Norma di riferimento: art. 1590 c.c. Restituzione della cosa locata
L’obbligo di restituire la cosa locata (art. 1590 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1590 c.c. Restituzione della cosa locata
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1590
[1] Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesi- mo in cui l’ha ricevuta, in conformita` della descrizione che ne sia stata
fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformita` del contratto.
[2] In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione.
[3] Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetusta`.
[4] Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate.
Riferimenti normativi: artt. 1587, 1591 c.c.; L. 27.7.1978, n. 392; L. 9.12.1998, n. 431.
Bibliografia: Catelani, Manuale della locazione, 3ª ed., Milano, 2001; Id., Manuale della locazione, 2ª ed., Milano, 1997; Cuffaro (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972; Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980; Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972; Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 12, Torino, 2007.
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Sommario: 1. Cenni introduttivi. 2. Il contenuto del vincolo restitutorio. 3. La presunzione del buono stato di manutenzione al momento della presa in consegna della cosa. 4. Inesatta riconsegna della cosa locata e diritto di rifiuto.
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1. Cenni introduttivi
A Per espressa disposizione normativa, il conduttore e` tenuto a restituire il bene og- getto della locazione nel medesimo stato in cui la ha ricevuta, e tale obbligazione, che sorge contestualmente all’accettazione in consegna della cosa stessa (³ C. 72/2008), diviene attuale al momento dello scioglimen- to del rapporto di locazione, da qualsiasi causa esso dipenda.
B Si tratta di un vincolo qualificato, da dot- trina autorevole, come avente carattere con- trattuale (Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, in Tratt.
Xxxxxxxx, 12, Torino, 2007, 74). E` pacifico
comunque che essa viene in considerazione quale obbligazione autonoma rispetto all’ob- bligo di conservazione di cui all’art. 1587 c.c., la cui violazione puo` dar luogo all’ese- cuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2931 c.c. ed al risarcimento del danno. Se-
guendo l’impostazione predominante, e quindi qualificando tale vincolo quale obbli- gazione contrattuale, soltanto il locatore puo` esigerne l’adempimento in quanto egli stesso e` parte del rapporto negoziale, non quindi il proprietario, ne´ il titolare di altro diritto rea- le (Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972, 477; Trifone, 495), con la conseguenza per cui, in caso di sublo- cazione, il soggetto legittimato a ricevere la consegna della res sara` soltanto il sublocato- re (salva la speciale surroga di cui all’art. 1595, 3º co., c.c.). L’argomento del luogo dell’adempimento dell’obbligazione costitui- sce questione non pacifica, soprattutto per quanto concerne la restituzione dei beni mo- bili, per i quali alcuni sostengono che l’ob- bligazione debba essere adempiuta al luogo in cui si e` avuta la consegna (Trifone, 75); per altri, invece, si deve aver riguardo al luo- go in cui il contratto e` stato concluso (Xxxxx,
La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Mes- sineo, XXV, Milano, 1972, 473); vi e` anche un’opinione isolata (Catelani, Manuale della locazione, 2ª ed., Milano, 1997, 286) per la quale la restituzione delle cose mobili va ef- fettuata al domicilio del locatore, e quella degli immobili nel luogo in cui si trovano o tramite consegna delle chiavi al domicilio del locatore. Per il caso in cui quest’obbligo sia violato, si ritiene prevalentemente che il ri- medio esperibile da parte del locatore consi- sta nella domanda di risoluzione del contrat- to (Provera, Locazione. Disposizioni genera- li, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571- 1606, Bologna-Roma, 1980, 308).
Ai sensi della norma qui in esame, la respon- sabilita` del conduttore (o dei conduttori, qualora siano piu` persone, trovando in tal caso applicazione le norme sulla solidarieta` passiva) si verifichera` nelle seguenti ipotesi:
a) mancata riconsegna del bene al termine stabilito; b) tardiva riconsegna; c) deteriora- mento della cosa (Xxxxx, 314). Per quanto riguarda i termini per la restituzione, si deve avere riguardo al combinato disposto degli artt. 1596-1597 c.c. Qualora al termine del contratto il bene locato presenti deteriora- menti, ovvero si accerti una consistente im- mutazione rispetto alle sue caratteristiche originarie, incombera` sul conduttore l’onere di provare l’esclusione della sua responsabi- lita` per danni (Provera, 312). Del resto, sal- va la facolta` di agire per il risarcimento del danno, il locatore potra` legittimamente rifiu- tarsi di riprendere in consegna il bene rila- sciato in condizioni deteriori (Provera, 309; contrario pero` Mirabelli, 487), o potra` rice- vere in consegna la cosa e, successivamente, proporre azione contro il conduttore per il pessimo stato di manutenzione del bene.
A La disposizione contenuta nell’art. 1590
c.c. enuncia una regola generale dalla quale discende l’obbligo, in capo al conduttore, di restituire la cosa avuta in godimento – ad esempio, mediante la riconsegna delle chiavi dell’immobile o con la incondizionata messa a disposizione del medesimo, anche senza che sia al riguardo necessaria la redazione di un relativo verbale (C. 5841/2004) – nello
stato in cui la ha ricevuta in consegna, fatta salva la possibilita` di un deterioramento ‘‘normale’’ della cosa locata, conseguente al- l’uso corretto del bene (in conformita` delle pattuizioni contrattuali) oppure alla vetusta` (ex art. 1609 c.c.); deterioramento che rien- tra nella liceita` giuridica del godimento e che, quindi, il locatore e` tenuto a sopportare. Pertanto, nell’ipotesi in cui le parti abbiano pattuito che il conduttore e` tenuto al risarci- mento dei danni derivanti dal cattivo uso dell’immobile locato, non viene introdotta una limitazione di responsabilita` rispetto al principio generale dettato dalla norma de qua, non potendo, un cattivo uso, essere con- forme al contratto e, viceversa, non costi- tuendo un danno risarcibile il normale dete- rioramento, salvo l’obbligo del conduttore di provvedere alle riparazioni di piccola manu- tenzione (C. 8312/1997). Si puo`, quindi, af- fermare che, nella generalita` dei casi, se al momento della riconsegna l’immobile locato presenta danni eccedenti il normale deterio- ramento, incombe sul conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per ripristi- nare lo status quo ante, ma anche nel canone dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione ed il completamento di tali lavo- ri, cio` senza che sia necessario che il locatore sia tenuto a provare di aver ricevuto richieste di terzi per la locazione rimaste insoddisfatte a causa dei lavori (³ C. 14608/2004; C. 6417/1998). In particolare, la giurisprudenza ha evidenziato che: l’obbligo di restituire la cosa locata sorge nel momento in cui il con- duttore accetta la consegna (C. 2008/1972), dovra` esser adempiuto nel luogo dove essa e` avvenuta (C. 265/1977) e configura un’ipo- tesi di responsabilita` contrattuale (C. 2458/ 1977), avente ad oggetto un facere atipico (la restituzione della res locata), che va eseguito nei confronti del locatore, indipendentemen- te dalla circostanza che ne sia o meno il pro- prietario (C. 539/1997). Siffatta responsabi- lita`, in ipotesi di cessione del contratto di locazione, si trasferisce in capo al cessionario (C. 12325/1997) e, comunque, ricade su chiunque abbia la disponibilita` di fatto sulla
cosa, in base a un titolo non contrario a nor- me di ordine pubblico (³ C. 10627/1998; C. 539/1997). Perche´ il conduttore possa rite- nersi esonerato da ogni responsabilita` per danni all’immobile locato non e` sufficiente la prova che il rapporto locatizio si risolse consensualmente prima dell’evento dannoso, dovendo costui altresı` provare di aver resti- tuito effettivamente l’immobile, in adempi- mento dell’obbligo posto a suo carico dal- l’art. 1590 c.c. (C. 5270/1996). Talvolta, pe- ro`, si e` riconosciuto che il conduttore non e` obbligato al risarcimento se dal deteriora- mento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all’uso della cosa in confor- mita` del contratto, per particolari circostan- ze, al locatore non e` derivato alcun danno patrimoniale, come nel caso in cui la restitu- zione fosse avvenuta per consentire la ristrut- turazione dell’immobile sul cui costo il dete- rioramento non comporta alcuna incidenza economica ( ! C. 5328/2007; C. 9872/2005;
C. 8751/1996). Di recente, la Suprema Corte
ha precisato che, ad integrare l’adempimento dell’obbligazione del conduttore di rilascio dell’immobile locato all’atto dell’estinzione del rapporto di locazione, non e` necessario che l’obbligazione sia eseguita nel rispetto di tutte le modalita` descritte dall’art. 1590 c.c. (C. 580/2001).
L’obbligo di restituire la cosa locata secondo le condizioni di cui alla norma in commento, pur avendo natura contrattuale, non ha ca- rattere sinallagmatico, essendo esso piuttosto una conseguenza della natura di contratto a termine, che e` propria della locazione. Esso sorge pertanto alla scadenza della locazione stessa (C. 11189/2007).
2. Il contenuto del vincolo restitutorio
B La restituzione deve avere ad oggetto lo stesso bene dato in locazione. Al fine di ri- salire alla situazione al momento della conse- gna e` possibile far riferimento ad un atto scritto o notorio, o ad un verbale di consi- stenza che, qualora venga sottoscritto, assu- me il valore di una confessione (Xxxxxxxxx, 481), od anche ad una prova testimoniale. Per quanto concerne poi la natura giuridica
della ‘‘descrizione’’, essa viene ritenuta una dichiarazione confessoria reciproca, che i contraenti si rendono sulle condizioni della cosa locata al momento della consegna. An- corche´ di regola dovrebbe esser redatto un verbale sottoscritto dalle parti, si ritiene che possa avere valore anche una descrizione orale, di cui si raggiunga la prova per testi- moni (Mirabelli, 482). In mancanza, soccor- re la presunzione di buono stato di manuten- zione, ai sensi del 2º co. della norma in com- mento presunzione relativa (o iuris tantum) alla quale il conduttore puo` opporre la prova specifica di uno stato diverso, e che ha effet- to sia a favore, che contro, entrambe le parti (Mirabelli, 482). Pertanto, secondo quanto si e` osservato in dottrina dottrina, la mancata descrizione dello stato originario della res locata potrebbe nuocere anche al locatore, ricadendo su di lui la prova delle eventuali alterazioni o innovazioni (Mirabelli, 481). Infine, per cio` che concerne la norma di cui al 3º co., ci si potrebbe trovare prima facie dinanzi ad una disposizione priva di contenuto normativo nel caso in cui si rilevi che, se unica causa del deterioramento e` la vetusta`, non sussiste alcun nesso eziologico tra il comportamento del conduttore ed il deterioramento stesso. In ultima analisi, e` opportuno precisare che il diritto del locato- re al risarcimento del danno da inesatta ri- consegna sussiste anche se non vi sia stata contestazione nel momento della restituzione (Mirabelli, 482) e si prescrive nel termine ordinario. Nel caso di controversia, la mora restitutoria non e` esclusa dalla mera resisten- za in giudizio del conduttore, ferma restando la responsabilita` processuale ai sensi dell’art. 96 c.p.c. in caso di opposizione a puro scopo dilatorio.
A Secondo la norma in commento, il con-
duttore adempie correttamente l’obbligo della riconsegna quando consegna la casa lo- cata che presenta solo un deterioramento normale ( ! T. Modena, 10.7.2002), sempre che la consegna non sia avvenuta con colpo- so ritardo (C. 9160/2002). Inoltre, laddove al termine del rapporto locatizio le parti non procedano contestualmente alla riconsegna
delle chiavi, alla verifica della condizioni del- l’appartamento e degli eventuali danni arre- cati dal conduttore, cio` non significa volonta` abdicativa del diritto del locatore al risarci- mento del danno (C. 10152/1993). In parti- colare, quando un immobile e` destinato per contratto a piu` usi, comunque tutti rientranti nella stessa disciplina giuridica, e` consentito al conduttore di utilizzare il bene anche per uno solo di essi, escludendosi l’applicazione dell’art. 80 l. eq. can., salvo patto contrario (C. 6319/1988). In tema di locazioni per uso abitativo soggette per la quantificazione del canone alla L. 27.7.1978, n. 392, una recente pronuncia giurisprudenziale ha chiarito che la clausola che obbliga il conduttore ad eli- minare, a fine locazione, le conseguenze del deterioramento subite dalla casa per il suo normale uso (ad es. ponendo a suo carico la tinteggiatura delle pareti) e` da ritenersi nulla ai sensi dell’art. 79 della stessa legge (C. 11703/2002).
3. La presunzione del buono stato di manutenzione al momento della presa in consegna della cosa
A Il dettato di cui al 2º co. della norma in esame e` valido ed operante solo nel caso in cui non si sia anteriormente provveduto alla descrizione delle cose consegnate al condut- tore (C. 3045/1957). Al fine di superare tale presunzione, che si applica a tutte le locazio- ni, di qualunque durata, il conduttore deve provare che le non buone condizioni dell’im- mobile all’inizio della locazione dipendevano dall’incuria del locatore nella manutenzione del bene (C. 14305/2005).
B Trattasi di presunzione relativa (o iuris tantum) alla quale il conduttore puo` opporre la prova specifica di uno stato diverso.
4. Inesatta riconsegna della cosa locata e diritto di rifiuto
Tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, si sostiene che il locatore ha diritto di rifiu-
tare la riconsegna della cosa nel caso in cui essa presenti gravi difformita` rispetto alle condizioni nelle quali fu presa in consegna dal conduttore, o qualora sia affetta da lesio- ni. In tale circostanza, si ritiene che gravi sul conduttore l’obbligo di continuare a corri- spondere il canone locatizio fino al momento in cui questi non proceda alla esatta conse- gna della cosa.
A In varie pronunce giurisprudenziali si e` affermato che il locatore puo` rifiutare un’i- nesatta riconsegna e, in tal caso, il condutto- re e` tenuto al pagamento del corrispettivo fino al momento dell’esatto adempimento ai sensi dell’art. 1591 c.c. (C. 3210/1971), ma di recente la S.C. ha evidenziato che il principio desumibile dall’art. 1590 c.c., che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell’immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla rimessione in pristino, va coordinato con il principio di cui all’art. 1227 c.c., 2º co., secondo cui il creditore – in virtu` della regola dell’ordinaria diligenza – ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito. Pertanto, il lo- catore – nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento del conduttore all’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione, ai sensi dell’art. 1576
c.c. – non potra` rifiutare la riconsegna, ma potra` soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile, comprenden- te le spese necessarie per la rimessione in pristino e per la mancata percezione del red- dito nel periodo occorrente a tali lavori (C. 5600/2004); mentre xxxxx` rifiutare la ricon- segna della res locata nell’ipotesi in cui il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo contrattuale di provvedere alle riparazioni eccedenti l’ordinaria manutenzione o abbia, di sua iniziativa, apportato trasformazioni o innovazioni ( ! C. 16685/2002; C. 6856/ 1998).
Xxxxx Xxxxxxxxxx
I danni da ritardo nella restituzione della cosa (art. 1591 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1591 c.c. Danni per ritardata restituzione
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1591
[1] Il conduttore in mora a restituire la cosa e`tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risar-
cire il maggior danno.
Riferimenti normativi: artt. 1216, 1220, 1224, 1227 c.c.; L. 27.7.1978, n. 392; L. 9.12.1998,
n. 431.
Bibliografia: Xxxxxxxx Xxxx, Risarcibilita` dei danni per ritardato rilascio della cosa locata, in GC, 1954; Cuffaro (a cura di), Le nuove locazioni abitative, Milano, 2000; de Xxxxx, Ritardata restituzione del bene: al locatore la prova del maggior danno, in IeD, 2005, 4, 59; Xxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx e sublocazioni, Milano, 1956; Xxxxxx, La locazione, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1967; Paoliceli, Disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso abitativo, in NLCC, 1998; Patti (a cura di), Il nuovo diritto delle locazioni abitative, Milano, 2001; Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Ro- ma, 1980; Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972; Xxxxxxx, Commentario alla L. 31 marzo 1979, n. 93, in NLCC, 1979; Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di immobili urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 12, Torino, 2007.
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Sommario: 1. Natura giuridica e contenuto della responsabilita`. 2. La costituzione in mora.
3. La mora restitutoria. 4. La prova del danno. 5. La prescrizione. 6. L’art. 1591 c.c. e il contratto di affitto. 7. I danni per ritardata restituzione nella locazione di immobili urbani. 8. La disciplina del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo secondo la L. n. 431/1998 (rinvio).
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1. Natura giuridica e contenuto della responsabilita`
La norma qui in esame contiene espressa- mente la sanzione del comportamento del conduttore il quale ritardi nella restituzione della cosa ricevuta in locazione.
A Trattandosi di un’obbligazione avente ca- rattere contrattuale, anche l’azione per otte- nere il risarcimento del danno xxxx` ascrivibile alla medesima natura giuridica, come si e` affermato anche in giurisprudenza (C. 14624/2004).
B Il disposto di cui al dettato normativo de quo integra una fattispecie conforme al prin- cipio generale per cui mora perpetuat obliga- tionem, con la conseguenza per cui l’obbliga- zione del conduttore trae la sua origine nel precetto di cui all’art. 1218 c.c. (Provera, Lo- cazione. Disposizioni generali, in Comm. Scia- loja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Ro-
ma, 1980, 319). Attribuendo carattere con- trattuale all’obbligazione di pagamento del ca- none in capo al conduttore, si deve operare la distinzione tra tale debito che viene ad essere determinato sin dal momento della sua nascita in una espressione monetaria, e che quindi e` certamente ascrivibile al novero dei debiti di valuta, in quanto tali governati dal principio nominalistico ex art. 1277 c.c., e l’eventuale obbligo di risarcire il maggior danno patito dal locatore, vincolo per il quale, non essendo fin dal principio un debito di natura pecunia- ria, ma traducendosi in un concreto e specifico ammontare monetario solo al momento della pronuncia giudiziale di liquidazione, si deve tener conto della svalutazione monetaria veri- ficatasi nel periodo intercorrente tra il manca- to rilascio e la liquidazione del danno (Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messi- neo, XXV, Milano, 1972, 476).
A Si riscontrano molteplici pronunce signi- ficative a favore della tesi secondo cui l’ob- bligo di pagare il corrispettivo convenuto fi- no alla data della riconsegna integra un de- bito di valuta di natura contrattuale (C. 23450/2004; C. 7546/2002; contra: C.
11759/2002 in cui si afferma che l’obbligo del conduttore di pagare il canone dopo la cessazione della locazione e fino al rilascio dell’immobile discende dalla legge e non dal contratto), analogo a quello di pagamen- to del canone di locazione e, come tale, non e` suscettibile di rivalutazione monetaria, ma che produce interessi solo dal giorno della domanda, salvo il maggior danno ex art. 1224 c.c. ove se ne dimostri la sussistenza (C. 7670/1993). L’obbligazione di corrispon- dere il canone fino alla consegna effettiva del bene grava anche in capo al conduttore-com- proprietario (C. 18524/2007). Si e` poi evi- denziato che in tale corrispettivo dovuto ex art. 1591 c.c. dopo la cessazione de iure del rapporto, fino alla riconsegna dell’immobile, si annoverano anche gli aumenti stabiliti dal- le sopravvenute normative speciali, dal mo- mento che l’indennizzo puo` essere sempre commisurato alla misura convenzionale o le- gale dei canoni per il periodo in cui si e` protratta l’occupazione di fatto del bene, senza che la richiesta, da parte del locatore, di tali aumenti comporti la volonta`, in capo allo stesso, di riattivare il rapporto di loca- zione (³ C. 9488/2007; C. 10644/2002).
In caso di risoluzione del contratto di loca-
zione per impossibilita` sopravvenuta della prestazione, e` da escludersi l’operativita` della norma qui in esame, dal momento che non si configura ne´ il godimento, anche di mero fatto, dei beni gia` locati ne´ la possibilita` di una utilizzazione diretta o di un reimpiego, da parte del locatore, del bene medesimo nel periodo intercorrente tra la cessazione del contratto e la effettiva riconsegna del bene stesso (C. 17844/2007).
2. La costituzione in mora
A Il rimedio della costituzione in mora del conduttore che ritardi nella restituzione della cosa puo` essere esperito dal locatore sia me-
diante disdetta sia presentando una doman- da giudiziale di risoluzione del contratto di locazione. L’obbligazione di riconsegna inte- gra un vincolo avente ad oggetto un facere indivisibile, con la conseguente possibilita` di applicare le norme che disciplinano tale ca- tegoria di obbligazioni. Pertanto, conforme- mente a cio`, la disdetta del rapporto locativo inviata ad uno soltanto degli eredi del con- duttore defunto e` idonea a costituire in mora tutti (C. 3413/1968). La costituzione in mora del conduttore, che determina il sorgere de- gli obblighi risarcitori di cui all’art. 1591 c.c., si determina altresı` sia nel caso di risoluzione giudiziale del contratto (ex art. 1458, 1º co., c.c.) – ma in tal caso ai fini dell’emissione della sentenza costitutiva di risoluzione del contratto per morosita` il giudice dovra` valu- tare la gravita` dell’inadempimento del con- duttore anche alla stregua del suo comporta- mento successivo alla proposizione della do- manda, quale ad esempio la condotta soluto- ria tenuta in udienza (C. 6518/2004) –, sia nel caso di risoluzione di diritto (ex artt. 1456 e 1457 c.c.), dal momento della propo- sizione della domanda e non da quello del suo accoglimento (C. 10115/1997). Vicever- sa, nel caso in cui sia il locatore a non rice- vere in consegna il bene dal conduttore, que- st’ultimo puo` costituirlo in mora con la com- plessa procedura di cui agli artt. 1209 e 1216
c.c. che ne comporta la liberazione dall’ob-
bligo di pagamento del corrispettivo (C. 2086/2002). In mancanza di una tale offerta formale, unica in grado di costituire in mora il locatore, l’adozione da parte del condutto- re di altre modalita` serie, concrete e tempe- stive – quali ad esempio la convocazione per iscritto del locatore per consegnargli le chiavi dell’immobile e redigere il verbale di conse- gna – aventi valore di offerta reale non for- male (ex art. 1220 c.c.), e sempreche´ non sussista un legittimo motivo di rifiuto da par- te del locatore, e` tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore (³ C. 2086/2002; C. 2419/1999). Si deve tuttavia osservare che, come e` stato anche precisato dalla Suprema Corte, l’esclusione della mora del conduttore nella restituzione dell’immobile locato, per
effetto di una offerta non formale ai sensi dell’art. 1220 c.c., vale a preservarlo dalla responsabilita` per il ritardo e, quindi, ad escluderne l’obbligo di corrispondere al lo- catore, a titolo risarcitorio, il ‘‘maggior dan- no’’, ma non esclude anche il pagamento del canone (cio` anche nel caso in cui il condut- tore abbia smesso di utilizzare l’immobile secondo la destinazione convenuta), potendo il conduttore sottrarsi al pagamento solo at- traverso la riconsegna dell’immobile o l’of- ferta formale ai sensi dell’art. 1216 c.c., con il risultato di costituire in mora accipiendi il locatore e liberarsi definitivamente della sua obbligazione (³ C. 1941/2003).
