Contract
xxx.xxxxxxxxxxx.xxxxxx00xxx.xxx
Corte di Cassazione, Sezione L civile Sentenza 23 aprile 2014, n. 9180
Integrale
Contributi assicurativi - Versamento - Contratto di transazione - Erogazioni economiche corrisposte al lavoratore in adempimento di una transazione - Retribuzione imponibile ai fini contributivi - Configurabilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Xxxxx - Presidente
Dott. DE XXXXXX Xxxxxxxxxx - Consigliere
Xxxx. XXXXXX Xxxxxx - Xxxxxxxxxxx
Xxxx. XXXXXXXXXX Xxxxxxxx - Xxxxxxxxxxx
Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxxx - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 9046/2011 proposto da:
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XXXXXX XXXXXXXX 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), xxxxxx xxxxxx in atti;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) S.P.A. (gia' (OMISSIS) S.P.A) C.F. (XXXXXXX), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
(OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (XXXXXXX), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (XXXXXXX), giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1259/2010 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 09/11/2010 r.g.n. 1512/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2013 dal Consigliere Xxxx. XXXXXXX XXXXXXXX;
udito l'Avvocato (OMISSIS); udito l'Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxxxxxx, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva l'opposizione proposta da (OMISSIS) avverso il decreto n. 172/98 emesso dal Giudice del lavoro di Catanzaro per il pagamento di contributi, sanzioni e somme aggiuntive sugli importi che l'opponente aveva corrisposto ai lavoratori (OMISSIS) e (OMISSIS) in esecuzione di transazioni intervenute tra le parti.
La Corte di appello, premesso che le somme corrisposte dal datore di lavoro al dipendente in esecuzione di un contratto di transazione non sono dovute in dipendenza del contratto di lavoro, ma appunto del contratto di transazione, affermava che l'INPS puo' azionare il credito contributivo provando, con qualsiasi mezzo ed anche in via presuntiva dallo stesso contratto di transazione e dal contesto dei fatti in cui e' inserito, quali siano le somme assoggettabili a contribuzione. Nel caso di specie, tale onere non era stato assolto, in quanto nulla era emerso dall'istruttoria espletata in primo grado, mentre dagli accordi transattivi, che pur avevano preso origine da rivendicazioni dei lavoratori collegate al rapporto di lavoro, era emersa la volonta' delle parti di correlare le erogazioni all'esigenza di evitare l'alea del giudizio. Gli accordi contenevano, inoltre, un riferimento espresso all'incentivo all'esodo, titolo non assoggettabile a contribuzione.
Per la cassazione di tale sentenza l'INPS ha proposto ricorso affidato a due motivi. La soc. (OMISSIS) resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l'INPS denuncia la violazione dell'articolo 1362 c.c., e dell'articolo 116 c.p.c., nonche' vizio di motivazione (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), e con il secondo motivo lamenta la violazione della Legge n. 153 del 1969, articolo 12, (articolo 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte di appello confuso il dato della configurabilita' di un titolo autonomo portato dalla transazione con la ratio e la funzione tipica di tale contratto, il quale normalmente non reca alcun riconoscimento dell'altrui pretesa, essendo proprio questo il presupposto per addivenire ad un accordo che evita il giudizio. Non e' dunque sufficiente, per escludere la riconducibilita' delle erogazioni al rapporto di lavoro, che manchi uno stretto nesso di corrispettivita', dovendo considerarsi che a norma della Legge n. 153 del 1969, articolo 12, tutto cio' che il lavoratore riceve, in natura o in denaro, dal datore di lavoro in dipendenza e a causa del rapporto di lavoro rientra nell'ampio concetto di retribuzione imponibile a fini contributivi e che i profili contributivi che l'ordinamento ricollega al rapporto di lavoro non sono disponibili dalle parti. Dal tenore dei verbali di conciliazione risulta che le somme erogate erano riconducibili al pregresso rapporto di lavoro, mentre il disconoscimento delle pretese dei lavoratori e' clausola di stile, funzionale a rendere possibile la regolazione transattiva del rapporto, ma priva di un preciso significato interpretativo.
