Contract
Un approccio comparato alle regole del contratto a tempo determinato
in Europa
di Xxxxx Xxxxx
1. Introduzione
I contratti a tempo determinato sono sempre stati associati alla flessibilità del mercato di lavoro e alle dinamiche dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro1.
Ai fini di tale contributo sono stati selezionati Italia, Spagna, Re- gno Unito, Germania, Olanda, Francia, poiché nonostante un quadro normativo comune definito da regole internazionali e del- la direttiva 1999/70/CE le discipline nazionali del contratto a tempo determinato presentano molte differenze.
Per completare l'analisi con una visione dell'importanza delle re- gole internazionali e europee nella previsione della disciplina del contratto a tempo determinato, è stato anche selezionato il Giappone, considerando che non ha ratificato le convenzioni in- ternazionali riguardante la tematica.
1 Cfr., Introduzione, in X. XXXXX, X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX (a cura di), Il lavoro temporaneo tra contratti a termine e somministrazione. Prima analisi in vista del c.d. decreto dignità, ADAPT Univerity Press, 2018.
1.1. Indicatori chiave
Considerando che il contratto a tempo determinato è un tema vasto che permette un’ampia analisi, è opportuno individuare al- cuni indicatori chiave per la corretta applicazione del metodo comparato e il confronto tra i Paesi.
A tal fine, sono stati individuati i seguenti indicatori riguardanti la disciplina del contratto a tempo determinato: 1) i motivi oggettivi per l’apposizione di un termine al contrato; 2) la durata massima;
3) la possibilità di proroghe e xxxxxxx.
La scelta di tali parametri dipende dal fatto che la loro analisi consente di rappresentare la modalità e tipologia di regolamenta- zione del contratto a tempo determinato in ciascun Paese.
2. Le norme internazionali e europee del contratto a tempo determinato
Sarebbe impossibile iniziare l’analisi della regolamentazione dei contrati a tempo determinato senza un accenno alle norme di or- dine internazionale e europeo, comuni ai Paesi selezionati.
2.1. Normativa della Organizzazione internazionale del lavoro
Iniziando l’analisi con una prospettiva internazionale, è necessa- rio tenere in considerazione le convenzioni della Organizzazione internazionale del lavoro che trattano di questa tipologia contrat- tuale. Innanzitutto rileva la convenzione n. 158/1982 che disci- plina la cessazione del contratto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro. In realtà, essa esclude l’applicazione ai rapporti di lavo-
ro a tempo determinato, tuttavia, allo stesso tempo, stabilisce che devono essere adottate garanzie volte a prevenire il ricorso a con- tratti di lavoro a tempo determinato al fine di eludere l’applicazione delle tutele e delle regole disciplinate della conven- zione stessa (art. 2, commi 2 e 3).
Nonostante non abbia una forza vincolante per gli Stati aderenti, è rilevante menzionare anche la raccomandazione n. 166/1982, complementare alla convenzione n. 158, che è maggiormente esplicita con riferimento alla disciplina dei contratti a tempo de- terminato. Nel art. 3, comma 2, della raccomandazione n. 166 si ribadisce la necessità di porre adeguate garanzie volte a prevenire l’utilizzo di contratti di lavoro a termine allo scopo di eludere le tutele previste dalla convenzione. A tale fine si suggerisce, per esempio, di limitare il ricorso a contratti di lavoro a tempo de- terminato nei casi in cui il rapporto di lavoro non possa essere a tempo indeterminato a causa della natura del lavoro da svolgere o delle circostanze in cui deve essere effettuato o degli interessi del lavoratore.
2.2. Normativa europea
Nel 1999, la direttiva 1999/70/CE di 28 giugno ha disciplinato l’attuazione dell’accordo quadro sui contratti a tempo determina- to siglato da UNICE, CES e CEEP.
