Contract
Il nuovo apprendistato dopo il Testo unico
INDICE GENERALE
Tipologie, finalità e natura giuridica
del contratto di apprendistato 6
Soggetti titolati alla regolamentazione
Disciplina e funzioni del tutor, formazione
e qualificazione professionale dell’apprendista 16
Sospensione del rapporto di lavoro nell’apprendistato 23
Risoluzione del rapporto di lavoro nell’apprendistato 29
Limiti quantitativi all’utilizzo
dell’apprendistato in azienda 35
dopo la disciplina del Testo unico 39
per le violazioni sull’obbligo di formazione 48
per la trasformazione del contratto
e sgravio dei premi di risultato 52
Misure di sostegno al reddito degli apprendisti: condizioni, importi e durata 58
Irpef, detassazione incrementi produttività
dell’apprendistato in tabella 65
Tipologie, finalità e natura giuridica
del contratto di apprendistato
Il contratto di apprendistato ha origini storiche nel nostro ordinamento rinvenibili, trascurando le previsioni codicistiche (art. 2130 e ss. c.c.) alla disciplina prevista dalla legge 19.1.1955, n. 25.
Normativa
Art. 2, legge n. 25/1955
In tale norma l’apprendistato è definito quale uno “speciale rapporto di lavoro in forza del quale l’imprenditore è obbligato a impartire o far impartire, nella sua impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera nell’impresa medesima.
La predetta definizione ne illustra i caratteri di specialità: il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a causa mista.
Come noto, il contratto di lavoro subordinato è un contratto di tipo sinallag matico che trova sussistenza nella definizione di prestatore di lavoro subordi nato presente nell’art. 2094 c.c.
Normativa
Art. 2094 c.c.
È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante la retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.
Stante la predetta definizione, un rapporto di lavoro subordinato potrà essere instaurato tramite un contratto bilaterale a prestazioni corrispettive, con le seguenti caratteristiche:
– onerosità: essendo necessaria l’esistenza della retribuzione;
– sinallagmaticità: trattandosi di un contratto a prestazioni corrispettive ove in cambio della prestazione lavorativa il lavoratore riceve la retribuzione;
– consensualità: per l’instaurazione del rapporto di lavoro è necessario il consenso delle parti;
– commutatività: le leggi e la contrattazione stabiliscono l’entità della
prestazione e della retribuzione.
Nel contratto di lavoro subordinato la causa è pertanto rinvenibile nello scambio di lavoro contro retribuzione. Proprio nella causa del contratto risiede la specialità del contratto di apprendistato.
Il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro subordinato a causa mista, che presenta un arricchimento degli obblighi contrattuali delle parti: l’apprendista svolge la prestazione lavorativa e in cambio il datore di lavoro ha l’obbligo di retribuirlo e di fornirgli l’addestramento professionale speci fico.
L’apprendistato ovviamente si distingue dai tirocini e dagli stage proprio per il fatto che in quest’ultimi il percorso formativo non implica l’instaura zione di un rapporto di lavoro subordinato.
Successivamente alla legge n. 25/1955 e prima della riforma della legge Biagi, l’art. 16, legge 24.6.1997, n. 196 e l’art. 68, legge 17.5.1999, n. 144 aveva introdotto ulteriori novità alla disciplina dell’apprendistato, quali:
a) innalzare il limite massimo di età per l’assunzione tramite apprendistato e imporre l’obbligo di formazione esterna all’azienda per accedere agli sgravi contributivi allora consistenti nella marca settimanale (legge n. 196/1997);
b) consentire tramite l’apprendistato di assolvere all’obbligo di partecipare ad attività formative fino al diciottesimo anno di età (legge n. 144/1999).
Si giunge così al 2003 e alla radicale riforma operata dagli artt. 4753, D.Lgs.
n. 276/2003 (cd. legge Xxxxx), tramite la quale sono state introdotte tre tipologie di apprendistato:
1) apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e forma zione;
2) apprendistato professionalizzante;
3) apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
Tuttavia, dal 2003, il contratto di apprendistato, nonostante il ruolo di strumento privilegiato per le assunzioni di giovani, non è decollato, anzi è stato oggetto di continue modifiche normative (presenti quasi ogni anno) nonché di una ricca documentazione di prassi (si pensi agli oltre 40 interpelli del Ministero del lavoro) che ha contribuito a complicarne l’utilizzo e a rendere meno appetibile tale tipologia contrattuale.
Il contratto di apprendistato resta, tuttavia, l’unico contratto a xxxxxx xxxx formativo (il contratto d’inserimento, sostituendo il vecchio CFL, ha perso i connotati formativi).
Il mancato decollo di tale tipologia contrattuale è sicuramente dovuto alla complessità delle fonti normative e in particolare al forte ruolo delle legisla zioni regionali che in alcuni casi hanno ridimensionato e compresso le attività di semplificazione svolta dal legislatore statale.
Si pensi da ultimo alla sentenza della Corte Costituzionale del 10/14 maggio 2010, n. 176, la quale, dichiarando incostituzionale il comma 5ter, art. 49, D.Lgs. n. 273/2003 così come introdotto dal c. 2, art. 23,
D.L. n. 112/2008, ha da una parte rimarcato il ruolo fondamentale della legislazione regionale in materia di formazione e dall’altro annullato il cd. “doppio canale” di instaurazione dell’apprendistato, ossia quello di matrice contrattuale.
Collegato lavoro
Testo unico nuovo apprendistato
Proprio la competenza in materia di formazione e rapporto di lavoro pone contrasti tra la disciplina regionale e statale; contrasti, anche di natura interpretativa, che non sono stati completamente risolti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 50/2005.
In vigenza del D.Lgs. 276/2003 e in attesa che le Regioni disciplinassero e legiferassero compiutamente in materia di apprendistato, è rimasto in vigore il vecchio apprendistato, ossia quello disciplinato dalla legge n. 25/1955 così come modificato dalla legge n. 196/1997 (c.d. legge Treu).
La convivenza delle due normative (legge n. 25/1955 e D.Lgs. n. 276/ 2003) ha senza dubbio creato diversi problemi operativi, tanto da disin centivare l’utilizzo di tale tipologia contrattuale.
A tale scopo, anche in virtù della delega scaduta ex art. 1, c. 30, della L. 247/2007, la legge 4.11.2010, n. 183 (cd. “collegato lavoro”) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 novembre 2010, n. 262 Supplemento Ordinario
n. 243 prevedeva all’art. 46 una delega al governo da esercitare entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge in materia di apprendistato.
Alla luce di tale delega, il 10 ottobre 2011, con la Gazzetta Ufficiale n. 236, è stato pubblicato il Testo Unico in materia di apprendistato: D.Lgs. n. 167 del 14.9.2011 entrato in vigore il 25.10.2011.
L’art. 1 del Testo unico afferma che l'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.
L’art. 1, c. 2, inoltre, precisa che il contratto di apprendistato è definito secondo le seguenti tipologie:
a) apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale;
b) apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
c) apprendistato di alta formazione e ricerca.
A queste si aggiunge la novità assoluta dell’apprendistato stipulato con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a prescindere dall’età del soggetto.
Abrogazioni e periodo transitorio
L’art. 7 del D.Lgs. n. 167/2011 (norme transitorie) specifica che, ferma restando la disciplina di regolazione dei contratti di apprendistato già in essere, con l'entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:
– la legge n. 25 del 19.10.1955;
– gli articoli 21 e 22 della legge n. 56 del 28.2.1987;
– l'articolo 16 della legge n. 196 del 24 giugno 1997;
– gli articoli da 47 a 53 del D.Lgs. n. 276 del 10.9.2003.
Pur in vigenza della nuova normativa, i contratti di apprendistato già in essere continuano ad essere regolati dalle norme previgenti.
Inoltre si afferma che per le Regioni e i settori ove la disciplina di cui al presente decreto non sia immediatamente operativa, trovano applicazione, in via transitoria e non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto (fino al 25.4.2012), le regolazioni vigenti.
Al termine del predetto periodo transitorio, in caso di inattività da parte della contrattazione collettiva o delle Regioni, si dovrebbe ritenere non più stipulabile il contratto di apprendistato.
Sembrerebbe, invece, senza alcun termine transitorio la disposizione che
prevede che in assenza della offerta formativa pubblica di cui all'articolo 4, c. 3, trovano applicazione immediata le regolazioni contrattuali vigenti.
In sostanza si deve ritenere che nel primo periodo di vigenza del T.U. ci potremmo trovare di fronte a una serie di apprendisti gestiti secondo norme abrogate dal decreto ma temporaneamente valide e stratificate tra loro:
– Apprendista secondo le regole della legge n. 25/1955 e successive inte grazioni (v. legge n. 196/1997);
– Apprendista secondo le regole del D.Lgs. n. 276/2003;
– Apprendista secondo le regole del D.Lgs. n. 167/2011.
Per tale motivo si ritiene utile mantenere nel presente dossier separate le varie tipologie evidenziando, ove possibile, i caratteri qualificanti e di sovrapposizione.
Normativa
Min. lav., circ. 11.11.2011, n. 29
“L’art. 7, c.7, del D.Lgs. n. 167/2011 introduce un regime transitorio stabilendo anzitutto che, per le Regioni e i settori ove la nuova disciplina non sia immediatamente operativa, trovano applicazione, in via transitoria e non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso Decreto (fino al 25 aprile 2012), le regolazioni vigenti. Va dunque evidenziata la scelta di limitare la perpetuazione della vecchia disciplina dell’apprendistato per un periodo non superiore ai sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove regole. Al termine di questo periodo l’unica disciplina applicabile sarà pertanto quella contenuta nel D.Lgs. n. 167/2011. Ciò vale peraltro, per espressa previsione legislativa, con esclusivo riferimento alle tipologie di apprendistato che, per essere operative, necessitano di un intervento della contrattazione collettiva e/o delle Regioni. Non così, nei limiti di quanto di seguito precisato, per l’apprendistato di terzo livello, in ragione del chiaro disposto dell’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 167/2011, là dove si dispone che “in assenza di regolamentazioni regionali l’attivazione dell’apprendistato di alta formazione o ricerca è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca di cui al comma che precede, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Per le altre tipologie di apprendistato, per contro, fino allo scadere dei sei mesi e a condizione della inapplicabilità della nuova disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 167/2011 per mancanza del contestuale intervento delle singole Regioni e della contrattazione collettiva (interconfederale o di categoria), restano in vigore tutte le disposizioni di legge (statale e regionale) e di contratto collettivo che attualmente disciplinano l’apprendistato, ivi comprese quelle di carattere sanzionatorio per le quali si rinvia a quanto già chiarito con circ. n. 40/2004 e circ. n. 27/2008. Ne consegue che un contratto stipulato in detto periodo secondo la vecchia disciplina seguirà anche le regole previste dalla contrattazione di riferimento, in particolare in ordine alla durata del periodo formativo, e sarà soggetto alla applicazione del relativo trattamento contributivo agevolato.
Al fine di evitare possibili problematiche applicative si auspica tuttavia che le Regioni adottino le regolamentazioni di competenza avendo cura di stabilirne l’efficacia solo alla scadenza del regime transitorio dei sei mesi. Ed infatti, specie con riguardo all’apprendistato professionalizzante, è indubbio che la nuova disciplina introdotta dal Testo unico presuppone una “integrazione” (cfr. art. 4, comma 3) tra l’offerta formativa pubblica e quella che sarà disciplinata dai contratti collettivi. Ne deriva, in ogni caso, che, in questa fase transitoria, l’entrata in vigore della disciplina regionale risulta condizionata dalla attuazione dei profili indicati all’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 167/2011, da parte della contrattazione collettiva nazionale di categoria ovvero da accordi interconfederali. Si rileva, al riguardo, che mentre il rinvio alla contrattazione collettiva è effettuato solo per il livello nazionale di categoria nulla esclude che l’attuazione dei principi e criteri direttivi elencati all’art. 2, c. 1, del D.Lgs. n. 167/2011 possa avvenire anche mediante accordi interconfederali di tipo territoriale eventualmente cedevoli rispetto alla contrattazione collettiva di settore.
Entrando ora nel dettaglio più operativo si ricorda che l’avvio dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 167/2011 è condizionato all’accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome. Durante la fase transitoria risulterà possibile, solo nelle Regioni che abbiano stipulato le necessarie intese con i Ministeri competenti ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. n. 276/2003, assumere minori per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione. Per le altre Regioni rimane invece operativa, sempre per la durata del regime transitorio, la disciplina di cui alla L. n. 196/1997 e alla L. n. 25 del 1955.
Per quanto attiene invece all’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 167/2011, esso potrà essere operativo secondo la nuova disciplina già durante la fase transitoria, ma ciò solo nel caso in cui sia la singola Regione sia la contrattazione collettiva di riferimento ovvero eventuali accordi interconfederali abbiano recepito la riforma e, dunque, disciplinato i profili di rispettiva competenza.
Il c. 7 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 167/2011, dopo aver disposto la ultrattività della previgente disciplina per un periodo massimo di sei mesi, stabilisce inoltre, con specifico riferimento all’apprendistato professionalizzante o di mestiere, che in assenza della offerta formativa pubblica finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali trovano immediata applicazione le regolazioni contrattuali vigenti. In altri termini, qualora la formazione pubblica di cui è responsabile la Regione non dovesse aver luogo, il Legislatore ha inteso garantire (questa volta evidentemente senza limiti di tempo) che l’apprendistato professionalizzante o di mestiere possa sempre essere attivato sulla base della sola disciplina contrattuale novellata dalle organizzazioni datoriali e sindacali sulla base del D.Lgs. n. 167/2011. È data dunque la possibilità di svolgere un apprendistato con formazione esclusivamente a carico del datore di lavoro analogamente a quanto previsto in passato dall’art. 49, co.5 ter, del D.Lgs. n. 276/2003 a condizione però della assenza di una concreta offerta formativa pubblica.
Per quanto attiene, infine, all’apprendistato di alta formazione e a quello di ricerca di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 167/2011 è necessario svolgere separate e specifiche considerazioni. L’apprendistato di ricerca tipologia di nuova introduzione, sconosciuta in vigenza del
(Segue)
precedente regime normativo può essere immediatamente attivato, ancor prima che le Regioni e la contrattazione collettiva ne disciplino gli aspetti di competenza, tramite intese ad hoc stipulate tra il singolo datore di lavoro e l’istituzione formativa e/o di ricerca prescelta, ai sensi del c. 3, del suddetto art. 5.
Rispetto all’alto apprendistato fattispecie già introdotta e disciplinata dall’art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003 nelle Regioni che lo abbiano regolamentato ai sensi del citato art. 50, tali regolamentazioni continuano a trovare applicazione fino a che la medesima Regione non abbia provveduto a recepire la riforma e comunque non oltre i sei mesi della fase transitoria. Nelle Regioni che, invece, non abbiano provveduto a regolamentare l’istituto ex art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003, sarà possibile da subito stipulare intese ad hoc tra il singolo datore di lavoro e l’istituzione formativa prescelta ai sensi della nuova disciplina.
Si segnala, da ultimo, che risulta immediatamente possibile assumere i lavoratori in mobilità con contratto di apprendistato, ma ciò nel limite di quanto sopra precisato con riferimento alle singole tipologie apprendistato. Nei casi in cui non sia operativa la nuova disciplina troverà dunque applicazione, anche per i lavoratori in mobilità, la disciplina previgente ferme restando le disposizioni in materia di licenziamenti individuali di cui alla legge n. 604/1966, nonché il regime contributivo agevolato di cui all’articolo 25, comma 9, della legge. n. 223/1991 e l’incentivo di cui all’art. 8, c. 4, della medesima Legge”.
Tempo determinato o tempo indeterminato
Natura speciale del contratto
di apprendistato
Teoria del contratto a tempo indeterminato
NATURA GIURIDICA DEL CONTRATTO DI APPRENDISTATO
Il contratto di apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro subordina to a causa mista in forza del quale l’imprenditore è obbligato a impartire o far impartire all’apprendista l’insegnamento necessario per poter conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone nel frattempo l’opera nell’azienda.
Sin dalla sua introduzione nel panorama legislativo si è discusso in merito alla qualificazione giuridica del predetto rapporto speciale, in particolar modo se il contratto di apprendistato devesse essere considerato un contrat to a tempo indeterminato o un contratto a tempo determinato.
Da subito dottrina e giurisprudenza si sono divisi in merito alla sua classifi cazione mentre il Ministero del lavoro con interpello 12 novembre 2009, n. 79 si è schierato con l’orientamento che ritiene l’apprendistato un con tratto a tempo indeterminato.
La dottrina e la giurisprudenza minoritaria ritengono, in forza di una serie di disposizioni normative, che il contratto di apprendistato sia un contratto a tempo determinato di natura speciale per i seguenti motivi:
– l’art. 21, c. 6, legge n. 56/1987 fa riferimento alla cd. “trasformazione del rapporto a tempo indeterminato” presupponendone chiaramente una natura diversa;
– l’art. 4bis, c. 5, X.Xxx. n. 181/2002 utilizza la locuzione di “trasformazio ne da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato”;
– l’art. 10, c. 1, D.Lgs. n. 368/2001 esclude l’apprendistato dall’applicazio ne delle norme sul contratto a termine presupponendo che si tratti di un contratto dotato di autonoma e specifica disciplina.
Il Ministero del lavoro con la risposta all’interpello del 12 novembre 2009, n. 79, riassume le tesi dottrinali e giurisprudenziali volte a ritenere il rapporto di apprendistato un contratto a tempo indeterminato.
Il Dicastero afferma che il rapporto di apprendistato, quale rapporto speciale a causa mista, assume una particolare struttura giuridica dovuta dal fondersi di due fondamentali elementi:
– un ordinario rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dalla reciproci tà tra la prestazione lavorativa e la retribuzione;
– un periodo diapprendimento (“tirocinio”) finalizzato a far acquisire all’appren dista le conoscenze e capacità necessarie per ottenere la qualifica professionale.
Le predette due anime contrattuali fanno sì che il contratto di apprendista- to sia instaurato sulla base di una doppia causa costitutiva: la forma- zione e la retribuzione in cambio della prestazione lavorativa.
Secondo parte della dottrina, qui appoggiata dal Ministero, il termine fissato al contratto di apprendistato sembra apposto a una sola delle due cause che compongono il contratto, ossia quella formativa.
Per ciò che riguarda la seconda causa del contratto (retribuzione in cambio di prestazione lavorativa) la scadenza del termine costituisce unicamente il momento in cui può essere esercitata la facoltà di recesso, in assenza del quale il rapporto di lavoro continua a tempo indetermina to e non si scioglie automaticamente come avviene nei contratti a termine. Tale convincimento inoltre è supportato dalle seguenti ulterio ri considerazioni:
– il D.Lgs. n. 368/2008 esclude l’apprendistato dall’applicazione delle norme specifiche del contratto a tempo determinato;
– la Corte Costituzionale con sentenza n. 169/1973 aveva dichiarato inco stituzionale l’art. 10, legge n. 604/1966, nella parte in cui non tutelava anche gli apprendisti dal licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo in costanza di rapporto;
– solo al momento della scadenza del contratto il datore di lavoro può recedere dal rapporto ad nutum (concedendo il preavviso previsto contrat tualmente), in caso contrario il contratto prosegue come un normale contratto a tempo indeterminato;
– il D.Lgs. n. 276/2003 prevede la possibilità di recedere dal rapporto di apprendistato:
1. ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 c.c. al termine del contratto;
2. in presenza di giusta causa e di giustificato motivo.
L’art. 1 del D.Lgs. n. 161/2011 definisce l’apprendistato come “un contrat to di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupa zione dei giovani”.
Pertanto dal 25.10.2011 (data di entrata in vigore del decreto) non vi può essere alcun dubbio: il contratto di apprendistato è un contratto a tempo indeterminato con un periodo di formazione a tempo determinato.
La nuova disposizione, oltre ad avere il pregio di codificare quanto da più parti interpretato, evidenzia l’importanza dell’aspetto formativo ribadendo la doppia anima del contratto di apprendistato:
– contratto di lavoro a tempo indeterminato;
– contratto con contenuto formativo e di apprendimento volto all’inseri mento dei giovani nel mondo del lavoro.
Si evidenzia tuttavia nel testo di legge ed in particolare all’art. 4, c. 5 una figura di apprendistato a tempo determinato: difatti la predetta disposi zione prevede che per le attività svolte in cicli stagionali è possibile prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato anche a tempo determinato.
La classificazione giuridica del contratto di apprendistato come contratto a tempo indeterminato ha rilevanti conseguenze anche sotto l’aspetto fiscale: ove una norma fiscale preveda uno specifico trattamento per contrat
La novità del T.U. sull’apprendistato
Ricadute fiscali della classificazione giuridica
ti a tempo indeterminato esso dovrà essere applicato anche al contratto di apprendistato. A titolo esemplificativo si pensi a:
1. Il riconoscimento delle detrazioni ex art. 13 TUIR
L’art. 13 TUIR prevede al c. 1, lett. a) il riconoscimento minimo delle detrazioni per produzione reddito, in particolare la norma recita: “L’am montare della detrazione effettivamente spettante non può essere infe riore a 690 euro. Per i rapporti di lavoro a tempo determinato, l’ammon tare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a
1.380 euro”.
Pertanto, ai contratti di apprendistato spetta la detrazione minima di euro 690 e non quella più favorevole di 1.380 euro.
2. Annotazione AI della CUD2010
L’annotazione AI della CUD prevede l’indicazione delle seguenti informa zioni relative al rapporto di lavoro:
– tipologia di rapporto di lavoro: lavoro dipendente;
– rapporto a tempo determinato/indeterminato: rapporto a tempo inde terminato;
– data inizio e data fine per ciascun periodo di lavoro o di pensione;
– importo del reddito imponibile.
3. Trasformazione del contratto ai fini IRAP
La circolare dell’Xxxxxxx xxxxx Xxxxxxx 00 luglio 2006, n. 26 prevede che le trasformazioni da apprendistato a contratto a tempo indeterminato realizza no una nuova assunzione e pertanto consentono di usufruire le deduzioni sulla base IRAP.
Tale considerazione, letta alla luce dell’interpello del Ministero del lavoro 79/2009, evidenzia che l’espressione utilizzata dall’Agenzia delle Entrate è in senso atecnico.
In sostanza l’agevolazione fiscale ai fini IRAP potrà essere fruita solo trascor so il periodo di formazione/tirocinio senza che il datore di lavoro abbia esercitato il diritto di recesso.
Soggetti titolati alla regolamentazione
del nuovo apprendistato
Il comma 1, dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2001, afferma che “La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappre sentative sul piano nazionale”.
La norma evidenzia due aspetti qualificanti:
– la disciplina dell’apprendistato deve essere uniforme su tutto il territo rio nazionale evitando frammentazioni;
– le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei datori di lavoro abilitate alla sottoscrizione degli accordi (interconfederali o nazionali) devono essere quelle comparativamente più rappresentative.
Dal tenore della norma, evidenziando l’ormai sempre più ricorrente utilizzo della preposizione “da”, emerge la possibilità di dare efficacia a tal fine anche ad accordi separati.
La contrattazione collettiva dovrà rispettare i principi esposti nelle lettera da
a) a m) dell’art. 2 del x. 0 xxx X.Xxx. x. 000/0000, xxxxx:
Aspetti normativi
a) forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto;
b) divieto di retribuzione a cottimo;
c) possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale all’anzianità di servizio;
d) presenza di un tutore o referente aziendale;
e) possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite dei fondi paritetici interprofessionali di cui all’art. 118 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000, e all’art. 12 del D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 e successive modificazioni anche attraverso accordi con le Regioni;
f) possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna all’impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi nonché nei percorsi di istruzione degli adulti;
g) registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale a fini contrattuali eventualmente acquisita nel libretto formativo del cittadino di cui all’art. 2, c. 1, lettera i), del D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003;
h) possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi;
i) possibilità di forme e modalità per la conferma in servizio, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al termine del percorso formativo, al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato, fermo restando quanto previsto dal c. 3 del presente articolo;
j) divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. In caso di licenziamento privo di giustificazione trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente;
k) possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 del codice civile. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Forma e contenuti del contratto
di apprendistato
La lettera a) del comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2011 prevede che il contratto di lavoro di apprendistato necessiti della forma scritta in merito: n alla sua costituzione; forma scritta da ritenersi ad probationem in quanto:
– la norma non richiede la forma scritta “a pena nullità”;
– l’art. 7, c. 2 del D.Lgs. n. 167/2011, prevede una sanzione ammini strativa in caso di mancanza di forma scritta;
n al patto di prova;
n al relativo piano formativo individuale.
Uno degli aspetti più interessanti della predetta norma è la possibilità di definire il piano formativo individuale entro 30 giorni dalla stipulazione del contratto. In sostanza il datore di lavoro, dalla data di sottoscrizione in forma scritta del contratto, ha tempo 30 giorni (da ritenersi di calendario) per definire, appurate le conoscenze dell’apprendista, il giusto piano di sviluppo formativo.
Si deve precisare che non necessariamente il momento della stipulazione del contratto coincide con l’inizio della prestazione, pertanto il datore di lavoro dovrà fare particolare attenzione al momento di inizio del conteggio dei 30 giorni, ossia a decorrere dal momento della stipulazione.
Il piano formativo potrà essere definito sulla base di modulistica o form ad hoc fissati dalla contrattazione collettiva ovvero dagli enti bilaterali.
In merito alla stipulazione del patto di prova in forma scritta, nessuna novità rispetto a quanto indicato dall’art. 2096 c.c.; il patto di prova potrà essere diverso a seconda della qualifica da conseguire ma nel limite di 6 mesi (art. 10, legge n. 604/1996).
Normativa
Art. 2096 c.c. – Assunzione in prova
(Salvo diversa disposizione delle norme corporative), l’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto.
L’imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova. Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.
Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro.
