AZRB02
AZRB02
Revisione 06
MODELLO ORGANIZZATIVO
PER LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA E IL CONTRASTO ALLA CORRUZIONE
PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELLA TRASPARENZA
2020-2021-2022
(in attuazione delle determina ANAC 28.10.2015, n. 12, 03.08.2016 n. 831, 08.11.2017 n. 1134 e
1064 del 13.11.2019)
Prot. Azimut 10763 del 10/07/2020 approvato con deliberazione del Consiglio di Amministrazione del 16/07/2020
AZIMUT S.P.A.
Xxx Xxxxxxx, 00/X - 00000 Xxxxxxx - Xxxxx Telefono x00 0000 00.00.00 - Telefax x00 0000 00.00.00
P.IVA: 01324100393 - CF: 90003710390
Sommario
Sezione prima: prevenzione della corruzione | ||
Premessa | pag. | 6 |
1. Rapporto tra i sistemi D.Lgs.231/2001 e L. 190/2012 | pag. | 18 |
1.2 Il sistema di prevenzione della corruzione oltre la legislazione: la norma UNI EN ISO 37001 | pag. | 27 |
1.2.1. Corruzione: definizione del termine | pag. | 28 |
1.2.2 La politica anticorruzione | pag. | 29 |
1.2.3 Leadership | pag. | 30 |
1.2.4 La funzione di compliance | pag. | 31 |
1.3. Obiettivi | pag, | 33 |
2. Modalità di valutazione del rischio | pag. | 34 |
3. Analisi del contesto | pag. | 35 |
3.1 Contesto esterno | pag. | 35 |
3.2.Contesto interno | pag. | 50 |
3.2.1. Regolazione del conflitto | pag. | 50 |
3.2.2 Attività sul libero mercato di Azimut S.p.a. | pag. | 54 |
3.2.3 Procedimenti penali | pag. | 65 |
3.2.4. Controllo della società. | pag. | 66 |
4. Monitoraggio | pag. | 78 |
4.1 Monitoraggi e Audit interni | pag. | 78 |
4.2 Riesame di Direzione | pag. | 80 |
5. Area di rischio contratti | pag. | 81 |
5.1 Affidamento da parte di Xxxxxx S.p.a. di forniture, servizi, lavori nell’ambito dei servizi affidati dagli enti Locali | pag. | 82 |
1. Fasi della procedura | pag. | 90 |
1.1 Programmazione della gara | pag. | 90 |
1.2 Progettazione della gara | pag. | 95 |
1.3 Selezione del contraente pag.117
1.4 Verifica dell’aggiudicazione e stipula del contratto pag.124
1.5 Esecuzione del contratto pag.127
1.6 Rendicontazione del contratto pag.130
5.2 Affidamento di servizi o lavori al socio privato, regolato dal
contratto stipulato tra Xxxxxx S.p.a ed Antares Scarl pag.132
1. Esecuzione del contratto pag.133
5.3 Affidamento di beni, lavori e servizi come operatore privato pag.138
5.4 Contratti di servizio con gli Enti Locali pag.141
5.5 Affidamento di incarichi pag.143
1. Servizi legali pag.143
2. Affidamento servizi di professionali e tecnici pag.156
3. Affidamento di altri incarichi pag.159
6. Area di rischio acquisizione e gestione del personale pag.160
1. Fase della procedura pag.164
1.1 Programmazione del fabbisogno pag.165
1.2. Progettazione della selezione pag.168
1.2.1 Mobilità interna pag.168
1.2.2 Distacco pag.170
1.2.3 Processo di mobilità da società pubbliche pag.173
1.2.4 Selezione pubblica pag.175
1.3 Fase di selezione pag.181
1.4 Gestione del rapporto pag.185
7. Area servizi cimiteriali camere mortuarie pag.189
8. Altre aree generali e specifiche pag.202
Sezione seconda: misure di carattere generale
Premessa pag.212
1. Trasparenza pag.212
2. Codice etico e di Comportamento pag.212
3. Autorizzazioni allo svolgimento di attività e incarichi
extraistituzionali pag.214
4. Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro pag.215
5. Inconferibilità e incompatibilità per le cariche di amministratore
e per gli incarichi dirigenziali pag.216
6. Rotazione del personale pag.219
7. Formazione e comunicazione pag.220
8. Tutela ai dipendenti che segnalano illeciti pag.222
Sezione terza: tutela della trasparenza
Premessa pag.228
1. Principi generali pag.228
2. La struttura di governance della società pag.229
3. Piano della trasparenza pag.229
4. Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza e Responsabili della Trasmissione e della Pubblicazione di dati,
documenti e informazioni pag.230
5. Azimut S.p.a. nel gruppo societario Ravenna Holding S.p.a pag.231
6. La trasparenza e il sito istituzionale pag.232
7. La strutturazione del sito internet pag.234
8. Le informazioni sull’organizzazione aziendale pag.235
9. Le informazioni relative ai componenti gli organi di
xxxxxxxxx politico pag.235
10. Le informazioni relative alle consulenze e alle collaborazioni
esterne pag.237
11. Le informazioni relative ai titolari di incarichi dirigenziali pag.237
12. Scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture
e servizi pag.240
13. Concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di
qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati pag.243
14. Procedimenti amministrativi pag.243
15. Obbiettivi sul complesso delle spese di gestione da parte degli Enti soci. Atti con cui le società in controllo pubblico garantiscono
il concreto perseguimento degli obbiettivi pag.244
16. Patrimonio immobiliare. Canoni di locazione ed affitto pag.244
17. Dati sui pagamenti. Indicatore di tempestività dei pagamenti
Ammontare complessivo dei debiti. IBAN e pagamenti informatici pag.244
18. Registro degli accessi FOIA. Accesso civico semplice e
generalizzato. Modalità e Responsabili pag.244
19. Relazioni degli organi di revisione amministrativa e contabile pag.245
20. Concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale pag.245
21. Personale. Valutazione delle performance e distribuzione dei premi
al personale. CCNL di categoria. Contratti integrativi stipulati pag.245
22. Pubblicazione dei bilanci consuntivi pag.246
23. Obblighi di pubblicazione della realizzazione di opere pag.246
24. Prevenzione della corruzione pag.246
25. Trasparenza (atti generali) pag.247
26. Comunicazione di dati e informazioni ai comuni soci ex art.22
del D.Lgs. 33/2013 pag.247
27. Ulteriori comunicazioni ai soci pag.248
28. Accesso civico pag.248
29. Accesso generalizzato pag.250
30. Misure di monitoraggio e di vigilanza sull’attuazione degli obblighi
di trasparenza pag.255
31. Allegato A. Struttura delle informazioni sul sito istituzionale
pag.256
Sezione prima: prevenzione della corruzione
PREMESSA
Azimut S.p.A. è società mista a capitale pubblico-privato, costituita a seguito di procedura concorsuale ad evidenza c.d. “doppio oggetto” per la scelta del socio privato con compiti operativi. Detta procedura, come fattispecie di affidamento di servizi pubblici locali, ha comportato sia la scelta del socio privato che l’affidamento dei servizi (mediante contratti di servizio) da parte degli enti locali: in specifico, Comune di Ravenna (servizi cimiteriali, verde, disinfestazione, toilette automatiche, sosta), Cervia (servizi cimiteriali, disinfestazione, sosta), Comune di Faenza (servizi cimiteriali), Comune di Castel Bolognese (servizi cimiteriali).
*******************
La Determinazione ANAC 17 giugno 2015 n. 8 (“Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”) dispone esplicitamente l’estensione alle società pubbliche della normativa in materia di prevenzione della corruzione già applicata alle “pubbliche amministrazioni”:
“Alla luce di quanto sopra e in una logica di coordinamento delle misure e di semplificazione degli adempimenti, le società integrano il modello di organizzazione e gestione ex D.Lgs. n. 231 del 2001 con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle società in coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012. Queste misure devono fare riferimento a tutte le attività svolte dalla società ed è necessario siano ricondotte in un documento unitario che tiene luogo del Piano di Prevenzione della Corruzione anche ai fini della valutazione dell’aggiornamento annuale e della vigilanza dell’X.X.XX. Se riunite in un unico documento con quelle adottate in attuazione del d.lgs. n. 231/2001, dette misure sono collocate in una sezione apposita e dunque chiaramente identificabili tenuto conto che ad esse sono correlate forme di gestione e responsabilità differenti” (paragrafo “2.1.1. Le misure organizzative per la prevenzione della corruzione).
La determina dispone linee guida a cui le società pubbliche devono attenersi, prevedendo altresì una disciplina transitoria (paragrafo “6. “Considerate le modifiche apportate dalla disciplina delle presenti Linee guida rispetto ai contenuti del PNA, le società e gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché gli enti pubblici economici, procedono, qualora non l’abbiano già fatto, a nominare tempestivamente il Responsabile della prevenzione della corruzione affinché predisponga entro il 15 dicembre 2015 una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di quanto
già previsto dal PNA e dando conto delle misure già adottate in attuazione delle presenti Linee guida. L’adeguamento alle presenti Linee guida, con l’adozione delle misure di organizzazione e gestione per la prevenzione della corruzione ex Lege n. 190/2012, dovrà comunque avvenire entro il 31 gennaio 2016).
Si conclude un processo che era stato in precedenza avviato con la circolare D.P.C.M. n. 1/2014 (“In caso di enti ai quali si applichi il dettato del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (…) e che quindi adottino un modello di organizzazione e di gestione idoneo alla prevenzione di reati e che affidino ad un organismo di vigilanza (cosiddetto OVI) la verifica del modello, appare possibile che il modello organizzativo ex decreto legislativo n. 231/01 ed il Programma per la trasparenza e l’integrità siano contenuti in un unico documento (nel quale potrebbero essere valutati anche i rischi di corruzione, inserendovi i contenuti del Piano di prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012), per ragioni di economicità e di razionale organizzazione”.
La determinazione ANAC 08.11.2017 n. 1134 ha successivamente sostituito la precedente determina
17 giugno 2015 n. 8 confermandone il contenuto ed aggiornandola al sopravvenire di un nuovo quadro normativo. In particolare, si fa riferimento al D. Lgs. n 25.05.2016, n. 97 (revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di corruzione, pubblicità) e trasparenza e del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, successivamente modificato dal X.Xxx. 16 giugno 2017 n. 100 (testo unico in materia di società partecipate) (il PTPCT era stato già aggiornato in data 01.08.2017 ai contenuti delle normative sopravvenute).
Si evidenzia che il C.d.A. di Azimut S.p.a. in via anticipata (30.05.2014), a seguito della sopracitata circolare, aveva già adottato un Modello di organizzazione e gestione ex D.Lgs. n. 231 del 2001 integrato dalle misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle società in coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012.
La Società dà quindi attuazione alle finalità del modello anticorruzione, la cui analisi dei processi, la valutazione e la successiva gestione del rischio sono state assunte fra i presupposti per l’aggiornamento del Modello 231 già adottato.
La Società attua il modello anticorruzione mediante:
• il riferimento al modello 231 già adottato, implementato ed integrato in base alle nuove disposizioni in materia di mappatura dei rischi di cui alla L. 190/2012 e s.m.i.;
• l’integrazione del modello 231 con le disposizioni in materia di trasparenza dei procedimenti amministrativi attraverso una integrazione e/o revisione dei documenti e delle informazioni già pubblicati sul sito istituzionale, attraverso l’adempimento di quanto previsto dal presente Regolamento.
Azimut S.p.a. risulta al momento definita formalmente dal socio pubblico (Ravenna Holding S.p.a. e, per essa, dagli enti locali soci) come società “in controllo pubblico”, intesa come direttamente o indirettamente controllata dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 2359, in considerazione del riferimento esplicito introdotto dall’art. 2 bis comma 2 lett. b) del D.Lgs. n. 33/2013 alla definizione di società a controllo pubblico di cui al D.Lgs. n. 175/2016 e s.m.i.. L’art. 2 comma 1 lett. m) del richiamato Decreto legislativo definisce “società a controllo pubblico” “le società in cui una o più amministrazioni esercitano poteri di controllo di cui ai sensi della lett. b )” del medesimo comma, che precisa trattarsi della “situazione descritta nell’art. 2359 del Codice Civile” (così paragrafo 2. 1. La nozione di controllo per le società pubbliche di cui alla determina ANAC n. 1134/2017). In considerazione della presenza di Ravenna Holding nel capitale sociale, l’ art. 2 1° comma lett. g) del D.Lgs. n. 175/2016 definisce come “partecipazione indiretta” la partecipazione “in una società detenuta da un'amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica”.
Il Consiglio di Amministrazione di Azimut S.p.a. ha nominato un Responsabile della Prevenzione della Corruzione, individuato tra le opzioni previste alla rubrica “2.1.2. Il Responsabile della prevenzione della corruzione”.
In data 21.10.2015 il Vice Presidente Xxxxxxxx Xxxxxx di Azimut S.p.a. (privo di deleghe gestionali) è stato nominato dal Consiglio di Amministrazione di Azimut S.p.a. come Responsabile della Prevenzione della Corruzione (RPC), ai sensi dell’artt. 1 comma 7 della L. n. 190/2012 e s.m.i., a cui spetta predisporre le misure organizzative per la prevenzione della corruzione ai sensi della normativa medesima e di quanto previsto dalla determinazione ANAC 17 giugno 2015, n. 8 e confermato dalla determinazione 8.11.2017 n. 1134.
In data 03.07.2018 il Consiglio di Amministrazione ha nominato come nuovo Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza l’Avv. Isotta Farina componente del Consiglio di Amministrazione privo di deleghe.
Tra le opzioni previste non è risultato possibile nominare:
a) un Dirigente, poiché l’unico Dirigente presente (dapprima in distacco, successivamente in service da Ravenna Holding S.p.A.) è preposto ad aree sensibili, quali quella contrattuale e di selezione del personale, occupandosi pertanto di attività confliggenti con la funzione di controllo del RPCT;
b) un Quadro “che garantisca comunque le idonee competenze”, in quanto il Quadro presente in azienda possiede competenze specializzate relative a taluni servizi svolti dalla Società;
c) l’RPCT della capogruppo Ravenna Holding S.p.a, in quanto non è stata predisposta un’unica programmazione delle misure ex Lege n. 190/2012 e s.m.i. da parte del RPCT della società capogruppo.
Ritenendo pertanto inapplicabili tutte le restanti opzioni previste dalle determine ANAC sopracitate, è stato di conseguenza nominato un amministratore privo di deleghe gestionali, così come previsto dalla sopracitata determina come unica opzione residua (“solo in casi eccezionali, il RPC potrà coincidere con un amministratore, purchè privo di cariche gestionali”).
Il nominativo del Responsabile per la Prevenzione della Corruzione è stato formalmente comunicato ad ANAC, secondo la modulistica e nelle modalità stabilite da ANAC medesima. Il nominativo del Responsabile associato ad Azimut S.p.a. risulta tra i nominativi pubblicati sul sito ANAC. La nomina del responsabile è stata pubblicata sul sito “Società Trasparente” di Ravenna Holding S.p.a. - Sezione “Azimut” link “Modello 231 e Anticorruzione” e, con link di richiamo, sul sito di Azimut S.p.A.
Ai sensi dell’art. 10 e 43, 1° comma del D.Lgs. n. 33/2013 e s.m.i., in data 31.01.2017 il Consiglio di Amministrazione di Azimut S.p.a. ha deciso di concentrare in una sola figura di Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e di Trasparenza (RPCT), le due figure di Responsabile per la Prevenzione e Corruzione e di Responsabile per la Trasparenza, successivamente confermata con la nomina dell’Avv. Farina.
Sul ruolo e le funzioni del RPCT si rinvia integralmente da ultimo all’allegato n. 2 alla delibera ANAC 21.11.2018, n. 1074, che riassume i riferimenti normativi sul ruolo e le funzioni del RPCT, richiamando altresì ulteriormente le ulteriori considerazioni contenute nella delibera ANAC 02.10.2018
n. 840 (allegato n. 1 alla sopracitata delibera ANAC 21.11.2018, n. 1074).
Il C.d.A. di Azimut S.p.a. ha revisionato il Modello organizzativo per la responsabilità amministrativa e il contrasto alla corruzione in data 29.03.2018, tenendo debitamente conto dell’integrazione dei sistemi gestionali, ivi compreso il profilo anticorruzione. In particolare, è stato revisionato e adeguato il “Codice etico e di comportamento” (doc. AZRG01), consegnato in data 29.03.2018 a tutti i dipendenti, unitamente alla regolamentazione relativa alla “Tutela del Whistleblowing”, estratto dal vigente PTPCT. Entrambi i documenti sono affissi sulle bacheche aziendali.
Il Modello, il Codice Etico e di Comportamento, i Regolamenti e le Procedure (di maggior rilievo) sono pubblicati sul sito “Società Trasparente” link “Modello 231 ed anticorruzione”.
Dal 18.06.2018 l’intero fascicolo cartaceo del Modello Organizzativo e di gestione ex D.Lgs. n. 231/2001 è disponibile per la consultazione a tutto il personale nelle tre sedi di Ravenna (sede legale: xxx Xxxxxxx, x. 00/X), Xxxxxx (Cimitero dell’Osservanza, Via Marconi n, 34) e Cervia (Cimitero di Città via G. Di Xxxxxxxx n. 106)
Per la documentazione che compone il modello organizzativo integrato ai fini della L. 190/2012 di AZIMUT S.P.A. è fatto espresso rinvio al par. 4 del documento AZRB01 “Modello organizzativo per la responsabilità amministrativa e il contrasto alla corruzione”.
Si sottolinea che il modello organizzativo di cui sopra e la documentazione principale dello stesso sono attualmente in corso di revisione, unitamente e in coordinamento con il presente Piano.
Il sistema integrato per la gestione aziendale comprende altresì il “Modello organizzativo Privacy” (AZPG60A rev. 04), adottato con deliberazione del Consiglio di Amministrazione del 28.05.2018.
Il documento costituisce aggiornamento e adeguamento del "Documento programmatico sulla sicurezza" previsto dagli originari art. 34 del D.Lgs. 196/2003 e punto 19 dell'Allegato B "Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza" al Decreto stesso, secondo il concetto di “accountability”, ovvero di responsabilizzazione di titolari e responsabili, i quali sono tenuti ad adottare comportamenti proattivi e tali da dimostrare la concreta adozione di misure finalizzate ad assicurare l’applicazione del regolamento. Esso pertanto, in continuità con le attività già poste in essere dalla Società, individua misure organizzative, fisiche e logistiche di gestione dei dati personali nel rispetto della vigente normativa.
È stato altresì nominato l’Avv. Xxxxxx Xxxxxxx quale Responsabile della Protezione dei dati (RPD/DPO) ai sensi dell’art. 37 del Reg. Ue 2016/679.
L’RPCT ha predisposto e pubblicato sul medesimo sito sopraindicato la “Relazione Annuale del Responsabile della Prevenzione della Corruzione” per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018, 2019 trasmessa al Consiglio di Amministrazione, Collegio dei Revisori, Revisore Legale, Organismo di Vigilanza, Comitato di Controllo Interno.
S’intendono quindi tutti assolti nei termini previsti dalla determina ANAC 8.11.2017, n. 1134 paragrafo
6 “Disposizioni transitorie”.
a) gli obblighi di adozione del modello integrato;
b) di nomina di RPCT.
La determinazione ANAC 28.10.2015, n. 12 “Aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione” ha esplicitato successivamente linee integrative per disporre gli aggiornamenti dei piani (si presuppone già adottati).
La determina (che presuppone necessariamente piani già adottati in attuazione del PNA) si riferisce a tutti gli Enti (non alle Società in modo dedicato).
Con delibera 3.08.2016 n. 831 ANAC ha preso atto dello stato di attuazione della precedente determinazione 28.10.2015, n. 12, confermandone i contenuti (successivi aggiornamenti del Piano Nazionale Anticorruzione sono stati adottati da ANAC con delibera n. 1208 del 22.11.2017, n. 1074 del 21.11.2018 e da ultimo n. 1064 del 13.11.2019)
Per le Società vigeva in specifico quanto previsto dalla determina ANAC 17.06.2015 n. 8 che prevedeva “L’adeguamento alle presenti Linee guida, con l’adozione delle misure di organizzazione e
gestione per la prevenzione della corruzione ex Lege n. 190/2012, dovrà comunque avvenire entro il 31 gennaio 2016.”
Il Cda di Azimut S.p.a. ha approvato in data 29.01.2016, come sezione del modello, il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione aggiornamento 2016 (per il triennio 2016-2018).
Successivamente, in data 31.01.2017 (per il triennio 2017-2019) e con ulteriore aggiornamento in data 01.08.2017 il Piano è stato ulteriormente adeguato (divenendo anche Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza). Utilizzando la medesima metodologia introdotta dalla determina ANAC 28.10.2015, n. 12.
Interpretando con chiarezza la ratio sottesa alle linee di aggiornamento introdotte con la determina ANAC 28.10.2015, n. 12 ed in linea già con il Piano già adottato in data 29.01.2016 (e successivi aggiornamenti annui), si conferma che l’unica metodologia utile di approccio sia quella di porsi sul piano concreto di dettaglio nel contesto aziendale. Ne consegue la necessità di disporre di una profonda conoscenza delle dinamiche societarie e di un impegno organizzativo estremamente rilevante, attivando un processo che avrà rilevanti conseguenze sull’organizzazione e sul modus operandi aziendale.
Il Cda in data 25.01.2018 ha approvato l’aggiornamento 2018 (per il triennio 2018-2020) del Piano, confermando gli indirizzi delle determine ANAC n. 12/2015 e 831/2016, apportando i necessari adeguamenti anche a seguito dell’adozione della determina Anac n. 1134/2017. Peraltro, in data 31.01.2017 e 01.08.2017 erano stati già introdotti gli aggiornamenti in sede di prima attuazione di normativa di significativa rilevanza (n primis, D.Lgs. n. 50/2016 Nuovo Codice dei Contratti; D.Lgs. n. 97/2016 di modifica della L. n. 190/2012 e del D.Lgs. n. 33/2013; D.Lgs. n. 175/2016 in materia di società pubbliche).
In data 28.01.2019 è stato approvato l’aggiornamento 2019 (per il triennio 2019-2021).
In data 16.12.2017 il Consiglio di Amministrazione di Azimut S.p.a. ha deliberato l’adesione alla “Rete per l’integrità e la trasparenza” di cui all’art. 15 della L.R. 28 ottobre 2016, n. 18. Tale rete rappresenta una sede di confronto a cui possono partecipare volontariamente gli RPCT delle amministrazioni pubbliche e delle loro articolazioni nel territorio emiliano-romagnolo.
L’ area a rischio preponderante si conferma quella dei “contratti pubblici”, che - data la sua centralità - è stata oggetto di specifica trattazione metodologica all’interno di apposita sezione della determina ANAC 28.10.2015, n. 12. Si è proceduto all’individuazione di “fasi” procedurali e per ognuna di esse si analizzano.
a) processi e procedimenti rilevanti;
b) possibili eventi rischiosi;
c) anomalie significative;
d) indicatori;
e) possibili misure
Il documento costituisce integrazione del Modello adottato (che tiene luogo del PTPCT), con un aggiornamento di complesso dettaglio operativo in rapporto allo specifico contesto aziendale riguardo alle due Aree di Rischio più importanti:
• Area di Rischio Contratti
• Area di Rischio di Acquisizione e Gestione del Personale.
L’aggiornamento viene esteso ad altre aree di rischio di diversa rilevanza ed in particolare:
a) incarichi (regolata da uno specifico Regolamento aziendale “Regolamento per il conferimento di Incarichi e Contratti”). Si tenga conto al riguardo che l’art. 19 2° comma del D.lgs. n. 175/2016 non riporta l’obbligo di adottare un regolamento incarichi, come invece previsto dall’art. 18 2° comma della L. 133/2008 e s.m.i. (abrogato). Azimut S.p.a. ha in ogni caso adottato ed adeguato il sopracitato regolamento. A seguito dell’omologazione introdotta nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici degli incarichi per “servizi legali” (art. 17 1° comma lett. d); allegato IX) agli “appalti di servizi”, essendo già in tal senso normata quella per gli incarichi di ingegneria ed architettura (art. 31 8° comma, 157 2° comma 1° parte, 60-61 del D.Lg. n. 50/2016 e 3.3.4. del vigente Regolamento aziendale), il sopracitato Regolamento è stato adeguato considerando gli “incarichi” come “appalto di servizi”. In raccordo con la capogruppo Ravenna Holding S.p.a. è stato adottato a febbraio 2018, un albo dedicato alle prestazioni di servizi legali (per singoli importi inferiori ad €. 40.000,00, escluso Xxx e contributo integrativo), che consente di ammettere professionisti per le varie categorie previa valutazione di criteri predefiniti ed una soglia minima di accesso, al fine di utilizzarli per gli affidamenti, a seconda delle tipologie di incarichi e delle fasce d’importo.
L’albo per i servizi di ingegneria ed architettura già adottato da Xxxxxx S.p.a. è stato “acquisito” dalla capogruppo come Albo di gruppo gestito da Ravenna Holding S.p.a. nel febbraio 2018.
E’ stato inserito in sede di aggiornamento 2018 un capitolo di approfondimento nell’ “Area Contratti” in quanto particolari fattispecie di “appalto di servizi”, ulteriormente integrato nell’aggiornamento 2019 (a seguito della formale adozione degli Albi e dell’adeguamento del Regolamento) ed in minore misura nel 2020 (dovendo ritenere la regolamentazione adottata sostanzialmente consolidata)
Tenendo conto di tali premesse, viene fornita nel seguito del presente Piano una sintetica mappa di processo dell’area “Nomine e Incarichi”;
b) autorizzazioni e concessioni (in particolare, riguardo ad aspetti del servizio cimiteriale, dettagliati nelle procedure “Piano Qualità Servizi Cimiteriali” AZQL50, “Piano Qualità dei Servizi di
Gestione Camere Mortuarie” AZQL60, “Piano Qualità Servizi di Cremazione” AZQL70, non prevedendosi un’attività generale aziendale riguardante autorizzazioni e concessioni tipica di una pubblica amministrazione). Il piano viene integrato con la trattazione di specifiche rilevanti attività nell’ambito dei servizi cimiteriali (non riguardando che per aspetti del tutto marginali le altre attività aziendali). In specifico, in data 01.08.2017 si è introdotto un approfondimento in merito alla gestione delle camere mortuarie, tenuto anche conto di quanto richiesto da Azienda USL della Romagna in considerazione della Determinazione ANAC 17 giugno 2015 n. 8 in merito all’attività connessa ai decessi intraospedalieri. Si prevede che l’approfondimento di dettaglio (in fase di definizione con particolare riferimento a concessioni e retrocessioni cimiteriali) possa essere adottato entro giugno 2020. Resta fermo restando che l’approfondimento relativo alle camere mortuarie viene trattato in un’area specifica;
c) gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio (in ogni caso di specifiche procedure già integranti il modello, in particolare “Procedura per la predisposizione del budget e della situazione semestrale” AZGG55 e “Procedura per la gestione finanziaria” AZRG16). L’attività risulta regolata nel dettaglio sia riguardo a procedure che a misure anche sotto il profilo della prevenzione della corruzione dalla procedura sopraindicata. Tenendo conto di tali premesse, viene fornita nel seguito del presente Piano una sintetica mappa di processo dell’area “Gestione delle risorse finanziarie e del patrimonio”;
d) controlli, verifiche, ispezioni, sanzioni (in particolare, rispetto all’attività di agente contabile connessa al servizio sosta e a quella autoritativa degli ausiliari del traffico, in ogni caso oggetto di specifiche procedura “Piano qualità Servizi di parcheggio” AZQL80). Pur ritenendo adeguata la sopracitata procedura, si ritiene che si possa disporre un approfondimento (con previsione entro giugno 2020) con particolare riferimento “controllo di sistema” dell’attività del servizio sosta e nel caso di altri servizi aziendali. Tenendo conto di tali premesse, viene fornita nel seguito del presente Piano una sintetica mappa di processo dell’area “Controlli, verifiche, ispezioni e sanzioni”;
e) affari legali e contenzioso. Viene fornita in seguito una sintetica mappa di processo dell’area
“Affari legali e contenzioso”;
f) sovvenzioni e finanziamenti. Si evidenzia la regolamentazione stabilita dal Consiglio di Amministrazione in merito alla destinazione dei proventi derivanti dall’alienazione dei rifiuti post combustione dei forni crematori. Una società olandese effettua operazioni di trasporto, trattamento e recupero del rifiuto e contrattualmente riconosce ad Azimut S.p.a. un corrispettivo determinato nelle condizioni contrattuali. Il Cda nella seduta del 12.10.2016 ha ritenuto di destinare gli importi che sono derivati e che deriveranno ad Azimut S.p.a. da tale attività ad iniziative iniziative di carattere sociale e generale, in prevalenza attinenti all’utilizzo di aree cimiteriali (sono in ogni caso esclusi interventi derivanti da obblighi di realizzazione da
parte della società previsti nei contratti di servizio, al di fuori di qualsiasi logica o interesse commerciale della società stessa).
Viene alimentato un fondo ad hoc, gestito dall’Amministratore Delegato per iniziative specifiche, da sottoporre preventivamente (entro gennaio dell’anno di riferimento) al Consiglio di Amministrazione, con eventuale aggiornamento semestrale o a necessità. E’ previsto un rendiconto annuale dell’attività svolta da sottoporsi al Consiglio di Amministrazione entro febbraio dell’anno successivo a quello di riferimento. La devoluzione di ulteriori fondi per eventuali iniziative che si rendessero nel frattempo necessarie, dovrà essere comunicata preventivamente dall’Amministratore Delegato al Presidente e con informazione al Consiglio di Amministrazione nella prima successiva seduta utile. Risultano approvati nelle varie annualità preventivi e consuntivi dell’attività. Il C.d.A. in data 30.10.2019 ha da ultimo definito gli indirizzi per il programma di attività 2020. Il programma viene pubblicato sul sito aziendale al sezione dedicata al Servizio Crematorio. Si evidenzia che nel 2018, nel corso di una verifica della Guardia di Finanza, è stato controllato, senza rilievi, l’intero sistema aziendale relativo alla gestione di tali fondi, compresa l’attività di trasporto effettuata dall’ impresa olandese.
Al di fuori dello schema sopraevidenziato, non risultano in ogni caso situazioni di concessioni di erogazioni, sovvenzioni, sussidi, ecc. o comunque atti di liberalità, non avendo del resto in programma la società di concederne.
Non può essere considerato atto rientrante in tale categoria il subcomodato a favore di
A.S.E.R. S.r.l. di alcuni locali ad uso magazzino in adiacenza agli uffici di polizia mortuaria a Ravenna, in quanto i locali sono concessi del pari gratuitamente ad Azimut S.p.a. da Azienda Usl Romagna e Comune di Ravenna e il subcomodato ad A.Se.R. Srl è previsto dall’accordo tra i due enti. Viene fornita nel seguito del presente Piano una sintetica mappa di processo dell’area “Concessione di erogazioni, di sovvenzioni, di contributi, sussidi, ausili finanziari nonchè attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati”.
Data la specificità e la rilevanza dell’attività ai fini anticorruzione, viene trattata autonomamente l’area specifica “Camere Mortuarie”. Si evidenzia al riguardo il rilevante impatto che avrà l’attuazione della recente direttiva adottata dalla Giunta Regionale dell’Xxxxxx-Romagna con delibera 14.10.2019, n. 1678 (pubblicata il 27.12.2019), da attuarsi entro 6 mesi dalla sua pubblicazione (tematica che si approfondirà del capitolo relativo all’area specifica).
In apposita sezione del Piano, come sua parte integrante, viene inserito il Programma Triennale per la Trasparenza ed Integrità” di Azimut S.p.A., che definisce le modalità, i tempi di attuazione, le risorse e gli strumenti di verifica dell’efficacia delle iniziative e degli obblighi in materia di trasparenza, in conformità alla normativa vigente.
Il C.d.A. ha attribuito all’O.d.V. a far data dal 29.03.2018 i compiti di attestazione dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione previsti per le società, nonché le funzioni relative alla ricezione delle segnalazioni aventi ad oggetto i casi di mancato o ritardato adempimento agli obblighi di pubblicazione da parte del RPCT, xxxxx i poteri di richiesta di informazioni al RPCT e di audizione di personale quale mera estensione dei poteri ordinari dell’O.d.V. Il C.d.A. ha invece, nella medesima seduta sopracitata, assunto la decisione di mantenere in capo all’’organo amministrativo i compiti di verifica della coerenza degli obbiettivi stabiliti nei documenti di programmazione strategico - gestionale con gli obbiettivi inerenti la prevenzione della corruzione e della trasparenza.
Il presente documento è stato elaborato dal RPCT in stretto raccordo con il Dirigente Affari Generali e Contratti di Ravenna Holding S.p.a., al fine di caratterizzare il più possibile il piano sulle specifiche delle attività aziendali, in modo da trarre le più funzionali indicazioni di dettaglio a livello organizzativo in adempimento agli indirizzi della L. n. 190/2012. Al fine di assicurare tale originale risultato, si è intenzionalmente evitato di seguire qualsiasi forma di stesura standardizzata.
Nel corso del 2018 è stato pianificato ed eseguito (novembre-dicembre) un programma “straordinario” di incontri formativi ed informativi a tutti i dipendenti aziendali, ai dipendenti della capogruppo (interessati in segmenti di attività aziendali gestiti in service) ampliandolo anche ai dipendenti delle imprese del Socio privato che collaborano nell’esecuzione dei servizi.
