LA CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO AL TEMPO DEL COVID-19
LA CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO AL TEMPO DEL COVID-19
Focus A Cura Dell’osservatorio Cgil-Fdv (Febbraio 2021)
Focus
La Contrattazione di secondo livello al tempo del Covid-19
Questo Rapporto è frutto della collaborazione tra l’area delle Politiche contrattuali della Cgil nazionale e la Fondazione Xxxxxxxx Di Xxxxxxxx (Fdv).
Il gruppo di lavoro è composto per la Cgil nazionale da Xxxxx Xxxxxxxxxx (Segretaria confederale), Xxxxxxxx Xxxxxx (Coordinatore dell’area Politiche contrattuali), Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, con la collaborazione di Xxxxxx Xxxxxxxx (Coordinatore area Welfare) e Xxxxxxxxxx Xxxxxxx (responsabile nazionale Salute e sicurezza). Per la Fondazione Xx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx (presidente), Xxxxx Xx Xxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx (ricercatori). Per il proficuo confronto, specie sui temi di Salute e sicurezza, ringraziamo Xxxxxxx Xx Xxxxxx (Fdv).
Il coordinamento scientifico dell’indagine e la stesura del Focus si devono a Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xx Xxxxx e Xxxxx Xxxxxxxx.
La ricerca e l’acquisizione degli accordi è merito dell’area delle Politiche contrattuali Cgil, e in particolare di Xxxxxx Xxxxxxxxx.
La Fdv ha realizzato e messo a disposizione l’applicativo informatico per l’inserimento e l’archiviazione degli accordi analizzati.
La classificazione degli accordi e l’elaborazione statistica dei dati sono da attribuire a Xxxxxxxxx Xxxxxxxx.
Per lo svolgimento degli studi di caso si ringraziano sentitamente i responsabili nazionali e territoriali e i delegati coinvolti per la loro preziosa collaborazione: Xxxxxxxx Xxxxxxx (Segretario nazionale SLC, per il caso Tim), Xxxxxxx Xxxxxxx (Xxx XXX, Istat), Xxxxxxxx Xxxxxxxxx (FP nazionale, Coordinatore per Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) e Xxxxx Xxxxxxx (Rsa FP in ADM Lazio); Xxxxx Xxxxxxxx (FILCAMS Piacenza) insieme a Rsa e Rls FILCAMS di Castel San Xxxxxxxx per Amazon; Xxxxxxx Xxxxxxx (FILCTEM Firenze) e Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxx Xxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx della Rsu FILCTEM per Gucci; il Segretario generale FILLEA dell’Umbria Xxxxxxx Xxxxxxxx, per ISA; Xxxxxxx XxxxX, delegato FIOM di Faurecia, il Coordinatore Delegato AST Xxxxxxxxxxxx Xxxxxx, la Delegata Amministrativi AST Xxxx Xxxx XxxxxxX; il RLSA AST Xxxxx Xxxxxxx, il Segretario FIOM Xxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx, il Segretario generale CGIL Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx per Acciai Speciali Terni.
Febbraio 2021
Focus
La Contrattazione di secondo livello al tempo del Covid-19
Indice
1. Il profilo degli accordi Covid-19 11
1.1 Aspetti generali e tematiche caratteristiche degli accordi 11
1.2 I protocolli nazionali e territoriali, settoriali e intersettoriali 14
1.3 La contrattazione aziendale per la prevenzione e il contrasto della Covid-19 18
2. Pratiche di contrattazione durante la crisi pandemica 32
2.1 Il lavoro agile nell’esperienza di TIM 34
2.2 Il lavoro agile nel settore della ricerca: il caso dell’ISTAT 37
2.3 Lo smart working e la risposta alla pandemia nella PA: l’Xxxxxxx xxxxx Xxxxxx x xxx Xxxxxxxx 00
2.4 Prevenzione del contagio e tutela dei lavoratori in Amazon: il caso di Xxxxxx Xxx Xxxxxxxx 00
2.5 Gucci: il contrasto della Covid-19 in un luxury brand internazionale 47
2.6 Il Protocollo Covid e l’accordo sullo smart working in Acciai Speciali di Terni 51
2.7 I dispositivi per il distanziamento: il caso di ISA Safety 54
Prefazione
L’annus horribilis si è finalmente concluso e, mai come in questo caso, è necessario assumere la giusta distanza rispetto ad esperienze che hanno determinato un alto tasso di emotività nella formulazione di giudizi.
Anche quando si affrontano temi solo apparentemente asettici come la contrattazione, è facile indulgere, in una fase inedita come la attuale, a visioni parziali o appiattite sull’ hic et nunc dell’emergenza.
Come Area della Contrattazione e del Mercato del Lavoro assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, promuovendo l’idea di un Focus mirato sulla contrattazione di secondo livello nella fase più critica della gestione della pandemia, abbiamo cercato di evitare questo errore, approcciando il nostro “fare sindacale” con cautela e nel suo determinarsi in condizioni di contesto mai affrontate in precedenza.