A norma della clausola 5 dell’accordo, gli Stati membri sono ob- bligati a regolamentare uno dei seguenti parametri: 1) i motivi oggettivi per il rinnovo dei contrati a tempo determinato; 2) la durata massima totale di una successione di contratti a tempo de- terminato; 3) il numero massimo di rinnovi.
Ciò detto, gli Stati membri possono adottare uno di questi criteri o una combinazione di criteri.
Tenendo questo in considerazione, è utile analizzare come gli Stati membri hanno utilizzato questa discrezionalità per regolare il contrato di lavoro a tempo determinato2.
3. La regolazione del contratto a tempo determinato
A seguito dell’analisi degli indicatori menzionati nella introduzio- ne, è possibile ragionare il quadro europeo su quattro modelli na- zionali di regolazione del contratto a termine3.
Il primo modello riguarda la previsione della necessità di giustifi- cazione oggettiva per l’apposizione di un termine al contratto di lavoro e un numero massimo di contratti successivi. Questo mo- dello è riscontrabile per esempio in Francia. In particolare, il mo- dello francese blocca anche la possibilità di stipulazioni di con- tratti a tempo determinato in successione. Dopo il termine è pre- visto un periodo di pausa tra un contratto e l’altro.
In questo senso, sono previsti nel Code du Travail sei motivi per il ricorso al contratto a tempo determinato: 1) sostituzione di lavo- ratori assenti (maternità, malattia, ferie ecc.) – L. 1242-2; 2) in- cremento temporaneo di attività – L. 1242-2, 2º; 3) attività a ca- rattere temporaneo, come attività stagionali – L. 1242-2, 3º; 4)
c.d. contratti d’usage – permesso soltanto in determinati settori
2 Per una perspettiva più concreta per quanto riguarda la compatibilità tra la direttiva 1999/70/CE e le regole italiane, X. XXXXXXX, La compatibilità del- la nuova disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato con la direttiva n. 99/70, in M.G. XXXXXXXX (a cura di), Studi in memoria di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 2015, 517-529.
3 Si noti ad esempio X. XXXXXXXXXX, Successful rules on successive fixed-term contracts, in IJCLLIR, vol. 33, n. 2, 240, che ha identificato otto modelli di regolazioni del contratto a tempo determinato in Europa, quando si allarga il campione di Paesi.
come disposto per decreto ministeriale (art. L. 1242-1), con pos- sibilità di negoziazione collettiva derogativa; 5) realizzazione di un oggetto definito – L. 1242-2, 6º; 6) mezzo di accesso ad un impiego (come politica attiva del lavoro) – L. 1242-3. È anche previsto in termini generali il massimo di due rinnovi entro un limite di 18 mesi (art. L. 1243-13).
Uno secondo modello nazionale è quello spagnolo. Esso prevede motivi oggettivi per l’apposizione del termine, distinguendosi tut- tavia dal modello francese perché stabilisce una durata massima del contratto a tempo determinato, invece di un limite ai rinnovi. Così, l’art. 15 del Estatuto de los Trabajadores prevede che possono essere utilizzati questi contratti in tre occasioni: a) contrato de obra y servicio determinado – per prestazione di un oggetto concreto o per la realizzazione di un progetto, in cui il massimo del periodo sarà di 3 anni (che può essere allargato fino a 4 anni tramite la con- trattazione collettiva), non applicabile nei settori della costruzio- ne civile e della pubblica amministrazione – art. 15(1)a ET; b) con- trato eventual – come risposta a situazioni di mercato o incremento di attività e domanda – art. 15(1)b ET; c) contrato de interinidad – per la sostituzione temporanea di un lavoratore, caso in cui è ne- cessario indicare il nome del lavoratore sostituito e la causa della sostituzione. La durata è limitata a quella della sostituzione – art. 15(1)c ET.