3. La mora restitutoria
A Il conduttore in ritardo nella riconsegna della cosa locata e` tenuto, dalla data di ces- sazione del contratto, al pagamento del cor- rispettivo convenuto fino alla riconsegna, che costituisce il paramento di riferimento per la quantificazione del danno minimo da risarcire. Tuttavia, la determinazione dell’im- porto dovuto a titolo di risarcimento viene in concreto correlato al danno effettivamente subito, e quindi al periodo di effettiva occu- pazione (³ C. 2525/2006, C. 8240/2003), in aggiunta al risarcimento del maggior danno subito dal locatore (C. 11843/1997). Si deve osservare che il credito che sorge per effetto del diritto al pagamento del corrispettivo convenuto fino alla riconsegna – costituendo una forma di risarcimento minima prevista dalla legge per la mancata disponibilita` del- l’immobile – prescinde dalla prova di un danno concreto al locatore (C. 6368/1995); al contrario, il maggior danno deve esser di- mostrato dal locatore stesso. Il conduttore in mora, indipendentemente da qualsiasi prova fornita dal locatore, e` pertanto tenuto a cor- rispondere al locatore un importo che viene quantificato avendo come parametro il xxxx- ne legale (C. 4401/1986) – secondo le previ- sioni della legislazione speciale in tema di immobili urbani che ha integrato la discipli- na codicistica (C. 10733/1993), compresi eventuali aumenti o adeguamenti del canone (C. 9464/1997) ed oneri accessori (C. 17201/
2002), rimanendo pero` in facolta` del giudice, in sede di condanna al rilascio, l’emanazione di una sentenza generica –, mentre nel caso in cui il locatore adduca di aver subito un danno ulteriore, costui dovra` fornirne la pro- va, ad esempio, dimostrando di non aver po- tuto vendere o affittare l’immobile. Quanto alla prova del maggior danno che ricade sul locatore, la giurisprudenza non e` univoca. In alcune pronunce, la S.C. ha sostenuto che non sara` sufficiente una generica contesta- zione, incombendo piuttosto sul locatore l’o- nere di fornire una prova rigorosa della sua sussistenza e del suo concreto ammontare (³ C. 4864/2000; C. 1645/2000; C. 4968/
1997), ad esempio dimostrando l’esistenza di precise proposte di vendita o locazione ad un corrispettivo piu` elevato ovvero di altri concreti propositi di utilizzazione (³ C. 268/ 2005; C. 21581/2004; C. 14624/2004; C.
9545/2002). In altre sentenze, invece, si e` ritenuta sufficiente la prova di una differenza fra il canone di mercato concretamente otte- nibile e quello effettivamente percepito (³ C. 1032/1996; A. Bari, 4.3.2005, n.
191), o si e` affermato che il maggior danno e` desumibile, in virtu` di presunzioni, dalla notoria insufficienza di alloggi abitativi ad equo canone ( ! C. 10115/1997); recente- mente la Suprema Corte ha invece stabilito che la prova per presunzioni e` a tal fine am- missibile ma le presunzioni (che devono es- sere gravi, precise e concordanti ai sensi del- l’art. 2729, 1º co., c.c.) non possono essere invocate in astratto, al solo scopo di dimo- strare l’esistenza di un maggior canone di mercato, ma devono essere idonee a fornire la prova che in concreto in capo al locatore si e` verificato un danno derivante dalla condot- ta del conduttore (C. 13628/2004). La giuri- sprudenza ha inoltre chiarito che, qualora sia stato accertato che il conduttore abbia ingiu- stificatamente rifiutato di restituire l’immo- bile locatogli, costui non puo` addurre, quale giustificazione del ritardo, la pendenza del giudizio nel quale aveva infondatamente ec- cepito la proroga del contratto, ma deve ri- sarcire i danni prodotti al locatore, in osse- quio al principio di cui all’art. 1591 c.c. (C.
5086/1996). Il diritto del locatore al risarci- mento del danno da ritardata consegna non puo` essere inficiato ne´ dalla circostanza che il giudice – ai sensi dell’art. 56, L. 27.7.1978,
n. 392 – abbia stabilito un termine di conse- gna per la fase esecutiva successivo alla sca- denza del rapporto (³ C. 5798/1998; C. 8662/1991), ne´ dalla legislazione contingente che incida sull’attuazione della sentenza di sfratto (C. 10032/1998), o che sospenda l’e- secuzione degli sfratti (C. 4420/1977). La mora del conduttore e` esclusa nel caso in cui egli stesso abbia, nel termine previsto, realizzato un’offerta non formale ai sensi del- l’art. 1220 c.c. In tal caso, questi non dovra` corrispondere al locatore a titolo risarcitorio il ‘‘maggior danno’’, ma solo il normale ca- none, e cio` anche nel caso di mancato uso dell’immobile (C. 1941/2003).
4. La prova del danno
A Il ritardo nella riconsegna obbliga il con- duttore a pagare una somma pari al corri- spettivo convenuto per ottenere il quale non occorre al locatore fornire la prova del danno subito (C. 2328/2000; C. 6291/1995), ricadendo sul conduttore l’onere di dimo- strare l’avvenuto pagamento e l’effettiva re- stituzione del bene locato (C. 9199/2003). Sul locatore grava, invece, l’onere della pro- va relativa alla richiesta di risarcimento del danno ulteriore, che va provato in concreto dal locatore «secondo le regole ordinarie» (cosı` C. Cost., 9.11.2000, n. 482). Cio` signi- fica che la prova di tale danno si sostanzia nell’onere, da parte del locatore, di dimo- strarne tanto la sussistenza quanto il suo con- creto ammontare, non essendo tuttavia egli stesso a fornire prova del dolo o della colpa del conduttore il quale, per esimersi da re- sponsabilita`, e` tenuto a dimostrare che il ri- tardo e` stato determinato da impossibilita` della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (C. 6291/1995). Xxx` precisa- mente, in alcuni casi si e` affermato che il maggior danno che il locatore assuma di aver subito per effetto della morosita` del condut- tore e del mancato tempestivo rilascio del- l’immobile locato, trovando la sua origine
in una fonte di responsabilita` ex contractu, richiede – da parte del locatore – una prova rigorosa della sua sussistenza e del suo con- creto ammontare (³ C. 4864/2000; C. 1645/ 2000; C. 4968/1997). L’obbligo risarcitorio non sorge, infatti, automaticamente in virtu` dell’astratta utilizzabilita` dell’immobile a fini locativi, dovendo piuttosto essere accertato in relazione alle concrete caratteristiche del- l’immobile, affinche´ si possa procedere alla verifica della sussistenza di un’effettiva lesio- ne del patrimonio del locatore, ravvisabile qualora quest’ultimo dimostri di non averlo potuto concedere in locazione o alienare a condizioni vantaggiose (³ C. 7499/2007; C. 268/2005; C. 21581/2004; C. 14624/ 2004; C. 13628/2004; C. 9545/2002; C.
10485/2001; C. 1133/1999; C. 4968/1997; C. 6359/1995; C. 7670/1993). Tuttavia, ap-
pare opportuno osservare che la stessa S.C., in altre pronunce, ha ritenuto non necessa- rio, ai fini del raggiungimento della prova del maggior danno, quella di una ‘‘specifica’’ trattativa locativa ad un canone maggiore di quello percepito, ritenendo sufficiente la prova di una differenza fra il canone di mer- cato concretamente ottenibile e quello effet- tivamente percepito (C. 1032/1996). Tale prova, si e` sostenuto in alcuni casi, puo` esse- re data anche per presunzioni, sempre che queste presentino i requisiti previsti dall’art. 2729, 1º co., c.c. e consentano di ritenere dimostrato il fatto ignoto, tenuto conto che le presunzioni sono da considerare gravi, precise e concordanti sia quando il fatto da provare segua quelli noti in modo necessario, secondo logica, sia quando da essi derivi nel- la normalita` dei casi (C. 14624/2004; nello stesso senso anche C. 13628/2004). Con ri- guardo ad un particolare caso di specie, con- cernente una circostanza in cui il locatore di un immobile ad uso promiscuo, abitativo e commerciale aveva convenuto un canone in- feriore alla misura legale prevista per l’uso abitativo dall’art. 12, L. n. 392/1978, la
S.C. ha affermato che il locatore assolve l’o-
nere probatorio del maggior danno derivato- gli a causa della mora nella restituzione da parte del conduttore e per il periodo in cui
quest’ultimo ha continuato a godere dell’im- mobile, anche ricorrendo alle presunzioni, quale quella desumibile dalla notoria insuffi- cienza di alloggi abitativi ad equo canone ( ! C. 10115/1997). In tal senso, si riscontra anche qualche recente pronuncia di merito nella quale si e` posto in risalto il rilievo per cui l’accertamento in concreto della lesione subita dal patrimonio del locatore non esige in via necessaria ed esclusiva la prova dell’e- sistenza di ben precise proposte di locazione o di acquisto, o di altri propositi di utilizza- zione, spettando al giudice quantificare, in virtu` di una valutazione complessiva, anche equitativa, delle risultanze istruttorie, il valo- re patrimoniale della disponibilita` dell’im- mobile sottratta al locatore per il tempo in cui si e` protratta la mora nel rilascio da parte del conduttore (T. Firenze, 2.5.2003). Da ultimo si nota come, pur in assenza di una prova specifica e non essendo determinato il danno, sia possibile una condanna generica del conduttore al risarcimento, dal momento che il ritardo nella riconsegna della res loca- ta, da parte del conduttore, integra un com- portamento antigiuridico potenzialmente le- sivo del patrimonio del locatore (³ C. 9160/ 2002; C. 6923/1998; C. 7670/1993; C. 2460/
1991) ed e` possibile anche una liquidazione
equitativa (³ C. 3327/2002; C. 10270/1994; C. 891/1986, contra C. 6291/1995), pur fa- cendosi di norma riferimento, per la liquida- zione del maggior danno, ad alcuni indici significativi, quali i valori di mercato (C. 10023/2004), la particolare dislocazione del- l’immobile ecc. (³ C. 1133/1999; C. 1032/ 1996), o utilizzandosi quale parametro per determinare la somma che deve essere corri- sposta a titolo di risarcimento la differenza tra il canone effettivamente pagato e quello che il locatore avrebbe potuto ottenere da un nuovo contratto di locazione (C. 3533/ 1991).
Qualora il danno da ritardata restituzione sia stato previamente determinato con apposita clausola penale, questa deve esser corrispo- sta anche se il danno sia dipeso da vicende dilatorie dovute a termini fissati in sentenza per l’esecuzione e graduazione dello sfratto o
a proroghe e sospensioni ex lege dello stesso (³ C. 9698/1998; C. 10887/1993).
E’, altresı`, meritevole di una seppur breve notazione una recente sentenza che ha di- chiarato ammissibile in appello la domanda del locatore volta ad ottenere il pagamento dei canoni maturati dopo la sentenza impu- gnata a titolo di danni da ritardata restituzio- ne ex art. 1591 c.c., qualora nel giudizio di primo grado si era chiesto solo il pagamento di quelli gia` scaduti, cio` in quanto i canoni locatizi sono da considerarsi frutti civili (C. 16089/2003).
B In senso conforme all’orientamento giu- risprudenziale, ritenendo quindi necessaria, da parte del locatore, solo la prova del danno ulteriore, e rimanendo dovuto il corrispetti- vo anche se il locatore non prova di aver subito alcun danno, si e` espressa anche la dottrina (Xxxxx, 480). In particolare, la colpa del conduttore per il ritardo nella riconsegna sarebbe presunta, non potendo il conduttore esperire la prova negativa sull’an e sul quan- tum del danno subito dal locatore (Provera, 319), ma dovendo provare, per esimersi da responsabilita`, che il ritardo e` stato dovuto a circostanza a lui non imputabile. In tal ulti- mo caso, pero`, se il conduttore continua a godere o comunque a trarre qualche vantag- gio dalla locazione, il locatore potra` agire nei suoi confronti per indebito arricchimento. L’onere della prova del maggior danno rica- de, invece, interamente sul locatore ed e` in- teso in modo rigoroso, non essendo suffi- ciente che il locatore dimostri il divario tra equo canone e il notorio valore di mercato. Si sottolinea, inoltre, che la norma de qua stabilisce una forma di liquidazione ex lege del danno sofferto dal locatore, applicabile in via analogica anche ad altre figure contrat- tuali, quali ad es. il noleggio, e si collega ad un termine prescrizionale di cinque anni (Provera, 321).
5. La prescrizione
A A fronte del carattere contrattuale dell’a- zione che viene esperita al fine di domandare il risarcimento danni ex art. 1591 c.c., il di- ritto di cui e` titolare il locatore e` sottoposto
alla prescrizione ordinaria decennale (C. 1672/1964).
6. L’art. 1591 c.c. e il contratto di affitto
A Poiche´ tra le norme codicistiche in mate- ria di locazione e quelle in materia di affitto intercorre il rapporto di specialita`, in forza del quale, qualora una fattispecie in materia di affitto non conosca una propria disciplina ad essa si applicano le norme generali sulla locazione di cose, la violazione, in capo al- l’affittuario, dell’obbligo di restituire all’affit- tante l’azienda per scadenza del termine comporta il sorgere della responsabilita` ex art. 1591 c.c., in quanto non e` stata dettata specificamente per l’affitto una norma ad hoc (³ C. 14710/2006; C. 993/2002; C. 2964/ 2002).
7. I danni per ritardata restituzione nella locazione di immobili urbani
B In seguito alla elaborazione della discipli- na speciale sulla locazione di immobili urba- ni (artt. 36, L. 23.5.1950, n. 253, e 4, 8º co.,
L. 26.11.1969, n. 833), si e` posto in dottrina il problema di verificare l’operativita` o meno del disposto di cui all’art. 1591 c.c. per tale categoria di locazioni. Si deve in primo luogo osservare che, disponendo l’appena richia- mato art. 36 che il conduttore, fino alla data fissata per l’esecuzione dello sfratto e duran- te il periodo di proroga dello stesso, e` tenuto alle obbligazioni che gli incomberebbero vi- gente il contratto di locazione, si potrebbe considerare tale norma abrogatrice e sostitu- tiva di quella qui in esame. Qualora si ritenga avvenuta tale sostituzione, al locatore sareb- be fatto divieto di chiedere al conduttore gli ulteriori danni; viceversa, se si ritenga che l’art. 36 ha solo una funzione di integrazione del disposto di cui all’art. 1591 c.c., si con- fermera` l’obbligo del conduttore di pagare il canone anche durante la procedura esecutiva e di risarcire il danno. La questione e` stata al centro di numerosi dibattiti in ambito dot- trinario all’esito dei quali contemporanea- mente ci si e` espressi in senso favorevole all’applicazione dell’art. 1591 c.c. anche agli immobili in regime di vincolo (Giudicean-
drea, Locazioni e sublocazioni, Milano, 1956, 175), e si e` affermato il carattere sosti- tutivo dell’art. 36, determinando a carico del conduttore in mora nel rilascio l’obbligo del pagamento del canone e del risarcimento dei danni (in tal senso, xxxx Xxxxxxxx Xxxx, Ri- sarcibilita`dei danni per ritardato rilascio della
cosa locata, in GC, 1954, I, 543). E` sorta una
questione analoga con riguardo alla disposi- zione di cui all’art. 4, 8º co., L. 26.11.1969,
n. 833, nel quale si prevede che durante il periodo di graduazione e di proroga il con- duttore e` tenuto al pagamento di un corri- spettivo uguale a quello indicato nel contrat- to di locazione. Questa disposizione sembra risolvere il problema dei canoni, lasciando aperta la questione relativa ai danni, per i quali la dottrina era favorevole a ritenere il conduttore in mora fino al momento in cui avrebbe dovuto consegnare la cosa locata e, dunque, anche durante il tempo dell’esecu- zione (Xxxxx, 863). Il problema e` venuto nuovamente in evidenza con l’art. 56, L. 27.7.1978, n. 392, che ha abolito la procedu- ra di graduazione e di proroga degli sfratti, prevedendo che il giudice, contestualmente al provvedimento con il quale dispone il rila- scio dell’immobile, fissa anche la data dell’e- secuzione, entro un termine di sei mesi o, in casi eccezionali, di dodici mesi dalla data del provvedimento, tenuto conto delle condizio- ni del conduttore e del locatore. Secondo la dottrina, l’art. 56 ha introdotto, sul piano sostanziale, un vero e proprio termine di adempimento per la riconsegna, prima della scadenza del quale il conduttore non rispon- de dei danni per ritardata consegna, restan- do a suo carico soltanto l’obbligo di paga- mento dell’intero canone e degli oneri acces- sori, secondo la previsione di cui all’art. 4,
D.L. 30.1.1979, n. 21 (conv. con mod. in L.
31.3.1979, n. 93) (Xxxxxxx, Commentario alla
L. 31 marzo 1979, n. 93, in NLCC, 1979,
661; Trifone, La locazione: disposizioni gene- rali e locazioni di immobili urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 12, Torino, 2007, 498). La presun- zione legale di inimputabilita` del ritardo nel- la riconsegna sino alla data fissata dal giudice cessa, ovviamente, alla scadenza del termine
giudiziale, pertanto, a partire da tale data, se il conduttore non ha ancora ottemperato al- l’obbligo di rilascio, si applichera` in pieno l’art. 1591 c.c. La disposizione in oggetto si applica indipendentemente dal fatto che il locatore abbia o meno provveduto a curare l’esecuzione dello sfratto, costituendo esso una sua facolta` e non certo un obbligo.