Nel contratto ovviamente dovranno essere presenti i seguenti ulteriori elementi:
– luogo di svolgimento della prestazione del lavoro;
– l’orario di lavoro;
– la qualifica da acquisire;
– la retribuzione e l’inquadramento.
Le lettere b) e c) del c. 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2011 dispongono le
linee guida per definire la retribuzione dell’apprendista.
La lettera b) definisce, in linea con le precedente disposizioni, il divieto di
retribuire l’apprendista a cottimo.
L’obiettivo della norma è chiaramente quello di evitare uno sfruttamento dell’apprendista collegando il suo compenso a cicli lavorativi stressanti nella considerazione che l’apprendistato è costituto da due animi: lavoro e formazione.
Si deve evidenziare, tuttavia, che è stato eliminato qualsiasi riferimento al divieto di sottoporre l’apprendista a lavorazioni retribuite a incen- tivo.
In tale logica, già nella disciplina pregressa, si permetteva l’erogazione di premi agli apprendisti ove collegati agli andamenti aziendali (ebit, ebi tda, fatturato etc.) evitando forme di incentivo collegato alla prestazione individuale del singolo.
Tali soluzioni consentono anche agli apprendisti (e ai loro datori di lavoro) di sfruttare forme di defiscalizzazione degli oneri sociali con una riduzio ne della forbice del costo del lavoro e netto al dipendente (es. sgravi sui premi di risultato e detassazione al 10%).
La lettera c) prevede la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due
livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conse guimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio.
Le due soluzioni sono alternative tra loro; pertanto i CCNL dovranno fare una precisa scelta senza stabilire situazioni ibride di sottoinquadra mento e percentualizzazione graduale della retribuzione prima ammesse. Inoltre tale disposizione è letteralmente prevista come “possibilità” quin di in tal senso non vi è nessun obbligo consentendo, di fatto, alla contrattazione collettiva di non prevedere necessariamente un ridi- mensionamento dell’inquadramento e della retribuzione.
Disciplina e funzioni del tutor, formazione e qualificazione professionale dell’apprendista
Anche il nuovo Testo unico sull’apprendistato ripropone la necessaria presenza del tutor in qualità di garante e responsabile della formazione dell’apprendista.
La lettera d) del c. 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2001, infatti, prevede la presenza di un tutore o referente aziendale.
Non risultando tra le norme abrogate il D.M. 28 febbraio 2000 si deve ritenere che la predetta disposizione possa regolamentare tutt’ora la discipli na del tutor nel nuovo apprendistato.
A tale riguardo è bene far presente che la disciplina regionale può regola mentare in modo diversa le funzioni e la disciplina del tutor:
n Il D.M. 28 febbraio 2000 ha previsto le esperienze e i compiti del tutor aziendale che dovrà affiancare l’apprendista nella propria crescita;
n Il tutor potrà essere un lavoratore qualificato dipendente dell’impresa e dovrà possedere un inquadramento contrattuale pari o superiore a quello dell’apprendista;
n Il tutor dovrà possedere un esperienza di almeno 3 anni nell’attività oggetto della prestazione lavorativa dell’apprendista;
n Per le imprese con meno di 15 dipendenti e nelle imprese artigiane la figura del tutor potrà essere ricoperta dal titolare dell’impresa, da un socio o da un familiare coadiuvante;
n Il tutor dovrà affiancare l’apprendista collaborando per la sua formazione ed esprimendo le valutazioni in merito alle competenze acquisite;
n I lavoratori, per diventare tutor, dovranno seguire un percorso formativo predisposto dalla Regione.
Pertanto, come ribadito anche dal Ministero del lavoro con circolare 40/ 2004, la definizione delle specifiche competenze del tutor è rimessa alla normativa regionale.
Ai fini dell’addestramento pratico volto a far acquisire le capacità tecniche per diventare lavoratore qualificato, il tutor quindi affiancherà l’apprendista.
Ai sensi dell’art. 1, D.M. 28 febbraio 2000, pertanto, il tutore ha il compito di:
o affiancare l’apprendista durante il periodo di apprendistato;
o trasmettere all’apprendista l’insegnamento necessario per lo svolgimento delle attività lavorative;
o favorire l’integrazione tra le iniziative esterne all’azienda e la formazione sul luogo del lavoro;
o entrare in contatto con la struttura di formazione esterna al fine di valorizzare il percorso di apprendimento esterno e interno all’azienda dell’apprendista;
o esprimere le proprie valutazioni sulle competenze professionali acquisite dall’apprendista ai fini dell’attestazione da parte del datore di lavoro.
In ragione di tali attività il tutor deve avere i seguenti requisiti:
n possedere un livello di inquadramento pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato;
n svolgere attività coerenti con quelle dell’apprendista;
n possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa.
Il tutor è quel lavoratore designato dall’impresa che assicura il necessario raccordo tra l’apprendimento sul lavoro e la formazione interna ed esterna e che accompagna, passo dopo passo, l’apprendista per tutta la durata del piano formativo individuale.
Nelle imprese con meno di 15 dipendenti e nelle imprese artigiane la funzione di tutore può essere ricoperta:
– da un lavoratore nominato dall’imprenditore;
– dal titolare dell’impresa;
– da un socio;
– da un familiare coadiuvante.
A tal riguardo con risposta all’interpello 5 giugno 2009, n. 49, il Ministero del lavoro ha precisato che, ferme restando le specifiche indicazioni dettate in materia dalle Regioni (in caso di apprendistato professionalizzante) ovvero dalla contrattazione collettiva, il rapporto di associazione in partecipazio ne non è compatibile con il ruolo del tutor in quanto non espressamente indicato nel D.M. 28 febbraio 2000.
Ciascun tutor comunque non potrà affiancare più di 5 apprendisti (Min. lav. Interpello 9/2008).
Sotto l’aspetto prettamente formativo del tutor, il decreto stabilisce che sono previsti specifici interventi formativi al fine di far acquisire al tutore le competenze necessarie per svolgere le proprie funzioni.
Il tutor deve partecipare a una specifica iniziativa formativa di durata non inferiore a 8 ore, organizzata e finanziata dalle strutture di formazione esterne all’azienda, nell’ambito delle attività formative per apprendisti.
Pertanto, essendo il tutor il “formatore in azienda”, egli dovrà sviluppare tramite il proprio percorso formativo:
o la conoscenza del contesto normativo relativo ai dispositivi di alternanza;
o la comprensione delle funzioni di tutor e gli elementi del contratto di lavoro (di settore, nazionale, territoriale ovvero nazionale) in materia di formazione;
o la gestione dell’accoglienza e dell’inserimento degli apprendisti in azienda;
o la gestione delle relazioni esterne, con strutture coinvolte nel percorso formativo;
o la pianificazione del percorso di apprendimento;
o la valutazione dei progressi e dei risultati dell’apprendimento.
Vista la necessaria presenza del tutor ai fini della costituzione di un contratto di apprendistato, è bene valutare quali conseguenze vi siano in caso di mancanza temporanea ovvero definitiva della predetta figura.
Formazione del tutor
Assenza del tutor
Relativamente alla mancanza temporanea del tutor, il Ministero del lavoro, con risposta a interpello n. 9 del 27 marzo 2008, ha chiarito che l’affiancamento all’apprendista non deve avere carattere continuativo. Va da sé che brevi sospensioni dell’attività lavorativa del tutor, quali: ferie, permessi giornalieri e malattie brevi, non vanificano il percorso formativo dell’apprendista.
Viceversa, in caso di sospensioni lunghe dell’attività lavorativa (maternità, malattia di lunga durata) ovvero, a maggior ragione, in caso di cessazione del rapporto di lavoro del tutor, il datore di lavoro è obbligato a nominare con urgenza il sostituto al fine di non ricadere in sanzioni.
Facsimile
Schema di lettera per la nomina di tutor aziendale
In considerazione e in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2, c. 1 lett. d) del D.Lgs. n. 167/2011, con la presente si comunica, ai sensi del sistema legislativo e contrattuale in materia, che Xxxx a partire dal dovrà affiancare, in qualità di tutor, il/i sig./ri (massimo 5):
Assunti presso codesta azienda con contratto di apprendistato professionalizzante.
Ai sensi della normativa sopra richiamata, la Sua attività è finalizzata ad agevolare una corretta integrazione dell’apprendista all’interno dell’organizzazione produttiva di questa azienda.
In particolare Xxxx dovrà:
1) gestire l’accoglienza e l’inserimento dell’apprendista nel contesto lavorativo, chiarendo, contestualmente, il proprio ruolo nei confronti dello stesso, manifestando disponibilità ad ascoltarne le esigenze;
2) illustrare gli obiettivi del percorso formativo;
3) spiegare i contenuti del Piano Formativo Individuale e le attività che verranno progressivamente assegnate all’apprendista, nonché le finalità della formazione da effettuarsi all’interno e/o all’esterno dell’organizzazione aziendale;
4) gestire eventuali relazioni con altri soggetti, anche esterni all’azienda, che potranno essere coinvolti nel percorso formativo dell’appren dista;
5) pianificare e accompagnare l’attività formativa interna con gli eventuali moduli di apprendimento che il soggetto deve svolgere al di fuori dell’impresa, anche mediante l’utilizzo di strumenti di elearning, avendo cura di verificare l’integrazione tra quanto appreso lavorando e i contenuti della formazione, anche al fine di favorire la socializzazione dell’interessato;
6) valutare periodicamente i progressi e i risultati conseguiti dall’apprendista;
7) esprimere, prima della conclusione del contratto di apprendistato professionalizzante, le proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall’apprendista, anche hai fini dell’attestazione finale da parte dell’azienda.
Ai fini del corretto svolgimento dei predetti compiti e in attuazione della normativa di riferimento, Ella parteciperà a una specifica attività formativa per complessive ore
Distinti saluti
Firma dell’Azienda
FORMAZIONE E QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE
Le lettere e), f) e g) del c. 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2011 si soffermano su aspetti collegati alla formazione e alla qualifica professionale. Le lettere e) e g) prevedono rispettivamente:
n la possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite dei
fondi paritetici interprofessionali;
n la registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale a fini contrattuali eventualmente acquisita nel libretto formativo del cittadino.
I fondi paritetici interprofessionali sono stati stabiliti dall’art. 118 della legge n. 388/2000, così come modificato dalla legge n. 148/2011 che ha previsto l’utilizzo delle predette risorse per la formazione di apprendisti e collaborazioni a progetto e dall’art. 12 del D.Lgs. n. 276/2003 il quale allarga la possibilità di effettuare l’apprendistato sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato (cd. staff leasing) anche attraverso la somministrazio ne di mano d’opera.
La formazione dovrà essere registrata sul cd. libretto formativo previsto dall’art. 2, c. 1, lett. i) del D.Lgs. n. 276/2003 e dal D.M. 10 ottobre 2005. Il libretto formativo è un registro nel quale devono essere annotate le competenze acquisitive dal lavoratore con il contratto di apprendistato, con quello di inserimento e con la formazione specialistica e continua svolta durante la prestazione lavorativa.
Il libretto formativo deve essere rilasciato dalle Regioni o dalle Province; in assenza di disposizione regionale o provinciale, come previsto dal Ministero del lavoro (interpello 50/2008) l’azienda potrà registrare la formazione su di un registro aziendale ad hoc (previsione inserita anche nel rinnovo del CCNL Terziario).
La lettera f) prevede la possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi nonché nei percorsi di istruzione degli adulti.
La lettera h) del c. 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2011 disciplina un aspetto che da sempre è oggetto di contenzioso e che è stato più volte commentato dal Ministero del lavoro; essa, infatti, prevede la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi.
Prima di commentare la nuova disposizione, è bene vedere come la sospen sione del rapporto di lavoro fosse già gestita in vigenza della vecchia normativa: si ricorda, in merito, che ultimamente proprio la Corte di Cassazione (sent. 20357/2010) ha precisato che, se a causa di una sospensione prolungata si ritenga di procrastinare la fine del periodo formativo, il datore di lavoro deve comunicare all’apprendista, prima della scadenza, lo sposta mento del termine finale.
Prolungamento
della formazione in caso di assenze involontarie
Peculiarità di svolgimento del rapporto di lavoro nell’apprendistato
Orario di lavoro
Part-time
L’apprendistato è un rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’ele mento della formazione quale condizione essenziale e indispensabile. Lo svolgimento del rapporto di lavoro, pertanto, segue le comuni regole presenti in materia di lavoro subordinato ma con alcune eccezioni.
Di seguito si elencheranno peculiarità proprie di tale tipologia di rapporto di lavoro.
Ai sensi dell’art. 2, c. 4, del D.Lgs. n. 66/2003 gli apprendisti maggioren ni sono stati assimilati agli altri lavoratori, pertanto a essi sono applicate le regole generali in tema di orario di lavoro, ferie e riposi settimanali.
In sostanza la nuova disciplina in materia di orario di lavoro supera quanto previsto dalla legge n. 25/1955, la quale stabiliva un orario di 8 ore giornaliere, non più di 44 ore settimanali e anche limiti in materia di straordinario e di lavoro notturno.
Xxxx apprendisti minorenni, esclusi dal campo di applicazione del D.Lgs.
n. 66/2003, sono invece confermate le limitazioni previste dalla legge n. 977/1967 per gli adolescenti, ossia:
– 8 ore giornaliere e 40 settimanali;
– l’orario di lavoro non può durare senza interruzione per più di 4 ore e mezza o minor periodo disposto dall’ufficio ispezioni della DPL;
– le ferie maturano come per tutti gli altri lavoratori nella misura minima di 4 settimane (le giornate di ferie non possono essere inferiori ai 30 giorni per apprendisti di età inferiore a 16 anni).
Relativamente all’orario di lavoro notturno è bene distinguere la discipli na applicabile agli apprendisti minorenni da quella applicabile agli appren disti maggiorenni:
– agli apprendisti minorenni è fatto divieto di lavoro notturno, consistente nel periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l’intervallo tra le ore 22 e le ore 6, o tra le ore 23 e le ore 7 (art. 10 del D.Lgs. n. 345/1999);
– per gli apprendisti maggiorenni il divieto di lavoro notturno, a decorrere dal 29 aprile 2003, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 66/2003, è stato rimosso.
Secondo quanto indicato dal Ministero del lavoro con circolari n. 102/1986 e n. 9/2004, l’apprendistato non è incompatibile con il rapporto di lavoro a tempo parziale, sempreché la durata delle prestazioni lavorative sia tale da consentire il raggiungimento delle finalità formative ovvero di
adattamento delle competenze professionali. Tuttavia il dicastero con nota 13.12.2006, n. 7209 ha precisato che, pur non sussistendo alcun limite di orario minimo settimanale da osservarsi nella stipula del contratto di apprendistato, il periodo di attività formativa non può essere ripropor zionato in relazione al ridotto orario di lavoro.
In linea generale è permesso all’apprendista anche di svolgere contempora neamente due rapporti parttime con differenti datori di lavoro, fermo restando il rispetto:
– delle ore, non riproporzionabili, di formazione minima obbligatoria;
– dei limiti di orario di lavoro posti a tutela del lavoratore come disciplina ti dal D.Lgs. n. 66/2003 e in particolare della durata massima settimana le dell’orario di lavoro (48 ore settimanali in media).
In tale circostanza si ricorda tuttavia che il Ministero del lavoro con circolare n. 8/2005 ha precisato che “il lavoratore ha l’onere di comunicare ai datori di lavoro l’ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività nel rispetto dei limiti indicati e fornire ogni altra informazione utile in tal senso”.
Tali interpretazioni ministeriali sembrano in linea anche con l’ap prendistato ex Dlgs 167/2011.
Il periodo di prova è permesso purché nel rispetto delle regole di cui all’art. 2096 c.c.
Periodo di prova
Normativa
Articolo 2096 codice civile – Assunzione in prova
L’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto.
L’imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova. Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.
Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro.
L’art. 2 del D.Lgs n. 67/2011 ribadisce l’apposizione del patto di prova in forma scritta nel contratto di lavoro.
Il datore di lavoro, in virtù dei principi generali in tema di responsabili tà di cui agli artt. 2043 e 2048 c.c., non è responsabile per i fatti illeciti commessi dal lavoratore apprendista, spesso minorenne, durante il raggiungimento del luogo preposto all’attività formativa.
Diversamente, nel caso in cui l’apprendista, durante il percorso suddetto, sia oggetto di infortunio, si applica la disciplina relativa all’assicurazione INAIL in materia di Infortunio in itinere, prevista dall’art. 0, x. 0, X.X.X. x. 0000/0000 (x. infortunio e apprendistato nel presente dossier).
Il c. 3 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 167/2011 prevede che, fatte salve specifiche previsioni di legge o di contratto collettivo, i lavoratori assunti con contrat to di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti. Pertanto gli apprendisti, a titolo esemplificativo, non entrano nella base utile per determinare la quota di riserva per disabili ex legge 68/1999
Responsabilità
del datore di lavoro
Computo
ai fini numerici
Visita medica preassuntiva
mentre entrano nel calcolo della base occupazionale dei 25 dipendenti per l’applicazione dell’intervento salariale straordinario (ex legge 223/1991).
In merito all’obbligo della visita medica preassuntiva per gli apprendisti minori è bene, anche alla luce delle leggi regionali che hanno regolamentato la materia (v. Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Xxxxxx Xxxxxxx e Umbria), effettuare le seguenti considerazioni:
– l’art. 1 legge n. 977/1967 è applicabile a tutti i soggetti inferiori ai 18 anni a prescindere dalla tipologia contrattuale applicata;
– La legge n. 133/2008, abrogando l’art. 4 della legge n. 25/1955, elimina l’adempimento della visita preassuntiva volta ad accertare l’idoneità delle condizioni fisiche in funzione del rapporto di lavoro da svolgere degli apprendisti;
– l’art. 8, c. 1 della egge n. 977/1967 prevede l’accertamento dell’idoneità al lavoro dei minori;
– l’art. 8, c. 3 della legge n. 977/1967 prevede che le visite mediche preassuntive per minori siano effettuate presso un medico del SSN a cura e spese del datore di lavoro;
– In caso di non ottemperanza del predetto obbligo, il datore di lavoro è sanzionato con la sanzione penale dell’arresto non superiore a 6 mesi o con l’ammenda fino a 5.164 euro.
In presenza del predetto quadro normativo alcune regioni hanno legiferato nel senso di escludere dalle competenze delle ASL il rilascio della predetta certificazione.
Sulla predetta normativa generale sono a loro volta intervenuti:
– la Corte costituzione (sentenza n. 162 del 1° giugno 2004) dichiarando legittima tale scelta di normativa locale;
– Il Consiglio di Stato (parere n. 3208 del 9 novembre 2005) affermando che l’obbligo normativo della visita medica di idoneità fisica dei minori con conseguente rilascio della certificazione resta in vigore.
In sostanza, il rifiuto da parte delle ASL locali di effettuare la visita medica, obbliga il datore di lavoro a far effettuare, a sue spese, al minore (e quindi anche all’apprendista minore) la visita presso un altro medico.
Il Ministero del Lavoro, a fronte di tale problematica, con interpello 19 luglio 2006, n. 25/0007866 ha precisato che la visita medica del minore, stante la diversa regolamentazione regionale, è demandata ad un medico che risulti giuridicamente incardinato nell’ambito dell’organizzazione sanitaria pubblica, considerando per tale, il professionista che abbia un rapporto di dipendenza con il SSN, quale medico della struttura ospedaliera pubblica ovvero dell’ASL, sia il professionista che operi in convenzione con il SSN, quale è il medico di medicina generale.
Tale interpretazione è stata ribadita ultimamente dal Ministero del Lavoro con nota 22 gennaio 2010.
A tele riguardo si deve aggiungere che il D.Lgs. n. 167/2011, in tema di nuovo apprendistato, nulla dice riguardo l’obbligo di visita medica per l’apprendista.
Tuttavia è bene evidenziare che restano in vigore le disposizioni:
– per i minori presenti nell’art. 8 legge n. 977/1967;
– per i lavori soggetti a sorveglianza sanitaria da parte del medico compe tente presenti nell’art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008.
Pertanto si devono tutt’ora ritenere valide le indicazioni del Ministero del lavoro sopra commentate.
del rapporto di lavoro nell’apprendistato
Il contratto di lavoro è un contratto sinallagmatico di natura corrispettiva attraverso il quale il datore in cambio della prestazione lavorativa corrispon de al lavoratore dipendente la retribuzione.
Tale tipologia contrattuale in caso di apprendistato rappresenta una figura mista ove, in cambio della prestazione, il datore di lavoro, oltre a corri- spondere la retribuzione al lavoratore, provvede alla formazione del lavoratore. L’elemento di corrispettività trova una deroga nel rapporto di lavoro in presenza delle cause previste dall’art. 2110 c.c., ossia in caso di malattia, maternità e infortunio.
L’art. 2110 c.c. prevede, per la generalità dei rapporti di lavoro subordinato, che in caso di infortunio, malattia, gravidanza e puerperio al lavoratore siano assicurati:
– trattamento economico;
– anzianità di servizio;
– prosecuzione del rapporto di lavoro senza possibilità di recesso da parte del datore di lavoro.
Alla luce della speciale tipologia di rapporto di lavoro dell’apprendistato le predette assenze hanno un particolare impatto sulla gestione del rapporto di lavoro.
La gestione della malattia nel rapporto di lavoro di apprendistato deve essere analizzata riguardo due aspetti fondamentali:
a. l’indennizzo e il trattamento economico;
b. la sospensione e la proroga della durata del contratto di apprendistato.
La legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) all’art. 1, c. 773, ha esteso ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato, a decorrere dagli eventi morbosi insorti dal 1° gennaio 2007, la tutela previdenziale relativa alla malattia prevista, in linea generale, per i lavoratori subordinati.
La predetta norma trova applicazione nei confronti della generalità dei lavoratori assunti con contratto di apprendistato, ossia:
– apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale ex
D.Lgs n. 167/2011;
– apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere ex D.Lgs. n. 167/2011;
– apprendistato di alta formazione e di ricerca ex X.Xxx. n. 167/2011;
Malattia
Trattamento economico durante
la malattia
– apprendistato per il dirittodovere di istruzione e formazione;
– apprendistato professionalizzante;
– apprendistato di alta formazione;
– vecchio apprendistato.
L’INPS, con circolare 21.2.2007, n. 43 e con il messaggio 3.4.2007, n. 48615, ha avuto modo di effettuare le seguenti precisazioni:
1. Ambito di applicazione
Ai fini del diritto alla prestazione non rilevano né la qualifica funzionale al cui conseguimento l’apprendistato è finalizzato né il settore di attività o l’inquadramento previdenziale di appartenenza del datore, sicché nei settori Industria e Artigianato l’indennizzo compete anche agli apprendisti che dovranno conseguire la qualifica di impiegati, sebbene l’indennizzo degli eventi morbosi spetti nei confronti dei soli lavoratori subordinati con qualifica operaia.
È bene far presente che in caso di trasformazione del rapporto di lavoro da apprendistato a tempo indeterminato, pur proseguendo l’incentivo contri butivo per un anno dopo la trasformazione, ai fini dell’indennizzabilità dell’evento morboso sarà necessario valutare la qualifica di inquadramento. Pertanto un apprendista trasformato in contratto a tempo indeterminato con ottenimento della qualifica di impiegato del settore industria non avrà indennizzata la malattia da parte dell’INPS.
La norma trova applicazione anche per il cd. vecchio apprendistato.
2. Misura e limiti della prestazione
Ai fini della misura, della durata e dei limiti erogativi della prestazione di malattia di cui trattasi trova integrale applicazione la disciplina vigente per i lavoratori subordinati, nel rispetto del limite massimo indennizzabile di 180 giorni per anno solare previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti.
Pertanto, l’INPS ritiene applicabile anche agli apprendisti la disciplina generale in materia, in forza della quale:
– l’indennità decorre dal 4° giorno di malattia fino a un massimo di 180 giorni complessivi nell’arco di ciascun anno solare;
– l’indennità spetta nella misura del 50% della retribuzione media globale giornaliera del mese precedente dal 4° al 20° giorno; tale percentuale è elevata al 66,66% dal 21° al 180° giorno. Per i dipendenti dei pubblici esercizi, delle mense e dei bar aziendali aderenti alla FIPE, dei laboratori di pasticceria i cui titolari non siano iscritti all’albo delle imprese artigia ne, delle pensioni con meno di 9 camere e dei ristoranti e bar annessi a alberghi e aperti al pubblico e per il cui esercizio sia stata rilasciata l’apposita licenza la misura dell’indennità economica giornaliera di ma lattia è pari, dal 4° giorno al 180° giorno, all’80% della retribuzione media globale giornaliera del mese precedente. In caso di ricovero ospeda liero per i lavoratori non aventi familiari a carico la misura dell’indennità è ridotta ai 2/5 per la durata del ricovero, eccetto il giorno di dimissioni dal luogo di cura il quale viene indennizzato per intero;
– giornate indennizzabili: agli apprendisti il cui contratto è finalizzato al
conseguimento della qualifica di operai l’indennità spetta per le giornate feriali comprese nel periodo di malattia (ivi compresi i sabati in caso di settimana corta) con esclusione delle domeniche e delle festività nazionali
e infrasettimanali; agli apprendisti destinati a conseguire la qualifica impiegatizia l’indennità compete, invece, in relazione a tutte le giornate comprese nel periodo di malattia con la sola esclusione delle festività nazionali e infrasettimanali cadenti di domenica;
– per quanto attiene ai criteri di determinazione della retribuzione media giornaliera utile ai fini della liquidazione della prestazione, la stessa si ottiene dividendo la retribuzione di riferimento per 26 o 30 (in caso di mese interamente lavorato) rispettivamente a seconda della diversa qualifica (ope raia o impiegatizia) al conseguimento della quale il contratto è finalizzato.
3. Contribuzione figurativa
Per gli eventi di malattia indennizzati agli apprendisti dovrà essere ricono sciuta contribuzione figurativa secondo le regole previste per la generalità dei lavoratori subordinati.