Sono poi stabilite le regole della durata massima: nel caso di con- trato de obra, il massimo del periodo sarà di 3 anni (che può essere allargato fino a 4 anni tramite la contrattazione collettiva), non applicabile nel settore della costruzione civile e pubblica ammini- strazione; nel caso di contrato eventual, il massimo del periodo sarà di 6 mesi in un periodo di 12 mesi (limite che può essere deroga- to dalla contrattazione collettiva, al massimo di 12 mesi in un pe- riodo di 18 mesi). Questo tipo di contratto può anche essere ap- plicato a giovani (fino a 30 anni) disoccupati o con meno di 3
mesi di esperienza lavorativa, senza obbligo di giustificare le cir- costanze di mercato. In questi casi, il massimo è di 3 mesi, ai sen- si dell’art. 12 del Real Decreto Legislativo 4/2013, de 22 de Febrero. Nel caso di contrato de interinidad, la durazione è limitata fino alla durazione della sostituzione.
Un terzo modello di regolamentazione del contatto di lavoro a tempo determinato esclude la previsione di ragioni oggettive, tut- tavia, in conformità con la direttiva sopra menzionata, prevede una combinazione di limiti massimi di durata del contratto e limi- ti massimi dei rinnovi contrattuali. Questo modello è presente in Olanda, dove il codice civile (Burgerlijk Wetboek) sono prevede in- fatti motivi per l’apposizione di un termine, ma stabilisce una du- rata massima di 2 anni con massimo di 3 rinnovi. Se invece il contrato è stipulato con un lavoratore che ha raggiunto l’età pen- sionabile nazionale, i rinnovi possono essere fino a sei e una du- rata fio a 48 mesi.
Questo modello era rinvenibile anche in Italia, prima della modi- fica in commento, dove in effetti il contratto di lavoro subordi- nato a tempo determinato poteva essere liberamente stipulato, in forma scritta, per un periodo non superiore a 36 mesi (ad ecce- zione delle attività stagionali), nell’arco dell’intera vita lavorativa tra le medesime parti, e anche per effetto di una successione di contratti di lavoro di più breve durata ed aventi ad oggetto man- sioni di pari livello di inquadramento e categoria legale, fino a 5 proroghe.
Il quarto “modello” di regolazione è presente in Germania (e parzialmente in Italia) e si caratterizza per la definizione di una durata massima di contratti acausali, unita alla limitazione dei rinnovi.
Secondo l’art. 14, n. 1 e 2, della Teilzeit-und Befristungsgesetz non c’è bisogno di indicare ragioni di apposizione del termine per la sti- pula di un contratto a tempo determinato con una durata non
superiore a 24 mesi. Nel caso vi sia un motivo oggettivo per la sua attivazione, non ci sono limiti temporali (fino all’esistenza del requisito oggettivo). La contrattazione collettiva ha la possibilità di derogare il numero di proroghe come anche la durata massima del contratto, sia in pejus o in meglius. Nonostante ciò, se si tratta di una azienda nuova, la durata massima può essere estesa fino a massimo 4 anni, come previsto all’art. 14.2° della Teilzeit-und Befri- stungsgesetz. In questi casi, il contratto può essere prorogato varie volte fino al limite massimo di 4 anni e non v’è necessità di giu- stificare il motivo oggettivo per il ricorso a questo tipo di con- tratto. Anche in queste ipotesi, la contrattazione collettiva ha la possibilità di derogare il numero di proroghe e la durata massima del contratto, sia in pejus o in melius.
Durante i 24 mesi di durata massima, il contratto può subire al massimo 3 rinnovi. Inoltre, nel caso si tratti di una nuova azien- da, il lasso temporale è esteso a 4 anni. Nel caso si tratti di un la- voratore con più di 52 anni in situazione di disoccupazione nei quattro mesi precedenti alla firma di un contratto a tempo de- terminato, c’è la possibilità di ricorrere a questo contratto, che avrà un limite massimo di 5 anni, che può essere prorogato fino a questo limite.
