ASSUNZIONI CON CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE E AGEVOLAZIONI CONTRIBUTIVE
SI RAMMENTA CHE
ASSUNZIONI CON CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE E AGEVOLAZIONI CONTRIBUTIVE
Il contratto di lavoro intermittente94è quel particolare tipo di contratto, volto ad instaurare un rapporto di lavoro subordinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa quando ne abbia necessità.
Se il contratto prevede l’obbligo per il lavoratore di rispondere alla chiamata, per i periodi di attesa ha diritto a percepire una speciale indennità “di disponibilità”.
Tale contratto può essere stipulato sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
Ciò premesso, è stato rivolto al Ministero del Lavoro un interpello per sapere se, in caso di stipula di un contratto di lavoro a tempo indeterminato con prestazioni intermittenti, spettano le agevolazioni contributive 95 che vengono riconosciute ai datori di lavoro che assumono con contratto a tempo indeterminato lavoratori disoccupati da oltre 24 mesi, ovvero sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento di cigs per lo stesso periodo di 24 mesi, purchè tali assunzioni non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese, per qualsiasi causa licenziati o sospesi.
Le agevolazioni in questione consistono nella riduzione dei contributi previdenziali e assicurativi al 50% per la durata di 36 mesi (ovvero nell’esonero totale dai contributi per lo stesso periodo, nel caso in cui l’assunzione venga fatta da una impresa operante nel Mezzogiorno).
Il Ministero del Lavoro, rispondendo al quesito, sottolinea innanzitutto che ogni norma che prevede una agevolazione, in quanto deroga alla normale disciplina sugli obblighi di carattere contributivo, ha carattere eccezionale e pertanto – di massima – è applicabile nei soli casi in cui venga espressamente richiamata.
Rileva poi – a questo proposito – che il D.lgs 276/03, quando intende prevedere una disciplina agevolativa, richiama espressamente le norme che la disciplinano.
E ciò, in effetti, è riscontrabile in altri tipi di contratto, quali la somministrazione, l’apprendistato, il contratto di inserimento, mentre nulla viene disposto al riguardo con riferimento al contratto di lavoro intermittente, anche perché per questo tipo di contratto la norma prevede un particolare regime contributivo, almeno nel caso in cui venga corrisposta la indennità di disponibilità.
Ne consegue pertanto – ad avviso del Ministero - che l’assunzione con contratto di lavoro intermittente dei lavoratori sopra menzionati non comporta alcuna agevolazione contributiva.
X.X .Xxx eventuali approfondimenti dell’intera disciplina previdenziale del rapporto di lavoro intermittente, si fa rinvio alla circolare INPS n. 17 dell’8 febbraio 2006.
94 Regolato dagli articoli da 33 a 40 del D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, come modificato dal D.lgs. 6 ottobre 2004, n.
251, nonché dalla legge 14 maggio 2005, n, 80.
95 Previste dall’art.8, c. 9, della legge n. 407/90.
ENASARCO – DISCIPLINA DEI MINIMALI CONTRIBUTIVI IN CASO DI SOCIETA’ DI PERSONE – CHIARIMENTI
Il Regolamento delle attività istituzionali dell’Enasarco ha previsto96 che, dal 1° gennaio 2005, il contributo annuo minimo è pari a 700,00 euro per gli agenti monomandatari e a 350,00 per gli agenti plurimandatari; tali minimali sono rivalutati ogni biennio, a partire dal gennaio 2004. Pertanto dal gennaio 2006, essi sono pari, rispettivamente, ad euro 727,00 e ad euro 364,0097.
Nel caso delle società di persone, il regolamento (art. 4, punto 6), in vigore dal gennaio 2004, ha modificato la precedente disciplina. Infatti non contiene più la disposizione che stabiliva l’obbligo di versare il minimale nella misura del 50% per ciascun socio illimitatamente responsabile, ove i soci fossero due o più, con la conseguenza che gli importi da versare potevano superare anche in misura rilevante il valore del minimale.
Il nuovo testo prevede invece che “in caso di rapporti di agenzia con agenti che svolgono la loro attività in forma societaria, o comunque associata, che implichi la responsabilità illimitata di uno o più soci” il contributo viene suddiviso “tra i soci illimitatamente responsabili in misura uguale alle quote sociali, o, se diverse, in misura uguale alle quote di ripartizione degli utili previste dal contratto sociale; in difetto i contributi verranno ripartiti in misura paritetica”.