Parimenti, privo di rilievo e' il riferimento all'incentivazione all'esodo, che costituisce una formula di copertura, peraltro contrastante con la cessazione gia' avvenuta del rapporto di lavoro. Comunque, non era stato debitamente considerato, quanto alla posizione del lavoratore (OMISSIS), che vi erano somme imputabili a TFR e a differenze retributive, indicative della riferibilita' della transazione al rapporto di lavoro, e, quanto alla posizione del (OMISSIS), che dal libero interrogatorio del lavoratore era emerso che erano state rivendicate differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori e che questa era la vera causale della erogazione, mentre privo di un concreto fondamento era il riferimento all'incentivo all'esodo.
Il ricorso e' fondato e va, pertanto, accolto.
Preliminarmente, deve rilevarsi che nel ricorso per cassazione risultano riportati integralmente i testi delle due transazioni, oltre alla copia del verbale del libero interrogatorio del (OMISSIS), ossia gli atti sui quali i ricorso si fonda, restando cosi' assolto il requisito dell'autosufficienza, in relazione a quanto prescritto dall'articolo 366 c.p.c., n. 6. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di interpretazione del contratto - riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimita' solo per violazione dei canoni legali di
ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione - al fine di far valere i suddetti vizi, il ricorrente per cassazione, per il principio di specificita' ed autosufficienza del ricorso, deve riportare il testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto nella sua originaria formulazione, o della parte in contestazione, precisare quali norme ermeneutiche siano state in concreto violate e specificare in qual modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sia discostato (Cass. n. 8296 del 2005, conf. Cass. 3075 del 2006, n. 11661 del 2006,1825 del 2007).
Xxx' premesso, va osservato che la Legge n. 153 del 1969, articolo 12, nella sua originaria formulazione, applicabile alla fattispecie ratione temporis, stabiliva che, "per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, si considera retribuzione tutto cio' che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in danaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro".
Restavano escluse dalla retribuzione imponibile le somme corrisposte al lavoratore per i titoli tassativamente elencati nella stessa norma. A sua volta, il Decreto Legge 30 maggio 1988, n. 173, articolo 4, comma 2 bis, conv. in Legge 26 luglio 1988, n. 291, ha previsto che "la disposizione recata nel secondo comma, numero 3), del testo sostitutivo di cui alla Legge 30 aprile 1969, n. 153, articolo 12, va interpretata nel senso che dalla retribuzione imponibile sono escluse anche le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori".
La retribuzione, considerata dal legislatore ai fini contributivi, non coincide con quella generalmente data ai fini della disciplina del rapporto di lavoro subordinato (articolo 2099 c.c.), tant'e' che il legislatore (il quale, non a caso, nel capoverso dell'articolo 12 usa l'espressione "si considera retribuzione") - con la locuzione "tutto cio' che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in dipendenza del rapporto di lavoro" - ha adottato il principio di causalita', ampliando sostanzialmente il normale concetto di retribuzione, poiche' il concetto di retribuzione imponibile, di cui al citato articolo 12, supera il principio di corrispettivita', dal momento che comprende non soltanto gli emolumenti corrisposti in funzione dell'esercizio di attivita' lavorativa, ma anche gli importi, che, pur senza trovare riscontro in una precisa ed eseguita prestazione lavorativa, costituiscono adempimenti di obbligazioni pecuniarie imposte al datore di lavoro da leggi o da convenzioni nel corso del rapporto di lavoro ed aventi titolo ed origine dal contratto di lavoro, restando escluse le erogazioni derivanti causa autonoma (Cass. Sez. Un. n. 3292 del 1985). Nel contempo il legislatore ha indicato le ipotesi eccettuative, per modo che al di fuori di esse non ne sono ammesse altre. Infatti, l'elencazione da parte della Legge
n. 153 del 1969, articolo 12, degli emolumenti esclusi, in tutto o in parte, ai fini del computo dei contributi previdenziali ha carattere esplicitamente tassativo e non sono quindi ammissibili analogie ed equiparazioni, se non nei limiti puntualmente individuati da successive disposizioni. Ne risulta, percio', un sistema di chiusura, che, mentre consente al giudice di merito di verificare se gli emolumenti (previsti dalla contrattazione collettiva o individuale, o concessi unilateralmente dal datore) rientrano nel concetto di retribuzione previdenziale, come voluto dal legislatore, impedisce alle parti (collettive o individuali) di attribuire direttamente ad un emolumento natura difforme da quella conferita ex lege mediante previsioni o denominazioni, comunque simulate, essendo riservata al giudice la facolta' di accertare la concreta funzione svolta dall'emolumento.
