Associazione per gli Studi internazionali e comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni industriali
Associazione per gli Studi internazionali e comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni industriali
I contratti di solidarietà (disciplina legislativa e spunti di riflessione)
XXXXX XXX, XXXXX XXXXXXXXX *
Sommario: 1. Premessa. – 2. Tipologia e base normativa. – 3. Il contratto di solidarietà “difensivo”: il modello originario (articolo 1, legge n. 863/1984). –
4. Il “rilancio” dell’istituto previsto dall’articolo 5 della legge n. 236/1993. –
5. In sintesi. – 6. Spunti di riflessione. – 7. Riferimenti bibliografici.
Working Paper n. 74/2009
Pubblicazione registrata il giorno 11 novembre 2001 presso il Tribunale di Modena. Registrazione n. 1609
1. Premessa
L’istituto dei contratti di solidarietà registra di recente nuo- va attenzione in campo economico e sociale quale misura con- tingente per affrontare la grave crisi occupazionale e retributiva in atto, in attesa della ripresa produttiva. Pare dunque utile una ricognizione della disciplina legislativa esistente per cogliere i possibili sviluppi in prospettiva.
2. Tipologia e base normativa
3. Il contratto di solidarietà “difensivo”: il modello originario (articolo 1, legge n. 863/1984)
I contratti di solidarietà, già previsti quali strumento per l’occupazione dall’accordo tra Governo e parti sociali del 22 gennaio 1983, sono stati introdotti nel nostro ordinamento dalla legge n. 863/1984 e successivamente modificati in particolare dalla legge n. 236/1993 e dalla legge n. 608/1996 (1).
Si distingue il contratto di solidarietà di tipo difensivo (2), comportante una riduzione d’orario giornaliero, settimanale o mensile, al fine di evitare, in tutto o in parte, una riduzione del- la manodopera occupata, con proporzionale riduzione della re- tribuzione parzialmente compensata dall’intervento della CIGS (3); ed il contratto di solidarietà di tipo espansivo (4), compor- tante una riduzione d’orario definitiva, con perdita di retribu- zione, per permettere la contestuale assunzione a tempo inde- terminato di nuova manodopera, in cui lo Stato interviene con agevolazioni economiche per le imprese che assumono nuovo personale (5).
Secondo tale contratto si realizza una solidarietà tra i di- pendenti dell’impresa, i quali accettano una riduzione dell’o- rario di lavoro, e della corrispondente retribuzione, al fine di riassorbire eccedenze di personale, con la corresponsione ai medesimi del trattamento di integrazione salariale nella misura
* Xxxxx Xxx è responsabile dell’area giuslavoristica del Centro Studi Naziona- le Cisl e docente a contratto di Diritto del lavoro presso l’Università degli Stu- di di Firenze.
Xxxxx Xxxxxxxxx è funzionario del Dipartimento Politiche del Lavoro Cisl Na- zionale.
(1) Si veda da ultimo la circ. Min. lav. 25 maggio 2004, n. 20. (2) Art.1, l. n. 863/1984.
(3) Con l’art.5, della l. n. 236/1993, si è tentato peraltro un rilancio dell’istituto definendo, tra l’altro, un “nuovo modello” di contratto di solidarietà per le im-
prese non rientranti nel campo della cassa integrazione straordinaria. (4) Art. 2, l. n. 863/1984.
(5) A tale ipotesi, rimasta sostanzialmente inutilizzata, si richiama la più recente previsione di “patto di solidarietà fra generazioni”, contenuta nella legge finan-
ziaria 2007 – art. 1, comma 1160, l. n. 296/2006 – ,volta a favorire la graduale uscita dal sistema produttivo dei lavoratori ultracinquantacinquenni con corre- lativa assunzione part-time di giovani inoccupati o disoccupati di età inferiore ai 25 anni, oppure ai 29 anni se in possesso di diploma di laurea, a quanto con- sta tuttora non operativa per mancanza delle norme attuative.
di un determinato ammontare del trattamento retributivo perso a seguito della predetta riduzione di orario.