La formazione è stata effettuata dal Dirigente Affari Generali e Contratti della capogruppo, anche nella sua qualità di componente dell’Xxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xx X.Xxx. x. 000/0000 (xxxxxxxx successivamente cessato nel corso del 2019), e s.m.i. con durata circa 4 ore per ognuno dei n. 17 incontri (per un totale di circa 70 ore). Gli incontri sono stati anche oggetto di verbalizzazione.
Il contenuto della formazione è stato in sintesi il seguente:
- procedure specifiche applicate dal servizio, dall’ufficio, dall’unità operativa (riconsegnata al personale, con singola sottoscrizione per ricevuta): descrizione del contenuto; verifica di eventuali necessità di aggiornamento;
- modello 231: esposizione delle linee essenziali ed esplicitazione della casistica fattuale più significativa potenzialmente attinente all’attività del servizio, dell’ufficio, dell’unità operativa interessata; descrizione del contenuto del Codice Etico e di Comportamento (riconsegna al personale, con singola sottoscrizione per ricevuta);
- modello integrato anticorruzione: incaricato di pubblico servizio, nozione e responsabilità; esposizione delle linee essenziali ed esplicazione della casistica fattuale più significativa potenzialmente attinente all’attività del servizio, dell’ufficio, dell’unità operativa relativa;
regolamento whistleblowing, aggiornamento e riconsegna al personale (con singola sottoscrizione per ricevuta);
- descrizione del quadro sanzionatorio (sanzioni disciplinari) così come aggiornato dalle recenti modifiche al CCNL Federfunerari, oltre a quelle del Codice Etico e di Comportamento e del Regolamento sanzionatorio aziendale in materia di sicurezza (con riconsegna al personale della documentazione e singola sottoscrizione per ricevuta).
Lo scopo è di disporre di una copertura integrale riguardo sia alla somministrazione di formazione ed informazione specifica sia alla consegna del pari integrale delle procedure e documentazione aggiornata.
L’iniziativa intende pertanto formare ed informare in specifico tutto il personale sul modello integrato adottato, conseguendo al contempo le opportune misure organizzative di garanzia a favore della società.
Nel corso del 2019 il Dirigente Affari Generali ha eseguito vari incontri di aggiornamento in riferimento al personale entrato in servizio.
In data 01.04.2019 il sopracitato Dirigente Affari Generali della capogruppo è stato incaricato del coordinamento anticorruzione e 231 in ambito di gruppo, per cui il supporto in sede di stesura del piano e di formazione è fornito alla società al pari della altre (i PTPCT triennali di tutte le società saranno allineati entro gennaio 2020).
Nel medesimo ambito, è stato già fornita ad Azimut S.p.a, la documentazione a supporto per l’aggiornamento della documentazione generale 231 (modello, codice etico e di comportamento, quadro reati di riferimento, valutazione dei rischi 231), che si prevede verrà approvata dal C.d.A. della società tra gennaio e febbraio 2020 (unitamente alle altre società del gruppo).
La formazione, secondo lo schema già utilizzato per Xxxxxx S.p.a., sarà estesa a tutte le società del gruppo entro il primo semestre 2020.
Aggiornamenti della formazione verranno eseguiti in Azimut con riferimento al personale neoassunto, valutando nella seconda parte del 2020 un eventuale richiamo generale qualora se ne valutasse la necessità in rapporto a importanti sopravvenienze.
Si consideri che da settembre 2019 è entrato in servizio come dipendente di Xxxxxx S.p.a. un Coordinatore Intermedio Affari Generali, a seguito di selezione pubblica, impiegato inizialmente proprio nel supporto alle delle procedure e dei vari sistemi della società, in modo da acquisire in tal modo prioritariamente piena conoscenza delle attività aziendali.
Particolarmente rilevante è stata la contestuale scelta aziendale di procedere nell’adottare un sistema “integrato” 231, anticorruzione, privacy, sicurezza, qualità. Nel corso del 2018 è stata avviata la
“mappatura di processo” di tutte le procedure aziendali, con valutazione dei rischi integrata, trasponendo i documenti cartacei in grafici. L’intervento comporta il necessario coinvolgimento delle strutture aziendali dei singoli servizi, che partecipa fattivamente all’iniziativa anche alla luce della specifica formazione straordinaria sopradescritta. Nel corso del primo trimestre 2020, anche considerando l’apporto di nuove risorse acquisite in servizio (un Coordinatore Intermedio Affari Generali, in attività da settembre 2019, a seguito di selezione pubblica), si procederà ad una verifica generale del modello e al suo necessario aggiornamento.
Appare di particolare rilevanza l’elaborazione in ambito Qualità integrato 231/anticorruzione del documento “Analisi del Contesto” AZQG03C vers. 04 (emesso il 05.12.2019), corredato nel dettaglio dalla “Tabella di valutazione delle opportunità e dei rischi”.
Nell’ambito del Modello 231 integrato con la normativa in materia di anticorruzione, Azimut S.p.a. ha in essere:
a) un ampio e dettagliato sistema di procedure operative integrate, oggetto di costante adeguamento, adottate tenendo conto del contesto interno ed esterno e degli specifici rischi delle attività;
b) un sistema differenziato e documentato di monitoraggio delle attività aziendali;
c) un sistema formativo e informativo continuo;
d) organi indipendenti (Organismo di Vigilanza; RPCT; RPD);
e) un sistema sanzionatorio, declinato nel Codice Etico e di Comportamento, nel Regolamento Sicurezza aziendale e nel CCNL di riferimento.
Come indicato nel budget 2020, Azimut S.p.a. intende ottenere nel corso del 2020 la certificazione ISO 37001 in materia di anticorruzione.
1. RAPPORTO TRA I SISTEMI D.LGS. 231/2001 E L. 190/2012
Per tutte le società a controllo pubblico (secondo la definizione di cui all’art.1, 1° comma, lett. b e m del D.Lgs. n. 175/2016) trova applicazione il D.Lgs. n. 231/2001 e s.m.i.. Il principio era stato già riconosciuto dalla Cassazione (Sez. II Penale, n. 28699/2010 e n. 234/2011), sul presupposto del trattarsi di enti societari esercenti attività imprenditoriale in base al diritto comune.
Le medesime società, in deroga alla normativa civilistica, sono altresì sottoposte all’attuazione della normativa anticorruzione (L. n. 190/2012 e s.m.i.).
Il D.Lgs. n. 231/2001 riguarda i reati commessi nell’interesse o a vantaggio della società o che comunque siano stati commessi anche e nell’interesse di questa, mentre la L. n. 190/1990 è finalizzata a pervenire anche reati connessi in danno alla società.
Il sistema anticorruzione ex lege 190/2012 presenta logiche e strumenti simili a quelli previsti per le società private dal D.Lgs. n. 231/2001, pur con una sostanziale differenza costituita dagli obblighi di trasparenza.
La normativa anticorruzione ha un’impostazione sostanzialmente “verticale”, ovvero si concentra esclusivamente sui reati commessi nei confronti della pubblica amministrazione ed anche sulle condotte che non costituiscono necessariamente un illecito, il D.Lgs. n. 231/2001 ha un’estensione “orizzontale” riguardante molte tipologie di reato (societari, ambientali, salute e sicurezza sul lavoro, ecc.).
L’inscindibile integrazione tra i due sistemi appare evidente fin dal disposto normativo dell’ art. 1 2-bis della L. n. 190/2012, laddove si prevede infatti che le “società in controllo pubblico” siano tenute ad adottare “misure integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231” (non sono invece ricomprese nell’ambito della normativa anticorruzione le società a “partecipazione pubblica”,secondo la nozione art. 2 comma 1 lett. n del D.Lgs. n. 175/2016).
Le Linee Guida Anac per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza da parte delle società pubbliche (determina n. 1134/2017) affermano al riguardo che “ .. il comma 2 bis dell’art. 1 della L. n. 190/2012 … ha reso obbligatoria l’adozione delle misure integrative del “modello 231”. L’obbligatorietà riguarda l’adozione delle misure ex Lege 190/2012: riguardo al Modello 231, XXXX ritiene che sia “fortemente raccomandata, ove la società non vi abbia provveduto, l’adozione di tale modello, almeno contestualmente alle misure integrative anticorruzione. Le società che decidano di non adottare il “modello 231” e di limitarsi all’adozione del documento contenente le misure anticorruzione dovranno motivare tale decisione”.
In una logica di coordinamento delle misure di semplificazione degli adempimenti, in sede di programmazione delle misure, gli obbiettivi organizzativi ed individuali ad essi collegati che sono rilevanti ai fini della prevenzione della corruzione “vanno integrati e coordinati con tutti gli strumenti di programmazione e valutazione all’interno della società”
Il medesimo schema di determina prevede la redazione di un documento unitario e, laddove inserito nel documento adottato in attuazione del D.Lgs. n. 231/2001, le misure anticorruzione dovranno essere collocate in una sezione apposita ed identificabile “poiché sono correlate forme di gestione e responsabilità differenti”.
In sostanza, i due sistemi si devono inscindibilmente integrare, con focus comune sui reati di corruzione, ampliando lo scudo nei confronti di fattispecie di reato (comuni o differenti tra D.Lgs. n. 231/2011 e L. n. 190/2012) o anche di fatti di sola “maladministration” (L. n. 190/2012).
Sul piano operativo tale indirizzo appare esplicito nell’ individuazione e gestione dei rischi di corruzione (“in coerenza con quanto previsto dall’art. 1 comma 9 della L. n. 190/2012 e dall’art. 6 comma 2 del D.Lgs. 231 /2001, la società effettua un’analisi del contesto e della realtà organizzativa per individuare in quali aree o settori di attività e secondo quali modalità si potrebbero astrattamente verificare fatti corruttivi), con esplicito richiamo all’integrazione con i sistemi di qualità (“In merito alla gestione del rischio, rimane ferma l’indicazione, si pure non vincolante, contenuta nel PNA 2016, ai principi e alle Linee Guida UNI ISO 37001: 2016”).
Poiché il sistema UNI ISO 37001:2016 (incentrato esclusivamente sul fenomeno della corruzione nei settori pubblico, privato, no profit) prevede che esplicitamente possa essere utilizzata in combinazione con altre norme sui sistemi di gestione, l’adozione di un sistema combinato ed integrato di valutazione del rischio D.Lgs. n. 231/2001, L. n. 190/2001, ISO 9001 e/o ISO 37001 appare offrire la massima “copertura” possibile.
Si evidenzia che, già in sede di acquisizione nel 2017 della nuova certificazione ISO 9001:2015, è stata prodotta una valutazione del rischio “integrata” D.Lgs. n. 231/2001, L. n. 190/2001, ISO 9001 (positivamente valutata dall’organo certificatore), che verrà ulteriormente affinata nel corso dell’annualità (anche al fine di costituire necessaria base per una possibile acquisizione della certificazione ISO 37001), completandola ripartendo i singoli rischi ai vari sistemi. Successivamente è stata ulteriormente raffinata l “Analisi del contesto del Contesto” (AZQG03C), corredata dalla “Tabella di valutazione delle opportunità e dei rischi” integrata nei vari sistemi qualità/231/anticorruzione, ambiente, sicurezza, privacy.
Ulteriore elemento di garanzia nel “sistema integrato 231/190” è la presenza del Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza, che si aggiunge all’Organismo di Vigilanza ex n. 231/2001.
L’effetto “integrativo” della normativa anticorruzione sul modello 231 appare particolarmente rilevante al fine di potere limitare l’effetto “risalita” sulla capogruppo (connesso all’evoluzione dell’interpretazione dell’“interesse di gruppo”) in ambito D.Lgs. n. 231/2001.
Si consideri le società del gruppo avendo separata autonomia giuridica sono tra esse formalmente terze e che lo stesso concetto di danno nei confronti di una società del gruppo può trovare differente modulazione laddove considerato in un’ottica “compensativa”. L’enucleabilità sul piano civilistico di un “interesse di gruppo” idoneo a giustificare anche scelte di gestione apparentemente svantaggiose per le singole componenti del gruppo medesimo, trova del resto esplicito riferimento in varie disposizioni normative, tra cui l’art. 2497 C.C. (limitazione di danni arrecati nell’attività di direzione e coordinamento ai soci ed ai creditori delle società del gruppo, qualora trovino compensazione nel risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento), l’art. 2497 ter C.C. (ammissibilità che decisioni assunte da società del gruppo siano influenzate dall’attività di direzione e coordinamento della capogruppo in quanto funzionali alla realizzazione di un interesse della controllata), l’art. 2634
C.C. (clausola di salvaguardia dei gruppi nel reato di fedeltà patrimoniale, laddove si ritiene non ingiusto “il profitto della società collegato o del gruppo se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo).
In un gruppo societario, in cui il problematico affacciarsi di un possibile “interesse di gruppo” può sfumare il concetto di danno alla società e di vantaggio della stessa (con le conseguenti incertezze sull’esclusione dell’effetto “risalita” nei confronti della capogruppo), è evidente che un sistema di prevenzione non incentrato unicamente sul vantaggio e/o interesse della società, ma obbligatoriamente “completato” dalle misure anticorruzione per la prevenzione del danno alla stessa offra una maggiore tutela per il gruppo di società pubbliche rispetto a quello di società di diritto comune sul versante della stessa responsabilità ex D.Lgs. n. 231/2001.
La determina ANAC 8.11.2017, n. 1134 detta alcune disposizioni specifiche riguardo all’applicazione del sistema di prevenzione della corruzione ex Lege 190/2012 nel rapporto capogruppo - società controllate.
Innanzitutto si prescrive che la capogruppo assicuri che le società del gruppo “adottino le misure di prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012 in coerenza con quelle della capogruppo”, in modo del tutto analogo a quanto la capogruppo assicura riguardo ai Modelli 231 delle controllate.
Ove siano presenti nel gruppo società di ridotte dimensioni, la società capogruppo può con “delibera motivata in base a ragioni oggettive” introdurre “le misure di prevenzione della corruzione ex lege n. 190/2012 relative alle predette società nel proprio “modello 231”. Il riferimento riguarda tuttavia strettamente le misure ex L. n. 190/2012, per cui che la società controllata dovrebbe disporre di un proprio Modello 231.
In altro capoverso del medesimo provvedimento si caratterizzano ulteriormente tali società come “quelle che svolgono attività strumentali” della capogruppo (apparendo quindi quelle più strettamente “integrate” alla capogruppo), prevedendosi la “predisposizione di un’unica programmazione ex lege n. 190/2012 da parte dell’RPCT della capogruppo”. L’RPCT della capogruppo in tal caso è responsabile
dell’attuazione delle misure anche all’interno delle società controllate strumentali di ridotte dimensioni. E’ tuttavia previsto che la società nomini un referente del RPCT della capogruppo.
Si tratta di scelta che la capogruppo non ha operato riguardo ad alcuna società del gruppo.
Salvo la deroga sopraesposta, ogni società del gruppo (in quanto definibile come “società controllata” ai sensi dell’art. 2 all’art.1 1° comma lett. b e m del D.Lgs. n. 175/2016) deve nominare un proprio RPCT.
La precedente determinazione ANAC n. 8/2015 non escludeva che l’RPCT potesse fare parte dell’Organismo di Vigilanza ex D. Lgs. n. 231/2001. Le nuove Linee Guida vietano invece tale possibilità, anche nel caso di O.d.V. collegiale “al fine di preservare la terzietà di questo organo nella valutazione delle segnalazioni trasmesse” dal RPCT. E’ evidente che la correzione apportata, segregando le competenze, rafforza i principi di “autonomia” e di “indipendenza” sia dell’O.d.V. che del RPCT (aspetto particolarmente rilevante nell’ambito dei gruppi societari).
L’attuale configurazione di O.d.V ed RPCT di Azimut S.p.a. escludono qualsiasi interferenza.
La nuova determina prevede in ogni caso che “considerata la stretta connessione tra le misure adottate ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001 e quelle previste dalla legge n. 190 del 2012” le funzioni dell’RPCT debbano essere svolte in costante coordinamento con quelle dell’Organismo di Vigilanza. Una stessa fattispecie a carattere corruttivo può essere del resto oggetto di differenti valutazioni da parte del RPCT e dell’O.d.V. Verrà sempre valutata in ambito ex L. 190/2012, mentre potrebbe anche non esserlo in ambito ex D.Lgs. n. 231/2001.
In coerenza con tale impostazione è conseguente “anche in una logica di semplificazione, cha sia assicurato il coordinamento tra i controlli per la prevenzione dei rischi di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001 e quelli per la prevenzione di rischi della corruzione di cui alla L. n. 190 del 2012, nonché tra quelli tra le funzioni del responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza e quelle degli altri organismi di controllo, con particolare riguardo al flusso di informazioni a supporto delle attività svolte”.
Per maggiori dettagli si rinvia al “Quadro normativo di riferimento per i modello organizzativo e identificativo delle fattispecie di reato” (AZRB01A) paragrafo “4.2. Responsabilità amministrativa di gruppo”.
Nel paragrafo si tratta anche di due istituti che coinvolgono tematiche particolarmente rilevanti in ambito di responsabilità nel gruppo societario: il “distacco” di personale (per cui si rinvia successivamente a quanto in specifico verrà dettagliato all’interno dell’“Area personale”) ed il “service” infragruppo.
Riguardo a questi ultimi, si tratta di accordi in base ai quali alcune attività vengono gestite e coordinate da una sola impresa (nello specifico, la capogruppo) con una duplice finalità: da un lato, attuare quanto più efficacemente possibile il controllo che le amministrazioni pubbliche socie
demandano, per statuto, alla capogruppo sulle società dalle stesse indirettamente partecipate; d’altro lato, ridurre le diseconomie connesse alla presenza di funzioni similari in tutte le società del gruppo. Attraverso i contratti di service, infatti, è assicurata una razionalizzazione organizzativa e una omogeneità comportamentale nell’attività delle società partecipate da enti locali, supportando una politica societaria volta al miglioramento qualitativo della complessiva attività e al contenimento dei costi connessi all’attivazione di economie di scala. Le attività di coordinamento e controllo ex codice civile, tipiche di un rapporto di gruppo, devono essere necessariamente svolte anche in considerazione della specifica normativa pubblicistica applicabile alle società controllate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del D.Lgs. 175/2016 e come presidio agli adempimenti ex art. 147- quater TUEL.
Si precisa peraltro che i contratti di service tra la capogruppo e le società controllate e partecipate sono da qualificarsi come contratti cd. “esclusi” ai sensi dell’art. 5, comma 3, D.Lgs. 50/2016.
I servizi di “service” forniti dalla capogruppo comportano prestazioni di mero supporto e assistenza nelle attività societarie oggetto di contratto: la società controllante non agisce in nome e per conto della controllata o partecipata, che opera, con l’assistenza e il supporto fornito dalla capogruppo, sulla base della propria e libera capacità negoziale e rimane l’unica titolare dei rapporti giuridici e dei poteri di azione e determinazione.
Le attività di service sono prestate da dipendenti della capogruppo ovvero dipendenti delle società controllate distaccati presso la controllante.
L’impatto delle attività di service deve essere tracciata negli organigrammi delle società controllate. Nell’esplicazione delle suddette attività vengono a contatto dipendenti delle diverse società, per cui occorre considerare la tipologia di rapporto tra loro intercorrente. A tal riguardo si tenga presente che il personale dipendente della capogruppo o distaccato presso la medesima dalle società controllate, essendo inserito nell’organigramma della Holding e laddove non collocato in staff, ha potere gerarchico sul personale dipendente o distaccato presso Holding stessa. Il medesimo personale, nello svolgimento delle attività di service, potrà anche coordinare – nell’ambito di un rapporto funzionale e non gerarchico - dipendenti delle società controllate.
Sulla qualificazione di pubblico ufficiale ed incarico di pubblico servizio e la valutazione del rischio nella specifica fattispecie aziendale, si richiama integralmente quanto inserito in una logica integrata con l’anticorruzione al “Quadro Normativo di riferimento del Modello Organizzativo e identificazione delle fattispecie astratte di reato (doc. AZRB01A).
“Le tipologie di reato di cui sopra sono caratterizzate dal fatto di prevedere, per la maggior parte dei casi, una particolare qualifica soggettiva del soggetto attivo del reato, il quale può, per l’appunto, essere solo un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio.
Gli artt. 357 e 358 c.p. prevedono a tal proposito che “Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e certificativi” e che “sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.
La nuova formulazione degli articoli citati (dettata dalla l. n. 86/1990 e modificata dalla l. n. 181/1992) ha in parte risolto i numerosi dubbi interpretativi sollevatesi intorno all’individuazione dei soggetti cui riconoscere le qualifiche anzidette. In base alle nuove formulazioni viene accolta una nozione c.d. oggettiva di pubblica amministrazione, ovvero del tutto sganciata dalla sussistenza di un rapporto di pubblico impiego. In tal modo si riconosce che la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio possa esser attribuita anche ad un soggetto privato cui sia stato affidato, per legge o per atto amministrativo, l’esercizio di determinate funzioni.
“Per quanto concerne la qualifica di pubblico ufficiale si fa riferimento allo svolgimento di funzioni relative alla formazione e manifestazione della volontà dell’amministrazione nell’esercizio di poteri autoritativi e certificativi.
Secondo la giurisprudenza (ad es. Cass. S.U. Sent. n. 7958/1992) i poteri autoritativi non sono solo quelli coercitivi ma anche quelli costituenti esplicazione di un potere pubblico discrezionale, mentre per poteri certificativi devono intendersi tutte le attività di documentazione cui l’ordinamento riconosce efficacia probatoria.
Per quanto concerne la definizione di incaricato di pubblico servizio nella sentenza prima citata vengono ricompresi coloro i quali, pur agendo nell’ambito di una attività disciplinata nelle forme di una pubblica funzione, mancano di poteri tipici di questa, purché non svolgano semplici mansioni d’ordine, né prestino opera meramente materiale.
Per quanto riguarda l’individuazione degli ambiti aziendali dove il rischio di reato può dirsi presente in misura maggiore dovrà procedersi attraverso una valutazione che tenga conto caso per caso della specifica funzione svolta dall’azienda.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 49759/2012) infatti “I soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici.”
Azimut S.p.A. svolge una pluralità di servizi, definibili come servizi di interesse generale ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 175/2016.
Le aree maggiormente a rischio potrebbero essere le seguenti:
• attività contrattuale, ove potrebbe configurarsi la qualifica soggettiva del pubblico ufficiale. A tal riguardo si tenga tuttavia presente che Xxxxxx S.p.A., in quanto società a partecipazione mista pubblico-privata ai sensi dell’art. 17, comma 6, D.Lgs. 175/2016, applica la normativa pubblicistica in materia di appalti unicamente in via di autolimitazione;
• gestione finanziaria, ove può configurarsi sia la figura del pubblico ufficiale in relazione all’attività di esazione, rendicontazione e riversamento della tariffa inerente la sosta (operando Azimut S.p.A. quale agente contabile nei confronti della Amministrazioni comunali affidatarie), sia quella dell’incaricato di pubblico servizio in relazione alla gestione finanziaria e contabile delle attività di pubblico interesse affidate con contratto di servizio;
• investimenti, ricerca ed erogazione di contributi pubblici;
• erogazione dei servizi pubblici locali e di interesse generale e attività funzionalmente connesse. In particolare, la figura del pubblico ufficiale potrebbe rilevare nelle attività di rilascio di atti amministrativi concessori o autorizzativi (autorizzazioni al trasporto salme o alla cremazione, concessioni cimiteriali e atti conseguenti, etc).
Più in generale, la figura dell’incaricato di pubblico servizio risulterebbe integrata per tutti gli operatori di Azimut S.p.A. con riferimento alle prestazioni non riconducibili alle semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale svolte nell’ambito dei servizi di interesse pubblico affidati alla società con contratto di servizio.
A tal proposito deve tenersi tuttavia conto dell’evoluzione giurisprudenziale, tesa ad ampliare la nozione di cui sopra.
A titolo meramente esemplificativo, può considerarsi incaricato di pubblico servizio:
- l’ausiliare del traffico (in tal senso, Cass., sez. Pen. 5, sent. n. 6880/2016 secondo cui “Questa Corte, pur registrandosi qualche incertezza interpretativa in passato, ha avuto modo di chiarire come il suddetto ausiliario, nell'atto dell'accertamento e contestazione delle violazioni attinenti al divieto di sosta nella aree oggetto di concessione - e cioè nell'ambito dell'esercizio dei compiti che gli sono espressamente attribuiti ai sensi dell'art. 17 comma 132 I. n. 127/1997 come interpretato dall'art. 68 I. n. 488/1999 - riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio (Sez. 6, n. 28521 del 16 aprile 0000, Xxxxxxx, Xx. 000000; Sez. 6, n. 7496 del 14 gennaio 0000, Xx Xxxxx, Xx. 242914))”;
- il necroforo (Cass. n. 36526/2006, “Il necroforo riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, considerato che egli svolge attività urgenti di pertinenza della P.A., disciplinata da norme di diritto pubblico e da compiere senza ritardo per evidenti ragioni sanitarie; dette attività, infatti, non si esauriscono in prestazioni meramente manuali o in semplici mansioni d'ordine, ma comprendono anche mansioni che implicano conoscenza e applicazione delle relative normative, le quali, sia pure a livello esecutivo, possono, per alcuni versi, essere classificate come attività di collaborazione, complemento e integrazione delle funzioni pubbliche devolute alle autorità sanitarie competenti, concorrendo, pertanto, ad integrare la
qualità di incaricato di pubblico servizio, nel duplice senso esplicitato dall'art. 358, comma secondo, c.p. (assenza di funzioni pubbliche e di semplici mansioni d'ordine o meramente materiali). Ne consegue che integra il rifiuto di atti d'ufficio (art. 328 c.p.) il necroforo che rifiuti di provvedere al servizio di inumazione e tumulazione dei cadaveri cui sia destinato.”);
- il custode del cimitero (da ultimo Cass., sez. Pen. 6, n. 17531/2018, “Le attività inerenti ai servizi cimiteriali rientrano tra quelle di pertinenza della pubblica amministrazione e sono regolate da norme di diritto pubblico (artt. 337 xx. xxx x.x. 00 xxxxxx 0000, x. 0000; d.p.r. 21 ottobre 1975, n. 803, d.p.r. 10 settembre 1990, n. 285). In particolare, dalle disposizioni contenute nelle norme anzidette discende che al custode del cimitero sono attribuiti compiti di vigilanza del cimitero medesimo e di tenuta del registro delle operazioni relative ai cadaveri. Tali compiti, se non valgono all’attribuzione della qualità di pubblico ufficiale al custode, implicano ambiti concettuali di responsabilità e cognizione normativa, onde, dovendosi escludere tali attività dal quadro delle semplici mansioni di ordine o di prestazioni di opera meramente materiale, deve concludersi che al detto custode va riconosciuta la qualifica di incaricato di pubblico servizio ai sensi dell’art. 358 c.p.”;
- l’operatore obiteriale (Cass., sez. pen. 6, n. 24075/2003, “All'operatore obitoriale deve essere riconosciuta la qualità di incaricato di pubblico servizio, in quanto, seppur privo di poteri autoritativi, svolge un'attività regolata da norme di diritto pubblico, non limitata a semplici mansioni d'ordine o a compiti meramente manuali, ma concernente, oltre all'esame e al trasporto della salma, anche la raccolta e l'inventario degli oggetti rivenuti, la redazione di una relazione, il controllo dell'osservanza delle disposizioni in materia di polizia mortuaria).
Non sembra possa sussistere la qualifica soggettiva né del pubblico ufficiale né dell’incaricato di pubblico servizio con riferimento alle procedure di selezione del personale, poiché tale attività non comporta l’esplicazione di funzioni pubbliche, ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 175/2016.”
Riguardo alle attività delle due aree di rischio principali (Contratti - non applicabilità del Codice dei Contratti Pubblici - art. 17 ultimo comma del D.Lgs. n. 175/2016 - se non per autolimitazione; Personale - procedure di selezione del personale “privatistiche”, art. 19 del D.Lgs. n. 175/2016) sembrerebbe escludersi il ricorrere di fattispecie di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Del pari, sembrerebbe doversi escludere l’individuazione delle sopracitate fattispecie per qualsiasi attività connessa direttamente o indirettamente alla società in sé come soggetto normato dal Codice Civile.
Per quanto riguarda invece l’esercizio delle attività di esplicazione dei servizi pubblici affidati dagli enti si ritiene possa ricorrere la figura dell’incaricato di pubblico servizio.
Al riguardo Cassazione Sez. VI Penale n. 13284/2018 ha di recente escluso per lo stesso Amministratore di una società in house il ricorrere della fattispecie dell’incaricato di pubblico servizio, laddove l’attività riguardi “lo svolgimento quindi di una attività palesemente priva di carattere pubblicistico e comunque sostanzialmente estranea alla concessione”.
Secondo un principio giurisprudenziale consolidato, sia a livello comunitario che a livello nazionale, la natura giuridica della società in mano pubblica non va comunque desunta a priori, ma presuppone un’accurata disamina dell’attività svolta in concreto, atteso che il carattere pubblico o privato della società medesima dipende dall’oggetto sociale e dai poteri operativi con cui la società realizza le finalità di pubblico interesse ad essa affidate dagli enti locali proprietari.
Nel caso di specie, si trattava di un’ipotesi di abuso d’ufficio nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica indetta da una società in house (aeroportuale) per l’affidamento dell’appalto di pulizia dei locali della stazione aeroportuale. I giudici di primo e secondo grado avevano affermato la natura pubblica della società aeroportuale (in ragione della concessione ottenuta dall’Enac per la progettazione, lo sviluppo, la realizzazione, la gestione, nonché l'uso degli impianti e delle strutture aeroportuali dell'aeroporto. Inoltre era stata considerata anche la circostanza che il contratto per la pulizia delle aree era stato oggetto di una procedura a evidenza pubblica, secondo il tipico modus operandi di un organismo di diritto pubblico soggetto, in quanto tale, alle regole del codice degli appalti. Tutti fattori questi che avevano fatto ritenere ai giudici aditi che ci trovasse al cospetto di una società avente natura di diritto pubblico).
La Corte di Cassazione è pervenuta invece a conclusioni opposte. In particolare, la Sezione ha ribadito come “l'appalto oggetto della imputazione riguardava la pulizia non degli aeromobili, ma dei soli locali della stazione aeroportuale, con lo svolgimento quindi di una attività palesemente priva di carattere pubblicistico e comunque sostanzialmente estranea alla concessione” ottenuta dall'Enac.
In sostanza, la Corte di Cassazione ha stabilito che laddove una società partecipata operi senza l’esercizio di poteri autoritativi e certificativi in un contesto di attività riconducibili all’agire privato deve considerarsi un soggetto di diritto privato con l’effetto conseguente che i suoi amministratori non rivestono la qualifica di incaricati di pubblico servizio.
Questione diversa rispetto alla configurazione di reati tipici dell’incaricato di pubblico servizio o di pubblico ufficiale, è invece la questione della giurisdizione della Corte dei Conti.
Ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. 175/2016, Xxxxxx S.p.A. è infatti esclusa dalla giurisdizione della Corte dei Conti per il danno erariale causato da amministratori e dipendenti, in quanto trattasi di società a partecipazione mista pubblico-privato e, quindi, non in “house”. Ciò risulta del resto confermato, senza eccezioni, dalla Suprema Corte di Cassazione (per tutte, Xxxx. Sez. Unite Civili 28.06.2018 n. 17188) e dalla Corte dei Conti (per tutte, Corte dei Conti Sez. Giurisdizionale Lombardia 9.3.2018 n. 49, tra
l’altro in materia di compensi di un amministratore di una società mista a controllo pubblico), giurisprudenza peraltro consolidata anche prima del D.Lgs. n. 175/2016.
La società è in ogni caso sottoposta alla giurisdizione contabile della Corte dei Conti, in quanto “agente contabile” con riferimento al servizio sosta, permessi ZTL, biglietti musei emessi da parcometri.
1.2. Il sistema di prevenzione della corruzione oltre la legislazione: la norma UNI EN ISO 37001
A partire dal dicembre del 2016 è disponibile a livello internazionale la norma UNI EN ISO 37001, ovvero uno standard volontario certificabile che disciplina il sistema “anticorruzione” secondo la medesima struttura prevista per i sistemi di gestione delle organizzazioni, come ad esempio la ISO 9001.
La norma, in particolare, stabilisce requisiti per pianificare, attuare e mantenere un sistema di gestione e controllo per la prevenzione della corruzione. Si tratta per lo più di principi, concetti e talvolta vere e proprie prescrizioni di sistemi e/o modelli di organizzazione, gestione e controllo previsti da norme cogenti in via obbligatoria (come ad esempio la L. n. 190/2012) ovvero in via facoltativa ma con finalità esimenti (come ad esempio il D.Lgs. 231/2001).
Nell’ambito peraltro del PNA e delle linee guida n. 1134/2017 la stessa ANAC ha sottolineato come l’adozione dello standard ISO 37001, seppur non vincolante, consenta di gestire al meglio il rischio corruttivo nelle PP.AA., enti e società pubbliche.
La norma è applicabile a qualsiasi organizzazione pubblica o privata, a prescindere dal settore di attività, dalle dimensioni e dalla localizzazione geografica.
Azimut S.p.A., come più volte anticipato, è società pubblica che adotta un modello organizzativo 231 integrato ai sensi della L. 190/2012: la Società ha pertanto adottato, sin dal 2014, un sistema di gestione aziendale per la prevenzione della corruzione.