Rispetto ai Rapporti presentati nel 2019 e nel 2020, siamo di fronte quindi a un lavoro che andrà a completarsi nel tempo anche attraverso i contributi di riflessione e analisi che ci verranno suggeriti da categorie e strutture nelle sedi in cui si discuterà degli accordi che vengono perfezionati e di quelli che si dovranno definire.
Il primo dato incoraggiante che ci giunge chiaro dalla nostra indagine, volutamente parziale e selettiva, è che la contrattazione nel periodo tra febbraio e settembre 2020 non ha conosciuto un lockdown totale ma al contrario ha saputo misurarsi con l’emergenza cercando di darsi una road map precisa, enucleando alcune priorità, tra cui spiccano per importanza la difesa del diritto delle persone a lavorare in sicurezza e la definizione di un nuovo modello organizzativo.
I Protocolli interconfederali del 14 marzo e 24 aprile 2020, poi assurti a un rango equiparabile alla legge, hanno rappresentato una matrice decisiva per forgiare al secondo livello intese capaci di conciliare la necessità di continuare a produrre con quella di offrire sufficienti garanzie di tutela per chi o non ha mai smesso di lavorare o, dal 5 maggio, ha ripreso a farlo in un mondo diverso e per molti versi sconosciuto. La traduzione dei contenuti di queste intese nei vari settori e filiere, nei territori e nei singoli contesti aziendali, ci consegna il quadro assai articolato di una sfida comunque vinta dal sindacato, che ha innanzitutto saputo dare protagonismo all’intelligenza dei lavoratori nella difficile ricerca di un equilibrio possibile fra capitale e salute.
Quando una norma è condivisa nella sua genesi, il suo riflesso sulla contrattazione decentrata è assolutamente positivo, anzi propulsivo; norme e contrattazione possono cioè conoscere interlocuzioni estremamente felici e non solo conflittuali come purtroppo è successo negli ultimi anni, quando alle leggi siamo stati chiamati sostanzialmente a resistere ai tavoli negoziali.
L’esperienza dei Comitati per l’applicazione e la verifica dei protocolli Covid-19 rappresenta uno snodo importante di questa storia, sia per le criticità incontrate che per i risultati ottenuti. Un modello di relazioni industriali improntato sul valore condiviso della partecipazione non si improvvisa, ma può essere costruito faticosamente su alcuni temi specifici, sperimentato e progressivamente esteso: questo è il messaggio che l’impegno costanti di delegati e RLS affida oggi alla nostra riflessione e alla nostra elaborazione futura.
Un mondo profondamente cambiato, quasi irriconoscibile, si diceva, è quello che si è offerto allo sguardo dei lavoratori dal 23 febbraio a oggi, a partire da due coordinate tradizionalmente stabili su cui ognuno di noi era abituato a tratteggiare il suo quotidiano lavorativo: spazio e tempo.
L’obbligo di mantenimento di distanziamenti individuali, l’inagibilità di luoghi destinati alla socializzazione, la previsione di ingressi e uscite differenti, hanno ridisegnato lo spazio del lavoro. La ridefinizione di turni e scaglionamenti, l’esplosione dello smart working, hanno modificato il tempo del lavoro e la sua percezione.
Da repentina imposizione per ostacolare la diffusione del virus, a scelta strategica dell’impresa per modificare strutturalmente la propria organizzazione interna, il lavoro agile si è imposto in pochi mesi come nuova frontiera del lavoro, interrogando la CGIL su quale strada seguire per governare una transizione non lineare e quasi mai indolore.
Le intese raccolte in questo focus narrano in maniera esauriente di come la contrattazione, pur in un quadro normativo fluttuante e instabile, abbia accettato la sfida di gestire (e non subire) questo cambiamento, introducendo tutele e diritti per i soggetti coinvolti, affiancando l’aggettivo “collettivo” a un istituto che, mai come in questo anno, si è caratterizzato come “individuale” e come tale potenziale facilitatore di processi di isolamento ed emarginazione lavorativa.
Fin dalla genesi di questo lavoro di approfondimento ci siamo posti l’obiettivo di effettuare un analisi spiccatamente qualitativa dei testi in nostro possesso. Capitoli, articoli, pattuizioni, clausole dovevano cioè piegarsi a offrire stimoli e suggestioni utili a costruire una nostra idea del contrattare che partendo dalla gestione momentanea della crisi potesse evolversi in una strategia articolata per il “dopo Covid”.
Da qui la scelta di indagare a fondo alcuni accordi di secondo livello, coinvolgendo gli estensori (strutture e delegati) attraverso interviste e scambi di opinioni, che ci restituissero non solo la storia della gestazione, le difficoltà e i conflitti, ma anche quella della applicazione quotidiana nei posti di lavoro di quanto ottenuto durante le trattative.
