banche dati degli Enti con funzioni di controllo e vigilanza e l’individuazione di ambiti di priorità per gli interventi di contrasto e vigilanza;
o percorsi formativi comuni per il personale delle Provincie (Centri per l’Impiego), Inps, Inail, Direzione regionale del Lavoro, Aziende Unità Sanitarie Locali;
o campagne di sensibilizzazione e informazione;
o l’affiancamento dei tradizionali strumenti di prevenzione (quali azioni mirate di formazione alla legalità del lavoro ed alla sicurezza nei luoghi di lavoro, controllo e repressione), con altri, anche su base volontaria e incentivata, in grado di certificare la qualità delle prestazioni lavorative, gli impatti ambientali, e costruire un "marchio di qualità sociale";
- la Conferenza Stato-Regioni ha adottato, in data 21 dicembre 2000, uno specifico accordo nel quale è posto “in capo al Presidente della Giunta regionale e della Provincia autonoma” il coordinamento regionale delle iniziative rivolte all’informazione, alla formazione, all’assistenza ed alla vigilanza dei fenomeni connessi alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ed all’emersione del lavoro irregolare, stabilendo inoltre che tale coordinamento si attui attraverso il comitato di cui all’art. 27 del D.lgs. 626/94, il quale, nel proprio operato, tiene conto anche degli indirizzi forniti dalla specifica commissione regionale per il sommerso di cui all’art. 78 della L. 448/98;
- il Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato nella seduta del 21 dicembre 2000 (oggetto 912) una risoluzione “intesa al varo di un ‘pacchetto sicurezza’ per ridurre gli infortuni sul lavoro” impegnando, inoltre, la Giunta ad assicurare il pieno coinvolgimento delle parti sociali e degli enti competenti;
- il Documento di Programmazione Economica Finanziaria regionale sottolinea l’esigenza di sostenere la promozione del lavoro e del sapere oltre che delle sicurezze, articolando in schede d’attività le priorità ed i principali programmi d’azione, frequentemente di natura interassessorile;
- è stata svolta apposita comunicazione della Giunta al Consiglio regionale, iscritta con il n. 1468 all’ordine del giorno della seduta del 19 Aprile 2001, in merito alle “Linee regionali di intervento per la promozione della sicurezza, della regolarità e della qualità sociale delle condizioni di lavoro in Emilia-Romagna”;
- il Consiglio regionale ha approvato nella seduta del 19 aprile 2001 una risoluzione con la quale:
- si condividono le scelte di fondo proposte dalla Giunta e l’indicazione di affrontare con
un’iniziativa integrata le questioni connesse alla sicurezza, alla regolarità ed alla qualità del lavoro, individuando come obiettivi:
o la sperimentazione di percorsi per l’emersione del lavoro irregolare;
o la riduzione nel triennio 2000-2002 dell’indice di incidenza degli infortuni di almeno il 10% nei comparti produttivi a maggior rischio, la riduzione delle malattie professionali, la minimizzazione del danno alla salute provocato dagli infortuni sul lavoro;
o l’integrazione delle banche dati dei diversi Enti competenti, al fine di realizzare una lettura qualitativa delle informazioni;
o l’estensione dell’offerta formativa sui temi della sicurezza dei lavoratori, prevedendo forme di verifica che coinvolgano le parti sociali;
o un rafforzato coordinamento delle attività di vigilanza svolte dalle Istituzioni preposte;
o l’estensione dell’attività di vigilanza e controllo ad almeno il 3% delle aziende ed il 15% dei lavoratori, garantendo la dotazione organica necessaria al conseguimento di tale obiettivo;
o la realizzazione di campagne di informazione e comunicazione;
o l’introduzione e il sostegno all’accesso al marchio della “qualità sociale del lavoro”;
o lo sviluppo di un organico “piano qualità” per sostenere qualificazione e certificazione dei processi produttivi, con partecipazione del lavoratori, certificazioni ambientali e di sicurezza;
- si dà mandato alla Giunta di:
o adottare il Programma di intervento integrato per la promozione della sicurezza, della regolarità e della qualità sociale delle condizioni di lavoro in Emilia-Romagna, e di sostenere, in particolare, il coinvolgimento delle Parti sociali e degli Enti locali, garantendo un alto grado di integrazione e coordinamento tra le istituzioni competenti;
o assumere misure attuative coerenti con dette linee e con gli obiettivi fissati, anche attraverso la promozione di specifiche intese con le istituzioni competenti, patti territoriali e/o settoriali, accordi con le Parti Sociali;
o riferire, annualmente, al Consiglio in merito alle iniziative adottate ed ai risultati raggiunti; Preso atto:
- dell’articolato iter di concertazione svolto in merito al documento “Linee regionali di intervento per la promozione della sicurezza, della regolarità e della qualità sociale delle condizioni di lavoro in Emilia-Romagna”, di cui al punto a) della presente deliberazione ed all’allegato A), parte integrante della stessa, coinvolgendo la Commissione regionale per l’emersione del lavoro irregolare, gli organi di concertazione e coprogrammazione previsti dalla L.R. 25/98, la Commissione Regionale Tripartita, ove sono rappresentate tutte le Parti sociali, ed il Comitato di Coordinamento Interistituzionale, costituito da tutte le Provincie, nonché la Conferenza Regionale delle Autonomie Locali, di cui alla L.R. 3/99, art. 25, sede di una specifica discussione, tenutasi il 9 Aprile;
- delle indicazioni e dei contributi emersi, al riguardo, dalle Commissioni consiliari “Turismo, Cultura, Scuola, Formazione”, “Sicurezza sociale” e “Attività produttive”, convocate il 29 Marzo in seduta congiunta;
- dell’avvenuta concertazione svolta in merito al “Protocollo d’intesa fra Regione Emilia-Romagna, Direzione regionale del Lavoro, Direzione regionale INPS, Direzione regionale INAIL, Unione delle Provincie Italiane Emilia-Romagna, per la qualificazione e la regolarizzazione del lavoro”, di cui al punto b) della presente deliberazione ed all’allegato B), parte integrante della stessa, coinvolgendo, oltre ai soggetti contraenti, la Commissione regionale per l’emersione del lavoro irregolare, gli organi di concertazione e coprogrammazione previsti dalla L.R. 25/98, la Commissione Regionale Tripartita, ove sono rappresentate tutte le Parti sociali, ed il Comitato di Coordinamento Interistituzionale, costituito da tutte le Provincie;
Ritenuto quindi necessario:
- dare corso alla realizzazione di un programma coordinato ed integrato, a scala regionale, per qualificare il lavoro in Emilia-Romagna, vale a dire per rendere le condizioni di lavoro e le produzioni della nostra regione sicure, regolari, rispondenti a clausole sociali, e tali da ridurre la
precarietà delle prestazioni;
- individuare prime misure attuative del richiamato programma, fra le quali riveste particolare urgenza il protocollo d’intesa di cui al successivo punto B) della presente deliberazione;
- dare luogo a specifiche modalità organizzative per il coordinamento degli interventi previsti;
- assicurare forme di collaborazione interistuzionale fra le Istituzioni competenti in materia anche attraverso intese formalizzate;
Visto il Decreto del Presidente della Regione n. 118 del 07/05/2001 con il quale si attribuisce all’Assessore alla Scuola, Formazione Professionale, Università, Lavoro, Pari Opportunità, Dott.ssa Mariangela Bastico la delega all’esercizio delle funzioni di coordinamento regionale delle iniziative di cui al punto 2 del citato accordo fra Stato-Regioni e Provincie autonome del 21 Dicembre 2000; Dato atto, ai sensi dell’art. 4, della L.R 41/92 e della deliberazione della Giunta n. 2541/95:
- del parere favorevole in merito alla regolarità tecnica del presente atto, espresso dal Direttore dell'Agenzia Emilia-Romagna Lavoro Dott. Maurizio Pozzi;
- del parere favorevole in merito alla legittimità del presente atto, espresso dal Direttore Generale alla Cultura, Formazione e Lavoro, Dr.ssa Cristina Balboni;
Su proposta dell'Assessore competente per materia a voti unanimi e palesi
DELIBERA
a. di approvare le “Linee regionali di intervento per la promozione della sicurezza, della regolarità e della qualità sociale delle condizioni di lavoro in Emilia-Romagna”, di cui al documento allegato A) parte integrante della presente deliberazione;
b. di approvare lo schema di “Protocollo d’intesa fra Regione Emilia-Romagna, Direzione regionale del Lavoro, Direzione regionale INPS, Direzione regionale INAIL, Unione delle Provincie Italiane Emilia-Romagna, per la qualificazione e la regolarizzazione del lavoro”, allegato B,) parte integrante della presente deliberazione, dando mandato all’Assessore alla Scuola, Formazione Professionale, Università, Lavoro, Pari Opportunità, Dott.ssa Mariangela Bastico di provvedere alla sua stipula;
c. di prevedere l'istituzione di un Comitato tecnico costituito da dirigenti e funzionari regionali delle seguenti Direzioni generale:
. Cultura, Formazione professionale e Lavoro
. Attività produttive, Commercio, Turismo
. Sanità e Politiche sociali
nonché che da rappresentanti delle altre istituzioni competenti e organismi ed in particolare:
. Direzione Regionale del Lavoro
. Direzione Regionale INPS
. Direzione Regionale INAIL
. Unione delle Province Italiane Emilia-Romagna
con funzioni di coordinamento delle iniziative di cui alle Linee di intervento richiamate al precedente punto a), nonché di supporto e monitoraggio alle attività definite nel Protocollo d’intesa di cui al precedente punto b);
d. di dare atto che alla costituzione del Comitato tecnico sopra citato provvederà con proprio atto il Direttore Generale alla Cultura, Formazione e Lavoro, dott.ssa Cristina Balboni;
e. di pubblicare l'allegato A) della presente deliberazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna.
- - - - - - -
Allegato B
Protocollo d’intesa fra Regione Emilia-Romagna, Direzione regionale del Lavoro,
Direzione regionale INPS, Direzione regionale INAIL
Unione delle Provincie Italiane Emilia-Romagna, per la qualificazione e la regolarizzazione del lavoro
La Regione Emilia-Romagna, rappresentata da ……………………………………………
la Direzione regionale del Lavoro, rappresentata da ………………………
la Direzione regionale INPS, rappresentata da ………………………………………
la Direzione regionale INAIL, rappresentata da ……………………………………
l’Unione delle Provincie Italiane Emilia-Romagna, rappresentata da
…………………………………………………………………………………………………………
…………
CONSIDERATO CHE:
a. il c. 4 dell'art. 78 della L. n. 448 del 23 dicembre 1998, istituisce a livello regionale e provinciale commissioni con compiti di analisi del lavoro irregolare a livello territoriale, di promozione di collaborazioni ed intese istituzionali e di assistenza alle imprese, costituite, per quanto riguarda l’Emilia-Romagna attraverso la delibera GR n. 367 del 1 Marzo 2000;
la richiamata commissione regionale per l'emersione del lavoro irregolare, nella propria attività, ha valutato l’opportunità di adottare iniziative dirette a definire un policy mix costituito da più linee operative e progetti a medio periodo in particolare per quanto attiene:
o la realizzazione di analisi e studi condotte sui diversi fenomeni, con particolare attenzione al legame con le questioni della sicurezza e degli infortuni sul lavoro,
o la messa in rete delle banche dati degli Enti con funzioni di controllo e vigilanza e l’individuazione di ambiti di priorità per gli interventi di contrasto e vigilanza,
o percorsi formativi comuni per il personale delle Provincie (Centri per l’Impiego), Inps, Inail, Drl, Asl,
o sull'antinfortunistica, nonché campagne di sensibilizzazione e informazione,
o l’affiancamento dei tradizionali strumenti di prevenzione, azioni mirate di formazione alla legalità del lavoro, alla sicurezza nei luoghi di lavoro e controllo e repressione, con altri (anche su base volontaria e incentivata) in grado di certificare la qualità delle prestazioni lavorative, gli impatti ambientali, e costruire un "marchio di qualità sociale";
b. è stato adottato, nella seduta del 21 Dicembre 2000 dalla Conferenza Stato-Regioni specifico accordo sul tema della promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro e dell’emersione dal sommerso;
c. il Consiglio regionale ha approvato in data 19 aprile 2001 una risoluzione con la quale si condividono le scelte di fondo proposte dalla Giunta regionale ed in particolare dà mandato a quest'ultima di:
o adottare il Programma di intervento integrato per la promozione della sicurezza, della regolarità e della qualità sociale delle condizioni di lavoro in Emilia-Romagna, e di sostenere, in particolare, il coinvolgimento delle Parti sociali e degli Enti locali, garantendo un alto grado di integrazione e coordinamento tra le istituzioni competenti;
o assumere misure attuative coerenti con dette linee e con gli obiettivi fissati, anche attraverso la promozione di specifiche intese con le istituzioni competenti, patti territoriali e/o settoriali, accordi con le Parti Sociali;
o riferire, annualmente, al Consiglio in merito alle iniziative adottate ed ai risultati raggiunti;
d. la L.R. n. 25 del 1998, individua fra le funzioni dell’AERL sia la gestione del "Sistema Informativo lavoro", in attuazione del D.Lgs. 469/97, prevedendo la possibilità di realizzare collegamenti con il sistema informativo nazionale, nonché, anche mediante convenzione, con altri
sistemi informativi, sia iniziative dirette alla semplificazione delle procedure amministrative attinenti la gestione del mercato del lavoro, sia attività di analisi delle tendenze e dei fenomeni relativi al mercato del lavoro, ivi compreso il monitoraggio degli ammortizzatori sociali e delle forme contrattuali di lavoro e in particolare i lavori atipici, gli orari e le condizioni retributive, lo svolgimento di studi e ricerche, raccordandosi, a tal fine con le iniziative poste in essere da soggetti pubblici e privati in materia di rilevazioni socio-economiche;
e. nell’ambito del processo di implementazione del Sistema Informativo Lavoro (SIL) possono essere previste azioni dirette a collaborazioni relative all’accesso alle banche-dati del sistema dei servizi per l’impiego da parte di altri soggetti istituzionali e/o l’accesso da parte dei titolari dei servizi per l’impiego a banche-dati di altri soggetti istituzionali, nonché la collaborazione e lo scambio di informazioni e dati tra i medesimi soggetti;
f. nell’ambito dello sviluppo dei nuovi servizi per l’impiego è opportuno dar luogo, ove possibile, ad una offerta di servizi sempre più integrati e fruibili ai lavoratori ed alle imprese, anche prevedendo la possibilità di far interagire negli stessi spazi fisici servizi di contenuto contiguo, rivolti alle medesime tipologie di utenti, al fine di facilitare e velocizzare l’accesso ai servizi stessi da parte di questi ultimi;
g. nell’ambito del processo di implementazione del SIL possono essere previste azioni dirette a collaborazioni relative all’integrazione del sistema informativo dei servizi per l’impiego con basi dati di altri soggetti istituzionali, all’accesso coordinato alle relative banche-dati, nonché la collaborazione e lo scambio di informazioni e dati tra i medesimi soggetti per analisi congiunte su materie di comune interesse;
h. la Giunta della Regione Emilia-Romagna nell'Accordo siglato il 14 /2/2000 con le Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL e UIL e le Associazioni Alai, Nidil e Cpo sul lavoro atipico si impegna ,inoltre, a disporre di strumenti adeguati di analisi e di monitoraggio del fenomeno del lavoro atipico e autonomo allo scopo di costruire un insieme organico ed efficace di politiche e di servizi;
i. la normativa nazionale e regionale sul collocamento mirato individuano forme di agevolazione nei confronti dei datori di lavoro, rinviando, per la loro erogazione, ad apposite convenzioni con gli enti di previdenza;
j. il Decreto Legislativo n° 196 del 23 maggio 2000 prevede che alla consigliere di parità, istituta con L.125/91, sia fornito il supporto tecnico necessario alla rilevazione di situazioni di squilibrio di genere, all’elaborazione dei dati contenuti nei rapporti sulla situazione del personale, alla promozione di piani di formazione e riqualificazione professionale, alla promozione di progetti di azioni positive;
k. il Decreto legislativo n° 286 del 1998 prevede che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere sul territorio nazionale per motivi di lavoro competa al Governo nazionale, tenendo conto delle indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro sull’andamento territoriale dell’occupazione e della disoccupazione, nonché del numero dei cittadini non appartenenti all’Unione europea iscritti nelle liste di collocamento;
PRESO ATTO
della necessità di supportare le attività dei soggetti addetti al governo del mercato del lavoro con iniziative volte e studiarne i caratteri e le tendenze evolutive, a monitorare le relative politiche e a valutarne l’efficacia e l’impatto;
RITENUTO
quindi, necessario dare luogo ad una specifica intesa interistituzionale diretta alla complessiva qualificazione del lavoro, comprendendo in essa anche l’inserimento dei cittadini stranieri, la regolarizzazione, la sicurezza e la promozione della stabilizzazione delle condizioni di lavoro, nonché alla semplificazione amministrativa e ad una migliore fruibilità dei servizi e delle informazioni da parte degli utenti, anche tramite l’azione coordinata di diversi enti e soggetti istituzionali che operano nei confronti dei lavoratori e delle imprese;
VALUTATO
a tale fine, opportuno:
- coordinare gli interventi diretti alla promozione della salute e della sicurezza nel lavoro, al contrasto dell’irregolarità delle condizioni di lavoro, alla diffusione della cultura della sicurezza, della legalità e della qualità del lavoro, favorendo la piena e più efficace attuazione dei relativi strumenti normativi ed attuativi,
- sostenere la realizzazione di un sistema informativo coordinato ed integrato sul lavoro,
- favorire lo sviluppo di studi e ricerche sul mercato del lavoro e di azioni di monitoraggio e valutazione, in un’ottica di genere,
- sostenere lo sviluppo delle azioni positive per favorire la realizzazione delle pari opportunità nel lavoro,
- facilitare i processi di emersione dalle condizioni di irregolarità, in particolare dei soggetti e delle imprese più deboli,
- sostenere la qualificazione dei servizi pubblici per il lavoro e/o di sportelli unici, arricchendo l’offerta delle attività rivolte ai lavoratori, ai disoccupati, alle imprese,
- facilitare i processi di transizione al lavoro in particolare da parte di soggetti in condizione di svantaggio,
- coordinare le attività volte a definire e quantificare il fabbisogno, per motivi di lavoro, di cittadini stranieri provenienti da Paesi esterni all’Unione europea,
- semplificare le procedure di accesso alle agevolazioni rese disponibili a livello nazionale, regionale e comunitario,
stabilendo, altresì, di definire, per il perseguimento di questi obiettivi, modalità di lavoro comuni; SENTITE
Le Provincie e le parti sociali, avendo, a tale riguardo acquisito il parere del CCI e della CRT di cui alla L.R. 25/98 nonché del Comitato per la sicurezza di cui all’art. 27 del D.Lgs. 626/94; CONVENGONO
di dare luogo a specifico protocollo d’intesa per la qualificazione del lavoro in Emilia-Romagna, articolato secondo quanto segue:
1. Finalità
1.1 Il presente protocollo è finalizzato ad orientare l’attività istituzionale delle parti contraenti, d’ora innanzi indicati come “Enti”, all’obiettivo generale della qualificazione del lavoro in Emilia- Romagna e della semplificazione amministrativa dei servizi ad esso connessi.