A La giurisprudenza, d’altro canto, ritiene che in ogni caso la durata del giudizio avente come oggetto la restituzione dell’immobile (C. 5086/1996), o le vicende dilatorie even- tualmente dovute a termini giudizialmente fissati per l’esecuzione dello sfratto o a pro- roghe e sospensione ex lege della stessa, non esimano il conduttore ne´ dal pagamento del corrispettivo convenuto, ne´ tanto meno dal maggior danno subito dal locatore a titolo di responsabilita` contrattuale per il ritardato adempimento dell’obbligo di riconsegna (C. 5927/1995). La S.C. ha, infatti, evidenziato come la mora non venga esclusa laddove la data di rilascio dell’immobile venga fissata dal giudice in epoca successiva alla data di scadenza legale o convenzionale ex art. 56, L. 27.7.1978, n. 392, o venga prorogato lo sfrat- to in base alle leggi speciali di graduazione degli sfratti che, senza eliminare la mora, tendono unicamente a consentire al condut- tore il reperimento di una sistemazione ido- nea (³ C. 10560/2002; C. 4429/1989). In
particolare, con riferimento alla disciplina
degli immobili adibiti ad uso non abitativo, la giurisprudenza ha precisato che l’art. 2,
D.L. 25.9.1987, n. 393 (conv., con mod., in
L. 25.11.1987, n. 478 ) – sottoposto ben due volte al vaglio della Consulta, la prima volta uscendone indenne (C. Cost., 24.1.1989, n. 22), la seconda, invece, venendo dichiarato incostituzionale «nella parte non dispone che l’esonero dall’obbligo risarcitorio di cui al- l’art. 1591 c.c. in favore del conduttore di immobile non abitativo non si applica all’i- potesi di comprovata insussistenza della dif- ficolta` di reperire altro immobile idoneo» (C. Cost., 1.4.1992, n. 149) – non preclude la condanna generica al risarcimento di esso, essendo senza dubbio antigiuridica, oltreche´ potenzialmente produttiva di danno (sempre
che ne sussistano gli estremi in termini di nesso di causalita`, effettivita` ecc.), la condot- ta del conduttore che non restituisce l’immo- bile alla scadenza (³ C. 13094/1997; C. 4467/1994). In tema di locazione di immo- bili urbani ad uso non abitativo, va altresı` segnalato il contrasto di giurisprudenza in tema di aree nude destinate ad usi commer- ciali, esprimendosi alcune pronunce nel sen- so di ritenere applicabili gli artt. 27 ss., L. 27.7.1978, n. 392, altre escludendolo (C. 1942/1985). Infine, sempre con riferimento alla locazione non abitativa, in virtu` dell’art. 34, L. 27.7.1978, n. 392, secondo cui l’ese- cuzione del provvedimento di rilascio dopo la cessazione del rapporto locatizio e` condi- zionata al pagamento dell’indennita` per la perdita dell’avviamento commerciale, si e` ri- tenuto sussista un rapporto di interdipen- denza fra le reciproche obbligazioni contrat- tuali delle parti – l’una, ricadente sul condut- tore, avente ad oggetto la restituzione del- l’immobile; l’altra, ricadente sul locatore, di versamento della suindicata indennita` (sem- preche´ l’altro contraente non sia un mero conduttore in fatto, quale e` colui che abbia ottenuto la locazione dell’immobile da pre- cedente conduttore rimasto nel godimento della res locata nonostante l’ordine di rila- scio, in tal senso, C. 667/1998) –, entrambe inesigibili in mancanza del contemporaneo adempimento ad opera della controparte (C. 9747/1996). Ne consegue l’esclusione della mora del conduttore ex art. 1591 c.c. (C. 11761/2002) e di quella del locatore ex art. 1224 c.c., in quanto entrambi i rifiuti ad adempiere trovano titolo giustificativo nella legge (C. 2910/1996). In particolare, la Su- prema Xxxxx ha affermato che il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la re- stituzione dell’immobile, in attesa che il lo- catore gli corrisponda l’indennita` di avvia- mento, e` obbligato al solo pagamento del corrispettivo dovuto in corso di contratto, e non al risarcimento del maggior danno (³ C. 19322/2004; C. 14814/2004; X. 0000/0000;
X. Xxxxxx, 19.7.2004). Di diverso avviso al-
tra parte della giurisprudenza, secondo cui se, pur in assenza del pagamento dell’inden-
nita` di avviamento, persista il godimento del- l’immobile, si configura un’occupazione abu- siva che da` luogo ad un’ipotesi risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 c.c. (C. 6270/1997; contra C. 7288/1996 e C. 10820/1995). In penden-
za del pagamento dell’indennita` di avvia- mento da parte del locatore, il conduttore puo` tuttavia esimersi dal pagare i canoni fino alla riconsegna se abbia cessato di utilizzare l’immobile e si limiti a detenerlo a seguito di regolare offerta formale ai sensi degli artt. 1216 e 1209 c.c. (ossia, notifica a mezzo uf- ficiale giudiziario) o di offerta non formale illegittimamente rifiutata dal locatore (³ C. 6090/2002). Per quanto riguarda invece la locazione di immobili adibiti ad uso abitati- vo, la maggiorazione del 20% che il condut- tore e` tenuto a corrispondere, oltre al canone mensile, durante il periodo di sospensione dell’esecuzione degli sfratti a norma dell’art. 1 bis, D.L. 30.12.1988, n. 551, costituendo risarcimento del danno da inadempimento, e` dovuta indipendentemente dalla richiesta del locatore (C. 12527/2000). Infine, e` bene pre- cisare che l’art. 7, 2º co., D.L. 30.12.1988, n. 551, convertito in L. 21.2.1989, n. 61 – ove si prevede che, nelle ipotesi in cui la data fissa- ta nel provvedimento per il rilascio del bene ricada nel periodo di sospensione dell’esecu- zione di tali provvedimenti indicato dal 1º co., il locatore debba esser compensato della ritardata eseguibilita` del rilascio con il paga- mento del doppio del canone –, non ha in- teso sopprimere la tutela assicurata al con- duttore dall’art. 34, L. 27.7.1978, n. 392, e pertanto deve ritenersi applicabile nelle sole ipotesi in cui l’esecuzione del rilascio abbia trovato ostacolo esclusivo nella sospensione, di carattere generale e temporaneo, di tutti i provvedimenti di rilascio di cui all’art. 7, 1º co., e non anche nei casi in cui l’esecuzione del rilascio non avrebbe potuto comunque avere luogo a causa del mancato pagamento dell’indennita` di avviamento (C. 5098/1999; contra C. 12419/1998; C. 3813/1995). Ad
ogni modo, la quantificazione legale del dan-
no subito dal locatore per il mancato rilascio dell’immobile da parte del conduttore di cui all’art. 7, 2º co., ossia il doppio dell’ultimo
canone corrisposto, secondo l’interpretazio- ne datane dalla C. Cost., 9.11.2000, n. 482, deve essere interpretata restrittivamente co- me applicabile solo al periodo di sospensione legale dell’esecuzione degli sfratti stabilita nel 1º co. dell’art. 7, mentre per il periodo successivo torna ad applicarsi la disciplina generale di cui all’art. 1591 c.c. (C. 11000/ 2003).
8. La disciplina del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo secondo la L. n. 431/ 1998 (rinvio)
B Com’e` noto, nel 1998 e` intervenuta una nuova disciplina organica del settore, la
L. 9.12.1998, n. 431, che ha in gran parte abrogato la normativa precedente, predispo- nendo una nuova regolamentazione del rila- scio degli immobili adibiti ad uso abitativo. In particolare, agli artt. 6 e 7 della normativa de qua si e` prevista una diversa regolamenta- zione per i provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione emessi prima o alla data dell’entrata in vigore della legge e per quelli emessi dopo. Rispetto ai primi, si e` stabilita in via transitoria la sospensione delle esecu- zioni per un periodo di centoottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (durante tale periodo il conduttore ed il lo- catore avviano, anche tramite le rispettive organizzazioni di categoria, trattative per la stipulazione di un nuovo contratto in base alle procedure indicate nell’articolo), trascor- so tale periodo senza che si sia realizzato un accordo per il rinnovo della locazione, i con- duttori interessati, entro trenta giorni dalla scadenza, possono chiedere al tribunale che sia nuovamente fissato il termine per l’esecu- zione. Riguardo ai provvedimenti esecutivi di rilascio emessi dopo l’entrata in vigore della legge, si prevede che il conduttore possa chiedere al tribunale, una sola volta, che sia nuovamente fissato il giorno dell’esecuzione entro sei mesi (Xxxxxxxxxx, Disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso abitativo, in NLCC, 1998, 1051 ss.).
A Durante i suddetti periodi di sospensione delle esecuzioni, e comunque fino all’effetti- vo rilascio, i conduttori sono tenuti a corri-
spondere, ai sensi dell’art. 1591 c.c., una somma mensile pari all’ammontare del xxxx- ne dovuto alla cessazione del contratto, al quale si applicano automaticamente ogni an- no aggiornamenti in misura pari al settanta- cinque per cento della variazione, accertata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verifi- catasi nell’anno precedente; maggiorazione che va applicata non solo al periodo di so- spensione ope legis dell’esecuzione del rila- scio previsto dall’art. 1, D.L. 30.12.1988,
n. 551, ma per tutto il periodo di protratta occupazione dell’immobile, fino all’effettivo rilascio (T. Xxxxxx, 00.0.0000, n. 2371). Se- condo l’art. 6, 6º co. – disposizione che, qua- le norma di interpretazione autentica, e` stata ritenuta applicabile anche ai giudizi in corso al momento dell’entrata in vigore della L. n. 431/1998 (C. 14624/2004) –, all’importo cosı` determinato si applichera` una maggiora- zione del venti per cento del canone di loca- zione. La corresponsione di tale maggiora- zione esime il conduttore dall’obbligo di ri- sarcire il maggior danno ex art. 1591 c.c. Qualora il conduttore sia inadempiente, de- cade dal beneficio della sospensione dell’ese- cuzione del provvedimento di rilascio, salvo quanto previsto dall’art. 55, L. 27.7.1978,
n. 392. Tuttavia, in virtu` della recente di- chiarazione di incostituzionalita` (C. Cost.,
9.11.2000, n. 482) in parte qua dell’art. 6 della suddetta legge (perche´ stabiliva appun- to l’obbligo di corresponsione da parte del conduttore delle somme suindicate sino al-
l’affettivo rilascio dell’immobile e non soltan- to per il periodo di sospensione ope legis secondo il quadro normativo attuale), la quantificazione legale del danno che il con- duttore dovra` corrispondere al locatore ai sensi dell’art. 1591 c.c. e` quella determinata con la maggiorazione del canone nella misu- ra del quinto, oltre aggiornamenti Istat e oneri accessori e tale importo sara` dovuto per tutto il periodo di sospensione e sino all’effettivo rilascio. Cio`, pero`, con la preci- sazione che: per il periodo sino al termine della sospensione ope legis dalle esenzioni o per quello fissato dal giudice (ex art. 56, L. 27.7.1978, n. 392) la corresponsione dell’ul- xxxx xxxxxx, maggiorato nei suddetti termi- ni, esime il conduttore dall’obbligo di risar- cire il maggior danno ex art. 1591 c.c., pur in caso di prova del maggior danno, mentre per il periodo intercorrente tra la scadenza della sospensione ope legis e la data dell’effettivo rilascio il legislatore puo` pretendere il risar- cimento del maggior danno, ove provato (C. 15621/2002). La norma di cui all’art. 6, 6º co., L. n. 431/1998, in tema di determinazio- ne forfettaria del risarcimento del danno da occupazione illegittima degli immobili nella misura massima del 20% del canone di loca- zione, escluso ogni altro risarcimento ex art. 1591 c.c., e` una norma eccezionale, di effi- cacia temporanea, retroattiva ed immediata- mente applicabile ai giudizi in corso (³ C. 10836/2007; C. 8502/2003).
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I miglioramenti della cosa locata (art. 1592 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1592 c.c. Miglioramenti
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1592
[1] Salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non ha diritto a indennita` per i miglioramenti apportati alla cosa
locata. Se pero` vi e`stato il consenso del locatore, questi e`tenuto a pagare un’indennita` corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna.
[2] Anche nel caso in cui il conduttore non ha diritto a indennita`, il valore dei miglioramenti puo` compensare i deterioramenti che si sono verificati senza colpa grave del conduttore.
Riferimenti normativi: artt. 1587, 1590 c.c.; L. 27.7.1978, n. 392; L. 9.12.1998, n. 431.
Bibliografia: Catelani, Manuale della locazione, 3ª ed., Milano, 2001; Cuffaro (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; Id. (a cura di), Le locazioni ad uso di abitazione, Torino, 2000; Id. (a cura di), Le nuove locazioni abitative, Milano, 2000; Xxxxxxx, Locazione, in Tratt. Grosso, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000; Mira- belli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972; Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980; X. Xxxxxxxxx,
X. Xxxxxxxxx, Manuale delle locazioni, Milano, 2001; Ribera, Le locazioni immobiliari, Mi- lano, 1993; Xxxxx, Locazione in generale, in XX.X.X., XX, Xxxxxx, 0000; Id., La locazione- conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972; Trifone, Locazione: disposizioni generali e locazioni di immobili urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 12, Torino, 2007; Xxxxxx, Della locazione, in Xxxx. Xx Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
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Sommario: 1. Nozione di miglioramenti. 2. Il consenso del locatore. 3. Indennita`. 4. Com- pensazione con i deterioramenti. 5. La disciplina degli immobili urbani.
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1. Nozione di miglioramenti
A Si ascrivono al concetto giuridico di mi- glioramenti tutte quelle opere che vengano compiute mediante trasformazioni o sistema- zioni diverse della cosa avuta in locazione, e che siano tali da apportare ad essa un au- mento di valore, determinandone un durevo- le incremento del godimento, della produtti- vita` e della redditivita`, senza che il risultato di tali opere acquisti una rilevanza autono- ma, indipendente ed individuale rispetto alla cosa alla quale va ad incorporarsi (³ C. 13070/2004; C. 4871/1998). Qualora il con- duttore abbia effettuato delle addizioni, ed il locatore abbia prestato il proprio consenso, quest’ultimo non puo` pretenderne la rimo- zione nel caso in cui esse non siano separabili senza nocumento della cosa locata e, qualora le addizioni stesse comportino un incremen- to di valore della cosa e costituiscano quindi un miglioramento, il conduttore ha diritto alla indennita` ex art. 1592 c.c. (C. 6094/ 2006).
B La dottrina, sulla scorta della Relazione al codice civile (n. 693) considera migliora-
menti quei mutamenti della cosa locata di carattere intrinseco, che la rendono mag- giormente produttiva di vantaggi e ne ele- vano l’aspetto esteriore, la qualita`, la funzio-
nalita` e persino lo stato di manutenzione. In particolare, si sottolinea che i miglioramenti rappresentano un accrescimento qualitativo della natura intrinseca della cosa, a differen- za delle addizioni, che costituiscono un in- cremento estrinseco quantitativo (Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messi- neo, XXV, Milano, 1972, 574); altra diffe- renza risiede inoltre nel fatto che i migliora- menti non sono separabili dalla cosa, men- tre le addizioni possono essere eliminate, riportando la cosa allo stato quo ante, in quanto l’elemento ulteriore ed accessorio non si fonde con la res locata, ne´ perde la sua individualita`. Sinteticamente, i requisiti atti ad individuare l’esatta nozione di mi- glioramento si possono cosı` enucleare: a) il miglioramento deve essere obiettivo, ossia percepibile in modo oggettivo, non sogget- tivo, ne´ presunto; b) non costituisce miglio- ramento l’intervento meramente manutenti- vo, o preordinato ad eliminare guasti o dan- ni insorgenti, consistendo questo nel regime previsto per la piccola manutenzione, ai sensi degli artt. 1576, 1609, 1610 c.c. o in quello previsto dall’art. 1577 c.c., 2º co., per le riparazioni urgenti (Xxxxx, La locazione- conduzione, 574; Provera, Locazione. Di- sposizioni generali, in Comm. Scialoja, Bran-
ca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980, 324); c) ne´ e` tale l’incremento mate- riale, che si risolve in un’addizione (Xxxxx, La locazione-conduzione, 575). In particola- re, si e` affermato che costituisce migliora- mento l’attivita` materiale che ha come risul- tato un incremento economico della cosa locata (Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972) che, a diffe- renza dell’addizione – mera aggiunta mate- riale –, si sostanzia in un’attivita` diretta a sostituire una parte della cosa con altra mi- gliore (Xxxxx, La locazione-conduzione, 576). Qualora, poi, un’addizione assuma an- che i caratteri del miglioramento, si appli- chera` il combinato disposto degli artt. 1592- 1593 c.c. Invece, ove si superino i suindicati limiti alla configurabilita` dei miglioramenti, il conduttore potrebbe incorrere nella viola- zione dell’art. 1587, n. 1, c.c., secondo cui il conduttore deve usare la cosa con la diligen- za del buon padre di famiglia e servirsene per l’uso determinato nel contratto, con conseguente inadempimento contrattuale, suscettibile di condurre alla risoluzione del contratto (Xxxxx, La locazione-conduzione, 574).
2. Il consenso del locatore
A Secondo la disposizione in esame – con- siderata dalla giurisprudenza norma deroga- bile, seppur dettata nell’interesse del con- duttore (³ C. 6158/1998; C.192/1991; C.
1126/1985) –, e` facolta` del conduttore di apportare alla cosa locata quelle migliorie od innovazioni che non ne mutino la natura e la destinazione pattuita (C. 9744/1996), ma solo se il locatore ha prestato il suo con- senso il conduttore ha diritto ad un’inden- nita` corrispondente alla minor somma inter expensum et meliorandum, facolta` che va necessariamente esercitata al momento della riconsegna della res locata (C. 2777/2003), quando puo` operarsi una utile comparazio- ne tra importo delle spese sostenute dal con- duttore ed aumento di valore conseguito dall’immobile (C. 11551/1998). Se poi le parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, derogano alla disciplina legale
di cui agli artt. 1592 e 1593 c.c., pattuendo l’obbligo del locatore di rimborsare le spese occorrenti per le corrispondenti opere, il re- lativo debito non cambia la natura che gli attribuisce la legge, dovendosi calcolare in base all’integrale valore di esse, modifican- dosi, pertanto, solo il criterio legale della minor somma tra speso e migliorato (C. 4608/1997). In particolare, per quanto ri- guarda il 1º co., la giurisprudenza ha eviden- ziato che il diritto all’indennizzo presuppone il consenso del locatore, non essendo suffi- ciente la sola conoscenza o la mancata op- posizione del locatore all’iniziativa compor- tante il miglioramento (³ C. 5637/1997; C. 10884/1993). Il consenso del locatore deve essere inequivoco, non essendo sufficiente la mera tolleranza, ma puo` esser dato anche successivamente con una chiara ed inequi- voca manifestazione di volonta`, da cui possa desumersi l’esplicita approvazione delle ese- guite innovazioni e che si manifesti in fatti concludenti, ossia in un comportamento in- compatibile con un contrario proposito (³ C. 3435/1996; C. 3166/1991; C. 4512/
1989). Il consenso del locatore ai migliora-
menti viene in considerazione quale fatto costitutivo del diritto fatto valere: esso opera alla stregua di una condicio sine qua non per la proposizione e l’accoglimento della do- manda di indennita`, con la conseguenza per cui l’onere probatorio circa la sussisten- za effettiva del consenso gravera` in capo al conduttore (C. 17861/2007).
B In dottrina, contrariamente a quanto av- viene in giurisprudenza, si riconosce natura dispositiva solo al 1º co. dell’articolo in esa- me, riscontrandosi invece nel 2º co. – ove si rinviene una compensazione in senso tecni- co-giuridico stretto (Trifone, 497) – una norma imperativa (Xxxxxxx, Locazione, in Tratt. Grosso, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Milano, 1965, 65; Xxxxx, La locazione-conduzione,
578) e si sottolinea come la norma in com- mento, pur dichiarando non indennizzabili i miglioramenti, di fatto – al di la` del limite espresso di cui all’art. 1590 c.c. – li legittimi (Provera, 323), dando rilevanza al consenso del locatore. Invero, dalla lettura dell’art.
1592 c.c., si desume che non e` necessario il preventivo assenso del locatore per effettua- re i miglioramenti, sempre che questi non interessino la struttura della cosa locata, es- sendo facolta` del conduttore apportarli o meno; il consenso del locatore ha solo in- fluenza per quanto riguarda l’eventuale dirit- to del conduttore a godere di un’indennita` al termine della locazione (Xxxxxx, Le locazioni immobiliari, Milano, 1993, 133). In realta`, l’espressione consenso e` qui usata in senso empirico, indicando l’autorizzazione, per- messo, o assenso del locatore all’esecuzione dei miglioramenti, idonei a produrre l’insor- genza, a carico del locatore che la esprime, dell’obbligo di corrispondere l’indennita` (Xxxxx, La locazione-conduzione, 574).
3. Indennita`
B Secondo parte della dottrina, il debito del locatore per l’indennita` da miglioramenti costituisce debito di valore, soggetto a riva- lutazione monetaria, in quanto la sua funzio- ne sarebbe quella di indennizzare il condut- tore della diminuzione sofferta nei limiti del plusvalore economico conseguito dal locato- re, considerando quello che e` il potere d’ac- quisto della moneta al tempo della liquida- zione, purche´, comunque, gli effetti positivi dei miglioramenti sussistano al momento della riconsegna della cosa locata (Provera, 328). L’entita` dell’indennizzo va, quindi, cal- colata in ragione «della minor somma tra l’importo della spesa ed il valore del risultato
utile al tempo della riconsegna». E` , infatti,
con riferimento a tale momento che dovra` essere calcolato l’incremento di valore della cosa per effetto delle opere eseguite dal con- duttore e l’entita` dell’indennizzo risultera`, appunto, dal confronto tra l’importo della spesa e la quantita` di moneta in cui puo` esprimersi il maggior valore acquistato dal bene, dovendosi corrispondere al conduttore la minor somma tra le due (Provera, 328). La dottrina ha sottolineato, altresı`, che non bisogna confondere il diritto di eseguire il miglioramento con il diritto di ottenere – allo scadere del rapporto – un’indennita` per il miglioramento: mentre e` sempre possibile
(salvo patto contrario) per il conduttore ese- guire dei miglioramenti nel corso della loca- zione a prescindere dal consenso del locatore (Xxxxx, Locazione in generale, in NN.D.I., IX, Torino, 1982) – salvo pero` il diritto del locatore di pretendere, a conclusione del rapporto, la rimessione in pristino (Xxxxxx, Della locazione, in Comm. De Xxxxxxx, No- vara, 1975) –, il diritto del conduttore all’in- dennita` e` subordinato al consenso del loca- tore. Si puo` configurare una legittima rimes- sione in pristino da parte del locatore quan- do ricorrano le seguenti condizioni: a) in ca- so di miglioramenti non consentiti; b) se si tratta di miglioramenti solamente presunti o che addirittura comportano un depaupera- mento della res locata; c) se il vantaggio esi- ste solo per il conduttore; d) se e` stata mo- dificata la destinazione economica del bene. Qualora non ricorrano le suddette ipotesi, la pretesa alla rimessione in pristino sara` co- munque avanzabile dal locatore, in confor- mita` con la disciplina generale di cui agli artt. 1587-1590 c.c.
A L’azione del conduttore volta ad ottene- re, ai sensi dell’art. 1592 c.c., l’indennita` per i miglioramenti apportati alla cosa locata non puo` essere proposta prima dell’avvenuta ri- consegna al locatore del bene locato (C. 2777/2003). La riconsegna della cosa, da parte del conduttore, non e` da considerarsi una condizione di proponibilita` della do- manda di indennita` per i miglioramenti, quanto piuttosto un presupposto per un provvedimento favorevole o sfavorevole sulla domanda stessa, ai fini di una pronuncia sul merito (C. 17861/2007).
4. Compensazione con i deterioramenti
A La giurisprudenza in rari casi si e` espressa sulla disposizione di cui al 2º co. dell’articolo in esame (³ C. 1990/1981; C. 1856/1980; C.
3881/1977; C. 108/1963). Tuttavia, si segna- lano due sentenze significative sull’argomen- to: l’una, assai risalente, dispone che la com- pensazione de qua puo` essere anche parziale ( ! C. 351/1952), l’altra precisa che, qualora le parti abbiano convenuto l’obbligo del con- duttore anche alla manutenzione straordina-
xxx, questi deve compiere tutte le opere atte a mantenere la cosa al fine a cui era destinata, ma soprattutto deve riconsegnarla nello stato di conservazione originario, con conseguente inapplicabilita` del 2º co. dell’art. 1592 c.c., in quanto avviene il trasferimento a suo carico dei deterioramenti risultanti dall’uso della cosa, secondo quanto previsto nel contratto, pur essendo possibile la compensazione par- ziale (C. 1856/1980).