4. Adempimenti a carico del datore di lavoro
I datori di lavoro anticiperanno l’importo dell’indennità di malattia e lo porteranno a conguaglio con i contributi dovuti per i lavoratori dipendenti. Ai fini della compilazione dell’Uniemens saranno utilizzati gli elementi previsti per la generalità dei dipendenti.
5. Rapporti con la contrattazione collettiva
Laddove i contratti collettivi abbiano previsto l’erogazione di un trattamento retributivo a favore del lavoratore apprendista assente per malattia, tale trattamento deve intendersi come meramente integrativo dell’indennità di malattia a carico INPS e pertanto ne consegue che:
– se il trattamento previsto dal contratto collettivo è di importo superiore rispetto all’indennità a carico Inps, lo stesso rimane a carico del datore di lavoro limitatamente alla quota differenziale;
– se il trattamento previsto dal contratto collettivo è di importo pari o inferiore al trattamento previdenziale spettante per legge, il contratto resta quiescente e si applica esclusivamente la disciplina legale.
Permane, in ogni caso, l’obbligo dell’assoggettamento a contribuzione previ denziale delle somme corrisposte dal datore di lavoro a titolo di integrazione dell’indennità economica di malattia posta a carico INPS.
Il Ministero del lavoro con interpello 11.7.2007, n. 17, si è occupato della possibile sospensione o proroga a fronte di malattia di breve durata, unica o per sommatoria.
Sotto tale aspetto il dicastero ha precisato che, per prassi amministrativa consolidata (Min. lav., nota 24.12.1981 e circ. 4.3.1959, n. 196):
– sono considerate cause giustificative della proroga del contratto, i casi di malattia, infortunio, chiamata alle armi e sospensione dal lavoro;
– le interruzioni del rapporto inferiori al mese sarebbero “ininfluenti rispet to al computo dell’apprendistato, perché di fatto irrilevanti rispetto al pregiudizio dell’addestramento”;
– il principio connesso alla necessità di “addestramento tecnicopratico dell’apprendista” determina che la proroga contrattuale non operi per un periodo di tempo non inferiore a quello ritenuto congruo dalla contratta
Malattia e proroga
della durata del contratto di apprendistato
zione collettiva per l’apprendimento dell’allievo (Xxxx., sez. lav., 12.5.2000. n. 6134).
Prassi amministrativa
Min. lav., nota 11.7.2007, n. 17
“…il contratto di apprendistato non sarà prorogato per il periodo di malattia di breve durata, come evento singolo (o come sommatoria di una pluralità di brevi periodi) verrà considerato ininfluente nell’ipotesi in cui tale specifica indicazione sia espressamente prevista dalla fonte contrattuale applicata. Tuttavia, in mancanza di disciplina contrattuale espressa, si ritiene di dover continuare a far riferimento alla prassi amministrativa, così come indicata nell’orientamento ministeriale sopra menzionato, considerando ”breve” il periodo di malattia dell’apprendista inferiore al mese”.
Congedo di maternità e paternità
Anche all’apprendista lavoratore si applicano ovviamente le norme previste dal Testo unico sulla tutela della maternità e paternità rappresentato dal D.Lgs. n. 151/2001.
Riepilogando in breve sintesi, in caso di maternità, l’apprendista non dovrà prestare la propria attività lavorativa ricevendo un indennizzo da parte dell’INPS pari all’80% della retribuzione globale (comprensiva delle mensilità aggiuntive) e l’eventuale integrazione prevista dal CCNL, nei seguenti periodi:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto;
d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.
L’art. 20 del D.Lgs. n. 151/2001 prevede, a determinate condizioni, la cd. flessibilità del periodo di astensione secondo la formula: 1 mese prima + 4 mesi dopo il parto. È fatta salva anche la possibilità di interdizione anticipata secondo le regole previste per la generalità dei lavoratori (art. 17. D.Lgs. n. 151/2001).
Congedo parentale
In aggiunta al periodo di congedo di maternità o di paternità, l’apprendista ha diritto al cd. periodo di congedo parentale.
Tale periodo spetta come diritto autonomo da usufruire unitamente all’altro genitore nel limite di quanto previsto dall’art. 31, D.Lgs. n. 151/2001.
Il predetto articolo 31 prevede che nei primi 8 anni di vita del bambino (o dei bambini, nei parti plurimi) ciascun genitore ha diritto ad astenersi dal lavoro per un periodo massimo di 6 mesi (continuativo o frazionato), in ogni caso l’astensione complessiva di entrambi i genitori non può eccedere 10 mesi (aumentabile a 11 mesi se il padre fruisce del congedo parentale di 7 mesi). In presenza di un solo genitore l’astensione è fissata in 10 mesi.
Al fine del godimento del congedo parentale il datore di lavoro deve essere preavvisato secondo le modalità previste dai contratti collettivi e, comunque, almeno 15 giorni prima. Nel predetto periodo l’apprendista riceverà un indennizzo da parte dell’INPS pari al 30% della retribuzione (non comprensi va delle mensilità aggiuntive) e l’eventuale integrazione prevista dal CCNL.
L’INPS con messaggio 3.3.2010, n. 6827 ha fornito importanti chiarimenti in ordine agli effetti del congedo di maternità/paternità e del congedo parentale sulla durata dell’apprendistato.
Ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. n. 1026/1976 “I periodi d’astensione obbli gatoria e facoltativa dal lavoro non si computano ai fini della durata del periodo di apprendistato”.
Stante la predetta norma e la finalità formativa dell’apprendistato, l’Istituto precisa che il termine finale del rapporto di apprendistato subisce, nei casi indicati in oggetto, uno slittamento di durata pari a quella della sospensione per maternità, ferma restando la durata complessiva originariamente prevista, e che analogo slittamento subisce la correlata obbligazione contributiva.
Al riguardo, relativamente alle integrazioni alla retribuzione (o ad altri emolumenti retributivi) previsti a carico del datore di lavoro dalla contratta zione collettiva, l’INPS precisa che possono trovare applicazione le misure contributive stabilite per l’apprendistato, da ultimo, dall’art. 0, x. 000, xxxxx xxxxx x. 000/0000, xxxxx la contribuzione agevolata del 10% (o misura inferiore a seconda della dimensione aziendale).
L’apprendista è tutelato dall’INAIL a fronte di infortuni correlati alla presta zione lavorativa.
A tale scopo nella contribuzione del 10% da versare all’INPS vi è l’aliquota dello 0,30% che l’Istituto previdenziale dovrà girare all’Istituto assicurativo. Pertanto la gestione dell’infortunio dell’apprendista seguirà le modalità e gli indennizzi previsti per la generalità dei dipendenti.
Ai fini della sospensione della durata del contratto di apprendistato in caso di infortunio, in assenza di prassi, è ipotizzabile la regola generale prevista per la malattia.
Il principio generale prevede che nei casi di sospensione del rapporto di lavoro per infortunio, il periodo di apprendistato svolto precedentemente all’evento si potrà cumulare con quello prestato al termine dello stesso ai fini della durata massima del periodo di apprendistato.
Anche in questo caso sembrerebbe applicabile per analogia il criterio utilizza to per la malattia secondo il quale i periodi di sospensione cd. “brevi” ossia di durata inferiore a un mese, non prolungano la durata dell’apprendistato non creando, pertanto, pregiudizio alcuno all’addestramento.
LA SOSPENSIONE DEL RAPPORTO NEL NUOVO APPRENDISTATO
La lettera h), c. 1, dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2011 prevede la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a 30 giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi.
La soluzione adottata dal legislatore è codificata come “possibilità” consen tendo pertanto alla parti sociali di evitare prolungamenti del contratto formativo di apprendistato in caso di sospensione del rapporto di lavoro.
La norma prevede esplicitamente il prolungamento del periodo di apprendi stato in caso di:
– malattia,
– infortunio,
– altra causa di sospensione involontaria.
Effetti dei congedi sulla durata dell’apprendistato
Infortunio
e apprendistato
Rispetto alla disposizione sospensiva del rapporto previsto dall’art. 2110 c.c. lascia perplessi l’assenza della maternità e del puerperio tra le assenza codificate come sospensive del termine di durata dell’apprendistato.
A tale riguardo si dovrebbe ritenere che il periodo di congedo di maternità e paternità possa rientrare nella categorie delle altre cause di sospensione involontaria, mentre difficilmente la stessa soluzione potrà essere adottata per il congedo parentale, ma sul punto sarà utile verificare i chiarimenti ministeriali.
Restano sicuramente escluse dalla predetta disposizione le aspettative retri buite, le aspettative per cariche pubbliche, le aspettative non retribuite concordate tra le parti.
Altresì non rientrerà nella predetta disposizione il servizio di leva in quanto la sua non obbligatorietà fa ricadere la predetta assenza tra le sospensioni volontarie.
La norma prevede l’incidenza delle predette assenze sul termine del contrat to di apprendistato ove superiori a 30 giorni mentre rimanda la disciplina ai contratti collettivi (si deve ritenere anche aziendali o territoriali).
In merito alla durata delle assenze si deve ritenere che i 30 giorni debbano essere considerati di calendario e collegati al singolo evento, non potendo considerare periodi frazionati inferiori al predetto periodo.
del rapporto di lavoro nell’apprendistato
Le lettere l) e m) del c. 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2011 prevedono disposizioni collegate alla risoluzione del contratto di apprendistato ante tempus e al termine del periodo formativo.
Anche tale disposizione deve essere letta non trascurando di evidenziare i caratteri distintivi della vecchia disciplina di seguito descritti.
DISCIPLINA ANTE NUOVO APPRENDISTATO
Il contratto di apprendistato, ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n. 1668 del 30 dicembre 1956 (Regolamento della disciplina dell’apprendistato), si tra sforma in un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato:
– all’esito positivo della prova d’idoneità;
– alla scadenza del termine stabilito dal contratto;
– al compimento dell’ apprendistato.
In sostanza il rapporto di apprendistato si trasforma fisiologicamente in un
contratto a tempo indeterminato:
a) per effetto di un giudizio positivo di idoneità al termine del periodo formativo seguito dal mantenimento in servizio;
b) per protrazione del rapporto anche in mancanza della prova d’idoneità;
c) per attribuzione della qualifica con relativo cambio di mansione e termi ne del periodo formativo.
Sotto l’aspetto meramente temporale, il rapporto di apprendistato, xxxxxxxx rizzato da un contratto speciale identificabile quale contratto a tempo indeterminato, può essere risolto:
– durante il rapporto di lavoro;
– al termine della durata del contratto.
Come indicato dall’art. 48, c. 3, lett. d) (Apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione) e dall’art. 49, c. 4, lett. e) (Apprendistato professionalizzante) del D.Lgs 276/2003 è fatto “divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo”.
L’ art. 50 D.Lgs 276/2003, così come modificato dal D.L. n. 112/2008, prevede inoltre relativamente alla tipologia di apprendistato di alta forma zione che “Trovano applicazione, per quanto compatibili, i principi stabiliti all’art. 49, c. 4”, pertanto la disciplina deve ritenersi applicabile anche a quest’ultima tipologia.
Estinzione
del rapporto di lavoro
Estinzione al termine del periodo di apprendistato
In sostanza, per le predette nuove tipologie introdotte dalla legge Xxxxx, è pacifico ritenere che il rapporto di lavoro possa estinguersi durante il suo svolgimento solo a fronte di giusta causa ovvero giustificato motivo.
Anche in vigenza del vecchio apprendistato, tuttavia, si ritennero applicabili le regole presenti nella legge n. 604/1966 e in particolare nell’art. 10.
Fu la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 1969 del 28 novembre 1973, a dichiarare incostituzionale la predetta norma ove non compren desse l’apprendista tra le categorie beneficiarie delle garanzie presenti nella legge n. 604/1966 in materia di licenziamenti.
Durante il rapporto di apprendistato, pertanto, occorre far riferimento alla normale disciplina prevista in materia di licenziamento, ossia:
i) necessità di una giusta causa ovvero di un giustificato motivo oggettivo o soggettivo al licenziamento;
ii) applicazione della stabilità reale o obbligatoria a seconda delle dimensioni dell’azienda.
In sostanza, nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, l’apprendista è assistito dalle medesime garanzie previste da qualsiasi lavoratore subor- dinato a tempo indeterminato.
Al termine del periodo di apprendistato, il datore di lavoro è di fronte a un bivio:
a) recedere dal contratto di lavoro;
b) far proseguire il rapporto di lavoro, il quale procederà senza soluzione di continuità con le caratteristiche proprie di un contratto di lavoro subor dinato a tempo indeterminato.
Ai fini della prima ipotesi, gli artt. 48, 49 e 50 (tramite l’applicazione del c. 4 dell’art. 49) del D.Lgs. n. 276/2003 stabiliscono che il datore di lavoro possa recedere, al termine del periodo di apprendistato, secondo quanto stabilito dall’art. 2118 c.c..
La circolare del Ministero del Lavoro n. 40 del 14 ottobre 2004, inoltre, in tema di apprendistato e a commento della riforma del 2003, afferma che ai fini della disciplina del recesso dell’apprendistato, si dovrà applicare quanto previsto per il vecchio apprendistato dall’art. 19 della legge n. 25/1955.
L’art. 19 della legge n. 25/1995 recita che “qualora al termine del periodo di apprendistato non sia stata data disdetta a norma dell’art. 2118 del codice civile, l’apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante prove di idoneità e il periodo di apprendistato è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore”.
A seguito del predetto contesto normativo consegue che, il datore di lavoro, al compimento del periodo stabilito per l’effettuazione dell’apprendistato, potrà recedere dal rapporto di lavoro osservando unicamente l’obbligo del preavviso stabilito contrattualmente, senza che vi sia necessità di una giusta causa ovvero di un giustificato motivo.
In sostanza è sufficiente la sola manifestazione di volontà da parte del datore di lavoro contraria alla trasformazione del contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
Il datore di lavoro può dunque decidere di recedere ad nutum dal rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 2118 c.c., comunicando in forma scritta il recesso, quale atto recettizio, e dando il preavviso nel termine e nei modi
stabiliti dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro. È bene evidenziare, inoltre, che il mancato conseguimento della cd. prova d’ar- te, effettuata prima della scadenza del termine previsto per l’apprendista to, non è causa legittima di licenziamento; in tali circostanze il rapporto di lavoro dovrà proseguire fino al termine stabilito in modo da completare la formazione teorica-pratica che costituisce parte integrante del contratto di lavoro di apprendistato.
I datori di lavoro inoltre possono decidere di trasformare il rapporto di apprendistato in un rapporto a tempo indeterminato prima della sca- denza del periodo di formazione (trasformazione ante tempus).
Come indicato nella sezione previdenziale del presente dossier in caso di trasformazione ante tempus il datore di lavoro potrà usufruire dello sgravio contributivo nella misura del 10% per un anno dalla trasformazione.
L’ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO NELL’APPRENDISTATO EX D.LGS. N. 167/2011
Il comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2011 prevede:
n il divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza:
– di una giusta causa;
– di un giustificato motivo,
n in caso di licenziamento privo di giustificazione trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente (applicazione cd. tutela reale e tutela obbligatoria);
n la possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorren te dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 c.c.
n se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
La lettera l) del comma 1 dell’art. 2 della nuovo Testo unico prevede il “divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. In caso di licenziamento privo di giustificazione trovano applicazione le sanzioni previ ste dalla normativa vigente”. La norma durante il periodo di formazione dell’apprendistato prevede il divieto per le parti, sia per il datore di lavoro sia per l’apprendista, di risolvere il contratto in assenza di una giusta causa ovvero di un giustificato motivo (soggettivo o oggettivo).
Lascia perplessi la scelta del legislatore di vincolare anche il lavoratore (ordina riamente considerato la parte debole del contratto di lavoro) a risolvere durante il periodo formativo il rapporto di lavoro solo in presenza di una giusta causa ovvero di un giustificato motivo; non consentendo allo stesso di comunicare la cessazione, senza alcuna motivazione, pur nel rispetto del periodo di preavviso. A ben vedere tuttavia la risoluzione da parte del dipendente (cd. dimissio ni) non sembra riscontrare una particolare sanzione mentre il caso del licenziamento (da parte del datore di lavoro) privo di giustificazione consente l’applicazione delle ordinarie sanzioni previste dall’art. 18
Trasformazione dell’apprendista
in contratto a tempo indeterminato
Risoluzione del rapporto durante il periodo
di formazione
Risoluzione del rapporto al termine
del periodo di formazione
Risoluzione del rapporto
e preavviso
della legge n. 300/1970 così come modificata dalla legge n. 108/1990, ossia, a seconda della dimensione dell’azienda:
reintegro (cd. tutela reale);
riassunzione o indennità (cd. tutela obbligatoria).
In quest’ottica non sembra riscontrabile alcuna possibilità di risarcimento in caso di dimissioni del lavoratore non sorrette da giusta causa o giustificato motivo; in sostanza l’investimento economico e di risorse messi a disposizio ne dell’apprendista in caso di risoluzione anticipata non sembrano possano quantificare un danno risarcibile in capo al datore di lavoro.
La lettera m) del comma 1 dell’art. 2 prevede la possibilità “per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 del codice civile. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordi nato a tempo indeterminato”. Anche la nuova disciplina presenta, al termine della formazione dell’apprendista, la possibilità per le parti contraenti di:
– recedere dal contratto di lavoro;
– far proseguire il rapporto di lavoro, il quale procederà senza soluzione di continuità con le caratteristiche proprie di un contratto di lavoro subordi nato a tempo indeterminato.
L’obbligo di preavviso, nella vecchia versione normativa antecedente il D.Lgs. n. 167/2011, poneva il datore di lavoro nella necessità di indivi- duare il momento corretto della comunicazione del recesso, intercettan- do perfettamente il periodo di scadenza del termine dell’apprendistato e del periodo di preavviso, in quanto:
– in caso di scadenza del periodo di preavviso prima della scadenza del contratto di apprendistato, si rischierebbe di ricadere in un recesso in corso del periodo di lavoro e quindi con la necessità di recedere per giusta causa o giustificato motivo;
– in caso di scadenza del preavviso successiva alla scadenza del contratto di apprendistato, il rapporto di lavoro si trasformerebbe a tempo indeterminato. Sul predetto punto, dottrina minoritaria riteneva che il datore di lavoro potesse liquidare l’indennità sostitutiva delpreavviso in modo da evitare le problemati
che connesse a una errata coincidenza dei periodi sopra evidenziati. Chiaramente in caso di recesso non esercitato, il rapporto di lavoro sarebbe proseguito a tempo indeterminato.
Nel nuovo apprendistato, la prospettiva del preavviso cambia: l’art. 2, c. 1 lett. m) del D.Lgs. n. 167/2011 recita “possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione”. La novella cambia la prospettiva, in quanto sembra che il periodo di preavviso si aggiunga al periodo di apprendistato; o meglio nella logica normativa, a quello formativo del contratto di apprendistato, allungando di fatto il contratto.
Sul punto si possono rilevare due tipologie di effetti:
a) effetti giuridici;
b) effetti contributivi.
Sotto l’aspetto giuridico l’allungamento del periodo di apprendistato al
termine del periodo di formazione pone il datore di lavoro in una posizio- ne di debolezza; difatti, eventi sospensivi del preavviso (es. la malattia) possono aver l’effetto di far slittare la risoluzione del rapporto di lavoro con alti costi a carico del datore di lavoro.
La soluzione può configurarsi nella scelta (che diventa fortemente suggeri bile) per il datore di lavoro di non far lavorare il periodo di preavviso liquidando l’indennità sostitutiva dello stesso.
Tuttavia per chi ritiene, avvalorato da una giurisprudenza sicuramente maggioritaria fino al 2007, che il preavviso abbia efficacia cd. reale (Cass. 11094/2007, Cass. 17334/2004), la situazione si complica, in quanto il lavoratore avrebbe la facoltà di richiedere al datore di lavoro di lavorare il periodo di preavviso rifiutando l’indennità sostitutiva, per poi cadere in un periodo sospensivo allungando di fatto il contratto di lavoro.
È inutile nascondere che la possibilità di subire effetti di assenteismo fittizio sono sempre dietro l’angolo.
D’altra parte se si ritiene, come precisa l’ultima giurisprudenza, che il periodo di preavviso abbia efficacia cd. obbligatoria (Cass. 11740/2007, Cass. 13959/2009, Cass. 21216/2009, Cass. 22443/2010), problemi di rifiuto da parte del dipendente non ci sarebbero; il datore di lavoro potrebbe ritenere risolto il contratto al termine del periodo formativo pagando una sorta di “penale” (indennità sostitutiva del preavviso).
Sotto l’aspetto contributivo, resta il dubbio se considerare il periodo post formazione, coperto dal preavviso, pur in assenza di trasformazione, un periodo soggetto ad agevolazione contributiva.
In attesa di indicazioni ministeriali, tuttavia si ritiene di rispondere positi vamente al quesito sopra riportato, in quanto il periodo di preavviso deve essere visto come una prosecuzione vera e propria del contratto di lavoro e sotto l’aspetto agevolativo l’art. 2, c. 9 del D.Lgs. n. 167/2011prevede che “i benefici contributivi in materia di previdenza e assistenza sociale sono mantenuti per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione , con esclusione dei lavoratori assunti ai sensi del c. 4 del presente articolo”.
Pertanto la retribuzione pagata durante il periodo di preavviso (lavorato o no) è da ritenersi assoggettabile alla contribuzione agevolata nel limite di 12 mesi (ma ovviamente per il minor periodo previsto dal CCNL).
Ovviamente come afferma la norma nel caso in cui nessuna delle parti eserciti la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Facsimile
Lettera di trasformazione anticipata del contratto (Bozza da redigere su carta intestata della società)
Oggetto: Trasformazione anticipata del contratto
Facendo seguito alle intese intercorse, in riferimento al contratto di apprendistato professionalizzante stipulato il e finalizzato al raggiungimento della qualifica di , Le comunichiamo la conclusione anticipata del periodo di apprendistato e la trasformazio ne in contratto di lavoro ordinario a tempo indeterminato a decorrere dal giorno .
(Segue)
In virtù delle capacità e delle abilità da Lei dimostrate fino a oggi, dal le verrà attribuita la qualifica di livello e Lei rimarrà alle nostre dipendenze con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Precisiamo inoltre che il nostro rapporto di lavoro sarà regolato dalle vigenti norme di legge e da quanto previsto per il suo livello e per le sue mansioni da CCNL del settore
Distinti saluti
Luogo e data
Firma del datore di lavoro
Facsimile
Lettera di mancata conferma (Bozza da redigere su carta intestata della società)
Egregio Signor
a mani (o a mezzo racc. a/r)
Oggetto: Sscadenza del periodo di apprendistato e mancata conferma
In riferimento al contratto di apprendistato professionalizzante stipulato il e finalizzato al raggiungimento della qualifica di
, con la presente Le comunichiamo che non potrà essere confermato alle nostre dipendenze alla scadenza, in data , del periodo di apprendistato.
Ai sensi dell’art. 2118 del cod. civ., pertanto, Le diamo formale disdetta dal rapporto di lavoro a decorrere dal giorno . Ringraziandola per la collaborazione prestata, porgiamo distinti saluti.
Luogo e data
Firma del datore di lavoro
Facsimile
Comunicazione all’apprendista della propria qualificazione (Bozza da redigere su carta intestata della società)
Egregio Signor
a mani (o a mezzo racc. a/r)
Oggetto: superamento del periodo di apprendistato e qualificazione professionale.
Facciamo riferimento al rapporto di lavoro in essere e in particolare alla Sua assunzione quale apprendista per il conseguimento della qualifica di che cesserà in data .
Abbiamo il piacere di comunicarLe che, avendo superato positivamente il suddetto periodo, Xxx sarà qualificato quale operaio/impiegato, con la qualifica di , e Le sarà attribuito il/la livello /categoria del Ccnl del settore , in quanto applicato dalla scrivente azienda. Le saranno affidate, nello specifico le seguenti mansioni: .
A decorrere dalla data di qualificazione e conferma in servizio la Sua retribuzione ammonterà ad € lordi mensili e sarà così composta:
– € ;
– € ;
– € ;
– € ;
– € ;
Ferma restando la Sua anzianità di servizio, decorrente dalla data di assunzione, sarà tenuto conto del nuovo livello di inquadramento al fine della maturazione e liquidazione di ogni elemento previsto dal Ccnl di cui sopra, al quale si rinvia, unitamente alla normativa di legge, per ogni e qualsiasi previsione non contemplata nella presente.
Nel congratularci con Xxx, in attesa che voglia restituirci firmata la presente per integrale accettazione del proprio contenuto, siamo a porgerLe i ns. migliori saluti.
Luogo e data
Firma del datore di lavoro
Limiti quantitativi all’utilizzo dell’apprendistato
in azienda
La limitazione al numero di apprendisti che possono essere assunti presso il medesimo datore di lavoro è sicuramente la prima condizione che richiede una profonda valutazione al fine di non cadere nella trappola di assumere un lavoratore con una particolare agevolazione che poi di fatto sarà persa per mancato rispetto di una condizione posta dalla legge.
Il limite quantitativo degli apprendisti in azienda è stato oggetto di evoluzioni normative che richiedono necessariamente un approfondimento. A tele scopo la predetta disciplina sarà analizzata secondo le regole:
a) dell’apprendistato ex legge n. 25/1995;
b) dell’apprendistato ex X.Xxx. n. 276/2003;
c) dell’apprendistato ex X.Xxx. n. 167/2011;
d) dell’apprendistato nel settore artigiano.
L’art. 2, c. 3 della legge n. 25/1955, così come modificato dalla legge n. 424/1968, recita che: “il numero di apprendisti che l’imprenditore ha facoltà di occupare nella propria azienda non può superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso l’azienda stessa”. In deroga alla predetta regola l’art. 21, c. 1 della legge n. 56/1987 ha previsto che “l’imprenditore che non ha alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o ne ha meno di tre, può assumere apprendisti in numero superiore a tre”.