Tale modifica ha posto il problema interpretativo circa la misura del minimale da versare all’Ente nel caso di una pluralità di soci.
Confindustria ha fatto presente all’Enasarco che il minimale non poteva che essere unico per la società di agenzia.
La Fondazione Enasarco ha condiviso tale impostazione e in una nota ha chiarito che in caso di agente operante in forma di società di persone, il minimale deve essere garantito per la società di agenzia. Esso sarà poi ripartito fra i soci illimitatamente responsabili che effettivamente esercitano l’attività di agenzia.
DENUNCIA NOMINATIVA DEGLI ASSICURATI (DNA) ALL’INAIL IN CASO DI TRASFERIMENTO DI RAMO D’AZIENDA
La Direzione Generale dell’INAIL, rispondendo ad un quesito, ha risolto il dubbio circa la esistenza o meno dell’obbligo, a carico dell’impresa cedente e di quella cessionaria - nei casi di trasferimento di ramo d’azienda – di comunicare il codice fiscale dei lavoratori contestualmente alla cessazione del rapporto di lavoro e alla loro assunzione.
Al riguardo ha affermato – in conformità a quanto aveva già espresso circa i casi di fusione per incorporazione (in ipotesi di passaggio “diretto” dei dipendenti dall’azienda cedente alla azienda cessionaria, senza cessazio ne del rapporto di lavoro) - che non sussiste l’obbligo di effettuare la comunicazione in argomento.
96 Vedi art. 4, commi 4 e 5.
97 Vedasi Rassegna Previdenziale n. 1/2006, par. 3.1.14.
CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE - ASPETTI CONCERNENTI L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO
L'Inail98 si è recentemente soffermata sul regime assicurativo del contratto di somministrazione evidenziando alcune peculiarità in ordine al personale occupato presso le agenzie di intermediazione e per individuare la base imponibile per il pagamento dei premi e per il calcolo delle quote di rendita.
Premesso che per quanto riguarda la base imponibile su cui calcolare il premio, in essa è compresa anche l'indennità di disponibilità99. Quanto alla base di computo delle prestazioni, l’Inail precisa che, nel caso in cui l'infortunio segua ad un periodo (di almeno 15 giorni) di inattività, anche se coperto da una indennità di disponibilità e nel quale non vi sia alcun giorno effettivamente lavorato e retribuito, dovrà farsi riferimento al meccanismo individuato dagli articoli 116 e 117 del TU n. 1124/1965.
In definitiva, quindi, da un lato il premio è dovuto per un importo (indennità di disponibilità) generalmente inferiore all'ammontare della retribuzione, e, dall'altro, la prestazione indennitaria è calcolata sulla base del parametro retributivo, sicuramente più favorevole per il lavoratore.
Proseguendo nell’esame del contratto di somministrazione, l’Inail si sofferma, quindi, sul tema dell'azione di regresso.
Nell'individuare il regime applicativo di tale azione, anche sulla scorta degli obblighi di prevenzione che la legge pone in capo all'utilizzatore (21 e 23 del D.lgs 276/2003), l'Istituto conferma i criteri a suo tempo adottati con riferimento alla fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo (legge n. 196/1997) ed afferma che l'azienda utilizzatrice non può ritenersi "terzo estraneo" rispetto al rapporto assicurativo.
Ne consegue che, nei suoi confronti, in caso di infortunio sul lavoro di cui debba rispondere penalmente lo stesso utilizzatore, sarà esercitabile l'azione di regresso e non quella generale di xxxxxxx.
A tale conclusione l'Istituto perviene facendo propria una giurisprudenza 100 secondo la quale l'azione di regresso sarebbe esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell'infortunio a causa della condotta dagli stessi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all'attività lavorativa, in quanto essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentino organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro abbia violato l'obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro.
Nonostante la soluzione presenti qualche aspetto di opinabilità sotto il profilo tecnico-giuridico, consente di contemperare la posizione e le esigenze del somministratore e dell'azienda utilizzatrice, essendo comunque l'azione di regresso condizionata alla prova della responsabilità penale dell'utilizzatore, a differenza di quanto accade per l'azione di surroga, ai fini della quale si prescinde da tale prova essendo sufficiente l'accertamento di una responsabilità sotto il profilo civilistico.
