Cassazione Civile, sez. III, 3 dicembre 2002, n. 17156
Uso di superfici
a scopo pubblicitario
e qualificazione del contratto
Cassazione Civile, sez. III, 3 dicembre 2002, n. 17156
Pres. Fiduccia G. - Rel. Trifone F. - PM Fuzio R. (diff.) - Ope Olcese Pubbl. s.p.a. c. Italgas s.p.a.
Locazione - In genere (nozione, caratteri, distinzioni) - Convenzione comportante la facoltà di appoggiare al muro di un edificio un’insegna pubblicitaria - Schema del contratto di locazione - Configurabilità.
In materia di locazione, ricorre un’ipotesi di locazione c.d. limitata, pur sempre rientrante nel contratto ti- pico ex art. 1571 Codice civile, nel caso di convenzione che importi l’impegno di fare appoggiare, al muro di un edificio, un’insegna pubblicitaria; ciò in quanto, pur se è vero che nel diritto personale di godimen- to assicurato con la locazione si ha una cessione dell’esercizio delle facoltà d’uso la quale normalmente ha natura assorbente e non lascia margini di godimento residuo al locatore, per la configurabilità della sud- detta fattispecie tipica non è tuttavia necessaria la trasmissione, al conduttore, di tutte le utilità che la co- sa può produrre.
Ne consegue che ben può la concessione ad altri del godimento essere convenzionalmente limitata ad una sua particolare utilità senza il trasferimento, al conduttore, della detenzione in via esclusiva del bene, ri- manendo in tal caso il diritto del conduttore ed il corrispondente obbligo del locatore circoscritti, conse- guentemente, all’uso limitato contrattualmente previsto.
C
Svolgimento del processo
on contratto del 18 settembre 1990 la società I.
s.p.a. concedeva alla società O. e C. s.r.l. il dirit- to di installare quattro cartelloni pubblicitari sul
muro dell’edificio di sua proprietà in Torino per la dura- ta di un anno, prorogabile tacitamente in difetto di di- sdetta.
La società concedente, che aveva intimato formale di- sdetta per la scadenza del 14 ottobre 1994, non avendo la società concessionaria a tale data rimosso i cartelloni pubblicitari, la conveniva in giudizio innanzi al Tribuna- le di Genova per ottenerne la condanna alla rimozione della pubblicità previa declaratoria di risoluzione del contratto, qualificato negozio atipico sottratto alla disci- plina di cui alla legge n. 392 del 1978.
Sulla eccezione della società convenuta, secondo cui il contratto era da qualificare come locazione di immobile destinato ad uso diverso dalla abitazione, il tribunale adi- to dichiarava la sua incompetenza per materia ed indica- va quale competente il pretore di Torino, innanzi al qua- le la controversia era riassunta e decisa con sentenza del 6 maggio 1997, che, esclusa la applicabilità al contratto della legge n. 392 del 1978, condannava la società O. al rilascio del prospetto dell’edificio ed al suo ripristino.
La decisione di primo grado era confermata in appello dalla sentenza del tribunale di Torino, pubblicata il 1°
settembre 1998, la quale ribadiva che il contratto esula- va dallo schema tipico della locazione per il fatto che es- so aveva ad oggetto non il diritto di godimento comples- sivo di una cosa, ma soltanto la facoltà di installare sul muro cartelloni pubblicitari di determinate dimensioni, tanto che la società concedente si era riservata di utiliz- zare la restante parte del muro medesimo per collocarvi o farvi installare da terzi altra insegna pubblicitaria.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, in base ad unico mezzo di doglianza, la società O. P. E. s.p.a. La società I. s.p.a. resiste con controricorso ed eccepisce la inammissibilità della impugnazione.
C
Motivi della decisione
on l’unico motivo di impugnazione la società ri- corrente censura la sentenza del tribunale, de- nunciando che il giudice di merito sarebbe in-
corso in errore per avere negato che tra le parti fosse sta- to perfezionato un contratto di locazione avente ad og- getto la porzione del muro sulla quale era stata autorizza- ta, dietro corrispettivo, la installazione di cartelloni pub- blicitari. Assume che il giudice di appello avrebbe dovu- to, invece, riconoscere alla convenzione stipulata dalle parti la natura di contratto di locazione di immobile ur- bano adibito ad uso diverso dall’abitazione, soggetto alla disciplina di cui all’art. 27 della legge n. 392 del 1978.
Il motivo di ricorso, che sostanzialmente riflette la dedot- ta violazione della norma di cui all’art. 1571 Codice civi- le, si rivolge alla decisione di merito del giudice di appel- lo, confermativa della statuizione al riguardo resa in pri- mo grado; della sentenza di secondo grado la società ri- corrente chiede la cassazione, con riconoscimento della durata ex lege del contratto in sei anni; non vi possono es- sere dubbi sul fatto che la impugnazione è specificamen- te diretta a censurare la ratio decidendi comune alle due sentenze del doppio grado di giudizio. La eccezione di inammissibilità del ricorso - che la società resistente I.
s.p.a. ha formulato sul presupposto che la impugnazione sembrerebbe diretta contro la sentenza del pretore e non contro la decisione del tribunale resa a seguito del grava- me - deve ritenersi, perciò, manifestamente infondata. Merita, invece, di essere accolto, per quanto di ragione, il motivo di impugnazione, con conseguente annulla- mento della denunciata sentenza sul punto relativo alla riconducibilità non allo schema della locazione, ma a quello di un contratto atipico della convenzione con la quale, per la durata rinnovabile di un anno e dietro pa- gamento di un corrispettivo, alla società in questa sede ricorrente era stato concesso dalla società resistente l’uso di una parte di un muro dell’edificio di sua proprietà per- ché su di essa fossero installati quattro cartelloni o inse- gne pubblicitarie di determinate dimensioni.