1.2 A tale fine, per l’attività svolta dagli “Enti”, vengono individuati i seguenti obiettivi specifici:
a. coordinamento degli interventi diretti alla promozione della salute e della sicurezza nel lavoro, alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, al contrasto dell’irregolarità delle condizioni di lavoro, alla diffusione della cultura della sicurezza, della legalità e della qualità del lavoro, favorendo la piena e più efficace attuazione, anche in sede locale, dei relativi strumenti normativi ed attuativi;
b. integrazione, graduale e continua, dei differenti sistemi informativi e l'avvio di attività di studio congiunto dei caratteri e delle tendenze evolutive del mercato del lavoro, anche in relazione all’individuazione e alla quantificazione, per motivi di lavoro, del fabbisogno di cittadini stranieri provenienti da Paesi esterni all’Unione europea;
c. realizzazione, gestione ed implementazione di un archivio unico a livello regionale contenente il dettaglio delle informazioni relativi all'universo dei cittadini e delle imprese;
d. automazione delle modalità di trasmissione delle pratiche amministrative e delle informazioni dal soggetto impresa verso la pubblica amministrazione, tra enti all'interno della pubblica amministrazione;
e. realizzazione di un sistema informativo coordinato ed integrato sul lavoro;
f. sviluppo di studi e ricerche sul mercato del lavoro e di azioni di monitoraggio e valutazione, in un’ottica di genere;
g. sostenere lo sviluppo di azioni positive volte a favorire le pari opportunità nel lavoro;
h. facilitazione dei processi di emersione dalle condizioni di irregolarità nel lavoro, in particolare
dei soggetti e delle imprese più deboli, anche attraverso interventi di carattere territoriale;
i. qualificazione dei servizi pubblici per il lavoro e/o di sportelli unici, arricchendo, con iniziative raccordate con i territori, l’offerta delle attività rivolte ai lavoratori, ai disoccupati, alle imprese;
j. facilitazione dei processi di transizione al lavoro, in particolare per i soggetti in condizione di svantaggio;
k. semplificazione delle procedure di accesso alle agevolazioni rese disponibili a livello nazionale, regionale e comunitario;
2 Ambiti di lavoro
2.1 In ordine alle finalità ed agli obiettivi specifici di cui al punto 1. vengono definiti i seguenti possibili ambiti di collaborazione:
. attività di monitoraggio, verifica e controllo,
. erogazione di agevolazioni e di servizi alle imprese, ai lavoratori ai disoccupati,
. realizzazione di servizi integrati e/o coordinati,
. messa in rete e integrazione delle banche dati (data ware house), nonché servizi di analisi comparata dell’archivio integrato realizzato dagli enti,
. formazione degli operatori,
. analisi e studio dei fenomeni.
2.2 In relazione agli obiettivi richiamati possono essere altresì individuati ulteriori terreni di lavoro. 3 Modalità di lavoro
3.1 Le finalità e gli obiettivi specifici di cui al punto 1. vengono perseguite ricercando forme e modalità di lavoro comune.
3.2 A tale riguardo, relativamente agli ambiti di intervento di cui al punto 2., potranno essere adottati dagli Enti (tutti o parte) specifici atti di regolazione degli impegni, prevedendo, altresì, qualora se ne verifichi la necessità, la partecipazione, anche in ambito locale, di ulteriori soggetti.
3.3 Tali atti si configurano come specifiche convenzioni di carattere tematico, nelle quali occorre, in ogni caso, precisare:
. gli impegni assunti dalle diverse parti,
. le modalità di realizzazione,
. l’assegnazione della responsabilità di coordinamento delle iniziative previste,
. l’indicazione dei referenti tecnici rappresentanti gli Enti,
. le modalità di monitoraggio,
4. Funzioni di indirizzo e coordinamento, monitoraggio e valutazione
4.1 È istituito un Comitato di indirizzo e valutazione delle iniziative di cui al presente protocollo, presieduto dal Presidente della Regione Emilia-Romagna o da suo delegato e costituito, inoltre, da due rappresentanti per ognuna degli Enti. La Regione Emilia-Romagna si impegna, inoltre, a garantire la partecipazione ai lavori delle diverse responsabilità di settore interessate dal presente protocollo. In ragione dei temi trattati, su iniziativa degli Enti, possono partecipare ai lavori del Comitato di Indirizzo anche figure tecniche interessate.
4.2 Il Presidente della Regione Emilia-Romagna esercita, inoltre, la funzione di coordinamento degli interventi, svolti autonomamente dagli Enti nell’ambito dei propri compiti, diretti:
. alla qualificazione e regolarizzazione del lavoro,
. all’emersione dal sommerso,
. alla promozione della sicurezza nel e del lavoro,
. alla qualificazione di forme di lavoro autonomo,
. alla semplificazione delle procedure di accesso alle agevolazioni rese disponibili a livello nazionale, regionale e comunitario.
4.3 È istituito un Comitato di supporto e monitoraggio delle iniziative di cui al presente protocollo, costituito con atto regionale, e composto da almeno due componenti per ognuna degli Enti, assicurando, in ogni caso, la partecipazione ai lavori delle diverse responsabilità di settore interessate dal presente protocollo.
4.4 I Comitati di cui ai punti 4.1 e 4.3 possono inoltre essere integrati da rappresentanti degli Enti
Locali, o di altre articolazioni degli Enti.
4.5 Il comitato di supporto e monitoraggio produce semestralmente un rapporto delle attività svolte, da presentarsi al Comitato di Indirizzo e valutazione, il quale, altresì, riferisce periodicamente agli organi delle parti contraenti.
5. Supporto tecnico, finanziario ed organizzativo
5.1 La Regione Emilia-Romagna svolge funzioni di assistenza e segreteria tecnica al presente protocollo.
5.2 La Regione si impegna altresì a prevedere adeguate forme di supporto, in termini finanziari, organizzativi, logistici, patrimoniali e strumentali alle iniziative previste ed a precisare le forme di questo impegno nelle singole convenzioni tematiche che verranno prodotte.
Giunta regionale
Linee regionali d’intervento
per la promozione della sicurezza, della regolarità e della qualità sociale
delle condizioni di lavoro in Emilia-Romagna
Presidenza della Giunta Assessorato alla Sanità
Assessorato alla Scuola, Formazione professionale, Università, Lavoro, Pari Opportunità Assessorato alle Attività produttive, Sviluppo economico e Piano telematico
Linee regionali d’intervento
per la promozione della sicurezza, della regolarità e della qualità sociale delle condizioni di lavoro in Emilia-Romagna
0. Premessa 1
1. I perché dell’intervento 5
2. Lo scenario di riferimento 8
2.1 Qualità, sicurezza, regolarità e decentramento delle competenze: il ruolo degli enti locali, il nuovo valore della concertazione 8
3. I fenomeni in Emilia-Romagna 11
3.1 Il lavoro sommerso 11
3.2 Sicurezza delle condizioni di lavoro e infortuni 18
4. Un piano d’azione a scala regionale 26
4.1 Integrazione delle strategie, dialogo con le parti sociali, coordinamento degli interventi 26
4.2 Le linee guida per un programma di intervento regionale 27
4.2.1 Il ruolo del DPEF 27
4.2.2 Finalità, obiettivi, ambiti di intervento 29
4.2.3 Gli attori 33
4.2.4 Le azioni e le risorse 34
5. I Progetti 35
5.1 Sicurezza 35
5.2 Chiaro e regolare: repressione ed emersione del sommerso, promozione della sicurezza, qualificazione del lavoro 44
5.3 Programma per gli investimenti in qualità ambientale e sicurezza del lavoro e per un piano qualità regionale 47
6. ALLEGATO: un'iniziativa per il settore delle costruzioni: lo snodo degli appalti pubblici; il progetto A.U.S.I.L.I.A.R.E. (Azioni Unitarie per la Sicurezza le Imprese il Lavoro le Istituzioni e gli Appalti pubblici nella Regione Emilia-Romagna) 49
Linee regionali d’intervento per la promozione della sicurezza, della regolarità
e della qualità sociale delle condizioni di lavoro in Emilia-Romagna
Premessa
Il Ministro del lavoro (che, dal 2 giugno 2000, esercita per delega i poteri del Presidente del Consiglio per la realizzazione del Piano straordinario per la sicurezza del lavoro) e le Regioni e Province autonome hanno siglato, il 21 Dicembre 2000, un accordo che conclude una discussione iniziata tra le istituzioni nazionali e territoriali e che realizza uno dei punti più significativi degli impegni individuati in “Carta 2000”: il rafforzamento della strategia di “integrazione, cooperazione e coordinamento” tra le istituzioni nazionali e quelle regionali “al fine di rendere più efficace l’azione di prevenzione e vigilanza” sui fenomeni che attengono direttamente e indirettamente la salute e la sicurezza del lavoro e di “supporto ai processi di emersione”, stabilendo inoltre di “utilizzare tal fine le risorse rispettivamente a loro disposizione”.
Al Ministro del lavoro (in quanto esercita per delega le funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri nel coordinamento di tutte le amministrazioni aventi competenza in materia) d’intesa con la Conferenza dei Presidenti delle regioni, il compito di emanare successivamente “con apposito atto:
- le linee di programmazione generale,
- gli indirizzi e gli obiettivi strategici,
- i livelli minimi di intervento,
- le modalità per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di prevenzione che consentano alle regioni di predisporre le politiche preventive di intervento sul proprio territorio”.
Il Documento congiunto fa scelte fortemente orientate a definire strategie di prevenzione adeguate
ai bisogni di prevenzione manifestati sia dalle imprese che dai lavoratori, anche tramite le loro organizzazioni e associazioni, e in particolare evidenzia la necessità:
- di coniugare la vigilanza sulla applicazione della normativa sulla salute e la sicurezza del lavoro con la capacità delle istituzioni di fornire supporto e sostegno alle imprese e ai lavoratori,
- di un forte e ben orientato coordinamento istituzionale sui tema della sicurezza e sugli aspetti ad essi connessi come lavoro irregolare e lavoro sommerso,
- di valorizzare il ruolo delle parti sociali,
- che il sistema scolastico e dell’istruzione svolga appieno il proprio ruolo nel far crescere adeguatamente nel nostro paese la cultura della prevenzione,
- che resti centrale il ruolo delle istituzioni previste nell’ambito del Sistema sanitario nazionale e in particolare che si rafforzino su tutto il territorio nazionale i Dipartimenti di prevenzione delle A USL.
Tenendo conto delle diverse attribuzioni di compiti e funzioni che la normativa vigente attribuisce a Governo, Parlamento, Regioni e Province autonome in merito alle problematiche relative alla tutela della salute e della sicurezza del lavoro, il Documento congiunto, offrendo un quadro di sintesi delle responsabilità dei diversi livelli istituzionali e delle connessioni tra la competenze delle istituzioni nazionali e territoriali, definisce, inoltre, alcune modalità procedurali e di rapporti che, se concretamente realizzate, potrebbero effettivamente risolvere molti dei problemi di non comunicazione tra le diverse istituzioni e tra i diversi livelli delle istituzioni che è problema denunciato da molti e che, fino ad oggi, ha impedito la definizione e la gestione di un Programma nazionale per la riduzione degli infortuni e delle malattie professionali e il miglioramento delle condizioni di lavoro.
In merito ai rapporti tra le istituzioni vale la pena di ricordare sinteticamente alcune delle più significative decisioni assunte:
- il Coordinamento di tutti gli enti ed istituti che hanno competenze dirette o indirette sulle questioni che attengono la prevenzione dei rischi del lavoro si attua tramite i Comitati regionali di coordinamento previsti dall’art. 27 del D.Lgs.626/94.
Il Coordinamento è attribuito “in capo al Presidente della Giunta regionale e della Provincia autonoma”; il coordinamento regionale delle iniziative rivolte all’informazione, alla formazione, all’assistenza ed alla vigilanza dei fenomeni connessi alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ed all’emersione del lavoro irregolare viene attuato attraverso il comitato di cuia ll’art. 27 del D.lgs. 626/94, il quale, nel proprio operato, tiene conto anche degli indirizzi forniti dalla specifica commissione regionale per il sommerso di cui all’art. 78 della L. 448/98,
- i Comitati regionali “nella predisposizione delle proposte di politica preventiva di livello regionale tengono conto degli indirizzi e degli obiettivi strategici individuati dal Governo e dal Parlamento” ,
- Governo e Parlamento a loro volta formuleranno tali indirizzi “sulla base:
. delle indicazioni della Commissione centrale di vigilanza (per la repressione del lavoro non regolare e sommerso) di cui all’art. 79 della legge 488 del 1998,
. della Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 26 del D.Lgs.626/94,
. del Comitato e delle Commissioni di cui all’art. 78 della legge 488 del 1998 (Comitato nazionale e commissioni regionali per l’emersione del lavoro non regolare)”.
- ai fini del concreto funzionamento dei Coordinamenti a livello regionale e provinciale viene ribadito che è alle Aziende USL che “compete di rendere operativi gli indirizzi regionali provvedendo alla destinazione finale delle risorse assegnate dalle Regioni in modo finalizzato per la prevenzione nei luoghi di lavoro potenziando tutti gli interventi rivolti alla informazione, formazione, assistenza, vigilanza e controllo sul rispetto delle norme di prevenzione poste a tutela della salute dei lavoratori”; mentre saranno gli altri enti o istituti, che hanno competenze collegate anche indirettamente con la tutela della salute dei lavoratori, a dover ricercare e curare ”il collegamento al momento della programmazione e della realizzazione degli interventi con le
Aziende USL che hanno la titolarità primaria nell’ambito della salute dei lavoratori”
- Governo e Regioni dovranno, in seguito, per rendere operative le decisioni assunte, stabilire le modalità con cui le strutture periferiche di Enti centrali si integrano nella programmazione operativa (direzioni regionali e provinciali del lavoro, Inps, Inail, Guardia di Finanza e VV.FF) definita a livello regionale.
Sarà il Ministro del lavoro ad emanare apposite direttive per favorire sia la stipula di specifici protocolli d’intesa tra le regioni, l’Inps e l’Inail e per stabilire che le strutture periferiche ministeriali e degli istituti centrali attuino i programmi concordati a livello regionale.
- Governo e Regioni dovranno rapidamente realizzare il protocollo quadro previsto da Carta 2000, da implementare a livello regionale e locale, per definire le procedure di consultazione preventiva e tempestiva delle parti sociale e degli organismi di cui all’art.20 del D.Lgs.626/94,
- Governo e Regioni si impegnano a potenziare in modo consistente gli apparati destinati a svolgere le azioni di informazione, sviluppando appositi sportelli integrati, anche presso lo Sportello unico per le imprese di cui al D.Lgs.112/98 e quelle di vigilanza
Si prevede inoltre:
- l’aumento del controllo sugli aspetti attinenti alla regolarità contributiva e dei rapporti di lavoro da attuarsi con il rafforzamento degli organici degli enti preposti,
- l’adeguata considerazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale al fine di consentire il pieno rispetto della quote riservate alla prevenzione e alle azioni di vigilanza conseguenti, secondo le indicazioni del Piano sanitario nazionale,
- la reciproca messa a disposizione degli archivi dei vari enti che hanno competenza sulla regolarità e sicurezza del lavoro in modo da poter acquisire elementi conoscitivi nuovi finalizzati alla programmazione delle attività,
- la sistematica informazione agli altri enti dell’attività svolta nei confronti delle imprese da parte degli organi ispettivi in modo da fornire elementi utili alla programmazione delle attività,
Verranno individuati i settori a rischio più rilevante al fine di programmare interventi integrati fra i vari enti che hanno competenze in materia anche utilizzando archivi Inps e Inail nel campo della assistenza, e informazione e informazione, puntando a una più stretta collaborazione tra soggetti pubblici e privati, saranno definite, nell’ambito di priorità operative a livello territoriale, iniziative rivolte ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, lavoratori, imprenditori e tecnici, medici competenti, coordinatori per la progettazione coordinatori per l’esecuzione dei lavori.
Saranno, inoltre, programmati specifici interventi di formazione per la sicurezza sul lavoro rivolti alla scuola dell’obbligo e secondaria, all’apprendistato e alla formazione professionale.
Governo e Regioni si impegnano, infine, a definire le linee generali delle iniziative di sostegno alle imprese finalizzate al miglioramento delle condizioni di lavoro:
- il Ministro si impegna a far sì che nel bilancio dello Stato sia previsto un apposito Fondo per le piccole e medie imprese, da ripartire e gestire a livello regionale, volto a sostenere piani di adeguamento e il raggiungimento di più elevati livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro e le misure rivolte all’emersione del lavoro irregolare.
- Il fondo potrà essere integrato dalle Regioni con risorse proprie e sarà “ripartito sulla base dei criteri essenziali e tali da premiare il congiunto impegno regionale”.
- Le Regioni determineranno gli ulteriori criteri per la individuazione dei beneficiari. Una quota del fondo sarà rivolta alle iniziative rivolte alla formazione e allo sviluppo di informazione e di cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Occorre, inoltre, ricordare che il Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato nella seduta del 21 dicembre 2000 (oggetto 912) una risoluzione “intesa al varo di un ‘pacchetto sicurezza’ per ridurre gli infortuni sul lavoro” impegnando, inoltre, la Giunta ad assicurare il pieno coinvolgimento delle parti sociali e degli enti competenti.
I perché dell’intervento
Questa proposta intende corrispondere all’obiettivo di definire una strategia istituzionale ed attuativa diretta alla realizzazione di un programma coordinato ed integrato, a scala regionale, per qualificare il lavoro in Emilia-Romagna, vale a dire per rendere le condizioni di lavoro e le produzioni della nostra regione sicure, regolari, rispondenti a clausole sociali, e tali da ridurre la precarietà delle prestazioni.