Sette intese di diversi settori (privati e pubblici) sono così diventate sette “case history” dove protagonista diventa la voce di chi sta sul campo, contratta, vigila che quanto ottenuto sia applicato correttamente e infine monitora, nei fatti, la bontà di quanto messo nero su bianco nelle pagine dei contratti.
Il Focus sulla Contrattazione “Covid-19” di secondo livello non ha pretese di esaustività: non è un operazione di studio che si apre e si chiude, ma al contrario vuole restare aperta e pertanto suscettibile di cambiamento ed evoluzione. Si propone di essere innanzitutto uno strumento utile per chi sarà chiamato a fare contrattazione, cimentandosi con sfide e criticità vecchie e nuove.
L’urgenza e le tante emergenze del presente da cui tutti noi siamo costantemente assorbiti non devono indurci a sacrificare la riflessione e la necessaria discussione politica sul nostro agire: l’aver consapevolezza critica di dove si è arrivati è condizione imprescindibile per comprendere in che direzione si vuole procedere, e quali traguardi si vuole raggiungere nel futuro.
Introduzione
Xxxxxxxx Xxxxxx Responsabile Area Contrattazione e Mercato del Lavoro CGIL
La pandemia di Covid-19 ha comportato sfide del tutto inedite per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori. Queste hanno imposto non solo l’adozione di nuove protezioni per la riduzione dei
rischi da contagio nei luoghi di lavoro, ma anche un forte consolidamento dei sistemi di prevenzione, al fine di rispondere in tempi brevi all’avanzare di una minaccia finora sconosciuta, la cui evoluzione era, e in gran parte rimane ancora, incerta e molto preoccupante.
Le organizzazioni sindacali, così come tutti gli attori del sistema economico e istituzionale, si sono trovate ad affrontare un rischio nuovo per la salute, anche per la scala e la pericolosità del contagio, in un contesto in cui i luoghi di lavoro e i processi produttivi sono stati sottoposti a una radicale e veloce trasformazione, con la definizione delle “attività essenziali”, il diffondersi di “zone rosse”, la chiusura di alcune produzioni di beni e servizi, l’introduzione di forme di lavoro da casa e di pratiche di distanziamento fisico nei contesti di lavoro. Allo stesso tempo, sono cambiate le condizioni per esprimere l’attività sindacale, con l’impossibilità di incontrarsi in presenza, sia con i lavoratori sia tra le parti sociali e le istituzioni, e ci si è confrontati con la difficoltà di organizzare mobilitazioni viste le restrizioni per l’utilizzo degli spazi pubblici.
D’altra parte, la situazione eccezionale dal punto di vista preventivo nei luoghi di lavoro determinata dalla pandemia di Covid-19 si è confrontata con un solido impianto normativo e gli interventi legislativi sono stati attuati nell’ambito della normativa vigente, a partire dal D.lgs 81/2008, che prevedendo la tutela per tutte le attività produttive e per ogni tipologia di rischio, include anche quelli nuovi ed emergenti.
Tra i temi maggiormente considerati, la letteratura ha analizzato il rapporto tra il lockdown e le forme di lavoro agile che sono state introdotte, rimarcando le criticità proprie di una fase emergenziale in cui si è operato, a dispetto di una normativa d’emergenza fortemente semplificata, con un numero rilevante di accordi collettivi; le specificità di alcuni settori in cui la digitalizzazione è stata accelerata ristrutturando le modalità di lavoro che erano principalmente in presenza, come ad esempio per la pubblica amministrazione; le difficoltà per le lavoratrici causate da interventi istituzionali che non tengono adeguatamente conto delle differenze di genere; gli impatti economici e occupazionali determinati dalla crisi e le misure di contrasto alla povertà; le criticità proprie di alcune figure professionali, come quelle del lavoro non standard; le relazioni tra l’epidemia, le grandi trasformazioni in atto sotto la spinta delle tecnologie digitali e le opportunità di tutela.
Durante la prima fase dell’emergenza, le organizzazioni sindacali, all’interno dei percorsi di dialogo sociale e di relazioni industriali con le parti datoriali e le istituzioni, hanno dovuto affrontare una duplice sfida: da un lato quella di determinare le attività più a rischio e, in generale, quelle essenziali per il funzionamento dell’economia nazionale e dei servizi ai cittadini, dall’altro quella di garantire delle tutele efficaci per tutti i lavoratori, demandando alla contrattazione nazionale, territoriale e aziendale, il compito di definire i sistemi di prevenzione più efficaci per rispondere alle specificità dei rischi da contagio.
1 B. De Xxxxx, X. Xx Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Azione sindacale e contrattazione colleṄva per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro nella fase 1 dell’emergenza da pandemia di covid-19, «Rivista Giuridica del Lavoro», n. 1/2021.
