SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Sentenza (Cassazione Civile), sez. III, 04-11-2014, n. 23447 - Pres. XXXXXXX Xxxxxxx - Xxx. DE XXXXXXX Xxxxxx - P.M. XXXXXX Xxxxxxx - F.M. c. S.E.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - In relazione alla locazione di un immobile sito al n. 20 del viale (OMISSIS), locato con contratto del 22.1.02 da S.E. a F.M., la conduttrice addusse da subito seri vizi dell'immobile, consistenti in "gravissime, continue ed intollerabili immissioni di fumi, odori, rumori, nonchè vibrazioni provenienti dal locale ristorante" sottostante; e le parti addivennero in un primo tempo ad una transazione, con riduzione del canone di locazione di un terzo in via temporanea a far data dal di 1.3.02 e sino alla cessazione delle immissioni in misura superiore alla normale tollerabilità.
1.1. Tuttavia, rilevati, nel corso di un accertamento tecnico preventivo da lui avviato, il venir meno delle immissioni intollerabili e la persistenza di soli odori di cucina, definiti però tollerabili, il locatore S., dinanzi al rifiuto della conduttrice di ripristinare il canone nella misura dovuta, adì il tribunale di Milano per chiedere la risoluzione del contratto per grave inadempimento di controparte e la condanna di costei al rilascio ed al pagamento delle differenze di canone ingiustificatamente trattenute dal di 1.11.02. Peraltro, la conduttrice X., oltre a dedurre l'inadempimento di controparte alla stessa transazione per inesatta esecuzione di tutti gli interventi raccomandati dal c.t.u., in via riconvenzionale chiese pronunzia di riduzione proporzionale del canone di locazione per il periodo di ridotto godimento e
condanna del locatore al rimborso di tutte le spese anche legali ed al risarcimento del
danno alla salute causatole dalla situazione di grave turbamento psico-fisico ed alla vita di relazione.
1.2. Il tribunale ambrosiano, con sentenza n. 4062/09, dichiarò, per l'intercorso rilascio dell'immobile da parte della locataria, cessata la materia del contendere sulla domanda di risoluzione del contratto, ma rigettò tutte le altre delle parti contrapposte, sia quella di declaratoria dell'inadempimento del locatore alla complessa procedura prevista nel contratto di transazione per la verifica della cessazione delle immissioni, che quelle di riduzione del canone e di risarcimento del danno, per poi compensare tra le parti le spese.
1.3. Adita da entrambe le parti, la corte di appello milanese - ricostruito l'ambito dell'accordo transattivo nel contesto dei fatti in cui si era inserito ed esclusa la responsabilità del locatore per molestie di fatto - accolse il gravame principale del
S. e respinse quello incidentale della F., condannando infine l'ex locataria a
pagare a controparte la somma di Euro 66.734,75, quale quota di canone dovuto e non versato nel corso del rapporto, oltre le spese del doppio grado di lite.
1.4. Per la cassazione di tale ultima sentenza, pubblicata in data 25.7.11 col n. 2124 e notificata il 12.10.11, ricorre, affidandosi ad undici motivi, la F.; resiste con controricorso il S.;
e, per la pubblica udienza del 7.10.14, alla quale prendono parte i difensori di entrambe, le parti depositano altresì memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., adducendo l'intervenuto rigetto della domanda di revocazione dispiegata dalla F.
contro la stessa sentenza n. 2124/11 della corte del presente ricorso per cassazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
territoriale, resa oggetto
2. - La ricorrente F. - dopo un'analitica esposizione dei fatti di causa (pagine fino a 29 del ricorso) e l'adduzione del dispiegamento di revocazione per errore di fatto avverso la stessa sentenza 2124/11 della corte ambrosiana oggetto del ricorso in ordine alla ritenuta mancata produzione di documentazione indispensabile a provare la persistente intollerabilità delle immissioni
- articola undici mezzi ed in particolare:
- col primo (di "omessa o difettosa motivazione su un punto decisivo della controversia... in relazione al principio del giusto processo, dell'art. 2697 c.c., e art.