Il programma non si configura come un’iniziativa regionale, ma a scala regionale, poiché la complessità degli obiettivi, degli ambiti di intervento, delle attività, l’insieme articolato dei soggetti e degli attori coinvolti, l’esigenza di assicurare un forte grado di condivisione e di fiducia da parte delle istituzioni e dei privati, siano questi imprese, lavoratori o consumatori richiedono la partecipazione attiva di più soggetti e livelli istituzionali, delle parti sociali, dell’associazionismo, dei singoli e del mondo economico e produttivo. Significativo, a tale riguardo, può essere un intervento sul ruolo del committente pubblico e sulle sue responsabilità come promotore nel settore dei lavori pubblici.
Con l'espressione " a scala regionale" ci si riferisce esplicitamente al tema del rapporto tra azioni di governo e sistema di governance.
Se si sceglie questo approccio allora il problema chiave affinché il programma risulti credibile è la definizione di modalità operative, assieme agli obiettivi, che consentano la partecipazione sia degli attori che dei recipienti delle azioni indicate nel programma. Le metodologie operative riguardano due distinti problemi:
(a) Come progettare le azioni da intraprendere;
(b) Come realizzare le azioni così progettate.
Il programma indicherà quindi soluzioni per entrambi i problemi a partire dalle esperienze realizzate in Europa nel corso dei diversi programmi quadro di ricerca e dei piani del fondo sociale europeo.
In queste esperienze spicca, in relazione al problema (b) il ruolo del cosiddetto networking, cioè la creazione di una opportunità di cooperazione tra un gruppo ristretto di soggetti, su un problema esattamente individuato, nella convinzione che questi interagendo tra loro, possano definire regole e procedure di integrazione da assumere poi come standard generalizzabile.
L’esigenza di un programma di intervento per la qualificazione (sicurezza, regolarità, superamento della precarizzazione) del lavoro si propone con forza in un territorio contrassegnato da anni da indici di sviluppo ed occupazionali al di sopra della media nazionale e della UE e per il quale si può oggi parlare di piena occupazione.
L’attenzione può essere orientata verso iniziative dirette non tanto, o non solo e non più, ad obiettivi di natura quantitativa, ma anche a migliorare le condizioni complessive di lavoro.
Occorre, infatti, considerare che, a fronte dei risultati raggiunti sul piano dell’occupazione, si registrano fenomeni che determinano preoccupazioni. Questo vale sia per quanto attiene direttamente gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sia per la crescita del rischio di lavoro non protetto, non regolare, sommerso o illegale.
Le difficoltà nel reperimento di manodopera, la crescita dei flussi migratori verso l’Emilia- Romagna, la progressiva concentrazione della disoccupazione nell’area della disoccupazione di
lunga durata e/o delle condizioni di disagio sono alcuni degli aspetti che rischiano di favorire condizioni di insicurezza ed irregolarità, determinando, inoltre, condizioni pesanti di violazione del regime di libera (e corretta) concorrenza.
Una prima conclusione porta ad affermare che oggi si può agire nella direzione della qualità e della regolarità del lavoro e che si deve agire per assicurare condizioni di legalità, sicurezza, libera concorrenza.
Il problema diventa quindi quello di identificare dove e come applicare l’iniziativa affinché si possano avere effetti misurabili a breve ed a medio termine e si determini un circuito virtuoso, un sentiero di trasformazione, cioè, in grado di avviare un processo di miglioramento che si autosostiene. Per realizzare questa condizione è necessario, premessa la capacità e credibilità del sistema pubblico di reprimere i comportamenti illeciti e di promuovere la regolarizzazione del lavoro, che vi sia un reale coinvolgimento attivo di tutti gli attori sociali ed economici che giungano a considerare tale situazione, contemporaneamente un vincolo sociale ed un’opportunità di crescita; tale orientamento andrà sostenuto dall’attività legislativa ed amministrativa dello Stato e delle Regioni. Si tratta quindi di pensare ad un insieme di azioni, distribuite su diversi orizzonti temporali, connesse e coordinate che vadano oltre il pur necessario compito di monitoraggio, vigilanza e repressione.
Il sistema pubblico ha a disposizione non solo gli strumenti classici delle leggi e di norme amministrative universalistiche, ma anche tutto l’insieme delle politiche di offerta di beni pubblici, anche mirati e tagliati su situazioni particolari, che, come dimostra tutta l’esperienza di governo di in questa regione, sono particolarmente efficaci. Si determina così quel mix di governo e “governance” che ha mostrato il massimo di efficacia nel gestire dei processi di cambiamento.
Le risorse disponibili, quindi, che non siano già destinate ai compiti di controllo, andrebbero finalizzate a questo scopo: identificare i circuiti strutturali che determinano gli effetti collaterali che si vogliono combattere; progettare, in modo partecipato, le politiche e gli strumenti per affrontarli, identificare il ruolo del pubblico, ai diversi livelli dell’amministrazione, e passare alla fase operativa, anche attraverso la definizione di patti, accordi, dichiarazioni di intenti, l’insieme insomma degli strumenti che consentano di coinvolgere tutti e di modificare, per ciò stesso, nel profondo i comportamenti e gli orientamenti collettivi ed individuali.
Una strategia siffatta richiede lo sviluppo di schemi classici di ricerca–azione, che diano quindi risposta ai problemi indicati). Si tratta infatti di sviluppare momenti conoscitivi che siano, in origine concepiti, come una forma di sapere pratico, orientato cioè a produrre una trasformazione condivisa dai portatori di interessi.
Si tratta di processi tutt’altro che banali dato che, in special modo su argomenti come questi, i portatori di interessi hanno posizioni conflittuali e quindi solo una riorganizzazione e trasformazione della situazione di fatto, quindi lo sviluppo di politiche di trasformazione, può determinare situazioni che vedano soluzioni a somma positiva. È bene insistere ancora, su temi così delicati, che tale processo deve considerare il rispetto delle leggi come un vincolo assoluto.
LO SCENARIO DI RIFERIMENTO
0.1 Qualità, sicurezza, regolarità e decentramento delle competenze: il ruolo degli enti locali, il nuovo valore della concertazione
Il lavoro “nero” rappresenta un problema di rilevanza europea. Questo ha portato non solo all’intervento della Commissione, con una specifica Comunicazione, la n. 219 del 7 aprile 1998, ma anche alla previsione di specifiche iniziative nei Piani Nazionali per l’Occupazione, che trattano le misure messe in atto dai diversi paesi europei. In essi vene complessivamente dimostrato l’accoglimento di una nozione “allargata” di lavoro sommerso, tesa a ricomprendere rapporti che
presentano profili di irregolarità, piuttosto che di vero e proprio occultamento alle autorità pubbliche.
In Italia la lotta contro il lavoro sommerso si è concentrata principalmente, fino ad oggi, sulla grave situazione che caratterizza il Sud. Proprio la peculiare situazione di questa ha reso possibile la sperimentazione dei contratti di riallineamento, esperienza unica nel quadro europeo, che ha però suscitato l’attenzione della UE, in particolare per le implicazioni sul piano della concorrenza: non a caso si tratta di uno strumento al quale si è fatto ricorso in forma decrescente. I contratti di riallineamento si inseriscono nel contesto di politiche di fiscalizzazione degli oneri sociali e di sgravi contributivi, con l intenzione di ridurre il costo del lavoro regolare, ridimensionando il cuneo che crea la forte convenienza economica nel ricorso a forme irregolari. La volontà del Governo italiano di proseguire su questa strada per affrontare la situazione critica del Sud è testimoniata dalla proposta di estensione della durata di questi da tre a cinque anni, recentemente ribadita dalla finanziaria per il 2001. È in atto, come noto, su questo punto un confronto con la Commissione europea, soprattutto sulla questione se il lavoro riemerso costituisca o meno nuova occupazione, potendo conseguentemente beneficiare dei provvedimenti appropriati.
La conclusione alla quale si giunge sulla base del confronto con le esperienze di altri paesi, porta a valutare alcune di queste azioni in relazione all’applicabilità nel contesto italiano, in particolare in quelle zone escluse dalla misura dei contratti di riallineamento, quali il Nord e il Centro Italia.
Le azioni possibili per sostenere politiche dirette all’emersione del lavoro sommerso prevedono il ricorso ad un policy mix la cui strumentazione è in larga misura ricondotta, sotto il profilo normativo così come sul piano fiscale o operativo, all’intervento diretto dello Stato.
Non a caso dalla breve sintesi sugli interventi messi in opera a livello della UE e dei singoli Stati membri per favorire l’emersione del lavoro sommerso emerge chiaramente un diretto impegno delle legislazioni nazionali sul fronte contrattualistico, degli sgravi, delle forme di incentivazione e dell’organizzazione delle attività di vigilanza. Emerge però anche un diffuso orientamento a qualificare l’azione dei servizi per il lavoro indirizzandola ad interventi orientati ad evitare l’ingresso dei disoccupati nell’ambito dell’economia sommersa.
Anche in Italia, d’altronde, il recente D.Lgs. 181/2000 ridefinisce lo stato di disoccupazione correlandolo direttamente, anche per le eventuali indennità, alla ricerca attiva di lavoro.
È evidente, comunque, che l’intervento degli Enti locali ed in essi della Regione, complessivamente rafforzato dal processo di decentramento amministrativo innescato dalla L. 59/97, apre spazi significativi per la definizione di strategie di emersione, avendo sempre, comunque, la consapevolezza che soluzioni accompagnate da reali forme di agevolazione per le imprese ed i lavoratori che intendano “emergere” sono oggi non praticabili nel nostro territorio, sul quale non agiscono i contratti di riallineamento, né autonomamente realizzabili allorché si muovano sl versante della fiscalizzazione.
Il c. 4 dell’art. 78 della L. 448/98 dispone la costituzione di Commissioni regionali e provinciali per l’emersione del lavoro irregolare, prevedendo che queste siano composte da 15 membri, sette dei quali rappresentanti le amministrazioni pubbliche competenti ed otto designati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Le funzioni di tali commissioni sono di studio, analisi, monitoraggio, promozione di intese istituzionali, assistenza tecnica etc. Si tratta di compiti non ulteriormente precisati nella legge citata e, in ogni caso, relativi ad una materia sulla quale agiscono prevalentemente strumenti oggi estranei alle competenze regionali e degli enti locali: la vigilanza, proprio a seguito del recente decreto di trasferimento delle competenze ai sensi della “Bassanini”, è pienamente ricondotta alle strutture periferiche del Ministero del Lavoro e gli interventi fiscali, oppure i cosiddetti contratti di
riallineamento sono ovviamente di diretta pertinenza statale.
La Giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha provveduto con la delibera n. 367 del 1 Marzo 2000 a costituire la Commissione regionale ed a disporre i criteri per la costituzione, da parte delle Provincie, delle Commissioni locali.
Nell’ambito delle aree tematiche individuate dall’osservazione del contesto europeo, in particolare, possono essere individuati alcuni obiettivi prioritari, rispetto ai quali sembra imprescindibile l’avvio di un'iniziativa concertativa con le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori, oltre che con eventuali amministrazioni comunali che mostrino interesse all’utilizzo di loro competenze dirette nella realizzazione di questi obiettivi.
Non a caso le indicazioni fornite dalla Commissione regionale per l’emersione del lavoro irregolare individuano alcune linee operative da più linee operative e progetti a medio periodo in particolare per quanto attiene:
. la realizzazione di analisi e studi condotte sui diversi fenomeni, con particolare attenzione al legame con le questioni della sicurezza e degli infortuni sul lavoro, in particolare nei settori più a rischio, anche attraverso specifiche competenze
. la messa in rete delle banche dati degli Enti con funzioni di controllo e vigilanza e l’individuazione di ambiti di priorità per gli interventi di contrasto e vigilanza.
. percorsi formativi comuni per il personale delle Provincie (Centri per l’Impiego), Inps, Inail, Asl,;
. azioni mirate di formazione alla legalità del lavoro, alla sicurezza nei luoghi di lavoro e sull'antinfortunistica, nonché campagne di sensibilizzazione e informazione, ,
. l’affiancamento dei tradizionali strumenti di prevenzione, controllo e repressione, con altri (anche su base volontaria e incentivata) in grado di certificare la qualità delle prestazioni lavorative, gli impatti ambientali, e costruire un "marchio di qualità sociale"
I fenomeni in Emilia-Romagna
0.2 Il lavoro sommerso
Una premessa necessaria: qual è il lavoro irregolare?
Sulla base delle definizioni del Sistema Europeo dei Conti (S.E.C. ’95) , la contabilità nazionale fornisce una misura esaustiva del PIL. in quanto include l’economia irregolare.
Ma come si misura il Prodotto Interno Lordo derivante dall'economia irregolare? E come si individua tale area? In nostro aiuto intervengono alcune definizioni adottate dalle agenzie internazionali che, nel tentativo di classificare l’Economia Non direttamente Osservata (E.N.O.) indicano le seguenti tipologie:
1. Illegale
2. Sommerso
3. Informale
Le attività illegali, a loro volta, sono suddivise in due categorie:
¸ la produzione di beni e servizi la cui vendita e distribuzione o possesso sono proibiti dalla legge;
¸ le attività produttive legali che diventano illegali se esercitate da persone non autorizzate.
Entrambe sono incluse nella misurazione del PIL per la parte consistente in veri e propri processi produttivi, di cui esiste domanda sul mercato e per cui si riscontra mutuo consenso tra compratore e
venditore.
L’attività sommersa fa riferimento, invece, alle produzioni di cui la pubblica amministrazione non ha conoscenza per cause quali:
l’evasione fiscale e/o contributiva;
la non osservanza della normativa contrattuale (relativamente a salario minimo, orari di lavoro, ecc.) e delle regolamentazioni in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro;
la mancanza di permessi e autorizzazioni amministrative.
Si caratterizza, pertanto, per il deliberato intento di violare una normativa senza che però quest’azione rappresenti un illecito penale.
L’economia informale, infine, è composta da unità economiche di modeste dimensioni, caratterizzate da:
ÿ basso livello di organizzazione;
ÿ minima divisione tra capitale e lavoro;
ÿ relazioni di lavoro basate su occupazione occasionale, ovvero su relazioni parentali e non formali. Appartiene, infatti, al settore famiglie e non può essere associata a specifiche unità produttive.
A fronte di questi tentativi definitori, i concetti di “lavoro nero”, “lavoro sommerso” e “lavoro deregolamentato” comprendono realtà diverse, in quanto il loro significato dipende dal punto di vista adottato: vi è sommerso ai fini fiscali; uno ai fini contributivi; un lavoro nero per la mancata osservanza delle norme sui minimi salariali, sugli orari, sulla sicurezza; un sommerso connesso con la mancanza delle autorizzazioni previste per l’esercizio di specifiche attività, ecc..
Si può distinguere, altresì, un “sommerso d’azienda” e un “sommerso di lavoro”: nel primo caso sono sconosciuti alle istituzioni sia l’impresa sia il lavoratore; nel secondo caso, invece, le aziende regolari utilizzano manodopera non regolare oppure occultano parte delle prestazioni dei lavoratori. Le indagini realizzate di recente, inoltre, che hanno interessato varie realtà territoriali e/o settoriali del Paese , evidenziano come il sommerso assuma forme diversificate e mutevoli nel tempo.
Costituisce, in effetti, un modo, una strategia, attraverso cui l’impresa si adatta alle condizioni sia locali sia globali. Si può affermare, in linea generale, che qualora voglia incrementare la produttività degli investimenti ricorrerà maggiormente al doppio lavoro, allo straordinario, al lavoro autonomo professionalizzato, alle forme flessibili di assunzione e queste, interagendo con le normative, possono provocare una crescita dell’economia sommersa. Se l’obiettivo primario è, invece, abbattere il costo del lavoro e/o l’insieme dei costi di gestione, tenderà a ricorrere più al lavoro nero “tradizionale” o al lavoro “atipico” di medio-bassa qualifica.
Affrontare il tema del lavoro irregolare, nero o sommerso e tentare di misurarne la diffusione è, pertanto, fortemente condizionato dalla definizione che si vuole adottare e alle priorità e agli obiettivi da perseguire.
Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, allo stato attuale non sono disponibili risultati di indagini recenti che ci consentono di comprendere appieno quanto è diffuso il lavoro irregolare e quali caratteristiche assuma. Possiamo ricorrere solo a alcune stime desumibili dalle rilevazioni condotte dell’Istat, che sono di seguito riportate, derivando, poi, alcune ulteriori informazioni di rilievo dalle ricerche sul campo e dagli studi svolti a scala nazionale.
Un tentativo di individuare e misurare il lavoro non regolare
Sul tema del sommerso, nell'ultimo quinquennio sono stati prodotti molti studi e lavori che hanno tutti come base quantitativa di partenza le elaborazioni effettuate dall'Istat.
La metodologia messa a punto dall’Istituto di statistica è centrata su una serie ampia di banche dati,
il cui numero denota la complessità nello studiare il fenomeno. In specifico esse sono di fonte:
_ diretta Istat:
_ Contabilità Nazionale dello Stato;
_ Censimento della Popolazione;
_ Censimento dell’Industria e dei Servizi;
_ Censimento dell’Agricoltura;
_ Forze di Lavoro;
® Inps con gli archivi per le dichiarazioni sui lavoratori dipendenti e per le Collaborazioni Coordinate e Continuative;
® Ministero delle Finanze per le denunce I.V.A. e le denunce dei redditi;
® Ministero degli Interni per i lavoratori extracomunitari;
® Pubblica Amministrazione con gli archivi sui singoli Ministeri, Ragioneria Generale dello Stato, Corte dei Conti per i costi relativi alla PP.AA.;
® Banca d’Italia per le basi dati del settore del Credito;
® Camere di Commercio per l’archivio A.S.I.A. Archivio Statistico delle Imprese Attive;
® E.N.E.L, SEAT ;
® INAIL.
Inoltre, le stime quantitative prodotte hanno una valenza soltanto nazionale e partono dall’assunzione di una precisa definizione di lavoro irregolare, ove vengono incluse:
v le persone occupate non in modo regolare ai fini contrattuali, fiscali, contributivi, ecc., ovvero in luoghi non riconoscibili;
v le persone residenti che si dichiarano inoccupate pur lavorando alcune ore alla settimana oppure in alcuni periodi (ad esempio, studenti, casalinghe, pensionati, ecc.);
v gli stranieri non residenti e non regolarizzati ai fini del soggiorno;
v le persone che svolgono il secondo lavoro non regolarizzato ai fini contrattuali, contributivi, fiscali, ecc..