Nella fase uno dell’epidemia il governo ha mirato a un graduale lockdown delle attività produttive e sociali, intervenendo prima a livello territoriale (prioritariamente nelle regioni del Nord Italia più colpite dall’epidemia), e in seguito in ambito nazionale, con un’estensione delle misure restrittive attraverso la chiusura delle attività lavorative che ha interessato in maniera progressiva tutti i settori, fino ad arrivare all’individuazione di quelli ritenuti “essenziali” che potevano restare aperti nel rispetto di norme di prevenzione definite attraverso decreti e protocolli.
Il Decreto del Presidente del Consiglio (Dpcm) dell’11 marzo 2020, con riguardo sia alle attività produttive che professionali, aveva previsto la sospensione delle “attività dei reparti non essenziali alla produzione”, insieme alla stipula di “protocolli sicurezza anti-contagio” e alla limitazione degli “spostamenti all’interno dei siti”. In seguito al manifestarsi dei primi contagi da Covid-19, registrati in Italia a fine febbraio, il governo ha predisposto le prime regolamentazioni per il contenimento dei contagi intervenendo nelle aree focolaio del Nord Italia, attraverso il Decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. A questo decreto sono seguiti altri provvedimenti (25 febbraio, 1 marzo, 4 marzo, 8 marzo, 9 marzo, 11 marzo) che hanno imposto la chiusura delle attività commerciali al dettaglio (fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità), i servizi di ristorazione e i servizi alla persona, incentivando l’utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile o smart working.
Le organizzazioni sindacali hanno negoziato con il Governo l’identificazione di questi settori proponendo attraverso una nota unitaria di Cgil, Cisl e Uil la revisione dell’allegato 1 al Dpcm del 22 marzo 2020, che definiva un elenco di settori più esteso rispetto a quello precedentemente presentato alle parti sociali, riuscendo ad ottenere delle modifiche il 25 marzo 2020, dopo un con- fronto con il Governo. In questa fase, le organizzazioni sindacali hanno condiviso l’ipotesi gover- nativa di utilizzare i settori Ateco per l’identificazione delle attività, riuscendo a ottenere una ridu- zione del numero di quelli definiti come essenziali, per adottare misure più rigorose di sospensione della produzione e dei servizi non indispensabili alla luce della consistente progressione dei contagi. Inoltre, i sindacati hanno contrastato l’adozione di ampi margini di discrezionalità per le deroghe alle aperture tramite le Prefetture, affermando la necessità del coinvolgimento delle organizzazioni sindacali territoriali per l’autocertificazione delle attività delle imprese che svolgono attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere essenziali.
L’adozione di tutti questi provvedimenti è stata accompagnata da un lato dalla definizione di ulteriori protocolli di livello settoriale, attraverso un ascolto delle posizioni delle parti sociali, dall’altro dalle rivendicazioni dei sindacati e dei lavoratori che hanno chiesto maggiori garanzie per la tutela della salute e sicurezza, sia attraverso forme non conflittuali di ricerca di una interlocuzione con il governo e la comunità scientifica, sia attraverso scioperi e altre iniziative di mobilitazione.
È in questa peculiare e drammatica cornice – di eventi e risposte, da parte delle istituzioni e dei principali attori delle relazioni industriali – che si colloca quest’anno la scelta di produrre un focus specifico sulla contrattazione decentrata, realizzato dall’Area Politiche contrattuali della CGIL nazionale, in stretta collaborazione con la Fondazione Xx Xxxxxxxx.
Proprio per la peculiarità della situazione che si intende studiare, la strutturazione di questo elaborato segue un diverso criterio rispetto ai due rapporti che lo hanno preceduto. In particolare, il focus si compone di due parti principali: il capitolo uno che analizza e descrive i contenuti tematici e le caratteristiche degli accordi analizzati e il capitolo due, in cui sono presentati una
serie di studi di caso che ripercorrono e descrivono alcune interessanti esperienze di contrattazione.
Per la stesura della prima parte (cap.1), sono stati letti e classificati 326 testi, firmati durante la fase emergenziale (tra marzo e dicembre 2020). Questi accordi, classificati come “accordi Covid- 19” per evidenziarne la specificità, sono andati a implementare l’Osservatorio Cgil-Fdv sulla contrattazione di secondo livello, costituito a partire dal 2017. La piattaforma utilizzata per l’inserimento dei testi, quindi, è la stessa degli anni precedenti ma in questo caso alcune delle voci tematiche hanno assunto significati più ampi e/o più specifici (cfr. Allegato 1), mentre clausole particolari, non classificabili attraverso i temi precodificati perché specifiche dell’emergenza, sono rientrate nella categoria residuale “altro” e opportunamente specificate. In generale, le informazioni ricavate dagli accordi riguardano:
- informazioni di base del documento: titolo, data di firma e scadenza, tipo e natura dell’accordo, settore merceologico;
- ambito territoriale, inteso come territorio su cui si riflettono gli effetti dell’accordo, e luogo di firma;
- dati su azienda e lavoratori, ricavati dalla piattaforma Aida – Bureau Xxx Xxxx;
- tematiche contrattuali, definite dalle 11 macro-aree e da relativi istituti e norme collegate;
- parti firmatarie: tipologia parti firmatarie e parti sindacali.