98Circolare n. 21 del 12 aprile scorso.
99 Art. 25, comma 1, del D.lgs n. 276/03).
100 Cass., 16 aprile 1997, n. 3288.
INCARICATI ALLE VENDITE A DOMICILIO – INDIVIDUAZIONE DELL’IMPONIBILE CONTRIBUTIVO
Gli incaricati alle vendite a domicilio sono tenuti all’obbligo assicurativo e contributivo, nell’ambito della “gestione separata” dell’Inps solo dopo il raggiungimento dei 5.000,00 euro101.
Con riferimento a tali soggetti si è posto il problema di individuare esattamente l’imponibile contributivo in considerazione della concomitante riduzione del 22% sull’ammontare delle provvigioni di tali incaricati disposta in applicazione della ritenuta fiscale102.
A tal riguardo l’Inps , ha precisato103 - d’accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali – che ai fini previdenziali l’imponibile è rappresentato dall’importo delle provvigioni al netto della detrazione del 22%, e che è su tale importo che si devono detrarre gli ulteriori 5.000,00 euro di esenzione.
LE PRESTAZIONI PREVIDENZIALI E ASSICURATIVE NEL RAPPORTO DI LAVORO PART TIME
La sempre crescente domanda di flessibilità nel mercato del lavoro favorisce un costante ricorso al lavoro part time, che resta uno degli strumenti di flessibilizzazione dell’orario di lavoro più efficaci e funzionali e quindi più utilizzati. E ciò, nonostante la “riforma Biagi” del mercato del lavoro abbia introdotto nel nostro ordinamento nuove forme contrattuali che perseguono il medesimo obiettivo di rendere “più elastica” la prestazione di lavoro.
Ai sensi del D.lgs. n. 61/2000, come modificato dall’art. 46 del Decreto Legislativo n. 276/2003, per lavoro a tempo parziale si intende il rapporto di lavoro caratterizzato da un orario, fissato dal contratto individuale, di durata inferiore rispetto all’orario di lavoro a tempo pieno.
Il part-time può essere svolto con diverse modalità: e cioè l’orario giornaliero può essere inferiore a quello normale previsto dal contratto, oppure l’orario giornaliero è pieno, ma il lavoro viene prestato solo per alcuni giorni all’interno della settimana, del mese o dell’anno; si è in presenza di part time “orizzontale” nel primo caso, “verticale” nel secondo.
Per quanto riguarda le prestazioni previdenziali e assicurative che spettano al lavoratore che svolge la propria attività con contratto di lavoro part time, esse non hanno subito modifiche in seguito alla riforma Biagi, per cui occorre ancora fare riferimento ai contenuti del D.lgs. n. 61/2000.
Le prestazioni pensionistiche
Poiché può accadere che, nel corso della vita lavorativa, vi sia una trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time e viceversa, è interessante considerare gli effetti che sul piano pensionistico derivano da questa trasformazione.
Il diritto alla pensione si determina sulla base di tutta l’anzianità assicurativa maturata sia con attività lavorativa a tempo pieno che a part time.
Le settimane di lavoro part time hanno quindi incidenza come quelle effettuate a tempo pieno, purchè, la retribuzione media non sia inferiore ai minimali di retribuzione stabiliti anno per anno dalla legge; non sia inferiore cioè al 40% dell’importo mensile del minimo di pensione INPS, in
101 Legge 24 novembre 2003, n. 326, art. 44; INPS, circolari n. 9 del 22 gennaio 2004 e n. 103 del 6 luglio 2004.
102 Art. 25 bis, comma 6, del D.P.R. n. 600/1973, nel testo modificato dall’art. 2, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
103 INPS, messaggio n. 17078 del 2 maggio 2005.
vigore al 1° gennaio dell’anno considerato104. In caso contrario, l’INPS riproporziona il numero dei contributi settimanali.
Si può dunque dire che la trasformazione del rapporto di lavoro non ha normalmente alcun effetto sul raggiungimento dell’anzianità assicurativa necessaria 105.