B La dottrina, da parte sua, ha evidenziato che la facolta` di opporre in compensazione ai deterioramenti il valore dei miglioramenti, prevista dal 2º co. dell’art. 1592 c.c., permet- te al conduttore che non ha diritto all’inden- nizzo per le migliorie apportate senza il con- senso del locatore, di trarne ugualmente van-
taggio, quando si siano verificati dei deterio- ramenti al bene, purche´, pero`, questi non siano imputabili al conduttore a titolo di do- lo o colpa grave (Provera, 328).
5. La disciplina degli immobili urbani
A Miglioramenti e addizioni apportati sul- l’immobile locato dal locatore (nella specie, caldaia a metano, impianto di condiziona- mento e porta blindata), non rientrano nel- l’art. 23, L. 27.7.1978, n. 392, a tenore del quale il locatore, per riparazioni straordina- rie, puo` chiedere al conduttore un’integra- zione del canone (C. 8298/1999).
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Le addizioni eseguite dal conduttore (art. 1593 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1593 c.c. Addizioni
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1593
[1] Il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata ha diritto di toglierle alla fine della locazione qualora cio` possa avvenire senza
nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse. In tal caso questi deve pagare al conduttore un’indennita` pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.
[2] Se le addizioni non sono separabili senza nocumento della cosa e ne costituiscono un miglioramento, si osservano le norme dell’articolo precedente.
Riferimenti normativi: artt. 1587, 1590 c.c.; L. 27.7.1978, n. 392; L. 9.12.1998, n. 431.
Bibliografia: Catelani, Manuale della locazione, 3ª ed., Milano, 2001; Cuffaro (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; Xxxxxx, La locazione, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1967; Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972; Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980; Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972; Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di immobili urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 12, Torino, 2007.
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Sommario: 1. La nozione di addizioni. 2. Antitesi tra lo ius tollendi del conduttore... 3. e
lo ius retinendi del locatore. 4. Le addizioni assimilabili ai miglioramenti. 5. Indennita`.
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1. La nozione di addizioni
B L’addizione consiste in un’attivita` mate- riale, compiuta dal conduttore, tramite la
quale si unisce ad una cosa principale una cosa accessoria, che costituisca un’utilita` (Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx,
XXX, 0, Xxxxxx, 1972, 528). Le addizioni, a differenza dei miglioramenti (su cui v. arti- colo precedente), si sostanziano in un incre- mento estrinseco quantitativo (Xxxxx, La lo- cazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972, 574), di regola esse sono separabili dalla cosa cui accedono e possono essere eliminate, riportando la cosa allo stato quo ante, in quanto l’elemento ul- teriore ed accessorio non si fonde con la cosa locata ne´ perde la sua individualita`. Occorre distinguere tra addizioni separabili e non separabili: mentre queste ultime se- guono la disciplina del miglioramento, per le prime si pone piuttosto il problema del- l’appartenenza della cosa. Secondo parte della dottrina, il concetto di addizione non separabile presenta forti analogie con l’ac- cessione (in particolare si fa riferimento al- l’art. 936 c.c., che prevede l’automatico ac- quisto delle opere da parte del proprietario del fondo, salvo il diritto di obbligare colui che le ha fatte a levarle), rispetto alla disci- plina della quale l’art. 1593 c.c. si pone co- me norma speciale, prevedendo, a differen- za dell’art. 936 c.c., lo ius tollendi del con- duttore (Xxxxx, 580) e l’unione, creando un’unione stabile con la cosa locata non su- scettibile di separazione «senza notevole de- terioramento» (art. 939 c.c., 1º co.), esatta- mente come avviene per l’unione (Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bolo- gna-Roma, 1980, 332).
A La giurisprudenza considera addizioni soggette alla disciplina del presente articolo
solo quelle innovazioni o quegli incrementi, qualitativi o quantitativi, che ineriscono alla cosa locata, lasciandone pero` integra la struttura fondamentale e l’organizzazione funzionale autonoma (C. 5747/1988). Cio`, pero`, purche´ tale incremento non comporti violazione dell’obbligo di non mutare la na- tura e la destinazione economica della cosa (C. 9744/1996), perche´ altrimenti il locatore sarebbe legittimato a risolvere il contratto per inadempimento di un’obbligazione pri- xxxxx (C. 3867/1953). Il consenso del loca- tore alle addizioni effettuate dal conduttore,
le quali non siano separabili senza nocumen- to della cosa locata e costituiscano anche un miglioramento per la stessa, opera quale di- scrimen tra la sussistenza o meno del diritto all’indennita` di cui all’art. 1592 c.c. in capo a quest’ultimo: tale diritto sorge soltanto nel caso in cui il locatore abbia prestato il pro- prio consenso. Qualora, poi, le addizioni comportino deterioramento della cosa loca- ta, il locatore puo` domandare il risarcimento del danno in forma specifica attraverso l’e- liminazione da parte del conduttore delle opere da egli stesso compiute abusivamente (C. 6094/2006).
2. Antitesi tra lo ius tollendi del conduttore... A Il conduttore che vuole rimuovere le ad- dizioni deve dare preavviso del suo intendi- mento al locatore, perche´ questi possa eser- citare la facolta` di ritenerle; l’esercizio dello ius tollendi del conduttore puo` anche prece- dere la conclusione del rapporto, ma in tal caso il conduttore deve darne notizia al lo- catore, che si puo` opporre (C. 395/1972). Lo ius tollendi puo` essere esercitato anche suc- cessivamente alla cessazione del rapporto lo- catizio, in quanto la disposizione de qua non fissa un termine ma condiziona soltanto l’e- sercizio di tale diritto alla volonta` del pro- prietario di non voler ritenere per se´ le addi- zioni (C. 14871/2000).
3. e lo ius retinendi del locatore
A Xxxxxx, nonostante la norma in commen- to utilizzi l’espressione ‘‘proprietario’’, la- sciando presumere che il diritto di ritenere le addizioni spetti solo al proprietario e non anche al locatore non dominus, la giurispru- denza fa sempre riferimento al locatore. In particolare, si afferma che l’azione di restitu- zione o il diritto di chiedere il pagamento di un’indennita`, concessi al conduttore sulla base dell’art. 1593 c.c., hanno carattere per- sonale ed ineriscono al rapporto che inter- corre tra le parti del contratto di locazione (T. Monza, 19.11.1986). Comunque, qualora il locatore non eserciti la facolta` di ritenere le addizioni, il conduttore deve rimuoverle a sue spese, infatti il locatore non puo` mai
esser costretto a ritenere le addizioni, mentre ha diritto di esigerne la rimozione (X. Xxxx- no, 8.9.1994). Viceversa, qualora il locatore, nell’esercizio del diritto conferitogli dalla di- sposizione de qua, decida di ritenere l’opera
– avente le caratteristiche dell’addizione – eseguita nell’alloggio locato a cura del con- duttore, non puo` configurare un atto di spo- glio, anche nel caso in cui l’ex conduttore abbia manifestato volonta` contraria (C. 10477/1991). La norma e` comunemente ri- tenuta derogabile (³ C. 6158/1998; C. 192/ 1991; C. 1126/1985), tuttavia se le parti pat- tuiscono l’obbligo del locatore di rimborsare le spese occorrenti per le addizioni, il relativo debito non muta la natura che gli attribuisce la legge, dovendosi calcolare in base all’inte- grale valore di esse, modificandosi solo il cri- terio legale della minor somma tra speso e migliorato (C. 4608/1997).
B La dottrina maggioritaria concorda con la giurisprudenza, rilevando che la norma in esame fa riferimento al proprietario, ma in realta` la terminologia e` impropria, dovendosi far riferimento al locatore (Xxxxx, 580 ss.) che puo` scegliere se richiedere la remissione in pristino o ritenere le addizioni pagando la prevista indennita`. Si e` evidenziato, pero`, che il locatore non proprietario che ritiene l’addizione, puo` separarla a proprio vantag- gio, ma – quale semplice possessore della cosa locatagli – potrebbe esser costretto a subire l’esercizio dei poteri attribuiti dall’art. 936 c.c. al proprietario (Provera, 334). Altra parte della dottrina e` cosı` giunta a ritenere che il diritto di ritenere le addizioni non spetta al locatore che non sia proprietario del bene (Xxxxxx, 194; contra, Provera, 334). Comunque, se il conduttore non eser- cita lo ius tollendi dell’addizione, ed il loca- tore non intende ritenerla, corrispondendo il relativo indennizzo, egli puo` imporre – in esecuzione dell’obbligo di cui all’art. 1590
c.c. – la rimozione del bene (Provera, 333). Invece, nel caso di conflitto tra le due contrarie facolta` giuridiche del conduttore e del locatore, si ritiene che comunque preval- ga lo ius retinendi del locatore, sull’esercizio del potere di rimozione del conduttore.
4. Le addizioni assimilabili ai miglioramenti A Il consenso del locatore alle addizioni ap- portate dal conduttore non puo` desumersi da una mera tolleranza, dovendosi invece concretare in una chiara ed inequivoca di- chiarazione di volonta`, intesa come esplicita approvazione delle innovazioni (C. 4512/ 1989), o in un comportamento concludente (C. 3435/1996), mentre la mera conoscenza o la mancata opposizione del locatore non vale a legittimare la richiesta di indennizzo da parte del conduttore (C. 5637/1997). Se il locatore ha prestato il suo consenso, il con- duttore puo` chiedere un’indennita` corri- spondente alla minor somma inter expensum et meliorandum, facolta` che va esercitata al momento della riconsegna della res locata, potendosi solo in tale circostanza operarsi un’utile comparazione tra importo delle spe- se sostenute dal conduttore ed incremento di valore conseguito dall’immobile (C. 11551/ 1998).
5. Indennita`
V. amplius art. 1592 c.c.
A L’obbligazione ricadente sul locatore di rimborsare al conduttore i miglioramenti e le addizioni apportate alla cosa locata costi- tuisce debito di valore (C. 2173/1959). Se- condo l’art. 1592, 1º co., c.c., il calcolo del- l’indennita` per i miglioramenti eseguiti con il consenso del locatore deve basarsi sul minor importo tra la spesa ed il miglioramento al momento della riconsegna del bene locato (C. 1258/1971). Nella determinazione per le indennita` per i miglioramenti il risultato utile va individuato con riferimento non solo alla differenza tra il valore delle opere e quel- lo residuo al termine della locazione, ma an- che al valore della cosa locata prima dell’e- secuzione delle opere stesse (C. 2476/1972). Le addizioni apportate dal conduttore non influiscono sulla determinazione dell’inden- nita` per la perdita di avviamento (ai sensi degli artt. 34 e 69, L. 27.7.1978, n. 392) che va determinata con esclusivo riferimento all’unita` immobiliare concessa in locazione (P. Verona, 24.4.1990).
B Cos`ı come per i miglioramenti, l’inden-
nita` costituisce credito di valore come tale soggetto a rivalutazione monetaria (Mirabel- li, 403). Inoltre, secondo un’autorevole voce dottrinaria (Xxxxx, 586), il pagamento del-
l’indennita` per addizioni ne comporta l’ac- quisizione ope legis.
Xxxxx Xxxxxxxxxx
La sublocazione (art. 1594 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1594 c.c. Sublocazione o cessione della locazione
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1594
[1] Il conduttore, salvo patto contrario, ha facolta` di sublocare la cosa locatagli, ma non puo` cedere il contratto senza il consenso del locatore.
[2] Trattandosi di cosa mobile, la sublocazione deve essere autorizzata dal locatore o consentita dagli usi.
Riferimenti normativi: artt. 1406, 1455, 1587, 1588, 2558 c.c.; L. 27.1.1963, n. 19; L.
27.7.1978, n. 392.
Bibliografia: Coco, Locazione (dir. priv.), in ED, XXIV, Milano, 1974; Confortini, Sublo- cazione di immobili ad uso abitativo, in NN.D.I., App., VII, Torino, 1987; Cuffaro (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; Xxxxxxxxx, Collegamento e connessione tra negozi, in RDCo, 1955; Messineo, Contratto derivato - subcon- tratto, in ED, X, Milano, 1962; Xxxxxx, La locazione, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1967; Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972; Provera, Locazione. Dispo- sizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980; Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972; Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di immobili urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 12, Torino, 2007; Xxxxxx, Della locazione, in Xxxx. Xx Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
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Sommario: 1. La sublocazione: nozione e natura giuridica. 2. Sublocazione e cessione del contratto. 3. La facolta` di sublocare. 4. La sublocazione di beni mobili. 5. La sublocazione di beni immobili secondo la disciplina contenuta nella L. n. 392/1978. 6. La cessione del contratto.
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1. La sublocazione: nozione e natura giuridica B Il Legislatore non ha fornito alcuna no- zione di sublocazione ne´ nel dettato codici- stico, ne´ nella legge sull’equo canone o nelle leggi successive, ritenendo, a quanto consta, che non fosse necessario dare una definizio- ne di un tale fenomeno, peraltro largamente invalso nella prassi negoziale delle locazioni, e facilmente desumibile dalla stessa. In dot- trina si afferma pacificamente che con il ter- mine sublocazione e` da intendersi un accor- do in forza del quale il conduttore attribui- sce, completamente o parzialmente, ad un
terzo, il subconduttore, il godimento di un bene che spetta al conduttore stesso verso un determinato corrispettivo (Trifone, La loca- zione: disposizioni generali e locazioni di im- mobili urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 12, Torino, 2007, 81). Si tratta di un rapporto che si instaura in modo diretto ed immediato tra il conduttore ed il subconduttore, non disco- standosi in nulla, per quanto attiene al suo contenuto, dal rapporto locatizio per cosı` dire principale. Si configura, con la subloca- zione, un’ipotesi di subcontratto, in quanto vi e` un contemporaneo godimento del me-
desimo bene da parte del conduttore e del subconduttore, godimento che si realizza in- direttamente nel primo caso e direttamente nel secondo, attraverso la contemporanea sussistenza di due contratti, uno dei quali, quello di sublocazione, dipende dall’altro gia` perfezionato, e presenta il medesimo con- tenuto e la stessa causa. Tra i due contratti si puo` rintracciare la sussistenza di un collega- mento negoziale finalizzato ad un unico re- golamento di reciproci interessi, e tale da determinare la dipendenza unilaterale del contratto derivato da quello fondamentale, dove tuttavia il subcontratto, pur avendo la stessa causa del contratto principale, e` in realta` volto a soddisfare un interesse specifi- co proprio ed autonomo rispetto a quello che si intende perseguire con il primo con- tratto.
A A conferma di tale impostazione, la giu- risprudenza ha peraltro chiarito che opera la compensazione legale tra i debiti del subcon- duttore verso il sublocatore e quelli che ha il sublocatore nei confronti del locatore (C. 1223/2006).
2. Sublocazione e cessione del contratto
B La sublocazione e` una fattispecie nuova e diversa rispetto all’istituto della cessione del contratto, che peraltro conosce una espressa disciplina codicistica alla lettera de- gli artt. 1406-1410 c.c. Con la sublocazione si instaura infatti un rapporto negoziale nuo- vo e bilaterale, benche´ derivato, di cui sono parte il conduttore ed il subconduttore, con- trariamente a quanto avviene nel caso di ces- sione del contratto, che realizza piuttosto una fattispecie trilaterale, nella quale sono necessariamente coinvolti il cedente, il cedu- to ed il cessionario, ed integra quindi una successione a titolo particolare nel contratto, mediante la sostituzione di un soggetto ad un altro nella titolarita` del rapporto, con la con- seguenza per cui, nell’ipotesi di cessione di contratto di locazione, viene ad esistenza un rapporto diretto tra il terzo cessionario, che subentra al conduttore originario, ed il loca- tore. Nella sublocazione, il locatore, non es- sendo parte del contratto derivato, rimane
totalmente estraneo alle vicende afferenti al- lo svolgimento di tale rapporto (Trifone, 94).
3. La facolta` di sublocare
B La legittimazione del conduttore alla su- blocazione discende dall’efficacia del con- tratto di locazione, presupponendone la vi- genza, ed «opera nei limiti di questo» [Co- co, Locazione (dir. priv.), in ED, XXIV, Mi- lano, 1974, 967], con la precisazione che non e` dato prevedere come possano operare tali limiti. Altra dottrina ritiene invece che il con- tratto di sublocazione possa avere un conte- nuto piu` ampio di quello oggetto del con- tratto di locazione, non applicandosi il prin- cipio nemo plus iuris in alium transferre po- test quod ipse habet. Puo`, senza dubbio, es- sere convenuta una sublocazione parziale. La facolta` di sublocare fa salvo, in ogni caso, il divieto del locatore al subingresso di terzi nel godimento del bene. La contravvenzione al divieto, secondo la dottrina maggioritaria, comporta inadempimento del conduttore e diritto di risoluzione del contratto da parte del locatore. L’inadempimento, pero`, sareb- be sanzionabile solo quando sia di gravita` tale da integrare gli estremi richiesti dalla disciplina codicistica (Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980, 342; Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972, 615; Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972, 585); comun- que, qualora la violazione del divieto non importi la sanzione della risoluzione, il loca- tore potra` sempre richiedere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligazione e il risarci- mento del danno; invece, nel caso in cui sia stata pronunciata la risoluzione del contratto per violazione del divieto di sublocazione, il locatore potra` agire in rivendica contro il subconduttore, il quale non potra` opporre alcunche´ (Provera, 343). Si e`, comunque, ritenuto che il divieto di sublocazione non comporti la nullita` del subcontratto, il quale puo` essere sanato con il consenso del locato- re (Coco, 967). Allo stesso modo la violazio-
ne del divieto non comporta l’inefficacia del contratto di sublocazione, che spiega i suoi effetti tra sublocatore e subconduttore, al- meno xxxxxx´ non venga dichiarato risolto per questo motivo il contratto principale. Ne discende che il sublocatore ha l’obbligo di far conseguire al subconduttore il godi- mento del bene, pena la risoluzione del sub- contratto per inadempimento ed il risarci- mento del danno (Provera, 342).
4. La sublocazione di beni mobili
B Secondo la previsione del 2º co. della disposizione in esame, nel caso in cui l’og- getto della sublocazione sia una cosa mobile, e` necessaria l’autorizzazione del locatore, o tale convenzione deve essere consentita dagli usi. Nulla si dice, invece, sui beni mobili registrati. A tale lacuna ha cercato di ovviare la dottrina, alcuni ritenendo soggetti a tale disciplina anche i beni mobili registrati (Ta- bet, 588), altri attenendosi al dettato lettera- le, rinvenendo la ratio del diverso regime giuridico o nella diversa diligenza da usarsi nella custodia, o – data la facile deteriorabi- lita` o sottraibilita` dei beni mobili – nella maggiore rilevanza dell’intuitus personae (Trifone, 501), o ancora nel sistema di cir- colazione dei beni mobili. Per quanto riguar- da poi la natura giuridica dell’autorizzazione, essa e` assimilata al consenso.
A Non si rinviene giurisprudenza sul punto,
se si escludono le pronunce concernenti il conflitto tra diversi concessionari del diritto di godimento su cosa altrui, in cui si ritiene che – ai fini della composizione del conflitto
– sia sufficiente il conseguimento della di- sponibilita` della cosa, non essendo richiesta anche l’estrinsecazione dell’attivita` corri- spondente all’esercizio del diritto (C. 8872/ 1987).
5. La sublocazione di beni immobili secondo la disciplina contenuta nella L. n. 392/1978
A La L. 27.7.1978, n. 392 ha portato pro- fondi cambiamenti in materia, accostando – nella disciplina giuridica degli immobili ur- bani destinati ad uso abitativo – sublocazio- ne e cessione del contratto. In particolare,
l’art. 2 vieta, salvo il consenso del locatore, la sublocazione totale e la cessione del con- tratto, essendo stata invece consentita – in difetto di accordo delle parti –, la subloca- zione parziale, sempre salvo patto contrario e previa denuntiatio al locatore, comunicazio- ne che, secondo qualche pronuncia di meri- to, non sarebbe a lui opponibile se non co- municata con lettera raccomandata con avvi- so di ricevimento (P. Catania, 28.4.1990), ma di recente la Cassazione ha chiarito che, in mancanza di una esplicita prescrizione for- male in tal senso, siffatta comunicazione puo` essere adempiuta anche con modalita` diverse, purche´ idonee a consentire la cono- scenza della modifica soggettiva del rapporto (C. 2675/1998 ha escluso l’efficacia nei con- fronti del locatore della cessione comunica- tagli da un altro soggetto, nella specie il di- fensore del conduttore, nel giudizio penden- te nei suoi confronti). In particolare, in tema di edilizia economica e popolare, e` ritenuto valido ed efficace il contratto di sublocazione stipulato con un terzo da un assegnatario, purche´ costui abbia ottenuto l’autorizzazione dell’ente competente (C. 11428/2002). Inve- ce, per gli immobili urbani con destinazione non abitativa, soggetti alla l. eq. can., l’art. 36 consente al conduttore di sublocare l’im- mobile o cedere il contratto di locazione an- che senza il consenso del locatore (che, tut- tavia, potra` opporsi alla cessione per gravi motivi), quando venga insieme ceduta l’a- zienda (³ C. 5137/2003; C. 1966/2000; C.