La norma ISO introduce ulteriori standard di gestione che, in conformità a quanto suggerito da ANAC, i soci stessi intendono valorizzare, avendo attribuito ad Xxxxxx S.p.A. il rilascio della certificazione 37001 da parte di ente accreditato tra gli obiettivi gestionali specifici per l’anno 2020 stabiliti dai soci pubblici stessi per il tramite di Ravenna Holding S.p.A. ai sensi dell’art. 19, commi 5-7, del D.Lgs. 175/2016.
Il rispetto di tali standard, infatti, si ritengono ancora più importanti e significatici se applicati da un’organizzazione quale Azimut S.p.A. che
✓ opera come stazione appaltante e non, salve talune eccezioni approfondite nei capitoli che seguono, come operatore economico sul libero mercato;è costituita nella forma di società a partecipazione mista pubblico-privata e intrattiene dunque un costante rapporto con il socio operativo privato.
In un’ottica di miglioramento continuo, nonché di ottimizzazione e semplificazione, si è ritenuto prioritario provvedere ad una integrazione a livello organizzativo e operativo dei diversi sistemi di gestione, al fine di rispettare sia le norme di legge che quelle del sistema UNI EN ISO 37001, in continuità con il processo di integrazione dei diversi sistemi aziendali esistenti (qualità, sicurezza, 231, anticorruzione, privacy) già avviato negli scorsi anni.
Ciò consente di utilizzare strumenti già implementati dalla Società per pianificare e migliorare il sistema secondo gli standard della norma volontaria, evitando duplicazioni e inefficienze.
1.2.1 Corruzione: definizione del termine
Presupposto fondamentale del sistema per la prevenzione della corruzione è la definizione del concetto di corruzione.
Per le organizzazioni che applicano la normativa statale (l. 190/2012 e successivi decreti attuativi e integrativi), invero, tale definizione non è rimessa alla discrezionalità della singola amministrazione, ente o società ma è stata efficientemente cristallizzata dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, sulla base di una interpretazione estensiva, che tiene conto della ratio della norma, delle norme nazionali in materia di anticorruzione.
A livello nazionale, così come a livello internazionale, infatti il legislatore ha scelto di “rafforzare le prassi a presidio dell’integrità del pubblico funzionario e dell’agire amministrativo, secondo un approccio che attribuisce rilievo non solo alle conseguenze delle fattispecie penalistiche ma anche all’adozione di misure dirette a evitare il manifestarsi di comportamenti corruttivi [PNA 2019]”.
Per questo motivo, l’Autorità stessa proprio con riferimento all’applicazione della normativa anticorruzione da parte delle società pubbliche, sin dalla determina n. 8/2015 ha precisato come nell’analisi, valutazione e gestione del rischio debba intendersi un “concetto più ampio di corruzione, in cui rilevano non solo l’intera gamma dei reati contro la p.a. disciplinati dal Titolo II del Libro II del codice penale, ma anche le situazioni di “cattiva amministrazione”, nelle quali vanno compresi tutti i casi di deviazione significativa, dei comportamenti e delle decisioni, dalla cura imparziale dell’interesse pubblico, cioè le situazioni nelle quali interessi privati condizionino impropriamente l’azione delle amministrazioni o degli enti, sia che tale condizionamento abbia avuto successo, sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.”
Tale ampio concetto di corruzione, volto a intercettare anche comportamenti non sanzionabili penalmente ma disciplinarmente o talvolta solo eticamente, è quello tenuto in considerazione da Xxxxxx S.p.A. nella pianificazione e attuazione progressiva e continua del sistema anticorruzione.
1.2.2. La politica anticorruzione
Azimut S.p.A., in quanto società pubblica affidataria di servizi pubblici anche essenziali, è consapevole di svolgere la sua mission in settori a rischio corruzione, sia attiva che passiva.
Ciò in ragione di molteplici fattori, tra cui: il valore economico degli affidamenti, la particolare forma societaria costituita sul paternariato pubblico-privato, i molteplici e articolati contatti con la Pubblica Amministrazione, l’attività di concessionario/affidatario di servizi pubblici di interesse economico, la complessità dell’organizzazione aziendale (azienda multiservizi), non da ultimo la stratificazione normativa.
Rispettare la legge, operare nella legalità e trasparenza è il presupposto sine ne qua non della mission aziendale: è il valore primario della Società.
Con questo spirito, Xxxxxx S.p.A. promuove la presente Politica anticorruzione, ispirata ai principi del Codice Etico e di comportamento, volta a sostenere la diffusione di norme aziendali chiare e note agli stakeholder e a tutto il personale, qualsiasi sia il ruolo, mansione e tipo di collaborazione in atto, che dovranno operare in conformità a queste e, in generale, nel rispetto di tutte le norme di legge, dei codici di comportamento e delle buone prassi in materia di prevenzione della corruzione. che Azimut S.p.A. ha riportato nel presente Piano e nelle procedure, regolamenti, istruzioni operative e documenti richiamati dallo stesso che costituiscono il sistema aziendale di prevenzione della corruzione.
Azimut S.p.A. attraverso il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e Trasparenza e la documentazione integrativa dallo stesso richiamata si è infatti dotata di numerosi strumenti per la prevenzione di condotte errate e pregiudizievoli, applica tutte le misure necessarie per verificare il rispetto delle leggi anti-corruzione applicabili e si impegna a soddisfare i requisiti stabiliti dallo stesso e dalla norma di riferimento, UNI ISO 37001.
Tutti i soggetti che operano con Xxxxxx e con la stessa devono essere consapevoli che il mancato rispetto dei principi stabiliti dalla Politica Anticorruzione e dal Piano può comportare l'elevato rischio che siano commessi reati di tipo corruttivo o comportamenti di cattiva amministrazione, con conseguenze rilevanti in termini di sanzioni penali e amministrative, danni di immagine, perdita di credibilità.
Il principio cardine della politica e del sistema anticorruzione è riassumibile nel divieto di qualsiasi forma di corruzione. intesa come:
• la promessa o l'offerta, diretta o indiretta, anche tramite terzi, di denaro, di servizi, di prestazioni di favori in genere o di altre utilità a rappresentanti della Pubblica Amministrazione o Incaricati di Pubblico Servizio o a privati in cambio di un vantaggio illecito. sia per la Società che per il personale. anche nei contesti in cui attività di tal genere siano non perseguite giudizialmente o nella pratica tollerate;
• l’accettazione della promessa o dell’offerta nei termini di cui sopra da parte di tutti i ruoli della Società e di chi agisce per conto della stessa;
• qualsiasi comportamento (in termini commissivi che omissivi) che rappresenti il perseguimento non di un interesse pubblico ma personale/privato.
L’attuazione di questa Politica e le responsabilità di tutte le parti interessate e dei “soci in affari” è dettagliatamente descritta nel PTPCT, nel Modello 231 e in tutta la documentazione del sistema di gestione aziendale (ivi compreso quello relativo alla SPP) è a disposizione sul sito web. nelle bacheche aziendale e richiamata in tutti i rapporti contrattuali.
Tra gli strumenti di prevenzione vi è la procedura per il “whistleblowing” ovvero per le segnalazioni in buona fede di condotte corruttive, certe o sospette. da parte di chiunque le riscontri. L'autore di segnalazioni non sarà soggetto a sanzioni disciplinari o ritorsioni di alcun tipo. Saranno invece soggetti alle sanzioni riportate nel Sistema Disciplinare aziendale, commisurate alla gravità della violazione, coloro che non agiscono conformemente alla presente Politica e ai requisiti del sistema anticorruzione, cosl come coloro che abusano del sistema di segnalazioni citato.
In un'ottica di miglioramento continuo, Azimut S.p.A. si impegna a verificare l'applicazione e a riesaminare periodicamente la presente Politica e il sistema anticorruzione, avendo sempre a riferimento i contenuti ed i principi della presente Politica, della legge e della norma UNI ISO 37001.
La Società ha nominato e fornito adeguato supporto in termini di risorse organizzative e finanziarie una funzione dedicata per supervisionare la progettazione e l'attuazione del sistema anticorruzione. per fornire consulenza e guida al personale in materia di prevenzione della corruzione, per assicurare che il.sistema sia conforme ai requisiti previsti dalle norme di legge e internazionali ISO UNI 37001 e per relazionare al Consiglio di Amministrazione e all’Amministratore Delegato sulle prestazioni del sistema e in relazione ad atti di corruzione, sospetti o accertati.
1.2.3. Leadership
In considerazione del fatto che il sistema di prevenzione della corruzione rappresenta parte di un più ampio sistema gestionale aziendale e che il primo risulta adottato in conformità a norme statali e regolamentari e adeguato agli standard ISO vigenti, in merito alle responsabilità connesse all’adozione, attuazione e monitoraggio del sistema anticorruzione occorre distinguere i diversi soggetti coinvolti.
Il Consiglio di Amministrazione, in quanto organo direttivo (ai sensi della ISO 37001) e di amministrazione (ai sensi della L. 190/2012), è organo deputato a:
✓ approvare il presente Piano, ivi compresa la politica anticorruzione;
✓ verificare la coerenza tra strategia e politica anticorruzione;
✓ valutare e riesaminare, con cadenza almeno annuale, nell’ambito del presente piano, il contenuto e funzionamento del sistema per la prevenzione della corruzione;
✓ valutare e determinare le risorse adeguate e necessarie per garantire l’efficacia del sistema;
✓ verificare l’attuazione del sistema da parte dell’A.D..
L’Amministratore Delegato, in virtù delle deleghe ricevute e dell’organizzazione aziendale in essere, rappresenta l’Alta Direzione ai sensi della norma ISO 37001 e è organo deputato a:
✓ assicurare che il sistema nel suo complesso sia definito, attuato, mantenuto e riesaminato;
✓ assicurare l’integrazione del sistema anticorruzione con gli altri sistemi e processi aziendali;
✓ destinare le risorse deliberate dal C.d.A. in modo adeguato e appropriato;
✓ comunicare sia internamente che esternamente la politica anticorruzione;
✓ sensibilizzare il personale interno circa la conformità dei comportamenti al sistema anticorruzione;
✓ determinare risorse e attività per il raggiungimento degli obiettivi anticorruzione, anche in coerenza con le strategie generali della società;
✓ promuove il miglioramento continuo;
✓ promuove il whistleblowing e il corretto funzionamento in ordine alla tutela del segnalante;
✓ relaziona, con cadenza almeno annuale al Consiglio di Amministrazione, sul contenuto e funzionamento del sistema e sulle sue rilevanti violazioni.
1.2.4. La funzione di compliance
Il Consiglio di Amministrazione, nella seduta del 16 giugno 2020, ha nominato il vicepresidente e già RPCT, Avv. Xxxxxx Xxxxxx, quale funzione di conformità per la prevenzione della corruzione di cui al punto 5.3.2. della norma ISO 37001.
La norma infatti stabilisce che l’Alta Direzione assegni una funzione di conformità per la prevenzione della corruzione, le responsabilità e l’autorità per supervisionare la progettazione, fornire consulenza e guida al personale circa il sistema implementato, assicurare che il sistema sia conforme ai requisiti e relazionare sulla prestazione del sistema stesso all’Organo Direttivo e gli altri organi/funzioni nel modo più opportuno. Prevede inoltre che la funzione sia assegnata a persone dotate di finanziamenti, competenze, status, autorità e indipendenza adeguati e che, in ogni caso, alla funzione di conformità per la prevenzione della corruzione deve essere attribuita la facoltà di riportare direttamente all’Organo Direttivo o all’Alta Direzione le criticità relative ad atti di corruzione o a violazioni del sistema di gestione.
La nomina ha tenuto conto di una pluralità di fattori, tra cui:
• in quanto membro del Consiglio di Amministrazione, nonché del Comitato di Controllo Interno e Xxxxxx, la figura ha accesso diretto e tempestivo all’organo di amministrazione e alla
Direzione per segnalare eventi corruttivi o anomalie del sistema, potendo operare in piena indipendenza e con autorità;
• la formazione e le competenze professionali della figura;
• l’attuale incarico di RPCT già dal 2018 con funzioni del tutto analoghe e con maggiori responsabilità nell’ambito del sistema di prevenzione della corruzione ai sensi della L. 190/2012.
La funzione ha il compito di:
a) supervisionare la progettazione e l’attuazione da parte dell’organizzazione del sistema di gestione per la prevenzione della corruzione;
b) fornire consulenza e guida al personale circa il sistema di gestione per la prevenzione della corruzione e le questioni legate alla corruzione;
c) assicurare che il sistema di gestione per la prevenzione della corruzione sia conforme ai requisiti previsti dalla norma ISO 37001:2016;
d) relazionare sulla presentazione del sistema di gestione per la prevenzione della corruzione al Consiglio di Amministrazione e all’Amministratore Delegato e ad altre funzioni, nel modo opportuno.
La funzione di conformità per la prevenzione della corruzione deve valutare in modo continuativo se il sistema di gestione per la prevenzione della corruzione:
a) è adeguato per gestire efficacemente i rischi di corruzione a cui è sottoposta l’organizzazione;
b) è attuato in modo efficace.
La funzione di avvale del supporto della struttura aziendale istituita ai fini dell’applicazione delle previsioni di cui al D.Lgs. 231/2001 e L. 190/2012 anche per le attività di attuazione, mantenimento e miglioramento continuo del sistema di gestione per la prevenzione della corruzione ai sensi della norma UNI EN ISO 37001:2016.
Nello specifico, la struttura è costituita dal Dirigente Affari Legali e Contratti di Ravenna Holding S.p.A., in virtù del contratto di service stipulato tra le due società, e dal coordinatore Affari Generali della società, eventualmente con il supporto dell’ufficio qualità per gli aspetti che interessano l’integrazione dei sistemi aziendali.
Qualora, nel corso dell’incarico, la funzione riscontrasse ulteriori necessità in termini di risorse, tale evidenza deve essere sottoposta al Consiglio di Amministrazione per le opportune valutazioni e determinazioni.
La funzione di conformità per la prevenzione della corruzione deve riferire a intervalli pianificati e in occasioni ad hoc, come opportuno, al C.d.A. e all’A.D., circa l’adeguatezza e l’attuazione del sistema di gestione per la prevenzione della corruzione, ivi compresi i risultati delle indagini e degli audit.
La funzione, da intendersi come integrativa di quella già assegnata quale RPCT, dovrà essere svolgersi in coordinamento con quest’ultima e con quelle di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Revisore dei Conti, Organismo di Vigilanza e Responsabile della Protezione dei dati personali.
1.3. Obiettivi
La definizione di obiettivi chiari, raggiungibili e riscontrabili rappresenta un elemento fondamentale per l’efficienza e il miglioramento del sistema di prevenzione della corruzione, tanto per la vigente legislazione quanto per la Delibera ANAC n. 1134/2017 e la norma ISO 37001.
Occorre premettere, in via generale, che Ravenna Holding S.p.A., in quanto capogruppo che esercita attività di direzione, controllo e coordinamento nei confronti di Xxxxxx S.p.A., annualmente stabilisce obiettivi e linee guida a livello di gruppo e per le singole società, ai sensi dell’art. 19, commi 5-7, D.Lgs. 175/2016 e dell’art. 147-quater del TUEL.
Tra questi, in particolare, rilevano:
- il mantenimento e aggiornamento del Modello 231 integrato con misure anticorruzione e delle pubblicazioni ex X.Xxx. 33/2013;
- per il 2020, l’ottenimento della certificazione ISO 37001, come sopra anticipato.
Nell’ambito dei rapporti di gruppo, inoltre, la Capogruppo svolge attività di coordinamento in materia, mediante l’istituzione di appositi comitati interaziendali, composti sia da personale di Ravenna Holding sia da RPCT e personale di Azimut S.p.A., presso i quali vengono discusse attività inerenti la programmazione e attuazione delle misure anticorruzione, così previste dal Piano.
In coerenza con quanto sopra, il Consiglio di Amministrazione ha attribuito al RPCT i seguenti obiettivi:
Anno 2020:
- riorganizzazione della sezione “Società trasparente” in conformità alle pubblicazioni di Ravenna Holding S.p.A.;
- adozione e implementazione di piattaforma informatica ad hoc per la gestione “whistleblowing”;
- Attività di formazione per i dipendenti;
Anno 2021:
- Mappatura di nuove aree di rischio/approfondimento di aree già mappate;
- Attività di formazione per gli organi sociali e i dipendenti;
Anno 2022:
- Attività di formazione per gli organi sociali e i dipendenti;
- Generale riconsiderazione del Piano e delle misure adottate e da adottarsi.
Nel raggiungimento di tali obiettivi, il RPCT, al quale sono attribuite le relative responsabilità, si avvale della struttura aziendale di supporto.
2. MODALITA’ DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
La valutazione del rischio viene condotta in continuità con la metodologia applicata in sede di valutazione del rischio ex D.Lgs. n. 231 del 2001, già integrata dalle misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle società in coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012.
Tale metodologia è oggetto della specifica procedura “Individuazione e valutazione dei rischi” (AZRG00). Per ogni processo aziendale, si considera la probabilità che un determinato illecito si verifichi secondo una scala di valori che prevede quattro distinti livelli (improbabile, poco probabile, probabile e molto probabile) e ad ogni livello viene attribuito un differente “peso” in termini numerici (da 1 a 4); considera inoltre l’impatto che il danno determinabile dal verificarsi dell’evento illecito potrebbe causare, classificandolo secondo una scala di quattro valori (bassissimo, basso, alto, altissimo) a cui corrispondo altrettanti “pesi” in termini numerici (da 1 a 4). Il rischio è valutato mediante il seguente calcolo R(rischio) = P (probabilita’) x I (impatto), defininendolo “non significativo o significativo, secondo un valore di significatività descritto nel dettaglio nel documento AZR 1.1. 7.7A Vers. allegata alla succitata procedura.
• non significativo valore inferiore 0 valore superiore 1 significatività: no azioni migliorative da programmare nel breve-medio termine
• non significativo valore inferiore 2 valore superiore 3 significatività: no azioni migliorative o correttive programmare nel breve-medio termine
• significativo valore inferiore 4 valore superiore 8 significatività: si azioni correttive da programmare con urgenza
• significativo valore inferiore 9 valore superiore 16 significatività: si azioni correttive indilazionabili
La valutazione del rischio è sottoposta a riesame:
✓ con cadenza tendenzialmente annuale, in occasione dell’approvazione della programmazione triennale;
✓ in caso di cambiamento significativo della struttura o delle attività della Società.
3. ANALISI DEL CONTESTO
In applicazione di quanto previsto al paragrafo “6.3. Analisi del contesto” della determina ANAC 28.10.2015 n. 12 “La prima e indispensabile fase del processo di gestione del rischio è quella relativa all’analisi del contesto, attraverso la quale ottenere le informazioni necessarie a comprendere come il rischio corruttivo possa verificarsi all’interno dell’amministrazione dell’ente per via delle specificità dell’ambiente in cui essa opera in termini di strutture territoriali e di dinamiche sociali, economiche e culturali, o per via delle caratteristiche organizzative interne.”
Deve essere pertanto analizzato il contesto esterno ed interno, contestualizzando rispetto alla società. La disamina che segue è peraltro integrata dal documento AZQG03C, ove sono schematicamente ma dettagliatamente individuati gli stakeholder e le relative aspettative, nell’ambito di una più generale analisi del contesto e valutazione del rischio integrata con gli altri sistemi gestionali.
Se il contesto esterno appare nei fatti assumere un rilievo oggettivamente limitato, in una società mista appare invece di rilevanza assoluta l’analisi del contesto interno.
3.1 Contesto esterno
L’analisi del contesto esterno ha come obiettivo quello di “evidenziare come le caratteristiche dell’ambiente nel quale l’amministrazione o l’ente opera, con riferimento, ad esempio, a variabili culturali, criminologiche, sociali ed economiche del territorio possano favorire il verificarsi di fenomeni corruttivi al proprio interno.”
3.1.1 Il fenomeno della corruzione in Italia.
Al fine di inquadrare in un ambito generale e attualizzato il fenomeno della corruzione in Italia, si riportano di seguito estratti dalla Relazione Istat “La Corruzione in Italia: il punto di vista delle famiglie” del 12 ottobre 2017.
“Nell’indagine sulla sicurezza dei cittadini 2015-2016, l’Istat ha introdotto un modulo volto a studiare il fenomeno della corruzione. Si tratta di un approfondimento che per la prima volta vuole offrire una stima del numero di famiglie coinvolte nel corso della propria vita in dinamiche corruttive: sono state intervistate 43mila persone tra i 18 e gli 80 anni di età a cui è stato chiesto se a loro stessi o ad un familiare convivente sia stato suggerito o richiesto di pagare, fare regali o favori in cambio di facilitazioni nell’accesso a un servizio o di un’agevolazione. ….
Coinvolte 1 milione 742mila famiglie. Si stima che il 7,9% delle famiglie abbia ricevuto richieste di denaro, favori, regali o altro in cambio di servizi o agevolazioni nel corso della vita; il 2,7% le ha
ricevute negli ultimi 3 anni, l’1,2% negli ultimi 12 mesi. Le percentuali cambiano in relazione ai diversi temi: la quota di famiglie che ha ricevuto tali richieste nel corso della vita è del 3,2% nel settore lavorativo (0,8% nei 3 anni precedenti l’intervista), del 2,4% in ambito sanitario (1,2% negli ultimi 3 anni) per quanto concerne visite mediche specialistiche o accertamenti diagnostici, ricoveri o interventi. Sempre sul fronte sanità, il 9,7% delle famiglie (5,5% negli ultimi 3 anni) ha ricevuto la richiesta di fare, per un suo componente, una visita a pagamento nello studio privato del medico prima di accedere al servizio pubblico per essere curati (ad esempio prima di un intervento chirurgico, un parto, o per esami specialistici). Sebbene questi casi non rappresentino nella definizione giuridica italiana circostanze di vera e propria corruzione, sono però rappresentativi di situazioni in cui per avere un servizio pubblicamente disponibile in realtà si è indotti a “pagare”, senza contare che, a livello internazionale, sono parte della “corruption” in senso esteso.
Quanto al settore giustizia, sono il 2,9% le famiglie che hanno avuto una richiesta di denaro, regali o favori da parte di un giudice, un pubblico ministero, un cancelliere, un avvocato, un testimone o altri. In particolare per il 2,1% delle famiglie la richiesta si è esplicitata nell’ambito delle cause civili. La richiesta di denaro o scambi ha coinvolto il 2,7% delle famiglie che nel corso della vita hanno fatto domanda di benefici assistenziali come contributi, sussidi, alloggi sociali o popolari, pensioni di invalidità e il 2,1% delle famiglie che si sono rivolte agli uffici pubblici. In particolare si stima all’1,5% la percentuale delle famiglie a cui è accaduto quando si sono recate presso uffici pubblici comunali, della Regione o della Provincia. Percentuali ancora inferiori si hanno per le richieste di denaro o favori in cambio di facilitazioni da parte delle forze dell’ordine o delle forze armate (1%), nel settore dell’istruzione (0,6%), al momento dell’iscrizione a scuole universitarie o di specializzazione o per essere promosso, rispettivamente lo 0,2% e lo 0,5%. La percentuale più bassa riguarda le public utilities: sono lo 0,5% le famiglie che al momento della domanda di allacci, volture o riparazioni per l’energia elettrica, il gas, l’acqua o il telefono, hanno avuto richieste di pagamenti in qualsiasi forma per ottenere o velocizzare i servizi richiesti. Le richieste di denaro si verificano più frequentemente nei settori lavoro, sanità e uffici pubblici nel complesso; tuttavia la graduatoria cambia per i casi registrati più di recente. Nei 12 mesi precedenti l’indagine, la sanità si colloca al primo posto, seguita da uffici pubblici, settore del lavoro e public utilities. Naturalmente la graduatoria risente anche della diversa frequenza con cui si ricorre ad alcuni servizi nelle diverse fasi del ciclo della vita. Il 9,8% delle famiglie che ha ricevuto almeno una richiesta di denaro, favori o regali ha almeno un componente con titolo di studio elevato (contro il 7,3% delle famiglie senza componenti con titolo di studio elevato). La richiesta di denaro per l’attività lavorativa emerge con più frequenza nelle famiglie in cui vi sono liberi professionisti e imprenditori e aumenta all’aumentare della presenza di queste categorie di lavoratori nella famiglia. Questi dati sono stati associati ad ulteriori informazioni. Alle persone che lavorano come liberi professionisti, imprenditori e lavoratori autonomi è stato chiesto se hanno vissuto esperienze dirette di corruzione nella propria attività (ad esempio per ottenere o velocizzare licenze, permessi o concessioni, essere agevolati nei controlli fiscali, ottenere contratti con istituzioni
pubbliche). Si stima che tali episodi si siano verificati nel 2,5% dei casi, più frequenti al Centro (5,7%) meno al Nord-ovest (0,8%).
La situazione sul territorio appare notevolmente diversificata. L’indicatore complessivo di corruzione stimato varia tra il 17,9% del Lazio e il 2% della Provincia autonoma di Trento. Valori particolarmente elevati presentano anche l’Abruzzo e la Puglia, rispettivamente 11,5% e 11%, la Basilicata e il Molise, mentre all’opposto si collocano alcune regioni del Nord come la provincia autonoma di Bolzano, il Piemonte e la Valle d’Aosta, il Friuli Venezia Giulia e le Marche. La corruzione in sanità è più frequente in Abruzzo (4,7%) e in Campania (4,1%). A tale proposito la richiesta di effettuare una visita privata prima del trattamento nella struttura pubblica è elevata in Puglia (20,7%), Basilicata (18,5%), Sicilia (16,1%) e Lazio (14,4%). La richiesta di tangenti o favori in cambio di benefici assistenziali è invece sensibilmente superiore al dato medio nazionale (2,7%) in Molise (11,8%), Puglia (9,3%), Campania (8,8%) e Abruzzo (7,5%). In ambito lavorativo i casi di corruzione sono più segnalati nel Lazio (7,4%) e in Puglia (6,3%), seguono Liguria (4,2%), Sardegna (4,2%) e Basilicata (4,1%). Nel Lazio (5,7%) e in Puglia (4,8%) è presente la percentuale più alta di famiglie che hanno avuto richieste di denaro quando si sono rivolte a uffici pubblici (Comune, Provincia, Regione, aziende sanitarie locali, vigili del fuoco, ecc.). Le famiglie che vivono nei centri dell’area metropolitana hanno ricevuto una richiesta di denaro o favori in cambio di servizi in proporzione quasi doppia rispetto a chi vive nei comuni più piccoli fino a 10 mila abitanti (rispettivamente 11,3% e 6%); le percentuali sono elevate anche nei comuni delle periferie delle aree metropolitane (9,4%) (Tuttavia i settori riflettono la diversa esposizione ad eventi di possibile corruzione: in sanità sono maggiori nei comuni periferici alle aree metropolitane mentre nelle grandi città è più elevata la percentuale di famiglie che hanno avuto richieste di denaro o regali al momento della ricerca del lavoro. Rispetto al quadro generale il panorama degli ultimi 3 anni è leggermente diverso. Il Sud detiene il primato di casi di corruzione, seguono il Centro e le Isole; tra le regioni emergono Abruzzo, Lazio e Puglia. Negli ultimi 3 anni le famiglie che hanno avuto richieste di denaro o regali/favori in cambio di servizi è maggiore nei comuni delle periferie delle aree metropolitane con un sorpasso netto dei comuni centro delle aree stesse (4,1% le prime, 3,6% le secondo contro la media del 2,7%).
…
L’oggetto di scambio più frequente nella dinamica corruttiva è il denaro (60,3%), soprattutto per ciò che attiene i settori dell’assistenza (65,7%), dei contratti con le compagnie di elettricità, gas, acqua e telefoni (63,6%) e della sanità (61,2%); seguono il commercio di favori, nomine, trattamenti privilegiati (16,1%), che caratterizzano di più il comparto uffici pubblici (22,9%), e i regali (9,2%). In misura minore il contenuto dello scambio è una prestazione sessuale (4,6%) o altri favori (7,6%).
Tra le famiglie che hanno accettato lo scambio, l’85,2% ritiene che aver pagato sia stato utile per ottenere quanto desiderato: in particolare nell’ambito dei singoli settori, il rendimento è totale per le public utilities (99,1%) e particolarmente elevato per ottenere un lavoro (92,3%) o una prestazione sanitaria (82,8%). Pur di ottenere un servizio il 51,4% delle famiglie ricorrerebbe di nuovo all’uso del
denaro, dei favori o dei regali (73,8% nel caso di una prestazione sanitaria). Per contro, il 30,9% delle famiglie non lo rifarebbe: il 37,8% perché lo ritiene un comportamento scorretto che danneggia la collettività, mentre una quota analoga, ragionando in termini di utilità, non si reputa soddisfatta di quanto ottenuto. Il 25,2% riconosce di aver pagato per un servizio che gli sarebbe spettato di diritto.
…
La corruzione è un fenomeno difficile da misurare anche perché di difficile definizione. I reati di corruzione, nelle loro diverse fattispecie, sono definiti dagli articoli 318- 322 bis del Codice Penale. Oltre a questi, vanno considerati altri delitti di stretta attinenza come peculato, indebita percezione di erogazioni a danno dello stato, malversazione, truffa aggravata ai danni dello stato, concussione. A partire dalla definizione normativa di tali reati è possibile misurare ciò che emerge e viene giudicato del fenomeno corruzione, sulla base dei dati di fonte amministrativa. Le statistiche di fonte amministrative consentono di analizzare non solo quale tipologia di corruzione, e quante volte, è venuta a conoscenza delle forze dell’ordine, del sistema giudiziario ed è stata sanzionata, ma anche di osservare la presenza e l’incidenza di reati concomitanti e di conoscere alcune caratteristiche relative al contesto e alla dinamica del fenomeno (dove, quando, da chi), e all’esito processuale (nel caso di condanna: le misure di sicurezza, le pene accessorie, le sanzioni o la detenzione).
Di seguito vengono sintetizzati i dati sul numero di procedimenti penali definiti in Procura e sui condannati. Il peculato e l’indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato sono i reati per i quali è iniziata l’azione penale che presentano in assoluto l’incidenza maggiore in ogni anno; seguono la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e quello di responsabilità del corruttore. Dal 2006 risultano in aumento sia i reati di peculato sia quelli di indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato. Per quest’ultimo reato, nel 2014 si è registrato un incremento superiore al 50% rispetto all’anno precedente; la concussione risulta invece in diminuzione dopo il picco nel 2012, così come la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio che aveva toccato il massimo nel 2008; gli altri reati di corruzione sono sostanzialmente stabili.
Considerando i procedimenti contenenti almeno uno dei reati considerati, per i quali il Pubblico Ministero ha richiesto l’archiviazione, mostrano un notevole incremento l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e il peculato, sebbene con incidenza e trend inferiori; per gli altri reati gli aumenti sono stati di lieve entità e le incidenze decisamente più basse. Tra il 2006 e il 2014 i reati di corruzione più frequenti (peculato, indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato, corruzione in atti giudiziari, corruzione per un atto d’ufficio, malversazione a danno dello Stato, concussione) mostrano le quote più alte nel Centro–Sud, in particolare nel Lazio e in Campania, ma anche in Lombardia. Il peculato è particolarmente diffuso anche in Sicilia, l’indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato in Campania, Lazio e Lombardia, la corruzione in atti giudiziari nel Lazio e in Campania, la malversazione e soprattutto la concussione in Sicilia. Considerando le sentenze definitive di condanna, il reato maggiormente diffuso è il peculato, sostanzialmente costante nel tempo, con un numero di sentenze superiore a 300 e pari a 400 nel
2015; seguono la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, in notevole diminuzione nel tempo, che passa da 734 sentenze definitive iscritte nel 2000 a 154 nel 2016; la concussione, anch’essa ridottasi a un terzo nel 2016 rispetto al 2000 (61 sentenze nel 2016, 174 nel 2000) e l’istigazione alla corruzione, pari a 178 sentenze definitive iscritte nel 2000 contro 117 iscritte nel 2016; la responsabilità del corruttore che, nonostante un andamento molto irregolare intorno ai primi anni Duemila, rimane sempre intorno a un centinaio di sentenze iscritte ogni anno (107 nel 2016, 97 nel 2000). In aumento dal 2002 è l’indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato; questo reato, residuale e sussidiario rispetto alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (vedi Consulta n. 95/2004), è stato introdotto dalla legge 300/2000 in ottemperanza ad alcuni strumenti internazionali come la Convenzione PIF sulla tutela degli interessi finanziari della CE, firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995. Tale reato è passato da 30 sentenze definitive del 2002 a 132 del 2016, con un picco nel 2007 e in misura minore nei due anni successivi. Residuali le altre voci attinenti al fenomeno di corruzione. Sempre riguardo alle sentenze definitive iscritte al Casellario centrale nel 2016, il peculato è stato sentenziato più frequentemente in Friuli Venezia Giulia, Molise, Valle d’Aosta e Liguria (relativamente alla popolazione media residente nella regione nell’anno considerato) ma commesso più frequentemente in Liguria (dove il corrispondente tasso di peculato per 100mila abitanti è 5 volte il tasso di sentenze per 100mila), Friuli Venezia-Giulia e Molise. L’indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato è maggiore in Friuli Venezia Giulia e nella provincia di Trento, la concussione in Xxxxxx Xxxxxxx e Abruzzo, la corruzione relativa ad atti contrari al dovere d’ufficio in Lombardia, Umbria, Sicilia, Lazio.”.