Per misurare la diffusione del sommerso in Emilia-Romagna si deve ricorrere, pertanto, a procedure analogiche ed indirette che traggono la loro origine sempre dai dati dell’Istat.
Recenti elaborazioni portano a produrre le seguenti stime, che sono relative al 1997. Gli occupati irregolari in complesso sono:
Valori assoluti Percentuale su occupati
Emilia-Romagna 164.800 9,7
Italia 3.264.000 14,7
Media U.E. 18.000.000 11,5
Agricoltura Industria Altre attività Totale
Emilia-Romagna 37.950 21.420 105.450 164.800
Italia 681.500 511.000 2.072.200 3.264.000
L’incidenza del lavoro irregolare all’interno del singolo ramo di attività è: 3 Agricoltura Industria Altre attività Totale
Emilia-Romagna 33,0% 3,5% 10,9% 9,7%
Italia 54,8% 7,6% 14,6% 14,7%
I dati di livello regionali qui riportati sono tratti da un esercizio svolto, su commessa della Regione Emilia-Romagna, dall'Università di Parma sulla base dei dati Istat disponibili a metà dell’anno 2000
.
Quali altre notizie d’interesse per le policies sono ricavabili da studi di livello nazionale?
Una ricerca di R. Brunetta, indica che il sommerso incide maggiormente in Italia nel settore delle costruzioni e delle opere pubbliche (38,7% di lavoratori irregolari), ove la domanda finale è costituita da grandi commesse oppure frammentata in piccoli lavori di ristrutturazione.
Nell'industria in senso stretto, invece, valori più alti della media si ritrovano nei settori del tessile ed abbigliamento, dei prodotti alimentari, della produzione di macchine per l'ufficio e degli strumenti di precisione. Parrebbe che i motivi siano da ricercare soprattutto nella deverticalizzazione degli impianti industriali e nel conseguente allungamento delle catene di sub-appalto per adeguarsi più velocemente alle fluttuazioni del mercato globale.
Nei servizi, l’irregolarità è maggiormente concentrata nel comparto dei beni di recupero (quali carta, cartoni, abiti, mobili, ecc.), nelle attività ausiliare dei trasporti (come le attività di carico e scarico merci), nel commercio, negli alberghi e pubblici esercizi (tutti questi comparti concentrano un terzo del complesso degli irregolari) e nei servizi sanitari privati (un quarto del lavoro non regolare complessivo) al cui interno ricadono anche i servizi di cura alle famiglie, che hanno fatto emergere una domanda molto diversificata e che sono caratterizzati da una forte intensità di manodopera.
Accanto a questi servizi tradizionali si stanno affiancando servizi più innovativi legati all'espansione delle tecnologie leggere ed alla diffusione dell'information tecnology, che hanno aperto nuove prospettive di lavoro e ove l'incidenza di forme di irregolarità non sono a tutt'oggi pienamente studiate.
Tali risultati trovano conferma anche in un'indagine campionaria, a valenza nazionale, effettuata dall'istituto SWG di Trieste nel giugno 1998 sulla percezione del lavoro nero nei diversi settori economici. Il 41% delle risposte indica l'edilizia quale settore con presenza di lavoratori in nero, seguito dai lavori domestici e di cura con il 35,2%, di riparazione (auto, idraulica) con il 9,3%, dai lavori di produzione di capi d'abbigliamento con il 16,4%, con il 15,1% le ripetizioni scolastiche, il 14,9% delle prestazioni medico-sanitarie, mentre rimangono sotto il 10% le consulenze professionali, la vendita di prodotti porta a porta, la produzione di beni di consumo, le attività commerciali e turistiche.
Nell’ultimo periodo va emergendo, inoltre, accanto all’irregolarità del lavoro, un fenomeno che ha caratteri di preoccupante illegalità: ci si riferisce a quanto denunciato da alcune associazioni di categoria del Nord Est (in particolare dai giovani industriali di Udine), ove operano società “piazziste” che, a fronte di una preoccupante carenza di manodopera locale, collocano nelle imprese lavoratori, per lo più provenienti da Paesi extracomunitari dell’Europa orientale, che sono soggetti a vere e proprie forme di caporalato.
Se i settori economici ove più elevata è l’incidenza del lavoro sommerso paiono sufficientemente evidenziati, almeno a scala nazionale, quali sono i segmenti di popolazione che maggiormente rischiano di esporsi a forme di irregolarità?
I pensionati di certo costituiscono una categoria importante, a causa dei problemi connessi al cumulo - parziale o totale - dei benefici pensionistici con una attività lavorativa. La necessità di poter usufruire di un reddito aggiuntivo rispetto a quello della pensione si è andata via via intensificando e si traduce nel crescente permanere nel mercato del lavoro (ufficiale e non) degli anziani che a causa del divieto di cumulo dei redditi sono spinti verso forme di lavoro sommerso.
Il segmento della popolazione rappresentato dagli immigrati costituisce, altresì, un vasto bacino per impieghi non regolari. Non ci si riferisce, qui, agli stranieri privi del permesso di soggiorno, costretti nell’irregolarità sia in veste di cittadini che di lavoratori. Si pensi, ad esempio, solo ai servizi di collaborazione domestica, di assistenza agli anziani e di cura dei bambini; attività, queste,
in cui il costo relativamente elevati dei salari e delle prestazioni previdenziali, insieme alla crescente domanda che proviene da famiglie con redditi medi, inducono ad indirizzarsi nell’area del mercato nero. Non è da escludere, altresì, che in determinate condizioni anche il lavoratore o la lavoratrice immigrata possa trovare convenienza a “lavorare in nero”, soprattutto se il progetto di immigrazione è limitato nel tempo.
Un ulteriore gruppo a rischio di “esposizione” è rappresentato dai giovani nelle fasi di transizione tra scuola e lavoro, per lo più operanti nel terziario “cittadino”. È questo, in effetti, un comparto fortemente variegato, ove forme di lavoro non regolamentato oppure autonomo possono essere indotte dalla domanda di lavoro e sono considerati dai giovani una modalità d’ingresso nel mercato del lavoro ufficiale. In tal modo le imprese ottengono risparmi di costi, a fronte di un elevato turn over, anche se ci sono fasce di lavoratori privi di adeguata qualificazione professionale che rischiano di rimanere “intrappolati” nel sommerso.
Una prima conclusione
L’uso di una figura retorica, molto usata – lavoro nero – nasconde una difficoltà concettuale: la chiara articolazione, sotto un’nica denominazione, di fenomeni diversi sotto molteplici profili. In prima istanza si indica con l’aggettivo nero un insieme di fenomeni che sfuggono in tutto o in parte a forme di regolazioni sia giuridiche che contrattuali e contributive. E’ chiaro che
l’individuazione anche quantitativa del mix di queste tre fattispecie è di grande rilevanza pratica: un conto è l’evasione totale da ogni sistema regolativo – una vera e propria esistenza clandestina di attività economiche – un conto è la pratica sempre più diffusa di una adesione, formale, a tutti i sistemi regolativi e una contestuale e contemporanea forte evasione, contrattuale e contributiva, attraverso la corresponsione di fuori busta strutturali e di importo eguale o superiore alla paga formalmente denunciata. Si tratta di fenomeni diversi con cause differenti e che richiedono strategie specifiche di intervento. Di qui la necessità prioritaria di un monitoraggio quantitativo del fenomeno realizzato attraverso una regolazione fine che consenta di mettere in evidenza i diversi fenomeni.
Solo su questa base si può definire una lista di priorità individuando le attività, i settori o le aree territoriali nelle quali il fenomeno è più grave e con maggiori conseguenze sociali e danni economici.
In seconda istanza c’è un problema di confini. Fin dove ci si può spingere per proporsi il raggiungimento dell’obiettivo dell’emersione?
Tutte le pratiche riconducibili al lavoro nero sono affrontabili con strategie positive o c’è un nucleo di esse che può essere solo oggetto di repressione?
La risposta a queste domande, assieme alla classificazione dei fenomeni, delimita il campo delle politiche possibili.
Si tratta di riorganizzare il fenomeno, da un punto di vista qualitativo e quantitativo, in relazione alla natura dell’attività svolta. Non può sfuggire, ad esempio, la profonda differenza della situazione dell’insieme delle attività di servizio alle persone da quella del cantiere edile. Nel primo caso, infatti, il fenomeno sembra indicare un area critica nel rapporto tra servizi sociali, reddito delle fasce più deboli della popolazione e differenziali di potere di acquisto a livello internazionale; un intervento correttivo quindi non può ignorare il problema di tutelare congiuntamente chi offre un servizio e chi lo richiede, entrambi in una posizione di grande debolezza sul mercato. Nel caso dei cantieri edili si può individuare il punto critico nei meccanismi di appalto e di scomposizione del ciclo produttivo; si tratta quindi di favorire una razionalizzazione ed un riequilibrio della struttura produttiva.
Inoltre occorre tenere conto dei rapporti tra il lavoro sommerso e le politiche di immigrazione. Da queste considerazioni potrebbe partire un percorso di ricerca - azione con i partner sociali e le istituzioni rappresentate nelle commissioni regionali e provinciali di cui agli articoli 78 e 79 della Legge 23 dicembre 1998, n. 448.
0.3 Sicurezza delle condizioni di lavoro e infortuni
Gli infortuni sul lavoro in Emilia-Romagna:
gli infortuni accaduti negli anni 1996-2000
* Gli infortuni sul lavoro denunciati dalle aziende negli anni 1996-2000 in Italia sono stati costantemente superiori agli 800.000 eventi/anno. In Emilia Romagna, gli infortuni denunciati dalle aziende hanno superato i 118.000 casi/anno
* La Regione Emilia-Romagna si colloca per numero di eventi, tranne che nell’anno 1998, al secondo posto dopo la Lombardia.
Infortuni sul lavoro denunciati dalle aziende per regione ed anno evento (Maschi/Femmine) Province e Regioni 1996 1997 1998 1999 2000
PIEMONTE 77.689 74.281 74.581 75.838 75.630
VALLE D'AOSTA 2.375 2.333 2.295 2.327 2.185
LOMBARDIA 153.618 150.165 153.647 156.068 158.290
LIGURIA 30.164 28.901 28.925 29.502 29.834
TRENTINO ALTO ADIGE 24.394 23.717 23.964 24.961 25.246
VENETO 119.188 117.502 121.709 125.946 123.308
FRIULI V. G. 27.567 26.084 26.865 27.507 29.150
EMILIA- ROMAGNA 126.086 118.938 121.465 127.132 128.292
TOSCANA 71.210 67.983 68.190 69.463 70.827
UMBRIA 17.196 16.428 16.718 17.869 18.241
MARCHE 30.033 29.812 31.661 32.399 33.709
LAZIO 45.248 45.330 46.737 49.336 49.349
ABRUZZO 19.055 17.651 18.665 19.203 20.240
CAMPANIA 31.156 31.308 32.293 33.447 32.862
PUGLIA 36.520 34.540 36.238 39.321 40.742
BASILICATA 6.860 6.956 6.313 6.632 7.143
CALABRIA 10.316 9.947 10.689 11.519 12.099
SICILIA 27.483 27.076 28.630 29.826 29.647
SARDEGNA 13.848 12.771 13.390 13.620 14.021
ITALIA 873.670 845.255 866.495 895.605 904.565
Per infortuni sul lavoro tutelati, secondo quanto definito dall’art.2 T.U. 1124/65, si intendono tutti gli eventi avvenuti:
- per causa violenta e in occasione di lavoro;
- da cui sia derivata la morte o una inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, o un’inabilità temporanea assoluta che comporti l’astensione dal lavoro con prognosi superiore ai tre giorni;
- sono ricompresi tra gli infortuni sul lavoro:
- gli infortuni in itinere (da casa al lavoro o viceversa);
- su strada (alla guida di veicoli o a bordo di veicoli).
Per rappresentare il fenomeno infortunistico è opportuno non prendere in considerazione solo il numero assoluto di eventi (che è estremamente condizionato dall'andamento occupazionale) ma occorre rapportare gli stessi con il numero di addetti operanti nel medesimo settore e periodo di riferimento: tale rapporto (infortuni/addetti x 100) si denomina indice di incidenza (I.I.).
* Nel 1999, in Emilia - Romagna, l’indice di incidenza degli infortuni calcolato su cento lavoratori esposti al rischio è risultato pari ad 5,45. In altre parole nel 1999 sono stati rilevati 5,45 infortuni su
cento lavoratori (non è possibile costruire l’indice sull’anno 2000, poiché non è ancora disponibile il numero di addetti per quell’anno).
Il passaggio dagli infortuni denunciati agli infortuni riconosciuti dall’INAIL
La prima colonna del grafico successivo rappresenta gli infortuni denunciati dalle Aziende in Emilia-Romagna nell’anno 1999 (127.141 eventi).
La seconda il numero di infortuni al netto delle franchigie. Per franchigia si intende un periodo di assenza dal lavoro non superiore ai tre giorni a seguito di infortunio, per il quale l'Inail non corrisponde alcuna prestazione al lavoratore (31.254 eventi).
La terza colonna illustra gli infortuni effettivamente riconosciuti. Sono stati eliminati, oltre agli infortuni in franchigia, gli infortuni esclusi dalla tutela assicurativa: eventi occorsi per mero rischio elettivo, eventi denunciati decorso il termine prescrizionale di cui all'art.112 del T.U. e gli infortuni, a tutt'oggi, ancora in corso di definizione da parte dell'INAIL (76.057 eventi).
La quarta colonna illustra gli infortuni riconosciuti con inabilità temporanea. Per inabilità temporanea s’intende un’inabilità che impedisce al lavoratore infortunato di esercitare il proprio lavoro per un periodo limitato, superiore a tre giorni, durante il quale è erogata una indennità giornaliera, fino alla completa guarigione clinica senza postumi permanenti o con postumi permanenti di grado inferiore all’11% (73.444 eventi).
La quinta colonna illustra gli infortuni riconosciuti con inabilità permanente. Per inabilità permanente s’intende un’inabilità che comporta una riduzione permanente della capacità lavorativa con postumi permanenti di grado uguale o superiore all’11%, per cui viene corrisposta una rendita (2.500 eventi).
La quinta colonna gli eventi mortali (113 eventi).
Di seguito sono illustrati i comparti caratterizzati dal maggior indice di frequenza degli infortuni misurato nell’anno 1999. Al primo posto si colloca la macellazione, quindi la metallurgia (i dati sono riferiti alla Regione Emilia-Romagna).
Il grafico successivo illustra quali sono i comparti lavorativi, in Emilia-Romagna, caratterizzati dal maggior indice di gravità degli infortuni. Al primo posto si trova l’agricoltura quindi le costruzioni (la palificazione fa parte di questo comparto), al terzo la lavorazione legno ed al quarto la metalmeccanica.
Per indice di gravità si intende il rapporto tra le conseguenze degli eventi lesivi indennizzati (integrati per tenere conto dei casi non ancora liquidati) e numero degli esposti. Tutte le tipologie di conseguenze sono espresse in giornate perdute, quantificate sulla base di convenzioni internazionali recepite dall'U.N.I. (Ente Nazionale Italiano di Unificazione):
Va tuttavia svolta una considerazione in merito all’agricoltura, comparto purtroppo caratterizzato dal più alto indice di gravità, così come da un elevato indice di incidenza, e che, comunque, ha registrato un rilevante calo degli infortuni denunciati all’Inail, pari, nel periodo ‘96-’00 al 37% del totale.
E’ sulla base di queste osservazioni che il terzo PSR regionale ha individuato le priorità d’intervento, che sono per l’appunto rappresentate dal comparto agricoltura, costruzioni, legno e metalmeccanica.
Il problema degli infortuni sulla strada: una strategia diversa d’intervento.
L’analisi degli infortuni con postumi verificatisi negli anni 1995-1998 in Emilia Romagna ha evidenziato come circa il 20% di questi sia accaduto sulla strada, mentre il lavoratore era alla guida di un veicolo o a bordo di un veicolo.
TOT. PERMANENTI N. STRADALI PERM. % STRADALI PERM. 1995 2.846 497 17,46
1996 2.844 499 17,55
1997 2.615 531 20,31
1998 2.730 561 20,55
La percentuale è ancora più alta quando si osservino gli infortuni mortali: più del 50% degli infortuni mortali sul lavoro, negli anni 1995-98, è accaduto sulla strada.
TOT. MORTALI N. STRADALI MORTALI % STRADALI MORTALI 1995 120 61 50,83
1996 125 70 56,00
1997 128 90 70,31
1998 127 73 57,48
L’analisi dei determinanti di questi infortuni individua due fattori principali a diversa penetranza: il primo l’organizzazione, il secondo le condizioni del traffico e della strada.