Tale strumento non è risultato molto utilizzato specie per la presenza, in passato, del possibile ricorso alla CIGS senza so- stanziali limiti temporali, ritenuto più conveniente per il Gover- no delle eccedenze di personale.
L’efficacia del contratto di solidarietà.
L’efficacia del contratto di solidarietà nei confronti di tutti i lavoratori occupati nell’impresa (a prescindere dalla mancata affiliazione al sindacato stipulante) è affermata dalla dottrina prevalente individuando nel medesimo solo un presupposto del provvedimento amministrativo – di applicazione generale – di ammissione alla CIGS, nonché dalla giurisprudenza quale “ec- cezione”, legislativamente prevista e giustificata dai vantaggi occupazionali attesi, rispetto alla regola della limitata efficacia soggettiva dei contratti aziendali (6).
I soggetti collettivi.
I soggetti collettivi stipulanti i contratti di solidarietà sono individuati, nell’articolo 1, comma 1, della legge n. 863/1984 nei «sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rap- presentative sul piano nazionale». Sono dunque legittimate alla stipulazione dei contratti di solidarietà le strutture sindacali in collaborazione con le RSU/RSA.
Il trattamento di integrazione salariale.
L’articolo 1, comma 2, della legge n. 863/1984 stabilisce che l’ammontare del trattamento di integrazione salariale da corrispondere ai lavoratori «è determinato nella misura del 50% del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione di o- rario». In seguito tale ammontare è stato elevato al 60% per gli operai e gli impiegati delle imprese ubicate nel Mezzogiorno, e, in xxx xxxxxxxxxxx x xxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxx territoriale, al 75% (7). Da ultimo l’ammontare è stato fissato al 60% per tutti i contratti di solidarietà stipulati successivamente al 14 giugno 1995 (8), con la possibilità per il Ministero del lavoro di determinare al 70% l’ammontare del trattamento di integrazio- ne salariale per le aree a basso tasso di sviluppo o di declino in- dustriale individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regola- mento comunitario n. 2081/93 (9).
Secondo la dottrina prevalente l’entità della integrazione sa- lariale deve essere calcolata con riferimento alla retribuzione effettivamente perduta.
(6) Si veda Cass. n. 1403/1990 e, più di recente, Cass. n. 24706/2007. (7) Art. 5, comma 4, l. n. 236/1993.
(8) Art. 6, comma 3, l. n. 608/1996.
(9) Art. 9, comma 25, lett. d, l. n. 608/1996.
La legge stabilisce peraltro che «il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli au- menti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel pe- riodo di sei mesi antecedente la stipula del contratto di solida- rietà» (10), e ciò al fine di evitare pratiche fraudolente, relative a fittizi aumenti retributivi nel periodo immediatamente prece- dente la stipula del contratto di solidarietà (11).
D’altro lato l’articolo 13, comma 1, della legge n. 223/1993 che ha abrogato l’articolo 1, comma 2, legge n. 863/1984, ulti- mo periodo, stabilisce che l’ammontare del trattamento di inte- grazione salariale concesso «non subisce riduzioni a seguito di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale»; il trattamento di CIGS viene dunque reso insensibile ad eventuali aumenti retributivi aziendali.
È inoltre da sottolineare che sempre ai sensi del citato arti- colo 13, comma 1, legge n. 223/1991, l’ammontare del tratta- mento di integrazione salariale concesso in caso di contratto di solidarietà «non è soggetto alla disciplina sull’importo massimo come determinato dalla legge 13 agosto 1980, n. 427»; non si applica dunque il “massimale” normalmente previsto per gli in- terventi di Cassa Integrazione Guadagni, rendendo dunque, per questo aspetto, competitivo il contratto di solidarietà rispetto al- la CIGS (12).
Delicata questione, non affrontabile in questa sede, è quella della compatibilità/cumulabilità tra contratto di solidarietà e in- tervento della Cassa Integrazione Guadagni (13).
Durata del trattamento e pensionabilità.