116 c.p.c.": pagine da 36 a 45 del ricorso), lamenta omessa motivazione
sull'adduzione della mancata produzione del procedimento di a.t.p., vizio di motivazione sulla superfluità dell'acquisizione del relativo fascicolo, omessa motivazione sull'asserita irrilevanza di quest'ultimo;
- col secondo (di "violazione art. 116 c.p.c., omessa o difettosa
motivazione...": pagine da 45 a 48 del ricorso), censura la conclusione dell'intervenuta cessazione delle immissioni di odori provenienti dal Ristorante (OMISSIS), in contrasto con il materiale probatorio acquisito e ignorato;
- col terzo di "violazione ex art. 360 c.p.c., xxxxx 1, n. 5), in relazione all'art. 116 c.p.c., art. 2697 c.c., xxx omessa e/o difettosa motivazione in relazione a punti decisivi della controversia...": pagine da 45 a 57 del ricorso, si duole della ritenuta irrilevanza delle risultanze della prova
testimoniale e delle risultanze probatorie in genere oltre che per contrasto logico-
giuridico tra queste ultime e le statuizioni della sentenza in relazione alla tollerabilità delle immissioni provenienti dal bar Sahara, riportando numerose deposizioni testimoniali ed analizzandole anche tra loro in confronto;
- col quarto (di "vizio di motivazione in relazione ad un punto decisivo
della controversia...": pagine da 45 a 60 del ricorso), contesta l'asserzione della
spettanza a lei dell'onere di provare l'intollerabilità delle immissioni, nonchè la valutazione del materiale probatorio;
- col quinto (di "violazione di norme... in relazione all'errata interpretazione del contratto in data 7 maggio 2002 in base ai vigenti canoni ermeneutici e segnatamente artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c....": pagine da 61 a 69 del ricorso), censura la mancata considerazione delle clausole dell'accordo che stabilivano un procedimento di verifica delle immissioni e la conclusione circa un obbligo del locatore di ottenere la riconduzione a tollerabilità delle immissioni con diritto di controparte, in mancanza, ad essere risarcita dei danni subiti;
- col sesto (di "omessa o difettosa motivazione su un punto decisivo della
controversia": pagine da 69 a 71 del ricorso), si duole dell'esclusione del riconoscimento dei danni da lei subiti per il periodo in cui le immissioni erano state intollerabili;
- col settimo (di "violazione di legge art. 1585 c.c., comma 2, art. 41 Cost., artt. 1321 e 1322 c.c., in coordinamento con il contratto fra le parti del 7.5.2002 e omessa motivazione su punto decisivo della controversta...": pagine 71 e seguente del ricorso), contesta la non riconducibilità al locatore dei danni derivanti
dalle
molestie di fatto dei terzi;
- con l'ottavo (di vizio di motivazione: pagine da 72 a 74 del ricorso), si
duole della ritenuta natura esclusivamente di "molestia di fatto" delle immissioni lamentate;
- col nono (di vizio motivazionale: pagine da 74 a 77 del ricorso), adduce vizio
nella motivazione, "anche in relazione agli artt. 2727 e 2729 c.c.", quanto alla
conclusione, a fondamento dell'esclusione della risarcibilità dei danni, che le immissioni, anche ove attribuibili a vizio della cosa locata, non sarebbero state idonee a diminuire in modo apprezzabile l'idoneità della medesima all'uso;
- col decimo (di "errata e omessa motivazione... artt. 1578 e 2043 c.c.": pagine da 77 a 79 del ricorso), contesta l'asserita mancanza di dimostrazione della natura dolosa dell'occultamento delle immissioni al momento della stipula del contratto di locazione e censura l'omessa valutazione della natura almeno colposa di tale occultamento;
- con l'undicesimo (di vizio di motivazione: pagina 79 del ricorso) si duole della ritenuta irrilevanza di nuove istanze istruttorie sulla persistenza delle immissioni anche nel luglio 2011.