Come negli anni precedenti, la raccolta dei testi è avvenuta attraverso diversi canali: il più ricorrente dei metodi è stato quello di scaricare i documenti dai siti delle federazioni di categoria, in altri casi gli accordi sono stati reperiti dai contatti con le segreterie territoriali. Si tratta di uno spaccato abbastanza ampio, ma non esaustivo di tutta la contrattazione siglata in fase emergenziale; un campione non rappresentativo di accordi, frutto di una selezione ragionata in cui si è cercato di bilanciare diversi aspetti.
Si è deciso di trattare separatamente gli accordi aziendali (215) dai protocolli tra XX.XX. e associazioni datoriali (111), per le diverse caratteristiche strutturali che li caratterizzavano. In particolare, i protocolli sono stati classificati in base a territorialità e settore, ricavando 4 tipi principali che si qualificano per alcune peculiarità: territoriali intersettoriali, territoriali settoriali, nazionali intersettoriali, nazionali settoriali.
Per quanto riguarda le aziende coinvolte, invece, sono in tutto 154, perlopiù grandi gruppi industriali del settore manifatturiero. Come ci si poteva aspettare, in questi accordi la gamma di temi trattati è molto più limitata rispetto ai precedenti rapporti, la contrattazione è quasi esclusivamente monopolizzata dal tema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, declinato soprattutto sulla questione della prevenzione e delle nuove prerogative assunte dai rappresentanti della sicurezza. In questo frangente, sono state consolidate ed estese anche alcune modalità partecipative e procedurali come l’istituzione di commissioni paritetiche incaricate di tenere sotto controllo il rispetto e l’efficacia delle misure precauzionali adottate. Inoltre va sottolineata la crescita esponenziale che ha caratterizzato l’istituto dello smart working, sia per l’ampio ricorso che se ne è fatto2, ma anche per lo sviluppo in termini di regolamentazione. Ognuna di queste aree tematiche, insieme a quelle meno ricorrenti, è stata analizzata nello specifico, presentando dei casi esemplificativi e sottolineando quelli più particolari.
Per far emergere ulteriormente le peculiarità degli accordi Covid-19, si è deciso di approfondire alcuni di questi aspetti attraverso la conduzione di 7 studi di caso (cap.2) che si focalizzano
soprattutto su questioni legate alle misure di prevenzione e allo smart working, per diversi tipi di aziende e settori. Più in particolare, attraverso il confronto con i rappresentanti sindacali gli accordi sono stati analizzati in profondità, collocandoli nel loro contesto: i percorsi evolutivi – in raccordo con lo sviluppo della pandemia –, le relazioni sindacali, l’esercizio della rappresentanza.
1. Il profilo degli accordi Covid-19
1.1 Aspetti generali e tematiche caratteristiche degli accordi
Del campione esaminato, gli accordi classificati come “accordi Covid-19” – ovvero quelli siglati durante la fase emergenziale della crisi sanitaria, volti a contenere i rischi legati a salute e sicurezza e di crisi aziendale – risultano in tutto 326. Si tratta di uno spaccato abbastanza ampio anche se non esaustivo di tutta la contrattazione emergenziale, raccolto tra marzo e dicembre 2020. Di questi, 215 sono accordi aziendali e 111 protocolli territoriali o nazionali, che nei paragrafi successivi saranno trattati in maniera separata, così da dar conto più dettagliatamente delle peculiarità di ciascun gruppo.
II 75% di questi accordi sono stati siglati tra marzo e aprile, quindi nella fase più acuta dell’emergenza e delle misure restrittive. Il resto degli accordi sono rappresentati da intese siglate in concomitanza dell’avvio della cosiddetta fase due di gestione della pandemia.
Gli accordi sono soprattutto multiterritoriali, ovvero riguardano aziende multilocalizzate o hanno carattere territoriale/nazionale. La restante parte, che si riferisce a specifici territori, riguarda soprattutto le regioni del Nord-ovest. Il luogo di firma è di rado specificato perché, questa volta, si tratta perlopiù di accordi contrattati a distanza.
Nord-ovest 13%
Nord-est 7%
Centro 11%
Multiterritor iali
63%
Sud e Isole 6%
Figura 1 Distribuzione geografica degli accordi (% calcolata sul tot. degli accordi)
L’istogramma che segue (Figura 2) presenta le aree tematiche più trattate nel totale di accordi Covid censiti (val. % calcolati su 326 accordi). Come si può vedere, oltre il 65% di queste intese tratta temi relativi a relazioni sindacali, in particolare riguardanti l’istituzione di commissioni paritetiche. Segue, com’era del resto da prevedersi, il tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, qui dedicata soprattutto alle misure volte alla prevenzione del rischio contagio. Se ne tratta in oltre la metà dei testi (53,4%). Un’altra quota consistente di documenti tratta anche di organizzazione del lavoro (44,2%) – trainata dal boom dello smart working - e di orario (34%), con la rimodulazione dei turni al fine di evitare assembramenti. Poco meno di un quarto fa riferimento agli ammortizzatori sociali, anche se va precisato che si tratta solo di una piccola parte degli accordi sulla cassa integrazione, che sono stati selezionati per evitare di avere una sovra rappresentazione di questo tipo di istituti.