Nel contratto di solidarietà non può essere prevista, di nor- ma, una durata inferiore ai 12 mesi e, come stabilito dall’articolo 1, comma 2, legge n. 863/1984, superiore ai 24 mesi. Un nuovo contratto di solidarietà può essere stipulato solo se sono decorsi 12 mesi dal contratto precedente; in ogni caso per ciascuna unità produttiva i trattamenti straordinari, erogati a qualsiasi titolo, non possono eccedere complessivamente 36 mesi nell’arco di un quinquennio (14). Tale limite può tuttavia essere superato qualora il contratto di solidarietà abbia la finali- tà di strumento alternativo alla procedura per la dichiarazione di mobilità, di cui all’articolo 4, legge n. 223/1991. In tal caso la deroga deve essere finalizzata al mantenimento in azienda di
(10) Art. 1, comma 2, l. n. 863/1984.
(11) Tale previsione non dovrebbe peraltro riguardare aumenti salariali stabiliti ad altri livelli; ad esempio dal contratto collettivo nazionale.
(12) Il datore di lavoro è peraltro esonerato dal pagamento del contributo addi- zionale che grava sulle imprese che si avvalgono degli interventi della CIGS;
art. 8, comma 8, l. n. 160/1988.
(13) Al riguardo si veda d.m. 23 dicembre 1994 e circ. Inps n. 103/1995. (14) Art. 1, comma 9, l. n. 223/1991.
almeno il 50% delle eccedenze dichiarate nel contratto di soli- darietà (15).
In ordine ai profili previdenziali il comma 4, dell’articolo 1, legge n. 863/1994, stabilisce che il periodo di intervento della CIGS è riconosciuto utile d’ufficio ai fini dell’acquisizione del diritto, della determinazione della misura della pensione e del conseguimento dei supplementi di pensione (16).
Contratto di solidarietà e licenziamento.
Stante le finalità del contratto di solidarietà, volto a superare momenti temporanei di crisi, è da ritenere illegittimo il licen- ziamento dei lavoratori durante la vigenza del medesimo; in tal senso è orientata la dottrina e la giurisprudenza prevalente (17). Più in generale il contratto di solidarietà non può essere inteso come un normale ammortizzatore sociale, utile solo per ritarda- re i licenziamenti.
La giurisprudenza ha altresì ritenuto che la stipula di con- tratti di solidarietà possa legittimare, in deroga all’articolo 2103
c.c. l’adibizione dei lavoratori a mansioni inferiori, in quanto diretta al riassorbimento, totale o parziale, del personale ecce- dente (18).
4. Il “rilancio” dell’istituto previsto dall’articolo 5 della leg- ge n. 236/1993
Con l’articolo 5 della legge n. 236/1993 si dettano innova- zioni volte ad incentivare l’utilizzo dei contratti di solidarietà, soprattutto mediante benefici economici per le stesse imprese.
In primo luogo, ai sensi del comma 2, sono previsti sgravi contributivi, di natura assistenziale e previdenziale, commisura- ti all’entità della riduzione di orario: se la riduzione d’orario supera il 20%, la riduzione degli oneri contributivi per il datore di lavoro è del 25%, elevata al 30% per le imprese operanti nel- le aree a declino industriale individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento CEE n. 2052/88; per riduzioni di orario su- periori al 30%, la riduzione di oneri contributivi è rispettiva- mente del 35% e 40%, peraltro nei limiti delle disponibilità fi- nanziarie assicurate dal Fondo per l’occupazione e per un pe- riodo non superiore a 24 mesi (19).
Inoltre, ai sensi del comma 4, per il triennio 1993-1995, spetta al datore di lavoro l’erogazione di un contributo, da cor- rispondersi in rate trimestrali, pari ad un quarto del monte ore retributivo non dovuto a seguito della riduzione di orario. Si tratta di un beneficio diretto al datore di lavoro secondo il mo-
(15) Art. 7, d.m. n. 31445/2002.
(16) Il contributo figurativo, a carico della contabilità separata dei trattamenti di CIGS, è commisurato al trattamento retributivo perso.
(17) Tra le altre, Pret. Roma 30 aprile 1994; Pret. Como 7 dicembre 1990.