3. - Dal canto suo, il contro ricorrente S., dopo avere censurato nel loro complesso i mezzi di ricorso per involgere essi apprezzamenti di fatto, analiticamente li contesta:
- quanto al primo, per il carattere dirimente della ritenuta superfluità di acquisizione di documenti relativi all'a.t.p. all'esito delle conclusioni della successiva relazione;
- quanto al secondo, rilevando non essendo indicato il materiale lamentato come ignorato e presupposto per l'applicazione di un criterio comparativo riferito al momento iniziale della perizia;
- quanto al terzo, avendo la corte territoriale coerentemente tratto le sue conclusioni proprio da quella complessiva valutazione di tutto il materiale probatorio;
- quanto al quarto, essendo stata la censura malamente sussunta entro il vizio motivazionale, anzichè entro l'art. 360 c.p.c., n. 3;
- quanto al quinto, dovendo escludersi la sindacabilità in cassazione
dell'interpretazione del contenuto dell'accordo transattivo intercorso tra le parti, siccome logica e coerente;
- quanto al sesto ed al settimo, correttamente dovendo ricondursi la considerazione di ogni danno alla riduzione del canone transattivamente pattuita ed essendo irrilevante la clausola di salvezza di ogni altro diritto;
- quanto all'ottavo, correttamente avendo la corte territoriale escluso la prova di vizi della struttura della cosa locata, anzichè di sole ipotesi e fatti non accertati;
- quanto al nono, per il carattere centrale della valutazione di tollerabilità
delle immissioni residue, a fondamento dell'esclusione della riduzione apprezzabile
dell'idoneità della cosa all'uso;
- quanto al decimo, per la rigorosa consequenzialità tra i diversi passaggi della sentenza;
- quanto all'undicesimo, riferendosi le nuove prove ad un inammissibile tentativo di riesame nel merito della controversia.
4. - Con le contrapposte memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c., ciascuna
delle parti informa questa Corte dell'esito della domanda di revocazione di cui l'odierna ricorrente aveva fatto cenno in ricorso - definita dalla corte ambrosiana con sentenza di rigetto, resa col n. 2916 il 25 luglio 2014, sul riscontro dell'avvenuta completa e
piena valutazione di tutti gli elementi di fatto, compresi quelli di cui la F. aveva
prospettato la mancata disamina e comunque esclusa la configurabilità di un errore di fatto rilevante ai fini dell'art. 395 c.p.c., n. 4, - ed oltre a ciò:
- dal canto suo, la ricorrente illustra ulteriormente i singoli motivi di ricorso, tra l'altro: ribadendo la persistenza delle immissioni intollerabili, nonostante la diversa valutazione della corte territoriale, sottoposta a rinnovate critiche; riproducendo in memoria la tabella dei risultati delle misurazioni fonometriche;
sottolineando il superamento dei limiti di accettabilità e di quelli di tollerabilità, oltretutto per l'inidoneità di un'unica evidenza temporalmente circoscritta;
- il controricorrente ribadisce l'inammissibilità, nella presente sede di legittimità, dell'esame fattuale della vicenda invocato dalla controparte con i motivi complessivamente considerati.
5. - Alla disamina dei motivi di ricorso va premesso che non è mai consentito instare, dinanzi a questa Corte di legittimità, per una lettura diversa delle risultanze istruttorie.
Infatti, il vizio di motivazione - nell'accezione, applicabile ratione temporis, anteriore alla novella del 2012 dell'art. 360 c.p.c., n. 5, - non può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè non ha la corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, essendo invero la valutazione degli elementi probatori attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (tra le molte, v.: Xxxx. 17 novembre 2005, n. 23286; Cass.
18 maggio 2006, n. 11670; Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass., ord. 6 aprile 2011, n. 7921).
In altri termini, il vizio motivazionale - sempre nell'accezione anteriore alla richiamata novella del 2012 - non si configura in caso di difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte. Spetta invece solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere
tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (giurisprudenza fermissima; per tutte: Xxxx. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. sez. un., 21 dicembre 2009, n. 26825;
Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 4
novembre 2013, n. 24679; Cass. 8 luglio 2014, n. 15563), privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili): non incontrando altro limite che quello di indicare
le ragioni del proprio convincimento, senza peraltro essere tenuto ad affrontare e
discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva (per tutte: Xxxx. 20 aprile 2012, n. 6260; Cass. 13 giugno 2014, n.
13543).
5. - Tanto premesso, proprio perchè involgono censure al merito con invocazione
di una diversa lettura delle risultanze probatorie, i primi quattro motivi di
ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per l'intima loro connessione e se del caso riqualificato vizio di violazione di legge il quarto da inammissibile censura di vizio motivazionale avverso l'individuazione della parte onerata della prova di un fatto (che integrerebbe una violazione dell'art. 2697 c.c.), sono infondati.
La corte territoriale non commette alcuno dei soli errori censurabili in questa sede nel compiere gli apprezzamenti di fatto o nel merito ad essa istituzionalmente devoluti e radicalmente vietati invece a questa Corte, secondo quanto ricordato al precedente punto 4.