8844/1995), ipotesi nella quale, visto che si
prescinde eccezionalmente dal consenso del contraente ceduto, si e` rinvenuta una sorta di cessione del contratto ex lege, ma di recente la S.C. ha precisato che la cessione dell’azien- da non determina automaticamente la suc- cessione del cessionario nel contratto di lo- cazione degli immobili aziendali, richieden- dosi a tal fine la conclusione di un apposito accordo tra cedente e cessionario volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione (C. 5137/2003). Se invece l’azienda non viene ceduta o locata, il conduttore deve avere il consenso del loca- tore, sia nell’ipotesi in cui voglia cedere il
contratto (come prevede l’art. 1594 c.c.), sia nell’ipotesi in cui voglia sublocarlo. In tal caso, in deroga all’art. 1594, la mancanza di un patto contrario non consente piu` al con- duttore l’esercizio della facolta` di sublocazio- ne, necessitando a tal fine del consenso del locatore (³ C. 2655/1994). Ne´ costituisce problema il fatto che l’azienda ceduta sia distinta in due rami, restando il contratto di locazione sempre unico, pur essendo di- venuti formalmente due i soggetti subentrati nella posizione di conduttore, e quindi il lo- catore, in tale ipotesi, risulta maggiormente garantito, dal momento che puo` pretendere l’adempimento per intero da due soggetti, piuttosto che da uno solo (X. Xxxxxx, 24.4.1989). Ne consegue che il giudice di merito chiamato a dichiarare la risoluzione del contratto di locazione di un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo per inadempimento consistente nell’avvenu- ta sublocazione dello stesso, non puo` limitar- si ad affermare che la sublocazione rappre- senti ex se un inadempimento, dovendo in- vece accertare se le parti avevano previamen- te pattuito un divieto di sublocazione, solo in tal caso potra` verificarsi la sussistenza di un inadempimento idoneo a provocare la riso- luzione del contratto (C. 10157/1994). In tema di locazione di immobile urbano, al di fuori dell’ipotesi specifica di cui all’art. 36, L. 27.7.1978, n. 392, la cessione del contratto operata dal conduttore, a seguito della quale il rapporto locatizio prosegue tra il locatore ceduto ed il terzo cessionario quale nuovo conduttore, produce effetto nei confronti del locatore dal momento in cui quest’ulti- mo, venutone a conoscenza, presti il suo consenso anche tramite comportamento con- cludente che dimostri la sua adesione al si- nallagma contrattuale ed alla continuazione
del godimento della cosa locata da parte del cessionario (C. 6601/1987). E` stato altresı`
rilevato che, nell’ipotesi di sublocazione di immobile urbano adibito ad uso diverso da quello di abitazione, alla cessazione della lo- cazione, e quindi anche della sublocazione, l’indennita` per la perdita di avviamento com- merciale prevista dagli artt. 34 e 69, L.
27.7.1978, n. 392 – a differenza della prela- zione regolata dall’art. 38 e spettante solo al subconduttore – compete nei confronti del locatore al solo conduttore (C. 692/1994) ed
al subconduttore nei confronti del subloca- tore. E` invece da escludersi che l’attivita` di sublocazione possa rappresentare esplicazio-
ne di una delle attivita` elencate nell’art. 27 l. eq. can. (T. Roma, 11.6.1990). Secondo la disciplina della L. 27.1.1963, n. 19, la cessio- ne a terzi del contratto di locazione di immo- bile destinato ad attivita` commerciale o arti- giana (e relativa azienda) da parte del con- duttore e` l’effetto di un negozio bilaterale per il quale, in deroga alla disciplina di cui agli artt. 1406 c.c. e 1594, non si richiede il consenso del locatore ceduto, spetta comun- que a costui sia la facolta` di opporsi alla cessione per motivi inerenti alla persona del cessionario (art. 5), sia la possibilita` di far valere, nei confronti dello stesso conduttore cedente, tutte le clausole del contratto cedu- to per la declaratoria di invalidita` o risolu- zione dello stesso, anche per fatti anteriori alla comunicata cessione; ne consegue che, qualora il contratto sia stato annullato o ri- solto in data anteriore alla sua cessione, viene a caducarsi, per mancanza di oggetto, anche il contratto di cessione (C. 11984/1991). In- fine, e` bene segnalare una sentenza della Cassazione secondo cui, poiche´ ne´ l’art. 2558 c.c. ne´ l’art. 36 impongono la cessione del contratto di locazione di un immobile ad uso commerciale unitamente alla cessione della relativa azienda, il conduttore puo` va- lidamente rinnovare il contratto di locazione e successivamente cederlo, tramite un com- portamento concludente, al cessionario della sua azienda, anche senza il consenso del lo- catore, non essendo necessaria la contempo- raneita` tra i due contratti di cessione, ma solo il nesso funzionale e temporale (C. 7091/1997).
6. La cessione del contratto
A La violazione del divieto pattizio di su- blocazione di cui all’art. 1594 c.c., 1º co., o di cessione in uso dell’immobile locato ad uso non abitativo, in difetto di una valuta-
zione legale tipica della gravita` dell’inadem- pimento, consente la pronuncia di risoluzio- ne del contratto ai sensi dell’art. 1452 c.c. soltanto nel caso in cui l’inadempimento in- tegrato dalla violazione del patto non abbia scarsa importanza, avuto riguardo all’interes- se dell’altra parte, da apprezzarsi dal giudice in base alle circostanze del caso (C. 15763/ 2000).
Il locatore puo` chiedere la risoluzione del contratto e la condanna al rilascio del bene anche nel caso in cui, al momento della pro- posizione della domanda, detto bene e` dete- nuto da un terzo, immessovi dal conduttore (C. 15083/2000).
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L’azione diretta del locatore nei confronti del subconduttore
e gli effetti riflessi della nullita` o risoluzione del contratto di locazione (art. 1595 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1595 c.c. Rapporti tra il locatore e il subconduttore
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1595
[1] Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore, ha azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo della sublo-
xxxxxxx, di cui questi sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale, e per costringerlo ad adempiere a tutte le altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublo- cazione.
[2] Il subconduttore non puo` opporgli pagamenti anticipati, salvo che siano stati fatti secondo gli usi locali.
[3] Senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore, la nullita`o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore, e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui.
Riferimenti normativi: art. 1594 c.c.; art. 404 c.p.c.; L. 27.7.1978, n. 392.
Bibliografia: Balena, Contributo allo studio delle azioni dirette, Bari, 1990; Benatti, Appunti in tema d’azione diretta, in RTDPC, 1964; Xxxxxxx (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; Xxxxxx, La locazione, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1967; Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972; Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Xxxxxxx- Xxxx, 0000; Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972; Id., Sublocazione, in NN.D.I., XVIII, Torino, 1971; Vecchi, L’azione diretta, Padova, 1990.
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Sommario: 1. L’azione diretta contro il subconduttore: natura giuridica e ratio legis. 2. Il rapporto tra le parti ed il pregiudizio del locatore. 3. Le obbligazioni del subconduttore. 4. Il pagamento diretto del canone. 5. Il regime delle eccezioni. 6. Le vicende del contratto di locazione nei confronti del subconduttore. 7. Il fallimento del conduttore. 8. Gli effetti della sentenza resa tra le parti dell’originario contratto di locazione.
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1. L’azione diretta contro il subconduttore: natura giuridica e ratio legis
A La natura giuridica dell’azione diretta ac- cordata dal 1º co. della norma in esame ha
suscitato molteplici dubbi interpretativi. In particolare, una sentenza assai risalente la aveva assimilata ad un’azione surrogatoria, in base alla quale l’art. 1595 non attribuiva
un diritto sostanziale al locatore nei confron- ti del subconduttore, ma gli conferiva solo il potere di agire per far valere il diritto spet- tante al sublocatore. Pertanto, il locatore non esercitava un diritto proprio ma esercitava, nell’interesse proprio, diritti ed azioni di spettanza del conduttore. Con la conseguen- za che il locatore poteva far valere il diritto spettante al sublocatore in quanto tale diritto obiettivamente esistesse, ben potendo op- porglisi le cause di estinzione del diritto del sublocatore verso il subconduttore (C. 3576/ 1955). Poco dopo, pero`, la giurisprudenza ha riconosciuto che l’azione de qua non e` un’azione surrogatoria (C. 1385/1964), essa presenta infatti delle spiccate peculiarita`, presupponendo l’esistenza di un credito del locatore nei confronti del sublocatore per il pagamento del canone (C. 306/1951) e un credito del sublocatore verso il subcondutto- re. Piu` di recente la giurisprudenza si e` espressa sulla natura dell’azione in esame de- finendola di natura cognitiva, non satisfattiva o esecutiva (C. 836/1995).
B I dubbi interpretativi si sono posti anche nel formante dottrinario ove si e` unanime- mente escluso che possa trattarsi di azione surrogatoria, non rinvenendosene gli aspetti connotativi quali l’inerzia del debitore prin- cipale (Xxxxxx, La locazione, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1967, 272 ss.; Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, VII, 4, Tori- no, 1972, 585 ss.; Provera, Locazione. Dispo- sizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980, 337; Xxxxx, Sublocazione, in NN.D.I., XVIII, Torino, 1971, 588) evidenziando come il nuovo codice abbia attribuito al locatore l’a- zione diretta contro il subconduttore, ma gli abbia precluso l’azione surrogatoria (Prove- ra, 353). Invero, a differenza dell’azione pre- vista dall’art. 2900 c.c., che presuppone l’i- nerzia del debitore ed e` finalizzata a garanti- re la conservazione della garanzia patrimo- niale del creditore, l’azione de qua e` satisfat- toria. Si e` sostenuto, pertanto, che il locatore sarebbe titolare – a fronte di un unico bene oggetto del godimento – di un duplice titolo di credito, l’uno valevole nei confronti del
conduttore, l’altro avverso il subconduttore (Provera, 354), costituendo un rapporto di xxxxxx-credito che non trova fondamento in nessun rapporto negoziale diretto, in deroga ai principi generali. In particolare, il credito del primo locatore e` azionabile nei limiti dei corrispettivi dovuti dal subconduttore o del- le obbligazioni da lui inadempiute, compreso l’obbligo di riconsegna e di rifusione dei danni da ritardata riconsegna (Xxxxxx, 350). Una diversa e particolare tesi dottrina- ria ha invece individuato nell’azione diretta un trasferimento del diritto di credito del primo debitore, finalizzato ad una piu` accen- tuata tutela del creditore principale (Balena, Contributo allo studio delle azioni dirette, Ba- ri, 1990, 148). In particolare, secondo tale ultima tesi, l’azione diretta costituirebbe un rimedio esecutivo, la cui esperibilita` richiede la presenza in giudizio del debitore principa- le, quale litisconsorte necessario dell’azione espropriativa. In realta`, si e` precisato, l’azio- ne diretta indica la facolta` per un soggetto, titolare di un diritto di credito verso un de- bitore, di rivolgersi ad un terzo, a sua volta obbligato verso il primo debitore (Xxxxxx, L’azione diretta, Padova, 1990, 1), senza che vi sia alcuna relazione immediata tra il creditore ed il subdebitore (Xxxxxxx, Appun- ti in tema d’azione diretta, in RTDPC, 1964, 624). La ratio legis di tale disposizione risie- derebbe, dunque, nell’intento di accordare maggior tutela al locatore, per effetto del collegamento derivativo-costitutivo che esi- ste tra locazione e sublocazione.
2. Il rapporto tra le parti ed il pregiudizio del locatore
B La dottrina si e` ampiamente interrogata non solo circa la natura giuridica della sud- detta azione, ma anche sulla ricostruzione giuridica dei rapporti tra le parti. Un indiriz- zo giunge a rinvenirvi una sorta di accollo cumulativo necessario ope legis (Provera,
357) caratterizzato pero` dal fatto che – no- nostante vi siano due soggetti (sublocatore e subconduttore) responsabili nei confronti del locatore – la diversita` del regime di re- sponsabilita` porta ad escludere la configura-
bilita` di una solidarieta` passiva in senso tec- nico (Xxxxxx, 312), mancando l’identita` del- la causa. Altri, invece, negano la qualificazio- ne dei suddetti rapporti in termini di delega- zione (Vecchi, 146). Dalla lettera della legge emerge, comunque, che al locatore spettano due azioni dirette: l’una, ex lege, contro il subconduttore; l’altra, contrattuale, verso il conduttore. L’esperibilita` dell’azione diretta non pregiudica, quindi, i diritti del locatore nei confronti del proprio conduttore.
3. Le obbligazioni del subconduttore
A Secondo giurisprudenza risalente do- vrebbe essere il conduttore a rispondere dei danni cagionati dal subconduttore e si dovrebbe escludere l’esperibilita` dell’azione diretta nei confronti del subconduttore per la riconsegna del bene, essendo costui terzo rispetto al contratto principale. Piu` di recen- te si e` invece sostenuto che e` diritto del lo- catore richiedere al solo conduttore il risar- cimento dei danni verificatisi nell’immobile, nel corso della locazione, cosı` come della sublocazione. La detenzione dell’immobile da parte del subconduttore non determine- rebbe, infatti, la sostituzione di costui al con- duttore, il quale resta tenuto verso il locatore all’adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto principale (C. 1824/1992). In- vero, non si dice nulla circa l’obbligo di ri- consegna, ma deve dedursi che tale orienta- mento escluda la possibilita`, per il locatore, di rivolgersi direttamente al subconduttore per ottenere il rilascio del bene, dovendo prima esperire un’azione di restituzione ver- so il conduttore. Le stesse Sezioni Unite della Cassazione hanno riconosciuto che il sub- conduttore e` detentore autonomo, servendo- si della cosa nel proprio esclusivo interesse, e, pertanto, nonostante la cessazione del rap- porto di locazione, e` legittimato all’azione di reintegrazione anche contro lo spoglio posto in essere dal locatore (C., S.U., 11853/1991). B L’azione diretta rivolta verso il subcon- duttore per esigerne l’adempimento ha un duplice oggetto, dato che il locatore puo` pre- tendere il pagamento del canone, nonche´ l’adempimento delle obbligazioni discenden-
ti dal contratto di sublocazione. In dottrina si e` discusso sull’esistenza di obbligazioni, derivanti dal rapporto sublocatizio, diverse rispetto all’obbligo di corrispondere il prez- zo del godimento del bene. In particolare, si e` fatto riferimento all’obbligo di risarcire il danno in caso d’incendio o deterioramento del bene. Parte della dottrina ha ritenuto che non vi siano obbligazioni del subconduttore, discendenti dalla sublocazione, che non pos- sano essere oggetto di azione diretta del lo- catore (Miccio, 306). Pertanto, qualora il subconduttore non adempia la sua obbliga- zione di rilasciare l’immobile alla scadenza del contratto, o in caso di ritardata consegna, il locatore potra` agire direttamente contro di lui per ottenere il risarcimento del danno (Provera, 359). Di contrario avviso altra parte della dottrina (Xxxxx, Sublocazione, 588), secondo la quale il locatore non ha azione diretta contro il subconduttore per ottenere il rilascio della cosa, poiche´ la resti- tuzione del bene al locatore discende dal contratto di locazione, non da quello di su- blocazione; di conseguenza, il locatore dovra` necessariamente agire contro il conduttore, precostituendosi un titolo esecutivo da far valere contro il subconduttore.
4. Il pagamento diretto del canone
A La giurisprudenza ha ritenuto che il pa- gamento del canone da parte di un soggetto terzo rispetto al contratto di locazione, sep- pur subconduttore, non vale a fargli acquisi- re la veste di parte del rapporto principale (C. 12159/1992).
B D’altronde, anche la dottrina afferma che l’autonomia tra i due rapporti, locatizio e sublocatizio, non consente che il subcon- duttore versi direttamente al locatore il pro- prio canone, essendo costui terzo rispetto al contratto di sublocazione. In senso contra- rio, si e` pero` sostenuto che il pagamento effettuato dal subconduttore nelle mani del locatore libera il conduttore-sublocatore, trattandosi di obbligazioni solidali aventi ad oggetto l’adempimento di un’identica presta- zione (Provera, 358).
5. Il regime delle eccezioni
A Il subconduttore convenuto in giudizio puo` opporre al locatore tutte le eccezioni relative al rapporto fra subconduttore e su- blocatore (C. 3576/1955).
B In tal senso anche la dottrina (Xxxxxxxxx,
596) che annovera esemplificativamente tra le eccezioni opponibili la compensazione e la remissione. Secondo un’opinione dottrinaria, il subconduttore non puo` opporre al locato- re eccezioni inerenti al rapporto principale (Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Ci- cu, Messineo, XXV, Milano, 1972, 631), ec-
cezion fatta per la nullita` radicale. E` bene
inoltre precisare che la norma in esame in- troduce una limitazione per quanto riguarda l’opponibilita` dei c.d. ‘‘pagamenti anticipa- ti’’, espressione che – secondo la dottrina – deve essere intesa nel senso di pagamenti per il godimento futuro del bene, oppure quelli effettuati prima della scadenza del termine (Provera, 360).
6. Le vicende del contratto di locazione nei confronti del subconduttore
A A norma dell’art. 1595, 3º co., che rap- presenta un’applicazione del principio gene- rale resoluto iure dantis resolvitur et ius acci- pientis, la nullita`, la risoluzione o comunque il venir meno del contratto di locazione de- termina la caducazione anche del rapporto di sublocazione, non rilevando nei confronti del locatore che la durata del contratto di locazione sia stata programmata dalle parti (o prorogata ex lege) in modo da durare oltre la data di cessazione del contratto di locazio- ne (C. 11003/1993). I principi contenuti nel- l’articolo in esame non sono stati derogati dalla disciplina speciale sugli immobili urba- ni contenuta nella L. 27.7.1978, n. 392. In particolare, per quanto riguarda il prolunga- mento ex lege della durata convenzionale dei contratti di sublocazione di immobili desti- nati ad uso diverso da quello di abitazione, sorti anteriormente al 1978 e, quindi, sogget- ti alla disciplina transitoria di cui agli artt. 67 ss., L. 27.7.1978, n. 392, la continuazione del rapporto di sublocazione e` subordinata all’e- sistenza della locazione; pertanto, ex art.
1595, la risoluzione del contratto di locazio- ne ha effetto anche nei confronti del subcon- duttore, salvo il suo diritto di subentro nel contratto principale, se cosı` pattuito o previ- sto da una specifica disposizione normativa (C. 1260/1990).
7. Il fallimento del conduttore
A La dichiarazione di fallimento del con- duttore, non determinando l’inesigibilita` del credito del locatore per il canone nei confronti del conduttore, non determina la carenza del requisito necessario per l’eserci- zio dell’azione diretta ai sensi dell’art. 1595 da parte del locatore nei confronti del sub- conduttore per l’esazione del canone di su- blocazione del quale costui e` ancora debitore nei confronti del sublocatore (C. 836/1995).
8. Gli effetti della sentenza resa tra le parti dell’originario contratto di locazione
A Ai sensi del 3º co. dell’art. 1595, la sen- tenza pronunciata per qualsiasi ragione (nul- lita`, risoluzione, scadenza della locazione, ri- nuncia del conduttore-sublocatore al con- tratto in corso) tra locatore e conduttore fa stato anche nei confronti del subconduttore, esplicando efficacia sia di cosa giudicata so- stanziale, sia di titolo esecutivo per il rilascio
– efficacia che deve essere riconosciuta an- che nel caso in cui la sublocazione sia inop- ponibile al locatore (C. 5053/1994) –, ancor- che´ il subconduttore sia rimasto estraneo al giudizio de quo e quindi non sia stato men- zionato nel titolo esecutivo (P. Xxxxxx, 00.0.0000 estende tale soluzione anche all’i- potesi di comodato), soluzione che non com- porta alcun fondato dubbio di legittimita` co- stituzionale (C. Cost., 21.1.1988, n. 60). La ratio di tale soluzione normativa risiede nel fatto che la subconduzione comporta la na- scita di un rapporto obbligatorio derivato la cui sorte dipende da quella del rapporto principale, cos`ı come il diritto del subcon- duttore deriva ed e` condizionato da quello del suo dante causa (conduttore). Ne discen- de che il locatore non puo` affermare la vali- dita` e la persistente efficacia del contratto con il conduttore e nel contempo chiedere
il rilascio dell’immobile al subconduttore (C. 212/1998). Ne deriva, altresı`, che il subcon- duttore – non potendo vantare diritti di sorta nei confronti del locatore principale ed aven- do un semplice interesse alla continuazione del rapporto locatizio fondamentale – nella causa per finita locazione tra il proprietario ed il conduttore originario, puo` spiegare solo un intervento adesivo semplice o dipenden- te, e non gia` un intervento autonomo liti- sconsortile e, quindi, non e` titolare del dirit- to di impugnare in via autonoma la sentenza sfavorevole alla parte adiuvata, potendo sol- tanto aderire all’impugnazione proposta da quest’ultima. Allo stesso modo, se il locatore abbia convenuto nel giudizio instaurato per sentir dichiarare la cessata locazione entram- bi gli interessati (conduttore e subcondutto- re), e` inammissibile l’impugnazione del sub- conduttore contro la sentenza che abbia ac- colto la domanda del locatore non impugna-
ta dal conduttore (C. 11324/1998). La sen- tenza di risoluzione o di scioglimento otte- nuta dal locatore contro il conduttore-sublo- catore ha efficacia esecutiva anche nei con- fronti del subconduttore (³ C. 329/1978; C. 1716/1960), anche nell’ipotesi in cui sia ri- masto estraneo al giudizio de quo e non sia stato neanche menzionato nel titolo esecuti- vo (³ C. 15083/2000; C. 5053/1994). L’a-
zione contro il subconduttore non presuppo- ne il litisconsorzio necessario con il subloca- tore (C. 1385/1964).
B Secondo l’opinione prevalente della dot- trina, il subconduttore puo` esperire l’oppo- sizione di terzo revocatoria ex art. 404, 2º co., c.p.c. (Mirabelli, 596), ne´ appare cor- retto obiettare che il subconduttore non e` terzo, data l’azione diretta accordata al loca- tore.