(18) Pret. Milano 12 giugno 1992.
(19) Art. 6, comma 4, l. n. 608/1996 e circ. Inps n. 56 e n. 104 del 2006.
dello previsto per il contratto di solidarietà espansivo, di cui all’articolo 2, legge n. 863/1984.
In riferimento agli incentivi a beneficio dei lavoratori, si stabilisce che l’ammontare del trattamento di integrazione sala- riale corrisposto per i contratti di solidarietà stipulati nel trien- nio 1993-1995, venga elevato al 75% del trattamento retributi- vo perso a seguito della riduzione di orario. Abbandonando dunque la tecnica dei vantaggi unilaterali propria della legge n. 863/1984 (20), il legislatore del 1993 predispone incentivi tesi a rendere conveniente il ricorso ai contratti di solidarietà sia per i lavoratori che per le imprese.
È tuttavia da segnalare che per ragioni di contenimento del- la spesa pubblica, sia le agevolazioni contributive che il contri- buto per le imprese non spettano più per i contratti di solidarietà stipulati successivamente alla data del 14 giugno 1995 (21), per i quali viene altresì ridotto l’ammontare del trattamento di inte- grazione salariale dal 75% al 60%.
Tra le altre previsioni si dispone che la riduzione di orario può essere stabilita su base giornaliera, settimanale o mensile (non annuale), riconoscendosi in tal modo un’ampia autonomia per la contrattazione collettiva in merito alla sua distribuzione. Si prevede inoltre che in determinate ipotesi l’impresa possa aumentare l’orario di lavoro; in tal caso il maggior lavoro pre- stato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale ovvero del contributo erogato all’impresa (22).
Il nuovo “modello” di contratto di solidarietà posto dall’articolo 5, comma 5, legge n. 236/1993.
L’articolo 5, comma 5, della legge n. 236/1993, introduce anche un nuovo modello di contratto di solidarietà per le impre- se non rientranti nel campo di applicazione della CIGS, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso della procedura di cui all’articolo 24 della legge n. 223/1991 (licen- ziamenti collettivi), comprese le imprese alberghiere e le azien- de termali (comma 7) nonché, a particolari condizioni, le im- prese artigiane con meno di 16 dipendenti (comma 8).
Con la stipula del contratto di solidarietà alle imprese «vie- ne corrisposto, per un periodo massimo di due anni, un contri- buto pari alla metà del monte ore retributivo da esse non dovuto a seguito della riduzione di orario. Il predetto contributo viene erogato in rate trimestrali e ripartito in parti uguali tra l’impresa e i lavoratori interessati». Quindi i lavoratori non beneficiano
(20) Integrazione salariale per i lavoratori nel contratto di solidarietà “difensi- vo”, di cui all’art. 1; agevolazioni per i soli datori di lavoro con riguardo ai con- tratti di solidarietà “espansivi”, di cui all’art. 2.
(21) Art. 6, comma 3, l. n. 608/1996.
(22) Art. 5, commi 10-12.
dell’intervento della cassa integrazione salariale (23), bensì della metà del contributo pubblico corrisposto alle imprese (24).
Il contributo per i lavoratori non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge, ivi compresi gli obbli- ghi contributivi previdenziali e assistenziali, dovendosi tener conto ai soli fini pensionistici, per il periodo di riduzione, dell’intera retribuzione di riferimento.
Ai sensi poi del comma 8, le disposizioni del comma 5 tro- vano applicazione anche per le imprese artigiane non rientranti nel campo di applicazione della CIGS, «anche ove occupino meno di 16 dipendenti, a condizione che i lavoratori con orario ridotto da esse dipendenti percepiscano, a carico di fondi bilate- rali istituiti da contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavora- tori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, una pre- stazione di entità non superiore a quella corrispondente alla me- tà del contributo pubblico destinato ai lavoratori» (25). Si tratta dunque di un intervento integrativo dello Stato, che si realizza a condizione che anche istituti privato-collettivi partecipino con risorse proprie.