In tale contesto si calano le valutazioni di ANAC del fenomeno corruttivo a livello nazionale riassunte nella recente “La corruzione in Italia (2016-2019. Numeri, luoghi e contropartite del malaffare” del 17 ottobre 2019 di cui si riportano gli estratti più significativi.
“Fra agosto 2016 e agosto 2019 … sono anche i casi di corruzione emersi analizzando i provvedimenti della magistratura: 152, ovvero uno a settimana (solo a considerare quelli scoperti).
…
Il 74% delle vicende (113 casi) ha riguardato l’assegnazione di appalti pubblici, a conferma della rilevanza del settore e degli interessi illeciti a esso legati per via dell’ingente volume economico (tab. 2). Il restante 26%, per un totale di 39 casi, è composto da ambiti di ulteriore tipo (procedure concorsuali, procedimenti amministrativi, concessioni edilizie, corruzione in atti giudiziari, ecc.).
Il comparto della contrattualistica pubblica resta il più colpito, per comprendere il concreto modus agendi della corruzione è interessante rilevare come e in quali ambiti essa si è esplicata in particolare. Il settore più a rischio si conferma quello legato ai lavori pubblici, in una accezione ampia che comprende anche interventi di riqualificazione e manutenzione (edifici, strade, messa in 3 sicurezza del territorio): gli episodi di corruzione censiti nel triennio, pari al 40% del totale. A seguire, il comparto legato al ciclo dei rifiuti (raccolta, trasporto, gestione, conferimento in discarica) con 33 casi (22%) e
quello sanitario con 19 casi (forniture di farmaci, di apparecchiature mediche e strumenti medicali, servizi di lavanolo e pulizia), equivalente al 13%.
Quanto alle modalità “operative”, è degna di nota la circostanza che - su 113 vicende corruttive inerenti l’assegnazione di appalti - solo 20 riguardavano affidamenti diretti (18%), nei quali l’esecutore viene scelto discrezionalmente dall’amministrazione. In tutti gli altri casi sono state espletate procedure di gara: ciò lascia presupporre l’esistenza di una certa raffinatezza criminale nell’adeguarsi alle modalità di scelta del contraente imposte dalla legge per le commesse di maggiore importo, evitando sistemi (quali appunto l’assegnazione diretta) che in misura maggiore possono destare sospetti.
Spesso si registra inoltre una strategia diversificata a seconda del valore dell’appalto: per quelli di importo particolarmente elevato, prevalgono i meccanismi di turnazione fra le aziende e i cartelli veri e propri (resi evidenti anche dai ribassi minimi rispetto alla base d’asta, molto al di sotto della media); per le commesse di minore entità si assiste invece al coinvolgimento e condizionamento dei livelli bassi dell’amministrazione (ad es. il direttore dei lavori) per intervenire anche solo a livello di svolgimento dell’attività appaltata.
A seguire, alcune delle principali peculiarità riscontrate nelle vicende di corruzione esaminate, che potrebbero essere assunte come indicatori di ricorrenza del fenomeno:
• illegittimità gravi e ripetute in materia di appalti pubblici: affidamenti diretti ove non consentito, abuso della procedura di somma urgenza, gare mandate deserte, ribassi anomali, bandi con requisiti funzionali all’assegnazione pilotata, presentazione di offerte plurime riconducibili ad un unico centro di interesse
• inerzia prolungata nel bandire le gare al fine di prorogare ripetutamente i contratti ormai scaduti (in particolare nel settore dello smaltimento rifiuti)
• assenza di controlli (soprattutto nell’esecuzione di opere pubbliche)
• assunzioni clientelari
• illegittime concessioni di erogazioni e contributi
• concorsi svolti sulla base di bandi redatti su misura
• illegittimità nel rilascio di licenze in materia edilizia o nel settore commerciale
• illiceità in procedimenti penali, civili o amministrativi, al fine di ottenere provvedimenti di comodo”
Si evidenzia che in Xxxxxx-Romagna si sono verificati nel triennio considerato n. 2 episodi su n. 152, pari al 1,3%.
“I Comuni rappresentano dunque gli enti maggiormente a rischio, come si evince anche dalla disamina delle amministrazioni in cui si sono verificati episodi di corruzione: dei 152 casi censiti, 63
hanno avuto luogo proprio nei municipi (41%), seguiti dalle le società partecipate (24 casi, pari al 16%) e dalle Aziende sanitarie (16 casi, ovvero l’11%).
Nel complesso, dall’esame delle vicende venute alla luce si evince che gli scambi corruttivi avvengono secondo meccanismi stabili di regolazione, che assicurano l’osservanza diffusa di una serie di regole informali e che assumono diversa fisionomia a seconda del ruolo predominante svolto dai diversi centri di potere (politico, burocratico, imprenditoriale).
Sotto questo profilo, l’analisi dell’Anac ha consentito di dare riscontro fattuale al cd. fenomeno della “smaterializzazione” della tangente, che vede una sempre minor ricorrenza della contropartita economica. Il denaro continua a rappresentare il principale strumento dell’accordo illecito, tanto da ricorrere nel 48% delle vicende esaminate, sovente per importi esigui (2.000-3.000 euro ma in alcuni casi anche 50-100 euro appena) e talvolta quale percentuale fissa sul valore degli appalti.
A fronte di questa “ritirata” del contante, stante anche la difficoltà di occultamento delle somme illecitamente percepite, si manifestano nuove e più pragmatiche forme di corruzione. In particolare, il posto di lavoro si configura come la nuova frontiera del pactum sceleris: soprattutto al Sud l’assunzione di coniugi, congiunti o soggetti comunque legati al corrotto (non di rado da ragioni clientelari) è stata riscontrata nel 13% dei casi. A seguire, a testimonianza del sopravvento di più sofisticate modalità criminali, si colloca l’assegnazione di prestazioni professionali (11%), specialmente sotto forma di consulenze, spesso conferite a persone o realtà giuridiche riconducibili al corrotto o in ogni caso compiacenti. Le regalie sono presenti invece nel 7% degli episodi.
A conferma delle molteplici modalità di corruzione, vi è il dato relativo alle utilità non rientranti nelle summenzionate fattispecie, più di un quinto del totale (21%). Oltre a ricorrenti benefit di diversa natura (benzina, pasti, pernotti) non mancano singolari ricompense di varia tipologia (ristrutturazioni edilizie, riparazioni, servizi di pulizia, trasporto mobili, lavori di falegnameria, giardinaggio, tinteggiatura) comprese talvolta le prestazioni sessuali. Tutte contropartite di modesto controvalore indicative della facilità con cui viene talora svenduta la funzione pubblica ricoperta.”
…
Sotto questo aspetto, occorre rilevare che l’Italia non è affatto all’“anno zero”; al contrario, come testimoniano plurimi segnali, negli ultimi anni i progressi sono stati molteplici. I riconoscimenti ricevuti dall’Italia in tema di prevenzione della corruzione, numerosi e per nulla scontati, sono stati rilasciati dai più autorevoli organismi internazionali: Onu, Commissione europea, Ocse Consiglio d’Europa, Osce, solo per citare i principali. Di ciò pare consapevole la stessa opinione pubblica, che difatti percepisce l’Italia un Paese meno corrotto del passato, come mostra il miglioramento nelle classifiche di settore (19 posizioni guadagnate dal 2012).
Il cambiamento in atto, peraltro, è anche di tipo culturale. Si pensi all’incremento esponenziale delle segnalazioni riguardanti gli illeciti avvenuti sul luogo di lavoro (whistleblowing), verso le quali nel 2017 sono state introdotte nell’ordinamento particolari tutele per evitare ritorsioni e discriminazioni: nei primi
nove mesi dell’anno l’Anac ne ha ricevute oltre 700, un dato indicativo - al netto delle segnalazioni improprie - della crescente propensione a denunciare reati e irregolarità.
La trasparenza, intesa quale strumento di monitoraggio civico dell’azione amministrativa, allo stato rappresenta un patrimonio consolidato e soprattutto diffuso, come dimostrano tutte le rilevazioni svolte nel tempo dall’Autorità. Parimenti, la diffusione fra le amministrazioni dell’istituto della vigilanza collaborativa, che consente di sottoporre la documentazione di gara al vaglio preventivo dell’Anac, ha consentito lo svolgimento di grandi eventi e di bandire appalti di particolare entità senza le infiltrazioni mafiose e criminali che hanno costellato il passato recente.
A eccezione di una nota inchiesta incardinata presso la Procura di Roma - nella quale, peraltro, l’Autorità ha fornito la sua fattiva collaborazione in fase di indagini preliminari - proprio l’assenza di grandi scandali (e delle relative somme) sembra essere la cifra della corruzione odierna. Questa circostanza induce in primo luogo a ritenere fuorviante ogni parallelismo con la stagione di Tangentopoli, durante la quale la corruzione di fatto rappresentava uno stabile meccanismo di regolazione della vita pubblica sotto forma di finanziamento “aggiuntivo” alla politica (che ora riveste invece un ruolo marginale, come detto).
Ciò non significa affatto che la corruzione pulviscolare di oggi non sia pericolosa: spesso la funzione è svenduta per poche centinaia di euro e ciò, unitamente alla facilità con cui ci si mette a disposizione, consente una forte capacità di penetrazione al malaffare.
È in ogni caso innegabile che per molti versi essa sia più agevole da aggredire rispetto ai primi anni Novanta, non regolando più la vita pubblica ma essendo espressione di singoli gruppi di potere (le cd. cricche) o di realtà economiche alternative e talvolta persino antagoniste alla vita delle istituzioni.”.
3.1.2. Descrizione del profilo criminologico del territorio dell’Xxxxxx - Romagna ed attività di contrasto sociale e amministrativo (estratto da documento redatto dall’ ’Area Legalita’ presso il Gabinetto del Presidente della Giunta regionale dell’Xxxxxx-Romagna).
Fin dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, le attività di ricerca realizzate dalla Regione Xxxxxx-Romagna hanno permesso di ricostruire un quadro articolato della presenza delle organizzazioni criminali in regione e di comprendere le strategie adottate da tali organizzazioni nello spostamento e nell’insediamento di uomini nel territorio per condurre attività lecite e illecite e organizzare i traffici illegali.
A differenza di altre regioni del Nord Italia, il controllo del territorio da parte di organizzazioni criminali in Xxxxxx-Romagna risulta ancora assente, mentre la loro attività principale e più remunerativa è costituita dai traffici illeciti, in particolare dal traffico di stupefacenti. Le altre attività rilevanti delle mafie in Xxxxxx-Romagna riguardano l’edilizia pubblica e privata, il movimento terra e autotrasporti, l’usura, il recupero crediti, la gestione e il controllo illegale del gioco d’azzardo, le estorsioni, l’intestazione fittizia di beni e il riciclaggio.
La ricerca sul territorio pone in evidenza l’importanza assunta da elementi di origine locale nel favorire l’ingresso di attività criminali organizzate nel territorio regionale. ‘Ndranghetisti e casalesi, afferenti alle due organizzazioni criminali più significative in Xxxxxx-Romagna, puntano alla mimetizzazione sociale, a non richiamare l’attenzione e a passare inosservati. In altre parole, le organizzazioni mafiose hanno adottato meccanismi di infiltrazione diversi da quelli tradizionali al fine di rendersi assai più invisibili e quindi anche più difficilmente decifrabili. La loro azione in tal modo si confonde spesso con quella di operatori che si muovono nella legalità.
Le realtà territoriali più vulnerabili, ma anche quelle più studiate e conosciute, sono quelle di Reggio Xxxxxx e Modena, dove le indagini confermano la presenza di ‘ndranghetisti e casalesi nei cantieri edili. È l’edilizia, infatti, il settore più vulnerabile all’infiltrazione mafiosa in Xxxxxx-Romagna e dove i processi di corruzione e di condizionamento della criminalità organizzata sono più visibili e consolidati, come dimostrato anche dall’inchiesta Aemilia, il cui impianto accusatorio è stato recentemente confermato nel primo grado di giudizio.
Parma è la città in cui si segnala una presenza significativa di Cosa nostra, con cellule collegate alla famiglia Panepinto di Xxxxxx (AG), per il resto poco presente nel territorio regionale.
Negli ultimi tempi alle presenze mafiose italiane si sono aggiunti sodalizi criminali d’origine straniera, in particolare albanese e nigeriana, attivi principalmente nel traffico di stupefacenti e nella tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione.
Anche nel mercato immobiliare si segnala nella regione un notevole attivismo delle cosche mafiose, in particolare nella città di Bologna. Si tratta di un settore strategico, che consente di reinvestire capitali illeciti ed acquisire patrimoni immobiliari, in genere utilizzando acquirenti fittizi. Anche in questo caso si rivela fondamentale il ruolo giocato da “faccendieri” locali e prestanome nel mondo delle professioni. Il riciclaggio risulta così essere una delle attività più fiorenti della criminalità organizzata in Xxxxxx-Romagna e si manifesta attraverso acquisti di attività commerciali, imprese ed immobili.
Anche l’area della Romagna è stata interessata da una crescente infiltrazione delle mafie, come testimoniano le diverse inchieste condotte dall’autorità giudiziaria. Nella riviera romagnola, ed in particolare nella provincia di Rimini, le mafie si sono concentrate in attività legate al narcotraffico, gioco d’azzardo, recupero crediti, usura, estorsioni, gestione di locali notturni, intestazione fittizia di beni ed il riciclaggio.
Ancora negli anni più recenti il controllo del mercato degli stupefacenti in Xxxxxx-Romagna assume una rilevanza fondamentale per le organizzazioni criminali. È infatti da questa attività che tali organizzazioni criminali traggono la porzione più consistente dei loro profitti, da reinvestire poi in parte anche nelle attività del mercato legale attraverso complesse attività di riciclaggio.
Secondo i dati pubblicati dalla Direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero dell’Interno, negli ultimi dieci anni (dal 2009 al 2018) in regione sono state eseguite dalle forze di polizia circa 18 mila operazioni antidroga (l’8% di quelle condotte a livello nazionale). In seguito a queste operazioni sono state segnalate all’Autorità giudiziaria circa 26 mila persone, di cui oltre la metà di origine straniera (va
detto a questo proposito che molti soggetti stranieri sono presenti nella parte terminale nella catena del narcotraffico, ovvero nell’attività di spaccio, ma questo non esclude che le organizzazioni criminali straniere ricoprano anche ruoli significativi in questo lucroso mercato). Inoltre, da queste operazioni sono state sequestrate oltre 26 mila chili di sostanze stupefacenti - 26 tonnellate - pari al 4% di quanto è stato sequestrato a livello nazionale, di cui circa l’80% di hashish e marijuana e la parte rimanente di eroina e cocaina. Se alla quantità di sostanze appena ricordate si aggiunge la quantità di droghe sintetiche anch’esse sequestrate (e qui non conteggiate), oltre alla quota di sostanze – ragionevolmente preponderante – immessa sul mercato perché non intercettata dalle forze di polizia possiamo immaginare quanto sia vasto il mercato delle droghe nella nostra regione e quanto significativi i ricavi per le organizzazioni criminali che lo gestiscono, i quali, come si è detto, vengono ripuliti e reinvestiti in attività legali spesso grazie anche al coinvolgimento di esponenti della c.d. area grigia.
Il riciclaggio dei capitali illeciti è infatti l’attività terminale per bonificare i capitali provenienti da tutta una serie di attività criminali e che avviene attraverso più fasi e una molteplicità di canali che si vanno sempre di più affinando e moltiplicando man mano che aumentano gli strumenti per contrastarlo: dalla immissione dei capitali nel circuito finanziario attraverso banche, società finanziarie, uffici di cambio, centri off-shore e altri intermediari, alla loro trasformazione in oro, preziosi, oggetti di valore, assegni derivanti da false vincite al gioco, ecc., fino appunto all’investimento in attività lecite a ripulitura avvenuta.
Nel corso degli ultimi decenni l’attività di contrasto alla criminalità organizzata si è molto concentrata sull’attacco ai capitali di origine illecita e ciò è avvenuto anche grazie al supporto di un sistema di prevenzione che è un importante complemento all’attività di repressione dei reati, intercettando e ostacolando l’impiego e la dissimulazione dei relativi proventi. In questo sistema di prevenzione l’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), istituita presso la Banca d’Italia dal d.lgs. n. 231/2007 (che è la cornice legislativa antiriciclaggio in Italia), è l’autorità incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo principalmente attraverso le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori; di dette informazioni l’UIF effettua l’analisi finanziaria, utilizzando l’insieme delle fonti e dei poteri di cui dispone, e valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi e della collaborazione con l’autorità giudiziaria, per l’eventuale sviluppo dell’azione di repressione.
Secondo i dati pubblicati annualmente da questo organismo, negli ultimi dieci anni (dal 2009 al 2018) in Xxxxxx-Romagna sono state segnalate all’UIF quasi 50.000 operazioni sospette di riciclaggio, pari al 10% di tutte le segnalazioni avvenute nel territorio nazionale. Osservandone l’andamento nel tempo, va detto che il numero di segnalazioni è aumentato costantemente in Xxxxxx-Romagna e nel resto dell’Italia, e ciò va interpretato sicuramente come un possibile tentativo di espansione criminale nell’economia legale, ma probabilmente anche di una accresciuta sensibilità e attenzione per il problema del riciclaggio da parte dei soggetti che sono incaricati a trasmettere le segnalazioni all’UIF,
ovvero principalmente degli operatori finanziari e in second’ordine dei professionisti (basti pensare che dal 2009 al 2018 il numero di segnalazioni è quasi quintuplicato sia in regione che in Italia).
Un andamento simile del fenomeno, seppure con numeri sensibilmente inferiori rispetto alle segnalazioni all’UIF, lo si riscontra nei dati delle denunce delle forze di polizia (i dati della delittuosità), secondo i quali i reati di riciclaggio in regione sono cresciuti costantemente negli ultimi dieci anni, passando dalle 95 denunce del 2009 alle 124 del 2018. Ciò detto, va tuttavia rilevato che nel decennio in esame la regione ha detenuto costantemente tassi di reato di riciclaggio inferiori alla media nazionale. Nell’ultimo anno (il 2018), ad esempio, la regione ha registrato un tasso di 2,8 denunce per riciclaggio ogni 100.000 abitanti a fronte di un tasso nazionale pari a 3,1 denunce ogni
100.000 abitanti. Naturalmente si riscontrano differenze sostanziali fra le diverse province della regione. Modena soprattutto, ma anche Ravenna e Rimini sono i territori della regione dove l’incidenza di questo reato è maggiore quasi costantemente. Nell’ultimo anno, ad esempio, il tasso per il reato di riciclaggio di Modena è risultato di 7,4 ogni 100 mila abitanti e quello di Ravenna di 3,8 a fronte di un tasso medio regionale di 2,8 ogni 100 mila abitanti.
Come è noto, i capitali illeciti, una volta ripuliti attraverso complesse operazioni finanziarie realizzate da professionisti spesso a servizio esterno delle organizzazioni criminali, altre volte strutturati al loro interno, sono immessi nell’economia legale e utilizzati per l’acquisto di attività economiche, immobili e, quando necessario, per corrompere pubblici funzionari o condizionare la politica.
Quello della corruzione è un fenomeno difficile da misurare non solo perché è difficile definirne correttamente i contorni, ma perché presenta anche, come è ovvio, un elevatissimo sommerso. Tuttavia, se ci si limita a osservare i delitti commessi negli ultimi anni in Xxxxxx-Romagna da pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, anche in questo caso si può notare una crescita non trascurabile del fenomeno. In particolare, dal 2011 al 2017 (che è l’ultimo anno per cui si dispone dei dati dell’Autorità giudiziaria), i procedimenti per i reati di questo tipo per i quali l’Autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale sono stati 2.317 (il 5% di quelli definiti in tutti i distretti giudiziari del paese). Va precisato che per quasi il 70% di questi procedimenti si è trattato di violazioni dei doveri d'ufficio e abusi, mentre la restante parte riguardava reati più strettamente collegati ai fenomeni corruttivi. In particolare, nel settennio in esame l’Autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale per 341 procedimenti riguardanti delitti di peculato, 237 di malversazione, 66 di concussione e 154 di corruzione vera e propria.
Non trascurabile, infine, è il numero di soggetti condannati con sentenza irrevocabile per avere commesso tali reati. In particolare, 949 sono i pubblici ufficiali che dal 2011 al 2017 sono stati condannati per avere commesso delitti contro la pubblica amministrazione, di cui 159 per peculato, 16 per malversazione, 54 per concussione e 93 per corruzione.
3.1.3 Procedimenti penali per i quali l’Autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale e condannati con sentenza irrevocabile dal 2011 al 2017 in Xxxxxx-Romagna per delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (valori assoluti)
2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | Totale | |
PROCEDIMENTI PENALI | ||||||||
Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione | 339 | 301 | 292 | 304 | 312 | 339 | 430 | 2.317 |
di cui: | ||||||||
delitti di peculato | 34 | 41 | 55 | 59 | 52 | 56 | 44 | 341 |
delitti di malversazione | 6 | 7 | 13 | 8 | 22 | 33 | 148 | 237 |
Concussione | 13 | 9 | 13 | 12 | 6 | 9 | 4 | 66 |
delitti di corruzione | 27 | 20 | 30 | 26 | 15 | 16 | 20 | 154 |
CONDANNATI CON SENTENZA DEFINITIVA | ||||||||
Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione | 172 | 151 | 114 | 143 | 145 | 124 | 100 | 949 |
di cui: | ||||||||
delitti di peculato | 16 | 31 | 20 | 19 | 21 | 30 | 22 | 159 |
delitti di malversazione | 1 | 0 | 0 | 1 | 4 | 6 | 4 | 16 |
Concussione | 12 | 9 | 6 | 6 | 5 | 13 | 3 | 54 |
delitti di corruzione | 13 | 13 | 13 | 18 | 9 | 8 | 19 | 93 |
Con l’adozione della X.X. 00/0000 xx Xxxxxxx Xxxxxx-Xxxxxxx ha dedicato una particolare attenzione ai progetti di promozione della legalità. Sono incentivate tutte le iniziative per la promozione della cultura della legalità sviluppate d’intesa con i diversi livelli istituzionali, ivi incluse le società a partecipazione regionale, che comprendono anche il potenziamento dei programmi di formazione del personale e lo sviluppo della trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
Numerose disposizioni sono volte a rafforzare la prevenzione dei fenomeni di corruzione ed illegalità a partire dal settore degli appalti pubblici. Tra le misure previste:
- la valorizzazione del rating di legalità delle imprese (art. 14);
- la creazione di elenchi di merito, a partire dal settore dell’edilizia ed in tutti i comparti a maggior rischio di infiltrazione mafiosa (art. 14);
- la diffusione della Carta dei Principi delle Imprese e dell’Elenco di Merito delle imprese e degli operatori economici (art. 14);
- Il monitoraggio costante degli appalti pubblici, anche in collaborazione con l’Autorità anticorruzione (art. 24);
- La riduzione delle stazioni appaltanti, favorendo la funzione di centrale unica di committenza esercitata dalle unioni di comuni (art. 25);
- La promozione della responsabilità sociale delle imprese, al fine di favorire il pieno rispetto delle normative e dei contratti sulla tutela delle condizioni di lavoro (art. 26).
Ulteriori misure specifiche vengono adottate per il settore dell’autotrasporto e facchinaggio, con il potenziamento dell’attività ispettiva e di controllo negli ambiti della logistica, e in quelli del commercio, turismo, agricoltura e della gestione dei rifiuti, anche al fine di contrastare i fenomeni del caporalato e dello sfruttamento della manodopera (artt. 35-42). Viene favorita poi una maggiore condivisione di informazioni sui controlli da parte dei corpi deputati alla protezione del patrimonio naturale, forestale e ambientale in genere, oltre al maggiore sostegno alle attività della rete del lavoro agricolo, cercando di prevenire l’insorgenza di fenomeni illeciti all’interno del contesto agricolo.
Recentemente la Giunta regionale, con propria delibera n. 2151 del 22/11/2019 ha approvato il Piano integrato delle azioni regionali per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile e la prevenzione del crimine organizzato e mafioso e dei fenomeni corruttivi relativo al biennio 2020/2021, ai sensi dell’art. 3 della L.R. 28 ottobre 2016, n. 18 "Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili”.
Per quanto attiene specificatamente le strategie regionali di prevenzione e di contrasto e dell’illegalità all’interno dell’amministrazione regionale e delle altre amministrazioni pubbliche, la Regione - in base all’art. 15 della l.r. n. 18 del 2016 - ha promosso l’avvio di una “Rete per l’Integrità e la Trasparenza”, ossia una forma di raccordo tra i Responsabili della prevenzione della corruzione e della Trasparenza delle amministrazioni del territorio emiliano-romagnolo.
Il progetto, approvato dalla Giunta regionale d’intesa con l’Ufficio di Presidenza della Assemblea legislativa, è supportato anche da ANCI E-R, UPI, UNCEM e Unioncamere, con i quali è stato sottoscritto apposito Protocollo di collaborazione il 23 novembre 2017.
La Rete, a cui hanno aderito, ad oggi, ben 195 enti (tra cui anche A.Se.R. S.r.l. e tutte le società del gruppo Ravenna Holding S.p.a.), permette ai relativi Responsabili della prevenzione della corruzione e della Trasparenza di affrontare e approfondire congiuntamente i vari e problematici aspetti della materia, creando azioni coordinate e efficaci, pertanto, di contrasto ai fenomeni corruttivi e di cattiva amministrazione nel nostro territorio.
Prosegue poi l’azione di diffusione della Carta dei Principi di responsabilità sociale di imprese e la valorizzazione del rating di legalità, attraverso i bandi per l’attuazione delle misure e degli interventi della DG Economia della Conoscenza, del Lavoro e dell'Impresa. L’adesione diviene così requisito indispensabile per l’accesso ai contributi previsti dai bandi.
Continua l’attività dell’Osservatorio regionale dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che fornisce anche assistenza tecnica alle Stazioni Appaltanti, enti e soggetti aggiudicatori del territorio regionale, per la predisposizione dei bandi, di promozione del monitoraggio delle procedure di gara, della qualità delle procedure di scelta del contraente e della qualificazione degli operatori economici. È stato realizzato l’aggiornamento dell’Elenco regionale dei prezzi delle opere pubbliche.
In relazione all’art. 34, della L.R. n. 18/2016, è continuata l’attività relativa all’aggiornamento dell’Elenco di merito degli operatori economici del settore edile e delle costruzioni. La formazione dell’Elenco di merito, che conta ad oggi 1.506 imprese iscritte, persegue due principali finalità: a) la prima è rivolta alla costituzione di una banca dati a cui le Stazioni Appaltanti, i Comuni, i committenti, i professionisti ed i cittadini possono attingere per affidare incarichi alle imprese; b) la seconda riguarda l’attuazione del principio della semplificazione offrendo la possibilità, ove si realizzino le condizioni normative ed organizzative, di non dover ripresentare i medesimi documenti previsti per altri adempimenti.
È stato aggiornato e adeguato al nuovo Codice degli appalti pubblici D. Lgs. 50/2016 e xx.xx. ii. il sistema informativo SITAR, ora denominato SITAR 2.0; l’Osservatorio regionale, quindi, con il un nuovo sistema informativo, a partire dagli ultimi mesi del 2017, ha svolto in modo più efficace la propria attività di monitoraggio dell’intero ciclo di realizzazione degli appalti pubblici dalla fase di programmazione a quella del collaudo, tenendo conto delle sue specificità in relazione alla tipologia e all'importo. Il SITAR 2.0 permette inoltre di assolvere in modo unitario alle diverse esigenze di monitoraggio dei vari organismi legalmente deputati, concentrando in un'unica banca dati le diverse informazioni e semplificando l'azione di invio, realizzando quindi il monitoraggio previsto dal Codice dei contratti pubblici in modo completamente informatico e rendendolo più efficiente e meno gravoso per i soggetti coinvolti.
Con l’approvazione della nuova legge urbanistica regionale (L.R. 21 dicembre 2017 n. 24 - Disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio), sono state introdotte norme ed obblighi specifici di contrasto dei fenomeni corruttivi e delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’ambito delle operazioni urbanistiche. In particolare, l’articolo 2 (Legalità, imparzialità e trasparenza nelle scelte di pianificazione), oltre a ribadire che le amministrazioni pubbliche devono assicurare, anche nell’esercizio delle funzioni di governo del territorio, il rispetto delle disposizioni per la prevenzione della corruzione, la trasparenza e contro i conflitti di interesse, definite dalle leggi statali e dall’ANAC, introduce inoltre l’obbligo di acquisire l’informazione antimafia, disciplinata dall’articolo 84 del D. Lgs. 159/2011, relativamente ai soggetti privati che propongono alle amministrazioni comunali l’esame e l’approvazione di progetti urbanistici, nell’ambito dei diversi procedimenti regolati dalla legge (accordi operativi, accordi di programma e procedimento unico per i progetti di opere pubbliche e di interesse pubblico e per le modifiche di insediamenti produttivi).
A seguito di diversi incontri tematici e della deliberazione di Giunta n. 15 del 8 gennaio 2018, è stato sottoscritto il 9 marzo 2018 il Protocollo di intesa per la legalità negli appalti di lavori pubblici e negli interventi urbanistici ed edilizi, tra la Regione, il Commissario delegato per la ricostruzione e le nove Prefetture/Uffici territoriali del governo, operanti in Xxxxxx-Romagna, volto ad incrementare le misure di contrasto ai tentativi di inserimento della criminalità organizzata nel settore delle opere pubbliche e dell’edilizia privata, migliorando l'interscambio informativo tra gli enti sottoscrittori, garantendo maggiore efficacia della prevenzione e del controllo, anche tramite l'estensione delle verifiche antimafia a tutti gli interventi finanziati con fondi destinati alla ricostruzione. Nell’ambito di tale Protocollo, volto ad aggiornare, integrare e rinnovare l’omologo accordo siglato il 5 marzo 2012, tra la Regione e le Prefetture, oltre a recepire il nuovo Codice degli appalti pubblici, con la deliberazione di Giunta n. 2032 del 14/11/2019, è stato approvato l’Accordo attuativo dell’Intesa per la legalità firmato il 9 marzo 2018 per la presentazione alle Prefetture-UTG, attraverso il sistema informativo regionale SICO della notifica preliminare dei cantieri pubblici, di cui all’art. 26 del Decreto Legge 4 ottobre 2018,
n. 113 (convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2018, n. 132). Tale Accordo dà anche attuazione a quanto previsto dagli art. 30 e 31, della LR. 18/2016, in materia di potenziamento delle attività di controllo e monitoraggio della regolarità dei cantieri.
Inoltre, si prevedono anche misure indirizzate ad agevolare l’attuazione dell'art. 32 della L.R. 18/2016 sul requisito della comunicazione antimafia per i titoli abilitativi edilizi relativi ad interventi di valore complessivo superiore a 150mila euro, nonché l’attuazione delle richiamate norme della nuova legge urbanistica regionale (L.R. n. 24 del 2017) inerenti all’obbligo di informazione antimafia per i soggetti privati proponenti progetti urbanistici.
Con il Protocollo, firmato il 9 marzo 2018, per le specifiche esigenze legate al processo della ricostruzione post-sisma, fino alla cessazione dello stato di emergenza, il Commissario delegato alla ricostruzione si impegna a mettere a disposizione delle Prefetture che insistono sul cd. “cratere” (Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Xxxxxx) le risorse umane necessarie e strumentali con il coinvolgimento, anche ai fini della programmazione informatica, di personale esperto.
Va rimarcato che il Protocollo migliora l’interscambio informativo tra le Prefetture e le altre Pubbliche amministrazioni per garantire una maggiore efficacia e tempestività delle verifiche delle imprese interessate, ed è anche teso a concordare prassi amministrative, clausole contrattuali che assicurino più elevati livelli di prevenzione delle infiltrazioni criminali.
Va rimarcato, inoltre, che le misure di prevenzione e contrasto ai tentativi di infiltrazione criminale e mafiosa sono estese non solo all’ambito pubblico, ma anche al settore dell’edilizia privata puntando a promuovere il rispetto delle discipline sull’antimafia, sulla regolarità contributiva, sulla sicurezza nei cantieri e sulla tutela del lavoro in tutte le sue forme.
Con la sottoscrizione di accordi di programma, la Regione poi ha sostenuto un ampio spettro di azioni nell’ambito della promozione della cultura della legalità: interventi di sensibilizzazione e formativi, specialmente per i più giovani; costituzione di “Centri per la legalità”; attivazione di Osservatori locali sulla criminalità organizzata e per la diffusione della cultura della legalità. Ne è stata sostenuta la creazione: nella provincia di Rimini, nella Città Metropolitana di Bologna, nelle amministrazioni comunali di Forlì e Parma e nelle Unioni Terre d’Argine (MO) e Tresinaro Secchia (RE).
Per quanto riguarda invece il contesto locale, non si registrano forme di radicate di criminalità organizzata, sebbene nel territorio siano presenti esponenti di gruppi criminali di matrice mafiosa.
Le attività illecite risultano per lo più concentrate nel comparto turistico-alberghiero e spaziano dal gioco d’azzardo, usura, estorsione e reimpiego di capitali alla detenzione e spaccio di stupefacenti e ai reati predatori.