Per le immissioni provenienti dal ristorante, invero, correttamente decisivo, nel senso dell'esclusione della loro persistenza, è il riferimento della corte territoriale alla duplice circostanza che il c.t.u. - all'esito del sopralluogo del 7.11.02 - aveva qualificato i lavori effettuativi come "risolutivi" - così attribuendo a tale lemma un significato coerente con l'etimologia ed il contesto della controversia cui si riferisce
- e che tale conclusione era stata raggiunta all'esito di una complessa serie di indagini nel contraddittorio coi tecnici delle parti: donde l'irrilevanza - nel senso appunto del superamento, correttamente posto in luce dalla corte di merito con argomento logicamente prevalente su ogni altro - dei documenti relativi alle fasi pregresse.
Per le residue immissioni, quelle di odori provenienti dal bar, pure riscontrate come in effetti persistenti, il fatto che il tema del decidere sì concentrasse
sulla critiche
loro tollerabilità od intollerabilità comporta che si sottragga alle la complessiva motivazione della corte del merito di inidoneità delle
valutazioni, sul punto, eminentemente soggettive dei testi di parte locataria - del resto bene evidenziando l'elisione delle loro risultanze in base a quelle dei testi della controparte - e di necessità di una prova rigorosa, da affidarsi ad accertamenti ufficiali o comunque da parte di enti od organismi terzi e pubblici,
conformemente alle modalità transazione.
di verifica perfino concertate tra le parti in sede di
E bene, dinanzi al carattere neutro della descrizione delle immissioni olfattive, ritenuto comunque sostanzialmente compiuto quanto previsto in transazione a carico del locatore col deposito della relazione del consulente, si è allora accollato il relativo onere appunto alla locataria.
6. - Il quinto ed il sesto motivo, anch'essi unitariamente considerati, sono infondati.
Entrambi involgono - sotto diversi profili - l'interpretazione della transazione intercorsa tra le parti, sia sul rispetto della procedura pattizia di verifica dell'eliminazione delle immissioni non tollerabili che sul carattere sostanzialmente onnicomprensivo, in grado di assorbire anche ogni danno patito dalla locataria, della riduzione del canone locatizio.
6.1. Ora ed in estrema sintesi, si deve premettere che:
- l'interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità
avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo
l'individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v.: Xxxx. 31 marzo 2006, n. 7597; Cass. 1 aprile 2011, n. 7557; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2109; Cass., ord. 9 gennaio 2013, n. 380); pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168);
- al riguardo, le regole legali di ermeneutica contrattuale sono governate da un principio di gerarchia, in forza del quale i criteri degli artt. 1362 e 1363 c.c., prevalgono su quelli integrativi degli artt. 1365 e 1371 c.c., posto che la determinazione oggettiva del significato da attribuire alla dichiarazione non ha ragion
d'essere quando la ricerca soggettiva conduca ad un utile risultato ovvero
escluda da sola che le parti abbiano posto in essere un determinato rapporto giuridico: pertanto, l'adozione dei predetti criteri integrativi non può portare alla dilatazione del contenuto negoziale mediante l'individuazione di diritti ed obblighi diversi da quelli espressamente contemplati nel contratto o mediante l'eterointegrazione dell'assetto negoziale esplicitamente previsto dai contraenti, neppure se tale adeguamento si presenti, in astratto, idoneo a ben
contemperare il loro interesse (in generale, tra le altre: Cass. 24 gennaio 2012, n.
925 e Cass. 11 ottobre 2012, n. 17324; sulla prima parte, v. altresì, tra le molte, Xxxx. 22 marzo 2010, n. 6852, ovvero Cass. 25 ottobre 2005, n. 20660).
6.2. Nella specie, le censure invocano una lettura complessiva della transazione e
chiedono individuarsi lo spirito che la ha sorretta: ma per ciò stesso prospettano non già una specifica violazione di singole e puntuali disposizioni di ermeneutica contrattuale in relazione a ben determinate clausole della transazione, ma appunto
proprio la qui vietata riconsiderazione dei merito
dell'interpretazione.
Nessuna violazione del criterio letterale, gerarchicamente
sovraordinato ad ogni altro, viene prospettata in termini tali da consentire
l'attivazione dei successivi: ed anche questi sono invocati con il richiamo ad una condotta o ad un interesse complessivo delle parti, le quali, già di per sè, in una transazione possono avere un ruolo necessariamente minore, attesa la fondamentale importanza, nell'operarsi le reciproche concessioni in cui la transazione stessa di norma consiste, delle espressioni volutamente adoperate per individuarle e descriverle.