Il regime di solidarietà si applica anche ai lavoratori assunti con contratto a termine o con contratto di inserimento e agli ap- prendisti, purché la riduzione di orario non impedisca il rag- giungimento degli obiettivi formativi; sono invece esclusi i la- voratori con qualifiche dirigenziali (26).
La validità delle disposizioni dell’articolo 5, commi 5 e 8, è stata finora prorogata di anno in anno, ed è attualmente in fase di approvazione l’ennesima proroga al 31 dicembre 2009.
5. In sintesi
Per le imprese rientranti nella disciplina della CIGS (27):
- i lavoratori coinvolti dalla riduzione di orario ricevono un’integrazione salariale pari al 60% del trattamento retributivo perso a seguito di riduzioni di orario (giornaliero, settimanale, mensile) derivanti da contratti collettivi aziendali. Tale integra- zione può avere durata massima di due anni, prorogabile di altri due, che diventano tre nel Mezzogiorno;
- alle imprese spettano sgravi contributivi del 25% (riferiti ai lavoratori interessati dal contratto di solidarietà) se la ridu-
(23) Come nel contratto di solidarietà di cui all’art. 1, l. n. 863/1984.
(24) Nei limiti delle risorse finanziarie poste a carico del Fondo per la occupa- zione.
(25) Si veda circ. Min. lav. n. 20/2004. (26) Circ. n. 20/2004.
(27) Industria e indotto, grande distribuzione; l. n. 863/1984.
zione di orario è superiore al 20% e del 35% se la riduzione di orario è superiore al 30% dell’orario contrattuale (28).
Per le imprese non rientranti nella disciplina CIGS, ma che abbiano comunque più di 15 dipendenti (29), viene corrisposto un contributo pari al 50% del monte retributivo da esse non do- vuto a seguito della riduzione di orario, che deve essere riparti- to in parti uguali tra imprese e lavoratori. In pratica al lavorato- re spetta il 25% della retribuzione persa (30).
La durata massima del trattamento è di 24 mesi.
Il trattamento può essere esteso in certi casi anche ad azien- de con meno di 15 dipendenti (31).
6. Spunti di riflessione
I contratti di solidarietà hanno dunque una lunga storia ed occorre capire perché in passato tale istituto non sia stato pie- namente utilizzato.
I motivi sono stati individuati principalmente nel livello de- cisamente basso dei trattamenti di integrazione salariale (in ori- gine il 50% della retribuzione persa) e nella difficile solidarietà tra lavoratori, che molte volte resiste solo fino al momento della scelta delle persone da licenziare.
Nonostante sia previsto anche un incentivo per i datori di lavoro, che è assente in caso di cassa integrazione, per le stesse imprese pare preferibile far ricorso agli strumenti tradizionali della CIG a zero ore e dei licenziamenti, perché evidentemente esse ritengono che le difficoltà organizzative non siano com- pensate dal beneficio finanziario.
Anche dopo la riforma del 1993 i risultati sono stati delu- denti, per motivi ulteriori da quelli sopra enunciati: da un lato per la dichiarata provvisorietà del nuovo assetto normativo (32), dall’altro per la mancanza dei fondi necessari; le domande pro- venienti dalle aziende furono infatti di gran lunga superiori alle attese, finendo per essere premiate, secondo un criterio “crono- logico”, solo le imprese che si erano mosse per prime, senza una vera selezione dei contratti da finanziare.
(28) Con uno sgravio aggiuntivo del 5% per i contratti di solidarietà stipulati nelle aree Ob. 1 e 2 UE.
(29) L. n. 236/1993.
(30) Spesso negli accordi sindacali viene previsto che l’intero contributo spetti al lavoratore, che in questi casi beneficia dunque del 50% della retribuzione persa.
(31) Imprese artigiane non rientranti nel campo di applicazione della CIGS, an-
che ove occupino meno di 16 dipendenti, a condizione che i lavoratori con ora- rio ridotto da esse dipendenti percepiscano una prestazione integrativa a carico di fondi bilaterali.
(32) I benefici previsti non avrebbero trovato applicazione per i contratti stipula- ti successivamente al 14 giugno 1995.