Anche per quanto riguarda l’importo della pensione le regole di calcolo sono tali da evitare danni economici all’assicurato; l’INPS esemplifica questo calcolo individua ndo i seguenti passaggi:
• si determina il numero delle ore retribuite in ciascun anno solare per lavoro a tempo parziale;
• si divide il numero delle ore retribuite per lavoro part time di ciascun anno solare (orario settimanale di lavoro part time moltiplicato per 52 settimane) per l’orario settimanale previsto per i lavoratori a tempo pieno. Il risultato ottenuto, arrotondato per eccesso, costituisce il numero di settimane di contribuzione utili per la pensione riconoscibili per i periodi di lavoro a tempo parziale 106, ad esse vanno aggiunte le altre settimane di contribuzione fatte valere dall’interessato; la somma dei due dati costituisce l’anzianità contributiva utile ai fini della misura della pensione;
• per determinare la retribuzione pensionabile devono essere prese in considerazione, in corrispondenza dei periodi di lavoro a tempo parziale, le settimane risultanti dal computo proporzionale illustrato;
• il valore retributivo di ciascuna di tali settimane si ottiene dividendo la somma delle retribuzioni complessivamente percepite per i periodi a tempo parziale dell’anno solare per il numero di settimane di contribuzione riconoscibili per lo stesso anno, in base ai criteri illustrati107.
Prestazioni dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
Si applicano i criteri validi per la generalità dei lavoratori a tempo pieno.
Per l’indennità di inabilità temporanea assoluta, la retribuzione convenzionale oraria – quella individuata ai fini della determinazione della base imponibile per il calcolo dei premi – va moltiplicata per il numero di ore di lavoro settimanale complessive da retribuire in base al contratto di lavoro a tempo parziale e dividendo il risultato per sei.
In base a una precisazione del Ministero del Lavoro108 i lavoratori con contratto part time che intrattengono più rapporti di lavoro contemporaneamente hanno diritto, in caso di infortunio, a un’indennità giornaliera a carico dell’Istituto che tenga conto di tutte le retribuzioni percepite e non solo di quelle erogate dal datore di lavoro presso il quale si è materialmente verificato l’infortunio. Questo perché tale indennità ha natura sostitutiva della retribuzione e ha lo scopo di risarcire il lavoratore dal mancato guadagno causato dall’infortunio.
Per il caso di rendita restano fermi il minimale e il massimale di legge109.
Il trattamento economico di infortunio prevale sul trattamento economico stabilito in caso di malattia che potrebbe essere applicato dall’altro datore di lavoro a seguito dell’assenza verificatasi per l’infortunio. Quindi anche quest’ultimo dovrà gestire come infortunio l’assenza del lavoratore. Ne consegue che tutti i datori di lavoro che intrattengono un rapporto di lavoro con il lavoratore infortunato dovranno corrispondere l’integrazione a loro carico eventualmente prevista dai contratti collettivi.
104 Art. 7, commi 1,2, D.L. n. 463/1983 convertito in Legge n. 638/1983. Per l’anno 2006 il lavoratore ha diritto all’accredito contributivo di 52 settimane se la sua retribuzione non è inferiore a euro 8.893, 56 annui, cfr. “Rassegna previdenziale” n. 1/06, pag. XV.
105 Nel caso di part time verticale i periodi non lavorati e non coperti da contribuzione obbligatoria possono essere riscattati o coperti con la contribuzione volontaria a domanda del lavoratore.
106 Esempio di calcolo delle settimane utili: orario settimanale di lavoro a tempo pieno: 40 ore; orario settimanale di lavoro part time: 20 ore; settimane nelle quali c’è stato almeno un giorno lavorato: 52;
20 x 52=1.040 ore lavorate e retribuite;
1.040:40=26 settimane utili per la misura della pensione.
107 Per maggiori dettagli cfr. circolari INPS n. 158 del 29 luglio 1999 e n. 123 del 27 giugno 2000.
108 Min. Lavoro, circolare 28 gennaio 2003 n. 2; cfr. anche “Rassegna Previdenziale” n. 2/2004, pag. XLI.
109 INAIL, circolare n. 57 del 27 agosto 2004.
Assegno per il nucleo familiare
Il lavoratore a tempo parziale ha diritto alla intera misura settimanale (in ciascuna settimana spetta l’assegno per tutti i giorni delle settimane comprese nel periodo di paga, compreso quindi il sabato non lavorato, in caso di adozione della settimana corta, nel limite di 26 assegni nel mese) degli assegni in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata almeno di ventiquattro ore110. In caso di prestazione inferiore, invece, al lavoratore spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di prestazione effettiva di lavoro, qualunque sia il numero delle ore prestate nella giornata111.