Relazioni sindacali
65
Ambiente, Salute e Sicurezza
53,4
Organizzazione del lavoro
44,2
Orario di avoro
34
Politiche industriali e crisi aziendali
23
Diritti e prestazioni sociali
13,8
Welfare integrativo
8,3
Inquadramento e formazione
8
Trattamento economico
7,1
Occupazione e rapporto di lavoro 4,3
Figura 2 Ordinamento delle Aree tematiche per l'intero campione di accordi (% calcolata sul tot. degli accordi)
Gli accordi sono stati firmati (Tabella 1) soprattutto dalle strutture sindacali nazionali o territoriali, spesso congiuntamente a RSU/RSA o coordinamenti, meno frequentemente dalle associazioni datoriali (assenti specie a livello aziendale). Le istituzioni pubbliche firmatarie sono soprattutto le Regioni e le Provincie, nel caso dei protocolli territoriali o di settore. Mentre nella categoria “Altro” ricadono soprattutto gli RLS, che hanno firmato circa il 20% degli accordi totali, spesso senza assistenza delle XX.XX.
Tabella 1 Tipologia parti firmatarie (% calcolata sul tot. degli accordi)
Val. ass. Val.%
Rsu | 76 | 23,3 |
Rsa | 23 | 7,1 |
Delegazioni trattanti/coordinamenti | 15 | 4,6 |
Xx.Xx. Territoriali | 114 | 35 |
Xx.Xx. nazionali | 172 | 52,8 |
Azienda | 215 | 66 |
Associazione datoriale territoriale | 54 | 16,6 |
Associazione datoriale nazionale | 50 | 15,3 |
Istituzioni/amministrazioni pubbliche | 31 | 9,5 |
Altro | 68 | 20,9 |
La maggior parte degli accordi monitorati sono stati firmati da Fiom e Filctem (Figura 3); quelli a carattere confederale sono perlopiù i protocolli territoriali riguardanti la costituzione di commissioni paritetiche e la gestione della cassa integrazione.
19,9
16,6
14,1
11,3
8,6
7,1 7,1
4,9
4,6
4
1,8
0,3
Filctem
Fiom
Confederale
Filcams
Fillea
Flai
Fisac
Slc
Fp
Flc
Filt
Nidl
Figura 3 Distribuzione categoria sindacale (% calcolata sul tot. degli accordi)
Per quanto riguarda i settori3, essi sono ripartiti secondo l’istogramma che segue in Figura 4: la maggior parte degli accordi riguarda la manifattura, in particolare il settore metalmeccanico insieme a chimica e affini. Come si vedrà di seguito, però, ci sono rilevanti differenze tra i protocolli e le intese aziendali. La variabile relativa al settore è stata aggregata in quattro macro-settori per consentire una lettura più sintetica degli incroci con le altre variabili a disposizione. Il terziario raccoglie gli accordi di poligrafici e spettacolo, commercio e turismo, credito e assicurazioni, enti o istituzioni private. I servizi comprendono i trasporti oltre alle aziende di servizi; infine la manifattura conta gli accordi di chimica e affini, meccanico, tessile; industria agroalimentare, edilizia, legno, lapidei e laterizi. Il settore pubblico è disaggregato da questo elenco, perché presenta alcune specificità non riconducibili ad altri comparti.
Meccanico
Chimica e Affini Commercio e Turismo Enti e Istituzioni Pubbliche
Edilizia, Legno, Lapidei, Laterizi
Tessile Credito e Assicurazioni Industria Agroalimentare
Aziende di Servizi Enti e Istituzioni Private
Trasporti Poligrafici e Spettacolo
Multisettoriali
16,9
11,7
10,7
9,8
8,9
6,7
6,7
6,4
5,8
2,1
1,8
0,6
11,7
Val. ass.
Val.
%
Settore Pubblico Terziario Servizi Manifattura Multisettoriali Totale | 32 9,8 |
66 20,2 | |
25 7,7 | |
165 50,6 | |
38 11,7 | |
326 100 |
Figura 4 Distribuzione dei settori in modalità estesa e aggregata (% calcolata sul tot. degli accordi)
3 Il settore merceologico viene determinato tenendo conto di due diverse informazioni: la categoria sindacale firmataria dell’accordo e il codice Ateco associato all’azienda. Inoltre, nel caso in cui queste informazioni fossero mancanti o ambigue, è stato considerato anche il contratto nazionale applicato. La seguente classificazione riprende quella elaborata dal CNEL che elenca 13 diversi settori, di cui però sono state modificate due classi: la categoria “Altri Vari” è stata tolta, mentre è stata aggiunto il settore “Enti e istituzioni Pubbliche”.