Il giudice di merito, in base al presupposto che per con- figurare gli estremi della locazione sia necessaria la mate- riale consegna della cosa al conduttore per modo che co- stui si sostituisca interamente al locatore nell’uso del be- ne, ha negato che, nella specie, il negozio possa essere in- quadrato nello schema della locazione, in quanto ogget- to di trasferimento non era stato il diritto di godimento complessivo di una cosa, ma soltanto la facoltà di instal- lare sul muro quattro cartelloni pubblicitari di determi- nate dimensioni per un tempo determinato. Ha aggiun- to che, tale essendo la funzione economico - giuridica del contratto, non aveva alcun rilievo contrario che le parti, nel testo della convenzione scritta, avessero ado- perato termini (locatore, conduttore, canoni) evocativi del rapporto di locazione, tanto più che nessuno richia- mo risultava fosse stato fatto alla disciplina di tale rap- porto quale dettata dal Codice civile o dalla normativa di settore della legge n. 392 del 1978. Ha precisato, quin- di, che, a conferma che la concessione del diritto di af- fissione in oggetto consiste in un contratto atipico, estre- mamente significativa era la circostanza che la società concedente non aveva affatto perduto la disponibilità della parete dell’edificio, tanto che si era espressamente riservata la facoltà di provvedere direttamente a colloca- re qualsiasi altra insegna pubblicitaria sulla parte restan- te del muro ovvero di concedere detta facoltà a terzi.
Le argomentazioni svolte dal giudice di merito per esclu- dere che nel caso in esame possa ravvisarsi lo schema ti- pico della locazione non sono condivisibili.
Caratteri essenziali del contratto di locazione - secondo la nozione che ne fornisce la norma di cui all’art. 1571
Codice civile - sono la concessione temporanea del go- dimento di una cosa determinata, da cui sia possibile trarre una utilità, ed il corrispondente obbligo di pagare il prezzo per il vantaggio che se ne riceve per l’uso con- venuto.
In base a tale nozione, perché si realizzino gli essentialia negotii, non è necessario trasmettere al conduttore il go- dimento di tutte le utilità che la cosa può produrre, per cui si resta nell’ambito del contratto tipico di cui all’art. 1571 Codice civile pur quando chi dispone di un bene determinato si limiti a concedere ad altri il godimento di una particolare utilità del bene medesimo, senza il tra- sferimento al conduttore della esclusiva sua detenzione. A detta conseguenza si perviene in base alle norme di cui agli artt. 1575 e 1587 Codice civile, in virtù delle quali - ravvisata la sinallagmaticità del rapporto in rela- zione all’uso convenuto della cosa, che il locatore deve concedere e della quale il conduttore deve servirsi - la consegna del bene assume carattere essenzialmente stru- mentale rispetto al godimento, nel senso che essa si rea- lizza con la concreta possibilità data ad altri di sfruttare le utilità della cosa secondo la destinazione pattuita.
In tal senso si esprimono anche gli autori classici, se- condo cui al conduttore possono essere concesse solo determinate facoltà di uso della res locata senza che con ciò si travalichino i confini caratterizzanti lo schema causale proprio della locazione, precisandosi come trat- tasi di fattispecie locatizia ove venga concesso un bene, suscettibile di una pluralità di utilizzazioni, per una sola di esse e indicandosi una ipotesi di locazione cosiddetta limitata proprio in quella avente ad oggetto la facciata esterna di un edificio per affissioni pubblicitarie, in cui si realizza il frazionamento delle possibili utilità dell’edi- ficio medesimo.
Alla stessa conclusione, del resto, era pervenuta la risa- lente giurisprudenza di legittimità, in una fattispecie del tutto analoga a quella in esame (impegno, dietro corri- spettivo, di fare appoggiare al muro esterno di un edificio insegne pubblicitarie), per cui questa Corte aveva affer- mato (Cass. 30 luglio 1951, n. 2233) che con la nozione di locazione certamente si concilia la delimitazione del- l’ampiezza del diritto di godimento della cosa locata, in quanto, se è vero che nel diritto personale di godimento assicurato con la locazione si ha una cessione dell’eserci- zio delle facoltà d’uso che normalmente ha natura assor- bente e non lascia margini di godimento residuo al loca- tore, ciò non esclude che in virtù di convenzione il dirit- to del conduttore ed il corrispondente obbligo del locato- re restino circoscritti all’uso limitato previsto in contratto. Lo stesso principio, inoltre, è stato espresso più di recan- te da questo giudice di legittimità, rilevandosi, sul diver- so tema della ammissibilità della locazione della quota di un bene indiviso (cfr., in motivazione, Cass. 28 settem- bre 2000, n. 12870), come il godimento del conduttore non deve necessariamente essere esclusivo, perché si re- sta sempre nell’ambito dello schema contrattuale della locazione quando l’uso della cosa locata sia parziale o li-
mitato e debba concorrere con l’uso analogo o diverso che altri soggetti possono farne a titolo diverso.
La impugnata sentenza, che ha, invece, ritenuto indi- spensabile per la ipotizzabilità della locazione un uso esclusivo del bene da parte del conduttore, deve, pertan- to, essere cassata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Torino, che, in applica- zione di quanto innanzi enunciato in tema di ammissibi- lità della locazione a godimento limitato del bene e de-
cidendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, stabilirà in ordine al tipo della locazione in oggetto ed alla eventuale sua assoggettabilità alla norma di cui all’art. 27 della legge n. 392 del 1978.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Torino.
IL COMMENTO
di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx
Il caso di specie
Il tema deciso dalla Corte di Cassazione riguarda la qualificazione del contratto avente ad oggetto la concessio- ne del diritto di installare cartelloni pubblicitari su parete d’edificio, verso il pagamento di un corrispettivo.
Il problema sottostante, sollevato dai contraenti, at- tiene alla determinazione della durata del rapporto, con la seguente alternativa.
Il proprietario, che mirava ad ottenere l’immediata di- sponibilità dell’immobile, sosteneva la durata di un anno, in conformità alle dichiarazioni negoziali; l’utilizzatore (il quale, viceversa, aveva interesse a conservare il beneficio per un ulteriore periodo di tempo) deduceva trattarsi di lo- cazione assoggettata alla legge n. 392/1978, con l’applica- zione della durata di sei anni prevista dall’art. 27 della leg- ge stessa per gli immobili ad uso diverso dall’abitativo.
Oltre alle già dette prestazioni fondamentali, dalla motivazione si evincono pochi altri contenuti contrattuali: la prorogabilità della durata annuale in difetto di disdetta; il diritto del proprietario di utilizzare la restante parte del muro per collocarvi o farvi installare da terzi altra insegna pubblicitaria; la mancanza di richiami alle norme di legge in materia di locazione.