Nel contesto territoriale in cui opera Azimut S.p.A., seppur caratterizzato da fenomeni criminosi limitati, la corruzione è percepita come fenomeno che può interessare diversi settori di attività, tra i quali, come nel resto del Paese, quello degli appalti pubblici. La cronaca locale, a tal riguardo, non ha registrato particolari fenomeni, fatta eccezione per la pubblicazione delle recentissime indagini a carico di dipendenti di società partecipata da enti locali quotata in borsa nei confronti dei quali sono state ipotizzate condotte – allo stato – riconducibili alle fattispecie di concussione e induzione indebita.
3.2 Contesto interno
Azimut S.p.A. è società mista a capitale pubblico-privato, costituita a seguito di procedura concorsuale a c.d. “doppio oggetto” per la scelta del socio privato con compiti operativi.
Appare quindi di estrema rilevanza analizzare lo svolgimento in concreto del rapporto tra “controllo” (demandato sostanzialmente alla parte “pubblica”) e la “gestione” (demandata sostanzialmente alla parte “privata”).
Ne consegue la necessità di verificare in via prioritaria la regolazione in concreto del potenziale conflitto di interessi all’interno della società.
E’ necessario inoltre approfondire gli aspetti relativi alla possibilità di svolgere attività sul libero mercato ulteriori rispetto al partenariato, al fine di distinguere conseguentemente la sfera “pubblicistica” da quella “privatistica”.
3.2.1 Regolazione del conflitto
Si analizzano gli aspetti relativi ai potenziali conflitti di interessi conseguenti nella strutturazione di una
società mista, che svolge attività di servizi pubblici locali e comunque di interesse generale, in regime di concorrenza per il mercato.
Essa pertanto può operare su investitura di tali enti pubblici solo ed esclusivamente previo confronto “per il mercato” con altre imprese concorrenti in condizioni di assoluta parità, mentre può gestire in affidamento altri servizi per enti pubblici e verso altri soggetti, in regime di concorrenza.
La strutturazione tipica del partenariato istituzionale pubblico privato di derivazione comunitaria prevede sostanzialmente che la “gestione” sia affidata alla componente privata, mentre la parte pubblica esercita sostanzialmente il “controllo”.
L’organizzazione aziendale deve conseguire necessariamente alla ripartizione “gestione- controllo”, al fine di garantire la corretta esplicazione di entrambe i ruoli.
In considerazione della descritta natura e struttura della Società, il modello deve tenere conto in particolare della:
1. presenza nella gestione della società di amministratori di nomina privata, adottando strumenti e cautele sulle possibili commistioni di interesse in relazione ai contratti affidati dalle società ai soci privati;
2. natura di stazione appaltante ed al contempo di imprese operanti sul libero mercato per acquisire ulteriori affidamenti, con possibile commistione di interesse con imprese partecipanti ad appalti indette dalle società e possibili partner della società stessa per eventuali nuove acquisizioni.
Il nuovo Statuto sociale, i patti parasociali e le determine del C.d.A. hanno stabilito poteri incisivi a favore dell’Amministratore Delegato (la cui nomina spetta per patto parasociale alla componente “privata”), mentre il Presidente (di designazione “pubblica”) mantiene poteri di rappresentanza riguardo ai rapporti con enti/autorità, ma anche di controllo dell’attività aziendale. Quest’ultima delega appare di rilevante importanza e responsabilità con riferimento al controllo dell’attività dell’Amministratore Delegato, a seguito della decisione assunta dal C.d.A. di non sostituire il Direttore Generale posto in quiescenza nel 2013, nonostante tale opzione fosse statutariamente prevista.
L’art. 23, comma 6 dello Statuto prevede la possibilità di nominare il Direttore Generale, deputato ad esercitare i poteri di ordinaria amministrazione attribuiti dal Consiglio di Amministrazione.
In quanto non componente il C.d.A., il Direttore può gestire, se delegato, le materie espressamente a quest’ultimo riservate al C.d.A. e non delegabili a suoi componenti, incluse quelle relative ai rapporti contrattuali con il “socio privato”.
All’interno del Consiglio di Amministrazione viene inoltre istituito un “Comitato per il controllo e rischi”,
al quale partecipano gli amministratori che non hanno ricevuto deleghe di poteri gestori (art. 22, co. 12 dello Statuto).
Sulla base del Regolamento del Comitato, approvato, come da Statuto, dall’Assemblea Ordinaria del 15.02.2013, su proposta del Consiglio di Amministrazione del 15.02.2013, il Comitato ha il compito di assistere, con funzioni di vigilanza, istruttorie e consultive, il Consiglio di Amministrazione, anche nei confronti dell’Organismo di Vigilanza.
Fino al 31.03.2013 è stato in carica un Direttore Generale, cui il C.d.A. aveva delegato tra le altre la gestione ordinaria nel rapporto con il socio.
Dal 01.04.2013 il C.d.A. ha ritenuto di non procedere alla nomina di un nuovo Direttore Generale, per cui per il controllo del rapporto con il socio privato ha assunto ulteriore rilevanza il Comitato.
La composizione del Comitato ulteriormente decisa dal Cda è riservata unicamente da componenti di nomina del socio “pubblico”: il Comitato è infatti dichiaratamente funzionale ad attivare uno strumento operativo di controllo dell’attività societaria nel rapporto “sensibile” con il socio privato. Tale funzione di “controllo” appare direttamente connessa alla natura di società mista costituita mediante esperimento di gara a c.d. “doppio oggetto”, in cui alla componente privata viene sostanzialmente demandata la “gestione” ed a quella pubblica il “controllo”. L’attività del Comitato deve tenere altresì conto della scelta organizzativa di non nominare un Direttore Generale e dei poteri affidati all’Amministratore Delegato di nomina “privata”.
Il Comitato, fin dalla seduta del 07.05.2013, ha analizzato nel dettaglio il rapporto contrattuale tra Azimut ed il socio privato Antares Sc rl stabilendo i seguenti indirizzi:
a) per il flusso di pagamenti tra Azimut S.p.a. ed Antares S c a rl deve essere utilizzato un conto dedicato ed esclusivo, in cui tracciare tutti pagamenti;
b) il saldo annuale dell’attività “ordinaria” deve essere preventivamente trasmessa al Comitato di Controllo e successivamente approvato dal Consiglio di Amministrazione;
c) le spese in economia mensilmente effettuate ricollegate alle prestazioni “ordinarie” devono essere comunicate al Comitato, qualora siano particolarmente rilevanti (superiori ad €. 5.000,00 + Iva per specifico servizio);
d) tutte le spese per affidamenti ulteriori non previste nel contratto base ed al di fuori della nozione di spesa accessoria in economia, (definibili quindi per quanto detto più sopra come “straordinarie”), devono essere preventivamente comunicate al Comitato di Controllo.
E’ stato costituito un unico Albo fornitori oltre che per Azimut S.p.a. anche le società controllate da Ravenna Holding S.p.a., sulla base di accordi tra società. Ravenna Holding S.p.A. gestisce con la propria struttura l’Albo per sé e per le società interessate e quindi anche per Azimut S.p.a. sulla base di specifico mandato. Azimut S.p.a. accede all’Albo in riferimento alle fattispecie contrattuali richieste, operando sulla base della propria autonoma capacità negoziale e quindi sotto la propria esclusiva responsabilità.
Per questa ragione i fornitori di servizi e gli appaltatori devono essere selezionati da Azimut S.p.a. mediante accesso agli Albi istituiti e gestiti da Ravenna Holding S.p.A. sulla base di regolamentazione predeterminata, pubblicizzata e con accesso continuo: Azimut S.p.a. non può incidere su tali elenchi. Ferma l’esigenza di contemperare la massima partecipazione alle procedure di gara e nel contempo di perseguire l’economicità della gestione, Azimut S.p.a. applica inoltre di norma il principio di “rotazione” delle imprese interpellabili sotto soglia comunitaria (art. 36 del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.) nei casi e secondo le procedure individuate al Regolamento aziendale, dalla normativa vigente Linee Guida Anac. In considerazione delle incertezze interpretative sull’applicazione del principio di “rotazione”, Azimut S.p.a. segue costantemente l’evoluzione giurisprudenziale in particolare del Consiglio di Stato, al fine di adeguarne la concreta attuazione.
L’ambito dei contratti affidabili utilizzando l’Albo è quello c.d. “sottosoglia” (per un importo massimo di € 214.000,00 esteso a tutti le tipologie contrattuali – lavori, forniture, servizi). Oltre a tale soglia si applica in xxx xx xxxxxxxxxxxxxxx - xxx xxxxxx xx dirà più avanti - la normativa di cui al D.Lgs. n. 50/2016 così come richiamata all’art. 3 del “Regolamento per il Conferimento di Contratti” (Documento AZQG15R)
Risultano altresì istituiti ulteriori n. 2 Albi, gestiti da Ravenna Holding S.p.a. (per sé e per le società controllate, tra cui Azimut S.p.a.) per le stesse finalità più sopraindicate, che consentono di dare copertura “integrale” all’attività contrattuale:
a) Albo per l’affidamento di servizi legali (per importi inferiori ad €. 40.000,00, escluso Xxx e contributo associativo), regolato da apposito disciplinare;
b) Albo per l’affidamento di servizi di ingegneria ed architettura (per importi inferiori ad €. 40.000,00, escluso Xxx e contributo associativo), regolato da apposito disciplinare.
Attraverso la costituzione dei tre Albi che copre complessivamente l’area contratti sotto soglia, si danno quindi regole certe in accesso e si precostituiscono elenchi di fornitori/appaltatori non gestiti da Azimut S.p.a., ma dalla società capogruppo. Azimut S.p.a. opera nell’ambito della sua autonoma capacità negoziale, operando all’interno del perimetro di tali elenchi, attraverso regole predefinite di selezione indicate dal regolamento aziendale.
La tematica è trattata diffusamente al paragrafo “5. Profilo dell’organizzazione” del documento AZRB01 Modello Organizzativo per la Responsabilità Amministrativa ed il contrasto alla corruzione.
Si precisa in ogni caso che tra dicembre 2020 e marzo 2021 i tre Albi (fornitori e appaltatori, professionisti e tecnici, legali) giungeranno a naturale scadenza, determinando il termine della prima fase di attuazione degli stessi.
In considerazione degli standard UNI EN ISO 9001 e 37001 applicati da Azimut S.p.A., in una logica di miglioramento continuo, la Società ha proposto a Ravenna Holding (che gestisce gli Albi anche al fine di evitare conflitti di interesse) di valutare l’adozione di una diversa modalità funzionale di gestione
degli stessi, mediante procedure informatizzate che riguardino tanto l’accesso quanto la tenuta degli albi medesimi.
Si ritiene peraltro che in tale sede potrà valutarsi inoltre la funzionalità della gestione degli albi, con riferimento alle fasi successive alla candidatura e con specifico riferimento alla qualificazione dei fornitori/professionisti, anche mediante l’introduzione di modalità di attribuzione automatizzata dei punteggi.
3.2.2 L’attività sul libero mercato di Azimut S.p.a.
Sulla natura della società mista Azimut S.p.a. costituita in società mista a seguito di gara a c.d. “doppio oggetto” e sulla possibilità di acquisire commesse al di fuori del partenariato e quindi sul paino “privatistico” (interessante i profili del D.Lgs. n. 231/2001 e non quelli della L. n. 190/2012), si premettono i seguenti oggettivi elementi di sintesi:
• con decorrenza 01.07.2012 Azimut S.p.a. ha acquisito il carattere di società mista a seguito di gara ad evidenza pubblica c.d. a “doppio oggetto”, che ha comportato l’affidamento (per la durata di quindici anni) di servizi, indissolubilmente connessi alla presenza del socio privato;
• la procedura seguita è parificata a tutti gli effetti ad una procedura ad evidenza pubblica di affidamento a terzi. Attraverso la specifica procedura l’ente locale ha inteso “conformare la società Azimut S.p.a. quale società mista pubblico-privata per la gestione dei servizi pubblici locali”;
• lo Statuto societario, modificato a seguito dell’entrata del socio privato nella compagine sociale, prevede espressamente sia la possibilità di operare con i “soci” nell’ambito di servizi pubblici locali sia di ricevere affidamenti di “terzi”. Ne consegue, che oltre ai servizi pubblici locali, sono possibili altri servizi per enti pubblici e verso altri soggetti in regime di concorrenza;
• non appare discutibile, sulla base di giurisprudenza ampiamente consolidata, la partecipazione a procedure di gara per l’affidamento di ulteriori servizi di qualsiasi tipologia per una società mista costituita con gara a c.d. “doppio oggetto” per la scelta del socio privato e per l’affidamento dei servizi.
Per quanto sopra appare di chiara evidenza che, a partire dal 01.07.2012, Azimut S.p.a. è una società mista la quale attraverso la c.d. gara a “doppio oggetto” pienamente rispondente ai requisiti normativi (comunitari e nazionali) e giurisprudenziali, ha ottenuto l’affidamento di servizi attraverso una procedura a tutti gli effetti parificata a quella di gara per affidamento a terzi. Lo Statuto di tale Società ha disposto una radicale cesura rispetto al precedente periodo di attività, prevedendo esplicitamente un oggetto sociale non esclusivo.
3.2.2.1 La procedura di gara a c.d. “doppio oggetto” come procedura ad evidenza pubblica concorrenziale.
3.2.2.1.1. Orientamenti giurisprudenziali.
Come detto, l’affidamento ad una società mista costituita con gara a c.d. “doppio oggetto”, volta a definire la scelta del socio privato e contestualmente l’affidamento del servizio, è una modalità ad evidenza pubblica del tutto parificata a quella dell’affidamento a terzi. Su questo aspetto è concorde ampia e variegata giurisprudenza.
Il modello della gara a c.d. “doppio oggetto” ha avuto ampio e dettagliato avvallo da parte del Consiglio di Stato (per tutte, Consiglio di Stato Sez. VI 16 marzo 2009, n. 1555. Si tratta del resto di sentenze ampiamente reperibili, per cui appare inutile un elenco di dettaglio), nonché della stessa Corte dei Conti. Per l’autorevolezza della fonte e la chiarezza della disposizione, si cita Corte dei Conti Sezione Autonomie deliberazione n. 15/SEZAUT/2014 FRG del 06.06.2014 (che esplicita la differenza tra affidamento a società mista con gara a doppio oggetto parte e affidamento diretto - o senza gara):
“3.5 Affidamento a società mista con gara a doppio oggetto”:
“Il partenariato pubblico-privato istituzionalizzato (cosiddetto PPPI) diventa, quindi, una delle tre modalità di organizzazione dei servizi pubblici (accanto al ricorso al mercato e all’affidamento in house). Tale affidamento si realizza attraverso la cosiddetta gara a doppio oggetto (riguardante sia la qualità di socio sia la gestione del servizio), in cui la società viene costituita per una specifica missione in base a una gara che ha ad oggetto la scelta del socio e l’affidamento della missione stessa. Il principio della gara a doppio oggetto è stato espressamente previsto dall’art. 4, co. 12, d.l. n. 138/2011 (ora abrogato), che, sul punto, recepiva un orientamento consolidato in ambito comunitario, certamente sopravvissuto alla declaratoria di illegittimità costituzionale della citata norma.
La gara a doppio oggetto è fattispecie diversa dall’affidamento diretto di ulteriori appalti a una società mista già costituita. In quest’ultima ipotesi, infatti, si è in presenza di società miste c.d. aperte nei cui confronti non è possibile derogare al principio della gara”.
paragrafo “3. 6. L’affidamento in house”
“L’affidamento diretto (o senza gara), in deroga alle regole della concorrenza, è consentito a determinate condizioni, in presenza delle quali si configura il modello dell’in house providing:
a) società a capitale interamente pubblico;
b) esercizio di attività prevalente per l’ente pubblico;
c) controllo analogo da parte del socio pubblico.
Il controllo societario totalitario può considerarsi il presupposto degli affidamenti senza gara, che sono consentiti solo se è dimostrato che l’ente affidante è in grado di determinare le scelte del
soggetto affidatario. Di qui gli ulteriori requisiti del “controllo analogo” e della “prevalenza” dell’attività a favore dell’ente pubblico”.
Sulla piena conferma della gara a c.d. “doppio oggetto” tra le tre autonome forme di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali (e quindi sulla fondamentale differenza tra affidamento con gara a c.d. “doppio oggetto” e “in house), può citarsi se non altro perché recentissima Consiglio di Stato Stato, Sez. V, 10/9/2014 n. 4599.
Limitandoci per significatività alla giurisprudenza contabile, appare particolarmente esplicita e degna di nota Corte dei Conti Sez. Reg. per il Controllo Liguria 10.01.2012, n. 7 che perviene alle conseguenti chiare conclusioni riguardo all’esclusione per tali società dei vincoli in materia di personale: “…, in quanto l’affidamento in favore di siffatta società riveste natura concorrenziale.”.
3.2.2.1.2 La coerente applicazione del modello da parte del Consiglio Comunale di Ravenna.
Il Consiglio Comunale di Ravenna, all’atto di approvare gli esiti dell’affidamento, ha evidenziato che “il modello di gestione della società mista attuata secondo il PPPI costituisce una forma trasparente, imparziale e non discriminatoria di apertura al mercato tanto quanto la selezione tramite gara a terzi, in accordo alla normativa, alla giurisprudenza nazionale ed alla prassi comunitaria insegnano”… “l’utilizzo dello schema della società mista sul presupposto della gara a
c.d. doppio oggetto (sia per la qualità di socio che per l‘affidamento dei servizi da esso gestiti) alternativa alla gara per l’affidamento dei servizi, in rapporto alla natura stessa di Xxxxxx S.p.a., come società pluriservizi rende strutturalmente connaturate le sinergie operative e gestionali tra i servizi gestiti, conseguendo logicamente - al fine di preservare le medesime sinergie – la stessa caratterizzazione “pluriservizi “ dei compiti operativi del socio privato”. (deliberazione P.G. 48839 P.V. 51 del 26.04.2012).
Con il medesimo atto il Consiglio Comunale, approvando le risultanze della gara bandita da Ravenna Holding in quanto soggetto “delegato”, ha espressamente riconosciuto che la delega è stata correttamente eseguita, prendendo esplicitamente atto delle sopravvenute modifiche normative in corso di gara (nelle premesse è riportato nel dettaglio l’iter seguito), permanendo in ogni caso fermo l’ambito comunitario della procedura attuata. Ogni effetto sull’assegnazione è del resto conseguente all’approvazione degli atti da parte del Consiglio Comunale, in quanto “delegante”.
L’affidamento quindicennale è un nuovo affidamento ed è legato inscindibilmente alla nuova
configurazione societaria. Sono venuti infatti meno tutti gli affidamenti prorogati dagli enti (“nel momento in cui avverrà l’acquisto delle azioni di Xxxxxx S.p.a. da parte del socio risultato aggiudicatario, l’affidamento transitorio cesserà automaticamente” deliberazione del Consiglio Comunale di Ravenna P.G. 132186 P.V. 197 del 27.12.2010).
Su un “vero e proprio favor per il partenariato pubblico/privato e gli organismi misti” del diritto comunitario si esprime del resto la recente sentenza della Corte Costituzionale 16 luglio 2014, n.
199. Sussiste pieno accordo con i principi dei Trattati e con la giurisprudenza comunitaria, “presupponendo infatti che il socio privato della società mista venga scelto con procedura ad evidenza pubblica e con gara cosiddetta “a doppio oggetto”, nella quale siano contestualmente definite le caratteristiche del servizio, esaurisce, in tal modo, la fase concorrenziale e ottempera a tutti i requisiti richiesti dal diritto dell’Unione europea.”
La “governance” societaria di Xxxxxx S.p.a., così come risultante dagli atti approvati in sede di gara dagli stessi Consigli Comunali (tra cui in particolare, lo statuto ed i patti parasociali) delinea un modello, in cui - in ossequio alla costruzione comunitaria dell’affidamento di servizi pubblici locali con gara a c.d. “doppio oggetto” – gli aspetti rilevanti relativi alla “gestione” sono affidati sostanzialmente al socio “privato” ed il “controllo” sostanzialmente al socio “pubblico””. Spetta pertanto coerentemente alla componente “privata” la designazione dell’amministratore delegato, nell’ambito di un consiglio di amministrazione la cui maggioranza dei componenti è espressa comunque dal socio “pubblico”. Del pari, nella medesima logica, il Comitato di Controllo Interno, con competenze specifiche anche di verifica dei rapporti operativo-gestionali con il socio “privato”, è composto dai soli consiglieri di amministrazione di designazione “pubblica”.
3.2.2.2 Legittimità della partecipazione di una società mista costituita con gara a c.d. “doppio oggetto” a procedure di gara per servizi al di fuori del partenariato.
La piena legittimità della partecipazione di una società mista costituita come sopra a procedure di gara per l’affidamento di servizi al di fuori del partenariato è altrettanto indiscussa. Lo afferma anche in questo caso in modo del tutto concorde ampia e variegata giurisprudenza, sulla base di un consolidato indirizzo comunitario (che per inciso non preclude in assoluto neppure alle società in house la partecipazione alle gare): si cita, tra le varie, TAR Calabria Reggio Calabria Sez. I 16 giugno 2010 n. 561 (conforme: TAR Calabria Reggio Calabria Sez. I 23 marzo 2011 n. 298), Consiglio di Stato Sez. V 11.04.2011 n. 2222 (che conferma la sopracitata sentenza di TAR); la stessa Corte dei Conti Sez. Reg. per il Controllo Liguria 10.01.2012 n. 7 (che cita ed aderisce alla succitata sentenza del Consiglio di Stato), Consiglio di Stato V Sezione 7 luglio 2009 n. 4346; Consiglio di Stato Sez. V 11 gennaio 2011 n. 77; TAR Lazio Roma Sez. II 28 maggio 2013 n.
5356 - riguardo alle ultime tre sentenze, in relazione a società che erogano servizi pubblici locali anche ad oggetto non esclusivo).
3.2.2.3 Le attività effettuabili da parte di Azimut.
La deliberazione del Consiglio Comunale di Ravenna P.G. 76255 P.V. 132 del 29 luglio 2009 “Ricognizione delle società partecipate ai sensi dell’art. 3 commi da 27 a 29 della Legge 24.12.2007, n. 244. Determinazioni conseguenti” già a suo tempo catalogava esplicitamente i servizi svolti dalla Società: “10) Azimut S. p.a. Svolge attività di gestione di servizi pubblici locali”. Del resto, unicamente a titolo di esempio immediato, alla gestione dei servizi cimiteriali (che rappresenta di per sé il 60% del fatturato) riguarda la gestione di un servizio pubblico locale (la stessa citata delibera lo dichiara “ai sensi dell’art. 5 comma 2 della legge regionale n. 19/2004. I servizi cimiteriali o necroscopici vengono qualificati servizi pubblici”).
Sono servizi che comportano un’utilità per la collettività, con un beneficio per l’utenza diffusa sul territorio.
Il dispositivo della delibera del Consiglio Comunale di Ravenna P.G. 132186 P.V. 197 di avvio della procedura di gara dispone di “conformare la società Azimut S.p.a. quale società mista pubblico-privata per la gestione dei servizi pubblici locali”.
Lo Statuto di Azimut (Statuto della Società mista in essere dal 01.07.2012), oltre a prevedere servizi per i “soci” sono “svolti in regime di conformità alla disciplina dei servizi pubblici locali” e regolati di contratti di servizio, delinea inequivocabilmente un oggetto non esclusivo, comprendendo espressamente servizi per i “soci” e servizi per “terzi” ( “La società ha per oggetto l’esercizio dei servizi di interesse generale affidati da parte di enti soci e/o altri soggetti…), questi ultimi svolti e regolati necessariamente da regimi diversi rispetto a quello indicato per gli “enti soci”. I servizi sono indicati nell’ambito di un elenco che peraltro non appare esaustivo e che comprende in tal senso, tra l’altro, “la gestione di servizi manutentivi” non riferiti alle specifiche attività indicate in elenco.
A più autorevole riprova, il Consiglio Comunale di Ravenna stesso (in quanto socio indiretto di Azimut attraverso la capogruppo Ravenna Holding S.p.a..) ha definito quali obbiettivi 2013 (delibera C.C. n. 70/81040 del 27.06.2013) e 2014 (delibera C.c. n. 50/46550 del 14.04.2014) per questa società di assumere “nuove commesse” anche “da privati”.
Peraltro, per tali nuovi affidamenti Azimut concorre sul mercato al pari di ogni altro operatore privato.
3.2.2.4 L’esclusione dalla fattispecie dell’art. 13 del D.L. 223/2006 (convertito nella L. 248/2006) di società miste che erogano servizi pubblici locali, anche con oggetto societario non esclusivo, costituite con procedura ad evidenza pubblica a c.d. “doppio oggetto” e non titolari di affidamenti diretti (norma abrogata dall’art. 28 1° comma lett. d) del D.Lgs. n. 175/2016)
L’art. 13 del D.L. 223/2006 convertito nella L. 248/2006 (nel testo in precedenza vigente, modificato dall’art. 18 comma septies della L. n. 2/2009 e dall’art. 45 della L. n. 99/2009), come noto, contempla l’espressa esclusione dalla fattispecie dei servizi pubblici locali (“con esclusione dei servizi pubblici locali”) e quindi di Azimut S.p.A.
Richiamato pertanto quanto sopra chiaramente specificato alla precedente rubrica C, si riporta altresì estratto della nota sentenza Consiglio di Stato Sez. V 11 gennaio 2011, n. 77 in base alla quale una società che gestisce servizi pubblici locali, non ad oggetto sociale esclusivo (comprendendo quindi anche altri servizi per gli enti e servizi sul mercato, come del resto previsto dallo Statuto di Azimut) è esclusa comunque dalla fattispecie di cui all’art. 13 citato:
“Mentre i divieti e gli obblighi imposti dal 1^e 2^ co. del predetto art.13 (con la sanzione prevista dal successivo 4^ co. della nullità dei contratti stipulati in violazione di detti divieti e di detti obblighi) trovano una ben ragionevole giustificazione per le società c.d. strumentali, non altrettanto ragionevole nè fondata (soprattutto in base alla “ratio” della predetta norma) appare l’applicazione della stessa anche per quelle società c.d. “miste” (partecipate da soggetti pubblici e privati) che, pur non avendo un oggetto sociale esclusivo circoscritto come tale alla sola operatività con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti (e quindi svolgendo sia servizi pubblici locali, sia altri servizi e forniture di beni a favore degli enti pubblici e privati partecipanti nonché a favore di altri enti o loro società o aziende pubbliche e private), operano comunque nel pieno rispetto delle regole di concorrenza imposte dal mercato ed altresì nel pieno rispetto delle regole previste per le procedure di affidamento dei contratti pubblici.
…. Invero, in adesione a quanto già rilevato nella predetta decisione di questa Sezione (n.4346/2009), deve al riguardo ribadirsi che le società miste che svolgono servizi pubblici locali non devono necessariamente avere un oggetto sociale esclusivo e limitato soltanto allo svolgimento di detti servizi. Ciò perché tali società, in quanto soggetti giuridici di diritto privato, devono comunque operare sul mercato nel pieno rispetto delle regole della concorrenza e possono conseguire l’aggiudicazione di detti servizi pubblici locali solo nel rispetto delle ulteriori regole previste per i contratti pubblici. “
Le Conclusioni dell’ANCI nella “Nota informativa sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 77 dell’11 gennaio 2011 sulla non applicabilità del divieto di partecipazione a gare d'appalto relative a servizi
strumentali, di cui all'art. 13 del D.L. n.223/06 s.m.i, alle società miste partecipate da soggetti pubblici e privati” del 07.11.2011 sanciscono:
“CONCLUSIONI. Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale, dunque, è legittima la partecipazione di società miste che gestiscono servizi pubblici locali alle gare per il conferimento di servizi strumentali alle attività delle amministrazioni, non trovando applicazione i divieti di cui all’articolo 13 del Bersani.
In via prudenziale però occorre rilevare non solo la natura “mista” del capitale sociale e le modalità di costituzione della società, ma soprattutto il fine specifico per il quale la stessa è stata costituita. In tal senso se la società mista è stata costituita solo per gestire attività o servizi strumentali per il/i socio/soci, allora trovano applicazione i previsti divieti e l’obbligo di esclusività.
Se invece la costituzione della società mista è avvenuta quale modello organizzativo di gestione dei servizi pubblici locali per la collettività, in questo caso non trovano applicazione né i divieti del comma 9 dell’articolo 00 xxx (XXX Xxxxxxxx n. 561/2010) né i divieti del l’articolo 13 del dl 223/2006 s.m.i., quindi tali società possono svolgere attività o servizi ulteriori, sia pubblici locali che strumentali, anche partecipando alle gare.”
Si ribadisce in ogni caso, come ampiamente documentato, che Azimut S.p.a. non è titolare di affidamenti diretti da parte degli enti locali proprietari, essendole stati affidati i servizi con procedura di gara a c. d. “doppio oggetto” in tutto e per tutto assimilata ad una tradizionale gara per l’affidamento a terzi.
La ricostruzione soprariportata non appare modificata dal sopravvenire dell’art. 17 del D.Lgs. n. 175/2016.
Il comma 1° prevede che “1. Nelle società costituite per le finalità di cui all', la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al trenta per cento e la selezione del medesimo si svolge con procedure di evidenza pubblica a norma dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e ha a oggetto, al contempo, la sottoscrizione o l'acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato e l'affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell'attività della società mista.”.
L’art..4, comma 2, lettera c), prevede come finalità la “c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all'articolo 17, commi 1 e 2;”.
Di particolare, interesse è il riferimento ad un “contratto di appalto o di concessione”, contenuto nell’art. 17 1° comma del D.Lgs. n. 50/2016, come elemento teso ad ampliare la sfera di attività “istituzionale” della società.
Il riferimento all’ “appalto” non escluderebbe di per sé possibili profili di strumentalità dell’attività nell’ambito di un’interpretazione sistemica, al di là dello stretto dato letterale del sopracitato art. 4 comma 2 lett. c).
In ogni caso l’opzione (appalto o concessione) è pienamente compatibile con una nozione ampia di “servizio pubblico locale” sovrapponibile alla nozione di “servizio di interesse generale” di cui all’art. 2 1° comma h) del D.Lgs. n. 175/2016 (“servizi di interesse generale»: le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale;”).
Al riguardo, appare rilevante quanto stabilito da Corte dei Conti Sez. Reg. Controllo n. 457/2013 (che cita a conferma Consiglio di Stato Sez. V n. 2537/2012).
“Peraltro, nel caso di specie, la fattispecie rientra nell’ambito di un ordinario contratto di appalto, atteso che la più recente giurisprudenza contabile e amministrativa hanno più volte rimarcato l’irrilevanza della distinzione tra concessione e appalto ai fini della qualificazione di un’attività come servizio pubblico locale.
Come è noto, l’ordinamento positivo, in termini di nozione, si limita ad evidenziare che “la concessione di servizi è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo” (cfr. art. 3, comma 12, del d.lgs 12 aprile 2006, n. 163, codice dei contratti pubblici). Peraltro, la giurisprudenza europea e nazionale hanno elaborato la nozione di concessione, individuando il criterio discretivo (vincolante per la legislazione degli Stati membri) dall’appalto nella provenienza, o meno, della remunerazione del prestatore di servizi e nell’assunzione o meno del rischio di gestione da parte dell’aggiudicatario.
Il diritto comunitario, infatti, riconnette l’applicazione di più rigorosi criteri di trasparenza e concorrenza per l’affidamento di commesse avente il carattere di “appalti” (direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) in ragione della bilateralità del rapporto che determina, in termini di tutela, la concentrazione del rischio di gestione sull’amministrazione aggiudicatrice. Infatti, risultando la stazione appaltante l’unico ed esclusivo interlocutore dell’aggiudicatario, essa è l’unico soggetto tenuta a remunerare le prestazioni, per le quali deve reperire le risorse necessarie. Nella concessione, invece, in forza del rapporto trilaterale amministrazione-aggiudicatario-utenza, tale rischio grava in tutto o in parte sul concessionario (che viene remunerato direttamente dai cittadini- utenti) e quindi, l’ordinamento consente procedure di aggiudicazione più flessibili (art. 30 del codice dei contratti pubblici).
Chiarita la ragione sottostante alla distinzione tra appalto e concessione, appare evidente che tale criterio è inconferente in chiave discriminativa della natura del servizio reso (servizio strumentale o servizio pubblico locale). Ciò è stato di recente messo in evidenza dal Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 3 maggio 2012 n. 2537: infatti, “il servizio pubblico locale di rilevanza economica è configurabile anche quando l'amministrazione, invece della concessione, pone in essere un contratto di appalto. Il servizio pubblico locale di rilevanza economica è configurabile non solo quando l'amministrazione adotti un atto di concessione, ma anche nel caso in cui, pone in essere un contratto di appalto, (rapporto bilaterale, versamento di un importo da parte dell'amministrazione) sempre che l'attività sia rivolta direttamente all'utenza e non all'ente appaltante in funzione strumentale all'amministrazione e l'utenza sia chiamata a pagare un compenso, o tariffa, per la fruizione del servizio”. Questa situazione, infatti, si può verificare quando le amministrazioni, per scelta politica, decidono di fiscalizzare interamente il costo del servizio pubblico locale, garantendo l’accesso allo stesso all’utenza a prescindere dalle capacità censuarie e remunerative dei cittadini, specie quando il servizio ricade su beni pubblici di cui l’utenza fruisce in modo diretto, perché ad uso generale. In questi casi, l’organismo di diritto pubblico ben potrà stipulare con il relativo gestore un contratto di appalto e non di concessione (in questo senso cfr. anche, con trattazione indiretta della questione, Cons. Stato, Sez. V, sentenza 13 dicembre 2006 n. 7369 e TAR Campania Napoli Sez. I, sentenza 24 aprile 2008, n. 2533; TAR. Lombardia, Brescia Sez. II, sentenza 27 maggio 2010, n. 2164; Cons. Stato Sez. V, sentenza 22 marzo 2010, n. 1651 con specifico riferimento all’art. 13 del “decreto Bersani”), senza che muti la natura del servizio (da “pubblico” a “strumentale”).