E, nella specie, la corte di appello opera un accertamento di fatto o di merito in questa sede non sindacabile nel momento in cui, peraltro in modo corretto e scevro da qualsiasi vizio logico o violazione delle ricordate regole ermeneutiche:
- da un lato, individua un autentico nesso sinallagmatico tra la riduzione del canone e la persistenza delle immissioni oltre la soglia di tollerabilità, quale controprestazione dovuta per tutte le limitazioni al godimento del bene oggetto della locazione;
- dall'altro lato, qualifica nella sostanza rispettato, ai fini della cessazione della riduzione, il procedimento di verifica affidato ad autorità terze ed imparziali della relativa circostanza.
7. - Neppure il settimo, l'ottavo ed il nono motivo, tra loro congiuntamente esaminati in quanto relativi alla qualificazione delle immissioni come molestie di fatto dalle quali il locatore non era tenuto a garantire il locatario, sono fondati.
7.1. In primo luogo, ogni questione posta dai motivi così esaminati perde rilevanza una volta ricordato che ridonda in una valutazione di fatto od apprezzamento di merito, qui non censurabile per quanto specificato più sopra al
punto 5, quella sulla tollerabilità delle immissioni olfattive, uniche residuate, in concreto accertata dalla corte di merito.
7.2. Ora, va applicato alla fattispecie il principio di diritto già affermato da questa Corte (Xxxx. 9 maggio 2008, n. 11514), secondo cui costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti di cui all'art. 1578 c.c., quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale o legale; si configurano, invece, come molestie di diritto, per le quali, ai sensi dell'art. 1585 c.c., comma 1, il locatore è tenuto a garantire il conduttore, quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore; nel caso, infine, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, col proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento del conduttore, la molestia è di fatto e il conduttore può agire direttamente contro il terzo ai sensi dell'art. 1585 c.c., comma 2, pur persistendo, al riguardo, autonoma e concorrente legittimazione ad agire in capo al locatore (Xxxx. 27 gennaio 2010, n. 1693, relativa ad un caso di infiltrazioni d'acqua in un immobile concesso in locazione).
Sul punto, dirimente considerazione a farsi è che le immissioni non integrano
vizi della cosa locata, in quanto non attengono nè alla intrinseca struttura della medesima nè all'interazione della medesima con l'ambiente che ordinariamente la circonda, ma dipendono dal fatto del terzo, sicchè si pone la seguente alternativa: se intollerabili, sono interamente ascrivibili alla condotta di quest'ultimo; se tollerabili, non determinano alcun danno suscettibile di risarcimento. Nè muta la conclusione a voler configurare il bene locato come non idoneo a far fronte a tali immissioni: visto che, se intollerabili, non è tenuto il locatore a prevedere o a predisporre cautele contro gli altrui fatti illeciti,
mentre, se tollerabili, il loro carattere lecito esclude che quegli debba anche solo
prenderle in considerazione; ed in entrambi i casi eccettuato il solo caso - che però con tutta evidenza qui non ricorre - di una esplicita garanzia del locatore del possesso del bene locato di caratteristiche intrinseche idonee a preservarne gli occupanti da peculiari e ben individuati rischi di immissioni illegittimamente cagionate da estranei al rapporto.
8. - Anche gli ultimi due motivi sono infondati:
- il decimo, perchè correttamente la corte territoriale esclude la rilevanza dell'occultamento, sia in punto di diritto ai fini di una responsabilità precontrattuale od extracontrattuale (con richiamo a giurisprudenza anche di legittimità della cui confutazione la ricorrente non si fa neppure carico), sia in punto di fatto per la non configurabilità delle immissioni come vizio intrinseco dell'immobile;
- l'undicesimo, perchè pienamente condivisibile è l'esclusione di rilevanza di fatti successivi di gran lunga a quelli per cui era causa ù la presenza di immissioni dapprima pure intollerabili e poi soltanto tollerabili nel periodo iniziale del rapporto di locazione intercorso tra le parti e concluso da tempo con il rilascio del bene da parte della locataria - e soprattutto estranei alla ratio decidendi delle domande esaminate, cioè la risoluzione degli inconvenienti intollerabili diversi dalle immissioni di odori ed il contenimento di queste ultime entro la soglia della tollerabilità.
9. - Conclusivamente, il ricorso va rigettato e la soccombente ricorrente condannata alle spese del giudizio di legittimità in favore di controparte.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna F.M. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di S. E., liquidandole in Euro 4.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali ed accessori come per legge.