I giudici di merito e di legittimità hanno deciso il caso in modo diverso.
I primi hanno ritenuto che il contratto descritto esuli dallo schema della locazione, per il fatto che non ha ad og- getto il diritto di godimento complessivo della cosa, ma sol- tanto la facoltà di installare sul muro cartelloni pubblicita- ri di determinate dimensioni.
La Corte di Cassazione ha censurato tale qualificazio- ne, rilevando che non è indispensabile, per la ipotizzabilità della locazione, l’uso esclusivo del bene da parte del con- duttore. Pertanto la natura tipica del contratto non può es- sere scartata sulla base del predetto argomento.
Secondo la pronuncia in commento, la decisione va invece assunta sulla base degli essentialia negotii, desumibili dall’art. 1571 Codice civile. Alla stregua di questi si reste- rebbe nell’ambito del contratto tipico quando chi dispone di un bene determinato si limiti a concedere ad altri il go- dimento di una particolare utilità del bene medesimo.
In tale ipotesi rientrerebbe il contratto avente ad og- getto la facciata esterna di un edificio per affissioni pubbli- citarie.
La stessa sentenza non dice nulla in merito all’assog- gettabilità del contratto all’art. 27 della legge n. 392 del 1978, rimettendo tale questione al giudice del rinvio (1).
I precedenti
Nonostante l’affissione di cartelli pubblicitari su muri esterni sia ampiamente diffusa nella pratica, non risultano al- tre decisioni edite su tale oggetto, eccettuato il precedente del 1951 menzionato anche dalla sentenza in commento (2).
È tuttavia possibile constatare che esso appartiene ad una categoria omogenea di rapporti realizzati nella prassi, accomunati da un presupposto interpretativo costante; ov- vero la creazione negoziale di un diritto personale di uso di una superficie con funzione di appoggio.
Allargando, in tale direzione, il punto di vista, si può considerare la seguente casistica.
Talune fattispecie riguardano l’uso di pareti esterne d’edificio (superfici verticali), per appoggiare cartelli, tar- ghe, insegne, etc.
La giurisprudenza ha ricondotto tali rapporti allo sche- ma della locazione (3).
Note:
(1) Si può a margine notare che la Suprema Corte non indica al giudice del rinvio il principio per cui il contratto debba essere, senz’altro, qualifi- cato come locazione, ma indirizza il medesimo a tenere conto dell’affer- mata «ammissibilità della locazione a godimento limitato del bene». Re- sta un margine di dubbio, pertanto, se la Corte di Cassazione abbia rite- nuto di definire la questione interpretativa indicata, oppure se abbia vo- luto unicamente indicare i criteri per la sua soluzione.
(2) Cass. 30 luglio 1951, n. 2233, in Foro it., 1952, I, c. 18, con nota di X. Xxxxxx Xxxxxxxxx; nonché in Giur. it., 1952, I, 1, 743, con nota di X. Xxxxxx.
(3) Cfr. Cass. n. 17156/2002 in commento, riguardante cartelloni pub- blicitari; Cass. 30 luglio 1951, n. 2233, cit., che, con analoga motivazio- ne, ha deciso un caso riguardante l’apposizione di insegne; Trib. Milano 9 giugno 1997, in Arch. loc., 1998, 97 e Pret. Bologna 14 aprile 1983, in Giur. mer., 1984, p. 1087, entrambe riferite a fattispecie di uso di superfi- ci per affiggere vetrinette da esposizione; App. Napoli 30 settembre 1968, in Dir. giur., 1969, 430, riguardante targhe collocate su muri d’edificio.
(segue)
Altre operazioni negoziali hanno ad oggetto l’uso di terrazze o tetti di copertura d’edificio (superfici orizzontali) per l’installazione di insegne luminose, antenne radio, an- tenne per la telecomunicazione, etc.
Anche qui le sentenze hanno stabilito, in prevalenza, che simili rapporti sono inquadrabili nello schema tipico della locazione (4).
Le motivazioni poste a fondamento dell’indirizzo mag- gioritario, pur non risultando sempre enunciate in modo chiaro, paiono ricondursi all’assunto per cui il godimento di una sola parte della cosa non è in contrasto con il rapporto di locazione (5).
Le decisioni contrarie hanno invece ritenuto che il mancato trasferimento del diritto di godimento comples- sivo del bene non consente di configurare lo schema tipi- co (6).
In dottrina le poche analisi dedicate al tema specifico presentano un’analoga contrapposizione di indirizzi.
Secondo una prima opinione, è di centrale importan- za il rilievo per cui la concessione di una porzione di muro d’edificio, per infissione o appoggio di cose, costituisce l’in- dividuazione di una parte dell’edificio stesso come autono- mo bene giuridico, suscettibile di altrui separato godimen- to (7). Su tale base, la fattispecie viene qualificata come lo- cazione (di parte di una cosa) (8).
Secondo un diverso punto di vista, il diritto di godi- mento, che caratterizza il contratto di locazione ai sensi dell’art. 1571 Codice civile, va inteso nello stesso significa-
zione dell’art. 1571 Codice civile (e le altre della parte spe- ciale sui contratti) abbia l’attitudine ad essere considerata un’asserzione universale, e che possa indurre da sé - secon- do il metodo del modus tollens - l’affermazione assoluta che un dato contratto appartiene o non appartiene al tipo.
È decisiva la constatazione che la nozione dettata dal- la legge per la locazione (come le altre della parte speciale sui contratti) non esprime l’essenza del contratto medesi- mo, ma è più generica.
La sua latitudine è idonea ad includere contratti privi di coerenza rispetto alla disciplina legale della locazione stessa (11).
Si tratta di rilievo agevolmente riscontrabile.
Il contratto di comodato, se non fosse stato autono- mamente enucleato dal legislatore, rientrerebbe nel con- cetto di locazione; l’affitto, in mancanza della distinzione dettata dall’art. 1615 Codice civile, sarebbe una locazione senza altre specificazioni.
La stessa giurisprudenza, in altre occasioni, esclude la qualifica giuridica di locazione, pur in presenza dei relativi essentialia negotii.