In conclusione, quindi, il ricorso al contratto di appalto (a un’operazione contrattuale, quindi, priva del rischio di impresa dal punto di vista del privato) risulta ben esperibile non solo laddove l’attività sia “strumentale”, vale a dire diretta essenzialmente a soddisfare interessi dell’ente-apparato, ma anche per i servizi pubblici locali, indirizzati alla collettività territoriale.”.
Ne consegue la coerente sovrapposizione della nozione di “servizio pubblico locale” in tal modo intesa con quella di “servizio di interesse generale”, riscontrabile nei vari servizi gestiti dalla società a prescindere dal titolo contrattuale di riferimento (appalto o concessione): oltre ai servizi preponderanti (in termini di fatturato) per l’attività societaria quali i servizi cimiteriali (esplicitamente qualificati dall’art. 5 comma 2 della L.R. Xxxxxx-Romagna n. 19/2004 come “servizi pubblici locali”), è pacificamente tale la sosta a pagamento comunque regolata su aree istituite dai Comune per vincolo normativo (“….., come si evince dalla lettura del citato art. 7 del codice della strada, la gestione di aree di sosta sulla pubblica via è funzionale all’organizzazione del traffico veicolare nei centri abitati. In ragione di questa circostanza tale attività assume quindi le caratteristiche di servizio pubblico, vale a dire di attività rispondente a bisogni fondamentali della collettività. Il tutto con i conseguenti corollari della necessarietà, indefettibilità e continuità, in virtù dei quali
l’amministrazione concedente è legittimata ad intervenire in autotutela per far fronte ad interruzioni del servizio o comunque ad inadempienze ….” dell’affidatario. Consiglio di Stato Sez. V 21 luglio 2015, n. 3631) e le altre attività riconnesse a vario titolo come servizi di igiene ambientale di interesse delle comunità locali, in particolare quelle del servizio di gestione del verde pubblico (al riguardo, il Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico presso il Ministero dell’Ambiente con delibera n. 6/2015 ha definito il servizio di gestione del verde pubblico un “servizio pubblico” autonomo, oggetto di affidamento separato da quello relativo all’igiene urbana. La base normativa è individuata nel Testo unico degli enti locali, secondo il quale i Comuni sono “enti a fini generali” (articolo 3) e devono “promuovere lo sviluppo delle comunità locali» (art. 112). In questo raggio d’azione così ampio, rientra anche il verde pubblico, il cui carattere obbligatorio è confermato anche dalla legge ambientale - art. 4, comma 2 della legge 10/2013 - che impone l’approvazione delle varianti urbanistiche ai Comuni dove non sono previste le quantità minime di verde pubblico fissate dalle regole nazionali - in particolare il DM 1444/1968. Il verde pubblico rientra fra i “servizi indivisibili” finanziati con la Tasi, e in quanto tale risponde anche al requisito dell’universalità in base al quale un servizio pubblico, per essere tale, deve rivolgersi genericamente alla collettività).
Il riferimento fatto all’ “affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell'attività della società mista” non ha rilevanza autonoma, rappresenta testualmente solo una delle due caratteristiche (l’altra è “la sottoscrizione o l'acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato”) della “selezione” del socio privato da parte degli enti locali.
Si tratta quindi dell’”oggetto esclusivo dell’attività della società mista” affidata dagli enti locali. Come noto per principio comunitario e consolidata giurisprudenza, l’affidamento degli enti locali alla società mista non può avere carattere “generalista”, ma deve essere necessariamente determinato. Ne consegue che la società mista può svolgere attività al di fuori dei servizi affidati dagli enti, per cui il suo “oggetto statutario” può essere più ampio.
A conferma di tale ricostruzione, si evidenzia che nell’ambito dello stesso X.Xxx n. 175/2016 ci si voluto riferire del resto esplicitamente all’ “oggetto sociale esclusivo” della società in house (art. 4 comma 4 “Le società in house hanno come oggetto sociale esclusivo una o più delle attività di cui alle lettere a), b), d) ed e) del comma 2. Salvo quanto previsto dall'articolo 16, tali società operano in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.”). Anche laddove si utilizza la terminologia “oggetto sociale esclusivo”, nonostante il suo significato corrente, non si intende tuttavia di “oggetto esclusivo statutario”. “Oggetto sociale esclusivo” deve infatti esplicitamente intendersi come oggetto esclusivo degli affidamenti da parte degli enti locali: è stabilito infatti che tali società infatti operino non in esclusiva con gli enti locali, ma in xxx xxxxxxxxxx (xxxxxx l’80%) ai sensi dell’art. 16 3° comma.
“Oggetto sociale esclusivo” (art. 4 4° comma) e “oggetto esclusivo dell’attività” (17 1° comma) non
differiscono quindi sostanzialmente, essendo riferibili entrambi alle sole attività affidate dagli enti locali, non escludendosi tuttavia che l’oggetto sociale “statutario” comprenda attività della società anche al di fuori del rapporto con gli enti locali. Può trattarsi anche di attività sul libero mercato come del resto esplicitamente riconosciuto dall’art. 6 1° comma del D.Lgs. n. 175/2016 (“1. Le società a controllo pubblico, che svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all'obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2-bis dell'articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività.”).
L’art 6 1° comma del D.Lgs. n. 175/2016 è fra l’altro riferita alle società a controllo pubblico senza distinzioni (e quindi alle società miste) (più in generale l’intero articolo è certamente riferito a tutti i tipi di società pubbliche). Il combinato disposto di tale norma con l’art. 17 1° comma del D.Lgs. n. 175/2016 conferma quindi ulteriormente che non possa escludersi che le società miste possano svolgere attività al di fuori delle attività affidate dagli enti locali con la gara a c.d. “doppio oggetto”, in piena continuità con il precedente consolidato indirizzo giurisprudenziale comunitario e nazionale.
Ulteriore riferimento ad un’attività ulteriore potrebbe desumersi dall’art. 17 comma 5° laddove stabilisce che “5. Nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, al fine di ottimizzare la realizzazione e la gestione di più opere e servizi, anche non simultaneamente assegnati, la società può emettere azioni correlate ai sensi dell'articolo 2350, secondo comma, del codice civile, o costituire patrimoni destinati o essere assoggettata a direzione e coordinamento da parte di un'altra società”. Il riferimento a “più opere o servizi” una molteplicità di servizi, soprattutto “anche non simultaneamente assegnati” farebbe propendere esplicitamente per un ampliamento “qualitativo” (nel senso di nuovi servizi, più che incremento quantitativo di quelli già affidati) dei servizi originariamente assegnato alla società mista.
Per le ragioni sopraesposte si ritiene che per Xxxxxx S.p.a. non esista nell’ordinamento alcun elemento ostativo all’affidamento di servizi ulteriori rispetto a quelli del partenariato, sia da parte degli enti locali e soggetti pubblici in genere (ovviamente nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica, a cui Xxxxxx partecipa al pari di qualsiasi altro operatore) sia da parte di soggetti privati sul mercato. Così come non risultano elementi del pari ostativi, fermo il potere di indirizzo degli enti soci, per l’attivazione ulteriore di attività in proprio nell’ambito dell’oggetto sociale.
Autorevole parere di conferma è depositato agli atti (Prof. Avv. Mastragostino), a cui è stato chiesto un aggiornamento a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 175/2016.
Ad esplicita conferma di quanto esposto merita di essere richiamata la pronuncia del T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 8 marzo 2017, n. 152, menzionata anche nella richiesta di parere di cui in premessa, con cui il Giudice Amministrativo, verificando la legittimità di un bando di una gara a “doppio oggetto” alla luce del disposto dell’art. 17, comma 1, del T.U.S.P., ha osservato che “E’… irrilevante ai fini della verifica del rispetto del principi Eurounitari di tutela della concorrenza e parità di accesso al mercato, l'ampiezza ed eterogeneità dei servizi indicati nell'oggetto sociale della (costituenda società mista; n.d.r.). Sarebbe, invece, lesivo dei citati principi, l'affidamento diretto alla società mista di quei servizi, inclusi nell'oggetto sociale della società mista, che non sono stati mai oggetto di una procedura ad evidenza pubblica”.
Ciò conferma, che, anche a seguito delle innovazioni apportate dall’art. 17, comma 1, del T.U.S.P., l’oggetto sociale della società mista ben può essere più ampio rispetto all’oggetto dell’affidamento, contemplando la possibilità di svolgere attività ulteriori anche per conto di soggetti diverse dalle Amministrazioni partecipanti/affidanti.
3.2.3 Procedimenti penali
Nel marzo del 2018 un operatore del servizio crematorio di Faenza è stato arrestato per sottrazione di rifiuti post combustione (contenenti oro) di proprietà di Xxxxxx S.p.a., rivenduti a compro oro locali. Azimut S.p.a. destina integralmente i ricavi dal recupero da parte di società specializzata dei rifiuti post cremazione dei forni crematori ad interventi a favore della collettività, che sono pubblicizzati nel dettaglio sul sito aziendale.
A seguito dell'arresto del dipendente, il RPCT ha condotto immediatamente una approfondita istruttoria interna, ponendo a disposizione e agli atti aziendali la relazione, oltre ad essere inviata a Cda, Collegio dei Sindaci, Comitato di Controllo e Xxxxxx, O.d.V. (da cui non sono emerse con evidenza, in rapporto al fatto, situazioni di criticità nel modello integrato e nelle misure adottate).
La procedura specifica del servizio norma i passaggi relativi alla gestione di tali rifiuti e l'interessato è risultato specificamente formato.
Nessuna segnalazione di qualsiasi tipo è pervenuta al RPCT (da metà 2017 è attivo un sistema aziendale di "whistleblowing", con ripetuta formazione documentata al personale - nel caso specifico sia al dipendente interessato sia al reparto in cui operava).
Il dipendente non aveva dato adito a comportamenti anomali in servizio, le assenze negli ultimi anni erano inferiori alla media e non risultavano sanzioni disciplinari.
Il dipendente aveva sottoscritto a metà 2017 dichiarazione con cui tra l'altro attestava di essere edotto di rivestire la qualifica di "incaricato di pubblico servizio" con ciò che ne conseguiva.
Si sono valutate le minime dimensioni dei rifiuti di volta in volta sottratti, l'impossibilità di perquisire il dipendente, di accedere al suo armadietto, di monitorare il lavoro con il sistema di videosorveglianza.
Si è di conseguenza concluso di potere ragionevolmente escludere che l’evento potesse essere prevenuto, essendo ascrivibile esclusivamente alla sfera personale di scelta e di azione del soggetto. La relazione ha indicato anche una serie di azioni di miglioramento, poste in essere.
I fatti sono stati accertati, per un danno pari a euro 1.000, e il dipendente ha patteggiato 3 anni di reclusione per peculato.
Il dipendente era stato licenziato senza preavviso, prima della sentenza di condanna. Azimut S.p.a. si è peraltro costituita parte civile.
Un procedimento, avviato d'ufficio contestualmente anche nei confronti del legale rappresentante della società per verificare ipotesi di eventuale mancato controllo, è stato archiviato, evidenziandosi che il modello integrato e le misure adottate dalla società sono risultate adeguate.
Si ritiene che la questione in merito al ricorrere del peculato, definita rapidamente a seguito del patteggiamento, possa essere oggetto di maggiore approfondimento, in rapporto al modesto valore del bene (valore del rifiuto) e soprattutto riguardo all’attribuzione dello stesso al patrimonio della società (nel caso “privato” e non “pubblico”), nonché all’eventuale ricorrere nel caso di specie di un’attività meramente materiale (la gestione del rifiuto, post attività di cremazione) che di per sé esclude il ricorrere della fattispecie di incaricato di pubblico servizio.
Fatto salvo quanto sopra, dal 01.07.2012 (data di costituzione della società mista) e - da quanto risulta - anche in precedenza dal momento della costituzione di Azimut S.p.a. secondo lo schema “in house providing” (01.01.2009) non risultano condanne o procedimenti per fattispecie di reato riconducibili nella sfera della L. n. 190/2012 e neppure del D.Lgs. n. 231/2001.
3.2.4. Controllo della società
Nel corso del 2019 si sono registrate una serie di rilevanti e convergenti decisioni della giurisprudenza contabile e amministrativa sulla nozione di “controllo pubblico” nelle società pubbliche.
Le sentenze evidenziano che nelle società miste costituite con gara a c.d. “doppio oggetto” la rilevanza della influenza sulla gestione del socio privato comporterebbe un controllo congiunto pubblico - privato della società.
Rivestono particolare importanza al riguardo, per l’evidente autorevolezza, Corte dei Conti Sezioni Riunite in Sede Giurisdizionale 4.7.2019 n. 17 (che si ricollega espressamente alla precedente n. 16/2019, per mere questioni temporali di estensione) e Corte dei Conti Sez. Riunite in sede di Controllo 20.06.2019 n. 11 11. Si citano anche due rilevanti pronunce di Tar (Tar Lazio Sez. I 19.4.2019, n. 5118 e la recente Tar Marche Sez. I11.11.2019, n. 695).
Corte dei Conti Sezioni Riunite in Sede Giurisdizionale 4.7.2019 n. 17 detta chiari indirizzi in merito alle modalità di riscontro nella documentazione societaria degli elementi da cui consegue la rilevanza della partecipazione societaria privata:
“7.3. In terzo luogo, dall'analisi dello statuto vigente emerge che la società è amministrata da un consiglio di amministrazione composto da nove membri, compreso il Presidente, di cui due nominati dal Comune di Pesaro, uno dal Comune di Urbino, uno dalla Provincia di Pesaro e Urbino e uno da una serie di piccoli comuni del marchigiano, mentre i restanti quattro componenti sono espressione del socio privato (art. 15); l'assemblea straordinaria che è richiesta per le modificazioni statutarie, delibera in ogni sua convocazione con la maggioranza superiore all'85% del capitale sociale (art. 13), pertanto, il voto favorevole del socio privato è necessario per qualsiasi modificazione statutaria. Ciò comporta che, in assenza del voto favorevole dell'azionista privato, non possono essere modificati il numero dei componenti del Consiglio di amministrazione, né l'attribuzione delle deleghe al consigliere nominato dall'azionista privato. Inoltre (art. 18) è necessario il quorum di otto consiglieri su nove per l'adozione delle principali delibere del Consiglio di amministrazione (quali la designazione dei componenti degli organi sociali delle società controllate e/o partecipate; le proposte di fusioni, scissioni, incorporazioni in altre società; le proposte di modifica dello statuto; le operazioni di acquisizione, dismissione, conferimenti, scorpori di attività, rami aziendali; il conferimento e la modifica di poteri all'Amministratore delegato, scelto tra i soci non pubblici ai sensi dell'art. 21, l'approvazione del budget annuale preventivo e del piano industriale proposto dall'Amministratore delegato, la nomina dei consiglieri cooptati, l'attribuzione di compensi agli amministratori investiti di particolari cariche, la proposta di distribuzione di dividendi e riserve, la modifica ai contratti con le società degli asset).
7.4. L'analisi dell'assetto statutario è sufficiente per escludere la concreta possibilità che tutti i soci pubblici possano incidere sulle "decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale" ai sensi dell'art. 2, lett. b), Tusp, senza il consenso del socio privato. Conseguentemente, la decisione di ridurre il numero degli amministratori, come richiesto dalla Sezione di controllo delle Marche con le deliberazioni impugnate, non è nella disponibilità dei soci pubblici che per tale scopo necessitano del consenso del socio privato.
A tale quadro statutario si aggiunge l'esistenza di un patto parasociale sottoscritto in data 28 luglio 2015, con efficacia quinquennale, stipulato tra il socio privato Hera S.p.A. e il comune di Pesaro, che insieme detengono oltre l'80% del capitale sociale, in base al quale per una serie di deliberazioni di rilievo societario è richiesto il voto favorevole di almeno un consigliere di ciascuno dei soci.
8. Da quanto sopra esposto, risulta evidente che, in base alla vigente disciplina normativa, non è configurabile alcun controllo pubblico sulla società Marche Multiservizi, in quanto, per effetto dei poteri del socio privato, anche il consenso unanime degli enti pubblici non è sufficiente per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche, configurandosi un controllo congiunto pubblico-privato.
La circostanza che tutti i soci pubblici, pur volendo convergere verso una logica di riduzione dell'apparato amministrativo, non dispongano degli strumenti statutari per operare la riduzione del numero dei consiglieri senza il consenso del socio privato, costituisce la controprova dell'insussistenza di un controllo pubblico (in sé logicamente incompatibile con la contemporanea presenza di un controllo privato o congiunto).
Si ritiene dunque acclarato che Marche multiservizi S.p.A. non ha le caratteristiche per essere annoverata tra le società a controllo pubblico e che alla stessa, conseguentemente, non si applicano tutte le disposizioni normative che richiedono, quale presupposto, detto status, trattandosi, semplicemente, allo stato degli atti, di società a partecipazione pubblica maggioritaria.”.
La sentenza conclude affermando che, non potendo sussistere un controllo “esclusivo” nè della parte pubblica nè della parte privata (entrambe le parti hanno necessità di condividere rilevanti decisioni sulla società), si configura un “controllo pubblico-privato” sulla società.
Corte dei Conti Sez. Riunite in sede di Controllo 20.06.2019 n. 11 richiama esplicitamente, confermandola, la sopracitata sentenza della Corte dei Conti Sezioni Riunite in sede giurisdizionale, individuando un ruolo strutturale di “specialità” della società mista alternativo di per sé al controllo pubblico.
“ Naturalmente, come già sottolineato da recenti sentenze delle Sezioni Riunite in speciale composizione di questa Corte (n.16/17/2019/EL) l’esposto criterio di individuazione, basato sull’applicazione letterale del combinato disposto delle lettere b) ed m) dell’art. 2 del TISP, deve essere rivisto quando, in virtù della presenza di xxxxx xxxxxxxxxxx (art. 2314bis cod.civ.), di specifiche clausole statutarie o contrattuali (anche aventi fonte, per esempio nello specifico caso delle società miste, nel contratto di servizio stipulati a seguito di una c.d. ”gara a doppio oggetto”), risulti provato che, pur fronte della detenzione della maggioranza delle quote societarie da parte di uno o più enti pubblici, sussista un’influenza dominante del socio privato o di più socie privati (nel caso, anche unitamente ad alcune delle amministrazioni pubbliche socie).
Si sottolinea, in proposito, che lo stesso legislatore del TUSP riserva alle società miste pubblico- provato un’apposita disciplina (funzionale, in particolare, all’attuazione del rapporto sociale e contrattuale), anche in ordine agli strumenti per l’integrazione di situazioni di controllo (cfr. art. 17, commi 1-4).
Ferma restando, secondo i canoni sopraesposti, l’ individuazione delle “società a controllo pubblico”, che fa necessario riferimento al momento temporale in cui occorre rispettare un determinato obbligo posto dal testo Unico (per es. adeguamento del numero degli amministratori, ex art, 11, commi 2 e 3 , da effettuare entro il 31 luglio 2017; limiti ai compensi degli amministratori, ex art. 11 comma 7,vigenti sin dall’entrata in vigore; adozione di programmi di prevenzione del rischio di crisi aziendale, ex art, 6 comma 2, cui sono connesse le responsabilità perviste dall’art. 14, comma 2 , da approvare entro il primo bilancio successivo all’entrata in vigore; procedure concorsuali per l’assunzione di personale,
ex art. 19, comma 2, etc.) occorre ribadire che, nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche ( in disparte la richiamata concorrente disciplina pervista per le società miste , affidatarie di contatti a seguiti di gara c.d. doppio oggetto, cfr. art. 17), gli enti pubblico hanno l’obbligo di attuare, e formalizzare , misure e strumenti, coordinati di controllo (mediante stipula di appositi parti parasociali e/o modificando clausole statutarie) atti ad esercitare un’influenza dominante sulla società.”
Innestandosi sull’indirizzo posto da Corte dei Conti Sez. Riunite in sede di Controllo 20.06.2019 n. 11, Consiglio di Stato Adunanza Sezione I, 7.5.2019 n. 1389 chiude sostanzialmente il cerchio, dando esplicita motivazione alla rilevanza di default del socio privato nella società mista costituita a seguito di gara a c.d. “doppio oggetto”.
Il caso riguarda la possibilità di un affidamento diretto ad una società in house, in cui è presente una partecipazione privata. Le più recenti Direttive comunitarie non escludono infatti che una società in house possa avere una partecipazione del privato, se tuttavia non ha influenza determinante sulla società. Il principio comunitario è normativamente attuato dall'art. 16 1° comma del D.Lgs. n. 175/2016 " 1. Le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata".
Ne consegue quindi la necessità di individuare la differenza del ruolo del privato nelle società in house (come sopra) rispetto a quello nelle società miste costituite con gara a c.d. “doppio oggetto” (art. 17 del D.Lgs. n. 175/2016). In modo chiarissimo la sentenza afferma che, se nelle in house è determinante il ruolo del pubblico (ed il privato se c'è non deve avere rilievo), nelle miste invece il privato ha un ruolo determinante di default.
“Emergono dunque notevoli differenze sia con riferimento alle modalità di affidamento del contratto sia in relazione al diverso ruolo del socio privato che, nelle società in house non deve avere un ruolo determinante e che, al contrario, nelle società miste deve essere determinante tanto che l’articolo 17, comma 2, prescrive per quest’ultimo il possesso dei requisiti di qualificazione previsti da norme legali o regolamentari in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita.”
Se nelle miste costituite con gara a c.d. “doppio oggetto” il privato è strutturalmente determinante rispetto allo schema dell’in house, appare del pari strutturale in tali società quel controllo congiunto pubblico - privato delineato dalla Corte dei Conti.
Come evidenziano le cronache locali rinvenibili su internet, citando esplicitamente gli indirizzi convergenti delle sentenze sopracitate delle Sezioni riunite della Corte dei Conti (sia in sede di controllo sia in sede giurisdizionale), i soci privati di una società mista hanno chiesto che la società non fosse più classificata a controllo pubblico. Ne è seguita una controversia con il Comune di San
Xxxxxxxxx xxx Xxxxxx, decisa da TAR Marche 11.11.2019, n. 695, dando ragione alla componente privata della società. La sentenza quindi è importante perché appare pacifica conseguente immediata attuazione dei chiari indirizzi giurisprudenziali sopraindicati.
“4.5 Il Collegio condivide l’orientamento di cui sopra, per i cui non è possibile desumere il controllo pubblico dalla semplice astratta possibilità per i soci pubblici di fare valere la loro maggioranza azionaria in assemblea. Il riferimento alla mera maggioranza dei voti esercitabili in assemblea non può quindi essere svincolato da indici concreti di un effettivo controllo. Soprattutto nel caso di PicenAmbiente SpA, dove il socio pubblico principale ha una partecipazione inferiore ai due maggiori soci privati e vi sono previsioni statutarie che assegnano ai soci privati la nomina dell’Amministratore delegato (che, ai sensi dell’art. 20 dello statuto, cura sia pure con alcune limitazioni, la gestione operativa delle società, l’attuazione della sua volontà, e il controllo del suo andamento) e prevedono la necessità di coinvolgere i soci privati nella convocazione dell’assemblea straordinaria (e, quindi, nelle modifiche statutarie).
… 4.7 Si ritiene quindi che, in tema di controllo pubblico vi sia la necessità di un’analisi che vada oltre la mera maggioranza pubblica in assemblea ordinaria
…
4.10 Il Collegio ritiene però preferibile, come già accennato, l’opposta tesi giurisprudenziale. In particolare, la tesi espressa nella sentenza citata, nonchè nelle conformi decisioni di primo grado della Corte dei Conti, sembra individuare nell’art. 2 del d.lgs n. 175 del 2016 un’espansione della nozione di controllo prevista dal comma 1 dell’art. 2359 cod.civ., con la conseguente introduzione di una fattispecie particolarmente estesa che si applicherebbe praticamente in astratto e al di fuori di qualunque indice dell’effettivo esercizio di un effettivo controllo sull’attività societaria (esercizio che, come già detto, a parere del Collegio, non può essere ipotizzato attraverso la mera previsione statutaria di comitati consultivi tra i soci pubblici).
5 Per le considerazioni fin qui svolte, il ricorso introduttivo è fondato sotto il profilo della violazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 175 del 2016 e per difetto di motivazione sulla presenza dei presupposti per il controllo pubblico sulla società ricorrente ai sensi della normativa appena citata, per cui l’impugnata delibera del Comune di San Benedetto del Tronto n. 61 del 2018 deve essere annullata.”
La stessa Anac, pur sotto il limitato profilo dell’applicazione della normativa anticorruzione, con propria delibera 25.09.2019 n. 859 considera elemento dirimente, al di là di qualsiasi presunzione dovuta alla semplice maggioranza azionaria, l’ “influenza dominante del socio privato “ (“ Spetterà alla società interessata, che intenda rappresentare la non configurabilità del controllo pubblico, dimostrare l’assenza di un coordinamento formalizzato tra i soci pubblici e l’influenza dominante del socio privato. Nel corso del procedimento può quindi aprirsi una fase istruttoria per la verifica della situazione di controllo in cui la società è tenuta a provare l’assenza di forme di coordinamento tra le pubbliche
amministrazioni desumibili da norme di legge, statutarie o da patti parasociali ovvero l’influenza dominante del socio privato.”).
La posizione assunta da Anac (modificando propri suoi precedenti indirizzi) consegue del resto significativamente all’esito della controversia tra una società mista ed Anac stessa trattata da TAR Lazio 19.04. 2019 n. 5118.
Una società mista chiedeva l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti concernenti la decisione di Anac di configurarla come società (“partecipata”) in controllo pubblico, a capitale pubblico maggioritario e sotto l’influenza dominante di amministrazioni pubbliche, in virtù di particolari vincoli contrattuali con esse, e, come tale, rientrante nell’ambito soggettivo di applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza. Il Tar non ha condiviso la posizione di Anac “…, il Collegio rileva che, in realtà, dall’esame dell’intero statuto possono evincersi elementi opposti alla conclusione dell’Anac, in considerazione della sussistenza del potere di veto del socio privato, discendente dalle maggioranze dei due terzi degli aventi diritto e, in seconda convocazione, dei due terzi dei presenti, previste dall’art. 18 del medesimo, e sul quale non risulta approfondito dall’Autorità il tema relativo alla configurazione di una “eterodirezione” della società da parte dei soci pubblici, a fronte di un capitale privato superiore ad un terzo.
Così pure, non può ritenersi priva di rilevanza la circostanza dell’assegnazione al socio privato dell’indicazione dell’amministratore delegato della società, prevista dall’art. 25 dello statuto, che fa propendere per la conclusione secondo la quale è il socio privato che può aver la gestione operativa e il controllo di fatto della società.
…
Come evidenziato, infatti, nel caso di specie non risultano valutati e approfonditi dall’Anac i profili riguardanti le circostanze per cui la gestione compete “per statuto” ad un amministratore delegato espressione della parte privata, i soci pubblici devono condividere con quello privato le delibere dell’Assemblea ordinaria e straordinaria e, laddove esercitano poteri pubblicistici, non sono “liberi” ma soggetti al perseguimento dell’interesse pubblico e a controllo (non configurabile laddove si trattasse di volizioni privatistiche) dello stesso giudice amministrativo, esulando così dal concetto di controllo ex 2359 n. 3, cit.”
Le sentenze ritengono essenziale per la valutazione dell’“influenza” del socio privato la verifica dello statuto e dei patti parasociali, individuando indici precisi (amministratore delegato di nomina privata con attribuzione della gestione ordinaria della società gestionali, maggioranze qualificate ricomprensive della partecipazione privata per l’approvazione di determinate categorie di atti rilevanti in C.d.A. ed Assemblea; ripartizione concordata delle nomine tra pubblico privato).
Si analizza al riguardo lo Statuto ed il Patto Parasociale di Azimut S.p.A.
L’art. 16 dello Statuto prevede che per specifiche rilevanti materie non possono essere assunte senza il voto del 70% dell’intero capitale azionario, rendendosi quindi necessario il voto favorevole della componente privata (e per converso di quello pubblico). Senza l’approvazione della componente privata (e di quella pubblica) non si può modificare lo statuto, non si possono assumere nuovi servizi dagli stessi enti e soprattutto non si può approvare il budget, atti fondamentali per la gestione societaria.
(Art. 16 - Funzionamento dell’Assemblea.
1. Per la validità della costituzione dell’Assemblea convocata in via ordinaria o in via straordinaria, tanto in prima quanto in seconda convocazione come nelle successive, si fa riferimento alle disposizioni di legge (art. 2368 e segg. c.c.), ad eccezione delle seguenti materie:
- il mutamento significativo dell’oggetto sociale;
- la fusione, scissione, trasformazione;
- l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari;
- le modifiche statutarie delle materie indicate ai punti precedenti
per la cui approvazione occorre il voto favorevole del 70% (settanta per cento) dell’intero capitale sociale.
2. Per la validità delle deliberazioni dell’Assemblea, ordinaria in prima o in seconda convocazione, si fa riferimento alle disposizioni di legge (art. 2368 e segg. c.c.) ad eccezione delle seguenti materie:
- l'approvazione del Budget proposto dall’organo amministrativo;
- la vendita o l’affitto dell’azienda o di rami di azienda;
- l’acquisizione di nuovi servizi da parte di enti
per la cui approvazione occorre il voto favorevole del 70% (settanta per cento) dell’intero capitale sociale.)”.
L’art. 6 del Patto Parasociale prevede che senza il parere favorevole dell’Amministratore Delegato il
C.d.A. non può assumere decisioni su specifiche rilevanti materie, tra cui il budget (ma anche l’approvazione di vendita/affitto d’azienda e l’assuzione di nuovi servizi, da sottoporre come proposta all’Assemblea).
(6.1.1. Le parti convengono che il Consiglio di Amministrazione assumerà le deliberazioni inerenti le sotto indicate materie con il voto favorevole dell’Amministratore Delegato:
a) l’approvazione del Budget della società nel quale dovrà essere indicato specificatamente, fra l’altro, l’ammontare degli investimenti previsti;
b) l’approvazione della vendita e dell’affitto dell’azienda o di rami d’azienda, da sottoporre all’Assemblea dei soci;
c) l’approvazione dell’acquisizione di nuovi servizi da parte di enti da sottoporre all’ Assemblea dei Soci.”)
Il successivo paragrafo 6.2. regola la fattispecie del “Deadlock” (stallo che impedisce al C.d.A. di adottare una delibera, laddove l’Amministrazione Delegato non le approvi nelle materie sopraindicate). E’ prevista una negoziazione tra le Parti e, se non si raggiunge l’accordo, ciascuna parte nominerà un consulente nominato dalle parti, che opereranno in qualità di amichevoli compositori, promuovendo “una soluzione stragiudiziale e imparziale del contrasto”.
In nessun caso quindi il socio pubblico può imporre nelle ipotesi predette la sua volontà.
L’art. 23 dello Statuto prevede inoltre espressamente che l’Amministratore Delegato sia designato dal socio privato (è l’unico consigliere che lo Statuto prevede sia di nomina di uno dei soci. Neppure il Presidente è previsto dallo Statuto che sia di nomina pubblica, ma solo nel Patto Parasociale) ed è sempre lo Statuto che elenca ampi poteri da attribuire da parte del C.d.A. all’Amministratore Delegato, che delineano oggettivamente ed espressamente l’attribuzione della “gestione ordinaria della società”. (Art. 23 - Deleghe, Amministratore Delegato e Remunerazioni.
“1. Il Consiglio di Amministrazione può nominare tra i suoi componenti un solo consigliere delegato attribuendogli le competenze, anche di carattere direttivo e gestionale, che riterrà opportune nei limiti di legge e del presente statuto, salva l'attribuzione di deleghe al Presidente, ove preventivamente autorizzata dall'Assemblea dei Soci, determinando i poteri e i limiti della delega.