Come anticipato, tale modello è riscontrabile anche in Italia a se- guito delle novità normative, poiché la causalità del contratto a tempo determinato è possibile fino a una durata massima di 12 mesi, per contatti fino a 24 mesi è invece necessaria la sussistenza di una ragione tra quelle previste dalla normativa.
Il quinto modello, che si discosta soltanto per l’assenza di un li- mite ai rinnovi, è quello del Regno Unito. Ai sensi del Employment Rights Act e delle Fixed-term Employees (Prevention of Less Favourable Treatment Regulations) Regulations 2002 non sono necessari motivi per l’apposizione di un termine al contratto per una durata fino a 4 anni. È possibile eccedere tale limite se sussistono motivi og-
gettivi d’accordo con la regolazione 8 (3) del Fixed-term Employees (Prevention of Less Favourable Treatment Regulations) Regulations 2002. Infine, in Giappone è la legge sui contratti di lavoro (l. n. 128/2007, modificata dalla l. n. 56/2012) che regola la disciplina del contratto a tempo determinato. Ai sensi di questa norma, non è necessario il ricorso ad un motivo oggettivo per l’apposizione di un termine al contratto4.
Nonostante non ci siano limiti per il rinnovo del contratto a tempo determinato, secondo l’art. 18 della legge sui contratti di lavoro, se un contratto a tempo determinato è stato rinnovato due o più volte in un periodo di 5 anni, il dipendente può unilate- ralmente richiedere la conversione a contratto a tempo indeter- minato (che non si applica se vi è stato un periodo di pausa di 6 mesi tra i due contratti).
4. Conclusioni
Essendo strumento tipico di gestione della flessibilità, in grado di porre le imprese nella condizione di fronteggiare ciclicità e sta- gionalità, crisi, cambiamenti di domanda, sostituzioni dei lavora- tori, le regolamentazioni del contratto di lavoro a tempo deter- minato in Europa sono alquanto rilevanti. Esse hanno subito svariati cambiamenti, che tuttavia non hanno portato a modifiche sostanziali ai modelli sopra individuati.
4 X. XXXXXXXX, New rules of conversion from fixed-term to open-ended contracts: companies’ approaches to compliance and the subsequent policy developments, in Japan Labor Issues, 2018, n. 7, 13-19. Per una perspetiva della regolazione del con- tratto a tempo determinato nel Giappone fino a 2010, cfr. X. XXXXXXXX- XXXXX, The Regulation of Fixed-term Employment in Japan, in 2010 JILPT Comparative Labour Law Seminar.
Possiamo dire che i modelli con una più incisiva protezione del lavoratore sono quelli che prevedono una combinazione dei cri- xxxx, ed in particolare la normativa francese e spagnola, che uni- scono previsioni di causali di apposizione del termine, con durata massima e limite al numero di proroghe o rinnovi. Il modello re- golatorio meno vincolante per la stipula di contratti di questo ge- nere è invece quello inglese. Infatti è possibile che un contratto sia firmato per una durata massima di quattro anni senza alcun tipo di giustificazione e, dopo questi quattro anni, permette il proseguimento del rapporto temporaneo laddove vi sia una mo- tivazione oggettiva, senza limiti temporali.
Si badi anche che il modello inglese è quello che più è a rischio di (non) conformità con le regole della Unione europea, sebbene, con il processo di reversione della sua integrazione, la questione abbia perso la sua portata originaria.
In una posizione intermedia si collocano le discipline di Olanda e Germania che prevedono assenza di causali con una durata mas- sima e un limite massimo di rinnovi oppure (in Germania) la possibilità di eccedere la durata massima in caso di presenza di ragioni per l’apposizione del termine.
Con l’approvazione delle novità normative, che ha reintrodotto causali temporanee e ridotto la durata massima, il modello rego- latorio italiano si è spostato da una posizione intermedia e ten- denzialmente liberale sul modello tedesco e olandese, a un mo- dello più vincolistico e vicino al modello francese e spagnolo.