Se e' vero che in alcune, risalenti pronunce di questa Corte e' stato ritenuto che le erogazioni del datore di lavoro derivanti da titolo transattivo, finalizzato non ad eliminare la "res dubia" oggetto della lite ma ad evitare il rischio della lite stessa, che non contenga un riconoscimento neppure parziale del diritto del lavoratore, sono da considerarsi non "in dipendenza" ma in nesso di mera occasionalita' con il rapporto di lavoro e, pertanto, non assoggettabili a contribuzione assicurativa ai sensi della Legge 30 aprile 1969, n. 153, articolo 12, (Cass. n. 49/1997, n. 6923/96), la giurisprudenza piu' recente - e qui condivisa - ha affermato che, al fine di valutare se siano assoggettabili a contribuzione obbligatoria le erogazioni economiche corrisposte dal datore di lavoro in favore del lavoratore in adempimento di una transazione, spiega limitato rilievo la circostanza che tali somme siano pervenute al lavoratore in adempimento di un accordo transattivo, dovendosi valutare piu' approfonditamente non solo se manchi uno stretto nesso di corrispettivita', ma se risulti un titolo autonomo, diverso e distinto dal rapporto di lavoro, che ne giustifichi la corresponsione, in quanto occorre tener conto sia del principio secondo il quale tutto cio' che il lavoratore riceve,in natura o in denaro, dal datore di lavoro in dipendenza e a causa del rapporto di lavoro rientra nell'ampio concetto di retribuzione imponibile ai fini contributivi (Legge n. 153 del 1969, ex articolo 12) sia della assoluta indisponibilita', da parte dell'autonomia privata, dei profili contributivi che l'ordinamento collega al rapporto di lavoro (Cass. n. 11289 del 2003).
Ne consegue che, ai fini di cui alla Legge n. 153 del 1969, articolo 12, l'indagine del giudice di merito sulla natura retributiva o meno delle somme erogate al lavoratore del datore di lavoro non trova alcun limite nel titolo formale di tali erogazioni; inoltre, per escludere la computabilita' di un istituto non e' sufficiente la mancanza di uno stretto nesso di corrispettivita', ma occorre che risulti un titolo autonomo, diverso e distinto dal rapporto di lavoro, che ne giustifichi la corresponsione (cfr. Cass. n. 6663/2002). Difatti, sul fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva, che ha natura di obbligazione pubblica nascente ex lege, non puo' incidere in alcun modo una volonta' negoziale che regoli in maniera diversa l'obbligazione retributiva, ovvero risolva con un contratto di transazione la controversia insorta in ordine al rapporto di lavoro, precludendo alle parti del rapporto stesso il relativo accertamento giudiziale (vedi Cass. n. 3122/2003). Il rapporto assicurativo e l'obbligo contributivo ad esso connesso sorgono con l'instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto autonomi e distinti, nel senso che l'obbligo contributivo del datore di lavoro
verso l'istituto previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del prestatore d'opera siano stati in tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti (cfr. tra le numerose decisioni, Cass. 15 maggio 1993, n. 5547; 13 aprile 1999, n. 3630). Xxxx' come il giudicato negativo, per esempio, circa la natura subordinata di un rapporto, non puo' spiegare influenza per i
soggetti, rimasti estranei al giudizio, che siano titolari di rapporti del tutto autonomi rispetto a quello su cui e' intervenuto il giudicato (cfr. Cass. n. 2795/1999; n. 4821/1999), cosi' la transazione tra datore di lavoro e lavoratore non puo' esplicare effetti riflessi sulla posizione dell'Inps, che fa valere in giudizio il credito contributivo derivante dalla legge e non dalla transazione.