In relazione alla locuzione espressa dalla legge n. 25/1955, e quindi valida per il solo vecchio apprendistato, il Ministero del lavoro aveva precisato, con nota 18 gennaio 1993, n. 5/25068, che il termine “azienda” (art. 1, legge n. 424/1968) doveva essere interpretato quale limite spaziale in cui potesse svolgersi l’addestramento del lavoratore, cioè il singolo stabilimento o il centro di attività, atteso che la proporzione prevista dalla stessa disposizione (100% delle maestranze qualificate) segnatamente era finalizzata a consenti re all’apprendista l’acquisizione delle capacità tecniche proprie della qualifi ca professionale da conseguire.
Come si vedrà di seguito la nuova formulazione normativa (“datore di lavoro” e non più “azienda”) ha premesso una maggior flessibilità interpretativa facendo giungere il Ministero del lavoro a opposta soluzione (v. interpello n. 11/2010).
Il Ministero del lavoro con nota 7 luglio 1992 consentì alle parti sociali
tramite accordi collettivi di porre in essere un limite inferiore alla percen
I limiti quantitativi nell’apprendistato ex legge n. 25/1995
I limiti quantitativi nell’apprendistato ex X.Xxx. n. 276/2003
tuale del100% delle maestranza; in quanto considerabile trattamento di miglior favore.
In vigenza della legge Biagi la disciplina dei limiti quantitativi è valida per
tutte le tre tipologie di apprendistato previste dalla stessa xxxxx.
L’art. 47, c. 2 del D.Lgs. n. 276/2003 precisa che: “Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato non può superare il 100 per cento delle maestranze specializ zate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specia lizzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. La presente norma non si applica alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 4 della legge n. 443 del 8 agosto 1985”.
Secondo la predetta norma pertanto l’assunzione di apprendisti è limitato
quantitativamente:
– al 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizi il datore di lavoro (rapporto 1/1);
– entro 3 unità qualora il datore non abbia alle proprie dipendenze lavorato ri qualificati o specializzati o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre.
In merito al predetto aspetto, il Ministero del lavoro ha fornito le seguenti importanti indicazioni:
– con l’interpello n. 4584 del 10 ottobre 2006, il Dicastero ha precisato che ai fini del conteggio delle “maestranze” devono essere inclusi i soci lavoratori delle società di persona qualificati e specializzati qualora effet tivamente e stabilmente inseriti e occupati nello svolgimento dell’attività lavorativa aziendale e in possesso delle relative qualità e competenze professionali (il Ministero, inoltre, con il medesimo interpello ribadisce che non devono essere conteggiati i lavoratori in somministrazione e i collaboratori a progetto);
– Con l’interpello n. 11 del 2 aprile 2010, il Dicastero ha affermato che, poiché il numero massimo di apprendisti da assumere è evidentemen te legato alla necessità di garantire un’adeguata formazione e affianca mento del lavoratore, si deve ritenere che, in presenza di uno stretto legame funzionale, organizzativo e commerciale, il rapporto appren disti/lavoratori specializzati qualificati possa essere verificato e rispet tato anche presso differenti unità produttive o differenti sedi rispetto a quelle in cui opera l’apprendista, anche in presenza di soggetti giuridici (datore di lavoro) diversi ma all’interno dell’identico assetto proprietario (gruppo di impresa). Tale soluzione interpretativa esten siva si fonda sulla nuova terminologia utilizzata dalla norma la quale non fa più riferimento al termine “azienda” ma al termine “datore di lavoro”.
Si deve inoltre rammentare che il Ministero del lavoro, nell’ambito delle decisioni adottate in sede di Comitato regionale per i rapporti di lavoro (Comitato regionale per i rapporti di lavoro del 17 gennaio 2006, n. 2/2006), ha affermato che il limite quantitativo posto all’assunzione degli apprendi sti, complessivamente considerati opera non “per testa”, ma in base all’ora
rio di lavoro effettivamente svolto dagli apprendisti stessi. Tale interpreta zione consentirebbe di superare i limiti posti dalla legge (sia per il vecchio sia per il nuovo apprendistato) nel caso di assunzione di apprendisti con contrat to di lavoro part time.
Il c. 3 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 167/2011 prevede che “il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai sensi dell’art. 20, c. 3, del D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003, non può superare il 100 % delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. La disposi zione di cui al presente comma non si applica alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 4 della legge n. 443 del 8 agosto 1985”.
La nuova disposizione, al pari della precedente, consente di definire che l’assunzione di apprendisti è limitata quantitativamente:
– al 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizi il datore di lavoro (rapporto 1/1);
– entro 3 unità qualora il datore non abbia alle proprie dipendenze lavorato ri qualificati o specializzati o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre.
Dal D.Lgs. n. 167/2001 è possibile tracciare i seguenti caratteri qualificanti:
– il limite numero deve essere controllato considerando tutte le tipologie di apprendistato previste dalla norma;
– il limite degli apprendisti assunti dal datore di lavoro deve essere verifica to considerando anche le assunzioni di apprendisti tramite la sommini strazione di mano d’opera a tempo determinato o in staff leasing ex art. 20, c. 3 del D.Lgs. n. 276/2003;
– il riferimento al “datore di lavoro” e non all’azienda consente di applicare alla nuova disciplina le interpretazioni valide in vigenza della legge Biagi, ossia è consentito:
il “tutoraggio a distanza” permettendo il controllo del limite nell’intero organico aziendale e non per singola unità operativa;
individuare forme di tutoraggio che prendano in considerazioni l’intero assetto societario; in sostanza il controllo dei limiti quantitativi può essere fatto considerando un gruppo d’impresa e non la singola impresa componente il gruppo (inter. Min. Lav. 11/2010).
La nuova disciplina conferma il carattere specifico delle imprese artigiane ex
art. 4 L. 443/1985.
Una particolare deroga è prevista per imprese artigiane per le quali i limiti quantitativi di apprendisti da assumere resta disciplinato dall’art. 4, legge
n. 443 del 8 agosto 1985.
Secondo, la predetta norma, l’impresa artigiana può valersi della prestazione d’opera di personale dipendente entro i seguenti limiti:
I limiti quantitativi nell’apprendistato ex X.Xxx. n. 167/2011
Limiti quantitativi
per l’impresa artigiana
n per l’impresa che non lavora in serie: un massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 9; il numero massimo di dipendenti può essere elevato fino a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (per un massimo di 13 apprendisti);
n per l’impresa che lavora in serie, purché con lavorazione non del tutto automatizzata: un massimo di 9 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5; il numero massimo di dipendenti può essere elevato fino a 12 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (per un massimo di 8 apprendisti);
n per l’impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura (elencati in calce alla legge 8 agosto 1985, n. 443): un massimo di 32 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 16; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 40 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (per un massimo di 24 apprendisti);
n per le imprese di costruzioni edili: un massimo di 10 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5; il numero massimo di dipendenti può essere elevato fino a 14 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti (per un massimo di 9 apprendisti).
Ai fini del calcolo dei limiti di cui sopra:
– non sono computati per un periodo di due anni gli apprendisti passati in qualifica e mantenuti in servizio dalla stessa impresa artigiana;
– non sono computati i lavoratori a domicilio, sempre che non superino un terzo dei dipendenti non apprendisti occupati presso l’impresa artigiana;
– non sono computati i portatori di handicap fisici, psichici o sensoriali;
– sono computati i familiari dell’imprenditore, ancorché partecipanti al- l’impresa familiare di cui all’art. 230-bis cod. civ., che svolgano la loro attività di lavoro prevalentemente e professionalmente nell’ambito del- l’impresa artigiana;
– sono computati, tranne uno, i soci che svolgono il prevalente lavoro personale nell’impresa artigiana;
– sono computati i dipendenti qualunque sia la mansione svolta.
A tale riguardo è anche utile ricordare che il Ministero del lavoro, con lettera circolare 27 aprile 2001, ha affermato che i limiti numerici previsti per gli apprendistinell’artigianato è disancorato “completamente dalvincolo al rappor- to percentuale massimo fra lavoratori specializzati o qualificati e apprendisti”.
(*) Numero di dipendenti secondo le regole sopra evidenziate
Scheda sinottica
DATORI DI LAVORO NON ARTIGIANI | |
NUMERO DIPENDENTI | NUMERO MASSIMO APPRENDISTI |
Fino a 3 dipendenti qualificati o specializzati | 3 |
Con più di 3 dipendenti qualificati o specializzato | 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio (Rapporto 1/1) |
DATORI DI LAVORO ARTIGIANI | ||
TIPOLOGIA | NUMERO TOTALE DIPENDENTI (*) | NUMERO MASSIMO APPRENDISTI |
Lavorazione non in serie | Fino a 18 | 9 |
Fino a 22 | 13 | |
Lavorazione in serie (non totalmente automatizzate) | Fino a 9 | 5 |
Fino a 12 | 8 | |
Lavorazioni artistiche, tradizionali e abbigliamento su misura | Fino a 32 | 16 |
Fino a 40 | 24 | |
Costruzioni edili | Fino a 10 | 5 |
Fino a 14 | 0 |
Tipologie di apprendistato dopo la disciplina
del Testo unico
APPRENDISTATO PER LA QUALIFICA E PER IL DIPLOMA PROFESSIONALE
L’art. 3 del D.Lgs. n. 167/2011 “prevede che possono essere assunti con contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, in tutti i settori di attività, anche per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, i soggetti che abbiano compiuto quindici anni e fino al compimento del venticinquesimo anno di età”.
Il c. 1 dell’art. 3 del Testo unico precisa che il contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale può essere instaurato:
– in tutti i settori di attività;
– per giovani e per adolescenti che abbiano compiuto 15 anni e fino al compimento del 25° anno di età.
A tal fine è bene precisare che, per:
– adolescenti si intendono i minori di età compresa tra i 16 e i 18 anni (principali destinatari di tale percorso) che abbiano assolto l’obbligo scolastico (10 anni);
– giovani si intendono i soggetti di età compresa tra i 18 e i 25 anni.
È bene inoltre far presente che con la locuzione “fino al compimento del venticinquesimo anno di età” non si dovrebbe ritenere valido il concetto di 25 anni e 364 giorni; ma il più stringente termine del giorno di compimento del 25° (24 anni e 364 giorni).
L’obiettivo della nuova forma di apprendistato è quello di inserire adolescen ti e giovani nel mondo del lavoro al fine di far ottenere:
– la qualifica;
– il diploma professionale (anche per l’assolvimento dell’obbligo di istru zione).
La predetta tipologia sostituisce l’ormai abrogato apprendistato per l’esple tamento del dirittodovere di istruzione e formazione ex D.Lgs. n. 276/2003.
Ai sensi del c. 1 dell’art. 3 del Testo unico la durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica o del diploma da conseguire e non può in ogni caso essere superiore, per la sua componente formativa:
– a 3 anni ovvero
– 4 anni nel caso di diploma quadriennale regionale.
Il c. 2 dell’art. 3 del Testo unico precisa che la regolamentazione dei profili
Finalità e applicabilità
Durata
Regolamentazione
formativi della predetta tipologia di apprendistato è rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, previo accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
La norma inoltre prevede il rispetto dei seguenti principi direttivi:
o la definizione della qualifica o del diploma professionale dovrà avvenire ai sensi del D.Lgs n. 226/2005;
o la previsione di un monte ore di formazione, esterna o interna alla azienda, dovrà essere congrua al conseguimento della qualifica o del diploma professionale in funzione di quanto stabilito al c. 1 e secondo gli standard minimi formativi definiti ai sensi del D.Lgs. n. 226/2005;
o il rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative è volto alla determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni.
Obiettivo
Soggetti interessati
Durata
APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE O DI MESTIERE
Sicuramente l’apprendistato più utilizzato e con forte impatto sul l’operato del datore di lavoro sarà la tipologia prevista dall’art. 4, l’apprendistato professionalizzante o di mestiere.
Sostituire l’apprendistato professionalizzante ex X.Xxx. n. 276/2003 (ora abrogato) con una nuova tipologia di contratto di apprendistato professio nalizzante o di mestiere al fine di aiutare i giovani all’ingresso nel mercato del lavoro evitando i problemi applicati della vecchia disciplina. In particolare il T.U. cerca di evitare il contrasto e l’intreccio norma tivo tra legge di Stato e legge regionale che aveva di fatto naturalizzato il contratto di apprendistato professionalizzante ampliando i dubbi appli cativi.
L’art. 4, c. 1, D.Lgs. n. 167/2011 prevede che possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere per il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni.
Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del Dlgs n. 226 del 17 ottobre 2005, il contratto di apprendistato professio nalizzante o di mestiere può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.
Per ciò che riguarda i lavoratori extra comunitari si deve ritenere il contratto di apprendistato professionalizzante:
– applicabile ai lavoratori presenti già in Italia con un permesso di soggior no valido;
– non applicabile ai lavoratori ancora all’estero (per primo ingresso) in quanto forma contrattuale non prevista dagli artt. 22 e 24 del D.P.R. 286/1998.
Ai sensi dell’art. 4, c. 2, D.Lgs. n. 167/2011 gli accordi interconfederali e i
contratti collettivi stabiliscono, in ragione dell’età dell’apprendista e del
tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecni coprofessionali e specialistiche in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale, nonché la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per le figure professionali dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento.
La contrattazione collettiva dovrà occuparsi di stabilire la durata del contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere tra un minimo e un massimo.
La norma stabilisce solo un limite massimo alla durata della predetta tipologia di contratto:
– 3 anni (nella generalità dei casi);
– 5 anni (per le figure professionali dell’artigianato individuate dalla con trattazione collettiva di riferimento).
Il Ministero del lavoro con interpello 26.10.2011, n. 40 a tale riguardo precisa che, ai fini della corretta applicazione dei limiti temporali previsti per il contratto di apprendistato, si debba guardare ai “contenuti competen ziali” che caratterizzano in concreto la prestazione del lavoratore e non al settore di riferimento del datore di lavoro.
Pertanto il Dicastero ritiene applicabile il termine di 5 anni previsto dall’art. 4 del D.Lgs n. 167/2011, non solo agli apprendisti assunti da aziende artigiane, ma anche a quei soggetti che operano nel campo artigiano e che, evidentemente, non possono limitarsi alle figure individuate esclusiva mente dalla contrattazione degli artigiani.
Pertanto, conclude il Ministero, tutte le figure “previste nell’ambito dei diversi contratti collettivi del Terziario, del Turismo/Pubblici Esercizi e delle aziende di Panificazione – i cui contenuti competenziali sono omologhi e contrattualmente sovrapponibili a quelli delle figure artigiane si ritiene (…) possibile l’attivazione di contratti di apprendistato per periodi formativi massimi di 5 anni”.
Normativa
Ministero del lavoro – Interpello 26.10.2011, n. 40
Oggetto: Interpello ex art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - apprendistato - durata massima
La Confcommercio e la Confesercenti hanno avanzato richiesta di interpello per avere chiarimenti in ordine alla durata massima del nuovo apprendistato professionalizzante o di mestiere disciplinato dall’art. 4 del D.Lgs. n. 167/2011. In particolare le due Organizzazioni chiedono se la durata massima di 5 anni, previste per le figure professionali dell’artigianato, possa riguardare anche “profili professionali equipollenti a quelli dell’artigianato, anche se appartenenti a settori merceologici differenti”.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale delle Relazioni Industriali e dei Rapporti di Lavoro, si rappresenta quanto segue. L’art. 4, c. 2, del D.Lgs. n. 167/2011 stabilisce che “gli accordi interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in ragione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecnicoprofessionali e specialistiche in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale, nonché la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per le figure professionali dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento”. Il riferimento della norma alle “figure professionali dell’artigianato” vuole indicare tutti quei soggetti che operano nel campo artigiano e che, evidentemente, non possono limitarsi alle figure individuate esclusivamente dalla contrattazione degli artigiani.
A titolo esemplificativo è possibile infatti pensare a tutte quelle piccole attività commerciali che, soprattutto in luoghi turistici, creano gli stessi prodotti che immettono sul mercato e che pertanto impiegano personale che necessita di una particolare professionalità ed esperienza.
Per tutte queste figure – previste nell’ambito dei diversi contratti collettivi del Terziario, del Turismo/Pubblici Esercizi e delle aziende di Panificazione – i cui contenuti competenziali sono omologhi e contrattualmente sovrapponibili a quelli delle figure artigiane, si ritiene pertanto possibile l’attivazione di contratti di apprendistato per periodi formativi massimi di 5 anni.
Formazione
Qualifica di maestro artigiano o di mestiere
Apprendistato stagionale
Applicazione di vecchie
interpretazioni del Ministero del lavoro
L’art. 4, c. 3, X.Xxx. n. 167/2011 si occupa della disciplina della formazione del contratto di apprendistato professionalizzante o del contratto di mestiere. La formazione di tipo professionalizzante e di mestiere:
– è svolta sotto la responsabilità della azienda;
– è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessi vo non superiore a 120 ore per la durata del triennio e disciplinata dalle Regioni sentite le parti sociali e tenuto conto dell’età, del titolo di studio e delle competenze dell’apprendista.
La formazione in sostanza è consentita sia interna sia esterna all’azienda; dal tenore letterale si può asserire tuttavia che l’azienda è la diretta responsabile dell’intera formazione.
Il datore di lavoro pertanto si deve occupare in via diretta della forma zione pratica mentre la formazione di base e trasversale è demandata alle Regioni.
Si ricorda a tale riguardo che le competenze trasversali sono quelle che qualunque lavoratore deve possedere, qualunque sia il settore in cui presta la propria attività lavorativa; tali competenze trasversali sono stabilite nel dettaglio dal D.M. 20.5.1999, n. 179.
Le Regioni e le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, anche nell’ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.
Il c. 5 dell’art. 4 prevede per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato.
La predetta disciplina è rimandata alla contrattazione collettiva naziona le non lasciando alcuno spazio alla contrattazione collettiva di secondo livello.
Si ritiene che le numerose interpretazioni effettuate dal Ministero del lavoro in vigenza dell’apprendistato professionalizzante ex X.Xxx. n. 276/2003 possano essere considerate valide anche per il nuovo apprendistato ove non palesemente in contrasto con la nuova normativa.
Facsimile
Facsimile
Facendo seguito alle intese intercorse, siamo lieti di comunicarLe la Sua assunzione con contratto di Apprendistato professionalizzante ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 167 del 14 settembre 2011, (nonchè dell’art. del CCNL – se applicato e presente disciplina dell’Apprendistato professionalizzante) presso la nostra società/impresa alle condizioni sotto descritte.
Costituzione del rapporto di lavoro e disciplina del rapporto di lavoro
Il presente rapporto di lavoro è disciplinato, oltre che dalle norme del codice civile e dal D.Lgs. n. 167/2011, anche dalle norme previste dal
(Segue)
contratto collettivo nazionale di riferimento nonché dalla contrattazione territoriale e aziendale applicabile ai rapporti di lavoro alle dipendente della Società;
Patto di prova
Il periodo di prova è pari a giorni.
Durante il predetto periodo, e fino alla sua scadenza, ciascuna delle parti potrà risolvere il presente contratto mediante una comunicazione scritta, senza obbligo di preavviso.
Inquadramento e mansioni
Il Suo contratto di Apprendistato professionalizzante è finalizzato al conseguimento, attraverso la formazione sul lavoro e l’acquisizione delle necessarie competenze, della qualifica di .
Per il conseguimento della predetta qualifica, Lei sarà inquadrato nel livello , con le seguenti mansioni:
Luogo di assunzione e sede di lavoro
Il luogo di lavoro è stabilito presso la sede di sita in alla via . Ella prende atto che, per la peculiarità della prestazione richiesta, potrà eseguire la stessa anche al di fuori del luogo di lavoro come sopra individuato e, con la sottoscrizione del presente contratto, si rende disponibile ad essere inviato in trasferta, per periodi temporanei, in ragione delle contingenti esigenze aziendali. In tali casi le verrà riconosciuto il trattamento economico previsto dalle vigenti disposizioni contrattuali.
Ella si rende altresì disponibile di svolgere la propria prestazione lavorativa temporaneamente in distacco.
Piano Formativo Individuale
Ella svolgerà le mansioni previste dall’allegato Piano Formativo Individuale e si atterrà alle condizioni e alle modalità di svolgimento del presente contratto previste dal piano formativo individuale.
Il datore di lavoro procederà alla registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale ai fini contrattuali eventualmente acquisita dall’apprendista nel libretto formativo del cittadino di cui all’art. 2, c. 1, lett. i) del D.Lgs. n. 276/2003 e al D.M. 10/10/2005.
Tutor
Il Suo percorso formativo è declinato nell’allegato Piano Formativo Individuale che costituisce parte integrante del presente contratto; Il Sig.
La affiancherà, in qualità di tutor, durante l’intero svolgimento del rapporto di lavoro, con il compito di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio dell’attività lavorativa e di favorire l’integrazione tra le iniziative formative esterne alla nostra azienda e la formazione sul luogo di lavoro.
Durata del periodo formativo
Ai sensi del CCNL per le imprese del settore (e del contratto collettivo aziendale ) la durata del periodo di apprendistato è fissata in anni (fino a un massimo di sei anni) a decorrere dal .
Recesso e conferma
Al termine del periodo di formazione di cui al punto precedente, la Società potrà recedere dal rapporto di lavoro, comunicando per iscritto la propria disdetta ai sensi dell’art. 2118 c.c.
Se nessuna delle parti eserciterà la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione il rapporto di lavoro proseguirà con la Sua conferma come lavoratore qualificato con ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Retribuzione
La retribuzione è stabilita così come stabilito dall’art. 2, c. 1 lett. c) del X.x.xx. n. 167/2011 e dal contratto collettivo applicato in riferimento al Suo livello di inquadramento iniziale (in alternativa: in misura percentuale del % rispetto alla retribuzione spettante al livello di inquadramento cui corrisponde la qualifica finale):
In relazione all’inquadramento contrattuale, la retribuzione lorda mensile nel periodo iniziale sarà composta dalle seguenti voci:
1. Minimo tabellare: Euro
2. Contingenza (se presente) Euro
3.
Euro . Totale Euro
La retribuzione nella misura indicata verrà corrisposta per n. (13/14) mensilità.
Orario di lavoro
L’orario di lavoro è da considerarsi a tempo pieno e articolato secondo lo schema seguente:
da lunedì a venerdì dalle ore alle ore e dalle ore alle ore
Altre condizioni
Per quanto non previsto dal presente contratto di assunzione, troveranno applicazione le norme vigenti in materia e le norme contenute nel Ccnl , nella sua parte economica e normativa (eventuale) cui rinviamo espressamente.
Iscrizione Libro unico
La informiamo che abbiamo iscritto il Suo nominativo nel Libro unico del lavoro, di cui all’art. 39, D.L. n. 112 del 25 giugno 2008. Le consegniamo, inoltre, copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro allegata al presente contratto di assunzione, che contiene tutte le informazioni previste dal D.Lgs. n. 152 del 26 maggio 1997.
Letto, firmato e sottoscritto Data
Firma del datore di lavoro Firma del lavoratore
Facsimile
Piano Formativo Individuale per apprendisti
Piano Formativo Individuale relativo all’assunzione, in qualità di apprendista, del/la Sig./ra
X. Xxxx relativi al datore di lavoro
Denominazione datore di lavoro Codice fiscale / partita Iva Indirizzo della sede legale Indirizzo dell’unità operativa interessata Recapito telefonico/fax/email Attività Contratto utilizzato
B. Dati relativi all’apprendista
Nome e cognome Codice fiscale Data e luogo di nascita Residenza Recapito telefonico/fax/email Cittadinanza Scadenza del permesso di soggiorno (nel caso di stranieri) Centro per l’impiego di riferimento ai sensi del D.Lgs 297/2002
C. Dati relativi alle esperienze formative e di lavoro
Titoli di studio posseduti ed eventuali percorsi di istruzione non conclusi
Esperienze lavorative
Eventuali periodi di apprendistato svolti dal al Formazione extra scolastica compresa quella svolta in apprendistato
a)
b)
c)
d)
Eventuale possesso di una qualifica professionale (specificare quale)
Il presente piano formativo individuale ha lo scopo di far conseguire all’apprendista una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e la acquisizione di competenze di base e trasversali (funzionali alla qualifica da conseguire) e tecnicoprofessionali.
D. Aspetti normativi
Qualifica da conseguire (in base a quanto previsto dal contratto collettivo applicato)
Qualifica del SRQ (Sistema Regionale di Qualifica) assunta a riferimento quale esito del percorso formativo
Xxxxxx (Definita dalla contrattazione collettiva e comunque non inferiore da 2 anni e non superiore a 6 anni)
Orario di lavoro (a tempo pieno)
Orario di lavoro (a tempo parziale specificare la dislocazione oraria)
Livello di inquadramento iniziale
(Non potrà essere inferiore per più di due livelli rispetto alla categoria che, secondo il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, spetta ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è preordinata l’assunzione. Il contratto collettivo può definire condizioni di miglior favore)
Livello finale di inquadramento
E. Tutor
Tutor aziendale(1) Sig./Sig.ra
Codice fiscale
Livello di inquadramento (se dipendente)
Anni di esperienza
(1) (Precisare se si tratta del titolare, di un socio o di un familiare coadiuvante, in quanto nelle imprese con meno di 15 dipendenti e nelle imprese artigiane le funzioni di tutore possono essere svolte anche dai soggetti sopraindicati)
F. Contenuti formativi
1. Competenze trasversali (in ragione delle caratteristiche dell’apprendista sono possibili interventi diretti all’acquisizione di competenze di carattere trasversale anche se questo non è previsto dal contratto collettivo)
a) igiene e sicurezza sul lavoro
b) rapporto di lavoro
c) organizzazione aziendale
d)
(Segue)
2. Competenze tecnicoprofessionali a)
b)
c)
d)
3. Modalità di erogazione e di articolazione della formazione
(Secondo quanto previsto dall’articolo 49 c. 5 lettera b) del D.Lgs. n. 276/2003)
Il piano è stato definito in base a quanto previsto dal D.Lgs. n. 276/2003, dalle direttive regionali e dal contratto collettivo applicato dall’azienda.