I dati al femminile
Province e Regioni 1996 1997 1998 1999 2000
PIEMONTE 15.798 16.222 16.569 17.867 18.347
VALLE D'AOSTA 467 448 474 541 485
LOMBARDIA 25.507 27.368 29.333 31.891 33.772
LIGURIA 5.742 5.709 5.737 6.397 6.685
TRENTINO-A. ADIGE 4.309 4.284 4.520 5.247 5.144
VENETO 20.999 21.637 23.554 25.585 25.460
FRIULI V. G. 5.670 5.734 6.032 6.457 7.162
EMILIA-ROMAGNA 26.661 26.142 27.468 30.929 31.758
TOSCANA 13.666 13.903 13.719 15.374 16.081
UMBRIA 3.129 3.101 3.257 3.511 3.642
MARCHE 5.606 5.885 6.356 6.700 7.365
LAZIO 9.910 10.489 11.178 11.792 12.837
ABRUZZO 3.253 3.000 3.322 3.552 3.891
MOLISE 587 578 607 658 715
CAMPANIA 4.024 4.084 4.265 4.808 4.893
PUGLIA 5.331 5.671 5.908 6.454 6.491
BASILICATA 966 1.047 921 926 1.079
CALABRIA 1.228 1.448 1.717 1.956 1.971
SICILIA 3.597 4.070 4.634 5.011 5.113
SARDEGNA 1.911 1.999 2.173 2.392 2.570
ITALIA 158.361 162.819 171.744 188.048 195.461
Settori di attività economicaRegione Emilia-Romagna Infortuni denunciati dalle Aziende Anno 1999 Artigiane Non Non In
Solo sesso femminile Artigiane Determinate complesso A AGRINDUSTRIA 2 127 2 131
B PESCA - - 1 1
C ESTRAZ.MINERALI 3 - - 3
DA IND. ALIMENTARE 257 660 6 923
DB IND. TESSILE 299 308 2 609
DC IND. CONCIARIA 77 73 2 152 E ELET. GAS ACQUA - 70 - 70
F COSTRUZIONI 35 93 10 138
G50 COMM. RIP. AUTO 31 71 4 106
G51 COMM. INGROSSO 11 613 4 628
G52 COMM. DETTAGLIO 40 1.664 2 1.706
H ALBERG. E RIST. 20 2.177 - 2.197
I TRASPORTI 54 786 173 1.013 J INTERM. FINANZ. - 293 - 293
K ATT.IMMOBILIARI 191 1.893 13 2.097
L PUBBLICA AMMIN. - 866 14 880
M ISTRUZIONE - 84 10 94
N SANITA' - 2.106 14 2.120
O SERV. PUBBLICI 308 1.019 21 1.348
TOTALE 1.980 15.906 316 18.202
X NON DETERMINATO 7 3 11.720 11.730
IN COMPLESSO 1.987 15.909 12.036 29.932 UN PIANO D’AZIONE A SCALA REGIONALE
0.4 Integrazione delle strategie, dialogo con le parti sociali, coordinamento degli interventi
La Commissione regionale per l’emersione del lavoro irregolare, ha dato corso ad una prima ipotesi di attività, precisando un orientamento diretto, in via generale, alla valorizzazione degli strumenti che l’attuale quadro normativo ci consente.
Il ricorso ad un policy mix consente di individuare alcune linee operative che intervengano sul tema delle banche dati e delle analisi, dei controlli, della comunicazione/informazione/formazione, della qualificazione del lavoro, anche con progetti a medio periodo, in particolare per quanto attiene:
. la realizzazione di analisi e studi condotte sui diversi fenomeni, con particolare attenzione al legame con le questioni della sicurezza e degli infortuni sul lavoro, .
. la messa in rete delle banche dati degli Enti con funzioni di controllo e vigilanza e l’individuazione di ambiti di priorità per gli interventi di contrasto e vigilanza.
. percorsi formativi comuni per il personale delle Provincie (Centri per l’Impiego), Inps, Inail, Asl,;
. azioni mirate di formazione alla legalità del lavoro, alla sicurezza nei luoghi di lavoro e sull'antinfortunistica, nonché campagne di sensibilizzazione e informazione,
. l’affiancamento dei tradizionali strumenti di prevenzione, controllo e repressione, con altri (anche su base volontaria e incentivata) in grado di certificare la qualità delle prestazioni lavorative, gli impatti ambientali, e costruire un "marchio di qualità sociale"
. metodologie di ricerca – azione attraverso la costruzione di reti di sperimentazione ed apprendimento e di momenti partecipativi a livello operativo
Questo insieme di iniziative richiama con forza l’esigenza dell’integrazione delle competenze e delle azioni. Questa indirizzo anima il lavoro condotto sul versante della sicurezza, così come confermato dalle iniziative, adottate anche attraverso convenzioni, accordi, intese di programma fra istituzioni diverse e con le parti sociali. In questa logica acquisisce un valore decisivo il ruolo della bilateralità.
Integrazione delle strategie, dialogo con le parti sociali, coordinamento degli interventi rappresentano fondamentali linee guida di una strategia di intervento, cui aggiungere la promozione di azioni positive (o di politiche attive) dirette non solo a vigilare, monitorare, reprimere, ma anche a favorire i processi di accesso alla regolarità ed alla qualità.
L’esigenza di garantire un alto grado di integrazione degli interventi, valorizzando con ciò le precise indicazioni del nuovo protocollo Stato-Regioni sulla sicurezza, che pone in capo alle Regioni (ai Presidenti) il coordinamento delle iniziative messe in cantiere dai diversi soggetti coinvolti, richiede di definire, anche attraverso accordi formali, un patto di rilievo generale fra le Istituzioni e gli Enti (INPS, INAIL, DRL, strutture e servizi del SSR etc.) che agiscono sulle materie riconducibili agli obiettivi della qualità, della sicurezza e della regolarità del lavoro.
0.5 Le linee guida per un programma di intervento regionale
0.5.1 Il ruolo del DPEF
Se l’integrazione delle strategie, il dialogo con le parti sociali, il coordinamento degli interventi rappresentano fondamentali linee guida di una strategia per favorire la qualificazione del lavoro e richiamano l’esigenza di un approccio orientato alla governance dei processi, il Documento di programmazione economica e finanziaria 2001-2003 costituisce, lo strumento di riferimento per orientare la realizzazione dell’insieme di attività direttamente ricondotte alla Regione. Vengono infatti, individuati specifici piani di lavoro che prevedono l’apporto congiunto e coordinato di
diversi settori dell’amministrazione. La stessa scelta di articolare il DPEF anche attraverso schede d’attività che raccolgono le priorità ed i principali programmi d’azione, frequentemente di natura interassessorile, costituisce un importante segnale ed un punto di riferimento metodologico ed operativo.
IL DPEF dunque costituisce lo strumento di programmazione in base al quale orientare gli interventi promossi e realizzati dalla Regione. Conseguentemente, non può essere vissuto né come un documento autoconsistente, poiché la sua praticabilità è strettamente connessa alla possibilità di correlarsi alle iniziative ed alle azioni svolte da altri livelli istituzionali e da altri soggetti, né come un atto diretto ad intervenire su competenze ed ambiti di intervento ricondotti ad altri attori.
Può comunque, nella definizione di un “programma d’intervento per la regione Emilia-Romagna” rilevare che è lo stesso DPEF a definire un possibile scenario d’azione. Nelle sezioni dedicate a “Sapere e qualità del lavoro” ovvero alle “Sicurezze” vengono precisati questi aspetti.
“Le situazioni di irregolarità, generalmente più diffuse dove il tessuto economico è più debole, tendono complessivamente ad aumentare, sicché non è possibile liquidarle come fenomeno residuale, anzi tendono a convivere, particolarmente in alcuni settori (edilizia, agricoltura, servizi), con le punte più forti dello sviluppo. Esse si segnalano come l’aspetto patologico di una propensione a competere dal lato dei costi che si pone in contrasto con gli indirizzi fondamentali di qualificazione dell’apparato produttivo perseguiti dalla Giunta regionale. La Regione intende affermare una cultura della legalità anche in campo economico, contrastare il lavoro nero e far emergere il sommerso. Già l’insediamento della Commissione regionale per il lavoro irregolare ha delineato linee di intervento operativo in materia di banche dati e analisi dei flussi informativi, dei controlli, della comunicazione/infor-mazione/formazione, della qualificazione del lavoro, anche con progetti di medio periodo. Particolare impegno la Regione svilupperà nella promozione di iniziative volte ad affermare il coordinamento dell’attività delle diverse agenzie/enti preposte alla vigilanza, anche con il sostegno di un’adeguata attività formativa rivolta agli operatori. L’adeguamento dei sistemi informativi e il coordinamento delle attività di vigilanza permetterà di dare efficacia alla scelta di subordinare la concessione di agevolazioni e sovvenzioni di qualunque tipo al rispetto delle norme di legge e dei contratti di lavoro.L’azione di contrasto, prevenzione e controllo, andrà accompagnata dalla promozione della cultura della qualità in campo sociale, anche attraverso la diffusione di forme di certificazione che attestino analogamente al rispetto delle norme tecniche , anche quello delle normative sociali. Particolare attenzione la Regione dedicherà al decollo della nuova normativa in materia di appalti (Merloni ter) , e alla ricognizione degli spazi di iniziativa, anche legislativa, in grado di garantire che nelle attività economiche attivate da risorse pubbliche (appalti di opere e servizi , convenzioni, esternalizzazioni etc.) sia garantito il rispetto della legislazione del lavoro e delle normative contrattuali, in continuità con quanto già realizzato, e in via di realizzazione, con le leggi regionali N. 7/’94, e N.30/’98, N.25/99. L’imminente emanazione da parte della Commissione Europea della Direttiva unificata sugli appalti di lavori, servizi e forniture, potrà essere l’occasione per portare a sintesi questo processo. Ciò appare tanto più necessario anche in relazione alla fase di liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Anche in rapporto alla attività di coordinamento delle Commissioni provinciali la Regione sosterrà la diffusione di Patti territoriali per la legalità e la sicurezza sul lavoro.
“Il problema della sicurezza si propone sotto diversi aspetti. Non esiste infatti solo il tema della sicurezza nelle città, che sicuramente rappresenta uno degli aspetti maggiormente percepiti dalle persone, ma, come anche la cronaca più recente ci indica, molti sono gli aspetti su cui possiamo declinare l’esigenza di avere maggiori certezze maggiori sicurezze. Il bisogno di sicurezza infatti ha a che fare con il diritto delle persone a muoversi liberamente nelle città, ad avere garanzie sui cibi che si consumano, di lavorare in ambienti che non mettano a repentaglio la salute o vita stessa, ad abitare in luoghi che non vengano resi insicuri da interventi umani o che non sono adeguatamente protetti dall’imprevedibilità degli eventi naturali. Rispondere alla domanda di sicurezza delle persone vuol dire in ultima analisi garantire maggiori diritti alle persone e maggiore libertà
Le singole schede prevedono uno spettro ampio di interventi che, anche indirettamente, agiscono
nei processi di qualificazione del lavoro: le azioni dirette all’organizzazione della rete dei servizi per il lavoro, alla riduzione dei tempi di transizione professionale, al governo dei flussi di mobilità possono incidere fortemente sul mercato, riducendo gli spazi per scelte, obbligate o meno, di dequalificazione, irregolarità, illegalità e possono rafforzare i diritti e le facoltà di intervento dei singoli soggetti (lavoratori e imprese). Al di là di questo, può valere la pena riprendere alcune specifiche iniziative previste dal DPEF, quali, fra gli altri:
. Il supporto alla costruzione di archivi unificati per consentire ai cittadini e alla imprese un migliore accesso ad enti quali INPS, esattori, banche ecc. mediante un sistema uniforme, condiviso e semplificato di identificatori e codici.
. La sperimentazione di un percorso per l’emersione del lavoro irregolare
. Lo sviluppo di iniziative di informazione, formazione ed orientamento rivolte ai lavoratori atipici nella dimensione dell’innovazione del mercato del lavoro che punta al rafforzamento delle competenze e a fluidificare i passaggi fra posizioni di lavoro.
. Lo sviluppo di iniziative di informazione, formazione ed orientamento per promuovere il lavoro autonomo professionale.
. Riduzione nel triennio 2000-2002 dell’indice di incidenza degli infortuni di almeno il 10% nei comparti produttivi a maggior rischio.
. Riduzione delle malattie professionali e controllo delle malattie correlate al lavoro.
. Minimizzazione del danno alla salute provocato dagli infortuni sul lavoro.
. Sviluppo e maggiore applicazione dell’ergonomia, che significa il miglioramento delle condizioni di lavoro
. L’estensione dell’attività di vigilanza e controllo ad almeno il 3% delle aziende ed il 15% dei lavoratori, garantendo la dotazione organica necessaria al conseguimento di tale obiettivo
. L’estensione dell’offerta formativa individualizzata sui temi della sicurezza dei lavoratori, prevedendo forme di verifica che coinvolgano le parti sociali
. Interventi di sostegno e investimenti finalizzati alla qualificazione dell’ambiente all’interno ed all’esterno dei processi produttivi, alla sicurezza del lavoro, allo sviluppo di un organico “piano qualità” per sostenere qualificazione e certificazione dei processi produttivi, con partecipazione del lavoratori, certificazioni ambientali e di sicurezza
Da queste indicazioni, oltre che dal lavoro finora svolto, può partire un programma regionale.
0.5.2 Finalità, obiettivi, ambiti di intervento
Le presenti “Linee di intervento” si propongono di favorire e sostenere la qualificazione delle condizioni di lavoro, delle prestazioni professionali e delle produzioni in Emilia-Romagna, e di facilitare l’orientamento in tal senso delle attività svolte dai diversi soggetti, istituzionali e non, coinvolti.
In questa sede il concetto di qualificazione è da intendersi riferita ai terreni della sicurezza, ecosostenibilità, regolarità, coerenza con le “clausole sociali”, valorizzazione delle risorse umane.
Questo progetto, oltre a definire precisi ambiti di coordinamento di tutte le attività di controllo e vigilanza tra i diversi Enti che hanno competenza in materia, si configura come un atto di indirizzo, che agisce direttamente sulle azioni di specifica competenza regionale per promuovere un reale coinvolgimento attivo di tutti gli attori sociali ed economici, riconoscendo il concetto di qualificazione come un vincolo sociale ed una opportunità di crescita. Il progetto propone di conseguenza ambiti di programmazione negoziata sui quali raccogliere le diverse opportunità che possono aprirsi, sulla base di accordi, su specifici territori, settori, obiettivi.
Gli obiettivi specifici dell’iniziativa intervengono su piani diversi, quali:
a. i processi di emersione e repressione delle condizioni di irregolarità
b. la promozione della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro
c. il ruolo dei soggetti pubblici come “committenti” e lo snodo degli appalti pubblici,
d. il coordinamento degli interventi
e. lo sviluppo di un sistema di programmazione negoziata e patti territoriali
Sulla base di questa articolazione, si individuano, di seguito, alcuni obiettivi specifici da perseguire, e, in particolare:
a. per quanto attiene i processi di emersione e repressione delle condizioni di irregolarità
1. la realizzazione di un sistema informativo coordinato ed integrato sul lavoro (SIL, DRL, INPS, INAIL etc.) che confluisca in una iniziativa di informazione e diffusione della conoscenza, anche con l’uso di tecnologie Web, progettato dagli attori sociali ed istituzionali con modalità di progettazione partecipata
2. lo sviluppo di studi e ricerche sui fenomeni del sommerso, sull’organizzazione del lavoro, sulle innovazioni strutturali, comportamentali e tecnologiche che in esso agiscono
3. la realizzazione di attività sperimentali per facilitare l’emersione dalle condizioni di irregolarità nel lavoro, in particolare dei soggetti e delle imprese più deboli, integrando gli strumenti normativi e/o di azioni positive realizzabili in Emilia-Romagna. Questa operazione non si propone di comprendere solo azioni direttamente attivate dalla Regione, ma intende interagire con, sollecitare e promuovere singole esperienze ed opportunità presenti o attivabili nei territori
4. l’introduzione di standard di “qualità sociale” per le imprese dell’Emilia-Romagna, prevedendo forme e modalità di sostegno per i soggetti che stabiliscano di volere accedere al marchio
5. il supporto alle azioni di pianificazione degli interventi di vigilanza realizzati dagli Istituti e dagli enti preposti
6. la realizzazione di sportelli unici per il lavoro, integrati nei Centri per l’Impiego, coordinando e correlando i servizi e le attività consulenziali degli Enti locali, degli Istituti previdenziali, dei privati convenzionati; sperimentazioni di questo intervento sono previste già per il 2001
7. la facilitazione dei processi di transizione al lavoro, in particolare per i soggetti in condizione di svantaggio
8. la proposta di evidenziazione delle attività di lavoro autonomo professionale con banche dati collocate presso Camere di Commercio e Centri servizi per il lavoro
9. la richiesta di dichiarazione in autocertificazione (ovvero attraverso la produzione delle certificazioni dei consulenti settoriali) dalle imprese che richiedono e ricevono concessione di contributi del rispetto delle norme di legislazione del lavoro, per sicurezza e contrattuali. Controlli, concordati con INAIL e INPS, per verificare eventuali contravvenzioni sanzionate.
b. per quanto attiene la promozione della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro
Sul rischio esiste una letteratura sterminata; ciò che vorremmo isolare da questa amplissima letteratura è un filo conduttore che consente di connettere un insieme di tematiche che vanno oltre il rischio lavorativo. Vogliamo riferirci, per un verso, al tema della “qualità della vita lavorativa”, in special modo negli ambienti industriali, per l’altro, ad un tema diffuso in tutte le attività economiche e cioè il processo di precarizzazione del lavoro.
Innanzitutto, occorre affrontare le questioni conoscitive che si propongono, realizzando una sorta di mappatura delle priorità ed emergenze, le quali individuano, comunque, un problema di carattere strutturale; basti pensare ad una delle aree di attività che produce un altissimo livello di infortuni in genere gravi e spesso mortali: il trasporto su gomma; intervenire su questo problema vuol dire ripercorrere tutta la catena causale che collega le modalità di trasporto, cioè la natura dell’offerta
logistica, il tasso di sviluppo, cioè la natura della domanda di servizi logistici, e quindi alle condizioni di lavoro dei camionisti. Un nodo si tale complessità non può essere sciolto solo dal lato della repressione ma richiede politiche integrate.
Per “qualità della vita lavorativa” intendiamo un insieme di condizioni:
I. le condizioni di salubrità, sicurezza ed ergonomiche;
II. il carattere più o meno “promozionale” della autonomia, responsabilità e creatività dei singoli dell’organizzazione del lavoro ( nella letteratura è nota come “requisite organisation”)
III. la sostenibilità del posto di lavoro, che rappresenta una definizione operativa più o meno sovrapponibile a quella di (II).
Vi è oggi una rilevante attività europea che riguarda la conciliabilità di criteri di efficienza e competitività con criteri riconducibili alla qualità della vita lavorativa.
1. Per quanto attiene gli interventi riconducibili al Piano Sanitario Regionale si rinvia, in ragione dell’articolazione degli interventi al successivo punto 5.1
2. Individuazione di standard di qualità condivisi per i processi di formazione sulla sicurezza
3. Orientamento delle attività formative verso la diffusione ed il consolidamento della cultura della sicurezza, sia attraverso iniziative dedicate sia mediante l’inserimento standardizzato di specifici moduli in ogni intervento formativo; in questa direzione possono altresì essere valorizzate le opportunità consentite dalla facoltà di intervento sul 15% del monte ore scolastico e, più in generale, da azioni integrate e concordate con la scuola;
4. Facilitazione dei processi di gestione della sicurezza nelle aziende ivi comprese la realizzazione di attività formative e informative (anche mediante specifici prodotti informatici)
c. il ruolo dei soggetti pubblici come “committenti” e lo snodo degli appalti pubblici
1. “Appalti sicuri”: realizzazione della banca dati delle imprese operanti nel settore delle costruzioni dei cantieri, pubblici e privati, presenti sul territorio regionale, delle imprese che vi operano, delle attività svolte da ciascuna impresa e della manodopera impiegata in ciascun cantiere e da ogni singola azienda, da integrarsi con l’”albo dei controlli” (d. 8)
2. costituzione dello sportello unico previdenziale per il rilascio degli attestati di regolarità contributiva
3. definizione di un protocollo d’intesa in sede di Conferenza regionale delle Autonomie Locali e di un programma di diffusione degli sportelli unici e degli appalti sicuri
d. coordinamento degli interventi
1. definizione di un protocollo d’intesa quadro con INAIL, INPS, DRL etc.