Puo' dunque essere ribadito il principio che, in tema di obbligo contributivo previdenziale, la transazione intervenuta tra lavoratore e datore di lavoro e' estranea al rapporto tra quest'ultimo e l'INPS, avente ad oggetto il credito contributivo derivante dalla legge in relazione all'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato (Cass. n. 17670/2007).
Nel caso di specie, la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione di tali principi ed ha seguito un percorso logico-giuridico incoerente, in quanto, pur ravvisando un nesso, almeno parziale, tra l'attribuzione patrimoniale e le rivendicazioni per inquadramento superiore, TFR o indennita' di preavviso, ha poi disatteso tale relazione ponendo a carico dell'INPS l'onere di dimostrare in quale misura il titolo dell'erogazione trovasse tale giustificazione, concludendo che, in difetto di tale prova, l'intera somma doveva essere considerata estranea al rapporto di lavoro. Oltre al vizio logico intrinseco a tale opzione interpretativa, che svaluta lo stesso dato letterale assunto a fondamento del ragionamento, la soluzione si pone in contrasto con i principi sopra riportati, xxxxxx' non occorre un nesso di corrispettivita' per ritenere la "dipendenza" della erogazione dal rapporto di lavoro. Inoltre, quello che la Corte di appello qualifica come un titolo autonomo, ossia la volonta' delle parti di evitare l'alea del giudizio, tale non e', esprimendo solo la funzione tipica della transazione, che e' preordinata, mediante reciproche concessioni, ad evitare l'insorgere di una lite o di porre fine ad una controversia gia' in corso (articolo 1965 c.c.).
Costituisce un elemento di fatto positivamente accertato dalla stessa Corte di appello che "dal dato testuale degli accordi transattivi" risulta che gli stessi avevano "preso le mosse da pretese dei lavoratori collegate al rapporto di lavoro" (pag. 3 sent. imp.). Vi e', dunque, un espresso riconoscimento della derivazione causale degli accordi dalle pretese e rivendicazioni dei lavoratori; a fronte di cio', resta ininfluente, per le ragioni gia' esposte, la dichiarata volonta' delle parti contraenti di escludere tale nesso, non potendo siffatta intenzione valere ad elidere gli effetti che la legge correla ad erogazioni comunque connesse al rapporto di lavoro.
Ulteriore vizio logico della sentenza risiede nell'avere ritenuto esistente un titolo autonomo e diverso nella dichiarata volonta' delle parti di attribuire la somma anche quale incentivo all'esodo. Non e' stato debitamente chiarito come potesse giustificarsi tale incentivo, ossia una elargizione finalizzata ad agevolare la fuoriuscita del dipendente dall'azienda, per un rapporto di lavoro gia' cessato al momento della pattuizione; e' stata dunque ritenuta plausibile una giustificazione priva di fondamento nei dati fattuali.
In conclusione, la sentenza impugnata, pur evidenziando l'esistenza di dati testuali univocamente indicativi della "dipendenza" delle erogazioni dal rapporto lavorativo, ha poi negato che dallo stesso contratto di transazione potesse ritenersi acquisita la prova presuntiva dei fatti posti a fondamento della pretesa contributiva dell'Istituto, cosi' incorrendo in un vizio logico oltre che giuridico. Gli stessi dati obiettivi evidenziati dalla Corte di appello, una volta espunto il vizio che ne inficia la qualificazione, costituiscono altrettanti elementi interpretativi che consentono di ritenere fondata la pretesa dell'INPS, poiche', esclusa l'esistenza di una causa autonoma e stante l'assoluta indisponibilita', da parte dell'autonomia privata, dei profili contributivi che l'ordinamento collega al rapporto di lavoro, gli emolumenti rientravano nell'ampio concetto di retribuzione imponibile ai fini contributivi di cui alla Legge n. 153 del 1969, articolo 12.
La sentenza va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve procedersi alla decisione nel merito ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell'opposizione.
L'esistenza di alcune pronunce di legittimita' di segno parzialmente contrario giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione; compensa le spese dell'intero giudizio.