Xxxxx restando il profilo e la qualifica professionale da conseguire, il presente piano potrà essere aggiornato in relazione alle fonti sopra citate e all’evoluzione, tecnologica, organizzativa e produttiva dell’impresa.
L’impresa L’apprendista
Contratto di apprendistato del Sig./Sig.ra
Piano formativo individuale del
Eventuali aggiornamenti
Scheda degli interventi formativi
Periodo / data | Oggetto | Istruttore / docente | Interna / esterna | Firma apprendista |
Qualificazione avvenuta in data [ ] con trasformazione del contratto a tempo indeterminato
[ ] con cessazione del rapporto di lavoro
Qualificazione non avvenuta per
APPRENDISTATO DI ALTA FORMAZIONE E RICERCA
L’art. 5 del Testo unico prevede l’istituzione dell’apprendistato di alta formazione e ricerca che si sostituisce alla vecchia forma dell’apprendista to per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione ex X.Xxx. 276/2003 ora abrogata.
Il c. 1 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 167/2011 prevede che possano essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendi stato per attività di ricerca, per il conseguimento di un diploma di istruzio ne secondaria superiore, di titoli di studio universitari e della alta formazio ne, compresi i dottorati di ricerca, per la specializzazione tecnica superiore di cui all’art. 69 della legge n. 144 del 17 maggio 1999, con particolare riferimento ai diplomi relativi ai percorsi di specializzazione tecnologica degli istituti tecnici superiori di cui all’art. 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 gennaio 2008, nonché per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche o per esperienze professionali i sogget ti di età compresa tra i diciotto xxxxx i ventinove anni.
Per soggetti in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi del D.Lgs n. 226 del 17 ottobre 2005, il contratto di apprendistato di alta formazione può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.
Xxxxxxx assumere con contratto di apprendistato i datori di lavoro in tutti i settori di attività, privati o pubblici.
Soggetti interessati
Datori di lavoro
Lavoratori
Obiettivo
Regolamentazione
e durata
Possono essere assunti con contratto di apprendistato o di mestiere i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni (da intendersi quale 29 anni e 364 giorni).
Per i lavoratori in possesso della qualifica professionaleex D.Lgs. n. 226/ 2005 il contratto di apprendistato può essere stipulato anche dal 17° anno.
Età minima: 18 anni (17 anni) – Età massima: 29 anni (29 anni e 364 giorni)
La finalità del predetto apprendistato è il conseguimento:
n di un diploma di istruzione secondaria superiore;
n di un titolo di studio universitario;
n di un titolo di alta formazione, comprendendo:
i dottorati di ricerca per la specializzazione tecnica superiore;
praticantato per l’accesso a professioni ordinatistiche (commercialista, consulenti del lavoro, avvocati etc.) o per esperienze professionali
In merito alla stipula di contratti di apprendistato con praticanti dovranno essere verificate le norme dei singoli ordini per verificarne la possibilità: a titolo esemplificato l’ordine degli avvocati non consente che la pratica possa essere fatta da un lavoratore subordinato mentre tale limitazione non si riscontra nell’ordinamento degli ordini dei consulenti del lavoro e dei commercialisti.
Il c. 2 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 167/2011 prevede che la regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato per attività di ricerca, per l’acquisi zione di un diploma o per percorsi di alta formazione è rimessa alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici e professionali e altre istituzioni formative o di ricerca comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione, della innovazione e del trasferimento tecnologico.
Non è previstoalcun tettominimo o massimo alla durata della predetta tipologia di apprendistato.
In assenza di regolamentazioni regionali, il c. 3, prevede che l’attivazione dell’apprendistato di alta formazione o ricerca è rimessa ad apposite conven- zioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con:
– le università;
– gli istituti tecnici e professionali;
– le istituzioni formative o di ricerca.
APPRENDISTATO CON LAVORATORI ISCRITTI NELLE LISTE DI MOBILITÀ
Il c. 4 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 167/2011 introduce una nuova tipologia di contratto di apprendistato, riconducibile a una delle forme sopra descritte (apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, apprendistato professionalizzante o di mestiere, apprendistato di altra formazione e ricerca). La predetta disposizione prevede che ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale è possibile assumere in apprendistato i lavoratori in mobilità.
L’aspetto di primaria importanza è il fatto che potranno essere assunti con
tale forma di apprendistato i soggetti di qualsiasi età purchè iscritti nelle
liste di mobilità.
A tal fine hanno diritto a essere iscritti nelle liste di mobilità i seguenti soggetti:
n i lavoratori il cui rapporto si è risolto a seguito di procedura collettiva di riduzione di personale per cessazione, trasformazione o riduzione dell’attività (art. 24 della legge n. 223/1991);
n i lavoratori licenziati da imprese già ammesse alla Cigs che non garantiscono la ripresa del lavoro ai soggetti sospesi (art. 4 della legge n.
223/1991);
n i lavoratori a domicilio sottoposti a procedura collettiva di riduzione di personale: ciò appare possibile alla luce dell’orientamento espresso dal Ministero del lavoro con la nota n. 5/26855 del 25 settembre 1993, pur se la Cassazione ha espresso le proprie perplessità con la sentenza n. 2917 del 26 marzo 1999;
n i lavoratori edili già impegnati in un rapporto di lavoro non inferiore a 18 mesi nel completamento di opere industriali od opere pubbliche di grandi dimensioni (art. 11, c. 2, della legge n. 223/1991 e art. 6 della legge n. 236/1993);
n i lavoratori edili provenienti da Cigs con un’anzianità aziendale di almeno 36 mesi, di cui 24 di lavoro effettivamente prestato;
n i lavoratori (anche impiegati e quadri) licenziati da imprese anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro che occupano meno di quindici dipendenti per giustificato motivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro (si tratta di una disposizione che viene prorogata di anno in anno) anche se non sono titolari dell’indennità di mobilità;
n i lavoratori frontalieri con trattamento speciale di disoccupazione (legge n. 147/1997);
n i lavoratori impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità e titolari, per tutto il periodo di occupazione, dello specifico sussidio;
n i lavoratori provenienti dal settore del trasporto aereo (art. 1bis della legge n. 291/2004 e circolare Inps n. 46 del 26 marzo 2009);
n i lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo ex art. 19 della legge n. 2/2009;
n i lavoratori degli studi professionali individuali licenziati (ciò è possibile sulla base della risposta del Ministero del lavoro avvenuta con l’interpello n. 10 dell’8 marzo 2011).
Tuttavia la norma, in virtù della particolare tipologia, prevede le seguenti
deroghe rispetto alla gestione dell’apprendistato professionalizzante:
– In materia di licenziamenti, in deroga a quanto previsto dalla lettera m) (il riferimento alla lettera i) erroneamente inserita nella prima stesura del D.Lgs. n. 167/2011 è stata modificata e così corretta dall’art. 22 della legge n. 183/2011), saranno applicati gli ordinari principi previsti dalla legge n. 604/1966;
– Le agevolazioni contributive sono riconducibili alle seguenti norme: art. 25, c. 9, legge n. 223/1991 e art. 8, c. 4, legge n. 223/1991.
In sostanza ai fini agevolativi nel predetto apprendistato:
– i contributi a carico del datore di lavoro saranno determinati nella misura del 10%;
– la durata dell’agevolazione sarà di 18 mesi;
– al termine dei 18 mesi la predetta tipologia di apprendistato non consente la fruizione di agevolazioni contributive;
– l’agevolazione è riconosciuta anche in caso di assunzione part time;
– in caso di soggetto con diritto all’indennità di mobilità, il datore di lavoro ha diritto per non più di 12 mesi a un incentivo economico pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore;
– l’agevolazione spetta in presenza di regolarità contributiva attestata dal DURC;
– il contributo a carico del dipendente non sembrerebbe riducibile al 5,84% (come per le altre forme di apprendistato) restando nella misura ordinaria (sul punto sarebbe utile quanto prima un’indicazione da parte del Ministero del lavoro).
Come previsto dall’art. 7, c. 9 del D.Lgs. n. 167/2011 la disposizione secondo la quale i benefici contributivi sono mantenuti per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione, non si applica ai lavoratori assunti dalle liste di mobilità con contratto di apprendistato.
Nuovo regime sanzionatorio per le violazioni
sull’obbligo di formazione
Omessa formazione irrecuperabile
Omessa formazione
recuperabile
In caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità previste:
– dall’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale (art. 3);
– dall’apprendistato professionalizzante o dal contratto di mestiere (art. 4);
– dall’apprendistato per attività di ricerca, per il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore, di titoli di studio universitari e della alta formazione (art. 5).
Il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrat tuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione.
Al fine dell’applicazione della predetta sanzione, collegabile a una omessa formazione non recuperabile, dovrà essere pertanto verificata la presenza congiunta di tutte e tre le seguenti condotte:
– inadempimento nell’erogazione della formazione;
– esclusività della responsabilità in capo al datore di lavoro;
– la mancata formazione deve essere tale da impedire la realizzazione delle finalità dell’apprendistato.
L’ultimo capoverso del comma 1 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 167/2011 afferma che qualora a seguito di attività di vigilanza sul contratto di apprendistato in corso di esecuzione emerga un inadempimento nell’erogazione della for mazione prevista nel piano formativo individuale, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotterà un provvedimento di disposizione, ai sensi dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 124 del 23 aprile 2004, assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere.
L’ultimo capoverso del c. 1 dell’art. 7 del Testo unico di fatto cerca di colpire un inadempimento, l’omessa formazione, ancora sanabile.
La norma, di fatto, prende in considerazione l’ipotesi di una vigilanza che interessi il rapporto in corso con l’apprendista prima del termine del periodo di formazione; ove la mancata formazione possa essere ancora recuperata.
La norma sanzionatoria in questo punto non considera condotte particolar mente incisive sulla finalità dell’apprendistato né condotte esclusivamen- te a carico del dipendente ma il requisito sufficiente ai fini dell’applicabili
tà è “l’inadempimento nell’erogazione della formazione previsto nel piano formativo individuale”.
Condizione essenziale è la possibilità per il datore di lavoro di recuperare
l’obbligo formativo contrattualmente previsto.
Con la predetta disposizione in sostanza il personale ispettivo ordinerà al datore di lavoro di adempiere all’obbligo formativo in modo da evitare le sanzioni di carattere contributivo previste nel primo periodo del comma 1 dell’art. 7 del Testo unico.
Il c. 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004 prevede che le disposizioni impartite dal personale ispettivo in materia di lavoro e di legislazione sociale, nell’ambito dell’applicazione delle norme per cui sia attribuito dalle singole disposizioni di legge un apprezzamento discrezionale, sono esecutive.
Pertanto, leggendo congiuntamente l’art. 14 del D.Lgs.n. 214/2004 e l’art. 7 del D.Lgs. n. 167/2011, si deve giungere alla conclusione secondo la quale l’ispettore, una volta verificata la possibilità del recupero della formazione contrattualmente prevista in un congruo periodo di tempo, “adotterà” la predetta disposizione che sarà direttamente esecutiva.
Il c. 2 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 167/2001 prevede che per ogni violazione
delle disposizioni contrattuali collettive relative a:
a) forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto;
b) divieto di retribuzione a cottimo;
c) possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio;
d) presenza di un tutore o referente aziendale;
Il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
100 a 600 euro.
In caso di recidiva la sanzione amministrativa pecuniaria varia da 300 a
1.500 euro.
Alla contestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza nei modi e nelle forme di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124 del 23 aprile 2004, come sostituito dall’art. 33 della legge n. 183 del 4
novembre 2010.
In sostanza la violazione dei principi sopra esposti è soggetta a diffida da parte dell’organo di vigilanza ed è quindi considerata sanabile dallo stesso legislatore.
L’Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689 del 24 novembre 1981 è la Direzione del lavoro territorialmente competente.
Violazioni della disciplina generale dell’apprendistato
Scheda sinottica apparato sanzionatorio
Xxxxx | Xxxxxxxx sanzionatorio | |
Art. 7, c. 1 D.Lgs. n. 167/2011 Primo periodo | Mancata erogazione della formazione a causa del datore di lavoro, tale da impedire la realizzazione delle finalità di legge. | Differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riguardo al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto al termine dell'apprendistato, maggiorata del 100%. |
Art. 7, c. 1 D.Lgs. n. 167/2011 Secondo periodo | Inadempimento nella erogazione della formazione di cui al PFI accertato a seguito di attività di vigilanza con riguardo a un contratto in corso. | Atto di disposizione da parte dell’Ispettore del lavoro, con assegnazione di un congruo termine per adempiere. In caso di inottemperanza, sanzione xxx.xx da 515 a 2.580 euro (art. 14 Dlgs n. 124/2004 e art. 11, comma 1, Dpr n. 520/1955). |
Art. 7, c. 2 D.Lgs. n. 167/2011 | Violazione delle disposizioni del CCNL attuative dei principi generali in tema di: a) forma scritta del contratto, del patto di prova e del piano individuale formativo; b) divieto di retribuzione a cottimo; c) inquadramento dell'apprendista; d) presenza del tutore o referente aziendale. | Sanzione xxx.xx da 100 a 600 euro. In caso di recidiva, la sanzione è da 300 a 1.500 euro. Violazione sanabile soggetta a diffida obbligatoria, contestabile dagli organi che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Autorità deputata a emettere l’eventuale ordinanzaingiunzione è la Direzione territoriale del lavoro. |
Relativamente all’aspetto sanzionatorio il Ministero del lavoro ha inoltre
precisato che:
Prassi amministrativa
Circolare 11.11.2011, n. 29
L’art. 7, c. 1, del Testo unico prevede, in modo analogo a quanto già stabilito dal D.Lgs. n. 276/2003, che in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità formative, lo stesso datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione.
Al riguardo occorre evidenziare il duplice requisito che il legislatore stabilisce ai fini della sanzionabilità della condotta: l’esclusiva responsabilità del datore di lavoro e il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi.
La sanzione non può infatti prescindere dalla individuazione delle responsabilità e della gravità delle stesse, proprio in quanto la nuova disciplina del Testo unico continua a inserirsi in una cornice costituzionale che necessariamente prevede il coinvolgimento della amministra zione pubblica nell’assolvimento degli obblighi formativi.
Ne consegue che, fatto salvo quanto si dirà in ordine all’utilizzo del potere di disposizione, in relazione alla nuova disciplina del contratto formativo:
– in caso di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale la responsabilità del datore di lavoro si potrà configurare nell’ipotesi in cui lo stesso non consentirà al lavoratore di seguire i percorsi formativi esterni all’azienda previsti dalla regolamentazione regionale e/o non effettuerà quella parte di formazione interna eventualmente prevista dalla stessa regolamentazione regionale con riferimento alla offerta formativa pubblica;
– in caso di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere la responsabilità del datore di lavoro si potrà configurare nell’ipotesi in cui lo stesso non consentirà al lavoratore di seguire i percorsi formativi esterni all’azienda finalizzati all’acquisizione di competenze di base e trasversali e/o non effettuerà la formazione interna che, secondo il Testo unico, è “svolta sotto la responsabilità della azienda”;
– in caso di apprendistato di alta formazione e di apprendistato di ricerca la responsabilità del datore di lavoro si potrà configurare nell’ipotesi in cui lo stesso non consentirà al lavoratore di seguire i percorsi formativi anche esterni all’azienda previsti dalla regolamentazione regionale. Una maggiore responsabilizzazione del datore di lavoro si avrà evidentemente laddove l’alto apprendistato sia attivato, in assenza di regolamentazioni regionali, sulla base di apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca; in questi casi è infatti possibile sostenere che l’attività formativa, così come in parte avviene per l’apprendistato professionalizzante o di mestiere, è svolta “sotto la responsabilità dell’azienda”.
Utilizzo della disposizione
Alla verifica di una eventuale formazione carente non segue necessariamente l’applicazione del regime sanzionatorio descritto, in quanto il legislatore, nella seconda parte del c. 1 dell’art. 7 introduce la possibilità, per il personale ispettivo di questo Ministero, di utilizzare lo strumento della disposizione di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004. Più in particolare si prevede che “qualora a seguito di attività di vigilanza sul contratto di apprendistato in corso di esecuzione emerga un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano formativo individuale, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotterà un provvedimento di disposizione (...) assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere”.
In sostanza, in presenza di un rapporto di apprendistato rispetto al quale sia stata accertata una carenza formativa che comunque risulti recuperabile – in quanto residua, fino al termine contrattualmente previsto per il periodo di formazione, un arco di tempo ragionevolmente
(Segue)
utile a recuperare il “debito formativo” – potrà applicarsi il potere di disposizione, indicando al datore di lavoro le ore di formazione da svolgere entro un determinato e “congruo” termine e la conseguente modifica del piano formativo individuale.
A titolo esemplificativo, dunque, nei confronti di un datore di lavoro che il primo anno di attivazione di un contratto di apprendistato abbia effettuato solo parte della formazione cui era tenuto, pur non potendo immediatamente applicare la sanzione prevista dal c. 1 dell’art. 7 del Testo unico, il personale ispettivo potrà impartire una disposizione volta a obbligare il datore di lavoro a “riprogrammare”, senza modificarne i contenuti sostanziali, il piano formativo, in modo da realizzare, entro un “congruo” termine, un numero di ore di formazione tale da poter rispettare già dall’anno successivo quanto previsto dallo stesso piano formativo individuale. Sarà così possibile obbligare il datore di lavoro a svolgere, l’anno seguente, un numero di ore di formazione maggiore rispetto a quelle inizialmente previste.
In caso di inottemperanza alla disposizione troverà applicazione la previsione sanzionatoria di cui all’art. 11, c. 1, del D.P.R. n. 520/1955, secondo il quale le inosservanze delle disposizioni legittimamente impartite dagli ispettori nell’esercizio delle loro funzioni sono punite con la sanzione amministrativa da euro 515 ad euro 2.580.
Sul punto va chiarito che, ai fini del ricorso alla disposizione, rilevano gravi inosservanze ai doveri di erogazione della formazione, operando il provvedimento del personale ispettivo a fronte di un vero e proprio inadempimento rispetto all’originario piano formativo individuale.
Più in particolare, qualora la mancata formazione sia dovuta esclusivamente alla mancanza dei canali di formazione pubblica, la disposizione non potrà essere adottata e il personale ispettivo si limiterà a rilevare la carenza formativa, senza predisporre altro provvedimento se non la verbalizzazione conseguente all’ispezione, congiuntamente ad una informativa sintetica rivolta all’apprendista.
Come in parte anticipato, ai fini della applicabilità della disposizione, occorrerà inoltre verificare la possibilità di recuperare il debito formativo. Ciò significa che, nel caso in cui il periodo di formazione previsto per il contratto di apprendistato volga al termine e non vi sia, quindi, un tempo “congruo” per il recupero del debito formativo, il personale ispettivo non potrà adottare il provvedimento di disposizione, ma dovrà applicare, sussistendone tutti i requisiti, la sanzione di cui al primo periodo dell’art. 7, c. 1, del Testo unico. In effetti, l’assegnazione di “un congruo termine per adempiere alla disposizione” previsto dall’art. 7, c. 1, del Testo unico deve essere “calata” all’interno della durata massima del periodo di formazione previsto per l’apprendistato, fatte salve le legittime ipotesi di proroga indicate dal Legislatore all’art. 2, c. 1 lett. h) che consente la “possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi”.
Le sanzioni del Testo unico per inosservanza dei principi
Il c. 2 dell’art. 7 del Testo unico introduce delle sanzioni amministrative del tutto nuove, collegate alla inosservanza dei principi che devono informare l’attivazione e lo svolgimento di un rapporto di apprendistato. In particolare il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro o, in caso di recidiva, da 300 a 1.500 euro, per ogni violazione delle “disposizioni contrattuali collettive attuative dei principi di cui all’art. 2, c. 1, lettere a), b), c) e d)”. Si tratta, in particolare, della violazione dei principi concernenti: a) la forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale; b) il divieto di retribuzione a cottimo; c) la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio; d) la presenza di un tutore o referente aziendale.
La norma assegna la possibilità di contestare la sanzione a tutti gli “organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza” (quindi oltre al personale ispettivo di questo Ministero, anche al personale ispettivo di INPS, INAIL, ENPALS ecc.) e prevede espressamente l’utilizzo della procedura di diffida obbligatoria.
Resta comunque sempre ferma l’individuazione della Direzione provinciale del lavoro quale soggetto competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689/1981.
La sanzionabilità della violazione delle “disposizioni contrattuali collettive attuative dei principi” di cui si è detto impone pertanto al personale ispettivo di procedere anzitutto a una verifica in ordine all’attuazione dei principi stessi e, in secondo luogo, ad una verifica circa la concreta applicazione di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva. In tal senso sarà anzitutto sanzionabile la mancanza della forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale. Sul punto va peraltro evidenziato che l’aver esplicitamente previsto la procedura di diffida in relazione alla forma scritta del contratto vuol consentire la regolarizzazione non soltanto dei casi in cui lo stesso differisce contenutisticamente da quanto previsto dalla contrattazione collettiva, ma anche dei casi in cui la forma scritta sia del tutto assente. Il Legislatore, infatti, rimette esclusivamente alla volontà del lavoratore la scelta relativa alla eventuale attivazione del giudizio per ottenere la “trasformazione”, del rapporto di apprendistato in un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
L’obbligo di formalizzazione per iscritto del contratto non può peraltro considerarsi adempiuto mediante la sola consegna, ai sensi dell’art. 00,
x. 0, xxx X.X. x. 000/0000 (xxxx. da legge n. 133/2008), della copia della comunicazione di assunzione al Centro per l’impiego, essendo necessaria a evitare la sanzione per mancanza di forma scritta nell’apprendistato la consegna del contratto individuale di lavoro.
Va altresì precisato che, qualora sia omessa, oltre la forma scritta del contratto, anche la stessa comunicazione al Centro per l’impiego, il rapporto in questione potrà considerarsi “in nero” secondo quanto già chiarito con la circ. n. 38/2010 di questo Ministero. In tali ipotesi occorre precisare l’impossibilità di una regolarizzazione dei rapporto con contratto di apprendistato, in ragione del principio che richiede, ai fini della stipula del contratto formativo e del godimento dello specifico regime contributivo, il rispetto di specifiche disposizioni legislative e contrattuali, fors’anche di carattere procedimentale (es. approvazione del PFI), che non possono ritenersi osservate “retroattivamente”; senza contare che una diversa interpretazione risulterebbe voler “premiare” i datori di lavoro che dolosamente hanno tenuto nascosto il rapporto di lavoro. Ciò non toglie che, anche nell’ipotesi in cui venisse successivamente a cessare il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – quale regolarizzazione ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 del rapporto di lavoro “in nero” – potrebbe anche istaurarsi un rapporto di lavoro di apprendistato, qualora ne ricorressero le condizioni e nei limiti di quanto chiarito da questo Ministero con risposta a interpello n. 8/2007.
Sotto altro profilo va rilevato che la sanzione amministrativa punisce anche i casi in cui il datore di lavoro abbia provveduto a formalizzare per iscritto il contratto di apprendistato ma tale formalizzazione risulti successiva alla instaurazione del rapporto ovvero difforme o incompleta relativamente ai modelli o ai contenuti previsti e resi obbligatori dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile al rapporto di apprendistato oggetto di verifica ispettiva.
Si ricorda ancora l’applicabilità della sanzione pecuniaria amministrativa, preceduta dalla diffida a regolarizzare, nei casi di mancata applicazione dei principi e delle disposizioni attuative degli stessi riguardanti il divieto di retribuzione a cottimo, l’alternatività tra sottoinquadramento e retribuzione, la presenza del tutor o referente aziendale.
Da ultimo, occorre precisare che la sanzione maggiorata da 300 a 1.500 euro, per ogni violazione dei principi di cui all’art. 2, c. 1, lett. a), b), c), d), del Testo unico, trova applicazione “in caso di recidiva”. A tal fine va ricondotto il riferimento normativo alla “reiterazione” di cui all’art. 8bis della legge n. 689/1981, per cui si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con ordinanzaingiunzione, lo stesso soggetto commette un’altra violazione, non necessariamente con riferimento alla stessa lettera dell’art. 2, c. 1, del D.Lgs. n. 167/2011 e anche in relazione a lavoratori diversi.
Contribuzione, agevolazioni per la trasformazione del contratto
e sgravio dei premi di risultato
Contribuzione a carico dell’apprendista
Contribuzione a carico del datore di lavoro
Il contratto di apprendistato consente l’applicazione di un regime age volativo sotto l’aspetto del costo contributivo del rapporto di lavoro.
La diminuzione del costo contributivo è un forte stimolo per il datore di lavoro a instaurare il contratto di apprendistato.
Il regime agevolativo previsto per l’assunzione dell’apprendista impatta sia sulla contribuzione dovuta dal dipendente sia su quella dovuta dal datore di lavoro.
Il predetto regime contributivo, inoltre, è applicabile a tutte le tipologie di apprendistato.
Il c. 9 dell’art. 7 del T.U. afferma che “in attesa della riforma degli incentivi alla occupazione restano fermi gli attuali sistemi di incentivazione econo mica dell’apprendistato”.
L’art. 1, comma 769, della medesima legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) ha elevato di 0,30 punti percentuali la contribuzione previ denziale a carico della generalità dei lavoratori, conseguentemente anche la contribuzione a carico dell’apprendista dall’1.1.2007 ha subito un aumento della medesima misura dello 0,30%, passando quindi dal 5,54% al 5,84%.
Il datore di lavoro, pertanto, in occasione della corresponsione della retribu zione all’apprendista effettuerà una trattenuta contributiva per l’assicura zione IVS nella misura del 5,84% (in luogo della maggior aliquota del 9,19% ovvero del 9,49% prevista per la generalità dei dipendenti) calcolata sull’imponibile contributivo ex art. 12, legge n. 153/1969.