2. All’ Amministratore Delegato, nominato dal Consiglio di Amministrazione su designazione del Socio Privato, nell’ambito delle competenze ad esso attribuite, spetta la gestione ordinaria della Società, al fine di dare attuazione a quanto previsto nel Budget e, in particolare, sono attribuite, a titolo esemplificativo e non esaustivo e salvo quelle ulteriori che gli potranno essere conferite dal Consiglio di Amministrazione, le seguenti deleghe a:
a) gestire e coordinare la struttura interna della Società;
b) predisporre la struttura organizzativa della Società da sottoporre all’ approvazione del Consiglio di Amministrazione;
c) predisporre il Budget della Società, come disciplinato dall’art. 28 che segue, da sottoporre all’ approvazione del Consiglio di Amministrazione;
d) costituire, modificare ed estinguere negozi giuridici attivi e contratti che siano fonte di ricavo per la Società, entro il limite di Euro 75.000,00 (settantacinquemila virgola zero zero) per ogni operazione non prevista nel Budget;
e) accendere rapporti bancari, finanziari e postali di qualunque tipo, con esplicita facoltà di apertura di rapporti utili ad ottenere affidamenti e/o anticipazioni con conseguente rilascio delle eventuali garanzie, entro il limite di Euro 75.000,00 (settantacinquemila virgola zero zero) per ogni operazione non prevista nel Budget;
f) effettuare le operazioni di addebito dei rapporti bancari, finanziari e postali di qualunque tipo, firmare assegni per traenza, nei limiti degli affidamenti concessi;
g) costituire, modificare ed estinguere negozi giuridici passivi, e contratti che siano fonte di costo per la Società, entro il limite di Euro 75.000,00 (settantacinquemila virgola zero zero) per ogni operazione, non prevista nel Budget;
h) costituire, modificare ed estinguere rapporti di consulenza per importi non superiori ad Euro 50.000,00 (cinquantamila virgola zero zero), non previsti nel Budget;
i) instaurare, proseguire e resistere in ogni tipo di giudizio, in tutte le sedi e presso tutte le autorità e corti consentite dalla legge;
j) definire i termini di eventuali transazioni e conciliazioni giudiziali estragiudiziali, in sede ordinaria, speciale e amministrativa, nonché presentare atti, ricorsi, querele, esposti e denunzie alle autorità competenti;
k) nominare avvocati, procuratori ed arbitri, conferendo agli stessi procure alle liti, nonché ogni potere in ordine alle eventuali relative transazioni e conciliazioni giudiziali e stragiudiziali;
l) delegare il compimento di particolari atti a singoli dipendenti della Società, al fine di agevolarne la gestione operativa;
m) nominare procuratori speciali, per il compimento di determinati atti rientranti nei suoi poteri o in quelli espressamente conferitigli dal Consiglio di Amministrazione, ovvero dall’Assemblea dei Soci;
n) dare attuazione alle decisioni degli amministratori, compiendo tutti gli atti e tutte le operazioni ad esse collegate.
3. L’Amministratore Delegato riferisce almeno trimestralmente al Consiglio di Amministrazione sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla Società.
…”
Il C.d.A. ha approvato in toto l’attribuzione di tali deleghe all’Amministratore Delegato (aggiungendo anche l’attribuzione di datore di lavoro ai fini della sicurezza e quella di responsabile del trattamento privacy).
L’art.23 6° comma prevede espressamente la possibilità di nomina di un Direttore Generale (“Il Consiglio di Amministrazione può nominare, su proposta dell’Amministratore Delegato, il Direttore Generale tenuto conto di comprovate attitudini ed esperienze professionali nella gestione di imprese industriali. Il Direttore Generale esercita i poteri di ordinaria amministrazione che gli sono attribuiti dal Consiglio di Amministrazione”).
Si evidenzia significativamente che la proposta di nominare il Direttore Generale deve venire dall’Amministratore Delegato, che resta pertanto il dominus della scelta.
In tal senso l’Amministratore Delegato non si è dovuto neppure esprimere. Il C.d.A. (e quindi in definitiva la parte pubblica) ha comunque espressamente deciso di non prevedere nell’organizzazione in ogni caso un Direttore Generale.
Il Patto Parasociale prevede esplicitamente all’art. 2.2. che “Le parti concordano di agire e votare nelle Assemblee dei soci della Società secondo quanto disposto dal presente accordo e procederanno alla nomina di componenti del Consiglio di Amministrazione che agiscano e votino secondo le presenti disposizioni.”
L’art. 5 prevede che il Cda composto da 5 membri, di cui n. 3 al pubblico e n. 2 al privato. Il Presidente sarà di nomina pubblico. L’Amministratore Delegato di nomina privata. Il socio pubblico si impegna a fare sì che l’Amministratore Delegato riceva le “deleghe di poteri” precisando “con firma singola” previsti dallo Statuto ed il socio privato s’impegna che il Presidente riceva le deleghe indicate al medesimo articolo del Patto Parasociale.
L’art. 7 del Patto parasociale prevede inoltre l’impegno dei soci ad una composizione del Collegio Sindacale da n. 3 membri, di cui n. 2 di nomina pubblica e n. 1 di nomina privata (che sarà anche il Presidente).
La non configurabilità di una società non a “controllo pubblico”, ma a “partecipazione pubblica” ha conseguenze estremamente rilevanti, tra cui, l’inapplicabilità delle restrizioni sul numero del Cda, sui compensi, sull’anticorruzione, sulla trasparenza, sulla separazione contabile delle attività a libero mercato, sulle assunzioni di personale, sull’adozione di programmi per la valutazione del rischio societario ed altre.
La configurazione non a controllo pubblico appare estremamente rilevante, riducendo oggettivamente la responsabilità di amministratori e dipendenti.
L’adempimento da parte della società dei vari istituti riconnessi al “controllo pubblico” appare neutra rispetto a qualsiasi definizione formale sul controllo, dovendosi intendere - in caso di divergenza sostanziale - che tali adempimenti vengono eseguiti in via di autolimitazione. Nulla cambierebbe di fatto, ma applicare in via di autolimitazione e non per obbligo una normativa non sposterebbe comunque la competenza giurisdizionale di base (che sarebbe civilistica e non amministrativa).
Occorre del resto rilevare come il regime complessivo di Xxxxxx S.p.A., in quanto società mista e per le sue specifiche peculiarietà, appare attualmente decisamente particolare rispetto ad una società in house in controllo pubblico.
Innanzitutto appare estremamente rilevante che Amministratori e dipendenti di una società mista non siano sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti (art. 12 del D.Lgs. n. 175/2016). Il dato letterale è oggettivo in quanto la giurisdizione della Corte di Xxxxx è espressamente riferita ai dipendenti ed amministratori delle società in house.
L’esclusione delle società miste è di conseguenza indiscussa in giurisprudenza. Si vedano al riguardo convergenti sentenze di giurisdizione contabile e civile: Corte dei Conti Sez. Giurisdiz. Lombardia n. 49/2018 (escludendo la giurisdizione della Corte dei Conti per gli amministratori di una società mista
su una questione di compenso ad amministratori, compenso ritenuto di per sé fra l’altro privo di rilevanza in merito alla valutazione del pregiudizio della partecipazione societaria per escludere la responsabilità amministrativa dei soci) e Sez. Unite Cass. Civ. n. 17188/2018.
Azimut S.p.a. è perfino esclusa dall’applicazione della normativa sui contratti pubblici (art. 17 ultimo comma del D.Lgs. n. 175/2016). La società ha deciso tuttavia di applicare la normativa pubblicistica in via di autolimitazione, non venendo meno la natura privatistica delle procedure e la giurisdizione del Giudice Ordinario (così come ribadito nel Regolamento per il conferimento di contratti).
Riguardo alle assunzioni e alle selezioni del personale, l’art. 19 del D.Lgs. n.175/2016 pone anche le società in controllo pubblico su un piano privatistico, con la competenza del Giudice Ordinario. Ove Azimut S.p.a. non fosse a controllo non sarebbe obbligata ad adottare un regolamento interno ispirato ai principi dell’art. 35 3° comma del D.Lgs. n. 135/2001, ma ne avrebbe solo una facoltà. Occorre al riguardo evidenziare che Xxxxxx S.p.a., nel regime precedente al D.Lgs. n. 175/2016, aveva comunque già adottato un regolamento espressamente ispirato a tali principi, pur non avendone obbligo (e quindi sempre in via di autolimitazione).
La normativa sulla riduzione dei compensi degli amministratori che si è succeduta negli anni (la prima riduzione del 10 % - art. 6 comma 6 della L. n. 122/2010 - e la successiva del 20% sulla base dei compensi 2012 con effetto dal 1.1.2015 - art. 4 commi 4 e 5 della L. n. 135/2012) non è normativamente applicabile ad una società mista come Azimut S.p.a., essendo esclusa dalle citate disposizioni di legge (la società non è strumentale né totalmente pubblica - art. 4 commi 4 e 5 della L.
n. 135/2012 - e non è società inserita nel consolidato nazionale Istat - società no profit - art. 6 comma 6 della L. n. 122/2010).
Ciò nonostante Xxxxxx S.p.a. ha assunto rilevanti decisioni in tema di contenimento della spesa: in sede di istituzione in data 1.7.012 della società mista il Cda era configurato come oggi (n 5 componenti, tra cui un amministratore Delegato ed un Presidente) con un compenso sostanzialmente identico a quello attuale dopo 8 anni, prevedendo la presenza nell’organizzazione di un Direttore Generale, come previsto in Statuto. Al Direttore Generale venivano attribuite deleghe direttamente dal C.d.A. (tra cui, essenziale quella sul controllo del socio privato) oltre che rilevanti altre sulla gestione ordinaria delegategli dall’Amministratore Delegato. La decisione assunta dal C.d.A. nel 2013 di non sostituire il Direttore Generale xxxxxxx per quiescenza, ha comportato - come detto a parità sostanziale del compenso del C.d.a. tra il 2012 ed il 2020 – un risparmio secco per ogni annualità di almeno €. 150.000,00 (che rappresenta di per sé un quinto dell’utile della società ogni anno). Tuttavia tale decisione ha comportato la necessità di concentrare sull’Amministratore Delegato tutte le attività gestionali, pur con un compenso sostanzialmente invariato. Al riguardo considerando che l’Amministratore Delegato è un Dirigente di una società del gruppo privato, mentre svolgeva la sua
attività anche per la società privata in presenza di un Direttore, successivamente ha dovuto svolgere la propria attività solo per Xxxxxx S.p.a.: ne consegue che la componente privata, riversandosi sulla stessa il solo invariato compenso dell’ Amministratore Delegato, si fa carico della differenza sull’intera retribuzione al suo Dirigente, senza tuttavia poterlo impiegare come in precedenza per la propria attività. Nei fatti quindi il risparmio del costo per la mancata sostituzione del Direttore Generale è effettiva solo a favore del socio pubblico.
Il controllo sul socio privato è stato “dirottato” attribuendo ex novo compiti specifici al Comitato di Controllo Interno e Rischi (formato dai n. 3 amministratori di nomina pubblica e presieduto dal Presente).
Appare altresì rilevante al riguardo la responsabilità assunta dal Presidente tra i cui compiti c’è quello di vigilare sull’attività aziendale non derivante dagli organi societari e quindi di controllare direttamente l’attività dell’Amministratore Delegato di nomina privata (nei fatti in sostituzione al Direttore). Si evidenzia come il controllo del socio privato rappresenta la “sostanza” del ruolo del pubblico nella società mista, così come connotata in primis a livello comunitario: tale modello di società poggia su una ripartizione tra la parte pubblica a cui spetta sostanzialmente il controllo e la parte privata a cui spetta sostanzialmente la gestione.
Non si sono del resto previsti compensi aggiuntivi per gli Amministratori operanti nel Comitato di Controllo Interno e Rischi (l’art. 11 13° comma del D.Lgs. n. 175/2016 prevede la possibilità di riconoscere agli amministratori che partecipano a comitati con funzioni consultive o di proposta fino al 30% del compenso deliberato).
Inoltre, un amministratore privo di deleghe ha sempre assunto il ruolo e la responsabilità del RPCT dal momento della sua istituzione, non essendo possibili altre soluzioni previste dalla normativa vigente, senza alcun compenso o indennità premiale (pure normativamente prevista per progetti predefiniti).
4. MONITORAGGIO
4.1 Monitoraggi e Audit interni
Ampio e variegato appare l’elenco dei soggetti che devono disporre i monitoraggi dell’attività aziendale, da cui possono emergere anche situazioni interessanti la prevenzione dei fenomeni di corruzione o più genericamente di mala amministrazione:
a) Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza e Funzione di compliance per il sistema;
b) Comitato di Controllo Interno e Rischi (composto unicamente da amministratori a nomina pubblica). Ha la più ampia possibilità di verifica dei processi aziendali ed in particolare concentra la verifica del rapporto tra Xxxxxx S.p.a. ed il socio privato, oltre a quello sui contratti di servizio con gli enti;
c) Organismo di Vigilanza (collegiale), con i compiti previsto dal D.Lgs. n. 231/2001 e s.m.i.;
d) Collegio sindacale;
e) Organismo di certificazione accreditato;
f) audit interni per la verifica del sistema integrato;
g) verifiche periodiche della società capogruppo (anche mediante la funzione di internal auditor).
I monitoraggi sono coordinati tra i soggetti interessati in modo tale da verificare tutti i processi aziendali, evitando ridondanze ovvero omissioni. Sono condotti con cadenza annuale, salvo eventi ovvero modifiche nell’organizzazione o nella normativa di riferimento rilevanti.
Ogni funzione è responsabile del monitoraggio che conduce.
Il Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza, anche nella figura della Funzione di compliance 37001, dovrà avere accesso ai monitoraggi effettuati da tutti gli organi e soggetti sopraindividuati, al fine di poterne desumere ogni informazione utile in merito a potenziali profili interessanti le finalità di cui alla L. n. 190/2012 e s.m.i..
Tutti gli organi o soggetti sopraindicati dovranno informare tempestivamente il Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza in merito ad ogni potenziale fenomeno corruttivo o, più genericamente, di mala amministrazione.
Al fine di garantire certezza e continuità al flusso di informazioni, sarà cura del Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza prendere contatto con i vari organi o soggetti interessati ai monitoraggi, al fine di definire protocolli operativi condivisi. In tale ambito, si definirà un programma comune che preveda un ampliamento del contenuto dei vari monitoraggi alla rilevazione
di indicazioni utili alla verifica di situazioni di anomalia interessanti la L. n. 190/2012, nonché un raccordo sulla frequenza e destinazione dei controlli.
Nel corso del 2019 è stata effettuata una riunione operativa congiunta.
Gli audit interni di cui alla lettera f) sono pianificati dall’Amministratore Delegato con il supporto dell’Ufficio Qualità ed eseguiti dai Responsabili di servizio, unitamente a personale interno non appartenente al servizio oggetto di verifica adeguatamente formato, secondo una programmazione su base annuale. Per garantire l’imparzialità e l’oggettività dell’audit, è possibile anche la presenza di professionisti esterni o comunque soggetti esterni all’organizzazione.
Gli audit sono eseguiti secondo le specifiche di cui alla procedura AZQG12 Audit interni ai sistemi di gestione; sono condotti su tutti i servizi aziendali e in modo integrato, verificando i servizi secondo la logica integrata del sistema di gestione. Sono altresì documentati mediante verbale sottoscritto dagli auditor.
A livello di gruppo societario, è inoltre costituito all’interno di Azimut S.p.A. un comitato aziendale 231/190/privacy a cui partecipa la struttura di Ravenna Holding coinvolta nel coordinamento delle citate materie, il RPCT/funzione di compliance 37001 e il personale interno di Azimut medesimo, al fine di discutere e programmare le attività inerenti le tematiche 231, anticorruzione, trasparenza e privacy.
I risultati degli audit interni sono sempre riferiti all’Amministratore Delegato, al Responsabile del Servizio interessato, al RPCT/funzione di compliance 37001 e, ove opportuno, al Consiglio di Amministrazione.
Nel 2017 e nel 2018 è stata effettuata in via sperimentale dal Dirigente Affari Generali un’attività di monitoraggio delle attività (con particolare riferimento alle aree principali di rischio “Contratti” e “Personale”) riassunta in una relazione annuale.
La sperimentazione è andata a regime nel 2019: entro il 31.01. dell’anno successivo a quello di riferimento (prima scadenza 31.01.2020 per il 2019) il Dirigente Affari Generale deve trasmettere la relazione suddetta al RPCT (oltre in ogni caso all’O.d.V.) a supporto della Relazione annua del RPCT. La relazione 2019 è stata inviata al RPCT.
La scadenza del 31.01. non è anticipabile in quanto rappresenta anche la data entro cui comunicare ad Anac i dati dei contratti annui: rappresenta in ogni caso la data per la formalizzazione della relazione, dovendo in ogni caso il Servizio Affari Generali informare e coadiuvare preventivamente e costantemente l’RPCT sull’andamento dell’attività ai fini della stesura della propria Relazione.
La relazione del Dirigente Affari Generali dovrà essere progressivamente estesa a specifiche aree di interesse, anche con il contributo dei responsabili dei servizi, centralizzando a regime i vari monitoraggi previsti nel PTPCT.
4.2 Riesame di Direzione
Nell’ambito del sistema di gestione aziendale integrato, la Società prevede un’analisi periodica per verificare l’adeguatezza e l’efficacia del sistema e determinare eventuali azioni da intraprendere sul sistema stesso.
Tali analisi, definibili come riesami, sono documentate e sono, in via generale, tre:
• il riesame della Direzione (Amministratore Delegato), con cadenza almeno annuale, svolto nell’ambito del riesame ai sensi della ISO 9001, condotto mediante disamina di tutti gli aspetti previsti dalle norme sui sistemi di gestione per la qualità e la prevenzione della corruzione. Il riesame è sottoposto all’attenzione del Consiglio di Amministrazione e della funzione di compliance.
• il riesame del Consiglio di Amministrazione, con cadenza almeno annuale, svolto in sede di approvazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e Trasparenza; questo infatti rendiconta le attività svolte e misure adottate e pianifica quelle ulteriori e diverse da svolgersi per la successiva annualità, tenendo conto anche del riesame dell’Amministratore Delegato e della funzione di compliance.
• il riesame della funzione di compliance, con cadenza annuale e in occasione di eventi ad hoc, svolto dal RPCT/funzione di compliance in sede di relazione annuale ai sensi dell’art. 1, comma 15, della L. 190/2012. Tiene conto della relazione annuale redatta dal Dirigente Affari Generali ed è sottoposta all’attenzione del Consiglio di Amministrazione.
5. AREA DI RISCHIO CONTRATTI
Lo Statuto prevede espressamente che la Società possa operare con i “soci” affidatari dei servizi oggetto del partenariato sia di ricevere affidamenti da “terzi”: oltre ai servizi pubblici locali, la Società può gestire pertanto altri servizi per enti pubblici (soci e non) e verso altri soggetti, anche privati, in regime di concorrenza (anche con offerta al pubblico) o attivare ulteriori attività in proprio nell’ambito dell’oggetto sociale, fermo in ogni caso l’indirizzo degli enti soci. La Società, come operatore economico privato, potrà quindi acquisire ulteriori servizi o avviare ulteriori attività attinenti all’oggetto sociale: nel caso di affidamenti da parte di soggetti pubblici, potrà in particolare partecipare alle procedure di gara su un piano di parità e non discriminazione con qualsiasi operatore privato.
Ne consegue che il Regolamento per il conferimento di incarichi e contratti aziendale (Documento AZQG15R) prevede tre modalità di affidamento contrattuali che individuano Azimut S.p.a. come ente aggiudicatore/stazione appaltante/committente:
a) affidamento di forniture, servizi, lavori relativamente ai servizi affidati dagli enti locali (art. 3);
b) affidamento di servizi o lavori al socio privato, regolato dal contratto stipulato tra Xxxxxx S.p.a. ed Antares Scarl (art. 4);
c) affidamento di beni, lavori e servizi come operatore privato (art. 5).
Le “attività di pubblico interesse” riguardano gli affidamenti previsti alla fattispecie sopra sub. a) ed a quella sub b). L’attività connessa al partenariato è limitata alla gestione della fase di esecuzione del rapporto tra Azimut ed il socio privato, essendosi esaurita nel corso del 2012 la fase di aggiudicazione della gara c.d. “doppio oggetto” per la scelta del socio con compiti operativi (esperita da parte di Ravenna Holding S.p.a su mandato degli enti locali).
Rientra invece nella sfera “privatistica” l’attività di cui sopra alla fattispecie di affidamento sub. c) (sia come committente che come appaltatore) non interessando pertanto la sfera della L. n. 190/2012, ma unicamente quella del D.Lgs. n. 231/2001.
Nella diversa prospettiva di Azimut come affidatario/concessionario/appaltatore, ha inoltre rilievo pubblicistico l’attività di esecuzione dei contratti di servizio affidati alla società dagli enti locali (la gara a c.d. “doppio oggetto” riguarda contestualmente l’affidamento del servizio e la scelta del socio privato, secondo quanto previsto nel dettaglio dalla procedura “Gestione Contratti per i servizi” AZQG20).
5.1 Affidamento da parte di Xxxxxx S.p.a. di forniture, servizi, lavori nell’ambito dei servizi affidati dagli enti locali.
L’art. 1 comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016 prevede che "... Alle società con capitale pubblico anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, si applica la disciplina prevista dai Testi unici sui servizi pubblici locali di interesse economico generale e in materia di società a partecipazione pubblica. ".
Poichè sono indicati esclusivamente (e quindi deve ritenersi tassativamente) i due testi unici su servizi pubblici e società pubbliche al momento non emanati, essendo cessato di avere vigore l’art. 32 1° comma lett. c) del D.Lgs. n. 163/2006, risulta al momento una lacuna normativa per le società pubbliche che non siano “organismi di diritto pubblico” ai sensi dell’art. 3 1° comma lett. d del D.Lgs.
n. 50/2016 (come Azimut S.p.a., per la mancanza del requisito del soddisfacimento di “esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;”).
Non risulterebbe in ogni caso chiaro in quale categoria si collochino le società pubbliche operanti nei
c.d. “settori ordinari” tra le quelle previste all’art. 3 del Nuovo Codice, non apparendo inclusa in alcuna di tali fattispecie. Né strettamente appare rientrare nella categoria della “stazione appaltante”, in quanto fattispecie generale intesa come sommatoria di tutte le fattispecie particolari in precedenza citate.
Ne consegue, che non appare espressamente individuata la società pubblica tra le fattispecie nell’ art. 35 1° che individua le soglie comunitarie (e, di conseguenza, il c.d. “sottosoglia”).
Non risultano del pari riferimenti in merito all’applicazione alle società pubbliche della disposizione dell’art. 38 sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, in raccordo con le limitazioni previste dal precedente art. 37. Per le “imprese pubbliche” non trova applicazione l’art. 38 (comma 14) né le limitazioni di cui all’art. 37 (comma 10): Azimut S.p.a. avrebbe tutti i requisiti previsti dall’art. 3 1° comma lett. t), ma tale categoria nel nuovo Codice (così come nel precedente) appare limitata ai c.d. “settori speciali” e quindi non espressamente richiamabile per una società pubblica rientrante nei settori c.d. “ordinari”.
E’ stato chiesto formalmente ad Anac in data 29.04.2016 richiesta di chiarimento in merito all’ applicazione ad Azimut S.p.a. del D.Lgs. n. 50/2016, senza risposta.
In attesa di chiarimenti, in logica continuità con il regime finora attuato ed in ogni caso in coerenza con i Testi Unici sopracitati in corso di adozione, l’applicazione da parte di Azimut S.p.a. del D.Lgs. n.
50/2016 avveniva pertanto cautelarmente in via di autolimitazione. L’unica conseguenza che ne deriverebbe a stretto rigore, sulla base degli indirizzi giurisprudenziali consolidati, sarebbe l’applicazione della competenza giurisdizionale ordinaria.
Riguardo all’applicazione del succitato art. 35 1° comma del medesimo Decreto legislativo, si è ritenuto di applicare in via analogica la fattispecie sub lett. c), in quanto ritenuto quella più assimilabile (“amministrazioni aggiudicatrice subcentrale”), considerando che regolamentazione che ne deriva appare in continuità con quella del precedente D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i..
Riguardo alla qualificazione di stazione appaltante, in attesa dell’emanazione delle linee Anac perviste dall’art 38 2° comma del D.Lgs. n. 50/2016, si era ritenuto che ove Azimut S.p.a. risultasse a regime non qualificabile come stazione appaltante, ai sensi dell’art. 37 3° comma si aggregherebbe alla società capogruppo Ravenna Holding S.p.a., che in quanto “organismo di diritto pubblico” rientra certamente tra le “amministrazioni aggiudicatrici” (art. 3 1° comma lett. a del D.Lgs. n. 50/2016) e quindi tra le stazioni appaltanti qualificabili.
A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 175/2016 (“Testo unico in materia di società pubbliche”), l’art. 17 prevede esplicitamente la costituzione mediante la procedura a c.d. “doppio oggetto” per la scelta del socio privato e per l’affidamento del servizio, secondo modalità pienamente coerenti con la procedura adottata per Xxxxxx S.p.a. nell’attuale configurazione societaria.
L’ art. 17 6° comma del D. Lgs. n. 175/2016 in particolare appare confermare esplicitamente l’esclusione per le società miste (con le caratteristiche di Azimut Spa) dall’applicazione della normativa sui contratti pubblici:
“6. Alle società di cui al presente articolo che non siano organismi di diritto pubblico, costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, per la realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite non si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 50 del 2016, se ricorrono le seguenti condizioni:
a) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;
b) il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita;
c) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.”
In riferimento alla condizione di cui alla lett. c), il riferimento al “70% del relativo importo” è esplicitamente al fatturato del servizio affidato riguardo al rapporto con l’attività prestata dal socio privato, ugualmente del resto - come si dirà più in seguito - a quanto disposto dal precedente art. 32
3° comma del D.Lgs. n. 163/2016 (“3) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.” ).
Al riguardo si ritiene utile per chiarezza riportare alcuni rilevanti passaggi di TAR Lombardia, Brescia sez. II, 25/10/2013 n. 518:
“La società mista è una delle molteplici forme attraverso le quali può svilupparsi il partenariato pubblico-privato. Una disciplina di dettaglio all’interno della normativa nazionale non è necessaria, in quanto l’istituto, pur non essendo tipizzato, è conforme al diritto comunitario ed è subordinato esclusivamente ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza (v. Comunicazione della Commissione del 19 novembre 2009 COM-2009-615; Risoluzione del Parlamento Europeo del 18 maggio 2010; X. Xxxxx. Sez. III 15 ottobre 2009 X-000/00, Xxxxxx, punti 60-63).
Poiché le società miste non sono vincolate a uno schema rigido, non sembrano esservi impedimenti alla separazione dei compiti operativi (e delle conseguenti remunerazioni) tra i soci pubblici e quelli privati. Tale separazione svolge al contrario un duplice ruolo che conferma la legittimità di questo tipo di collaborazioni, in quanto (a) risulta determinato puntualmente il criterio di scelta del socio privato (la Corte di Giustizia nella sentenza Acoset afferma al punto 60 che la scelta del socio privato deve avvenire anche in relazione “alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire”), e (b) viene pesato il contenuto economico delle prestazioni del socio privato, in modo che quest’ultimo consegua precisamente le utilità che potrebbe trarre dall’affidamento dello stesso servizio al di fuori dello schema societario, in esito all’esperimento di una gara per la scelta del contraente in relazione a un appalto oppure a una concessione di lavori o servizi (come richiesto dalla sentenza da CS Sez. V 20 aprile 2012 n. 2348). In altri termini, le società miste costituite mediante una gara a doppio oggetto sono equivalenti (dal punto di vista del socio privato) agli appalti e alle concessioni di lavori o servizi.
La libertà concessa dal diritto comunitario alle forme di partenariato pubblico-privato (il parere del Comitato Economico e Sociale Europeo del 21 ottobre 2010 COM-2009 615 sconsiglia una codificazione troppo rigida) non consente di individuare vincoli ex lege alla ripartizione delle prestazioni tra i soci pubblici e quelli privati delle società miste. In particolare, non esiste un vincolo all’attribuzione integrale o pro quota dell’intero servizio al socio privato. Al contrario, anche all’interno di un servizio da svolgere in modo unitario o integrato, possono sempre essere scorporate e attribuite al socio privato attività specifiche, secondo le esigenze delle amministrazioni interessate, purché il risultato complessivo sia ragionevole sul piano organizzativo (nel diritto interno la scorporabilità di fasi del servizio è stata ritenuta legittima già con il parere di CS Sez. II 18 aprile 2007 n. 456).
L’operazione disegnata da Xxx spa si muove in questi spazi di discrezionalità. Sotto questo profilo i rilievi proposti dalla ricorrente non sembrano pertanto idonei a individuare la violazione di una norma di legge o di principi generali.
Relativamente ai compiti attribuiti a Tea spa e alle società del gruppo
Più complessa si presenta la questione degli affidamenti diretti a Tea spa e alle società del gruppo, che rappresentano il secondo pilastro dell’operazione. In questo caso, almeno con riferimento ad alcune attività (acquisto e fornitura di energia elettrica, gestione dei punti luce), l’interposizione di Tea Reteluce srl appare solo formale (centro di contabilità), mentre i rapporti sostanziali riguardano i Comuni (che ricevono i servizi e ne sostengono il costo).
Per la giustificazione degli affidamenti diretti sono disponibili due strade, una regolata dal diritto comunitario, ossia l’in house, sul presupposto del controllo analogo, e una regolata dal diritto interno, che si configura come un’eccezione de minimis al diritto comunitario, ossia la trattativa diretta nel limite del 30% dell’importo complessivo del servizio, ai sensi dell’art. 32 commi 1-c e 3 del D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163. Una simile eccezione potrebbe essere a sua volta giustificata dall’esigenza di coordinare in modo unitario le varie prestazioni chieste ai soggetti esterni, il che presuppone in effetti un certo margine di discrezionalità nelle trattative.”
In vigenza del precedente Codice, per l’attività contrattuale pubblicistica Azimut S.p.a. operava ai sensi dell’art. 32, comma 1, lett. c) X.Xxx. n. 163/2006.
“1. Salvo quanto dispongono il comma 2 e il comma 3, le norme del presente titolo, nonché quelle della parte I, IV e V, si applicano in relazione ai seguenti contratti, di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 28:
c) lavori, servizi, forniture affidati dalle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
Il successivo comma 3° del medesimo articolo prevedeva che:
“3. Le società di cui al comma 1, lettera c) non sono tenute ad applicare le disposizioni del presente codice limitatamente alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le seguenti condizioni:
(comma da coordinare con l'art. 13 della legge n. 248 del 2006 - n.d.r.)
1) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;
2) il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal presente codice in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita;
3) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell'opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.”
Rispetto alla norma generale di cui all’art. 31 1° comma lett. c) (per cui la società era tenuto ad applicare iin via generale la normativa del D.Lgs. n. 163/2016), la fattispecie di cui al comma 3° costituiva norma speciale riferita al rapporto tra società mista e socio privato riguardo agli affidamenti,
che si ponevano al di fuori del Codice dei Contratti, giustificando assegnazioni ulteriori in affidamento diretto fino al 30% dell’importo del servizio affidato dagli enti.
L’art. 17 6° comma del D.Lgs. n. 50/2016 si pone invece come unica norma regolante l’applicazione o meno del nuovo codice dei Contrati (D.Lgs. n. 50/2016) per le società miste, costituire con gara a c.d. doppio oggetto, che non siano organismi di diritto pubblico. Non essendo più presente una norma a carattere generale (come il precedente art. 32, 1° comma lett. c del precedente D.Lgs. n. 163/2006) deve ritenersi necessariamente che l’art. 17 6° citata sia norma generale.
L’evoluzione in fase preparatoria del D.Lgs. n. 175/2016 avvalora tale ricostruzione:
a) inizialmente l’art. 1 prevedeva una norma a carattere generale per le società pubbliche del tutto simile al precedente art. 32 1° comma del D.Lgs. n. 163/2016: fu eliminata, introducendo il rinvio per le società pubbliche alle diposizioni previste dagli emanandi Testi unici (art. 1 3° comma del D.Lgs. n. 50/2016);
b) l’ultimo comma dell’art. 16 della bozza avanzata di decreto prevedeva genericamente, pur all’interno di un articolo che normava le società in house, per tutte le società controllate l’applicazione del Codice dei Contratti (e quindi anche per le miste). Il testo definitivo dell’art. 16 7° comma è invece unicamente riferibile alle società in house in affidamento diretto. Contestualmente è stato introdotta la norma specifica per le società miste di cui all’art. 17 6° comma (non presente nel testo precedente). Occorre dare del resto conto che, già in vigenza del vecchio codice, autorevole parere (Prof. Avv. Caia) agli atti aziendali, tendeva ad escludere l’applicazione ad Azimut S.p.a. dell’art. 32 1° comma lett. c) in quanto società mista in quanto - alla luce della sopravvenienza dell’art. 3 bis comma della
D.L. 138/2011 - la fattispecie di cui all’art. 32 1° comma lett. c. del D.Lgs. n. 163/2016 sarebbe stata riferibile unicamente al modello del “in house providing”, per cui l’art. 17 6° comma del D.lgs. n. 50/2016 si porrebbe in continuità con tale orientamento.
Nell’ambito di una politica societaria prudenziale, volendosi porre in continuità con l’attività contrattuale posta in essere dalla società nella precedente configurazione “in house providing”, si era ritenuto in ogni caso che Azimut operasse in ambito “pubblicistico” come stazione appaltante di “contratti pubblici” (art. 32 1° comma lett. c. del D.Lgs. n. 163/2016) (ai sensi dell’art. 3 commi 29 e 33, Xxxxxx si riteneva rientrare nelle fattispecie di “enti aggiudicatori” e di “stazione appaltante”).
A seguito dell’emanazione del D.Lgs. n. 175/2016, pur in un quadro normativo nuovo, ne consegue coerentemente che pur partendo da presupposti diversi (attualmente l’applicazione diretta ad Azimut
S.p.a. del Codice dei Contratti dovrebbe escludersi, per quanto detto più sopra), in via cautelare l’applicazione di normativa pubblicistica in materia di contratti da parte di Azimut S.p.a. viene effettuata unicamente in via di autolimitazione, ferma restando quindi l’operatività della fattispecie su un piano “privatistico” e la competenza è del giudice ordinario.
Ciò detto, apparendo razionalmente poco comprensibile l’esclusione di una società mista controllata
da enti pubblici dalla normativa pubblicistica (contestualmente applicando invece i vincoli pubblicistici in materia di personale), sono possibili interventi legislativi o anche da interpretazioni giurisprudenziali che potrebbero ripristinare l’applicazione della normativa contrattuale pubblicistica con la sola esclusione del rapporto tra Azimut S.p.a. ed il socio privato (in linea con le disposizioni normative precedentemente in essere).