2. accordo quadro con le associazioni dei consumatori
3. piano di comunicazione sociale sulle opportunità, i vantaggi, le finalità del processo di qualificazione e regolarizzazione del lavoro
4. semplificazione delle procedure di accesso alle agevolazioni rese disponibili a livello nazionale, regionale e comunitario
5. semplificazione delle comunicazioni di assunzione e cessazione (comunicazione unica)
6. definizione delle competenze minime comuni di vigilanza da garantire ai diversi gruppi ispettivi degli enti preposti
7. azioni formative specifiche rivolte al personale di A.USL, INAIL, INPS, DRL, Regione, Enti locali etc
8. Albo dei controlli, da istituire (con le indicazioni degli esiti – accessibile solo a Istituzioni pubbliche)
9. Promozione e supporto a specifici accordi locali o settoriali e ad esempi di programmazione
negoziata e decentrata
e. Sviluppo di un sistema di programmazione negoziata e patti territoriali e/o settoriali
1. sulle materie elencate nelle lettere precedenti e con le regole definite dai protocolli e accordi quadro dei diversi strumenti previsti al punto d. possono essere promossi patti territoriali tra le istituzioni e le parti sociali per conseguire ulteriori risultati nella logica del miglioramento continuo. A tale riguardo possono esser previste forme di supporto, agevolazione e facilitazione per i soggetti che aderiscano agli obiettivi definiti dai patti, allorché questi vadano, come nelle intenzioni di questa proposta, andare oltre il semplice rispetto del quadro normativo vigente
In questa chiave possono essere affrontate le specificità presentate da alcuni comparti. In particolare, per quanto attiene il settore agricolo, in ragione delle peculiarità che presenta e del ruolo strategico esercitato nello scenario regionale, occorrerà realizzare approfondimenti tematici, tali da potere consentire una piena efficacia degli interventi rivolti alla promozione della sicurezza così come alla regolarità delle prestazioni ed alla più complessiva qualità del lavoro.
0.5.3 Gli attori
La realizzazione di un programma a scala regionale richiede una forte condivisione degli obiettivi e delle azioni da parte degli attori istituzionali e delle parti sociali.
INPS, INAIL, DRL, l’insieme dei soggetti presenti nel Comitato di cui all’art. 27 del D.Lgs 626/94, le Provincie ed il sistema delle autonomie locali esercitano, su queste materia, competenze diverse, il cui raccordo è previsto e regolato dal recente accordo fra Stato e Regioni (e Provincie autonome) del 21 Dicembre 2000) il quale individua nel Comitato regionale sulla sicurezza e nella Commissione per l’emersione del lavoro irregolare gli strumenti specifici cui fare riferimento.
Al di là, tuttavia, di queste indispensabili sedi istituzionali occorre ricondurre a specifici protocolli d’intesa ed a convenzioni la definizione delle singole misure e degli obiettivi operativi sui quali valorizzare l’apporto e le funzioni delle Istituzioni e gli Enti Locali possono svolgere.
Analogo ragionamento vale per le parti sociali, il cui consenso, anzi la cui diretta partecipazione ai processi di qualificazione del lavoro risulta assolutamente indispensabile alla reale incisività di questo programma.
Tuttavia, al di là delle competenze e delle funzioni dei soggetti istituzionali e delle parti sociali, oltre che delle relative sedi di concertazione, si pone con forza l’esigenza di valorizzare il ruolo dei singoli attori che si muovono nel mercato del lavoro e delle produzioni.
Infatti le condizioni di irregolarità (o di assenza di “qualità sociale”) nel lavoro poggiano anche sulla presenza e l’appetibilità di un insieme variegato di convenienze “individuali” (fiscali, di costo, retributive, di tempo etc.) connesso e/o derivante dal mancato rispetto della normativa o di clausole etiche nella produzione e nei servizi.
Occorre, quindi, intervenire anche sul terreno delle convenienze e delle appetibilità offerte dal lavoro non regolare, contrapponendo alle utilità immediate e dirette il “vantaggio sociale” costituito dal lavoro “qualificato”: vantaggio sociale che interviene tanto sul piano delle utilità pubbliche o collettive, come su quello delle convenienze personali
Diviene decisivo, quindi, acquisire consapevolezza e consenso dei singoli: siano essi imprese o lavoratori, ma anche clienti, utilizzatori e consumatori, vale a dire degli attori sociali di un processo che interviene in un contesto di mercato fortemente influenzabile dalle opzioni compiute da chi utilizza o acquista beni e servizi.
La concorrenza di più istituzioni, delle parti e di altri soggetti sociali alla piena efficacia di un progetto di questa natura rinvia con forza all’operatività che in particolare specifici patti territoriali attuativi possono garantire. In questo senso, oltre alle operazioni specifiche richiamate nelle successive parti del documento, si vuole richiamare l’esigenza di proseguire sul tema delle “grandi opere” l’esperienza già avviata con la TAV traendone l’indicazione per fornire strumenti di secondo livello in grado di assistere le realtà territoriali , Comuni Province e forze sociali, rispetto alla gestione degli impatti sociali, ambientali e di regolarità del lavoro che questi interventi inducono nel territorio.
0.5.4 Le azioni e le risorse
L’insieme di iniziative destinate a realizzare gli obiettivi specifici individuati può essere realizzato attraverso i tre grandi ambiti progettuali presentati al successivo paragrafo 5. I progetti.
Come già detto è il DPEF ad individuare nelle specifiche schede di riferimento il quadro finanziario entro il quale collocare queste iniziative. Si tratta di un’operazione da leggere nella consapevolezza che i processi di emersione necessitano della finalizzazione delle diverse risorse disponibili sul piano della regolarità (leggi regionali per l’imprenditoria, per le assunzioni agevolate etc.) o sulla fluidità del mercato del lavoro (immigrazione, sviluppo delle rete dei servizi per il lavoro, analisi e ricerche etc.).
In particolare, per quanto attiene le iniziative previste nella scheda 16 Sicurezza nei luoghi di lavoro e realizzabili dall’Assessorato Scuola, Formazione professionale, Università, Lavoro, Pari opportunità sono ipotizzate risorse pari a 20 Mld di lire annui, dei quali 2 Mld dal FSE misura C4, 5 Mld per azioni formative nell’ambito dell’Apprendistato, 5 MLD dal FSE asse D (occupati) ed 8 Mld dalla L. 236/93 (occupati)
Occorre tuttavia ricordare che la diffusione della cultura e la realizzazione di condizioni di sicurezza nel lavoro costituiscono obiettivi indiretti di azioni esplicitate, nell’articolazione del DPEF, in altre schede, e, in particolare, nella scheda 14 Lavoro. Ciò vale, soprattutto, per la “Sperimentazione di un percorso per l’emersione del lavoro irregolare”, in considerazione della obiettiva sovrapponibilità delle aree del sommerso e dell’assenza di condizioni di sicurezza. Su questa attività si possono ipotizzare circa 400 milioni annui.
Inoltre va detto che la scheda 16 Sicurezza nei luoghi di lavoro individua, fra le azioni previste, l’”introduzione di moduli sulla sicurezza in tutti i percorsi formativi, finalizzati all’inserimento al lavoro”.
Questa operazione determina, quindi, che quota parte delle risorse finanziarie destinate alle attività di formazione, tirocinio ed orientamento per disoccupati sia dedicata all’attuazione di questa specifica azione. Il peso dei singoli moduli sulla sicurezza all’interno delle diverse attività può variare fortemente, in ragione dei destinatari, della qualifica, dell’obiettivo specifico da raggiungere. Non è quindi determinabile, in sede di previsione, una quantificazione dell’entità del finanziamento.
Le iniziative sono ricondotte all’intervento di diversi settori della Regione. Per rendere operativo il progetto sono altresì previsti anche specifici patti territoriali attuativi, con il coinvolgimento delle parti sociali e delle istituzioni, fermo restando che, anche in assenza di questi ultimi le azioni di vigilanza saranno svolte comunque in relazione alle situazioni di rischio individuate.
In questa sede si vuole ipotizzare un sistema di governo del programma - ed individuare un piano finanziario di riferimento.
I PROGETTI
0.6 Sicurezza
La Commissione Europea, Direzione Generale V° (relazioni industriali ed affari sociali), rilevando il numero straordinariamente elevato di infortuni sul lavoro in Europa (circa 5 milioni/anno di cui
6.500 mortali) ha presentato il Programma d’azione 1998-2000. In detto programma viene ribadito l’impegno al controllo degli infortuni, poiché la prevenzione e la tutela della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro costituisce uno degli aspetti essenziali del modello sociale europeo e contribuisce a migliorare la competitività e la produttività delle imprese (il costo annuale degli infortuni sul lavoro è valutabile tra il 1,5% e 4% del PIL).
Il PSN 1998-2000 riprende la raccomandazione espressa dalla Commissione Europea e pone l’obiettivo di ridurre, nel triennio, la frequenza degli infortuni del 10%, in particolare nei settori produttivi a maggior rischio.
Il PSR 1999-2001, in ragione della rilevanza locale degli infortuni, coglie per intero le indicazioni europee e l’obiettivo fissato dal PSN, ponendo come obiettivo prioritario la riduzione del 10% degli infortuni, nei comparti individuati a maggior rischio in regione: l’agricoltura, le costruzioni, il legno e la metalmeccanica. A questi viene aggiunto il comparto sanità.
Il PSR 1999-2001, pur prevedendo l’obiettivo prioritario di ridurre gli infortuni in comparti ben individuati, non esclude, anzi sollecita azioni dirette al controllo degli infortuni nei comparti non indicati e azioni dirette alla riduzione delle malattie professionali e delle malattie correlate al lavoro.
E’ quindi prioritario l’impegno alla prevenzione a tutto campo, che ha bisogno di essere supportato da un sistema capace:
- di ricerca a scopo di trattamento dei dati (epidemiologia);
- di azioni di ricerca applicata sui determinanti socioeconomici della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, per il miglioramento dei sistemi di prevenzione.
- di azioni che impegnano una pluralità di attori al fine di determinare il miglioramento della salute della popolazione lavorativa mediante la riduzione degli infortuni, delle malattie professionali e delle malattie correlate al lavoro.
OBIETTIVO GENERALE:
Riduzione degli infortuni sul lavoro, delle malattie professionali e delle malattie correlate al lavoro.
OBIETTIVI SPECIFICI:
- Riduzione degli infortuni sul lavoro.
L’obiettivo principale del Piano Per la Salute infortuni e sicurezza sul lavoro, formulato sulla base dell’analisi della rilevanza del problema (n. di eventi, loro gravità, numerosità dei soggetti esposti a rischio), della possibilità concreta di interventi di miglioramento, della misurabilità degli eventi e della compatibilità con le risorse ed il contesto sociale, è il seguente: riduzione dell’indice di incidenza (I.I.) degli infortuni di almeno il 10% nei comparti agricoltura, costruzioni, legno, metalmeccanica, sanità, a cui possono essere aggiunti due comparti scelti sulla base della programmazione locale, tale risultato deve essere raggiunto nel triennio 2.001-2002.
- Riduzione delle malattie professionali e controllo delle malattie correlate al lavoro.
Per quanto riguarda le malattie professionali e le malattie correlate al lavoro le azioni indicate sono le seguenti:
- il mantenimento delle attività di prevenzione a tutt’oggi in atto, che hanno consentito, insieme all’evoluzione tecnologica, di indurre una forte diminuzione delle malattie professionali ;
- la produzione, sperimentazione e valutazione di linee guida e di protocolli operativi volti al controllo delle cosiddette malattie "correlate con il lavoro". Tali malattie interessano prevalentemente l’apparato osteo-articolare, i tumori, ma anche la salute mentale ed altro.
- Minimizzazione del danno alla salute provocato dagli infortuni sul lavoro.
Il trattamento e la gestione del paziente vittima di infortunio sul lavoro, occorso nonostante la messa in opera di tutti gli strumenti di prevenzione primaria, hanno come obbiettivo il contenimento del danno, ovvero la diminuzione di:
- Morti evitabili
- Esiti permanenti
- Esiti temporanei
Il raggiungimento di questi obiettivi passa attraverso la ottimizzazione di:
- competenze e risposta in fase aziendale;
- gestione orientata della fase extraospedaliera;
- utilizzo mirato delle risorse territoriali;
- utilizzo mirato delle risorse ospedaliere.
- Ergonomia.
Impulso allo sviluppo dell’ergonomia e alla sua effettiva applicazione al fine di garantire condizioni di lavoro ottimali nel rispetto della salute, della sicurezza e del benessere tenuto conto anche dell’efficienza tecnologica ed economica e del principio della sostenibilità ambientale;
- Miglioramento ed aggiornamento degli strumenti di lavoro degli SPSAL.
Impulso al miglioramento ed aggiornamento degli strumenti di lavoro degli SPSAL, al fine di fornire prestazioni in qualità congrue alle modificazioni intervenute nel contesto sociale e normativo, in grado di modificare migliorandoli gli ambienti di lavoro.
SOGGETTI ED AZIONI NECESSARIE PER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI FISSATI
Linee per lo sviluppo di un sistema di monitoraggio e di analisi della salute della popolazione lavorativa, con particolare riferimento agli infortuni, alle malattie professionali e correlate con il lavoro.
Finalità:
Fornire ai soggetti che si occupano di prevenzione nei luoghi di lavoro informazioni sui fattori causali, ergonomici e sociotecnici degli infortuni e delle tecnopatie, elementi essenziali per una corretta impostazione dei piani delle azioni, volti alla riduzione degli infortuni, delle malattie professionali e delle malattie correlate al lavoro.
Funzione di monitoraggio degli infortuni e delle malattie professionali o correlate con il lavoro. Obiettivi specifici:
Infortuni
- Monitoraggio degli infortuni e produzione di reports aggiornati sull’andamento del fenomeno infortunistico in generale e, in particolare, relativamente ai comparti produttivi fatti oggetto di intervento da parte dei Servizi di prevenzione della regione, utilizzando i dati forniti dalla “Bancadati” INAIL.
Per un miglioramento continuo delle condizioni di lavoro occorre che si realizzi un sistema di monitoraggio, su scala regionale, che garantisca la qualità dei dati sia per quanto attiene il fenomeno infortunistico sia per quanto riguarda la diffusione e gravità delle patologie professionali tabulate e di quelle correlabili al lavoro. In questo ambito vanno affinate le pratiche di raccolta dei dati che ponga come priorità anche le informazioni sia sulle modalità di accadimento sia sulle condizioni in essere del rapporto di lavoro del lavoratore infortunato ( tipologia del rapporto di lavoro in essere, età , formazione ricevuta, ecc.).
La relazione annuale composta da questi e altri dati rappresenta il necessario strumento di governo e di verifica della efficacia delle politiche adottate in materia di prevenzione.
Le rilevazioni degli incidenti sul lavoro avvenute, le indagini infortuni, possono costituire il materiale di base per la costruzione di una banca dati online sulle tipologie e sulle modalità di accadimento degli infortuni più frequenti e con apposite schede illustrative si possono diffondere indicazioni sulle prescrizioni operative e tecniche per lavorare in sicurezza.
- Individuazione delle caratteristiche dei rapporti di lavoro degli infortunati;
- Progettazione, organizzazione e conduzione di indagini ad hoc mirate ad una maggior comprensione del fenomeno infortunistico, con particolare riferimento alle caratteristiche dei soggetti infortunati e delle condizioni che hanno determinato l’infortunio. L’attività potrà essere condotta da un lato con la collaborazione di strutture di ricerca che da tempo si occupano del tema, (Università, Istituto per il Lavoro, etc) inclusi gli Enti Bilaterali, le Sezioni Sicurezza degli Enti Bilaterali, gli Organismi Paritetici costituiti tra le parti sociali a norma dell’art. 20 del D.lgs 626.94 e, dall’altro, con i servizi territoriali che hanno compiti di prevenzione e di controllo.
Malattie professionali o correlate con il lavoro.
- Monitoraggio delle malattie professionali o correlate con il lavoro e produzione di report aggiornati sul loro andamento. In analogia con quanto proposto per gli infortuni, sarà possibile utilizzare i dati INAIL nonché i referti pervenuti ai Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) delle aziende USL. Più complessa la modalità di raccolta delle patologie “correlate al lavoro”, in particolare ci si riferisce alla patologia muscolo- scheletrica ed a quella tumorale. Per le quali dovranno essere previste modalità di sorveglianza epidemiologica centrate su studi ad hoc o attente alla valutazione di altre esperienze attuate a livello nazionale.
I Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL). Miglioramento della qualità delle attività e degli strumenti di lavoro e loro adeguamento al nuovo contesto normativo.
I Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro esercitano la loro funzione essenzialmente attraverso le seguenti attività:
- attività di vigilanza e controllo;
- attività di facilitazione per il mondo del lavoro in cui sono ricomprese le attività di informazione, formazione e assistenza.
Tali prestazioni debbono essere erogate secondo criteri di qualità e, limitatamente all’attività di vigilanza e controllo, di copertura numerica di seguito indicata.
Attività di vigilanza e controllo
Le condizioni in cui si esercita la vigilanza attraversano una fase di profonda trasformazione, per la riduzione della rilevanza e dell’onere delle autorizzazioni preventive e l’aumento delle responsabilità dei cittadini e delle imprese nella progettazione e nel controllo dei rischi che vengono a determinarsi nei luoghi di produzione di beni e di servizi. Esempio paradigmatico è il D.Lgs
626/1994 sulla salute nei luoghi di lavoro che ha portato mutamenti profondi nelle procedure e nelle responsabilità della prevenzione.