In particolare il Ministero del lavoro ha sempre considerato, e continua a considerare, residuale il finanziamento destinato agli incentivi alle aziende che stipulano contratti di solidarietà, che dunque non hanno certezza dell’erogazione.
Per rilanciare seriamente l’istituto dei contratti di solidarie- tà, nella prospettiva di una complessiva riforma degli ammor- tizzatori sociali, sempre annunciata ma mai realizzata, ricondu- cendo peraltro a logica unitaria lo strumento, pur utile in una si- tuazione di emergenza, degli ammortizzatori sociali in deroga, occorre partire dalle possibili convenienze per i diversi soggetti interessati.
Dal punto di vista dei lavoratori la riduzione d’orario diven- ta competitiva rispetto alla CIG, oltre al fatto di non comportare l’uscita dal processo produttivo, qualora risulti minima l’entità della perdita salariale (senza decurtazioni sulla pensione). Dal momento che le prestazioni per la CIG si attestano, almeno teo- ricamente, a circa l’80% della retribuzione, il livello di copertu- ra cui puntare dovrebbe essere intorno all’85-90%.
Dal punto di vista delle imprese, elementi di convenienza possono derivare: dagli sgravi contributivi e dalle altre agevola- zioni da mettere in campo; dall’evitare i costi dei licenziamenti, mantenendo al contempo consenso sociale e buone relazioni sindacali; dal poter disporre delle professionalità necessarie al momento della ripresa, fattore determinante per essere competi- tive.
Ma i problemi organizzativi vanno in qualche modo com- pensati con un incentivo certo.
Il rilancio dei contratti di solidarietà dunque richiederebbe:
- aumento e certezza dei finanziamenti e dei tempi nei quali vengono erogati;
- una copertura del reddito dei lavoratori maggiormente competitiva con la cassa integrazione;
- incentivi alle imprese in grado di compensare le difficoltà organizzative;
- incentivi normativi, quali il non computo dei periodi “di solidarietà” ai fini del calcolo del limite complessivo di durata della cassa integrazione di 36 mesi, oppure limiti di durata dei contratti di solidarietà e, più in generale, della cassa integrazio- ne non a zero ore, più favorevoli rispetto ai limiti della cassa in- tegrazione a zero ore. Rimane il problema dei costi, in un con- testo di risorse scarse.
Al riguardo potrebbero utilmente integrarsi diverse fonti di finanziamento:
- i contributi statali, non solo come integrazione salariale di base per i lavoratori, ma anche come sgravi contributivi ed age- volazioni per le imprese, cercando di cogliere il possibile rac- cordo con l’intervento di fondi regionali di carattere integrativo;
- in particolare i fondi gestiti dalla bilateralità, istituiti per via contrattuale, estendendo il modello di mix di intervento pubblico/privato sociale, già previsto sia dalla disciplina dei contratti di solidarietà nel settore artigiano (33), sia, da ultimo, dal decreto legge n. 185, il c.d. “decreto anti-crisi”, di prossima conversione in legge.
La contrattazione sulla riduzione di orario si legherebbe in tal modo al possibile ruolo della bilateralità, superando una di- mensione puramente rivendicativa dell’azione sindacale me- diante l’affermazione della cultura della partecipazione e della assunzione di responsabilità.
(33) Rilanciato sia dal Protocollo sul Welfare del luglio 2007, poi recepito quale criterio di delega dalla l. n. 247/2007, art. 1, comma 29, lett. f.
7. Riferimenti bibliografici
Per approfondimenti si veda:
XXXXX X., XXXXXXXXX X. (1994), I contratti di solidarietà. Una guida alla normativa e alla con- trattazione, Edizioni Lavoro, Roma.
DEL VECCHIO L. (2008), Commento sub art. 1, L. 19 dicembre 1984, n. 863, in GRANDI M., PE- RA G. (a cura di), Commentario breve alle leggi sul lavoro, Cedam, Padova (a cui si rinvia per ampi riferimenti di dottrina e giurisprudenza).