In caso di part time orizzontale l’assegno spetta qualora siano effettuate prestazioni di lavoro per un numero di ore settimanali inferiori a 24, anche per le giornate di assenza dal lavoro dovute a ferie,
malattia, maternità, infortunio, purchè l’assenza si sia verificata nel periodo contrattualmente previsto per lo svolgimento dell’attività lavorativa e purchè le giornate di assenza siano retribuite o indennizzate112.
Indennità di maternità e malattia113
I trattamenti economici devono essere riproporzionati in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.
La necessità del riproporzionamento si pone peraltro soltanto per i casi di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale e misto, in quanto, nel part time di tipo orizzontale, il riproporzionamento è insito nella dinamica del rapporto medesimo, essendo il trattamento economico previdenziale di per sé rapportato all’effettiva entità della retribuzione percepita.
Il criterio del riferimento alla retribuzione media globale del periodo di paga immediatamente precedente114 può, però, creare disparità di trattamento, considerato che la retribuzione, nel mese preso a riferimento, può essere comprensiva (o meno) di determinati emolumenti legati a particolari modalità di svolgimento dell’attività (lavoro straordinario, festivo, ecc.) specifici del solo mese considerato.
Sono perciò necessari alcuni accorgimenti correttivi: deve prendersi a riferimento, la retribuzione prevista per la/il lavoratrice/tore part time nei 12 mesi precedenti all’inizio dell’evento di malattia o del periodo indennizzabile per maternità115.
Si deve quindi ricavare la retribuzione media giornaliera dividendo la retribuzione prevista nei 12 mesi precedenti (all’inizio dell’evento di malattia o del periodo indennizzabile per maternità) per il numero delle giornate indennizzabili in via convenzionale nell’anno (360 per gli impiegati; 312 per gli operai)116 computando nella retribuzione anche le indennità di trasferta e i ratei di mensilità aggiuntive.
In merito all’indennizzabilità dei periodi relativi alla maternità obbligatoria, facoltativa e alla malattia l’INPS ha precisato che:
- laddove il congedo di maternità non rientri totalmente nella fase lavorativa, ma cada in tutto o in parte durante una pausa contrattuale, l’indennità è erogabile (con il riproporzionamento della retribuzione media giornaliera):
110 Anche cumulate presso più datori di lavoro. La prestazione è corrisposta in relazione all’attività principale, definita come quella che occupa il lavoratore per il maggior tempo o che comporta il maggior guadagno; nel caso non sia possibile tale identificazione l’assegno è corrisposto direttamente dall’INPS.
111 Art. 9, comma 2, D.lgs. n. 61/2000; per i criteri applicative cfr. circolari INPS n. 110 del 17/4/1992 e n. 126 del 3/7/2000.
112 INPS, circolare n. 126 del 3 luglio 2000.
113 Per quanto riguarda le regole particolari sull’assicurazione contro la Tbc si rinvia alla circolare INPS n. 41 del 13 marzo 2006, par. 6.2.
114 Art. 23 D.lgs. n. 151/2001.
115 Anziché la retribuzione media globale del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto e immediatamente precedente all’inizio dell’evento malattia o del periodo indennizzabile per maternità.
116 Ciò in relazione alle giornate indennizzabili mediamente in ciascun mese: tutte le giornate escluse le sole festività nazionali e infrasettimanali cadenti in domenica; 26 giornate per gli operai.
1. per l’intero periodo di maternità, compreso quello rientrante nella pausa lavorativa, sempre che l’astensione abbia inizio nel corso della fase lavorativa ovvero entro 60 gg. dall’ultimo giorno lavorato;
2. se, invece, l’astensione inizia oltre il sessantesimo giorno dall’ultimo la vorato - ipotesi riconducibile al caso di risoluzione del rapporto di lavoro - l’indennità per congedo di maternità spetta, senza riproporzionamento della retribuzione media giornaliera, per le sole giornate di astensione incluse nei periodi di prevista attività lavorativa, escluse, cioè, quelle comprese nelle pause contrattuali.
- Per quanto riguarda invece il congedo parentale, il diritto a fruire del beneficio non può essere riconosciuto durante le pause contrattuali, dal momento che tale diritto può essere esercitato nei soli periodi di svolgimento dell’attività lavorativa.