1.2 I protocolli nazionali e territoriali, settoriali e intersettoriali
Come si è visto poc’anzi, 111 fra gli accordi censiti sono dei protocolli; 59 dei quali (53,2%) nazionali e 52 territoriali (46,8%)4. Il 34% sono multisettoriali, mentre il restante 66% si riferisce a uno specifico settore, perlopiù nel settore pubblico, nel commercio e nel turismo.
Tabella 2 Settore di afferenza dei protocolli (% calcolata entro il tot. di protocolli)
Val. ass. Val.%
Enti e Istituzioni Pubbliche | 20 | 18 |
Commercio e Turismo | 16 | 14,4 |
Meccanico | 3 | 2,7 |
Chimica e Affini | 8 | 7,2 |
Aziende di Servizi | 3 | 2,7 |
Credito e Assicurazioni | 6 | 5,4 |
Edilizia, Legno, Lapidei, Laterizi | 8 | 7,2 |
Trasporti | 2 | 1,8 |
Enti e Istituzioni Private | 3 | 2,7 |
Tessile | 4 | 3,6 |
Multisettoriali | 38 | 34,2 |
Totale | 111 | 100 |
Multisettoriali | 34,2 | |||
Manifattura | 20,7 | |||
Servizi | 4,5 | |||
Terziario | 22,5 | |||
Settore Pubblico | 18 |
Considerando al contempo la territorialità e il settore di afferenza, è stato possibile costruire un indice tipologico che classifica i protocolli in quattro categorie principali (cfr. Tabella 3). Tra quelli nazionali intersettoriali va citato il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14 marzo 2020, e il suo aggiornamento del 24 aprile 2020, che hanno delineato le principali linee- guida per il contrasto alla diffusione del virus e a cui tutti gli altri protocolli fanno riferimento. Più in particolare il protocollo raccomanda:
- l’interruzione delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
- che venga attuato il massimo utilizzo possibile di lavoro agile;
- che siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti;
- l’utilizzo degli ammortizzatori sociali;
- di stabilire dei piani aziendali di sicurezza;
- di favorire il rapporto con le parti sociali anche attraverso le costituzioni di commissioni paritetiche.
Vengono poi stilate una serie di ulteriori misure di precauzione5 da integrare nelle singole aziende, previa consultazione con le rappresentanze sindacali, in base alle peculiarità organizzative di ognuna. Nello stesso gruppo rientra anche l’accordo tra Assolavoro, Felsa-Cisl, Nidil-Cgil e
Uiltemp, sull’adeguamento della disciplina del trattamento di integrazione salariale e due accordi di Confartigianato, Casartigiani, CNA, CLAAI e sindacati confederali sull’utilizzo del Fondo di Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato.
Tabella 3 Tipologia protocolli (% calcolata entro il tot. di protocolli)
Val. ass. Val.%
Territoriali intersettoriali | 34 | 30,6 |
Territoriali settoriali Nazionali intersettoriali Nazionali settoriali Totale | 18 | 16,2 |
4 | 3,6 | |
55 | 49,5 | |
111 | 100 |
Ognuno dei diversi tipi di protocolli si caratterizza per la trattazione di determinati temi, e considerando le quattro aree tematiche più contrattate si può vedere come ci siano rilevanti differenze tra i vari gruppi. I Territoriali intersettoriali vertono soprattutto su relazioni sindacali – in particolare con accordi per la costituzione di comitati paritetici firmati da associazioni datoriali territoriali dell’artigianato e dell’industria – e sugli interventi a favore dei lavoratori con gli accordi quadro regionali per la cassa integrazione. Gli accordi Territoriali settoriali presentano, in oltre il 60% dei casi, temi relativi ad ambiente salute e sicurezza, in particolare con riferimento a rappresentanti della sicurezza e relative prerogative, spesso legate alla partecipazione ai comitati paritetici. L’ultimo tipo, quello dei Nazionali settoriali, è il più vario dal punto di vista tematico, con molti protocolli che trattano anche di organizzazione del lavoro – in particolare di smart working – e ambiente salute e sicurezza, ma in questo caso con le norme di prevenzione.
82,4%
77,8%
69,1%
61,1% 60,0%
58,8%
41,8%
32,4%
22,2%
16,7%16,4%
5,9%
Relazioni sindacali
Organizzazione del lavoro
Ambiente, Salute e Sicurezza
Interventi sui lavoratori
Territoriali intersettoriali Territoriali settoriali Nazionali settoriali
Figura 5 Distribuzione delle aree tematiche più diffuse rispetto alle tipologie di protocolli (% calcolate entro il totale di ogni tipo)
Volendo approfondire i contenuti tematici dei protocolli si può vedere dal grafico sottostante (Figura 6) come circa tre quarti di questi testi trattino di relazioni sindacali e oltre la metà di ambiente salute e sicurezza. Quasi un terzo sono gli accordi sugli ammortizzatori sociali, mentre meno diffuse sono le clausole sull’organizzazione del lavoro.