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Termine della locazione (art. 1596 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1596 c.c. Fine della locazione per lo spirare del termine
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1596
[1] La locazione per un tempo determinato dalle parti cessa con lo spirare del termine, senza che sia necessaria la disdetta.
[2] La locazione senza determinazione di tempo non cessa, se prima della scadenza stabilita a norma dell’articolo 1574 una delle parti non comunica all’altra disdetta nel termine [fissato dalle norme corporative o, in mancanza in quello]1 determinato dalle parti o dagli usi.
1 Espressione da ritenersi abrogata a seguito della soppressione dell’ordinamento corporativo disposta con R.D.L. 9.8.1943, n. 721.
Riferimenti normativi: artt. 1352, 1574 c.c.; artt. 3, 27, L. 27.7.1978, n. 392; L. 9.12.1998,
n. 431.
Bibliografia: Xxxxxxx (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; Xxxxxxxxx, La locazione di immobili nel codice civile e nelle leggi speciali, Padova, 2004; Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972; Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980; Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972.
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Sommario: 1. Osservazioni introduttive. 2. La disdetta. 3. Il recesso. 4. La proroga. 5. Alie- nazione della cosa locata e sorte del giudizio pendente.
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1. Osservazioni introduttive
B La locazione si connota per essere un contratto sostanzialmente a termine, e que- sto elemento assume notevole rilevanza al- l’interno della struttura e della dinamica ne- goziale, se si considera che l’interesse delle parti che concludono tale contratto si soddi- sfa proprio a fronte della temporaneita` del rapporto che esse pongono in essere. Nel- l’ambito della distinzione tra locazioni a tem- po determinato e non, si deve infatti osser- vare che quest’ultima figura si caratterizza per il fatto che quando una locazione e` sti- pulata senza determinazione di tempo, la du- rata viene fissata ex lege, e non che si e` in presenza di una locazione a tempo indeter- minato.
2. La disdetta
A La disdetta del locatore, in quanto volta a determinare la cessazione del rapporto di lo- cazione alla scadenza del termine contrattua- le e, conseguentemente, ad imporre al con- duttore la riconsegna della res locata, e xxxx` l’esecuzione di una prestazione indivisibile, e` efficace nei confronti di tutti i conduttori, ancorche´ intimata ad uno solo di essi (C. 4797/1999) e tale principio vale anche nel caso di affitto di fondi rustici (C. 5689/ 2005). Nel caso, invece, di pluralita` di loca- tori, sara` sufficiente la disdetta intimata da uno solo di essi (³ C. 5518/1985; X. Xxxxx, 20.4.1988 ritiene pero` necessario che l’inti- mazione di sfratto sia effettuata da tutti i locatori), viceversa, si e` ritenuta non efficace nei confronti del conduttore la disdetta in- viata dal solo nudo proprietario e non anche dall’usufruttuario (P. Chieti, 20.11.1992). La disdetta puo` esser validamente effettuata an- che da un mandatario in base ad incarico conferito verbalmente. Inoltre essa ancorche´ intimata ad uno solo degli eredi del condut- tore defunto, e` idonea a costituire in mora tutti gli altri eredi nella riconsegna dell’im- mobile alla scadenza (C. 4605/1997). L’erro-
nea indicazione della data di cessazione del rapporto non esclude che la disdetta produ- ca effetti per l’esatta scadenza, qualora con la stessa risulti chiaramente esternata la volonta` di riottenere la disponibilita` dell’immobile alla scadenza del contratto, senza indurre equivoco affidamento nella controparte sulle intenzioni del locatore dichiarante (P. Vero- na, 11.1.1991). La disdetta ha la funzione di impedire la prosecuzione o la rinnovazione del contratto di locazione e non di determi- nare la cessazione del rapporto prima della scadenza, pertanto, nel caso in cui sia stata intimata per un termine di scadenza anterio- re, vale per il termine successivo (³ C. 1318/ 1996; C. 2076/1989) e, viceversa, e` piena- mente efficace la disdetta intimata erronea- mente per una data successiva alla scadenza legale, quando, dal tenore dell’atto, risulti inequivocamente la volonta` dell’intimante (P. Pisa, 17.3.1993; P. Firenze, 17.3.1987).
Essa si verifica anche se non si siano verifi- cati, per evenienza di ordine processuale (ad es. per estinzione del giudizio o per mancata comparizione del locatore), gli effetti proces- suali ricollegabili al procedimento di conva- lida (C. 300/1985). La dipendenza della con- creta rinnovazione del contratto dall’unilate- rale volonta` del conduttore non rende auto- matici i possibili rinnovi annuali successivi alla prima scadenza, dato che si puo` avere rinnovo solo in difetto di disdetta da parte del conduttore, che nell’esplicita previsione contrattuale costituisce espressione di una ben precisa volonta` del conduttore e si ricol- lega alla volonta` anticipatamente espressa dal locatore all’atto della sottoscrizione del con- tratto nell’ambito di uno schema riconduci- bile all’istituto dell’opzione (³ C. 9545/ 1996; C. 6219/1988). Vedendo qualche esemplificazione, la giurisprudenza ha ravvi- sato un’ipotesi di disdetta nello stesso atto di citazione per convalida di sfratto (³ C. 913/ 1999; C. 1406/1977) in virtu` della circostan- za che, in tale atto, si esprime la volonta` del
locatore contraria ad un’eventuale proroga o rinnovazione del rapporto e costituendo esso una vocatio in ius del conduttore; altre volte ha ritenuto equipollente a disdetta la doman- da di risoluzione del contratto per colpa del conduttore (C. 2456/1951).
Si e` inoltre affermato che l’art. 3 l. eq. can. – secondo cui il contratto di locazione degli immobili destinati ad uso abitativo si rinnova per un periodo di quattro anni se nessuna delle parti comunica all’altra, almeno sei me- si prima della scadenza, con lettera racco- mandata, che non intende rinnovarlo – non prescrive un requisito di forma ad substan- tiam della comunicazione della disdetta, per- che´ tale sanzione non e` espressamente com- minata, ne´ puo` essere desunta in via inter- pretativa data la vigenza del principio di li- berta` di forma, ne deriva la possibilita` di ricorrere ad atti equipollenti, dotati di pari efficacia (³ C. 11982/1991; P. Fidenza, 1.4.1990). In particolare, sotto la vigenza della l. eq. can. la giurisprudenza ha afferma- to che la disdetta del contratto di locazione per uso abitativo puo` esser comunicata an- che con forma diversa da quella prescritta dall’art. 3, L. 27.7.1978, n. 392, purche´ ine- quivocabilmente idonea a rivelare la volonta` di non rinnovare il contratto alla scadenza, e puo` essere contenuta anche in un atto pro- cessuale che presupponga logicamente o giu- ridicamente la volonta` di disdetta o comun- que esprima, in concreto, la volonta` di non rinnovare il contratto alla scadenza. Una di- sdetta che non sia idonea, per inosservanza del termine, a produrre la cessazione della locazione per la scadenza voluta dal locatore, ha l’efficacia di produrre la cessazione del rapporto per la successiva scadenza (³ C. 7352/1997; C. 8443/1995; C. 11982/1991).
Inoltre, se il locatore ha comunicato al con-
duttore la disdetta (art. 1596 c.c.), anche se per un considerevole lasso di tempo non ha agito in giudizio per il rilascio, ed ha conti- nuato a percepire i canoni di locazione, il contratto non puo` dirsi rinnovato, mancan- do una volonta` contraria a quella manifesta- ta, sı` che la permanenza del conduttore nel- l’immobile costituisce occupazione di fatto
(³ C. 269/1998; C. 9105/1995; C. 8825/
1995; C. 8159/1995). Da ultimo, si segnala una recente sentenza della Suprema Corte secondo cui il provvedimento di rilascio del- la casa familiare emanato nei confronti del coniuge proprietario esclusivo dell’immobile non puo` essere fatto utilmente valere nei confronti del terzo che si trovi nel godimento dell’immobile in forza di un titolo che gli assicura un possesso autonomo, incompati- bile con la pretesa fatta valere in via esecuti- va, sino a quando il creditore procedente non si sia munito di titolo esecutivo valido nei confronti del terzo (C. 13664/2003).
Con riguardo alle locazioni non abitative, la Corte costituzionale (C. Cost., 23.4.1986,
n. 108), ha dichiarato l’illegittimita` della proroga prevista dall’art. 1 bis, 9º co.,
D.L. 7.2.1985, n. 12 (conv. con mod. in
L. 5.4.1985, n. 118, per cui le date di sca- denza del regime transitorio di tali locazioni vanno individuate con riferimento agli artt. 67 e 71, L. 27.7.1978, n. 392 e 15 bis,
D.L. 23.1.1982, n. 9 (conv. con mod. in
L. 25.3.1982, n. 94), in virtu` delle quali ha luogo l’automatica cessazione di quel regi- me, senza necessita` di preventiva disdetta (ex art. 1596 c.c.), restando inoperante an- che la clausola di proroga convenzionale in caso di mancata disdetta (C. 9165/2002). Talche´, scaduto il contratto, se il condutto- re non rilascia l’immobile, il locatore e` le- gittimato all’intimazione dello sfratto per fi- nita locazione, senza che sia configurabile una tacita rinnovazione dovuta al godimen- to di fatto dell’immobile protrattosi per il periodo compreso tra la scadenza del con- tratto e la caducazione – da parte della Consulta – delle ulteriori disposizioni di proroga (³ C. 2174/1994; C. 10389/1990;
C. 4605/1990). In caso di illegittima anti-
cipata cessazione del rapporto di locazione ad uso non abitativo, al conduttore deve essere riconosciuto il diritto al risarcimento parametrato alla perdita dei profitti dell’at- tivita` dalla data dell’indebito rilascio alla scadenza naturale del rapporto (C. 5948/ 1999). Di recente la Suprema Corte ha inol- tre precisato che, in relazione alle finalita`
perseguite dall’art. 29, L. 27.7.1978, n. 392, la eventuale nullita` assoluta della disdetta per mancata specificazione dei motivi, ren- de inidoneo l’atto a produrre gli effetti suoi propri per la prima scadenza contrattuale, ma non gli impedisce di valere per la sca- denza successiva come espressione di volon- ta` contraria alla rinnovazione della locazio- ne (C. 7927/2004). Restano esclusi dalla di- sciplina della L. 27.7.1978, n. 392 i contratti concernenti sia le aree nude (P. Gallipoli, 31.7.1987), sia gli immobili adibiti ad uso ‘‘deposito’’ (P. Lecce, 16.2.1987), ai quali si applichera` la disciplina codicistica.
B La disdetta, nelle locazioni senza previ- sione di termine, ha natura di atto negoziale unilaterale e recettizio, che costituisce espressione di un diritto potestativo attribui- to ex lege, che si sostanzia in una manifesta- zione di volonta` destinata ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locatizio, cosı` come e` stato precisa- to anche in giurisprudenza (C. 409/2006). Con la disdetta si determina infatti la man- cata rinnovazione del rapporto alla scadenza. L’intimazione della disdetta e` inquadrata, da parte della dottrina (Xxxxx, La locazione-con- duzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Mi- lano, 1972, 725) nella figura dell’onere, non mancando tuttavia autorevoli voci di contra- rio avviso (Provera, 398). Una volta intimata la disdetta, il conduttore acquista il diritto a veder riconosciuto cessato il rapporto locati- zio, pertanto la disdetta non puo` essere re- vocata efficacemente senza il consenso del conduttore. La disdetta puo` essere intimata da entrambe le parti del rapporto, tuttavia, nel caso in cui il bene appartenga pro indivi- so a piu` titolari, sara` necessario che ognuno di essi dia disdetta nelle forme di legge (Pro- vera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571- 1606, Bologna-Roma, 378). L. 27.7.1978, n.
392 ha pero` sovvertito la logica della dispo- sizione codicistica, prevedendo l’obbligo del- la disdetta anche per le locazioni a termine, andandosi incontro altrimenti alla rinnova- zione automatica del contratto. Comunque, la congruita` del preavviso potra` esser sinda-
cata in sede giudiziale. Ad ogni modo, per le locazioni di immobili urbani ad uso abitativo trova ora applicazione la L. 9.12.1998, n. 431 al commento della quale si rinvia.
A Per quanto attiene al problema della for- ma, la disdetta puo` essere comunicata in qualsiasi modo, purche´ venga reso edotto il conduttore della in equivoca volonta`, da par- te del locatore, di non rinnovare il rapporto alla scadenza del termine. Qualora nel con- tratto di locazione le parti indichino le mo- dalita` attraverso le quali la disdetta debba compiersi, tale indicazione non e` da inten- dersi quale prescrizione di forma ad substan- tiam, potendo quindi essere effettuata la di- sdetta anche con mezzi equipollenti (C. 2211/1989). Qualora vi sia una pluralita` di conduttori, la disdetta del locatore, intimata anche ad uno solo di essi, e` efficace nei con- fronti di tutti i conduttori (C. 4797/1999).
3. Il recesso
B A differenza della disdetta, il recesso (an- ch’esso negozio unilaterale recettizio) ha la funzione di determinare direttamente – a prescindere cioe` da una scadenza o dal di- niego di rinnovazione (disciplinato dalla leg- ge speciale) – la cessazione anticipata del rapporto negoziale, i cui effetti non si esten- dono pero` alle prestazioni pregresse, che re- stano acquisite. Il recesso puo` rinvenire la sua fonte in una disposizione pattizia o lega- le. In particolare, un’ipotesi di recesso ex lege e` quella prevista dall’art. 5, L. 3.5.1982, n. 203 sui contratti agrari, ove si riserva, incondizionatamente, tale facolta` al conduttore di fondi rustici. Si tratta dunque di un diritto potestativo che spetta indistin- tamente all’affittuario coltivatore diretto ed a quello capitalista, ma che viceversa, in dero- ga all’art. 1616 c.c., e` preclusa al locatore al quale spetta solo il rimedio della risoluzione per grave inadempimento.
A Per quanto attiene al problema del mo- mento a partire dal quale il recesso produce i suoi effetti, come ha chiarito la giurispruden- za, la cessazione della locazione e` in questo caso da intendersi verificata al momento del- la scadenza del termine semestrale di preav-
viso previsto nel contratto e, fino a tale ter- mine, il conduttore e` comunque tenuto a corrispondere i canoni, indipendentemente dal momento in cui l’immobile viene mate- rialmente rilasciato (C. 25136/2006).
4. La proroga
B La proroga del contratto di locazione e` un istituto previsto nella legislazione specia- le. In particolare, con apposita legge, e` pos- sibile prevedere una proroga legale della lo- cazione in essere e, nel caso in cui il provve- dimento di proroga legale sia intervenuto dopo la disdetta ma prima della scadenza del termine convenzionale del contratto, il rapporto locatizio prosegue. Negli anni pas- sati il legislatore, nonostante il monito della Corte costituzionale, che in molteplici pro- nunce ha dichiarato la lesivita`, per violazione dell’art. 42 Cost., di tale modus agendi, ha continuato a prorogare i termini con leggi apposite (ad es. la L. 25.11.1987, n. 478) o decreti dell’ultima ora qualificati come «so- spensione dell’esecuzione degli sfratti». In sede di riforma della L. 27.7.1978, n. 392, si e` pero` tentato di eliminare l’istituto della finita locazione, facendo del rinnovo auto-
matico una regola, e prevedendo casi tassa- tivi per l’azione di rilascio.
5. Alienazione della cosa locata e sorte del giudizio pendente
A In ipotesi di alienazione della cosa locata in pendenza della lite promossa dal locatore per il rilascio del bene alla scadenza del rap- porto locatizio o anteriormente alla medesi- ma, l’acquirente, subentrando nella posizio- ne giuridica del venditore quando il contrat- to e` ancora in corso, e` destinatario degli ef- fetti della disdetta intimata dal suo dante causa, ma non puo` proporre autonomamen- te domanda di rilascio per finita locazione, vista l’applicazione dell’art. 111 c.p.c. in te- ma di successione a titolo particolare nel di- ritto controverso, che conferisce al successo- re le sole facolta` di intervenire nella causa pendente, o di impugnare o resistere all’im- pugnazione avverso la sentenza in essa resa nei confronti dell’alienante e produttiva di effetti anche nei riguardi del successore (C. 266/1985).
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La rinnovazione tacita del contratto (art. 1597 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1597 c.c. Rinnovazione tacita del contratto
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1597
[1] La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di essa, il conduttore rimane ed e` lasciato nella detenzione della cosa locata o se,
trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non e` stata comunicata la disdetta a norma dell’articolo precedente.
[2] La nuova locazione e` regolata dalle stesse condizioni della precedente, ma la sua durata e` quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato.
[3] Se e` stata data licenza, il conduttore non puo` opporre la tacita rinnovazione, salvo che consti la volonta` del locatore di rinnovare il contratto.
Riferimenti normativi: artt. 1350, 1573, 1574 c.c.; L. 27.7.1978, n. 392; L. 9.12.1998, n. 431.
Bibliografia: Xxxxxxx (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; Xxxxxxxxxxxx, Locazione, in Comm. X’Xxxxxx, Xxxxx, Firenze, 1947; Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972; Provera, Locazione.
Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980;
Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972.
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Sommario: 1. Osservazioni introduttive. 2. La rinnovazione del contratto. 3. Il contratto con la P.A. 4. La legge speciale. 5. Una fattispecie particolare.
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1. Osservazioni introduttive
B Si e` autorevolmente osservato che tutti i contratti di locazione sono o divengono a tempo determinato (Mirabelli, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972, 553 ss.) e che la distinzione, tra le locazioni a tempo determinato e quelle non a tempo determinato, riguarda solo la fonte per la determinazione del termine. In particolare, qualora la durata del rapporto locatizio sia fissata convenzionalmente: a) la locazione cessa alla scadenza senza necessita` di disdet- ta; b) si ha per rinnovata se il godimento prosegue dopo la scadenza; c) non si rinnova se, prima dello scadere del termine, viene data ‘‘licenza’’ anche se il godimento prose- gue dopo la scadenza (Mirabelli, 553 ss.). Al contrario, nel caso in cui si tratti di termine fissato ex lege, il contratto non cessa, ma si rinnova, ovvero nasce un nuovo rapporto di uguale contenuto rispetto al precedente (di contrario avviso: Xxxxxxxxxxxx, Locazione, in Comm. X’Xxxxxx, Finzi, Firenze, 1947). Se poi si condivide l’opinione di chi ritiene che vi sia un tertium genus di locazioni che ces- sano solo tramite il recesso con preavviso, fissato convenzionalmente o ex lege, ad esse si applichera` analogicamente il 3º co. dell’art. 1597 c.c.: xxxx` esclusa, pertanto, una tacita rinnovazione, ammettendosi solo un nuovo accordo fra le parti, abbia questo o meno contenuto identico a quello precedente. Nel- la locazione senza determinazione di scaden- za la mancata rinnovazione consegue ad una fattispecie complessa, derivante dalla combi- nata azione della disdetta intimata e dello spirare del termine legale per la durata del contratto (Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980, 400).
E` argomento di vexata quaestio, negli am-
bienti scientifici, il problema concernente il significato del termine ‘‘licenza’’ utilizzato
nel 3º co. della norma in esame ed, in parti- colare, ci si chiede se si debba fare ricorso alla accezione di tale termine in senso pro- prio (Mirabelli, 000 x Xxxxx, Xx locazione- conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972, 725 ss.). Si precisa, infatti, che a differenza della disdetta la licenza sarebbe un atto formale che richiede l’intimazione a mezzo di ufficiale giudiziario, con la quale il locatore si precostituisce un titolo esecutivo per ottenere il rilascio. Tuttavia, secondo la dottrina maggioritaria, nella norma in esame l’espressione licenza va intesa nel senso di disdetta. Contraria, invece, un’opinione mi- noritaria, secondo cui tale espressione ri- guarda l’atto introduttivo del giudizio civile di rilascio (Xxxxx, 726). La rinnovazione non va confusa con la novazione, che si verifica quando i contraenti sostituiscono all’origina- ria obbligazione una nuova avente titolo od oggetto diverso, e risulti altresı` in modo non equivoco la volonta` dei contraenti di estin- guere la precedente obbligazione. In deroga alla norma in commento, le parti possono convenire – tramite apposite clausole ed os- servando le formalita` previste dall’art. 1341
c.c. – specifiche modalita` di regolamentazio-
ne dell’effetto di tacita rinnovazione del ne- gozio. Tali clausole dovranno pero` essere ben specifiche, in modo tale da evitare il pericolo di incorrere nella sanzione della nul- lita` per indeterminatezza dell’oggetto, con conseguente riespansione degli effetti giuri- dici previsti dalla disciplina codicistica. Ad esempio, si potra` riconoscere il diritto pote- stativo di provocare la rinnovazione del con- tratto ad una sola delle parti contrattuali, oppure, come accade di frequente, pattuire che si dara` luogo alla rinnovazione del con- tratto se non interverra` la disdetta entro un termine stabilito. Se, per effetto della rinno- vazione, il contratto di locazione e` destinato a protrarsi per piu` di nove anni, si dovra`
osservare la prescrizione formale di cui al- l’art. 1350 c.c.; qualora poi si arrivasse ad una durata superiore ai trent’anni, diverra` operante il limite di cui all’art. 1573 c.c., con relativa riduzione della durata ai sensi dell’art. 1597 c.c. (Provera, 404).