A decorrere dal 1.1.2007 la contribuzione a carico del datore di lavoro per i lavoratori assunti con il contratto di apprendistato non è più calcola to nella misura di marche settimanali ma con l’aliquota del 10% da calcolare sull’imponibile previdenziale. La novità normativa introdotta dalla legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) e commentata dall’INPS con circolare 23.1.2007, n. 22, afferma di fatto che la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti xxxxxxxxx e non artigiani è complessiva mente rideterminata nel 10% della retribuzione imponibile ai fini previ denziali. Il D.M. 28 marzo 2007 (reso noto con il Comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 luglio 2007, n. 161) e il messaggio INPS n. 25374/2007 hanno stabilito la ripartizione della contribuzione complessiva
del 10% nelle singole gestioni previdenziali e assistenziali interessate cosi illustrato nella tabella di seguito riportata.
Ripartizione della contribuzione complessiva
FPLD (fondo pensione lavoratori dipendenti) | 9,01% |
CUAF (assegno nucleo familiare) | 0,11% |
Malattia (indennità economica) | 0,53% |
Maternità (indennità economica) | 0,05% |
INAIL (assicurazione infortuni) | 0,30% |
Totale | 10,00% |
È bene evidenziare che per gli apprendisti non è dovuto il contributo dello 0,5% ex
legge n. 297/1982.
Per tale motivo il trattamento di fine rapporto dell’apprendista sarà calcola to senza il recupero del predetto contributo:
TFR da accantonare: (Base di computo del TFR) / 13,5
Sempre dal 2007, viene inoltre introdotta una norma agevolativa in base alla quale per i datori di lavoro che hanno alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a 9, l’aliquota complessiva del 10% a carico dei datori di lavoro, limitatamente ai soli contratti di apprendistato, è così ridotta:
1. 1,50% per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto (riduzione di 8,5 punti percentuali);
2. 3%, per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto (riduzione di 7 punti percentuali).
3. 10% per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al secondo.
Tale agevolazione necessita di due ulteriori approfondimenti:
a) il momento nel quale verificare la forza occupazione;
b) i criteri di computo ai fini della definizione della base occupazione. Entrambe le problematiche sono state affrontate dalla INPS, circ. n. 22/2007 la quale ha precisato:
l il momento da prendere in considerazione per la determinazione del requisito occupazionale (fino a 9 addetti) è quello di costituzione dei singoli rapporti di apprendistato; tuttavia, per le assunzioni operate entro il 31.12.2006, ai fini della valutazione della consistenza aziendale, deve farsi riferimento alla media degli occupati dell’anno 2006.
l nel calcolo dei dipendenti, devono essere ricompresi i lavoratori di qua lunque qualifica; vanno invece esclusi:
gli apprendisti;
– eventuali c.f.l. ex X.Xxx. n. 251/2004 ancora in essere dopo la riforma operata dal X.Xxx n. 276/2003;
– i lavoratori assunti con contratto di inserimento/reinserimento ex X.Xxx. n. 276/2003;
– i lavoratori assunti con contratto di reinserimento ex art. 20, legge n. 223/1991;
– i lavoratori somministrati, con riguardo all’organico dell’utilizzatore. I lavoratori assenti, ancorché non retribuiti (es. servizio militare, gravidan za), sono esclusi dal computo solo se, in sostituzione, sono stati assunti altri lavoratori, poiché in tal caso devono essere computati i sostituti. I dipendenti part-time si computano (sommando i singoli orari individuali) in proporzio ne all’orario svolto in rapporto al tempo pieno; i lavoratori intermittenti sono considerati in base alla rispettiva normativa di riferimento.
Per la determinazione della media annua, i dipendenti a tempo determi nato con periodi inferiori all’anno e gli stagionali devono essere valutati in base alla percentuale di attività svolta (INPS, circ. n. 22/2007).
Tipologia di datori di lavoro | Contribuzione | ||
Datore di lavoro | Apprendista | Totale | |
Con più di 9 addetti | 10,00% | 5,84% | 15,84% |
Con 9 o meno addetti primo anno di apprendistato secondo anno di apprendistato terzo anno di apprendistato | 1,50% 3,00% 10,00% | 5,84% 5,84% 5,84% | 7,34% 8,84% 15,84% |
Novità della legge 183/2011 (Legge di stabilità)
Sulla predetta agevolazione tuttavia è intervenuto l’art. 22 della legge n. 183/2011 (Legge di Stabilità) il quale ha previsto che: “Al fine di promuovere l’occupazione giovanile, a decorrere dal 1° gennaio 2012, per i contratti di apprendi stato stipulati successivamente alla medesima data ed entro il 31 dicembre 2016, è riconosciuto ai datori di lavoro, che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, uno sgravio contributivo del 100 per cento con riferimento alla contribuzione dovuta ai sensi dell’articolo 1, comma 773, quinto periodo, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, per i periodi contributivi maturati nei primi tre anni di contratto, restando fermo il livello di aliquota del 10 per cento per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo”.
In sostanza per gli assunti con apprendistato dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2016 il regime contributivo è come di seguito riepilogabile:
Tipologia di datori di lavoro | Contribuzione | ||
Datore di lavoro | Apprendista | Totale | |
Con più di 9 addetti | 10,00% | 5,84% | 15,84% |
Con 9 o meno addetti | |||
0% | 5,84% | ||
primo anno di apprendistato | |||
5,84% | |||
secondo anno di apprendistato | 0% | 5,84% | |
terzo anno di apprendistato | 0% | 5,84% | 5,84% |
dal quarto | 10% | 5,84% | 5,84% 15,84% |
Trasformazione dell’apprendista
in contratto a tempo indeterminato
Ai datori di lavoro che trasformano il rapporto di apprendistato in un rapporto a tempo indeterminato è concesso, per un anno dalla data di trasformazione, di continuare a versare la contribuzione a proprio carico nella misura prevista per gli apprendisti (10%).
Anche il contributo a carico del dipendente rimane quello previsto per gli
apprendisti (5,84% da “gennaio 2007” più l’aliquota dello 0,30% (CIGS) ove dovuta per il settore di appartenenza).
Sotto l’aspetto previdenziale, i giovani trasformati sono considerati a tutti gli effetti come operai o impiegati. È bene far notare che l’incentivo contributi vo spetta anche in caso di trasformazione del contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato prima della scadenza.
Normativa
Min. lav., int. 4.5.2005, Prot. 25/I/0003883
…i benefici contributivi sono da collegare al momento fattuale della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato e pertanto, anche nell’ipotesi in cui tale trasformazione avvenga in maniera anticipata rispetto al termine previsto nel contratto, il datore di lavoro avrà diritto a fruire dei benefici contributivi per l’anno successivo alla trasformazione dell’apprendistato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Da ultimo è bene menzionare che la Cassazione, con la sentenza n. 15055 del 22 giugno 2010, ha affermato che l’azienda perde le agevolazioni contributive per la trasformazione del contratto di apprendistato (contribu zione agevolata per un anno in caso di qualificazione), qualora l’apprendi- sta cambi mansioni subito dopo la qualificazione.
Il caso preso in esame dai giudici di legittimità riguardava un lavoratore che, al termine del periodo di apprendistato, aveva acquisito la qualifica di operaio meccanico, salvo poi essere impiegato come addetto alla revisione dei veicoli. La Suprema Corte, con la predetta sentenza, ha precisato che l’utilizzo del lavoratore deve avvenire nella qualifica per cui è stato stipulato il rapporto di apprendistato e che l’eventuale variazione di qualifica, subito dopo la trasformazione del contratto da apprendistato, comporta il venir meno delle agevolazioni previste dalla legge.
Lo sgravio dei premi di risultato, che dal 2008 sostituisce il concetto di decontribuzione, è previsto dalla legge 24.12.2007, n. 247, che, al c. 67 dell’art. 1, ha previsto:
a. l’istituzione di un Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello con dotazione finanziaria pari a 650 milioni di euro per ciascuno degli anni 20082010;
b. uno sgravio contributivo concesso, su domanda, in base ai seguenti criteri:
– l’importo annuo complessivo delle erogazioni ammesse allo sgravio è stabilito entro il limite massimo del 5% della retribuzione contrattuale percepita;
– con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla lettera a), lo sgravio sui contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro è fissato nella misura di 25 punti percentuali;
– con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla lettera a), lo sgravio sui contributi previdenziali dovuti dai lavoratori è pari ai contributi previdenziali a loro carico sulla stessa quota di erogazioni di cui alla lettera a).
L’art. 1, c. 68, della legge n. 247/2007 inoltre prevede che le modalità di attuazione di quanto indicato nel c. 67 siano stabilite tramite decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro
Sgravio dei premi di risultato
dell’economia e delle finanze (D.M. 7.5.2008 per l’anno 2008 e il D.M. 17.12.2009 per l’anno 2009).
Secondo la predetta disposizione è alla luce dei decreti approvati si evince che la parte del premio erogato sotto il limite del 2,25 per cento (per l’anno 2009) della retribuzione imponibile usufruisce di uno sgravio contributivo così suddiviso:
a) nella misura massima di 25 punti percentuali dell’aliquota a carico del datore di lavoro, tenendo presente che:
– trattasi di aliquota massima di sgravio applicabile anche alla contribuzione pensionistica versata ad Enti diversi dall’INPS;
– l’aliquota da abbattere di 25 punti percentuali xxxxxxx deve intendersi al netto delle riduzioni contributive per assunzioni agevolate;
– è escluso dallo sgravio il contributo dello 0,30% ex art. 25, c. 4 L. 845/1978 versato dai datori di lavoro a integrazione della contribuzione per la disoccupazione volontaria.
Dalle indicazioni della circolare INPS n. 39/2010, ai fini della gestione dello sgravio contributivo dei premi di risultato dell’apprendistato, si evince che il predetto sgravio, essendo applicabile in misura massima di 25 punti percen tuali e non riguardando i premi INAIL, dovrà essere determinato:
a) nella misura massima pari a 9,70%, ossia escludendo dalla contribuzione del 10% il premio INAIL dello 0,30% (ovvero alla minor aliquota in caso di datori di lavoro con un numero di addetti non superiore a 9);
b) nella misura totale sulla quota a carico del lavoratore, tenendo presente che:
– lo sgravio sarà pari al 9,19% per le generalità delle aziende e al 9,49% per i datori di lavoro soggetti a CIGS (o ad altra differente aliquota in caso, ad esempio, di lavoratore all’estero);
– lo sgravio sarà pari all’8,84% per gli operai assunti in agricoltura;
– lo sgravio sarà pari al 5,84% per gli apprendisti;
– non è soggetto a sgravio il contributo IVS 1% ex art. 3 L. 438/1992 dovuto dal dipendente sulla retribuzione eccedente per l’anno 2009 a euro 42.069,00 (3.506,00 mensili).
Secondo quanto indicato nel messaggio INPS, 17.8.2010, n. 21389, le operazioni di recupero dovranno essere effettuata entro il giorno 16 del terzo mese successivo all’emanazione del presente messaggio, con riferimento a periodi contributivi non antecedenti ad “agosto 2010”.
I datori di lavoro ammessi allo sgravio contributivo, per indicare il congua glio dell’incentivo in oggetto, potranno avvalersi dei seguenti nuovi codici causale, differenti in ragione della tipologia contrattuale (aziendale/territo riale):
Contrattazione aziendale | Contrattazione territoriale | ||
L944 | Sgr. aziendale ex DM. 17.12.09 quota a favore del D.L. | L946 | Sgr. territoriale ex D.M. 17.12.2009 quota a favore del D.L. |
L945 | Sgr. aziendale ex D.M. 17.12.09 quota a favore del lavoratore | L947 | Sgr. territoriale ex D.M. 17.12.2009 quota a favore del lavoratore |
da valorizzare nell’Elemento >Denuncia Aziendale>, <AltrePartiteACredi to>, <CausaleACredito>, del flusso UNIEMENS.
Si deve far presente che la circolare dell’Agenzia delle Entrate 27.9.2010, n. 48/E ha precisato che il rimborso dei contributi al dipendente dovrà essere assoggettato a tassazione separata ex art. 17, c. 1, lett. b) del TUIR ovvero a tassazione del 10% (cd. detassazione) ove applicabile.
A tale scopo è possibile è possibile riepilogare:
Casistica | Tassazione Premio anno 2009 | Tassazione Rimborso contributivo anno 2010 |
Lavoratore dipendente con: Anno 2008: Reddito di lavoro dipendente < 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) Anno 2009: Reddito di lavoro dipendente < 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) | Premio assoggettato a tassazione 10% | Contributi restituiti assoggettati a tassazione 10% nel limite di euro 6.000 cumulando tutti gli altri importi detassati. |
Lavoratore dipendente con: Anno 2008: Reddito di lavoro dipendente < 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) Anno 2009: Reddito di lavoro dipendente < 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) | Premio assoggettato a tassazione ordinaria in quanto era già stato superato il limite di euro 6.000 | Contributi restituiti assoggettati a tassazione 10% nel limite di euro 6.000 cumulando tutti gli altri importi detassati. |
Lavoratore dipendente con: Anno 2008: Reddito di lavoro dipendente > 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) Anno 2009: Reddito di lavoro dipendente > 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) | Premio assoggettato a tassazione ordinaria | Contributi restituiti assoggettati a tassazione separata ex art. 17, c. 1, lett. b) TUIR. |
Lavoratore dipendente con: Anno 2008: Reddito di lavoro dipendente < 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) Anno 2009: Reddito di lavoro dipendente > 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) | Premio assoggettato a tassazione 10% | Contributi restituiti assoggettati a tassazione separata ex art. 17, c. 1, lett. b) TUIR. |
Lavoratore dipendente con: Anno 2008: Reddito di lavoro dipendente > 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) Anno 2009: Reddito di lavoro dipendente < 35.000 (comprensivo della quota di detassazione) | Premio assoggettato a tassazione ordinaria | Contributi restituiti assoggettati a tassazione 10% nel limite di euro 6.000 cumulando tutti gli altri importi detassati. |
L’art. 7, c. 9, del D.Lgs. n. 167/2011 prevede che i benefici contributivi sono mantenuti per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione.
Tale agevolazione tuttavia non è consentita ai lavoratori assunti dalle liste di mobilità con contratto di apprendistato.
Misure di sostegno al reddito degli apprendisti:
condizioni, importi e durata
Condizioni
L’art. 19, c. 1, lett. c), D.L. 185/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 2/2009, in xxx xxxxxxxxxxxx xxx xx xxxxxxxx 0000x0000, riconosce, anche in caso di licenziamento, l’accesso all’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali ai lavoratori in possesso della qualifica di apprendista alla data di entrata in vigore del decreto (29.11.2008) e con almeno tre mesi di servizio presso l’azienda interessata dal trattamento.
La durata del predetto trattamento è stabilita nella misura massima di novanta giornate nell’intero periodo di vigenza del contratto di apprendi stato e subordinatamente a un intervento integrativo, pari almeno alla misura del venti per cento dell’indennità spettante, a carico degli Enti bilaterali.
Per beneficiare delle misure di cui all’articolo 19, c. 1, lettera c), del D.L. 185/2008 i lavoratori devono:
– essere in possesso della qualifica di apprendista (contratto in atto al 29
.11. 2008);
– essere in servizio da almeno tre mesi presso l’azienda interessata dalla crisi aziendale o occupazionale;
– la sospensione deve derivare da una crisi aziendale o occupazionale, intendendo per tale un evento transitorio e di carattere temporaneo dovuto a situazioni di mercato ovvero un evento naturale che comporti, per qualunque tipologia di datore di lavoro privato, mancanza di lavoro, di commesse, di ordini o clienti;
– usufruire di prestazioni integrative per il sostegno al reddito, di entità pari almeno alla misura del 20 per cento della indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali, erogate da un Ente bilaterale previsto dalla contrattazione collettiva, compresi quelli di cui all’art. 12 D.Lgs. 10.9.2003, n. 276 e successive modifiche, ovvero, per l’anno 2009, usufruire di analoghe prestazioni integrative erogate nel l’ambito dei fondi interprofessionali per la formazione continua di cui all’art. 118, legge 23.12.2000, n. 388 e successive modifiche;
– aver rilasciato dichiarazione di immediata disponibilità a intra- prendere, durante la sospensione dal lavoro, un percorso formati- vo e di riqualificazione professionale, utilizzando l’apposito modello predisposto.
La predetta norma è applicabile a tutte le tipologie di apprendistato (apprendistato per l’espletamento del dirittodovere all’istruzione e for mazione, apprendistato professionalizzante, apprendistato per alta forma zione, vecchio apprendistato).
Indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali.
La durata massima del trattamento risulta pari a 90 giornate, da fruire nell’intero periodo di vigenza del contratto di apprendistato, ovvero a un numero minore di giornate qualora il contratto scada prima della durata massima dell’indennità.
In caso di licenziamento, il trattamento sarà corrisposto per una durata massima di 90 giornate, sempre che l’apprendista risulti disoccupato per il periodo di godimento del trattamento stesso.
Si precisa inoltre che l’apprendista deve fare la domanda entro 68 giorni dal licenziamento.
Il trattamento di disoccupazione si interrompe:
l percepite tutte le giornate di indennità;
l quando l’apprendista è avviato a un nuovo lavoro;
l quando l’apprendista rifiuta di essere avviato a un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro;
l quando l’apprendista rifiuta un’offerta di lavoro con inquadramento in un livello retributivo non inferiore al 20% rispetto a quello precedente;
l quando l’apprendista non accetta di essere impiegato in opere o servizi di pubblica utilità;
l quando l’apprendista è cancellato dalle liste di disoccupazione.
Il trattamento di disoccupazione potrà essere riscosso dall’apprendista:
a) tramite bonifico bancario o postale;
b) in qualsiasi sportello postale.
L’INPS, circ. 29.3.2010, n. 43 ha precisato che:
a) in caso di intervento integrativo dell’Ente bilaterale, l’apprendista licenziato che si trovi nelle condizioni di cui al punto 1 può accedere alla disoccupazione in deroga per la durata massima di 90 giornate. Per il riconoscimento di tale beneficio, non dovranno essere ricercati i requisiti assicurativi e contributivi generalmente necessari per la concessione dell’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola con requisiti normali (INPS, circ. n. 39 del 6.3.2009, par. C, ossia, un contributo DS versato almeno 2 anni prima);
b) in caso di assenza di intervento integrativo dell’Ente bilaterale, l’apprendista licenziato può accedere al trattamento di mobilità in deroga per la durata massima prevista dal decreto di concessione. Per il riconoscimento di tale beneficio, dovranno essere ricercati esclusi vamente i requisiti richiamati dall’art. 7ter, c. 6, D.L. 5/09, converti to con modificazioni dalla legge n. 33/09: anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato (art. 16, c. 1, legge n. 223/91).
Ambito di applicazione e misura
Durata
Pagamento
Intervento integrativo dell’Ente bilaterale
Contratto di solidarietà
e apprendistato
Il Ministero del lavoro con nota del 10.9.2009, n. 69 Prot. 25/I/0013012 ha precisato che:
l con riferimento ai contratti di solidarietà previsti dalla legge n. 863/1984, il D.M. n. 46448 del 2009 ha stabilito che il predetto contratto di solidarietà non può essere applicato per i dirigenti, i lavoratori a domicilio e per gli apprendisti;
l i contratti di solidarietà ex art. 5, c. 5, della legge n. 236/1993
possono riguardare anche i lavoratori assunti con contratto di apprendistato.
Prassi amministrativa
Min. lav., circ. n. 20/2004
…anche agli apprendisti si può applicare il regime di solidarietà e il relativo contributo per tutta la durata del contratto di solidarietà e in ogni caso non oltre il termine di scadenza dell’apprendistato, purché la riduzione di orario concordata non impedisca il raggiungimento degli obiettivi formativi, ove previsti dalla fattispecie contrattuale applicata.
Ammortizzatori sociali
in deroga
L’art. 19, c. 8 del D.L. 185/2008, convertito nella legge n. 2/2009, ha ampliato l’ambito di operatività degli ammortizzatori sociali in deroga arrivando a prevedere che le risorse economiche messe a disposizione dal Governo per finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga possano essere utilizzate con riferimento a tutte le tipologie di lavoratori subordinati, compresi quelli assunti con contratto di apprendistato (Min. lav., Int. 5.6.2009, n. 52).
Pertanto, l’apprendista può essere inserito in un programma di CIGO o CIGS in deroga, dopo aver esaurito (aziende che possono far intervenire un Ente bilaterale) il periodo di sospensione di cui ex art. 19, c. 1 lett. c) del D.L. 185/2008.
Cassa integrazione del settore edile e apprendistato
In caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi meteoro logici, così come previsto dal CCNL 18.6.2008 edilizia industria, dal CCNL 23.7.2008 edilizia artigiani e dal CCNL 24.6.2008 edilizia cooperative, può essere concesso agli apprendisti operai dipendenti di imprese iscritte alla stessa Cassa edile il diritto di fruire della cassa integrazione guadagni.
Irpef, detassazione incrementi produttività e base imponibile Irap
Il contratto di apprendistato, in ogni sua forma, è un contratto di lavoro subordinato.
Sotto l’aspetto tributario, pertanto, i compensi percepiti durante il rapporto di lavoro rientrano nella categoria di lavoro dipendente ex art. 49 TUIR.
Normativa
Testo unico delle imposte sui redditi
Articolo 49
Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro.
Articolo 51
Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono.
Pertanto, all’apprendista si applicheranno tutte le regole di determinazione dell’imponibile e di calcolo dell’imposta proprie dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.
In particolare non concorrono alla formazione del reddito:
l contributi versati a casse sanitarie stabilite tramite regolamento, accordo o contratto aziendale (c. 2, lett. a): fino a 3.615,20 euro;
l contributi versati alla previdenza obbligatoria (c. 2, lett. a): senza limite;
l contributi versati alla previdenza complementare (art. 10): fino a
5.164 euro;
Alloggio e pasti
(Segue)
l la somministrazione di vitto (c. 2, lett. c).
Applicazione delle regole ex art. 51 TUIR
Vitto somministrato direttamente dal datore di lavoro | Senza limite. |
Servizio di mensa aziendale | Senza limite. |
Servizio di mensa fornito tramite “card” | Senza limite. |
Buoni pasto | Non costituiscono reddito sino a un importo di 5,29 euro giornaliere. |
Indennità sostitutive | In generale costituiscono reddito, fatte salve alcune eccezioni appositamente previste (es. cantieri edili). |
Servizi di trasporto (c. 2, lett. d) | |
Organizzati per la generalità o per le categorie di dipendenti gestite direttamente dall’azienda o affidati a soggetti terzi | Non costituiscono reddito. |
Rimborso delle spese anche sotto forma di indennità chilometriche | Costituisce un reddito, salvo eccezioni per trasferte fuori dal comune della sede di lavoro. |
L’utilizzo beni e servizi (fringe benefit) (c. 2, lett. f e c. 3) | |
Beni dell’impresa ceduti al dipendente: imprese che operano solo al dettaglio | Costituisce benefit il valore normale del bene ceduto meno quanto corrisposto o trattenuto al dipendente. Limite 258,23 euro – nel periodo di imposta: al superamento del limite l’intero importo è benefit. |
Beni dell’impresa ceduti al dipendente: imprese che operano all’ingrosso o al dettaglio | Costituisce benefit il prezzo mediamente praticato ai grossisti meno quanto trattenuto al dipendente o versato. Limite 258,23 euro – nel periodo di imposta: al superamento del limite l’intero importo è benefit. |
Servizi prestati ed agevolazioni tariffarie: fornite da terzi | Costituisce reddito l’importo previsto dalle tariffe e quanto corrisposto dal dipendente o trattenuto. |
Impianti sportivi e circoli ricreativi: destinazione alla generalità o a categorie di dipendenti | Non costituiscono reddito se la possibilità di utilizzare i servizi esiste per tutti i dipendenti o per categorie di essi e a condizione che la struttura sia di proprietà dell’impresa. |
Impianti sportivi e circoli ricreativi: destinazione a singoli dipendenti | Costituiscono reddito. |
Autoveicoli (c. 4, lett. a) | |
Uso privato del dipendente | È benefit. La quantificazione avviene sulla base del valore normale ex articolo 9 DPR 917/86. |
Uso aziendale | Non è benefit. |
Uso promiscuo | È benefit determinato forfetariamente 30% del costo chilometrico desunto dalle tabelle ACI con riferimento a 15 mila km. |
Prestiti (c. 4, lett. b) | |
Concessi ai dipendenti | Costituisce reddito il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. |
Fabbricati (c. 4, lett. c) | |
Immobile di proprietà dell’impresa e concessione al dipendente in uso, locazione o comodato senza obbligo di dimora | Costituisce benefit un importo pari a: – rendita catastale più le spese inerenti al fabbricato (in sostanza le utenze i cui costi sono sostenuti dal datore di lavoro) meno; – quanto versato dal dipendente o quanto trattenuto in capo al dipendente. |
Ipotesi analoga a quella precedente con obbligo di dimora del dipendente | Il benefit è costituito dal 30% dell’ammontare della differenza precedente. |
Trasferta Italia - Fuori dal comune della sede lavorativa (c. 5) | |
Rimborso forfetario | Non costituisce reddito sino a 46,48 euro al giorno. Costituisce reddito l’eccedenza. Non costituiscono reddito le spese di viaggio e trasporto. |
Rimborso misto | Non costituisce reddito sino: – 30,99 euro giornaliere se il vitto o l’alloggio vengono rimborsatI o forniti gratuitamente; – 15,49 euro giornaliere se il vitto e l’alloggio vengono rimborsati o forniti gratuitamente. Costituisce reddito l’eccedenza. Non costituiscono benefit le spese di viaggio e trasporto. |
Rimborso analitico | Non costituisce reddito il rimborso. Non costituisce reddito il rimborso di 15,49 euro giornaliere per spese non documentabili. |
(Segue)
Trasferta Estero - Fuori dal comune della sede lavorativa (c. 5) | |
Rimborso forfetario | Non costituisce reddito sino a 77,46 euro al giorno. Costituisce reddito l’eccedenza. Non costituiscono reddito le spese di viaggio e trasporto. |
Rimborso misto | Non costituisce reddito sino: – 51,64 euro giornaliere se il vitto o l’alloggio vengono rimborsati o forniti gratuitamente; – 25,82 euro giornaliere se il vitto e l’alloggio vengono rimborsati o forniti gratuitamente. Costituisce reddito l’eccedenza. Non costituiscono reddito le spese di viaggio e trasporto. |
Rimborso analitico | Non costituisce reddito il rimborso di 25,82 euro giornaliere per spese non documentabili. Non costituisce reddito il rimborso delle spese viaggio e trasporto. |
Applicazione all’imponibile fiscale delle aliquote a scaglioni di reddito di cui all’art. 11 del TUIR.