- Per quanto riguarda le prestazioni economiche di malattia, si devono seguire le seguenti indicazioni 117:
1. le malattie che iniziano durante una fase di previsto lavoro sono indennizzabili, entro il limite massimo assistibile, per l’intera durata (cioè anche per le eventuali giornate che si collocano in periodi in cui non era previsto svolgimento di attività).
L’indennità, calcolata sulla retribuzione media giornaliera come sopra riproporzionata è dovuta in misura intera.
2. le malattie che iniziano durante un periodo di pausa contrattuale, occorre distinguere fra quelle insorte entro 60 giorni (o 2 mesi) dall’ultimo giorno lavorato e quelle iniziate successivamente a tale arco di tempo.
Nella prima ipotesi, in conformità a quanto previsto per i lavoratori disoccupati o sospesi, l’indennità, calcolata sulla retribuzione media giornaliera riproporzionata come indicato sopra, è dovuta, entro il limite massimo assistibile, in misura ridotta, anche per le eventuali giornate in cui era previsto lavoro.
Nella seconda ipotesi, l’indennità, calcolata sulla retribuzione media giornaliera riproporzionata, spetta, invece, in misura intera, ma per le sole giornate di malattia incluse nei periodi di previsto lavoro, escluse quindi quelle comprese nelle pause contrattuali.
Con la precisazione che le malattie insorte entro 60 giorni dall’ultimo lavorato seguito da cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, l’indennità, calcolata sulla retribuzione media giornaliera riproporzionata, spetta, in misura ridotta, per tutte le giornate di malattia successive, entro il limite massimo annuo previsto.
Nessuna indennità spetta invece trascorsi 60 giorni o 2 mesi dall’ultimo lavorato seguito da cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato o dopo l’ultimo giorno del rapporto a tempo determinato.
Indennità di disoccupazione
L’indennità di disoccupazione ordinaria viene corrisposta dall’INPS secondo le regole ordinarie valide per i rapporti a tempo pieno 118.
Indennità di mobilità
Ai lavoratori spetta, in caso di licenziamento, l’indennità di mobilità con le stesse caratteristiche del lavoro a tempo pieno. La misura della prestazione viene determinata prendendo in considerazione la retribuzione oraria rapportata all’orario di lavoro risultante dal contratto sottoscritto tra le parti.
Trattamento di integrazione salariale
Spetta secondo i principi generali in vigore per i lavoratori dipendenti119. In particolare, l’integrazione salariale deve essere commisurata alla perdita effettiva di guadagno e quindi in
117 A modifica di quanto contenuto nella circolare INPS n. 82/1993.
118 Per l’indennizzabilità dei periodi di sospensione dal lavoro a tempo parziale di tipo verticale cfr. circolare INPS n. 198 del 13/7/1995.
misura corrispondente alla differenza tra l’orario di lavoro che il lavoratore a tempo parziale avrebbe dovuto osservare nel periodo oggetto della richiesta d’intervento e quello ridotto o le zero ore dipendenti dalla causale integrabile.
Inoltre l’importo massimo mensile del trattamento di integrazione salariale va applicato anche ai lavoratori part time, rapportando il relativo importo all’orario del part time.
Occorre cioè verificare che l’importo orario che si ottiene dividendo la retribuzione di riferimento del lavoratore part time per il numero delle ore ridotte, sia pari o superiore all’importo che si ottiene dividendo 1797,31120 per il numero mensile delle ore previste per i lavoratori a tempo pieno della categoria di appartenenza. In caso affermativo si applica il tetto più elevato e l’importo orario previsto per i lavoratori a tempo pieno va moltiplicato per il numero delle ore autorizzate, in caso contrario si effettua la stessa operazione utilizzando però il massimale più basso121.
119 INPS, circolari n. 93 del 20/4/1984, punto 6 e n. 155 del 19/5/1994, punto 4, per il calcolo delle integrazioni salariali dovute e il riferimento al tetto massimo.
120 Livello di retribuzione mensile, per il 2006, al di sopra del quale si applica l’importo massimo mensile del trattamento di integrazione salariale più elevato.
121 Poiché per il 2006 gli importi dei massimali di cassa integrazione sono pari (al netto della ritenuta del 5,54%) a euro 784,75 e 943,18, si procede in questo modo: 943,18: ore lavorabili del mese full time x ore di Cig autorizzate.