Sono stati giudicati atipici, ad esempio: i contratti di alloggio in residence (12); il rapporto che prevede l’obbligo per un soggetto di svolgere l’attività di verifica dell’ingresso e dell’uscita dei fruitori di un’area di parcheggio a fronte del diritto di godimento di un appartamento sito nella medesi- ma area (13); il contratto con cui una persona dà in loca-
to in cui tale espressione è usata negli artt. 832 e 981 Codi-
ce civile, ovvero in modo da comprendere non singole e determinate facoltà, ma il generale potere di godimento, dotato del carattere di astrattezza. L’art. 1803 Codice civile, escludendo il godimento per il comodato e dando solo de- terminate facoltà, ne sarebbe una conferma (9). In virtù delle predette argomentazioni, la dottrina da ultimo citata ritiene che l’appoggio a parete d’edificio di cartelloni pub- blicitari non rientri nello schema tipico della locazione, do- vendosi qualificare come contratto atipico (10).
Il concetto di locazione
La sentenza in commento, per risolvere la questione, accerta se le circostanze del caso concreto siano tali da con- trastare con gli essentialia del tipo legale.
Tale metodo si risolve nella contrapposizione fra un dato generale (di cui è presupposta la validità) ed uno par- ticolare ad esso contrario (potenzialmente idoneo a con- traddire il primo).
L’idoneità di una tale contrapposizione a condurre ad esiti logicamente obiettivi presuppone che si abbiano gli elementi per compiere un giudizio di falsificazione, ovvero che si disponga di un’asserzione universale contrapposta ad un’asserzione singolare.
Si dovrebbe così essere nella condizione di affermare che, se l’asserzione contraria non falsifica il modello, il con- tratto è sicuramente tipico; se, invece, lo falsifica, è sicura- mente estraneo a quel tipo legale.
Al contrario si può fondatamente dubitare che la no-
Note:
(segue nota 3)
Sull’applicabilità delle norme speciali in materia di immobili urbani vi è invece dissenso nella giurisprudenza menzionata: la esclude App. Napoli 30 settembre 1968, cit.; la afferma Trib. Milano 9 giugno 1997, cit.
(4) Cfr. Trib. Genova 30 maggio 1995, in Foro it., 1995, I, c. 3500, relati- vo all’uso di terrazza per l’installazione di insegne pubblicitarie; Pret. Mi- lano 30 maggio 1994, in Foro it., 1994, I, c. 3567, riguardante l’installa- zione di antenne radio su terrazza. Nel senso dell’atipicità si è invece espressa la sentenza Trib. Milano 2 dicembre 1993, in Foro it., 1994, I, c. 1607, ove era in questione l’apposizione di insegne luminose sul tetto di copertura del piano attico di uno stabile.
(5) In modo esplicito cfr. Cass. 30 luglio 1951, n. 2233, cit., e Pret. Mila- no 30 maggio 1994, cit., oltre alla decisione in commento.
(6) Cfr. Trib. Milano 2 dicembre 1993, cit., e le pronunce di merito an- nullate da Cass. n. 17156/2002.
(7) X. Xxxxxxxxx, Fra tipicità e atipicità del contratto: locazione o servitù irre- golare?, in Riv. dir. civ., 1990, I, 359 ss., spec. 373-374.
(8) Cfr. X. Xxxxxxxxx, op. loc. ult. cit., il quale riferisce anche che la me- desima impostazione al problema viene data dalla dottrina austriaca e tedesca.
(9) X. Xxxxxx, op. cit., 743-744.
(10) Lo stesso Autore, peraltro, giudica ozioso deformare la struttura tipi- ca dei contratti riconosciuti nominativamente dalla legge, in presenza del principio di atipicità dei contratti; cfr. op. loc. ult. cit.
(11) Cfr. X. Xxxxxxxxx, La locazione, nel Trattato Vassalli, Torino, 1972, 28, secondo cui la definizione di locazione è in contrasto con la disciplina po- sitiva.
(12) Cass. 14 maggio 1999, n. 4763.
(13) Cass. 29 dicembre 0000, x. 00000.
zione ad un condominio la casa del portiere (14); la con- cessione in godimento di un sottochiesa per talune ore al giorno e per cinque giorni alla settimana, verso un corri- spettivo orario forfettario comprensivo del godimento dei locali medesimi e di alcuni servizi (15); il precario immobi- liare (16); l’affittacamere con servizi vari (lavaggio bian- cheria, somministrazione luce) (17).
Inoltre, come è stato autorevolmente spiegato, per comprendere il valore delle nozioni, è necessario distingue- re fra tipi (in senso tecnico) e concetti (18).
In base ad un ordine determinato da categorie logiche il tipo rappresenta un quadro significante di caratteristiche. L’associazione fra caso di specie e tipo avviene mediante una valutazione complessiva, che consenta di verificare la presenza sufficientemente intensa dei dati caratterizzanti.
Il concetto rappresenta la somma di elementi predefi- niti come caratterizzanti, e l’inclusione in esso di un con- creto rapporto presuppone la sussistenza di tutti gli elemen- ti caratterizzanti (19).
Nel senso anzidetto i tipi contrattuali, previsti dal Co- dice civile, sono concetti.
In tale prospettiva sono state illuminate le ragioni di discordanza fra nozione e disciplina dei singoli contratti, dettate dal fatto che la prima, esprimendo un concetto, è più lata, mentre il quadro che risulta dalla disciplina è più ristretto (20).
Il richiamo del valore delle nozioni dei singoli con- tratti, conferma l’inattitudine delle medesime a costituire asserzioni universali; cioè a costituire il termine di raffron- to che, nel metodo di indagine fondato sulla falsificazione, consente di produrre risultati di obiettiva razionalità.
Al contrario l’assunto di partenza (gli essentialia) è il frutto di pre-conoscenze, di impostazioni culturali di base, che identificano taluni dati salienti (tratti dalla prassi) in uno degli schemi paradigmatici previsti nella parte speciale sui contratti.
In concreto, la presenza degli elementi essenziali (al di là dell’opinabilità dei criteri di loro selezione) non consente di affermare che l’accordo avente ad oggetto l’obbligazione di far godere ad altri una o più utilità della cosa (o parte di essa), verso corrispettivo, sia sicuramente un contratto di locazione.
L’intenzione dei contraenti
Sempre sul piano del metodo interpretativo va osser- vato che la decisione in commento non compie alcun rife- rimento alla volontà delle parti.