Si ritiene quindi di mantenere l’attività contrattuale aziendale in un ambito di rigorosa applicazione dei principi comunitari e nazionali di pubblicità, trasparenza, ecc., pur in via autolimitazione, anche alla luce degli indirizzi in tal senso di Ravenna Holding S.p.a. e degli enti locali soci della stessa (anche per specifiche norme dei contratti di servizio affidati dai soci, pur in un ambito normativo diverso). La registrazione all’anagrafe di Anac e l’acquisizione dei CIG viene effettuata quindi in via di autolimitazione, non per obbligo normativo.
E’ stato conseguentemente progressivamente adeguato il Regolamento per il conferimento di incarichi e contratti aziendale (Documento AZQG15R Rev. 08).
Al link “Bandi e gare” ed in quello “Appalti di lavori, servizi, forniture” viene pertanto precisato che “Ai sensi dell’art. 3.3.2. del vigente “Regolamento per incarichi professionali e contratti” aziendale (doc. AZQG15R) e dell’art. 17 6° comma del D.Lgs. n. 175/2016, non trova applicazione ad Azimut S.p.a. la normativa in materia di contratti pubblici. Azimut S.p.a. opera pertanto contrattualmente su un piano privatistico e l’eventuale applicazione di normativa pubblicistica avviene unicamente in xxx xx xxxxxxxxxxxxxxx x xxx xx xxxxx specificamente richiamate, con conseguente competenza del giudice ordinario.”
L’art. 1.2. del vigente Regolamento per il Conferimento di Contratti, recentemente aggiornato, prevede esplicitamente quanto segue:
“1.2.1. In conseguenza del disposto di cui all’art. 1 3° comma del D.Lgs. 19.04.2016, n. 50, stante la mancanza di disposizioni che impongono ad Azimut S.p.a. l’applicazione della normativa sui contratti pubblici, dalla data di entrata in vigore del sopracitato Decreto Legislativo l’applicazione di tale normativa avviene in xxx xx xxxxxxxxxxxxxxx, xxx xx xxxxx specificamente richiamate nella documentazione di gara.
A seguito della successiva applicazione dell’art. 17 6° comma del D.Lgs. 19.08.2016, n. 175, è esclusa l’applicazione ad Azimut S.p.a. del D.Lgs. n. 19.04.2016, n. 50, ricorrendo i requisiti al riguardo previsti dalla normativa vigente. L’applicazione della normativa sui contratti pubblici da parte di Azimut S.p.a. Società Trasparente avviene pertanto come “soggetto privato” in via di autolimitazione, per quanto compatibile per le disposizioni specificamente indicate nella documentazione di gara.
Ugualmente in via di autolimitazione viene disposta la registrazione all’anagrafe ANAC.
Resta in ogni caso ferma la competenza del giudice ordinario nonchè la natura “privatistica” della procedura e del rapporto contrattuale.
Di conseguenza, in caso di violazione di quanto previsto dal vigente Regolamento, data la natura “privatistica” dell’attività contrattuale e la competenza del Giudice Ordinario, potrà farsi luogo a responsabilità disciplinare (anche in violazione del Codice Etico e di Comportamento), fermo restando il ricorrere di ogni altro eventuale profilo di responsabilità.
1.2.2. Fermo quanto previsto al precedente capoverso per le varie tipologie di procedure di affidamento si fa riferimento a quanto disposto dal medesimo Decreto legislativo e dalla normativa integrativa e/o modificativa, da ogni disposizione legislativa e regolamentare in materia (nazionale, comunitaria, regionale) ed in particolare da quella relativa a società a controllo pubblico che gestiscono servizi pubblici locali, oltre alle specifiche Linee Guida disposte da ANAC.
1.2.3 Salvo quanto specificatamente previsto dalla normativa vigente (in quanto compatibile, anche ai sensi delle disposizioni in materia di trasparenza e delle specifiche linee guida/direttive/atti di indirizzo Guida Anac per le società partecipate e controllate dagli enti locali), i bandi integrali e gli estratti relativi alle procedure concorsuali, devono essere in ogni caso inseriti nel sito internet della Società, in quello di Ravenna Holding S.p.A. (nella Sezione “Società Trasparente” dedicata ad Azimut S.p.a) e, quando è prevista una procedura con preventiva pubblicità, nelle altre forme previste dal presente Regolamento e dalla normativa vigente. In ogni caso, laddove è prevista una preventiva forma di pubblicità (per legge o per il presente Regolamento), andrà pubblicato sul sito internet della società ed in quello di Ravenna Holding S.p.a. anche un avviso in sunto relativo all’aggiudicazione, oltre che nelle altre forme previste dal presente Regolamento e dalla normativa vigente.
1.2.4. Nel rispetto della disciplina nazionale e comunitaria in materia, compatibilmente con i principi indicati al precedente capoverso 1.1. e fermo quanto precisato al precedente capoverso 1.2.1., Azimut S.p.a. si impegna a ricercare le possibili azioni atte a favorire l’accesso alle procedure delle micro e piccole imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione.
1.2.5. Nella valutazione delle offerte, verranno le altre considerate, nell’ambito delle esigenze gestionali aziendali, le caratteristiche di beni, lavori e servizi che presentino un minore impatto sulla salute e sull’ambiente.
1.2.6. Ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 175/2016 non trova applicazione per Amministratori e Dipendenti di Azimut S.p.a., in quanto società non in house, la giurisdizione della Corte dei Conti per danno erariale. Al di là di ogni responsabilità di tipo disciplinare, eventuali responsabilità in danno alla società potranno dare luogo ad azioni civilistiche di competenza della giurisdizione del Giudice Ordinario, fermo nel caso ogni ulteriore aspetto di responsabilità penale. “
In considerazione dell’ìnterpretazione soprariportata, ne deriva la rilevante conseguenza che l’attività contrattuale non comporterebbe l’esplicazione di pubblici poteri. Operando su un piano esclusivamente “privatistico” si escluderebbe che possano configurarsi le tipologie di reati contro la Pubblica amministrazione di cui agli artt. 314 e seguenti del Codice penale. L’attività dell’area riguarderebbe pertanto la sfera del D.Lgs. n. 231/2001 e s.m.i. ed è quindi già compresa nel modello adottato.
Il mutamento del quadro complessivo fa conseguire che l’attività in quanto posta su un piano “privatistico” viene in ogni caso trattata in sede di L. 190/2012 e s.m.i. considerando un concetto più generale di “mala administration”, così come esplicitato nella determina ANAC 28.10.2015, n. 12 “2. Aggiornamento del PNA per migliorare la qualità delle misure di prevenzione della corruzione”:”(“La l. 190/2012, pur ispirandosi al citato decreto (D.Lgs. n. 231/2001 e s.mi.i.) , implica un’attività più vasta e impegnativa, di autoanalisi organizzativa e di individuazione di misure preventive relative potenzialmente a tutti i settori di attività. Ciò in rapporto a fenomeni corruttivi che non riguardano il solo compimento di reati, ma toccano l’adozione di comportamenti e atti contrari, più in generale, al principio di imparzialità cui sono tenuti tutte le p.a. e i soggetti che svolgono attività di pubblico interesse. “).
La scelta di autolimitarsi da parte di Azimut S.p.a. deve ovviamente cedere di fronte all’orientamento da parte di enti/autorità di applicare testualmente ed in senso restrittivo la normativa vigente. Azimut
S.p.a. non è riuscita ad accreditarsi presso il sistema Sater regionale (sistema di informatizzazione integrale delle procedure di gara), in quanto la Regione, valutata la documentazione, ha rilevato che la sua attività contrattuale ha natura privatistica e, anche se in via di autolimitazione applica la normativa pubblicistica, ciò non gli consente di aderire al sistema Sater in quanto riservato ai soggetti tenuti ad applicare la quest’ultima.
Ulteriore normativa interna rilevante in materia contrattuale (per ogni tipologia di affidamento societaria e quindi anche quello in ambito di attività in libera concorrenza sul mercato e nel rapporto tar società e socio privato) è costituita dalla procedura “Approvvigionamento di beni e prestazioni” AZQG15) e “Qualificazione e monitoraggio dei fornitori” (AZQG17).
Verifica RASA ANAC.
Con comunicato del Presidente di Anac del 28.10.2017 è stato chiesto agli RPCT di verificare che il RASA, indicato nel Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione, si sia attivato per l’abilitazione del profilo utente di RASA secondo le modalità operative indicate nel Comunicato del 28 ottobre 2013.
A seguito del formale passaggio a Ravenna Holding S.p.a. del Dirigente Affari Generali a fare data dal 1.4.2020, il RASA di Azimut S.p.a. è l’ing. Xxxxxxx xx Xxxxxxx, attivato per l’abilitazione del profilo utente di RASA secondo le modalità operative indicate nel Comunicato del 28 ottobre 2013.
1. Fasi della procedura.
Vengono individuate come rilevanti le seguenti fasi della procedura:
a. programmazione della gara
b. progettazione della gara.
c. selezione del contraente.
d. verifica dell’aggiudicazione e stipula del contratto.
e. esecuzione del contratto.
f. rendicontazione del contratto.
Come previsto nella determina ANAC 28.10.2015, n. 12 “Parte Speciale-Approfondimenti” 1- Area di rischio contratti pubblici”, per ogni fase vengono individuati:
1. processi e procedimenti rilevanti;
2. possibili eventi rischiosi;
3. anomalie significative;
4. indicatori;
5. possibili misure.
1.1 Programmazione
1.1.1 Processi e procedimenti rilevanti
L’insufficiente attenzione alla fase di programmazione o un utilizzo improprio degli strumenti di intervento dei privati nella programmazione costituiscono una delle principali cause dell’uso distorto delle procedure che può condurre a fenomeni corruttivi. In tale fase, occorre prestare particolare attenzione ai processi di analisi e definizione dei fabbisogni, di redazione ed aggiornamento del programma triennale per gli appalti di lavori ed a tutti i processi che prevedono la partecipazione di privati alla fase di programmazione.
Il budget riporta il programma degli investimenti su base triennale. Tale programma, predisposto dai servizi interessati e valutato dall’Amministratore Delegato, viene approvato dal Consiglio di Amministrazione e successivamente dall’ Assemblea dei Soci.
Per i lavori pubblici (costruzione e manutenzione) connessi all’attività cimiteriale (che rappresenta la parte più rilevante della programmazione) viene elaborato un programma annuo di dettaglio, al fine di definire gli affidamenti rientranti nel contratto con il socio privato, e quelli da affidarsi a terzi (rileva anche la procedura “Piano Qualità Servizi Tecnico Progettuali” AZQL 10 Rev. 01 e “Procedura per la programmazione delle opere pubbliche AZQL10B Rev. 02).
Il Consiglio di Azimut S.p.a., anche in considerazione della gestione delle percentuali di interventi ammissibili dal contratto con il socio privato, ha assunto come orientamento di non affidare al socio privato tutti i contratti operativi, ma quelli che necessitano di una maggiore organizzazione, affidando a terzi i restanti interventi mediante procedure concorsuali (in particolare, attività che hanno registrato varianti significative - lavori di costruzione cimiteriali ed al servizio verde). Nel corso del 2019 sono stati esperiti - in continuità con quanto già effettuato nel 2017 e nel 2018 - diversi interpelli relativi a lavori cimiteriali, al di fuori del rapporto con Xxxxxxx XXxxx, non assegnati all’impresa che nella compagine del socio privato esegue i lavori di costruzione cimiteriale affidati nell’ambito della gara a
c.d. “doppio oggetto”.
Nel Piano 2019 si prevedeva un ampliamento degli affidamenti mediante procedure concorsuali di attività attinenti al servizio verde (potenzialmente gestibili nell’ambito del rapporto con il socio privato) anche in considerazione dell’accresciuta mole di attività del servizio in particolare nelle due ultime annualità, oltre ad un sostanziale mantenimento degli attuali livelli di affidamento “esterno” di lavori di costruzioni cimiteriali. Risultano effettuati almeno n. 2 interpelli con affidamento a terzi al di fuori della gara a c.d. “doppio oggetto”, non invitando nel secondo interpello - in attuazione del principio di rotazione- l’impresa che esegue il servizio nell’ambito della compagine privata. Sono attualmente in corso interpelli per attività di manutenzione del verde nei cimiteri, al di fuori della gara a c.d. “doppio oggetto”.
Ferme restando le condizioni di assegnazione della gara a c.d. a “doppio oggetto”, si ritiene in ogni caso opportuno verificare le condizioni di mercato, al fine di monitorare il permanere della convenienza delle condizioni contrattuali (anche per valutare variazioni in aumento o diminuzione – nel rispetto delle percentuali ammesse - della prestazione del socio privato).
Pur essendo prevista per il socio privato la possibilità di partecipare ad affidamenti al di fuori del partenariato al pari di ogni altra impresa, l’adozione di un Albo Fornitori/Appaltatori gestito esclusivamente dalla capogruppo (Ravenna Holding S.p.a.) costituisce concreta garanzia riguardo a possibili condizionamenti. Azimut sceglie infatti di norma imprese all’interno degli elenchi suddivisi per
categoria merceologica (salvo che il numero delle imprese sia sufficiente), applicando - salvo diversa motivazione - principi di rotazione.
Escludendo le prestazioni di servizi affidati al socio privato nell’ambito della gara a c.d. “doppio oggetto”, nonchè forniture rilevanti inserite nel piano triennale degli investimenti, residuano lavori, servizi e forniture di importo non rilevante (in buona parte inferiori unitariamente ad €. 40.000,00).
L’analisi dell’attività contrattuale aziendale evidenzia che si tratta di importi annui, che moltiplicati per le annualità previste dall’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i., non superano le soglie di rilevanza comunitaria, rientrando nella casistica di cui all’art. 36 2° comma del D.Lgs. n. 50/2016 attuata nel dettaglio dal Regolamento per il Conferimento di Incarichi e Contratti (con previsione tra l’altro in via di autolimitazione di una soglia di affidamento diretto fino ad €. 10.000,00 inferiore a quella di €. 40.000,00 prevista dall’ art. 36 2° comma lett. a del sopracitato Decreto Legislativo).
L’art. 21 del D. Lgs. n. 50/2016 prevede l’adozione (come relativa pubblicazione) di un il programma biennale degli acquisti di beni e servizi e di programma triennale dei lavori pubblici, nonchè i relativi aggiornamenti annuali. I programmi sono “approvati nel rispetto dei documenti programmatori e in coerenza con il bilancio …”. La norma ha incontrato problemi pratici in sede attuativa.
In ogni caso, a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea (prevista entro febbraio 2018) del budget 2018 e della previsione triennale 2018-2019-2020 (ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 175/2016), oltre alla pubblicazione sul sito aziendale del programma triennale di lavori pubblici (la norma prevede lavori il cui valore stimato sia pari o superiore ad €. 100.000,00), si è proceduto anche alla pubblicazione del programma (almeno biennale) di forniture e servizi di valore stimato pari o superiore ad €. 40.000,00 sul sito della società, in via di autolimitazione, pur essendo previsto l’obbligo di pubblicazione dal 2019.
A seguito dell’entrata a regime della procedura, le previsioni 2019-2020 (forniture e servizi sopra €. 40.000,00) e 2019-2021 (lavori di importo superiore ad €. 100.000,00) sono state effettuate sul sito del Sitar regionale, a seguito dell’approvazione del budget 2019 e della previsione pluriennale 2019- 2021.
1.1.2. Possibili eventi rischiosi.
Per il processo di analisi e di definizione dei fabbisogni, gli eventi rischiosi possono consistere nella definizione di un fabbisogno non rispondente a criteri di efficienza/efficacia/economicità, ma alla volontà di premiare interessi particolari (scegliendo di dare priorità alle opere pubbliche destinate ad essere realizzate da un determinato operatore economico) o nell’abuso delle disposizioni che prevedono la possibilità per i privati di partecipare all’attività di programmazione al fine di avvantaggiarli nelle fasi successive.
La presenza di un affidamento ad un socio privato di un numero significativo di prestazioni, a condizioni prestabilite, oggetto della gara a c.d. “doppio oggetto”, accompagnata da un periodico ricorso a valutazioni di mercato per prestazioni similari (la casistica più rilevante è quella delle costruzioni e manutenzioni cimiteriali, descritta al paragrafo precedente) riduce ed in ogni caso circoscrive possibili eventi rischiosi in ambito di definizione del fabbisogno ad attività di rilevanza economica residuale (impatto: basso 2; probabilità: improbabile 1. Valore rischio: 2 non significativo).
Per le medesime considerazioni deve ritenersi delimitato a fattispecie non economicamente rilevanti, l’eventuale intempestiva predisposizione ed approvazione degli strumenti di programmazione (impatto: basso 2; probabilità: improbabile 1. Valore rischio: 2 non significativo).
1.1.3 Anomalie significative.
Il ritardo o la mancata approvazione degli strumenti di programmazione, l’eccessivo ricorso a procedure di urgenza o a proroghe contrattuali, la reiterazione di piccoli affidamenti aventi il medesimo oggetto ovvero la reiterazione dell’inserimento di specifici interventi, negli atti di programmazione, che non evolvono alla fase di affidamento ed esecuzione, la presenza di gare aggiudicate con frequenza agli stessi soggetti o di gare con unica offerta valida, costituiscono tutti elementi rivelatori di una programmazione carente e, in ultima analisi, segnali di un uso distorto o improprio della discrezionalità.
Sono tutte anomalie che possono essere verificate in quanto facilmente tracciate dalle procedure aziendali. Il riscontro della verifica sarà contenuto in primis nella Relazione annuale per la Prevenzione della Corruzione (secondo lo schema ANAC o altra modalità di dettaglio integrativa predisposto dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza).
1.1.4 Indicatori
Un indicatore utile per la fase in esame è quello relativo all’analisi del valore degli appalti affidati tramite procedure non concorrenziali riferiti alle stesse classi merceologiche di prodotti/servizi in un determinato arco temporale. Nel caso in cui la somma dei valori di questi affidamenti, per gli stessi servizi o forniture, sia superiore alle soglie di rilevanza comunitaria che impongono di affidare tramite procedure aperte o ristrette, potranno essere necessari approfondimenti volti a comprendere le ragioni di una programmazione carente che ha condotto al frazionamento delle gare.
Si tenga conto che, escludendo l’attività in partenariato, l’attività contrattuale riguardante prestazioni continuative rientra in buona parte in classi di fatturato che non superano i valori calcolati ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016 per gli affidamenti in ambito comunitario.
Sono indicatori che possono essere in ogni caso verificati in quanto facilmente tracciati dalle procedure aziendali vigenti. Il riscontro della verifica sarà contenuto nella Relazione Annuale per la prevenzione della corruzione (secondo lo schema ANAC o altra modalità di dettaglio integrativa predisposto dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione)
1.1.5 Possibili misure.
Tra le possibili misure (verificando, adeguando, implementando quelle indicate per tale fase dalla succitata determina ANAC 28.10.2015, n. 12 paragrafo 4.1.5), considerando l’analisi degli specifici processi aziendali e la relativa valutazione dei rischi, si ritiene di potere evidenziare:
a. formalizzazione dell’avvenuto coinvolgimento delle strutture richiedenti nella fase di programmazione, in modo da assicurare una maggiore trasparenza e tracciabilità dell’avvenuta condivisione delle scelte di approvvigionamento.
b. obbligo di adeguata motivazione in fase di programmazione in relazione a natura, quantità e tempistica della prestazione, sulla base di esigenze effettive e documentate emerse da apposita rilevazione nei confronti degli uffici richiedenti;
c. audit interni su fabbisogno e adozione di procedure interne per rilevazione e comunicazione dei fabbisogni in vista della programmazione, accorpando quelli omogenei, anche al fine di definire una programmazione annuale anche per acquisti di servizi e forniture;
d. per servizi e forniture standardizzabili, nonché lavori di manutenzione ordinaria, adeguata valutazione della possibilità di ricorrere ad accordi quadro e verifica delle convenzioni/accordi quadro già in essere, anche sulla base delle esigenze logistiche dei vari servizi aziendali;
e. controllo periodico e monitoraggio dei tempi programmati anche mediante sistemi di controllo interno di gestione in ordine alle future scadenze contrattuali;
f. in fase di individuazione del quadro dei fabbisogni, predeterminazione dei criteri per individuarne le priorità;
g. per importi contrattuali superiori ad €. 40.000,00 + Iva annui, previsione di obblighi di comunicazione/informazione puntuale nei confronti del RPCT in caso di proroghe contrattuali e/o affidamenti diretti, da effettuarsi tempestivamente;
1.2. Progettazione della gara.
1.2.1 Processi e procedimenti rilevanti.
L’ impostazione della strategia di acquisto è fondamentale per assicurare la rispondenza dell’intera procedura di approvvigionamento al perseguimento del pubblico interesse, nel rispetto dei principi enunciati dall’art. 30 1° comma del D.Lgs. n. 50/2016 “principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità. Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico”.
Per c.d. “contratti sotto soglia” comunitaria, ai sensi dell’art. 36 1° comma del D.Lgs. n. 50/2016 gli affidamenti “avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 (sostenibilità energetica ed ambientale) e 42 (conflitto di interessi), nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l'effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese. Le stazioni appaltanti possono, altresì, applicare le disposizioni di cui all'articolo 50.” (clausole sociali)
Resta comunque ferma l’applicazione dell’art. 17 ultimo comma del D.Lgs. n. 175/2016 e quindi della normativa in materia di contratti pubblici in via di autolimitazione, Del resto, ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 50/2016, l'affidamento dei contratti pubblici (aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture) e dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva codice dei contratti pubblici, avviene in ogni caso “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica.”
In tale fase si ritengono rilevanti i seguenti processi:
a) effettuazione delle consultazioni preliminari di mercato per la definizione delle specifiche tecniche (nel rispetto di quanto previsto agli artt. 66-67-68 del D.Lgs. n. 50/2016);
b) nomina del responsabile del procedimento (ai sensi dell’art. 31 10 ° comma del D.Lgs. n. 50/2016 non trova in ogni caso applicazione la normativa sul RUP “Le stazioni appaltanti che non sono pubbliche amministrazioni e enti pubblici individuano, secondo i propri ordinamenti, uno o più soggetti cui affidare i compiti propri del responsabile del procedimento, limitatamente al rispetto delle norme del presente decreto alla cui osservanza sono tenute.;”)
c) individuazione dello strumento/istituto per l’affidamento;
d) individuazione degli elementi essenziali del contratto;
e) determinazione dell’importo del contratto;
f) scelta della procedura di aggiudicazione, con particolare attenzione al ricorso alla procedura negoziata;
g) predisposizione di atti e documenti di gara incluso il capitolato;
h) definizione dei criteri di partecipazione, del criterio di aggiudicazione e dei criteri di attribuzione del punteggio.
Occorre rimarcare l’estrema sensibilità connessa all’utilizzo delle consultazioni preliminari di mercato, introdotte dagli art. 66-67 del nuovo Codice in linea con gli indirizzi comunitari.
L’apertura del legislatore va infatti raccordata con l’attuale tendenza della giurisdizione penale di estendere l’operatività del reato di cui all’art. 353 bis c.p. “turbata libertà di scelta del contraente”. (“ Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.”).
La norma introdotta nel 2010, sta recentemente trovando particolare interesse della Cassazione Penale. Cassazione penale Sez. VI 20.3.2017 n. 13432 “ … la lettera della norma si riferisce al “contenuto del bando o di altro atto equipollente”, dovendosi intendere per tale ogni atto che … abbia l’effetto di avviare la procedura di scelta del contraente, venendo così in considerazione, sulla scorta di un’interpretazione di segno ampio, pienamente conforme alla ratio legis, anche la deliberazione di contrarre qualora la stessa, per effetto dell’illecita turbativa, non preveda l’espletamento di alcuna gara, bensì l’affidamento diretto di un determinato soggetto economico … si afferma, alla stregua delle medesime argomentazioni sopra illustrate, non esservi dubbio che nella nozione di “atto equipollente” di cui alla norma in esame. rientra qualunque provvedimento alternativo al bando di gara, adottato per la scelta del contraente, ivi inclusi pertanto, quelli attinenti all’affidamento diretto (nella fattispecie, la Corte ha ritenuto tale “ una delibera di proroga di contratto di appalto di servizi già in corso)”..
Il bene che la norma intende tutelare va ravvisato “nella salvaguardia dell’iniziativa economica, attraverso la quale si realizza l’interesse della P.A. all’individuazione del contraente più competente alle condizioni economiche migliori …”.
Tra le condotte citate dalla norma appare particolarmente critica quella di “collusioni” intesa come “accordo clandestino” diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte (“ “Nel delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, previsto dall'art. 353 bis cod. pen., la condotta di collusione consiste nell'accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte, concretamente idoneo a conseguire l'evento del reato, che si configura non soltanto in un danno immediato ed effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale, attesa la natura di reato di pericolo della fattispecie“ (Cass. n. 24477/2016).
Stante tale indirizzo giurisprudenziale, è evidente l’estrema sensibilità di una eventuale fase di “consultazioni preliminari di mercato” (art 66 2° comma del D.Lgs. n. 50/2016: “le amministrazioni aggiudicatrici possono acquisire consulenze, relazioni o altra documentazione tecnica da parte di esperti, di partecipanti al mercato nel rispetto delle disposizioni stabilite nel presente codice, o da parte di autorità indipendenti. Tale documentazione può essere utilizzata nella pianificazione e nello svolgimento della procedura di appalto, a condizione che non abbia l'effetto di falsare la concorrenza e non comporti una violazione dei principi di non discriminazione e di trasparenza.”).
Un accordo “clandestino” ove inteso nel linguaggio comune semplicemente come “nascosto” nell’ambito di un reato di pericolo in cui il bene tutelato è sostanzialmente la libera iniziativa economica, comporta le necessità di perimetrare in modo assolutamente visibile e rigoroso ogni attività, evitando anche qualsiasi fraintendimento.
Data la difficoltà di prevenire ogni dubbio, ne consegue la necessità di escludere la fase di “consultazioni preliminari di mercato”. In caso dovesse rendersi necessariamente ricorrere a tale attività preliminare, occorrerà predisporre preventivamente le idonee misure di “trasparenza” che si intendano assumere.
1.2.2 Possibili eventi rischiosi.
Vengono considerati come eventi rischiosi, mutuando anche quanto definito nella determina ANAC n. 12/2015:
a) la nomina di responsabili del procedimento in rapporto di contiguità con imprese concorrenti (soprattutto esecutori uscenti) o privi dei requisiti idonei e adeguati ad assicurane la terzietà e l’indipendenza;
b) la fuga di notizie circa le procedure di gara ancora non pubblicate, che anticipino solo ad alcuni operatori economici la volontà di bandire determinate gare o i contenuti della documentazione di gara;
c) l’attribuzione impropria dei vantaggi competitivi mediante utilizzo distorto dello strumento delle consultazioni preliminari di mercato;
d) l’elusione delle regole di affidamento degli appalti, mediante l’improprio utilizzo di sistemi di affidamento, di tipologie contrattuali (ad esempio, concessione in luogo di appalto) o di procedure negoziate e affidamenti diretti per favorire un operatore;
e) predisposizione di clausole contrattuali dal contenuto vago o vessatorio per disincentivare la partecipazione alla gara ovvero per consentire modifiche in fase di esecuzione;
f) definizione dei requisiti di accesso alla gara e, in particolare, dei requisiti tecnico-economici dei concorrenti al fine di favorire un’impresa (es. clausole dei bandi che stabiliscono requisiti di qualificazione);
g) prescrizioni del bando e delle clausole contrattuali finalizzate ad agevolare determinati concorrenti;
h) l’abuso delle disposizioni in materia di determinazione del valore stimato del contratto al fine di eludere le disposizioni sulle procedure da porre in essere;
i) la formulazione di criteri di valutazione e di attribuzione dei punteggi (tecnici ed economici) che possono avvantaggiare il fornitore uscente, grazie ad asimmetrie informative esistenti a suo favore ovvero, comunque, favorire determinati operatori economici.
Al fine di collocare la valutazione del rischio nello specifico contesto aziendale, si consideri:
a) fattispecie sub. a): per Azimut S.p.a. trova applicazione il regime semplificato di cui all’art. 31 8° comma del D.Lgs. n. 50/2016. Pertanto i compiti del responsabile del procedimento possono essere affidati secondo proprie disposizioni (“secondo i propri ordinamenti”), a differenza delle “pubbliche amministrazione ed enti pubblici”, anche ad “uno o più soggetti” e solo “limitatamente al rispetto delle norme del presente codice alla cui osservanza sono tenuti”. Date anche le dimensioni dell’organizzazione aziendale, il responsabile del procedimento al momento viene di solito individuato nell’Amministratore Delegato, in considerazione delle sue ampie competenze direzionali/gestionali (non sono presenti attualmente Dirigenti nella struttura aziendale) e la sua specifica preparazione tecnica (impatto: alto 3; probabilità: probabile 3; Valore rischio: 9 significativo).
b) fattispecie sub. b): considerando le prestazioni già assegnate a seguito di procedura di gara a
c.d. “doppio oggetto”, gli altri affidamenti rientrano in gran parte nella fascia inferiore ad €. 214.000,00, per cui la scelta delle imprese avviene applicando criteri di rotazione, nell’ambito di elenchi non predisposti dal Responsabile del Procedimento in quanto gestiti direttamente dalla capogruppo. Per procedure di valenza comunitaria, le molteplicità delle forme di avviso dei bandi, in quanto integralmente espletate a norma di legge, priva di rilevanza una eventuale conoscenza anticipata da parte di un possibile concorrente di gare non ancora pubblicate (impatto: basso 2; probabilità: improbabile 1. Valore rischio: 2 non significativo);
c) fattispecie sub. c: il rischio può apparire rilevante riguardo a eventuali prestazioni estremamente specialistiche, che complessivamente appaiono occasionali (gli affidamenti, anche per quanto detto più sopra, appaiono soprattutto relativi a prestazioni standardizzate e ripetitive per il funzionamento aziendale). (impatto: alto 3; probabilità: probabile 3. Valore rischio: 9 significativo);
d) fattispecie sub. d).: data le opzioni possibili per una stazione appaltante come Azimut S.p.a., non è utilizzabile lo schema concessorio, per cui gli affidamenti riguardano unicamente appalti (impatto: nullo; probabilità: nulla. Valore rischio: 0 nullo).
Riguardo all’eventuale uso distorto di procedure negoziate ed affidamenti diretti, si tenga presente che le fattispecie di cui all’art. 3.3.3. 1° comma lett. a) e b) riducono in via di autolimitazione le fattispecie di affidamento diretto, previste dall’art. 36 2° comma lett. a) del D.Lgs. n. 50/2016 fino ad €. 40.000,00: tale soglia si riduce ad €. 10.000,00, tra €. 10.000 ed
€. 40.0000 si prevede in ogni caso la richiesta di almeno n. 3 preventivi. Tutti i dati degli affidamenti sono pubblicati entro il 31.01 di ogni anno sul sito “Società Trasparente” link “Bandi ed appalti” nei format previsti da ANAC relativi a tutti i CIG acquisiti nell’annualità senza limitazioni di importo ai sensi dell’art. 1 comma 32 della L. n. 190/2012 e s.m.i., potendo direttamente verificare dai dati pubblicati le casistiche di procedure negoziate o di affidamento diretto. Per il 2019 i dati sono stati trasmessi ad Anac entro il termine previsto dalla normativa vigente e si attende l’attestazione da parte dell’Autorità (impatto: alto 2; probabilità: poco probabile 2. Valore rischio: 6 significativo);
e) fattispecie sub. e). la predisposizione di clausole che disincentivino la partecipazione a favore di alcuni è evento possibile, dovendosi tuttavia evidenziare l’assenza (in assoluto, risalendo anche agli anni precedenti ed in ogni caso dal 01.07.2012 a seguito della costituzione della società mista) di ricorsi giurisdizionale o gerarchici o comunque di richieste di informazioni da parte di altri operatori di mercato concorrenti o da altri soggetti (impatto: alto 3; probabilità: poco probabile 2. Valore rischio: 6 significativo).
Riguardo a clausole vaghe che possano favorire modifiche in sede di esecuzione, appare evento del pari possibile, pur non risultando dalle serie storica degli affidamenti (anche retrocedendo al 1.07.2012) fattispecie di varianti significative o comunque anomale (impatto: alto 3; probabilità: poco probabile 2. Valore rischio: 6 significativo);
f) fattispecie sub. f) e g): valgono considerazioni similari a quelle esplicitate alla precedente lett.
e) (impatto: alto 3; probabilità: poco probabile 2. Valore rischio: 6 significativo);
g) fattispecie sub. h): considerando la composizione complessiva degli affidamenti, escludendo la parte rilevante costituita dalle prestazioni eseguite dal socio privato, salvo prestazioni eventualmente rilevanti (soprattutto specialistiche) non ripetitive, si tratta di prestazioni di modesta rilevanza necessarie al normale funzionamento aziendale, che non superano la soglia comunitaria applicando le modalità di determinazione del valore contrattuale stabilito dall’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.; (impatto: alto 3; probabilità: poco probabile 2. Valore rischio: 6 significativo);
h) fattispecie sub. i): valgono considerazioni similari a quelle esplicitate alla precedente lett. e) (impatto: impatto: alto 3; probabilità: poco probabile 2. Valore rischio: 6 significativo).