Questa tendenza, destinata a svilupparsi ulteriormente per effetto delle norme comunitarie, ha determinato da un lato lo sviluppo di nuove figure professionali nel campo dell’igiene e della sicurezza, con specifiche responsabilità nella identificazione e nel controllo dei rischi presso i luoghi di produzione e dall’altro l’aumento della domanda di informazioni e di formazione da parte di cittadini e di imprenditori, singoli e associati, più direttamente coinvolti nelle attività e nelle scelte per la prevenzione.
La crescita della responsabilizzazione dei soggetti non comporta tuttavia la diminuzione delle responsabilità pubbliche, ma richiede piuttosto una sua trasformazione.
Occorre sviluppare un "nuovo" sistema di vigilanza coerente con le tendenze in atto, adeguato ai rischi esistenti e alla loro evoluzione, capace di intervenire sia sui prodotti, sia sulle procedure e sui processi di valutazione e gestione dei rischi.
L’attività di vigilanza e controllo deve essere rigorosamente basata su parametri oggettivi e il più possibile certi, validati, standardizzati, documentati e non su valutazioni soggettive o discrezionali. Deve inoltre essere: adeguata (rispondere in modo idoneo al mandato istituzionale) ed efficace (deve fornire prestazioni in grado di produrre effettivamente prevenzione e tutela della salute nelle realtà direttamente interessate).
L’attività di vigilanza sarà supportata e si orienterà sulle informazioni fornite dal sistema logistico regionale nell’ambito della sua funzione di centro di osservazione e di monitoraggio degli infortuni e delle malattie professionali.
Il nuovo sistema di vigilanza richiede in particolare:
- operatori competenti capaci: di identificare e selezionare i problemi, di programmare interventi secondo criteri di priorità, di promuovere le necessarie azioni, di sviluppare sinergie con altri soggetti;
- strutture tecniche qualificate, attrezzate e con competenze specialistiche che supportino tecnicamente, in caso di bisogno, le attività sul campo e siano capaci di intervenire sui problemi di salute più rilevanti anche tramite la formazione permanente degli operatori sui temi della strumentazione tecnica, giuridica e orientati ad una maggiore conoscenza dei modelli di organizzazione dei sistemi d’impresa.
Le Azioni degli SPSAL
Al fine di raggiungere gli obiettivi fissati dal PSR, i Dipartimenti di Sanità Pubblica, attraverso gli SPSAL, devono esercitare la loro attività di vigilanza e controllo privilegiando lo strumento di lavoro denominato “piano mirato”. Il piano mirato rappresenta lo strumento di lavoro storico degli SPSAL; è stato validato ed aggiustato negli anni ed ha svolto un ruolo trainante nella riduzione degli infortuni e delle malattie professionali. Lo strumento oggi richiede di essere adeguato al nuovo sistema di vigilanza e controllo introdotto dal D.Lgs. 626/94 secondo le opportunità definite dall’Accordo del 21 dicembre 2000 e, in particolare, dal ruolo dei Presidenti delle Regioni
I Piani mirati, sulla base delle loro caratteristiche progettuali, sono finalizzati sostanzialmente ai seguenti obiettivi:
- Contribuire alla nascita di un modello operativo di gestione aziendale del fenomeno infortunistico e tecnopatico che porti, successivamente all’analisi delle cause che hanno determinato gli infortuni e le malattie professionali, ad individuare gli interventi tecnici, procedurali, organizzativi idonei a ridurre il numero degli eventi;
- Contribuire alla messa in sicurezza delle attrezzature. I piani hanno previsto il coinvolgimento
fattivo delle associazioni e dei soggetti aziendali;
- Provvedere alla valutazione dell’idoneità delle misure protettive rispetto alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
Il piano mirato rappresenta pertanto uno strumento che garantisce la qualità delle prestazioni, in quanto presuppone un’azione progettuale e di verifica costante delle non conformità rispetto all’azione progettata, nonché una valutazione intermedia (di aggiustamento) e finale dei risultati.
- Piani mirati:
- Gli SPSAL debbono avviare specifiche iniziative di vigilanza e controllo nei comparti agricoltura, costruzioni, legno, metalmeccanica e sanità, sulla base delle linee guida prodotte a livello regionale.
- Gli SPSAL, al fine di affrontare le specifiche realtà locali, possono prevedere almeno altri due piani mirati selezionati in base al criterio della gravità e della diffusione del rischio.
Una quota delle aziende da sottoporre a vigilanza sono individuate come specificato di seguito: l’INAIL fornisce direttamente alle singole A.USL (per i seguenti gruppi: costruzioni, legno, metalmeccanica, servizi sanitari, più due gruppi richiesti da parte delle singole Aziende USL, sulla base della specificità territoriale):
- l’elenco nominativo delle aziende ordinate secondo i tassi dell’Indice di Incidenza (o I.F.) più elevati, da cui le Aziende USL derivano il campione da sottoporre a vigilanza;
- l’elenco nominativo delle aziende ordinate secondo i tassi dell’Indice di gravità (% di infortuni con esiti permanenti) più elevati, da cui le Aziende USL derivano il campione da sottoporre a vigilanza;
- Piano di monitoraggio e controllo sull’applicazione del D.Lgs 626/94, approvato dal Coordinamento delle Regioni e delle Province Autonome;
- Attività erogata in base alle richieste di altri soggetti (Magistratura, Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ecc.)
- Piani mirati di prevenzione diretti al controllo delle malattie professionali o correlate al lavoro.
Per quanto attiene gli infortuni dovuti ad incidenti stradali, le iniziative debbono essere svolte con particolare attenzione all’organizzazione del lavoro e della produzione ed attraverso azioni connesse alle politiche dei trasporti
Attività di facilitazione per il mondo del lavoro.
Tale attività deve essere diretta a tutti i soggetti impegnati nel campo della prevenzione, all’interno e all’esterno delle aziende, con particolare riferimento alle piccole imprese e ai RLS.
Formazione
In molti Dipartimenti di Prevenzione si è sviluppata una specifica competenza ed una esperienza ampia di programmazione e di gestione di attività formative.
L’attività è stata diretta nei confronti di vari soggetti ed ha visto il coinvolgimento, sul piano organizzativo, degli organismi rappresentativi delle OO.SS. e delle OO.DD.
E’ opportuno che questa competenza che si è particolarmente sviluppata in alcune Aziende USL venga messa a disposizione dell’intero sistema regionale, affinché non si abbia in altre aziende l’inutile duplicazione dei materiali formativi.
Informazione - Assistenza
- Informazione. La comunicazione tra i diversi soggetti coinvolti nel processo di prevenzione è finalizzata al trasferimento di conoscenze, dati e notizie di carattere normativo, procedurale e tecnico scientifico utili alla realizzazione e al miglioramento del processo di prevenzione.
- Assistenza. Viene fornita ai soggetti interessati (singoli o associati, pubblici o privati ed in particolare ai datori di lavoro, dirigenti e preposti, responsabili dei servizi di prevenzione e protezione, al medico competente ed ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza) al fine di garantire indirizzi e procedure operative e di coordinare l’attuazione di quanto previsto dalla normativa prevenzionale.
L’attività di facilitazione deve essere erogata sulla base dei seguenti criteri:
* qualità (capacità di fornire informazioni e prestazioni efficaci basate su evidenze scientifiche utili alle esigenze dell’utenza);
* accessibilità (facilità, opportunità, possibilità per le varie tipologie di utenti di accedere alle prestazioni e attività del servizio);
* continuità (possibilità di fornire tali prestazioni e attività in modo continuativo nel tempo).
L’assistenza ai RLS richiede una specifica capacità degli operatori che dovranno essere a ciò formati. In tal senso va prevista la ricognizione delle esperienze realizzate ( SIRS) per predisporre un programma di innovazione nella qualità dell’assistenza erogata dagli SPSAL che dovranno prevedere nei loro programmi di attività le azioni di assistenza .
- Il PSR 1999-2001 prevede la progettazione e lo sviluppo di Sportelli per la prevenzione nei Dipartimenti di Sanità Pubblica.
Questa proposta mira a facilitare l’accesso dei cittadini alle prestazioni del dipartimento e, soprattutto, a migliorare le conoscenze sui principali problemi di salute diffondendo strumenti informativi, promuovendo processi di comunicazione del rischio tra i soggetti interessati. Le principali funzioni saranno infatti:
- sapere identificare i bisogni informativi e ascoltare i cittadini;
- produrre informazioni efficaci;
- sostenere per gli aspetti comunicativi i Piani per la salute e gli altri progetti di promozione della salute;
- orientare l’atteggiamento e il comportamento di servizi e operatori sanitari.
- Il progetto prevede la costituzione di una rete regionale degli sportelli per la prevenzione che ne potenzi la capacità di intervento e ne sincronizzi le azioni. Una parte di notevole rilievo sarà necessariamente la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
- Il Servizio Informativo per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (SIRS) costituisce un esempio di accordo finalizzato all’erogazione dell’attività di assistenza svolta in forma organizzata e continuativa. Da questa esperienza e dalle esperienze di alcune strutture bilaterali potranno essere tratte le indicazioni per sviluppare un sistema più evoluto di organizzazione ed erogazione della assistenza ai RLS e di intervento per qualificare le attività di formazione e informazione ai lavoratori, previa specifica intesa con le Parti sociali su struttura, strumenti e finalità.
Patti Territoriali
Occorre elaborare una strategia che abbia come fine la ricostruzione di una maggior coesione sociale nel settore, attraverso la realizzazione di obiettivi immediati e a medio termine.
Per fare ciò è necessario contribuire, a livello regionale e successivamente in ciascuna realtà territoriale, alla costruzione di un sistema concertato di regolazione secondo la prassi della programmazione negoziata e in ciascuna realtà territoriale realizzare le condizioni per un patto
coerente con questi obiettivi.
I partner di tale sistema sono le Pubbliche Amministrazioni e le Parti sociali; agli aspetti operativi ed alle azioni di carattere informativo derivanti dai patti possono inoltre contribuire le Associazioni e Ordini professionali cui aderiscono o sono iscritti i professionisti della prevenzione per informazione.
Affinché il sistema di regolazione territoriale funzioni è necessario implementare e migliorare i rapporti con Strutture o Agenzie di supporto, peraltro già esistenti, come l’ARPA, le sedi Universitarie (non solo le facoltà di Medicina e Chirurgia ma anche il Dipartimento di Sociologia e le sedi di studi economici e sociali) della regione, gli Istituti di ricerca territoriali e regionali (Istituto per il Lavoro), gli Enti Bilaterali presenti sul territorio.
L’accordo tra il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale e le Regioni per la realizzazione del Piano straordinario per la sicurezza sul lavoro, rileva che le Regioni:
- Coordinano gli Enti e gli Istituti che a vario titolo hanno competenze dirette o indirette in tema di tutela della salute dei lavoratori quali, in particolare, Aziende Unità Sanitarie Locali, Direzioni Regionali e Provinciali del lavoro, sedi periferiche di INPS, INAIL e ISPESL, comandi provinciali dei VV.FF. e Guardia di finanza nel rispetto della legislazione vigente e delle competenze di ciascun organo.
- Il Coordinamento è attribuito “in capo al Presidente della Giunta regionale e della Provincia autonoma”.
La funzione, in questo contesto, della Regione e degli Enti ed Istituti da essa coordinata è, da una parte, di vigilanza e controllo, dall’altra è funzione servente per quanto attiene le azioni di promozione della prevenzione e di assistenza, in particolare, per le figure di rappresentanza sociale.
I Patti Territoriali sono veri e propri Programmi per la prevenzione e la sicurezza territoriali, da sottoscriversi tra la Regione Emilia-Romagna, le Amministrazioni provinciali, la Conferenza Sanitaria, e le parti sociali (oltre ad altri soggetti eventualmente aderenti) ed hanno l’ambizione di promuovere, sulla base di specifici accordi, programmi per la prevenzione e la sicurezza
Le politiche attive per la salute e la sicurezza devono, pertanto, essere avviate per mezzo di veri e propri Patti per la salute e la sicurezza, patti cioè orientati alla prevenzione e liberamente sottoscritti dai diversi soggetti, sostanziati in precisi e, una volta concordati, vincolanti protocolli d’intesa.
Tali patti devono obbligatoriamente prevedere il rispetto delle norme di legge (che rappresentano il livello minimo che tutti, sia che accettino o meno i patti, sono tenuti a rispettare) e non possono prevedere alcuna “deroga” ad una puntuale e decisa attività di vigilanza e controllo.
0.7 Chiaro e regolare: repressione ed emersione del sommerso, promozione della sicurezza, qualificazione del lavoro
Si propongono, di seguito, le possibili azioni da ricondurre ad un complessivo progetto a scala regionale, ribadendo nuovamente l’esigenza di dovere cogliere e valorizzare le diverse iniziative attivabili su questa materia
LA FORMAZIONE SULLA SICUREZZA E L’INFORMAZIONE SULLA REGOLARITÀ
a) Orientamento delle attività formative verso la diffusione ed il consolidamento della cultura della sicurezza, sia attraverso iniziative dedicate sia mediante l’inserimento standardizzato di specifici moduli in ogni intervento formativo. Chiamata di progetti nell’ambito:
- della nuova programmazione FSE regionale,
- delle iniziative rivolte agli apprendisti,
- della formazione per i lavoratori nell’ambito della L. 236/93 (in coerenza con il progetto “qualità” dell’Ass. alle attività produttive)
- di progetti specifici per le scuole tecniche e professionali,
- di moduli specifici per i tirocini ricondotti all’intervento della Regione etc;
- iniziative analoghe, sul piano dell’emersione investono il programma EQUAL
- introduzione nei programmi di formazione, a partire dalle Scuole Tecniche e Professionali pubbliche e private, la tematica salute e sicurezza. La realizzazione delle azioni formative in materia di salute e sicurezza costituisce precondizione per l’accesso a finanziamenti pubblici
- Istituzione di Borse di studio per premiare l’impegno formativo in materia e facilitare la transizione al lavoro di figure sensibilizzate e professionalizzate
- Integrazione delle azioni formative in materia di salute e sicurezza con la educazione alla sicurezza e antinfortunistica stradale .
b) Piano di informazione e comunicazione sulle condizioni di regolarità e qualità del lavoro con particolare attenzione agli strumenti disponibili in Emilia-Romagna; questa iniziativa è anche diretta a diffondere il consenso e la consapevolezza sociale su queste iniziative ed a promuovere un patto diffuso fra istituzioni, parti sociali, imprese, lavoratori, consumatori etc; in questo ambito può essere realizzato, mediante una progettazione comune con gli attori sociali ed istituzionali, un sito Web per raccogliere tutte le informazioni rilevanti anche sulle buone pratiche e per consentire momenti comunicativi anche orizzontali e dal basso tra tutti gli attori interessati.
c) Individuazione di standard di qualità condivisi per le competenze e ele modalità di realizzazione degli interventi di formazione sulla sicurezza
L’EMERSIONE DEL SOMMERSO IN EMILIA-ROMAGNA: LA “QUALITÀ SOCIALE DEL LAVORO”
d) attuazione di progetti sperimentali di emersione del sommerso anche attraverso l’individuazione, d’intesa con le Provincie, (progetto “Spinner”)di aree pilota nella regione ove, attraverso forme di tutoring e le modalità delle reti di apprendimento sostenere la regolarizzazione del lavoro di singoli e imprese anche verificando la possibilità di convogliare in questa direzione l’apporto delle diverse forme di incentivazione regionale o nazionale disponibili.
Inoltre specifici programmi d’area, quale quello del Distretto delle ceramiche possono consentire la realizzazione di iniziative sperimentali di emersione; in questa logica possono inoltre essere valorizzate iniziative locali, individuate attraverso patti territoriali e forme di concertazione;
e) Studio di fattibilità e sperimentazione (anche locale e/o settoriale), coordinato con gli interventi del Piano Qualità della Regione, di un marchio di “qualità sociale” del lavoro e delle produzioni: si tratta di introdurre strumenti di certificazione degli standard di qualità, regolarità e sicurezza del lavoro, utilizzando i meccanismi certificatori e le normative comunitarie, internazionali o nazionali esistenti; questa operazione può rappresentare, inoltre, un riferimento negli appalti o per favorire i processi di orientamento del consumatore verso prodotti/servizi “in regola” rispetto ai contratti, al lavoro minorile, alla L. 68/99, alla sicurezza, all’ecosostenibilità etc. Questa operazione può essere accompagnata da azioni di sostegno ed incentivazione e dare luogo a modalità agevolate di relazione con le procedure pubbliche.
Questa iniziativa, la quale può essere integrata o compresa nell’ambito delle azioni di cui al punto d., va strettamente connessa agli interventi del successivo capitolo 5.3, posto che si intende riconoscere i risultati di percorsi verso l'eccellenza da parte delle imprese tramite l'adozione
integrata e non formale delle certificazioni di qualità (sui prodotti, i processi – Vision 2000 , la sicurezza - OHSAS 18001 , l'ambiente – EMAS , la responsabilità sociale- SA8000). Non si tratta solo di far sì che sicurezza, e legalità, rispetto dei diritti e delle tutele, sul lavoro e fuori, siano “naturalmente” contemplati nei processi, ma anche di qualificare ulteriormente, e raggiungere alcuni livelli di eccellenza, nei sistemi territoriali della nostra regione.
f) Orientamento degli strumenti disponibili della programmazione decentrata e negoziata verso obiettivi di emersione, promuovendo l’impegno attivo degli attori sociali ed istituzionali
g) Realizzazione di sportelli unici per il lavoro, integrando i servizi e le attività consulenziali degli Enti locali, degli Istituti previdenziali, dei privati convenzionati.
LA CONOSCENZA DEI FENOMENI
h) Realizzazione di un sistema informativo coordinato ed integrato sul lavoro (SIL, DRL, INPS, INAIL etc.)
i) Realizzazione di specifiche analisi ed indagini sul campo (misura A1 sui fenomeni del sommerso, sull’organizzazione del lavoro, sulle innovazioni strutturali, comportamentali e tecnologiche che in esso agiscono)
La raccolta dei dati (epidemiologia) può risultare insufficiente se non è suffragata da ricerche-azioni che, evidenziando con una certa scientificità le problematiche del lavoro, sulla base della ricerca sociale, diano la possibilità di individuare linee strategiche utili ad un impegno di governo e di governance (concertazione, impegno delle parti sociali) che in materia di salute e di sicurezza spinga l’acceleratore della prevenzione e della riduzione drastica e “qualitativa” degli incidenti; tutto ciò in una logica di intervento che porti al miglioramento della qualità delle condizioni di lavoro, all’emersione del lavoro sommerso e irregolare, alla diminuzione della precarietà.