La valutazione della fattispecie che la stessa svolge è astratta, volta a stabilire se sia indispensabile, per la ipotiz- zabilità della locazione, un uso esclusivo del bene da parte del conduttore.
Non esamina se l’intenzione dei contraenti, in con- creto, fosse indirizzata ad un rapporto conforme a quello che, per la legge, è denominato locazione, oppure ad uno schema differente.
Inoltre, il problema che ha originato la controversia era di stabilire se il contratto doveva avere durata di un an- no (come dichiarato dalle parti) o di sei anni (come impo-
sto dall’art. 27 della legge n. 392/1978 per le locazioni aventi determinate caratteristiche).
Tuttavia la Suprema Corte non si occupa di questo te- ma e non prende in considerazione se il senso del negozio dimostri coerenza maggiore con l’una o l’altra durata.
La sentenza non appare orientata ad interpretare il contratto (con la concretezza imposta dagli artt. 1362 ss. Codice civile), ma a definirlo mediante un procedimento concettuale.
Il metodo di determinazione della fattispecie contrattuale
Le considerazioni sopra svolte, in ordine al metodo di qualificazione seguito, consigliano di aprire una parentesi.
Qualsiasi espressione negoziale dev’essere valutata nel suo significato giuridico.
Tale valutazione procede attraverso l’attività di inter- pretazione.
È interpretazione l’indagine che verte sull’accerta- mento del significato delle singole clausole; ma anche quel- la che ha ad oggetto il senso pratico del negozio, la sua so- stanza economica e la regolamentazione complessiva dei rapporti che da esso derivano (21).
La funzione dell’interpretazione non è limitata alla ri- cerca della volontà in senso psicologico, ma abbraccia la ri- cerca del senso complessivo dell’atto.
Se tale è l’ambito e la funzione dell’indagine interpre- tativa, il suo risultato si concretizza nella determinazione della fattispecie contrattuale (22).
L’identificazione della regolamentazione applicabile al caso concreto esaurisce le operazioni di logica giuridica vol- te a stabilire il significato del negozio.
In questa prospettiva, il giudizio che riguarda la natu- ra, tipica o atipica, del contratto non costituisce un’attività distinguibile dall’interpretazione (23).
Note:
(14) Trib. Milano 1 aprile 1990, in Arch. loc., 1991, 338.
(15) Trib. Milano 22 febbraio 1990, in Arch. loc., 1990, 755.
(16) Cass. 18 ottobre 1986, n. 6146. (17) Cass. 12 giugno 1984, n. 3493.
(18) X. Xx Xxxx, Il tipo contrattuale, Padova, 1974, spec. 121 ss.
(19) X. Xx Xxxx, op. ult. cit., 127.
(20) X. Xx Xxxx, op. ult. cit., 137.
(21) Cfr. X. Xxxxxx, Manuale di diritto privato, I, parte generale, Torino, 1986, 161, il quale distingue l’interpretazione delle singole clausole da quella dell’intento pratico dei contraenti, evidenziando che in quest’ulti- mo caso l’interpretazione risolve un problema di qualificazione.
(22) L’identificazione in tali termini della funzione interpretativa si deve all’insegnamento di X. Xxxxxxxxx, L’interpretazione del negozio giuridico, Pa- dova, 1938, rist. 1983, cfr. spec. 103 ss.
(23) X. Xxxxxxxxx, op. loc. cit., afferma che l’interpretazione del contratto comprende la sua qualifica giuridica, ovvero la costruzione del materiale di fatto dal quale l’interprete deve desumere gli intenti perseguiti dalle parti. Cfr. inoltre M. Casella, Il contratto e l’interpretazione, Milano, 1962 e X. Xxxxxx, La qualificazione dei contratti nell’interpretazione, Milano-Vare-
(segue)
Non sembra costituire un ostacolo decisivo, rispetto a quanto detto, l’opinione comune, affermata costantemente dalla giurisprudenza, secondo cui il procedimento di quali- ficazione dei contratti si distingue in due fasi: la prima, che consiste nell’interpretazione in senso stretto, volta alla indi- viduazione della comune volontà dei contraenti; la secon- da, la fase della qualificazione, consente di inquadrare tale volontà nello schema paradigmatico del Codice civile (24). La scansione indicata da tale teoria risulta solida nel- l’enunciazione teorica, ma meno nell’applicazione con-
creta.
Ne offre una prova la decisione in commento, la qua- le, come segnalato, ha omesso di indagare sull’intenzione dei contraenti, disapplicando il procedimento strutturato in due fasi.
Ma una conferma è possibile rinvenire anche nelle sentenze che ribadiscono con fermezza la necessità di di-
do una serie di criteri ed un ordine gerarchico sotto cui so- no sistemati (28).
Non vi sono, nella legge, distinti parametri cui assog- gettare la (sola) attività di qualificazione.
Certamente questa può essere guidata dai principi e da metodi razionali; ma gli uni e gli altri sfuggono ad una at- tuazione di carattere generale, costante e controllabile in modo rigoroso (29).
Per altro verso, non trova riscontro nel diritto positivo l’assunto per cui le disposizioni degli artt. 1362 e ss. Codice civile dovrebbero precedere la qualificazione, posto che al- cune di esse richiedono proprio l’identificazione della natu- ra del contratto (v. ad esempio art. 1369 Codice civile) (30). Neppure può condividersi la supposta superiorità logi-
ca della distinzione fra interpretazione e qualificazione (ri- spetto al procedimento unitario) (31).
stinguere l’interpretazione dalla qualificazione. Valga un
esempio (25).