Applicazione delle detrazioni di produzione reddito di cui all’art. 13 del TUIR e delle detrazioni per familiari a carico di cui all’art. 12 del TUIR.
In merito alle detrazioni ex art. 13 del TUIR si fa presente che, la natura di contratto a tempo indeterminato dell’apprendistato, rende applicabile tale disposizione: “l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro” e non la disposizione che prevede “per i rapporti di lavoro a tempo determinato l’ammontare della detrazione effetti vamente spettante non può essere inferiore a 1.380 euro”.
A seconda della residenza al 31 dicembre ovvero al 1° gennaio dell’anno all’apprendista saranno calcolate rispettivamente l’addizionale regionale e l’addizionale comunale.
Secondo le ordinarie regole le predette imposte locali saranno trattenute in unica soluzione in caso di cessazione ovvero a rate nell’anno successivo in caso di conguaglio a fine anno.
Dal 2011, in virtù di quanto stabilito dall’art. 53 del D.L. n. 78/2010, convertito con modifiche in legge n. 122/2010, la detassazione è limitata ai premi previsti da accordi collettivi (non sarà applicabile anche ai premi previsti individualmente).
La nuova norma in sostanza prevede:
l le somme erogate nel 2011 ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produt tività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, col legate ai risultati riferiti all’andamento economico o agli utili del l’impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale sono soggette a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali.
l tale disposizione trova applicazione entro il limite complessivo di
6.000 euro lordi e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro.
Determinazione dell’imposta lorda
Determinazione dell’imposta netta
Addizionale regionale e addizionale comunale all’IRPEF
Detassazione
IRAP e apprendistato
l sulle stesse somme e per lo stesso periodo si applicheranno sgravi contri butivi sia per il lavoratore che per il datore di lavoro nei limiti delle risorse stanziate in base a quanto previsto dalla legge n. 247/2007.
l l’entità dell’agevolazione fiscale e dello sgravio saranno stabilite dal Governo entro il 31 dicembre 2010.
Per l’anno 2012 la L. 183/2011 (art. 22, c. 6 e art. 33, co. 12) ha previsto che, tramite contrattazione collettiva di secondo livello (anche contratti di prossi mità), è prevista l’applicazione di una imposta sostitutiva del 10%, sulle somme premiali (nonché riconducibili a stessa natura) corrisposte per incre mento della produttività, efficienza organizzativa o per valutazione ritenuta positiva dall’azienda.
Ai fini dell’applicazione del beneficio fiscale, con successivo DPCM da emanarsi, verrà stabilito:
l il limite massimo reddituale da lavoro dipendente per l’anno 2011, (40.000,00 euro nell’anno 2010 per la detassazione del 2011), nonché
l il limite massimo di somme agevolabili al netto dei contributi (6.000,00 per l’anno 2011).
Inoltre su tali somme potrà essere applicato lo sgravio contributivo per contrattazione di secondo livello, ma solo nel caso in cui tali importi siano concessi ai sensi e nei limiti delle risorse già stanziate dall’art. 1, comma 68, della Legge n. 247/2007.
La base imponibile dell’IRAP è costituita sostanzialmente dal valore della
produzione netta.
Peculiarità di tale imposta è il principio di indeducibilità del costo del lavoro.
Tuttavia, l’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997 prevede la possibilità di ridurre la base imponibile IRAP tramite una serie di specifiche deduzioni collegate ai lavoratori dipendenti.
In particolare il c. 1, lett. a), n. 5) dell’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997 prevede la deduzione delle spese per gli apprendisti.
Pertanto ai fini IRAP il costo degli apprendisti è un costo deducibile.
Le precedenti discipline dell’apprendistato in tabella
APPRENDISTATO REGOLAMENTATO DALLA LEGGE N. 25/1995
Applicazione
Definizione
Obiettivo Durata
Limiti di età
Retribuzione Formazione
Tutor
Contrattazione collettiva
Il cd. xxxxxxx apprendistato regolamentato dalla legge n. 25/1995 e successivamente modificato dalla legge n. 196/1997 (cd. legge Treu) trova attuale applicazione: a) nei settori in cui i contratti collettivi non hanno ancora regolamentato i percorsi previsti per il nuovo apprendistato previsto dal D.Lgs. n. 276/2003; b) per i contratti con i minori (in quanto l’apprendistato per l’espletamento del diritto e dovere di istruzione e formazione non è stato ancora attuato).
Ai sensi dell’art. 2, c. 1, legge n. 25/1955, l’apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire, nella sua impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera nell’impresa medesima.
L’apprendistato è mirato al conseguimento di una qualifica.
L’art. 16 della legge n. 196/1997 afferma che il rapporto di apprendistato può avere una durata massima non superiore a quella stabilita per la categoria professionale dal CCNL. In ogni caso, per legge, la durata del contratto non potrà essere inferiore a 18 mesi e superiore a 4 anni. Nel settore artigiano il limite massimo di durata è previsto in 5 anni.
Dal 1° settembre 2007, in tutti i settori produttivi, compresi gli artigiani, possono essere assunti come apprendisti i giovani con età non inferiore a 16 anni e che abbiano assolto all’obbligo scolastico per almeno 10 anni.
Per ciò che riguarda l’età massima, essa è fissata dall’art. 16 della legge n. 196/1997, secondo la seguente tabella:
Tipologia | Età massima |
In generale | 24 anni(*) |
Nelle aree svantaggiate(**) | 26 anni |
Portatori di handicap in generale | 26 anni |
Portatori di handicap nelle aree svantaggiate | 28 anni |
Settore artigiano in generale | 24 anni elevabile fino a 29 anni (per alte qualifiche individuate da CCNL) |
Portatori di handicap nel settore artigiano | 26 anni elevabile fino a 29 anni (per alte qualifiche individuate da CCNL) |
Portatori di handicap nel settore artigiano e nelle aree svantaggiate | 28 anni elevabile fino a 29 anni (per alte qualifiche individuate da CCNL) |
(*) Da intendersi 24 anni e 364 giorni (v. Min. lav., risposta a interpello prot. n. 25/0002702 del 24 marzo 2006). (**) Obiettivi 1 e 2, comprese le aree a sostegno transitorio, del regolamento CE 2081/93, ora regolamento CE 1260/1999. |
Ai sensi dell’art. 13 della legge n. 25/1955 l’apprendista dovrà essere retribuito in base a quanto previsto dai contratti collettivi. La retribuzione deve essere graduale in rapporto all’anzianità di servizio.
L’art. 16 della legge n. 25/1955 prevede un’adeguata formazione dell’apprendista rivolta a: un addestramento pratico; un insegnamento teorico complementare volto all’acquisizione della piena capacità professionale. Al fine di godere dei benefici contributivi è necessario far partecipare l’apprendista alle iniziative di formazione esterna all’azienda e ai luoghi di lavoro così come regolamentata dalla contrattazione collettiva nazionale secondo quanto previsto dal Ministero del lavoro. La formazione esterna dovrà essere debitamente certificata e avrà valore di credito formativo. Al termine del contratto di apprendistato il datore di lavoro avrà l’obbligo di attestare le competenze professionali acquisite dall’apprendista. A tale scopo dovrà comunicare tale attestazione alla struttura territoriale competente presso i servizi per l’impiego. Copia dell’attestazione dovrà essere consegnata al lavoratore.
Il D.M. 28 febbraio 2000 ha previsto le esperienze e i compiti del tutor aziendale che dovrà affiancare l’apprendista nella propria crescita. Il tutor potrà essere un lavoratore qualificato dipendente dell’impresa e dovrà possedere un inquadramento contrattuale pari o superiore a quello dell’apprendista. Il tutor dovrà possedere un’esperienza di almeno 3 anni nell’attività oggetto della prestazione lavorativa dell’apprendista. Per le imprese con meno di 15 dipendenti e nelle imprese artigiane la figura del tutor potrà essere ricoperta dal titolare dell’impresa, da un socio o da un familiare coadiuvante. Il tutor dovrà affiancare l’apprendista collaborando per la sua formazione ed esprimendo le valutazioni in merito alle competenze acquisite. I lavoratori per diventare tutor dovranno seguire un percorso formativo predisposto dalla Regione.
La contrattazione collettiva dovrà regolamentare l’apprendistato, nei limiti fissati dalla legge, relativamente a: durata del contratto (nei limiti minimo e massimo previsti dalla legge); prova; orario di lavoro; retribuzione; ferie; insegnamento complementare; iniziative formative esterne all’azienda; specifiche modalità nelle attività stagionali.
APPRENDISTATO PER L’ESPLETAMENTO DEL DIRITTO-DOVERE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE NEL D.LGS. N. 276/2003
Finalità
e applicabilità
Il c. 1 dell’art. 48 Dlgs 276/2003 precisa che il contratto di apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione può essere instaurato: in tutti i settori di attività; per giovani e per adolescenti che abbiano compiuto, dal 1° settembre 2007, 16 anni (art. 1, c. 622, legge n. 296/2006 – Min. lav. prot. 25/I/0009799, 20.7.2007 – D.M. 22.8.2007, n 139). A tal fine è bene precisare che, per: a) adolescenti si intendono i minori di età compresa tra i 16 e i 18 anni (principali destinatari di tale percorso) che abbiano assolto l’obbligo scolastico (10 anni); b) giovani si intendono i soggetti di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Pertanto secondo la logica della legge Xxxxx tale tipologia di apprendistato dovrebbe essere l’unica forma stipulabile a tempo pieno da parte di soggetti con meno di 18 anni che non siano in possesso di una qualifica professionale. Tuttavia la mancata applicazione della riforma scolastica (legge n. 53/2003) non rende ancora pienamente operativo l’apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione; pertanto in attesa della sua
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Finalità e applicabilità | operatività (fatta salva l’applicazione nella regione Lombardia), ai fini dell’instaurazione del rapporto di apprendistato con minori, si continuerà ad utilizzare il cd. xxxxxxx apprendistato previsto e regolamentato dalla legge n. 25/1955. |
Durata | La durata della predetta tipologia di apprendistato, ai sensi dell’art. 48, c. 2, non potrà essere superiore a 3 anni ed è determinata tenendo conto: della qualifica da conseguire; del titolo di studio; dei crediti professionali e formativi acquisiti; del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l’accertamento dei crediti formativi definiti ai sensi della legge n. 53 del 28 marzo 2003. Il contratto di apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. |
Disciplina | A mente del c. 3 dell’art. 48 la predetta tipologia di apprendistato è regolamentata dalle Regioni e dalle province autonome (d’intesa con i Ministeri del lavoro e dell’istruzione) nel rispetto dei seguenti principi: a) forma scritta del contratto, con l’indicazione del piano formativo individuale e della qualifica da acquisire al termine; b) divieto di stabilire il compenso secondo tariffe di cottimo; c) possibile recesso del contratto (con preavviso) al termine dell’apprendistato (durante il contratto il recesso è possibile solo per giusta causa o giustificato motivo); d) previsione di un monte ore di formazione esterna e interna all’azienda (le modalità saranno stabilite contrattualmente anche all’interno degli enti bilaterali); e) registrazione della formazione sul libretto formativo; f) presenza di un tutore con competenze adeguate. |
Modifiche ex L. 183/2010 | Nell’art. 48, c. 8, legge n. 183/2010 è prevista la possibilità per i giovani di 15 anni di svolgere l’ultimo anno di scuola obbligatoria mediante un percorso di apprendistato in azienda. In particolare, la norma prevede che l’obbligo di istruzione, fissato a sedici anni, possa essere assolto all’interno dei percorsi di apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione. |
APPRENDISTATO PER L’ACQUISIZIONE DI UN DIPLOMA O PER PERCORSI DI ALTA FORMAZIONE NEL D.LGS. N. 276/2003
Ambito di applicazione | Ai sensi del c. 1 dell’art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003 possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, per il conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, nonché per la specializzazione tecnica superiore di cui all’articolo 69 della legge n. 144 del 17 maggio 1999, i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni. Pertanto: a) il campo di applicazione soggettivo riguarda giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni (29 anni e 364 giorni); b) il campo di applicazione oggettivo riguarda tutti i settori produttivi. |
Forma del contratto | Il c. 3 dell’art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede che, per quanto compatibili, si ritengono applicabili a detta i principi stabiliti dall’art. 49, c. 4. Pertanto si deve ritenere che il contratto di apprendistato di alta formazione debba essere stipulato in forma scritta e debba contenere: l’indicazione della prestazione oggetto del contratto; il piano formativo individuale; il titolo di studio da conseguire al termine dell’apprendistato (per l’apprendistato professionalizzante si inserisce la qualifica da acquisire). |
Durata | La norma che disciplina il contratto di apprendistato di alta formazione non prevede alcun limite di durata, rimandando tale definizione alle regolamentazioni regionali deliberate nel rispetto delle intese territoriali tra Regioni, parti sociali e istituzioni formative. In caso di mancanza della regolamentazione regionale le convenzioni stipulate tra il datore di lavoro e l’istituzione formativa potrà fissare la durata del contratto, nel rispetto dei vincoli posti dal conseguimento di un determinato titolo di studio. |
Inquadramento e retribuzione | Tramite l’applicazione di quanto stabilito dal c. 4 dell’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003 si ritiene che all’apprendistato di alta formazione si applica la disciplina che: a) limita il sottoinquadramento a due livelli inferiori alla categoria spettante; consenta l’applicazioni di retribuzione differente a seconda dell’anzianità; non consenta il compenso secondo le tariffe di cottimo. |
Estinzione del contratto | Il datore di lavoro potrà recedere prima della scadenza del contratto in presenza di una giusta causa ovvero di un giustificato motivo, in tale caso l’apprendista avrà comunque diritto: a) al riconoscimento e alla certificazione delle competenze e dei crediti formativi acquisiti; b) alla registrazione sul libretto formativo del cittadino dei crediti formativi maturati. Al termine del periodi di apprendistato, il datore potrà: 1) mantenere in servizio l’apprendista con contratto a tempo indeterminato; 2) recedere liberamente dal contratto ai sensi dell’art. 2118 c.c., ossia dando il preavviso nei termini e nei modi stabiliti dalla contrattazione collettiva. |
Incentivi economici e normativa | Gli incentivi economici e normativi applicabili all’apprendistato di alta formazione sono quelli propri del contratto di apprendistato: a) agevolazione contributiva consistente nell’applicazione dell’aliquota del 10% a carico azienda e dell’aliquota del 5,84% a carico del dipendente (o minor contribuzione secondo la forza aziendale, v. capitolo sugli aspetti contributivi dell’apprendistato); b) sottoinquadramento. |
Formazione e piano formativo individuale |
Il c. 3 dell’art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003 afferma che: “Ferme restando le intese vigenti, la regolamentazione e la durata dell’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione é rimessa alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative, in assenza di regolamentazioni regionali l’attivazione dell’apprendistato, di alta formazione è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai datori di lavoro con le università e le altre istituzioni formative”. In sostanza, considerando la formazione quale elemento indispensabile per il contratto di apprendistato; per poter instaurare un rapporto di apprendistato di alta formazione è necessario che le Regioni, a seguito di intese e accordi con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative, legiferino la materia ovvero, in assenza, che il datore di lavoro sigli apposite convenzioni con le università e le altre istituzioni formative. Relativamente alla regolamentazione regionale, il Ministero del lavoro ha avuto modo di chiarire che: a) la disciplina in materia di apprendistato di alta formazione può essere definita anche mediante un semplice accordo o convenzione con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano regionale, ovvero con le università o altre istituzioni formative, non essendo indispensabile un intervento normativo regionale (Min. lav., circ. n. 40 del 14 ottobre 2004); b) solo in presenza delle predette intese (accordo o convenzione) il datore di lavoro potrà assumere con contratto di apprendistato di alta formazione. Le Regioni che hanno legiferato ovvero sottoscritto accordi in materia di apprendistato
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Formazione e piano formativo individuale
Aspetto sanzionatorio
di alta formazione allo stato attuale sono le seguenti: Veneto, Piemonte, Trento, Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Liguria, Xxxxxx Xxxxxxx, Lazio, Umbria, Basilicata, Abruzzo, Molise, Sardegna. L’inerzia delle Regioni ha spinto il legislatore a modificare l’art. 50 del D.Lgs. n. 276/2003 (art. 23, c. 3 e 4, legge n. 133/2008) introducendo la possibilità di instaurare un rapporto di apprendistato di alta formazione, anche in assenze di regolamentazione regionale, tramite apposite convenzioni sottoscritte tra datore di lavoro e università ovvero altre istituzioni formative. Tale modifica normativa ha superato il vaglio della Corte Costituzionale, che, con sentenza 10/14 maggio 2010, n. 176, ha respinto le questioni di legittimità costituzionale relative alla possibilità in caso di apprendistato di alta formazione di realizzare intese tra datore di lavoro ed ente formativo in assenza di accordi regionali che disciplinino la fattispecie. Per ciò che riguarda la formazione dell’apprendista è bene rilevare che essa è strettamente connessa al titolo di studio da conseguire mediante il percorso del soggetto. La predetta formazione è costituita da: a) una formazione formale erogata dalle istituzioni formative e dall’azienda; b) una formazione non formale acquisita tramite l’attività lavorativa presso l’azienda. Il percorso formativo deve essere espressamente individuato dal piano formativo individuale, che contiene necessariamente: 1) la strutturazione della formazione formale; 2) le competenze da acquisire nel percorso di formazionelavoro.
Sotto l’aspetto sanzionatorio, è bene far presente che, anche all’apprendistato di alta formazione, si applica il regime presente nel c. 3 dell’art. 53 del D.Lgs. n. 276/2003 secondo il quale, in mancanza di formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro, quest’ultimo è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento. La predetta maggiorazione così stabilita esclude l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione.
APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE NEL D.LGS. 276/2003
Obiettivo | L’apprendistato professionalizzante è disciplinato dall’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003. Secondo il predetto articolo “Possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e la acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnicoprofessionali, i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni”. L’apprendistato professionalizzante è il naturale sostituto del cd. vecchio apprendistato; per tale motivo la maggioranza dei datori di lavoro sono interessati all’instaurazione della predetta tipologia. Secondo il Ministero del lavoro (interpello n. 8/2007) l’apprendistato professionalizzante “non è volto alla acquisizione di una qualifica professionale ma a una qualificazione, cioè alla acquisizione di un bagaglio formativo di nozioni di carattere teoricopratico quanto più completo possibile, legato non solamente allo svolgimento della mansione assegnata, individuata dalla qualifica contrattuale, ma a una più complessa ed articolata conoscenza sia del contesto lavorativo che delle attività che in esso sono svolte”. In sostanza il predetto contratto non mira a far conseguire una qualifica professionale valutabile in termini di credito formativo e la sua finalità non si sovrappone a quanto previsto per il contratto di apprendistato per il diritto dovere di istruzione e formazione previsto dall’art. 48 D.Lgs. n. 276/2003. L’apprendistato professionalizzante raggiunge il suo obiettivo con l’acquisizione da parte del lavoratore delle competenze necessarie a diventare professionalmente qualificato. Il c. 4 dell’art. 49 disciplina i principi che regolamentano il contratto di apprendistato professionalizzante: a) il contratto dell’ apprendistato professionalizzante deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere: l’indicazione della prestazione oggetto del contratto; l’indicazione del piano formativo individuale; l’eventuale qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale o extraaziendale; b) il divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di cottimo; c) la possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2118 del codice civile; d) la possibilità di sommare i periodi di apprendistato svolti nell’ambito del dirittodovere di istruzione e formazione con quelli dell’apprendistato professionalizzante nel rispetto del limite massimo di durata di cui al c. 3; e) il divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo; f) la formazione nell’apprendistato professionalizzante quale elemento necessario e indispensabile per instaurare il predetto rapporto di lavoro. Per consentire la stipula di un contratto di apprendistato è necessaria: a) la regolamentazione in materia di formazione da parte della Regione (art. 49, c. 5); b) in assenza della regolamentazione regionale, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi (art. 49, c. 5bis e 5ter). Ai fini della formazione, l’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003, al c. 5, riepiloga i seguenti principi: 1) previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno centoventi ore per anno, per la acquisizione di competenze di base e tecnicoprofessionali; 2) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni; 3) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali; 4) registrazione della formazione effettuata nell’apposito libretto formativo; 5) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. |
Piano formativo individuale | Il piano formativo individuale dell’apprendista ha un ruolo fondamentale essendo richiesto, pena nullità, in allegato al contratto di apprendistato professionalizzante. Il piano formativo individuale dovrà essere predisposto seguendo i profili formativi individuati dalle Regioni ovvero, in mancanza, dalla contrattazione collettiva. Il piano formativo individuale dovrà contenere: a) gli obiettivi perseguiti dal contratto; b) il percorso di formazione formale e informale; c) la ripartizione di impegno tra formazione aziendale ed extra aziendale. |
Adempimenti in caso di assunzione dell’apprendista | Ai fini degli adempimenti obbligatori per l’assunzione regolare dell’apprendista, la legge n. 296/2006 obbliga il datore di lavoro a effettuare al Centro per l’impiego territorialmente competente, per il tramite del servizio informatico predisposto sul nodo regionale di riferimento, un’apposita comunicazione, con data certa di trasmissione, mediante modello Unificato Lav. La predetta comunicazione dovrà essere trasmessa il giorno antecedente l’instaurazione del rapporto di lavoro. |
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Adempimenti in caso di assunzione dell’apprendista | La comunicazione dovrà contenere: i dati identificativi del datore di lavoro; i dati anagrafici del lavoratore; la data di assunzione; la durata; la tipologia contrattuale (apprendistato) la qualifica professionale; il trattamento economico e normativo riconosciuto. L’assunzione dell’apprendista non è sottoposta a condizioni particolari, stante l’abolizione (dal 24 ottobre 2003 a opera dell’art. 85, c. 1, D.Lgs. n. 276/2003) dell’obbligo di preventiva autorizzazione da parte della competente Direzione provinciale del lavoro; tuttavia, le Regioni possono reintrodurre specifiche procedure autorizzative. Anche l’assunzione dell’apprendista, analogamente alla generalità dei lavoratori dipendenti, deve tenere conto dell’obbligo datoriale di consegnare al lavoratore assunto la dichiarazione di assunzione, contenente tutte le informazioni inerenti la gestione e le condizioni del rapporto di lavoro, la quale peraltro, per effetto della semplificazione apportata dal decreto legge n. 112/2008, potrà consistere nella copia del modello Unificato Lav di comunicazione dell’assunzione, ovvero nel contratto individuale di lavoro. In sostanza, al momento dell’assunzione e prima dell’inizio della prestazione lavorativa, il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 1, c. 1, D.Lgs. n. 152/1997 e dell’art. 6, c. 2, D.Lgs. n. 297/2002, dovrà comunicare all’apprendista: l’identità delle parti; il luogo di lavoro; la sede o il domicilio del datore di lavoro; l’inquadramento, livello e qualifica attribuiti al lavoratore; la durata; l’importo della retribuzione e gli elementi costitutivi; il periodo di pagamento; la durata delle ferie; l’orario normale di lavoro; il periodo di preavviso; il piano formativo individuale (per apprendista); l’iscrizione nel LUL. Alcune informazioni possono essere indicate tramite rinvio al CCNL applicabile. Inoltre è bene far presente che, secondo quanto indicato dal Ministero del Lavoro con le risposte a interpello n. 389/2005 e n. 4/2007, si devono ritenere illegittime le norme contrattuali collettive che subordinano la stipula del contratto di apprendistato all’iscrizione dell’azienda all’ente bilaterale o ad altre condizioni non espressamente previste dal legislatore; sono pertanto validi i contratti di apprendistato stipulati senza rispettare la clausola contrattuale del settore terziario che prevede l’obbligo di presentazione della domanda al predetto Ente. |
Formazione | Uno degli aspetti più problematici dell’applicazione dell’apprendistato professionalizzante è la formazione, elemento necessario per la stipulazione di un contratto di apprendistato professionalizzante. L’impianto normativo, successivamente alla legge Biagi, ha subito una serie di sostanziali modifiche atte a facilitare l’applicazione della predetta tipologia contrattuale; in merito, più volte, è anche intervenuta la Corte Costituzionale nel definire le competenze in materia di formazione tra Stato e Regioni alla luce della modifica dell’art. 117 della Costituzione. Quello che si è sviluppato è un quadro complesso che non facilita gli operatori e pone una certa diffidenza nei confronti del contratto che dovrebbe aiutare i giovani a inserirsi nel modo del lavoro. Da ultimo, la Corte Costituzionale con sentenza 10/14 maggio 2010, n. 176 ha fortemente ridimensionato la modifica normativa che, introducendo il c. 5ter all’art. 49 D.Lgs. n. 276/2003, aveva dato via alla stipula di contratti collettivi, anche aziendali, volti a regolamentare la formazione dell’apprendista esclusivamente all’interno dell’’azienda, creando di fatto un canale parallelo alla costituzione del rapporto di apprendistato professionalizzante. In sostanza, a distanza di ben oltre 7 anni dalla legge Xxxxx, l’apprendistato non trova una sua naturale stabilità lasciando spesso agli operatori dubbi in merito alla sua applicazione; incertezze documentate dai circa 40 interpelli del Ministero del lavoro che hanno cercato di interpretare le disposizioni normative annualmente prodotte per rendere più appetibile il predetto contratto speciale. La riduzione del costo previdenziale (la contribuzione a carico dell’azienda è pari al 10%) non porta ai risultati sperati se confrontati con i costi della formazione e soprattutto con l’instabilità della norma, sia statale sia regionale. La principale questione aperta sulla quale si devono confrontare: legislatore, giudici, Corte Costituzionale e Ministero del lavoro, verte proprio sul rapporto tra legge statale e regolamentazione regionale ai fini dell’instaurazione dell’apprendistato professionalizzante. La formazione, interna e/o esterna all’azienda, chiaramente resta l’elemento distintivo del contratto di apprendistato professionalizzante. Tuttavia, secondo quanto indicato dalla Corte Costituzionale con sentenza 50/2005: 1) la competenza in materia di formazione è ripartita tra Stato e Regioni; 2) la formazione aziendale è di competenza dello Stato (ordinamento civile); 3) la formazione professionale è di competenza delle Regioni e delle Province autonome. Andando con ordine, il quadro normativo precedente alla sentenza del giudice delle leggi si basava sui tre livelli previsti dall’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003: a) il primo, originario della legge Biagi, si fondava sulla regolamentazione regionale dei profili formativi quale elemento necessario per la costituzione del contratto di apprendistato. In sostanza la prima versione normativa prevedeva la sola possibilità della costituzione di un contratto di apprendistato professionalizzante in presenza di una regolamentazione della formazione rimessa “alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale” (c. 5); b) il secondo, alternativo al primo, introdotto dalla legge sulla competitività n. 80/2005, aveva la funzione di gestire il difficile periodo transitorio di assenza o insufficiente regolamentazione regionale, consentendo così di stipulare validamente un contratto di apprendistato sulla base della disciplina contenuta nel contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato da parte di associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (c. 5bis); c) il terzo, così come congegnato dal legislatore, parallelo al primo e al secondo, introdotto dalla L. 113/2008, consentiva, anche a prescindere dalla regolamentazione regionale, di stipulare un contratto di apprendistato professionalizzante purché nei contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali, fossero definiti i criteri per la cd. “formazione esclusivamente aziendale” (c. 5ter). In merito a quest’ultimo canale tuttavia si evidenzia che la Corte Costituzionale con sentenza 10/14 maggio 2010, n. 176 ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolato normativo laddove escludeva completamente la regolazione regionale dalla formazione interna lasciando di fatto la disciplina interamente alla contrattazione collettiva. |
Formazione disciplinata dalle regioni | Il c. 5 dell’art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede che la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sia rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale. I criteri e principi direttivi che le regioni devono rispettate nel regolamentare i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono i seguenti: a) previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno 120 ore per anno, per l’acquisizione di competenze di base e tecnicoprofessionali; b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni. In merito al predetto criterio è bene evidenziare che la Corte Costituzionale, con la sentenza 28 gennaio 2005, n. 50, ha asserito che la formazione aziendale inerisce al rapporto contrattuale, e pertanto la valutazione della capacità formativa delle azienda non spetta alle regioni ma alla contrattazione collettiva (in tal senso v. Ministero del |
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Formazione disciplinata dalle regioni
Il ruolo della contrattazione collettiva nazionale
Formazione esclusivamente aziendale
lavoro 24 marzo 2006, n. nota n. 2732); c) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali; d) registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo approvato con il D.M. 15 ottobre 2005; e) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. In merito alla formazione il Ministero del lavoro, con un ampio e continuo sviluppo interpretativo fatto di circolari, note e interpelli, ha precisato che:
Circolare 14 ottobre 2004, n. 40 – Il minimo di 120 ore di formazione formale potrà essere svolta dall’apprendista all’interno o all’esterno dell’azienda, secondo quanto stabilito dal piano formativo individuale. In sostanza, secondo il Dicastero, non è più previsto un monte ore minimo di formazione esterna obbligatoria, anche se il decreto impone comunque che si tratti di “formazione formale”, ossia di una formazione effettuata attraverso strutture accreditate o all’interno dell’impresa secondo percorsi strutturati di formazione strutturati on the job e in affiancamento certificabili secondo le modalità che saranno definite dalle future normative regionali. L’obbligo di formazione per l’apprendista potrà essere adempiuto anche tramite lo strumento della formazione a distanza e strumenti di elearning.