Anche attraverso queste iniziative sarà possibile definire buone pratiche di governo e di governance per la “ricostruzione” di una maggiore coesione sociale nel lavoro. Gli obiettivi dati si realizzeranno nel breve e nel medio termine.
Per fare ciò occorre però costruire, a livello di ciascuna realtà territoriale della Regione, nell’ambito dei “patti per la salute”, un sistema concertato e organizzato in forma di rete.
I partners di tale sistema sono le parti sociali, l’INAIL, l’INPS, la DRL e le Autonomie Local.i La funzione, in questo contesto, del Servizio Sanitario è da una parte, per quanto attiene gli uffici preposti, di vigilanza e sorveglianza, dall’altra è funzione servente per quanto attiene le azioni di
promozione della prevenzione e di assistenza, in particolare per le figure di rappresentanza sociale (RLS e RLST).
L’alimentazione di questo sistema, che vede in prima linea Regione, Provincie e AUSL, nell’ambito dei Patti territoriali per la salute, si basa sull’organizzazione di un sistema riformato efficace e su azioni di ricerca applicata e di intervento sociale (anche cose molto semplici, come i corsi di lingua italiana per i lavoratori extracomunitari).
Affinché il sistema di regolazione territoriale funzioni è necessario che si attivino gli Enti di Formazione gli Enti Bilaterali, la Scuola, l’Università e gli Istituti di Ricerca.
Dalle azioni proposte derivano singoli prodotti e servizi quali report specifici, sistemi informativi e specifiche azioni formative.
IL SUPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI VIGILANZA
j) Il progetto SALUS dell’INAIL
k) Specifiche attività di formazione per il personale degli enti preposti alla vigilanza
0.8 Programma per gli investimenti in qualità ambientale e sicurezza del lavoro e per un piano qualità regionale
1 – Il Programma regionale delle Attività produttive ha previsto l’allargamento degli interventi della
L. 598/94, con la Misura 1.1 art. 4 punto B (programma triennale Attività Produttive, BUR 16 dicembre 1999 n. 148) a sostegno a investimenti per la tutela ambientale e sicurezza del lavoro. La misura è operante con concessione di mutui a tasso agevolato, e garanzia piena per la concessione, fino a 3 mld per operazione.
2 - Piano qualità regionale. Uscita BUR 15 marzo 2001.
L’insieme del piano tende ovviamente a consentire alle imprese o filiere o sistemi di impresa di fare ulteriori passi verso forme avanzate di produzione in qualità e questo di per sé si porta dietro un miglioramento dell’ambiente in senso lato e pertanto maggiore attenzione alla sicurezza. Inoltre lavorare in qualità e certificarsi è antitetico a qualunque ipotesi di illegalità o anche solo di irregolarità.
Ma vi sono previste anche azioni specifiche di intervento.
In particolare va ricordata la
- Azione 1.2 azione A “interventi su progetti di gestione in qualità anche ambientali”
- Azione 1.2 azione B “interventi a sostegno di progetti di sviluppo di sistemi di gestione globale e integrata della qualità nelle imprese” fondata sulla partecipazione dei dipendenti, sistemi di gestione ambientale EMAS, sistemi di sicurezza”; un ruolo importante in questo processo va attribuito agli Organismi Paritetici che dovranno operare come riferimenti sia per quanto attiene il monitoraggio delle attività di formazione e informazione ai lavoratori sia come interlocutori nei processi di implementazione della certificazione ISO 14000 ed EMAS.
- Il soggetto attuatore è la Regione Emilia Romagna per l’azione B che intende avvalersi di una procedura negoziale ai sensi del D.L.G.S. 123/98. (Delibera di Giunta 2395/00 – 16298/00)
Sono stimati per il 2001 20 mld.
3 – Rapporto erogazioni contributi pubblici. Rispetto normative del lavoro.
La strada più appropriata (in linea anche con le più recenti disposizioni “Bassanini”) sembra essere quella di richiedere, nell’ambito delle autocertificazioni di rito, all’impresa anche una dichiarazione attinente il tema. Controlli successivi con modalità da definire ed effettuati dall’Ente più idoneo (o pluralità di Enti) per verificare eventuali contravvenzioni sanzionate.
4 – Normativa.
La presenza di illegalità e irregolarità porta ovviamente al grande tema degli appalti e subappalti. Gli Enti Locali ed il pubblico in generale è grande generatore di lavori e quindi applicatore delle norme. Ha senso per la Regione e che la Regione si applichi quindi ad una “lettura” delle norme sugli appalti tentando di indurre “comportamenti omogenei” a cascata sull’insieme del sistema pubblico allargato regionale.
Occorre, inoltre, ricordare che il DPEF richiama l’esigenza di assicurare “particolare attenzione … al decollo della nuova normativa in materia di appalti (Merloni ter), e alla ricognizione degli spazi di iniziativa, anche legislativa, in grado di garantire che nelle attività economiche attivate da risorse pubbliche ( appalti di opere e servizi, convenzioni, esternalizzazioni, etc) siano contemperati criteri di costi, qualità della offerta e modalità di gestione, oltreché garantito il rispetto della legislazione
del lavoro e delle normative contrattuali, in continuità con quanto già realizzato, e in via di realizzazione, con le Leggi regionali 7/94 , 30/98 e 25/99. L’imminente emanazione da parte della Commissione Europea della Direttiva Unificata sugli appalti di lavori, servizi e forniture, potrà essere l’occasione per portare a sintesi questo processo”.
5 – Programma lavoro autonomo professionale
L’Assessorato Attività produttive ha sperimentato nel 2000 il programma “ per il lavoro autonomo professionale” che verrà ripresentato nel 2001. Il programma è rivolto a favorire opportunità e sostegno per affermare autonomia e qualità professionale, nelle condizioni per le quali questo lavoro è una scelta e un’opportunità, che non deve allora essere lasciata nel rischio di precarietà (che costringe a lavoro “irregolare” o “informale”, o di condizioni di inferiorità, innanzitutto al riconoscimento di valore delle prestazioni rispetto al lavoro dipendente). Il programma prevede già anche il sostegno alle iniziative di assistenza tecnica delle associazioni (sindacali, professionali, di mestiere) e intende promuovere anche forme di evidenziazione delle attività di lavoro autonomo professionale (Banche dati presso di Camere di commercio e Centri di servizi del lavoro).
Importante anche il tema della pubblicità dei contratti di collaborazione, contenuto nella proposta di Legge rimasta all’esame del Parlamento, e da riprendere anche come forme di sperimentazione eventualmente “concordata” tra le parti sociali a cominciare da un impegno delle amministrazioni regionale e locale.
Inoltre occorre assicurare una stretta integrazione con gli interventi di cui al precedente paragrafo
5.2 (punto e) relativi al “Marchio di qualità sociale”.
ALLEGATO: UN’INIZIATIVA PER IL SETTORE DELLE COSTRUZIONI: LO SNODO DEGLI APPALTI PUBBLICI; IL PROGETTO A.U.S.I.L.I.A.R.E. (AZIONI UNITARIE PER LA SICUREZZA LE IMPRESE IL LAVORO LE ISTITUZIONI E GLI APPALTI PUBBLICI NELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA)
Obiettivi
Gli elementi di scenario normativo sui quali si muove la presente proposta sono dati dallo schema di accordo definito dalla Conferenza Stato-Regioni del 21 dicembre 2001, in osservanza dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, e in particolare degli obiettivi di sicurezza per i settori a maggior rischio, di emersione del lavoro irregolare, di rilancio dell’impegno congiunto delle istituzioni sostenendo le imprese che svolgono la loro funzione economica nella piena legalità, anche attraverso azioni integrate basate sul coordinamento e la sinergia degli operatori interessati.
Si tratta di elementi di qualificazione della vita sociale ed economica del Paese e che ben si coniugano con gli obiettivi strategici dell’Amministrazione dell’Emilia-Romagna più di una volta ribaditi anche con riferimento alla presente legislatura e sostenuti già in passato attraverso misure di natura prevalentemente settoriale. Si tratta altresì di elementi che pongono in particolare rilievo le condizioni di mercato riguardanti sia la qualificazione dell’offerta di beni e servizi (comprendendo in questo la capacità di gestire i processi produttivi rispetto a obiettivi prioritari in termini di politica aziendale) sia la qualificazione della domanda espressa dai committenti e dai suoi ausiliari tecnici (in prima istanza per quanto concerne le stazioni appaltanti pubbliche quali promotrici di lavori prevalentemente svolti da soggetti privati e sottoposti a norme specifiche di assegnazione, esecuzione e controllo).
Scopo dell’azione qui a seguito proposta è la definizione e sperimentazione di un modello che consenta all’Amministrazione Regionale di interpretare operativamente il proprio ruolo istituzionale di soggetto guida dello sviluppo socio-economico locale, procedendo nell’ordine ad una definizione in dettaglio di obiettivi specifici fra loro direttamente collegati, a loro perseguimento attraverso un
programma unitario promotore di misure differenziate in grado di creare condizioni favorevoli (e di produrre i necessari strumenti tecnici), di declinare e diffondere il modello sperimentale verso il complesso del sistema produttivo e amministrativo dell’Emilia-Romagna.
In particolare, gli obiettivi individuati prioritariamente sono relativi a:
- Riduzione degli infortuni sul lavoro
- Miglioramento dei sistemi di gestione aziendali
- Razionalizzazione delle azioni di vigilanza sulle condizioni di lavoro
- Valorizzazione e consapevolezza del ruolo del committente pubblico
a partire, sperimentalmente, dai settori delle costruzioni e dei servizi di pulizia nell’ordine.
Questi comparti sono stati selezionati prioritariamente in quanto consentono al committente pubblico, anche in base ai principi delle direttive comunitarie in materia di sicurezza, una maggior consapevolezza degli effetti derivanti dall’affidamento lavori e di esplorare un utilizzo maggiormente congruente delle competenze gestionali oggi richieste alle imprese quale pre- requisito formale per la partecipazione alle gare.
Dati questi obiettivi possono essere richieste e valorizzate informazioni puntuali sui singoli lavori affidati (dati per cantiere in Cassa Edile oggi non disponibili) e sulla formazione dei lavoratori.
Metodologia
Attività – Fasi – Interrelazioni
La metodologia proposta poggia su una strategia collaborativa e di fiducia col sistema delle imprese basato su protocolli di adesione agli obiettivi regionali e su un approccio learning by doing in ragione della natura complessa del problema da affrontare, che richiede cioè non solo attività efficaci ed efficienti sui singoli obiettivi di dettaglio ma soprattutto adeguati ad un’azione di sistema, per la quale occorrerà di volta in volta reperire le risorse umane più idonee per garantire professionalità e cooperazione.
La scelta del “dare fiducia” è invece corrispondente allo spirito stesso delle norme sulla gestione aziendale e sul miglioramento, che non devono solo attestare o certificare l’esistenza di una astratta capacità di governo dei processi ma piuttosto garantire al committente interessato anche la possibilità di fissare contrattualmente l’accesso a documentazioni di conformità dei processi definite da rigorosi piani di controllo. La effettiva capacità di documentare risultati e processi è concepita proprio per evidenziare l’affidabilità delle strutture produttive e per riorientare le prassi e le esigenze di verifica esterna: in questo senso l’attività di vigilanza si può spostare almeno parzialmente dal livello dall’ispezione sul campo a quello della documentazione dei risultati e dei miglioramenti, esattamente come nei confronti delle risorse umane, ove quelle maggiormente qualificate sono monitorate raramente e valutate sull’efficacia nel conseguimento degli obiettivi mentre quelle meno professionalizzate sono seguite in continuità e giudicate soprattutto in base alla loro efficienza.
L’attività da intraprendere sarebbe pertanto quella di favorire comportamenti consapevoli da parte dei soggetti pubblici e privati coinvolti sull’assunzione di politiche specifiche e l’adesione a protocolli mirati agli obiettivi specifici di cui sopra, sostenuti da idonee misure di riconoscimento degli investimenti e da supporti di vario genere. La possibilità di effettuare campagne d’ispezione “tradizionali” sui soggetti non aderenti ai protocolli e di effettuare verifiche su questi ultimi in base a un piano di controllo secondo criteri predefiniti e opportune documentazioni.
Questo criterio di ordine generale tende ad alleggerire le attività inerenti ai soggetti che si impegnano a rispettare gli obiettivi d’interesse collettivo, con una dichiarazione di politica aziendale e una evidenziazione delle proprie capacità di metterla in opera e con la sottoscrizione di accordi.
La definizione di protocolli e di norme comportamentali cui aderire volontariamente potrebbe essere incentivata in varie forme ma dovrebbe comunque essere anche supportata da un’azione
diretta delle Pubbliche Amministrazioni nei confronti dei propri organi tecnici o dei propri ausiliari tecnici. Si pensi, ad es., al ruolo che i Direttori Lavori possono (e devono) svolgere alla luce della legge quadro sulle opere pubbliche. Attività di sensibilizzazione, formazione, orientamento, assistenza sono inoltre un elemento fondamentale della metodologia in questione.
Va da sé che un’azione così complessa e articolata esige necessariamente una struttura finalizzata stabile e non un semplice gruppo di lavoro: questa struttura potrebbe assumere la fisionomia di un Centro Operativo con compiti di programmazione operativa, realizzazione e di monitoraggio rispondendo per la valutazione al gruppo di lavoro o ad altro soggetto incaricato.
Dal punto di vista operativo l’ipotesi progettuale considera sin da ora un intervento di durata poliennale, in quanto l’alto livello delle aspettative e le difficoltà operative effettive debbono considerare l’ipotesi di aggiustamenti in itinere e prefigurare idonei tempi di promozione, adesione e sperimentazione. Esiste poi la necessità di verificare la manutenibilità dell’azione, che è un problema assai rilevante. In prima approssimazione vengono pertanto individuate quattro fasi annuali.
Fase 1: Primo Anno
- Istituzione del gruppo di lavoro per la definizione del modello d’intervento
- Specifica degli obiettivi specifici assegnati, delle modalità di misura e delle risorse assegnate
- Definizione di un modello e di un programma operativo sperimentale
- Individuazione di singole azioni di sensibilizzazione/orientamento/assistenza
- Individuazione di soggetti con cui procedere ad azioni sperimentali
- Costituzione del Centro Operativo del progetto
- Coordinamento degli enti coinvolti (Inps, Inail, Direzione del Lavoro, Province…)
- Definizione di accordi, protocolli, strumenti e loro predisposizione
- Prima sperimentazione parziale di singole misure in base alle risorse assegnate
- Primo monitoraggio e autovalutazione
- Predisposizione di un Modello generale declinato sulle costruzioni
- Presentazione dell’iniziativa
Fase 2: Secondo Anno
- Attivazione del modello definito e coinvolgimento operativo delle strutture interessate.
- Attività di supporto alle imprese aderenti con meccanismi premiali o di sostegno
- Coordinamento delle attività di vigilanza e controllo, implementazione di archivi integrati
- Operatività del Centro Risorse
- Diffusione e comunicazione
- Formazione di operatori pubblici e privati
-Eventuali proposte di modifiche normative in tema di appalti
- Studio di declinazione per il comparto delle pulizie
- Individuazione di altri comparti a cui allargare l’attività
- Verifica e presentazione del modello corretto Fase 3: Terzo anno
- Aggiustamento operativo del modello edilizia
- Piena operatività degli archivi integrati
- Coordinamento delle attività dei soggetti coinvolti
- Inizio sperimentazione comparto pulizie
- Studio di declinazione su altri comparti
Fase 4: Quarto anno
- Il modello Emilia-Romagna: presentazione nazionale
- Manutenzione del modello edilizia
- Aggiustamento del modello pulizie
- Inizio sperimentazione altro/i comparto/i
Per quanto concerne le interrelazioni, non sono qui prese in considerazione quelle riferite agli aspetti “politici” con altri soggetti istituzionali o con le parti sociali. Queste dovranno essere oggetto di una apposita riflessione nonché di una eventuale azione specifica di coinvolgimento. In sede operativa andranno peraltro definite le interrelazioni e i protocolli tecnici per la fornitura e l’accesso delle informazioni, nonché per il monitoraggio e l’autovalutazione.
Risultati previsti
Uno schema di ipotetici obiettivi, attività e strumenti probabilmente di chiarire meglio i possibili risultati dell’azione integrata.
ATTIVITA’ SETTORI REGIONALI OBIETTIVI SPECIFICI VANTAGGI
Integrazione delle misure Presidenza Definizione di un modello operativo Coinvolgimento Società su strategia regionale
Riduzione degli infortuni sul lavoro Sanità Misura della riduzione e dichiarazioni aziendali Possibilità di confronto e di autovalutazione aziendale
Miglioramento dei sistemi di gestione aziendali Industria Sistemi di gestione anche non certificati per la sicurezza e ambiente Impegno a formare lavoratori e a fornire dati per cantiere e casse edili Razionalizzazione azioni di vigilanza sulle condizioni di lavoro Formazione
e Lavoro Diversificazione della vigilanza, su risultati e su modalità per sicurezza e regolarità Diffusione degli strumenti e delle iniziative di formazione per la sicurezza Più cantieri controllati seppur diversamente. Concentrarsi su chi non si assume impegni.
Valorizzazione e consapevolezza del ruolo committente pubblico Patrimonio
Edilizia Adesione a protocolli con definizione di standard e coinvolgimento generale. Controlli tecnico-professionali Impegno a fornire dati più puntuali per cantiere.
Maggior definizione dei controlli da parte P.A.
Il primo dei prodotti attesi è naturalmente il MODELLO generale d’intervento e le sue prassi operative necessariamente declinate in base al comparto di riferimento: industria meccanica, agricoltura, turismo sono solo alcune dei comparti per cui si pongono problematiche del tutto differenziate.
Altri prodotti sono:
- l’arsenale di strumenti necessari per sostenere le singole misure a partire dal Centro Risorse Operativo o da altra eventuale struttura di riferimento, col bagaglio di prassi e documentazioni.
- Gli archivi di riferimento e i protocolli di comunicazione
- Le buone pratiche codificate e gli accordi ad adesione volontaria
- La formazione del personale
- Gli standard richiesti alle imprese
- Le modalità di monitoraggio e autovalutazione
- L’attivazione di risorse per il miglioramento complessivo del sistema
Una definizione più puntuale delle documentazioni è rimandata ad un successivo approfondimento così come quella di un programma di diffusione, che deve comunque essere concepito come parte integrante dell’eventuale progetto.