Nel caso di un contratto avente ad oggetto il godi- mento annuale di un immobile, concesso in favore di una U.S.L., con patto di opzione a favore di quest’ultima per l’acquisto dell’immobile stesso a fine contratto, la sentenza d’appello aveva qualificato la fattispecie come locazione. Vi erano peraltro elementi idonei a differenziare il rappor- to realizzato dalle parti da quello locatizio. In particolare il contratto era stato stipulato con la previsione dell’acquisto dell’immobile da parte della U.S.L. e, tuttavia, era stato pattuito l’immediato insediamento nel bene, mediante una concessione in uso, attesa l’urgenza del detto ente di entra- re nella disponibilità del complesso immobiliare e conside- rata la necessità di conseguire tutte le delibere e le appro- vazioni di legge per procedere alla compravendita. Inoltre il contratto conteneva l’espressa affermazione che la conces- sione del bene era estranea alla figura contrattuale della lo- cazione. La Corte di merito ha giudicato superflui i suddet- ti elementi, in base all’affermazione per cui lo scambio del godimento di un immobile per un determinato periodo di tempo, verso corrispettivo, realizza lo schema della locazio- ne. La Suprema Corte ha criticato il fatto che il giudice di merito, senza accertare l’intenzione dei contraenti, sarebbe
«approdato, in modo apodittico, alla seconda delle due fasi di cui consta l’interpretazione dei contratti» (26).
Si può notare che il vero punto di censura della sen- tenza annullata è la violazione degli artt. 1362 e ss. Codice civile. Se questi fossero stati correttamente applicati, la so- la omessa differenziazione di due distinte attività logiche (interpretazione e qualificazione) non avrebbe determina- to motivi adeguati per l’annullamento della sentenza impu- gnata.
Dunque, anche nei casi ove vi è espressa menzione del principio, le massime non sembrano costituire il frutto del- le rationes decidendi.
V’è una considerazione che non sembra si possa tra- scurare.
La legge indica il metodo per risolvere le questioni di interpretazione in materia contrattuale (27), predisponen-
Note:
(segue nota 23)
se, 1962, che pongono in evidenza, sotto diversi profili, la difficoltà di in- dividuare una netta demarcazione tra procedimento di interpretazione e qualificazione del contratto. Si veda altresì X. Xxxxxxxxxxx, Manuale di dirit- to civile, Napoli, 1997, 442, ove si afferma che interpretazione e qualifica- zione confluiscono in un procedimento unitario volto a ricostruire il re- golamento contrattuale.
(24) Su tale indirizzo giurisprudenziale cfr., da ultimo, Xxxx. 25 gennaio 2001, n. 1054, ma v. già Cass. Regno, Sez. Un., 24 aprile 1936, n. 1385, in Mass. Foro it., 1936, n. 268. Per una visione d’insieme delle opinioni, anche dottrinali, da cui emerge la larga diffusione dell’indirizzo metodo- logico indicato cfr. X. Xxxx, X. Xxxxx e X. Xxxxx (a cura di), L’interpreta- zione del contratto. Orientamenti e tecniche della giurisprudenza, Milano, 2001, 218 ss. Sempre in argomento cfr., inoltre, X. Xxxx (a cura di), L’in- terpretazione del contratto nella dottrina italiana, Padova, 2000.
(25) Cass. 16 giugno 1997, n. 5387, in questa Rivista, 1998, 337 ss., con nota di X. Xxxxxx, Il rapporto tra interpretazione e qualificazione.
(26) Si noti che la sentenza qui in esame sarebbe passibile della stessa censura indirizzata dalla sentenza n. 5387/1997 ai giudici di merito.
(27) Gli stessi criteri sono applicabili, in quanto compatibili, ai negozi unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale ai sensi dell’art. 1324 Codice civile. Il testamento non è sottoposto agli artt. 1362 e seguenti Codice civile, ma alcune delle regole cui questi si ispirano possono essere utilizzate per via indiretta (come ad esempio il principio di conservazione del negozio), unitamente ad altre norme specifiche dell’atto testamenta- rio (ad esempio gli artt. 659 e 660 Codice civile); cfr. sull’argomento X. Xxxxxxxx, voce Testamento, nel Digesto IV, Disc. priv., sez. civ., vol. XIX, Torino, 1999, 370.
(28) Sul principio di gerarchia dei criteri ermeneutici l’opinione è pres- soché pacifica; cfr., ex plurimis, Cass. 18 aprile 2002, n. 5635.
(29) Cfr. G. De Nova, Il tipo, op. cit., 59-120, in merito all’analisi dei cri- xxxx usati dagli interpreti per compiere il giudizio di qualificazione ed all’i- nidoneità degli stessi criteri a valere in modo generale. Cfr. inoltre G. Al- pa, Causa e tipo, in Vita not., 1997, 3 ss., spec. 30 ss.
(30) Con riferimento all’ordine cronologico delle fasi di interpretazione e qualificazione, cfr. i rilievi critici di X. Xxxxxx, La qualificazione, cit., 99 ss.
(31) Dalle motivazioni giurisprudenziali si desume che la Corte di Cassa- zione sovente applica la distinzione fra interpretazione e qualificazione come distinzione fra accertamento di fatto e applicazione del diritto, con lo scopo di assoggettare il procedimento di qualificazione al giudizio di le- gittimità. Da tale punto di vista i motivi di dubbio in ordine al metodo si riducono drasticamente, poiché sembra evidente che l’interprete debba prima accertare i fatti e poi applicare ad essi le norme giuridiche. Va però
(segue)
Se ci si basa su opinioni di pura razionalità, il rigore metodologico del criterio proposto andrebbe dimostrato in termini assoluti. E sembra sufficiente ad insinuare un dub- bio quanto esposto in ordine al raffronto fra caso concreto ed essentialia. Ovvero il fatto che, per poter rispondere a re- gole di obiettiva razionalità, la sussunzione nel tipo dovreb- be poter sottostare al metodo logico di falsificazione; il che non è (32).
Si potrebbe inoltre obiettare che la qualificazione giu- ridica è una questione di interpretazione della legge. In or- dine a tale osservazione, in sé condivisibile, occorre distin- guere.
L’interpretazione della disposizione che descrive il tipo contrattuale può determinare l’inclusione o l’esclusione in esso del caso concreto. Ad esempio, si può interpretare il
«godere» della cosa, indicato dall’art. 1571 Codice civile, in senso conforme al «godere» della cosa di cui all’art. 832 Codice civile, e, per tale via, concludere che è incompati- bile con il contenuto delle obbligazioni del locatore la tra- smissione di una sola utilità del bene (33).
La nozione, però, non descrive un metodo di ricondu- zione del contratto al tipo.
La stessa non ha tale funzione.
Viceversa gli artt. 1362 e ss. Codice civile sono indub- biamente preordinati alla determinazione del significato del contratto, ed hanno carattere vincolante.