A Secondo la giurisprudenza, nel caso in cui il locatore abbia intimato formale disdet- ta, anche se successivamente il conduttore sia rimasto nell’immobile locato dopo la sca- denza e/o il locatore abbia continuato a per- cepirne il canone senza proporre tempesti- vamente azione di xxxxxxxx, cio` non vale a configurare un’ipotesi di rinnovazione del contratto, occorrendo a tal fine un compor- tamento positivo del locatore idoneo a dimo- strare una nuova volonta` contraria a quella precedentemente dimostrata con la disdetta (³ C. 19322/2004; C. 10946/2003; T. Ro-
ma, 29.3.2004). In merito alla licenza, giuri- sprudenza risalente ha affermato che la li- cenza puo` anche avere gli effetti sostanziali della disdetta, ma anche in questo caso ri- mane distinta la sua funzione istituzionale (C. 172/1964).
2. La rinnovazione del contratto
B Il consenso alla rinnovazione del rappor- to puo` derivare o da dichiarazione espressa o da comportamento concludente. In partico- lare, si ritiene fatto concludente l’accettazio- ne, da parte del locatore, del canone di loca- zione convenuto in relazione a periodi di tempo successivi alla scadenza contrattuale pattuita o disposta dalla legge. Il contenuto del contratto rinnovato e` sostanzialmente identico a quello del negozio originario, e cio` in forza del rinnovo espresso o tacito (o per facta concludentia).
A La volonta` espressa del locatore di non rinnovare il contratto di locazione alla sca- denza comporta l’esaurimento dell’efficacia del contratto alla data indicata, a meno che non sia manifestata una concorde volonta` contraria rivolta alla costituzione di un nuo- vo rapporto. Si potra`, invece, avere una rin- novazione tacita del contratto quando ricor- rano i seguenti comportamenti concludenti delle parti: mancanza di qualsiasi manifesta-
zione di xxxxxxx` contraria da parte del loca- tore e permanenza del conduttore nel godi- mento dell’immobile anche dopo la scadenza per un apprezzabile periodo di tempo (³ C. 12833/1998; C. 9627/1997; C. 4754/1994).
Appare opportuno, tuttavia, sottolineare che la giurisprudenza e` divisa sul valore da rico- noscere all’inerzia del locatore nel pretende- re la restituzione del bene, punto su cui si evidenzia la necessita` di un esame di fatto, alla luce anche del ricorso al principio della buona fede negoziale. Nello specifico, parte della giurisprudenza ha sottolineato che la norma di cui all’art. 1597, 1º co., c.c., affe- rente ai contratti a tempo determinato (quale il contratto di locazione ad uso non abitativo, soggetto al regime transitorio dettato dalla
L. 27.7.1978, n. 392, su cui v. infra) va inter- pretata nel senso che non e` lecito desumere dal solo fatto della permanenza del condut- tore dell’immobile oltre la scadenza del ter- mine (contrattuale o legale) la verificazione della fattispecie normativa della rinnovazio- ne tacita prevista dal succitato articolo, e questo anche nel caso in cui il locatore abbia accettato i canoni per il periodo successivo alla scadenza, occorrendo che detti fatti sia- no corroborati dall’univoco comportamento tenuto da entrambe le parti successivamente alla scadenza del contratto, dal quale possa desumersi la loro inequivoca volonta` di man- tenere in vita il rapporto locativo (³ C. 21870/2004; C. 5949/2004; C. 10644/2002; C. 9958/1997; C. 10706/1996; C. 9550/ 1994). Pertanto – indicando la rinnovazione tacita il perfezionarsi di un nuovo negozio giuridico bilaterale (C. 8800/1998) –, il con- duttore non potra` opporre la tacita rinnova- zione del contratto senza che consti la volon- ta` del locatore, non potendosi ritenere la sua mera tolleranza al protrarsi della detenzione dell’immobile, dopo la disdetta del contrat- to, indicativa della volonta` di rinnovo (³ C. 12334/1999; C. 11671/1998). A maggior ra- gione qualora sia stato intimato lo sfratto, non e` sufficiente a provare la rinnovazione tacita del contratto di locazione ne´ la succes- siva permanenza del conduttore nella deten- zione della res, ne´ il pagamento e l’accetta-
zione dei canoni e neanche il ritardo con cui sia stata promossa l’azione di rilascio, occor- rendo altri elementi idonei a far desumere in modo univoco la sopravvenienza di un ac- cordo pattizio in tal senso, dimostrando che il locatore abbia inteso estrinsecare, sep- pure in modo tacito, la propria volonta`, nuo- va e contraria a quella precedentemente ma- nifestata (con una novazione oggettiva dell’o- riginaria locazione), di rinunciare agli effetti prodotti con l’intimazione (³ C. 9917/1996; C. 4174/1995; C. 888/1991). In particolare, di recente la S.C. ha affermato che la rinno- vazione tacita postula la continuazione della detenzione da parte del conduttore e la man- canza di una manifestazione di volonta` con- traria del locatore. Pertanto, qualora costui abbia dimostrato la sua intenzione di porre fine al rapporto con apposita disdetta, non basta a configurare una rinnovazione tacita il fatto che, dopo la scadenza, il locatario sia rimasto nell’immobile o che il locatore abbia continuato a percepire il canone senza pro- porre tempestivamente azione di rilascio o addirittura ha continuato a percepire i xxxx- ni di locazione, necessitando a tal fine un suo comportamento positivo, idoneo a manife- stare una nuova volonta`, contraria a quella manifestata in precedenza (³ C. 9698/1998; C. 269/1998; C. 9105/1995; C. 8753/1994).
Del resto, la circostanza che il locatore, nel-
l’intimare la disdetta, abbia indicato una data di cessazione del contratto erronea, non esclude la sua volonta` di riottenere la dispo- nibilita` dell’immobile, impedendo la rinno- vazione tacita del contratto, e quindi non impedisce che la disdetta produca i suoi ef- fetti per l’esatta scadenza (C. 11365/1996). Con riferimento alla norma di cui al 2º co., la giurisprudenza ha evidenziato che il riferi- mento alle locazioni a tempo indeterminato va inteso quale rinvio all’art. 1574 c.c. (C. 11701/2002). In ogni caso, l’applicazione dell’art. 1597, 2º co., c.c., potra` trovare ap- plicazione solo per quei contratti per i quali sia consentita la rinnovazione dell’originario contratto e non anche per quelli – quali il contratto associativo agrario – per i quali non sia possibile, cio` salvo che il conduttore
non dimostri di essersi accordato, nell’immi- nenza della cessazione del rapporto o in epo- ca successiva, con il proprietario per dare vita ad un nuovo, diverso, rapporto (³ C. 6204/2004; C. 5949/2004). La giurispruden- za ha poi affermato che, in mancanza del pactum renovandi, ma in presenza di una manifestazione di volonta` delle parti poste- riore alla scadenza del contratto, favorevole alla continuazione del rapporto, questo pro- segue per tacito accordo, per il tempo previ- sto dal contratto stesso o dagli usi, o a tempo indeterminato, ed il nuovo rapporto e` disci- plinato dalle stesse pattuizioni contenute nel- l’accordo originario, se ed in quanto compa- tibili con quello successivamente concluso in modo tacito (C. 15797/2005). In particolare, affinche´ si abbia rinnovazione tacita del con- tratto di locazione, occorre che le parti ab- biano posto in essere un univoco comporta- mento, successivo alla scadenza del contrat- to, positivo ed idoneo ad evidenziare la vo- lonta` di entrambe di mantenere in vita il rapporto locativo (³ C. 5464/2006; C. 19322/2004).
3. Il contratto con la P.A.
B La disposizione in esame trova applica- zione anche nel caso in cui uno dei soggetti contraenti sia la P.A. In tale ipotesi, trattan- dosi di contratti di norma conclusi a favore di dipendenti pubblici, il canone potra` essere l’esito di una contrattazione privata, consen- tita dalla legge sull’equo canone, denominan- dosi tale contratto come ad uso foresteria. Tali contratti sono altresı` caratterizzati da particolari formalita` di tipo pubblicistico, dovendo essere preceduti da una delibera del consiglio comunale e richiedendosi per la loro stipulazione la forma dell’atto pubbli- co.
A E` stato, pero`, precisato che non puo` mai
configurarsi un rinnovo tacito del contratto di locazione con la P.A., dato che la volonta` di obbligarsi della P.A. non puo` mai desu- mersi per implicito da fatti o da atti, doven- do sempre esser manifestata nelle forme ri- chieste dalla legge, tra cui primeggia l’atto scritto ad substantiam (³ C. 11649/2002;
C. 9165/2002; C. 188/2000; C. 9614/1999;
C. 6406/1998; C. 12769/1991). Tuttavia, nel caso in cui, dopo la scadenza del contratto, l’amministrazione locatrice continui a perce- pire i canoni chiedendo anche l’aumento Istat, puo` aversi una continuazione dell’ori- ginario rapporto, sempre che nel contratto vi sia una clausola in tal senso (C. 12087/2002). A sostegno di tale impostazione, viene qui richiamata anche una recente sentenza della Cassazione, la quale ha precisato che, nel caso in cui la rinnovazione tacita del contrat- to di locazione (stipulato per iscritto) sia pre- vista da apposita clausola e sia subordinata al mancato invio della disdetta entro un dato termine, la rinnovazione tacita deve ritenersi ammissibile, poiche´ la previsione della clau- sola non viola il principio della necessaria forma scritta ed inoltre, considerata la pre- determinazione della durata del periodo di rinnovo, consente alla P.A. di valutare l’op- portunita` di disdire o meno il contratto nel termine contrattualmente previsto (C. 12323/2005).
4. La legge speciale
B Sotto il vigore della l. eq. can., la dottrina aveva evidenziato che, in tale legge: a) la di- sciplina della durata non e` necessariamente parallela a quella del canone (v. art. 26, 2º co.); b) vi e` una duplice disciplina del recesso con preavviso, in regime transitorio, a secon- da che gli immobili siano destinati ad uso abitativo (art. 69) oppure no (artt. 29, 59, 73), con la precisazione che il diniego previ- sto dall’art. 29 e` ipotesi distinta sia rispetto alla disdetta che al recesso.
A In giurisprudenza si e` sostenuto che nel caso in cui intervenga una legge speciale che proroghi il rapporto in corso fissando un nuovo termine di scadenza, non sara` possi- bile una rinnovazione tacita per difetto di disdetta, non essendo previsto alcun onere di disdetta, perche´ la locazione cessi nel ter- mine previsto dalla legge di proroga (³ C. 3536/1997; C. 2975/1983; C. 917/1981). In
particolare, in tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo in corso al momento dell’entrata in vigore della
L. 27.7.1978, n. 392, ove alla cessazione del contratto per scadenza dei termini stabiliti negli artt. 67 e 71 per i contratti, rispettiva- mente, soggetti e non soggetti a proroga, il giudice ravvisi una rinnovazione tacita del contratto (ex art. 1597 c.c.), la nuova loca- zione rimane soggetta alla disciplina di cui agli artt. 27, 28 e 29 della medesima legge (C. 1927/2003; C. 9195/1999). Pertanto, il contratto avra` durata di sei anni, con rinno- vazione alla prima scadenza per altri sei anni, nel caso in cui il locatore non eserciti la fa- colta` di diniego della rinnovazione – anche tramite procuratore munito di mandato ad hoc o, in mancanza, ratificando l’operato di questi (³ C. 10760/1998; C. 1275/1986) – per uno dei motivi indicati nell’art. 29 (³ C. 10929/1998; C. 9627/1997; C. 11365/1996;
C. 1318/1996). La specificazione del motivo per cui il locatore nega al conduttore, alla prima scadenza, il rinnovo del contratto di locazione, condiziona l’efficacia della disdet- ta e la procedibilita` della domanda di rila- scio, che – dovendo esser fondata sul mede- simo motivo – non puo` esser integrata o mo- dificata in corso di giudizio, data la necessa- ria tempestivita` della disdetta, mentre nel processo e` verificabile solo la realizzabilita` giuridica e tecnica dell’intento manifestato dal locatore, nell’ipotesi in cui il conduttore la contesti (³ C. 8934/1998; C. 1865/1995;
C. 3894/1993). E` bene tuttavia precisare che
di recente la Cassazione ha affermato che l’eventuale nullita` della disdetta per mancata specificazione dei motivi (nullita` assoluta che puo` essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse in ogni stato e grado del giudizio) rende inidoneo l’atto de quo a produrre gli effetti suoi propri perla prima scadenza con- trattuale, ma non gli impedisce di valere per la scadenza successiva come espressione di volonta` contraria alla rinnovazione tacita (³ C. 7927/2004).
In tema di locazioni ad uso abitativo, invece, la S.C., sotto la vigenza della l. eq. can., ha evidenziato che le esigenze abitative di natu- ra transitoria di cui all’art. 26, L. 27.7.1978,
n. 392, possono protrarsi anche per un con- siderevole lasso di tempo, pertanto non puo`
ritenersi con esse incompatibile l’istituto del- la rinnovazione tacita ex art. 1597 c.c. (³ C. 4472/2001; C. 6145/1997). In particolare, una volta escluso che le parti abbiano – si- mulando un contratto di locazione per esi- genze transitorie (ex art. 1, 2º co., L. 27.7.1978, n. 392), dissimulato una locazione abitativa ordinaria – la rinnovazione tacita del contratto, non comporta ex se, anche se reiterata, la soggezione della locazione alla disciplina di cui all’art. 1, 1º co., in ordine alla durata almeno quadriennale, dovendo il giudice verificare se le parti abbiano inteso, anche solo per facta concludentia, rinnovare il contratto originario per soddisfare le stabili e continuative esigenze abitative del condutto- re (C. 6990/1997). Per quanto riguarda, in- fine, il recesso del conduttore, peculiarita` del regime locatizio sottoposto a vincoli legali di durata e` la riserva, in suo favore, di una ge-
nerale facolta` di recedere per gravi motivi (art. 4 l. eq. can.). E` bene, inoltre, fare un’ul-
tima precisazione con riferimento alla nuova disciplina speciale delle locazioni di immobili urbani ad uso abitativo n. 431/1998. La pre- visione del combinato disposto del 1º e 6º co. dell’art. 2, secondo cui i contratti di locazio- ne stipulati prima dell’entrata in vigore della suddetta legge che prevedano il tacito rinno-
vo e siano in corso al 30 dicembre 1998 (data di entrata in vigore della L. n. 431/1998) e che alla loro prima scadenza successiva a tale data si rinnovino tacitamente, soggiacciano al termine di durata di anni quattro piu` quat- tro, va intesa nel senso che per i contratti soggetti legalmente, o pattiziamente, al tacito rinnovo in difetto di disdetta e per i quali al 30 dicembre 1998 era gia` spirato il termine per la disdetta, il momento del transito al nuovo regime non e` quello della prima sca- denza immediatamente successiva al 30 di- cembre 1998 , ma quello della prima scaden- za per la quale il termine di disdetta cade in epoca successiva al 30 dicembre 1998 (T. Firenze, 1.2.2002).
5. Una fattispecie particolare
A Malgrado la locazione dell’immobile pi- gnorato sia stata stipulata prima del pignora- mento, e` necessaria l’autorizzazione del giu- dice dell’esecuzione per la rinnovazione taci- ta della locazione stessa, ed il custode giudi- ziario deve assicurare la conservazione e la fruttuosa gestione della cosa pignorata, pre- via autorizzazione del giudice dell’esecuzione (C. 26238/2007).
Xxxxx Xxxxxxxxxx
Le garanzie prestate dai terzi (art. 1598 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1598 c.c. Garanzie della locazione
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1598
[1] Le garanzie prestate da terzi non si estendono alle obbligazioni derivanti da proroghe della durata del contratto.
Riferimenti normativi: L. 27.7.1978, n. 392; L. 9.12.1998, n. 431.
Bibliografia: Xxxxxxx (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; Xxxxxxxxx, Masoni, Le locazioni, Padova, 2007; X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, Manuale delle locazioni, Milano, 2001.
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Sommario: 1. Alcune osservazioni.
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1. Alcune osservazioni
A Si tratta di una norma che si connota per il carattere, ad essa pacificamente riconosciu- to, della derogabilita`, e che nella sua formu- lazione fa riferimento alle garanzie prestate dai terzi, tralasciando pertanto di considera- re la circostanza in cui sia una delle parti a prestarle. La disposizione in esame esclude esplicitamente che i terzi si facciano garanti per tutti quegli obblighi sorti in conseguenza
di proroghe della durata del contratto di lo- cazione. Dall’interpretazione, tanto dottrina- ria quanto giurisprudenziale, che della nor- ma e` stata fornita, nel corso del tempo, pre- vale l’impostazione che ascrive al concetto di proroghe adoperato dal Legislatore del 1942 tanto quelle legali quanto ogni rinnovazione tacita del rapporto locatizio (C. 2886/1956).
Xxxxx Xxxxxxxxxx
Alienazione dell’immobile locato (art. 1599 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1599 c.c. Trasferimento a titolo particolare della cosa locata
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1599
[1] Il contratto di locazione e`opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore alla alienazione della cosa.
[2] La disposizione del comma precedente non si applica alla locazione di beni mobili non iscritti in pubblici registri, se l’acquirente ne ha conseguito il possesso in buona fede.
[3] Le locazioni di beni immobili non trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione.
[4] L’acquirente e` in ogni caso tenuto a rispettare la locazione, se ne ha assunto l’obbligo verso l’alienante.
Riferimenti normativi: artt. 1153, 1406, 1574, 2643, n. 8, 2644, 2704 c.c.; L. 27.7.1978,
n. 392.
Bibliografia: Xxxxxxxxxx, Codice commentato delle locazioni, I, Torino, 2003; Catelani, Manuale della locazione, 3a ed., Milano, 2001; Cuffaro (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Torino, 2008; de Tilla, Il diritto immobiliare. Le locazioni, I, II, 5a ed., Milano, 2002; X. Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx, La locazione di immobili urbani, Padova, 2005; Grasselli, La locazione di immobili nel codice civile e nelle leggi speciali, 2a ed., Padova, 2005; Xxxxxxxxx, Masoni, Le locazioni, Padova, 2007; Xxxxxxx, Locazione, in Tratt. Grosso, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000; Xxxxxxx, Il contratto di locazione, Milano, 1961; Xxxxxxx, Xx Xxxxxx, Le locazioni per uso abitativo, 4a ed., Milano, 2007; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, IV, Milano, 1961; Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ., IV, 3, 3a ed., Torino, 1991; Id., La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972; Provera, Locazione. Disposizioni generali, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1571-1606, Bologna-Roma, 1980; Pugliese, Doppia locazione novennale e trascrizione, in GI, 1950; Xxxxx, La locazione-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972; Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di immobili urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 12, 2a ed., Torino, 2007.
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Sommario: 1. Ratio della norma ed ambito di applicabilita`. 2. La data certa. 3. La regola dell’emptio non tollit locatum e la natura dell’acquisto. 4. Il rispetto della locazione e procedure esecutive. 5. L’esclusione del 2o comma. 6. Trascrizione dell’atto di acquisto. 7. Assegnazione della casa coniugale. 8. Il c.d. patto di rispetto della locazione.
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1. Ratio della norma ed ambito di applicabilita` A L’art. 1599 e` una norma di carattere ec- cezionale, come tale non suscettibile di ap- plicazione estensiva a rapporti diversi dalla locazione come il comodato (C. 5454/1991;
X. Xxxxxx Inferiore, 6.3.2003). Nel caso di cessione in leasing dell’immobile locato, per tale motivo, non trova applicazione l’art. 1599, ma le regole generali dell’art. 1406
x.x. xx xxxx xx xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx (X. Xxxxxx, 29.10.1992). Con la conseguenza che, se il conduttore ceduto non presta il proprio consenso, l’utilizzatore non suben- tra nella posizione di locatore (T. Bologna, 2.5.2007). Stante l’eccezionalita` delle norme in oggetto la posizione del creditore non puo` trasferirsi dall’alienante all’acquirente se il contratto di locazione e` gia` cessato al momento dell’alienazione se non mediante un fenomeno di cessione del credito (C. 14738/2005).
B Il principio dettato dall’art. 1599 c.c. comporta la cessione legale del contratto con la continuazione dell’originario rapporto e l’assunzione da parte dell’acquirente della stessa posizione del locatore, nel caso di tra- sferimento della res locata a titolo particolare (Grasselli, La locazione di immobili nel co- dice civile e nelle leggi speciali, 2a ed., Pado- va, 2005, 486).
Il principio secondo il quale la locazione e` opponibile al terzo acquirente se di data cer- ta anteriore all’alienazione, risponde ad una scelta legislativa tesa a tutelare la posizione del conduttore tutte le volte in cui nella tito- larita` della cosa subentri un nuovo soggetto (Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ., IV, 3, 3a ed., Torino, 1991, 346). Taluno ha creduto di poter ravvisare in tale opponibilita` un indizio della realita` del dirit- to del conduttore in considerazione della tu- tela che il legislatore predispone nell’interes- se di quest’ultimo (Xxxxxxx, Il contratto di
locazione, Milano, 1961, 136). A cio` si e` obiettato che la tutela riconosciuta al con- duttore non ha i caratteri propri del c.d. di- ritto di seguito, ponendosi come una prose- cuzione dell’attuazione di un vincolo con- trattuale (Mirabelli, Dei singoli contratti, 347). L’anteriorita` del contratto e` requisito unico per l’opponibilita`, non essendo neces- sario che si sia avuto anche un principio di esecuzione (Trifone, La locazione: disposizio- ni generali e locazione di fondi urbani, in Tratt. Xxxxxxxx, 11, Torino, 1982, 523).