Interpello 18 gennaio 2005, n. 17 – la norma pone solo l’obbligo del rispetto del monte ore minimo di 120 ora annue, ferma restando l’autonomia della contrattazione collettiva e del legislatore regionale nell’individuazione di modalità e di forme di articolazione delle ore di formazione formale (es. criteri di scelta tra la formazione da effettuarsi solo all’interno dell’azienda in possesso di adeguate strutture e quella da svolgersi presso strutture esterne accreditate; formazione a distanza o in aula; ripartizione del monte ore complessivo fra le varie discipline oggetto di trattazione all’interno del percorso formativo). Per quanto attiene alla valutazione di eventuali crediti formativi all’inizio del rapporto di apprendistato deve ritenersi che eventuali competenze professionali di cui l’apprendista sia già in possesso all’inizio del rapporto non consentano una decurtazione del monte ore complessivo di formazione, ma al più possano incidere sulla distribuzione delle ore di formazione fra le varie materie e discipline. La formazione deve articolarsi su più aspetti: 1) competenze di base e trasversali (es. disciplina del rapporto di lavoro, organizzazione del lavoro, misure a tutela della sicurezza sul lavoro, comunicazione, comportamenti relazionali); 2) competenze tecnicoprofessionali, con contenuti di tipo tecnico, scientifico e operativo differenziato per ciascuna figura professionale (es. prodotti e servizi e contesto aziendale di riferimento, processi e relative innovazioni relativi al contesto aziendale, strumenti, materiali e attrezzature utilizzati nel ciclo produttivo dell’azienda, sicurezza sui luoghi di lavoro, con riferimento specifico al settore di interesse). Tenendo conto delle conoscenze già acquisite dall’apprendista, la sua formazione professionale potrà essere concentrata maggiormente su materie o conoscenze specialistiche nelle quali il soggetto abbia maggiori carenze, non avendole acquisite nel precedente percorso scolastico. Si potranno ridurre le ore di formazione dedicate a specifiche materie per le quali il soggetto dimostri, attraverso crediti formativi, di possedere un bagaglio sufficiente di conoscenze.
Lettera circolare 6 febbraio 2009, n. 1727 – In caso di trasformazione del rapporto di lavoro da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato, la formazione non potrà più rappresentare un elemento in grado di inficiare la validità del rapporto di lavoro, né potrà essere più “rivendicata” dagli enti formativi cui si è rivolto il datore di
lavoro fintanto che sussisteva il rapporto di apprendistato.
L’inerzia delle legislazioni regionali ha indotto il legislatore ad apportare una sostanziale modifica alla norma tramite l’introduzione del c. 5bis all’art. 49 D.Lgs. n. 276/2003 da parte dell’art. 13, c. 13bis del D.L. 35/2005 convertito con la legge
n. 80/2005. Il c. 5bis dell’art. 49 D.Lgs. n. 276/2003 prevede che in attesa dell’approvazione della regolamentazione regionale in materia di apprendistato professionalizzante la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. A tale riguardo il Ministero del lavoro, con circolare 15 luglio 2005, n. 30 ha precisato che: 1) il contratto di apprendistato professionalizzante potrà in ogni caso essere considerato immediatamente operativo unicamente con riferimento a quei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, anche antecedenti all’entrata in vigore della
L. 80/2005 che abbiano determinato – direttamente o indirettamente, anche mediante semplice rinvio agli enti bilaterali ovvero a prassi già esistenti e codificate dall’ISFOL – gli elementi minimi di erogazione e di articolazione della formazione;
2) qualora il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato preveda la regolamentazione dell’istituto, ma non contenga una precisa disciplina dei profili formativi, le parti, in accordo tra loro, potranno determinarne il contenuto sia con riferimento ai profili formativi predisposti dall’ISFOL in vigenza della legge n. 196/1997 sia mediante l’ausilio degli Enti bilaterali e, qualora previsto dal CCNL applicato, previo parere di conformità degli stessi sia, infine, tenendo conto di quanto previsto dai provvedimenti regionali fin qui adottati in materia di disciplina sperimentale dell’ apprendistato professionalizzante; 3) non sono da considerarsi legittime le clausole dei contratti collettivi e/o le previsioni che subordinino la stipula del contratto di apprendistato, o il parere di conformità per quanto attiene i profili formativi del contratto, alla iscrizione all’Ente Bilaterale o ad altre condizioni non espressamente previste dal legislatore nazionale. Saranno pertanto considerati validi i contratti di apprendistato stipulati anche in assenza di iscrizione all’Ente bilaterale.
Al fine di creare un canale parallelo e quindi autonomo che permettesse la costituzione del contratto di apprendistato, il legislatore ha introdotto, tramite l’art. 23, c. 2 della legge n. 133/2008, il c. 5ter all’art. 49 D.Lgs. n. 276/2003. L’obiettivo era sostanzialmente quello di consentire la costituzione dell’apprendistato professionalizzante anche in presenza di una formazione esclusivamente aziendale pur nel rispetto di precise condizioni che assicurassero una reale formazione all’apprendista. In virtù del canale parallelo istituito dalla legge n. 113/2008 tramite l’introduzione del c. 5ter, le parti sociali si sono subito messe all’opera (v. commercio, credito, piccola industria, turismo) per definire la formazione esclusivamente a livello aziendale in modo da instaurare contratti di apprendistati non sorretti da regolamentazioni regionali. Le predette contrattazioni hanno, pertanto, disciplinato la formazione esclusivamente aziendale identificando: le ore di formazione (anche inferiore a 120), l’utilizzo o meno della figura del tutor, il ruolo degli enti bilaterali; in sostanza, ha creato di fatto “una norma nella norma” svincolata da quanto previsto dalla regolamentazione regionale. In questo contesto normativo e contrattuale è intervenuta radicalmente la Corte Costituzionale, modificando l’applicabilità del c. 5ter ed eliminando di fatto il concetto di canale parallelo che ne aveva contraddistinto la sua introduzione. In questo senso la Corte Costituzionale vanifica gli sforzi del legislatore volti ad accelerare l’applicabilità dell’apprendistato professionalizzante. La Corte Costituzionale con sentenza 10 maggio 2010, n. 176, interpellata sulla facoltà di escludere le Regioni dalla regolamentazione della formazione, anche non pubblica, dell’apprendistato, dichiara incostituzionale il c. 5ter dell’art. 49 D.Lgs. n. 276/2003, così come introdotto dall’art. 23 della legge n. 133/2008 prevedendone la riscrizione della norma nel seguente modo: “In caso di formazione esclusivamente aziendale i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi ai contratti collettivi di lavoro di lavoro stipulati
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Formazione esclusivamente aziendale
Tutore aziendale
Retribuzione
a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo”. A prescindere dalla conclusione e dagli effetti è bene soffermarci sul percorso argomentativo utilizzato dai giudici delle leggi. Come indicato dalla sentenza della Xxxxx Xxxxxxxxxxxxxx 00/0000, la formazione aziendale “rientra nel sinallagma contrattuale e quindi nelle competenze dello Stato in materia di ordinamento civile”. La sentenza 50/2005 afferma l’esistenza di una diretta interferenza tra formazione interna all’azienda che inerisce al rapporto contrattuale e formazione pubblica disciplinata dalle Regioni e dalle Province in quanto esse, nella regolamentazione dell’apprendistato, non appaiono “allo stato puro, ossia separate nettamente tra di loro e da altri aspetti dell’istituto”. Le predette interferenze sono correlative alla naturale proiezione esterna dell’apprendistato professionalizzante e all’acquisizione da parte dell’apprendista dei crediti formativi, utilizzabili nel sistema dell’istruzione, la cui disciplina è di competenza concorrente, per l’eventuale conseguimento di titoli di studio. Per le motivazioni sopra riportate la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale: 1) della locuzione presente nel primo periodo del c. 5ter dell’art. 49 D.Lgs. n. 276/2003, per contrasto con gli artt. 117 e 120 Cost. nonché con il principio di leale collaborazione. In sostanza le parole “non opera quanto previsto dal c. 5. In questa ipotesi” sono da considerare incostituzionali per il fatto che la deroga al c. 5 finisce per rendere inoperante, senza alcun ragionevole motivo, il principio secondo il quale “la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante, è rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale”; 2) dell’avverbio “integralmente”, presente nel secondo periodo, il quale rimette esclusivamente ai contratti collettivi di lavoro o agli enti bilaterali i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante; 3) della locuzione riferita ai contratti collettivi e agli enti bilaterali, secondo la quale essi "definiscono la nozione di formazione aziendale e", presente nel terzo periodo del c. 5ter. La sentenza inoltre conclude affermando che “anche nell’ipotesi di apprendistato, con formazione rappresentata come esclusivamente aziendale, deve essere riconosciuto alle Regioni un ruolo rilevante, di stimolo e di controllo dell’attività formativa, sicché il testo del c. 5ter in oggetto, a seguito delle disposte dichiarazioni di illegittimità costituzionale, risulta essere il seguente: “In caso di formazione esclusivamente aziendale i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo”. Esso va comunque letto nell’ambito del sistema normativo nel quale si inserisce, così come sopra ricostruito”. Sul piano pratico l’intervento della Consulta ha determinato l’eliminazione del concetto di canale parallelo alla costituzione dell’apprendistato pur mantenendo in vita la formazione esclusivamente aziendale, in sostanza: 1) è confermata la possibilità di effettuare una formazione esclusivamente aziendale; 2) è riconosciuto alle Regioni e alle Province Autonome “un ruolo rilevante, di stimolo e di controllo dell’attività formativa”. La diretta conseguenza è la seguente:
a) nelle Regioni ove sono stati compiutamente disciplinati i profili formativi, in accordo con le parti sociali, i contratti
collettivi sono tenuti ad applicare la predetta regolamentazione regionale anche per ciò che riguarda la formazione esclusivamente aziendale;
b) nelle Regioni ove manchi compiutamente la regolamentazione della formazione (Calabria, Valle d’Aosta e Sicilia, Campania, Veneto, Liguria, Abruzzo, Basilicata, Lombardia, provincia di Bolzano) è applicabile il c. 5bis e 5ter dell’art. 49 D.Lgs. n. 276/2003 in base al quale, in assenza di regolamentazione regionale la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali.
Successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale, il Ministero del lavoro, con nota 15 giugno 2010, n. 25, è dovuto intervenire, su richiesta di Federalberghi, in merito all’applicazione del revisionato c. 5ter dell’art. 49 D.Lgs. n. 276/2003, precisato che: a) la formazione esclusivamente interna all’azienda deve essere applicata tenendo conto della legislazione regionale (pertanto, si deve ritenere, nel rispetto del limite minimo di 120 ore di formazione e alla presenza del tutor); b) fino alla completa approvazione delle regolamentazioni regionali troveranno applicazione le norme contenute nei contratti collettivi; c) continuano ad essere ammessi gli apprendistati per cicli stagionali.
Ai sensi dell’art. 49, c. 5, D.Lgs. n. 276/2003, la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante é rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale. Il predetto comma, alla lettera f), prevede tra i criteri e i principi guida utili per la regolamentazione della formazione dell’apprendistato professionalizzante la presenza di un tutore aziendale “con formazione e competenze adeguate”.
Relativamente alla retribuzione dell’apprendistato professionalizzante, il Dlgs 276/2003 prevede tre particolari disposizioni: 1) “Durante il rapporto di apprendistato, la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali é finalizzato il contratto” (art. 53,
c. 1); 2) “I contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale della retribuzione spettante ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle per il conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. La retribuzione così determinata deve essere graduale anche in rapporto all’anzianità di servizio” (art. 53, c. 1bis così come introdotto dall’art. 2, c. 152 della legge n. 191/2009); 3) “Divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di cottimo” (art. 49, co. 4, lett. b). Prima dell’intervento da parte della L. 191/2009 (art. 2, co. 155) che ha introdotto il c. 1bis all’art. 53 D.Lgs. n. 276/2003, si era aperto un contrasto interpretativo volto a leggere in modo sistematico la disposizione di cui all’art. 53, c. 1, D.Lgs. n. 276/2003 e l’art. 13 della legge n. 25/1955. Difatti, mentre l’art. 53 D.Lgs. n. 276/2003 prevedeva il sottoinquadramento come misura incentivante per l’assunzione di apprendisti, l’art. 13 della legge n. 25/1955 disponeva che la retribuzione dovesse essere graduale in rapporto all’anzianità di servizio. In merito alla predetta problematica il Ministero del Lavoro intervenne in più battute affermando che: a)l’art. 13 della legge n. 25/1955 non è stato abrogato dal D.Lgs. n. 276/2003 e pertanto è tutt’ora in vigore (circ. 40/2004); b)non è possibile, tramite la modalità della percentualizzazione, diminuire la retribuzione oltre il parametro del sotto inquadramento (nota 1°aprile 2008, n. 28); in sostanza secondo la predetta interpretazione
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Retribuzione
Successioni
di contratti con il medesimo datore di lavoro
Cumulabilità dei periodi di vecchio
apprendistato con l’apprendistato professionaliz- zante
l’art. 53 (sottoinquadramento) e l’art. 13 (percentualizzazione) si pongono tra loro in termini di alternatività; c) è possibile utilizzare congiuntamente il criterio della percentualizzazione e del sottoinquadramento (circ. 27/2008); pertanto, secondo la nuova interpretazione ministeriale, l’art. 53 (sottoinquadramento) e l’art. 13 (percentualizzazione) si pongono tra loro in termini di cumulabilità. Stante l’ultima interpretazione, il sistema della percentualizzazione e quello del sottoinquadramento possono essere tra loro cumulati, nel senso che l’apprendista potrà ricevere, nel corso dell’apprendistato, una retribuzione inferiore in percentuale rispetto al livello di sottoinquadramento, alla condizione che tale livello sia garantito almeno quale punto di arrivo della progressione retributiva. In linea con la predetta interpretazione interviene la legge finanziaria per l’anno 2010 (legge n. 191/2009) la quale tramite il c. 152 dell’art. 2 introduce all’art. 53 D.Lgs n. 276/2003 il c. 1bis. Secondo la predetta disposizione i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale della retribuzione spettante ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle per il conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. La retribuzione, inoltre, così determinata deve essere graduale anche in rapporto all’anzianità di servizio. Attualmente, pertanto, alla luce del c. 1 e 1bis dell’art. 52 D.Lgs. n. 276/2003 è possibile fare le seguenti considerazioni: 1) è possibile cumulare il sottoinquadramento con la percentualizzazione della retribuzione; 2) la percentualizzazione della retribuzione deve essere prevista da contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale; 3) i contratti collettivi di cui sopra devono essere sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (in sostanza è richiesta la sottoscrizione di almeno due associazioni su base nazionale);
4) la retribuzione è graduale anche in rapporto all’anzianità di servizio.
Il dipendente può essere assunto tramite il contratto di apprendistato dallo stesso datore di lavoro con il quale ha instaurato in precedenza un altro rapporto di lavoro, ove le due assunzioni sono riferibili a diverse figure professionali. La fattispecie è rinvenibile ove il dipendente abbia avuto una esperienza lavorativa di natura subordinata e poi sia stato riassunto dal medesimo datore di lavoro con un contratto di apprendistato. La predetta problematica è stata affrontata dal Ministero del lavoro con l’interpello n. 8 del 2 febbraio 2007. Il Dicastero, con l’interpello sopra menzionato, ha suddiviso la problematica in due sottofattispecie: 1) pregressa esperienza lavorativa riferita a differente qualifica professionale; 2) pregressa esperienza lavorativa riferita alla medesima qualifica professionale. Nel primo caso il Ministero non riscontra alcun problema per il datore di lavoro che voglia riassumere un dipendente con una vecchia esperienza professionale tramite il contratto di apprendistato. Difatti si ricorda che per costante giurisprudenza, ancorché riferita ai vecchi contratti di formazione e lavoro: “anche durante lo svolgimento di un rapporto di lavoro a tempo determinato, può ritenersi validamente concluso un contratto di formazione e lavoro, ove le finalità formative traggano origine dal comune interesse delle parti ad un mutamento delle mansioni contrattuali o di quelle precedentemente svolte e, quindi, alla prosecuzione del rapporto di lavoro con mansioni diverse, in quanto in tali situazioni il contratto di formazione può assolvere pienamente alla sua ragione causale, quale mezzo idoneo per l’acquisizione di nuove professionalità (nell’interesse del lavoratore), oltre che l’esatto adempimento delle diverse mansioni (nell’interesse del datore di lavoro)” (Xxxx. 6 giugno 2002, n. 8250). Nel caso di qualifiche professionali coincidenti, in assenza di un’esplicita indicazione normativa, il Ministero precisa che al contratto di apprendistato professionalizzante (non anche alle altre tipologie di apprendistato previste dagli artt. 48 e 50 D.Lgs. n. 276/2003), è possibile applicare il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità riguardo ai contratti di formazione e lavoro, secondo il quale è possibile che un lavoratore subordinato già impegnato con un contratto di formazione e lavoro possa essere riassunto con la stessa tipologia contrattuale per la medesima qualifica professionale purché il fine sia quello di conferire una professionalità differente da quella già acquisita (Cass. 1° novembre 2004, n. 17574). Difatti, aggiunge il Ministero, tale tipologia contrattuale “non è volto alla acquisizione di una qualifica professionale ma ad una qualificazione, cioè alla acquisizione di un bagaglio formativo di nozioni di carattere teoricopratico quanto più completo possibile, legato non solamente allo svolgimento della mansione assegnata, individuata dalla qualifica contrattuale, ma ad una più complessa ed articolata conoscenza sia del contesto lavorativo che delle attività che in esso sono svolte”. In sostanza è necessario valutare se nell’ambito del piano formativo individuale sia ravvisabile un percorso di natura addestrativa di carattere teorico e pratico volto ad un arricchimento complessivo delle competenze di base trasversali e tecnico professionali del lavoratore. Il Dicastero a tale scopo evidenzia due criteri applicativi: 1) il criterio collegato alla durata del contratto di lavoro.A tal fine è rilevante la durata del contratto, difatti, a titolo meramente orientativo, il Dicastero afferma che non sembra ammissibile la stipula di un contatto di apprendistato professionalizzante da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per un durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva; tale conclusione è dettata dalla necessità che il precedente rapporto di lavoro, sotto il profilo dell’acquisizione delle esperienze e delle competenze professionali, non abbia a prevalere sull’instaurando rapporto di apprendistato. A titolo esemplificativo, non sarà possibile stipulare un contratto di apprendistato professionalizzante della durata di 4 anni, qualora il lavoratore abbia già svolto un periodo di lavoro, con la medesima qualifica, superiore ai due anni; 2) il criterio collegato al coinvolgimento delle parti sociali al fine di rimodulare i contenuti formativi e la durata del rapporto.
Altra problematica riguardante l’attività presso il medesimo datore di lavoro concerne la possibilità di trasformare un contratto di apprendistato vecchio, instaurato ex legge n. 25/1955, con un contratto di apprendistato professionalizzante. Inoltre relativamente a tale possibilità è necessario capire quale valenza potranno avere i periodi di lavoro svolti con il vecchio apprendistato ai fini del nuovo. Per risolvere il quesito è necessario, in prima battuta, verificare l’effettività e l’applicabilità congiunta delle seguenti due disposizioni: 1) ”i periodi di servizio prestato in qualità di apprendista presso più datori di lavoro si cumulano ai fini del computo della durata massima del periodo di apprendistato, purché non separati da interruzioni superiori ad un anno e purché si riferiscano alle stesse attività” (art. 8 legge n. 25/1955); 2) “possibilità di sommare i periodi di apprendistato svolti nell’ambito del dirittodovere di istruzione e formazione con quelli dell’apprendistato professionalizzante nel rispetto del limite massimo di durata” (art. 49, c. 4, lett. d) X.Xxx. n. 276/2003). Sulla predetta problematica il Ministero del Lavoro con interpello 11 febbraio 2008, n. 3 ha precisato che la disciplina del D.Lgs. n. 276/2003 relativa all’apprendistato professionalizzante deve essere ”integrata con le disposizioni contenute nella legge n. 25/1955 non abrogate dal citato D.Lgs. n. 276/2003 che continuano a trovare applicazione ai contratti di apprendistato, in quanto compatibili con il nuovo quadro normativo”. Seguendo tale postulato il Dicastero afferma il principio della compatibilità dell’art. 8 della legge n. 25/1955 con la nuova disciplina dell’apprendistato professionalizzante affermando che
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Cumulabilità dei periodi
di vecchio apprendistato con l’apprendistato professionaliz- zante
Trasformazione del vecchio apprendistato nell’apprendi- stato professionaliz- zante
“in presenza delle condizioni indicate dal citato art. 8, un nuovo rapporto di lavoro, disciplinato dalla normativa e dalle disposizioni contrattuali sull’apprendistato professionalizzante, sarà instaurato tenendo conto, ai fini del computo della durata massima, del periodo di lavoro già svolto nel precedente rapporto. La durata del nuovo apprendistato potrà essere, dunque, calcolata sommando la durata del vecchio rapporto con quello nuovo”. Tuttavia, conclude il Ministero, al fine di instaurare un nuovo contratto di apprendistato è necessario che il nuovo rapporto di lavoro ”individui contenuti formativi diversi e aggiuntivi rispetto a quelli che hanno caratterizzato il primo rapporto, in modo da preservare i caratteri di diversità fra la vecchia e nuova tipologia di apprendistato, in particolare per quanto attiene ai contenuti formativi da assicurare all’apprendista secondo la nuova disciplina”.
Secondo il Ministero del lavoro la trasformazione del vecchio contratto di apprendistato nel nuovo contratto di apprendistato professionalizzante non è possibile. Il Dicastero con l’interpello 14 febbraio 2005 e con l’interpello 1° marzo 2007, n. 14 sottolineava l’impossibilità di una ”indebita commistione tra nuova e vecchia disciplina” , proprio in ragione dei numerosi caratteri differenziali delle stesse (si pensi, ad esempio, ai diversi limiti di età).