Il ruolo dell’interpretazione delle definizioni legali non è dissimile da quello dell’interpretazione delle norme di legge in genere. Qualsiasi disposizione, che entri in gio- co nella fattispecie, richiede di essere interpretata ed il si- gnificato che le si attribuisce ricade sul risultato finale del- l’indagine.
Da un correlato punto di vista si può osservare che la legge non vincola l’interprete a raffrontare il caso concre- to alla nozione, essendo quest’ultima priva di forza precet- tiva (34).
Al contrario la stessa vincola al rispetto dei criteri enunciati negli artt. 1362 e ss. del Codice civile.
Questi hanno lo scopo di orientare quella particolare attività logica mirata a determinare il significato giuridica- mente rilevante delle dichiarazioni negoziali.
Attività che include l’interpretazione delle clausole e la qualifica del contratto, e che è unificata dal metodo di indagine descritto dai criteri ermeneutici legali.
Dalle osservazioni sopra svolte si possono trarre alcu- ne conclusioni (35).
L’applicazione di un metodo unitario è confortata dal- la latitudine della funzione interpretativa, che mira alla de- terminazione della fattispecie totale del negozio.
Ed è altresì avallata dal contenuto dei criteri legali, i quali si mostrano adatti allo scopo.
Infine, la supposta necessità logica di distinguere due attività (interpretazione e qualificazione) - oltre ad essere affermazione non decisiva, poiché il metodo di indagine sul significato del contratto è un’attività logico giuridica (e non solo logica) ed esige una conferma nel diritto positivo
- non risulta dimostrata in termini univoci ed obiettivi.
Il caso concreto e la locazione: segni divergenti
Tornando ai rapporti relativi all’uso di superfici, si pos- sono osservare alcuni segni divergenti dallo schema della lo- cazione, idonei ad essere soppesati nell’ambito di un criterio finalizzato alla ricerca del senso complessivo del contratto.
I diritti ed obblighi delle parti, in tali rapporti, presen- tano caratteri comuni di differenziazione da quelli normal- mente previsti nella locazione. In particolare: nei primi, il diritto del beneficiario si concentra sull’esercizio di deter- minate attività (installare e mantenere cartelli pubblicita- ri, insegne, antenne radio, etc.), più che sulle facoltà di uti- lizzo immediato della cosa; le obbligazioni del proprietario sono essenzialmente di sopportare; il beneficiario non ac- quista la generalità delle facoltà di uso, ma solo facoltà se- condarie, che lasciano sostanzialmente intatto il godimen- to del dante causa (36).
Gli aspetti regolati da specifiche clausole contrattuali sono differenti da quelli usualmente introdotti nei contrat- ti di locazione.
Nei casi di attribuzione del diritto di usare una super- ficie con funzione d’appoggio, le parti si preoccupano di di- sciplinare il modo ed i tempi in cui il beneficiario può ac- cedere alla superficie da lui utilizzabile (parete esterna, ter- razzo, tetto), il che implica il passaggio nei locali altrui; la delimitazione dell’area occupabile; pongono a carico dell’u- tilizzatore gli interventi di adattamento per le sue specifi- che finalità, nonché gli obblighi di rispetto delle normative sulla sicurezza e l’estetica. Diversamente, nella locazione le
Note:
(segue nota 31)
osservato che la distinzione in questi termini non apporta significativi elementi alla discussione scientifica in ordine al metodo di ricerca del si- gnificato delle dichiarazioni contrattuali.
(32) E, ancora, si potrebbe rammentare, sempre in tema di analisi con- dotte in termini di razionalità giuridica, l’opinione radicalmente contra- ria espressa da X. Xxxxxxxxxxx, La genesi logica della sentenza civile, in Riv. crit. scienze soc., 1914, I, 209 ss., ora in Opere giuridiche, vol. I, Napoli, 1965, 29 ss., il quale giudica che la distinzione del procedimento inter- pretativo in due fasi contrapposte sia contraria alla realtà delle cose.
(33) È questa l’opinione di X. Xxxxxx, op. cit., 773-774.
(34) Cfr. G. De Nova, Il tipo, op. cit., 135, il quale evidenzia che le nozio- ni dei singoli contratti, sono definizioni in senso stretto non precettive.
(35) La natura di questo contributo non consente di esaminare compiu- tamente il complesso tema del rapporto fra interpretazione e qualificazio- ne. Sull’argomento cfr. X. Xxxxxxx, Il contratto, cit.; X. Xxxxxx, La qualifica- zione, cit.; X. Xxxxx, Autonomia contrattuale e tipi, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1966, 790; G. B. Xxxxx, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Mi- lano, 1966; X. Xxxxxxx, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1969, spec. 318 ss.; X. Xxxxxxxx, Il contratto in genere, Milano, 1973, t. II, spec. 712 ss.; X. Xxxx, Rischio contrattuale e autonomia privata, Napoli, 1980; X. Xxxxxxxx, Il contratto atipico, Milano, 1981; C. M. Xxxxxx, Diritto civile, t. III, Il contratto, Milano, 1984, 380 ss.; X. Xxxxxxx, Il contratto, nel Trattato dir. civ. comm., diretto da X. Xxxx e X. Xxxxxxxx, Milano, 1987, 505 ss.; R. Sacco - G. De Nova, Obbligazioni e contratti, in Tratt. dir. priv., diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1996, vol. II, 454 ss.
(36) Tali peculiarità richiamano, sul piano dei diritti reali, i contenuti del diritto di servitù, in contrapposizione alle caratteristiche della locazione, che richiamano quelli dell’usufrutto. L’osservazione non è però di per sé sufficiente a determinare la natura atipica del contratto, come illustrato da X. Xxxxxxxxx, Fra tipicità e atipicità, cit., 363.
parti regolano gli obblighi di manutenzione e riparazione, la responsabilità per vizi della cosa, i miglioramenti ed ad- dizioni, la garanzia per molestie e pretese di terzi.