2. La data certa
B La data certa anteriore all’alienazione, secondo parte della dottrina, puo` essere pro- vata da parte del conduttore con ogni mezzo (Xxxxxxx, Locazione, in Tratt. Grosso, San- toro Xxxxxxxxxx, Milano, 1965, 49; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, IV, Milano, 1961, 176). Il richiamo all’art. 2704 c.c., per il requisito della certezza della data, sembrerebbe indiscutibile, anche se la norma non fa riferimento, invece, all’atto scritto quale requisito indispensabile, ma si riferisce esclusivamente alla locazione, che potrebbe anche essere stata stipulata verbalmente (Xxxxxxxxx, 489). La dottrina prevalente, pertanto, ritiene indispensabile la prova do- cumentale per l’opponibilita` al terzo della data certa ed in tal senso si richiama l’appli- cazione dell’art. 2704 c.c. (Xxxxx, La locazio- ne-conduzione, in Tratt. Cicu, Messineo, XXV, Milano, 1972, 665; Mirabelli, La lo- cazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972, 602). Si e` precisato, a tal proposito che sebbene l’espressione data certa riprodu- ca la norma generale dell’art. 2704 c.c., il richiamo non sia riferito al rigore formale della prova come da quest’ultima richiesto, in quanto l’elemento probatorio in parola non e` affatto contemplato, assumendo rile- vanza solo un dato formale, quale e` la data
certa che puo` conseguirsi solo in presenza di un atto scritto (Xxxxx, 665).
A La giurisprudenza, da parte sua, e` ferma nell’affermare la necessita` dell’atto scritto ai sensi dell’art. 2704 c.c., essendo irrilevante la sola conoscenza della locazione da parte del- l’acquirente (C. 1063/1987). Non sono, per- tanto opponibili all’acquirente di immobile locato, gli accordi verbali in deroga al conte- nuto dell’originario contratto che non risul- tino anch’essi da scrittura di data certa ante- riore (³ C. 10775/1993; C. 113/1988).
La giurisprudenza, da ultimo, ha precisato che cio` che rileva, ai fini dell’opponibilita` all’acquirente dell’immobile, e` che il termine di durata del rapporto locativo concordato dai contraenti relativa all’inizio del rapporto sia desumibile dalla stessa scrittura, anche se priva di data certa (C. 10204/1994).
3. La regola dell’emptio non tollit locatum e la natura dell’acquisto
A La regola emptio non tollit locatum che comporta la continuazione del rapporto ori- ginario in capo al terzo acquirente che assu- me la stessa posizione del locatore alienante, non trova applicazione nell’ipotesi di acqui- sto a titolo originario del bene locato (C. 11767/1992). In tale circostanza l’usucapien- te e` legittimato non all’azione contrattuale, ma solo alle azioni a difesa della proprieta` (C. 2356/1985). La regola in oggetto, nel caso di trasferimento a titolo particolare del- la cosa locata, non applicandosi nel caso in cui il terzo abbia acquistato il bene a titolo originario, determina che il terzo stesso pur non potendo esercitare l’azione di sfratto e` legittimato ad esperire le azioni reali a tutela della disponibilita` dell’immobile nei con- fronti del conduttore (C. 2464/2001).
Non si verifica un’ipotesi di successione nella
titolarita` del rapporto di locazione, spettan- do al locatore il diritto di agire per la risolu- zione del rapporto locativo, nel caso di tra- sferimento della proprieta` dell’immobile lo- cato per effetto di espropriazione per pub- blica autorita` (P. Potenza, 7.5.1988). Nel ca- so in cui la nuda proprieta` e l’usufrutto scin- dendosi siano attribuiti a soggetti diversi, la
qualita` di locatore si concentra nel titolare dell’usufrutto, sia che quest’ultimo sia costi- tuito tra vivi che mortis causa (C. 11828/ 1990).
Qualora nel corso del rapporto locatizio, pertanto, la piena proprieta` dell’immobile sia scissa, inter vivos o mortis causa, per ef- fetto di eventi traslativi o costitutivi, ed attri- buita rispettivamente in nuda proprieta` ed usufrutto a due soggetti diversi, solo l’usu- fruttuario assumera` la qualita` di locatore per tutti gli aspetti sostanziali e processuali; il nudo proprietario non potra`, pertanto, effet- tuare efficacemente la disdetta del contratto nei confronti del locatario il quale xxxx` legit- timato ad eccepirne la carenza di legittima- zione attiva nell’azione di rilascio per finita locazione (T. Napoli, 15.10.1999).
Il principio secondo il quale nella ipotesi di successione a titolo particolare nella proprie- ta` di parti autonome e distinte della cosa locata il contratto di locazione nel quale per legge subentrano gli acquirenti della cosa locata si scinde in tanti distinti rapporti, quanti sono i soggetti che assumono la qua- lita` di locatori, con la conseguenza che ogni successore a titolo particolare puo` autono- mamente agire per la risoluzione o la cessa- zione del contratto, limitatamente alla por- zione acquistata e indipendentemente dalla posizione assunta dagli altri locatori, si appli- ca anche in materia di affitto agrario ed an- che se tra le varie porzioni immobiliari vi e` interdipendenza funzionale (C. 1105/1997). Sul piano processuale il trasferimento a titolo particolare della cosa locata comporta l’ap- plicazione dell’art. 111 c.p.c. con la conse- guenza che il terzo acquirente fa sua la do- manda gia` proposta dal suo dante causa (C. 5164/1991), con la conseguenza che l’acqui- rente e` terzo rispetto agli obblighi gia` perfe- zionatisi ed esauritosi rispetto alle parti ori- ginarie come nell’ipotesi della domanda di rilascio per occupazione senza titolo propo- sta dall’acquirente del bene locato nei con- fronti del ricorrente (C. 11895/2008). Di re- cente la giurisprudenza ha precisato che l’a- lienante, nonostante l’intervento in causa dell’acquirente, sempre che non ne sia stato
estromesso, rimane parte del processo in qualita` di sostituto processuale, con la con- seguenza che ha un autonomo diritto ad im- pugnare la relativa pronuncia (C. 15021/ 2004). Nell’ipotesi in cui l’immobile locato venga trasferito inter vivos in pendenza del giudizio di rilascio per finita locazione pro- mosso dall’alienante, l’acquirente non puo`, per carenza di azione, iniziare un autonomo secondo giudizio per la realizzazione del di- ritto sostanziale trasmessogli che sia identico per contenuto e richieste al primo, potendo intervenire, in qualita` di successore, nella causa pendente ovvero impugnare e resistere in giudizio avverso la sentenza resa nei con- fronti dell’alienante medesimo (³ C 266/ 1985).
B La dottrina ritiene applicabile la norma ogni volta che il terzo acquista dal locatore a titolo derivativo-costitutivo, esulando dalla
previsione dell’art. 1599 i modi di acquisto a titolo originario (Xxxxxxx, 45).
Il trasferimento a titolo particolare della cosa locata, infatti, riguarderebbe non solo l’ipo- tesi in cui il locatore venda la cosa stessa a terzi, ma ogni altra fattispecie nella quale il locatore trasmetta ad altri, mediante aliena- zione traslativa o costitutiva, il diritto limita- to sul bene su cui ha basato la sua legittima- zione a disporre del bene (Trifone, 522). Le vicende relative alla titolarita` del diritto di disporre della cosa locata o del diritto di proprieta` sulla medesima possono riguardare il trasferimento della proprieta` a titolo parti- colare o universale, l’estinzione del diritto di proprieta` per risoluzione annullamento, re- voca, espropriazione forzata, la cessazione dell’usufrutto o del diritto di amministrare la cosa (Grasselli, 485).
L’acquisto a titolo di proprieta` o l’acquisto costitutivo-derivativo di un diritto reale di godimento sulla cosa stessa comportano il subingresso dell’acquirente nel rapporto lo- catizio, a meno che si tratti di diritti che escludono la facolta`, per chi ne e` titolare, di godere della cosa anche in modo indiretto o il cui esercizio risulti incompatibile con quello spettante al conduttore (Provera, Lo- cazione. Disposizioni generali, in Comm. Scia-
loja, Branca, sub artt. 1571-1606, Xxxxxxx- Xxxx, 0000, 417).
Rientrano nella normativa in esame le ipotesi di acquisto mortis causa a titolo particolare quale il legato, non vi rientra l’ipotesi della successione a titolo universale, nella quale l’erede subentra in tutti i rapporti del dante causa e, di conseguenza, anche nella sua po- sizione di locatore o conduttore (Xxxxxxx, 45; Mirabelli, La locazione, 599). Trattando- si di successione a titolo particolare, il lega- tario subentra nel contratto di locazione con le limitazioni di cui all’art. 1599 c.c., diversa- mente dall’erede, il quale in qualita` di suc- cessore a titolo universale, non e` terzo rispet- to al rapporto posto in essere dal de cuius, al quale subentra nella medesima posizione soggettiva, con l’inapplicabilita` dell’articolo in commento (Xxxxxxxxx, 487).
Il terzo, come detto, subentra in tutti i diritti e gli obblighi che gli provengono dal contrat- to stipulato dal suo dante causa, donde la legittimazione per le azioni che possono sor- xxxx dal contratto stesso, verificandosi la suc- cessione nel diritto controverso, ai sensi del- l’art. 111 c.p.c. (Grasselli, 506). Occorre, pero`, distinguere tra rapporti esauriti, per i quali non puo` parlarsi di successione nel di- ritto controverso e rapporti non esauriti, per i quali si puo` parlare di una vera e propria successione quando il diritto sia unico ed inscindibile (Xxxxx, 657).
4. Il rispetto della locazione e procedure esecutive
A L’obbligo di rispettare la locazione e` del tutto inconciliabile con lo scopo della proce- dura esecutiva diretta a realizzare il prezzo piu` alto nell’interesse dei creditori e del de- bitore stesso, la locazione ultranovennale, pertanto, qualora non venga trascritta, non e` opponibile all’aggiudicatario di un immo- bile in sede di espropriazione forzata, non sussistendo nessuna facolta` per l’acquirente di assumere nei confronti dell’alienante l’ob- bligo di rispettare la locazione stessa (C. 111/ 2003).
Le locazioni concesse da chi abbia subito l’espropriazione sono opponibili all’acqui-
rente dell’immobile qualora abbiano data certa anteriore al pignoramento (A. Roma, 2.6.1998).
5. L’esclusione del 2o comma
B Configura un’ipotesi di esclusione del- l’opponibilita` il 2º co. dell’art. 1599 derivan- te dal principio sancito all’art. 1153, 2º co.,
c.c. secondo il quale chi acquista in buona fede un bene mobile e ne consegue il posses- so, acquista la proprieta` a titolo originario e non e` soggetto, pertanto, ai vincoli gravanti sull’alienante. Si ritiene, quindi, che tale esclusione sia applicabile quando l’acquiren- te abbia il possesso effettivo della cosa, in quanto la detenzione del conduttore al mo- mento del trasferimento ne´ escluderebbe la buona fede (Mirabelli, Dei singoli contratti, 351). In contrario si e` affermato che il regime di opponibilita` della locazione ricollega ad un acquisto a titolo derivativo la successione ex lege dell’acquirente nella posizione con- trattuale dell’alienante, il che e` impossibile in caso di alienazione a non domino (Prove- ra, 434).
Il fondamento della norma, a parere di alcu- ni, risiede nell’intento di parificare le situa- zioni dominicali sul bene mobile, sia quando siano l’effetto di un acquisto a titolo origina- rio che derivativo, conferendo al possesso di beni mobili una maggiore certezza della di- sponibilita` per favorirne la circolazione (Ta- bet, 672).
Si discute sul contenuto della buona fede. Sembra da escludere che si tratti della buona fede prevista dall’art. 1147, 1º co., c.c. poi- che´ nel caso che interessa essa ha come con- tenuto specifico l’ignoranza dell’esistenza di un contratto di locazione (Xxxxx, 671).
Per cio` che attiene al possesso, si discute se si tratti di un possesso diretto od indiretto e parte della dottrina afferma doversi trattare, comunque, di un possesso effettivo da parte dell’acquirente (Xxxxx, 670).
6. Trascrizione dell’atto di acquisto
A Perche´ la locazione ultranovennale sia opponibile e` necessaria la trascrizione prima dell’atto di acquisto (P. Firenze, 18.10.1990).
Secondo la giurisprudenza si tratta di norma dettata a tutela di un interesse privato e, quindi, non e` rilevabile e applicabile dal giu- dice d’ufficio, ma soltanto su esplicita xxxxxx-
sta della parte interessata (C. 1895/1962). E`
stato affermato che, xxxxxx´ sia opponibile al terzo acquirente, la locazione debba essere gia` in corso al momento dell’acquisto e non sia destinata ad iniziare in un momento suc- cessivo (C. 89/1974).
I contratti di locazione di immobili adibiti ad uso non abitativo, disciplinati dalla
L. 27.7.1978, n. 392 ed aventi durata di do- dici anni, sono opponibili al terzo acquiren- te anche se non trascritti, purche´ abbiano data certa anteriore all’alienazione dell’im- mobile, a norma dell’art. 1599, 1º co., c.c., poiche´ ad essi non sono applicabili gli artt. 2643, n. 8, e 1599, 3º co., c.c., che xxxxxx- xxxx la trascrizione per le locazioni immo- biliari ultranovennali (C. 14012/1991).
B La mancanza della trascrizione non ren- de del tutto inopponibile l’atto al terzo come prevede la regola di cui all’art. 2644 c.c., ma per effetto della norma speciale contenuta nell’art. 1599, 3º co., c.c., l’opponibilita` vale nei limiti di un novennio decorrenti dall’ini- zio della locazione (Grasselli, 492).
Parte della dottrina e` favorevole alla tesi se- condo cui solo le locazioni in corso sarebbe- ro opponibili al terzo acquirente della cosa locata (Mirabelli, La locazione, 607; Xxxxx, 677). Secondo altra dottrina, invece, l’art. 1599 c.c. non esige ai fini dell’opponibilita` al terzo acquirente che la locazione sia in corso al momento dell’alienazione (Provera, 421).
In dottrina, per alcuni il novennio decorre- rebbe dalla data di efficacia del contratto di locazione (Xxxxxxx, 49) mentre per altri bi- sognerebbe fare riferimento alla data in cui, secondo l’atto trascritto, il locatore si e` ob- bligato a far godere al conduttore la cosa (Xxxxx, 674; Mirabelli, Dei singoli contratti, 344).
Appare opportuno fare riferimento alla pro- blematica relativa alle locazioni infranoven- nali rinnovabili. Si tratta del caso in cui il contratto di locazione immobiliare novenna-
le di data certa, contenga una clausola di rinnovazione tacita per altri nove anni; la dottrina prevalente ritiene, considerandone gli effetti sostanziali, che per l’opponibilita` al terzo acquirente occorre rispettare l’onere della trascrizione (Xxxxx, 676; Xxxxxxxx, Doppia locazione novennale e trascrizione, in GI, 1950, I, 1, 339; Xxxxxxxxx, 493).
7. Assegnazione della casa coniugale
A Sussisteva contrasto in giurisprudenza circa l’applicabilita` della norma in esame al- l’ipotesi di assegnazione della casa coniugale al coniuge affidatario. Secondo un primo orientamento doveva ritenersi applicabile analogicamente la norma in commento, rite- nendosi che il provvedimento di assegnazio- ne della casa coniugale all’esito del procedi- mento di separazione personale, costituisce un diritto di natura personale, e pertanto, se di data certa, e` opponibile entro un no- vennio, e qualora venga trascritto anche oltre tale termine (C. 7680/1997).
Altro opposto orientamento, tornando sull’ar- gomento dell’assegnazione della casa coniuga- le in caso di separazione o di divorzio, ha rite- nuto, invece, che non sia applicabile analogi- camente la norma in esame in materia di op- ponibilita` al terzo delle locazioni ultranoven- nali. Pur non potendosi negare l’affinita` del- l’istituto dell’assegnazione della casa familiare a quello della locazione l’opponibilita` al terzo e` consentita solo qualora intervenga la trascri- zione del provvedimento di assegnazione, in mancanza del quale non opera non solo per il periodo successivo ai nove anni ma anche per quello precedente (C. 4529/1999).
Di recente, pronunciandosi in modo defini- tivo sulla questione ed aderendo al primo degli orientamenti menzionati, con una pro- nuncia a Sezioni Unite, la Cassazione ha ri- tenuto applicabile la norma anche in tema di separazione personale con riferimento al provvedimento di assegnazione della casa fa- miliare al coniuge affidatario, il quale avendo per definizione data certa e` opponibile, an- che in mancanza di trascrizione, al terzo ac- quirente per nove anni dalla data dell’asse- gnazione stessa ovvero, in presenza della tra-
scrizione del titolo anche oltre i nove anni (C. 11096/2002).
L’indirizzo giurisprudenziale indicato e` stato successivamente confermato affermandosi che in tema di separazione personale dei co- niugi il provvedimento giudiziale di assegna- zione della casa familiare al coniuge affidata- rio, avendo per definizione data certa, e` op- ponibile, ancorche´ non trascritto, al terzo acquirente l’immobile per un periodo non superiore a nove anni, decorrenti dalla data del provvedimento stesso ovvero per il pe- riodo eccedente i nove anni qualora sia stato precedentemente trascritto, in quanto cio` che rileva, ai fini dell’opponibilita`, e` la cono- scibilita` legale dell’atto non essendo suffi- ciente la mera conoscenza di fatto (C. 12705/2003; C. 5067/2003).
La giurisprudenza di merito, invece, ha af- fermato da ultimo che gli artt. 2643 e 2644
c.c. svolgono una diversa funzione rispetto agli artt. 2652 e 2653 c.c. con la conseguenza che non e` ricavabile un principio generale secondo cui sono trascrivibili tutte le doman- de giudiziali relative ad atti che siano trascri- vibili per disposizione normativa con la con- seguenza che non deve ritenersi trascrivibile la domanda di assegnazione della casa coniu- gale (T. Pisa, 27.2.2008).
Si e` precisato che, ai sensi dell’art. 6, 6º co.,
L. 1.12.1970, n. 898 il principio e` applicabile anche in tema di separazione personale, con la conseguenza che il provvedimento giudi- ziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, e` opponibile, ancorche´ non tra- scritto, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell’assegnazione, ovvero, qualora il titolo sia stato trascritto anche oltre i nove anni (³ C. 12296/2005;
C. 9181/2004). Tale circostanza determina che il coniuge che si e` visto assegnare l’abi- tazione familiare dall’ordinanza di separazio- ne non ha interesse a proporre reclamo av- verso l’eseguita trascrizione immobiliare con riserva (A. Firenze, 27.9.2007).
Nell’ipotesi di assegnazione della casa coniu- gale al coniuge affidatario sia in caso di se- parazione personale che in caso di divorzio,
il terzo che ha acquistato il bene in epoca successiva all’assegnazione stessa deve rispet- tare il limite di durata del godimento del coniuge affidatario negli stessi limiti in cui e` opponibile il provvedimento (T. Monza, 21.11.2006).
8. Il c.d. patto di rispetto della locazione
B Le norme di cui all’art. 1599 sono dero- gabili per volonta` delle parti. Si tratta di un caso di opponibilita` piena, in quanto il ri- spetto della locazione comprende ogni clau- sola del contratto, compresa la sua durata (Grasselli, 495). Taluno ha ritenuto di po- tere configurare tale patto come un contratto a favore di terzi (Xxxxxxxxx, La locazione, 603). In contrario si e` obiettato trattarsi di una di quelle ipotesi previste dalla legge nelle quali il contratto produce automaticamente effetti rispetto al terzo ai sensi dell’art. 1372
c.c. (Xxxxx, 682).
A parere di una parte della dottrina il patto intercorso tra locatore e terzo che determina il subingresso di quest’ultimo nella posizione contrattuale del locatore stesso e` operante in assenza di uno dei requisiti legali della oppo- nibilita` (Provera, 423). L’assunzione del- l’obbligo, peraltro, prevale sul patto o clau- sola di scioglimento del contratto in caso di alienazione, ove non sia affetto da nullita` (Grasselli, 495).
Parte della dottrina ritiene che possa avere la
stessa efficacia del patto di rispetto, la cono- scenza da parte dell’acquirente, al momento dell’acquisto, dell’esistenza, del contenuto e della durata del contratto (Mirabelli, Dei singoli contratti, 349). Altri ritiene, invece, che la conoscenza del terzo non e` idonea a produrre gli effetti che scaturiscono dalla conclusione di un patto aggiunto al contratto di alienazione (Provera, 424). La conoscen- za del terzo, infatti, non sarebbe sufficiente a dimostrare che egli abbia consentito al su- bentro, ben potendo riservarsi di eccepirne l’inopponibilita` ove ne difettassero i presup- posti (Xxxxx, 684).
Altra questione e` quella se il rispetto della locazione si verifica nella sua integralita` o soltanto nei limiti in cui l’acquirente ne abbia assunto l’obbligo. Si e` affermato che se la fonte produttiva dell’evento, cioe` il subin- gresso nel contratto, e` il patto, ne deriva che l’acquirente e` tenuto a stare alla locazio- ne solo nei limiti del patto con il quale si e` obbligato verso l’alienante (Xxxxxxx, 48). Si e` obiettato che riesce difficile concepire co- me il patto possa operare una cessione par- ziale del rapporto inter alios, modificandolo su invito del conduttore, con la conseguenza che appare preferibile concludere che il pat- to opera la cessione globale del contratto e non nei limiti del patto stesso (Xxxxx, 683).
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
Durata della locazione senza data certa (art. 1600 c.c.)
Norma di riferimento: art. 1600 c.c. Detenzione anteriore al trasferimento
...................................................................................................................................................................................
1600
[1] Se la locazione non ha data certa, ma la detenzione del conduttore e` anteriore al trasferimento, l’acquirente non e` tenuto a rispettare la
locazione che per una durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato.
Riferimenti normativi: artt. 1574, 1596, 1599, 2704 x.x.
Xxxxxxxxxxxx: Xxxxxxxxxx, Xxxxxx xxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxxxx, X, Xxxxxx, 0000; Catelani,
Manuale della locazione, 3a ed., Milano, 2001; Cuffaro (a cura di), Le nuove locazioni abita-