Anche la regolamentazione dispositiva che il Codice civile prevede per la locazione non sembra confacente agli aspetti che le parti hanno interesse a disciplinare nel caso dell’uso della sola superficie in funzione d’appoggio (37). Nessuna delle ipotesi previste dall’art. 1574 Codice civile, per determinare la durata in mancanza di indicazione con- venzionale, pare applicabile; una delle obbligazioni princi- pali del locatore (mantenimento della cosa in buono stato locativo, ex art. 1576 Codice civile) è difficilmente confi- gurabile in ordine a parti molto delimitate di parete, tetti o terrazze; gli artt. 1578 e 1583 Codice civile (configurando ipotesi di privazione di parte del godimento) si rivelerebbe- ro per lo più in contrasto con la natura del rapporto (di per sé ad oggetto limitato); la ratio della regola emptio non tollit locatum (che costituisce una sensibile deviazione dal prin- cipio per cui il contratto ha efficacia solo fra le parti e dalle disposizioni sulla cessione del contratto) è funzionale a si- tuazioni in cui la cosa rappresenta un bene essenziale nella vita del conduttore.
Altro segno contrario allo schema della locazione è dato dall’assenza nel contratto in esame (come negli altri analoghi) della trasmissione del potere generale di godi- mento, che caratterizza (almeno nella sua struttura tipica) la locazione (38).
Manca altresì il trasferimento della detenzione, xxxxxx- sto dall’art. 1575, n. 1, Codice civile. Ciò è significativo, poiché l’art. 1380 Codice civile, con disposizione generale riferita alla categoria dei contratti aventi ad oggetto diritti personali di godimento, non presuppone la trasmissione della detenzione, a conferma del fatto che quest’ultimo re- quisito non è insito ad ogni contratto costitutivo di diritti personali di godimento (39).
Vi è poi la limitatezza della cosa considerata contrat- tualmente. Al riguardo si è affermato che la concessione di una porzione di parete non è che l’individuazione di una parte dell’edificio come autonomo bene giuridico (40). Ci si può però domandare sino a che punto la delimitazione di un tutto è suscettibile di costituire l’oggetto della locazione. Ad esempio, se tale può considerarsi uno spazio di parete di 20 centimetri per 20, destinato ad appoggiarvi una targa; o uno di 10 centimetri per 10 su una fiancata di automobile destinato ad attaccare un cartello pubblicitario; o uno di 5 centimetri per 5 su una tuta sportiva per apporvi un adesi- vo di sponsor.
Questi esempi (senza nulla togliere alla qualifica di be- ne giuridico delle singole parti menzionate) rafforzano la necessità di esaminare, nel caso specifico, la coerenza fra i relativi accordi contrattuali e la natura del rapporto di lo- cazione.
Infine l’indagine deve concentrarsi sul punto concre- tamente dibattuto, per valutare quale delle soluzioni pro- spettate dalle parti appaia più in linea con il complesso del- l’accordo. Ciò deve compiersi anche quando talune solu- zioni si basino su uno schema legale astrattamente applica-
bile, sia che si tratti di norme dispositive (richiamate per colmare lacune del testo), sia che si tratti di norme impera- tive (richiamate per sostituire o invalidare clausole pattui- te dalle parti).
Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha indicato uno schema di qualificazione formale: prima si stabilisce se il contratto è una locazione e, poi, in caso positivo, se tale lo- cazione sia soggetta all’art. 27 e ss. della legge n. 392/1978. Così procedendo il punto controverso (la durata del rappor- to) è rimasto escluso dagli elementi interpretabili.
Viceversa - se si ritiene condivisibile che funzione del- l’interpretazione è individuare la regolamentazione com- plessiva del rapporto, in sintonia con la sua sostanza prati- ca ed economica - allora si può anche asserire che, prima di attribuire questa o quella qualifica, ci si doveva chiedere se, nell’economia del contratto voluta dalle parti, il rapporto dovesse configurarsi con una minore o maggiore stabilità. Questo aspetto può esprimere un tassello economicamente decisivo nell’assetto dell’affare, per il grado di limitazione della libertà di disposizione che esso comporta (e, quindi, di immobilizzazione del bene), per l’entità dei costi, benefici e rischi (connessi, appunto, al permanere o al venir meno del vincolo), per i piani individuali di ambo le parti (entrambi potendo avere, ex ante, un interesse più o meno esteso alla facoltà di svincolarsi).
In conclusione, l’interpretazione (41) condotta me- diante i criteri ermeneutici legali avrebbe potuto dimostra- re la conformità delle clausole di durata annuale al senso complessivo dell’atto.
Tale risultato, con la protezione del principio di atipi- cità, avrebbe giustificato la decisione della controversia senza dar luogo ad opinabili (anche in termini processuali e pratici (42)) procedimenti di astrazione concettuale.
Note:
(37) Potrebbe apparire che il rilievo confonda disciplina e qualifica. Per contro va osservato che le norme dispositive del tipo nascono dalla pras- si; e la divergenza segnalata pone in chiaro che si tratta di una prassi di- retta a regolare casi di natura differente da quelli in esame.
(38) Considera dirimente questo punto X. Xxxxxx, op. loc. cit.
(39) L’osservazione è di X. Xxxxxxxxx, op. ult. cit., 365-366; il quale, co- munque, non la reputa decisiva per il problema di qualificazione posto.
(40) X. Xxxxxxxxx, op. ult. cit., 373.
(41) L’interpretazione della fattispecie richiede la conoscenza e disamina completa di tutti gli elementi del caso. Pertanto l’indicazione svolta nel testo ha carattere di metodo e non intende compiere alcuna valutazione sulla soluzione interpretativa adottata.
(42) Si può compiere una notazione di economia processuale. Se la Cas- sazione avesse esaminato la clausola di durata annuale, e l’avesse giudica- ta valida, il processo doveva con ciò concludersi. Al contrario, il giudizio di xxxxxx dovrà condurre ad un nuovo accertamento, a sua volta assog- gettabile ad un nuovo gravame di legittimità. In merito alla fattispecie dell’art. 27 della legge n. 392/1978 si può soggiungere che la medesima ri- guarda le locazioni finalizzate allo svolgimento di attività all’interno di lo- cali siti nell’immobile. Con altre parole, e riprendendo quanto evidenzia- to da X. Xxxxxxxxx - X. Xxxxxxxx, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001, 18 ss., è necessario che dette attività si svolgano nell’immobile. In base all’accennata interpretazione della norma di legge si può, quindi, escludere che il caso di specie sia ad essa assoggettabile.