Relazioni sindacali
74,8
Ambiente, Salute e Sicurezza
50,5
Politiche industriali e crisi aziendali
32,4
Organizzazione del lavoro
27
Orario di avoro
10,8
Occupazione e rapporto di lavoro
7,2
Diritti e prestazioni sociali
7,2
Welfare integrativo
6,3
Trattamento economico 4,5
Inquadramento e formazione 3,6
Figura 6 Distribuzione delle aree tematiche (% calcolate entro il totale di protocolli)
L’area principalmente trattata nei protocolli – ovvero quella delle relazioni industriali – prevede principalmente la costituzione di commissioni paritetiche, soprattutto su ambiente salute e sicurezza, o l’esame congiunto sui temi di crisi aziendali (13%) o dell’organizzazione del lavoro (3%). A questo proposito, va citato il protocollo per la costituzione di un Osservatorio tra ministero della Salute e parti sociali sull'edilizia sanitaria, che riguarda un ambito particolare di consultazione tra le parti. Tra gli interventi della bilateralità – ovvero a cavallo fra relazioni sindacali e welfare contrattuale – ci sono soprattutto misure relative a salute e sicurezza (9%), sostegno al reddito (10%) e welfare integrativo (2,7%). In quest’ambito rileviamo che i sistemi bilaterali e i fondi sanitari, per far fronte alla crisi di liquidità in cui si trovano molte aziende, hanno previsto la possibilità di sospendere il versamento dei contributi previdenziali relativi al 1° trimestre 2020.
Tabella 4 Dettaglio istituti contrattuali Area 2 (% calcolate entro il totale di protocolli)
Val. ass. Val.%
2. Relazioni e diriṄ sindacali | 83 | 74,8 |
2.3.2 Osservatori/Commissioni paritetiche 2.4 Coinvolgimento e partecipazione 2.6 Bilateralità | 42 | 37,8 |
39 | 35,1 | |
24 | 21,6 |
Con riferimento ai singoli istituti dell’area ambiente, salute e sicurezza – presente in oltre la metà dei protocolli, cfr. Tabella 5 – è possibile vedere come molti di questi si collochino nella cornice di misure contro il rischio di contagio, e facciano riferimento alle prerogative assunte dai rappresentanti per la sicurezza e dalle relative relazioni che questi intrattengono con l’azienda. Tutto ciò confluisce proprio nell’attività dei Comitati paritetici istituiti per la tutela dei lavoratori durante l’emergenza sanitaria. Circa un terzo degli accordi fa riferimento a misure di prevenzione, che sostanzialmente riprendono quelle indicate dai Protocolli inter-confederali della primavera; indicazioni riprese anche dagli accordi che prevedono una formazione aggiuntiva per i lavoratori a fronte delle nuove norme da rispettare per limitare il contagio in azienda. Va segnalato l’accordo interconfederale di Confartigianato, CNA e Casartigiani Veneto, che prevede dei contributi economici per le spese sostenute dalle aziende per l’applicazione dei protocolli di sicurezza,
intervento previsto anche da altri sistemi bilaterali attraverso altri accordi nazionali/territoriali, come ad esempio con Confapi.
Tabella 5 Dettaglio istituti contrattuali Area 8 (% calcolate entro il totale di protocolli)
Val. ass. Val.%
8 Ambiente salute e sicurezza | 56 | 50,5 |
8.1 Rappresentanti della sicurezza 8.2 Formazione aggiuntiva per i lavoratori 8.3 Modalità di informazione e consultazione su Ssl 8.5 Prevenzione | 40 | 36 |
20 | 18 | |
35 | 31,5 | |
36 | 32,4 |
La terza area per numero di accordi che ne trattano, è quella relativa agli interventi sui lavoratori a seguito di crisi aziendali (Tabella 6). Come evidenziato in precedenza, molti di questi sono accordi quadro regionali per la gestione della Cassa integrazione e i Fondi di solidarietà.
Nella categoria residuale “altro” ricadono alcuni particolari interventi a sostegno dei lavoratori come il contributo economico a favore della genitorialità introdotto dall’accordo Aninsei, la richiesta di sospensione dei contributi addizionali sugli ammortizzatori sociali previsto dall’accordo tra Federdistribuzione, Filcams, Fisascat e Uiltucs e l’accordo quadro dell’Xxxxxx Xxxxxxx con le XX.XX. e gli istituti di credito per garantire finanziamenti individuali a costo e tasso zero per lavoratori dipendenti di aziende in crisi.
Tabella 6 Dettaglio istituti contrattuali Area 11 (% calcolate entro il totale di protocolli)
Val. ass. Val.%
11.4 Crisi aziendale e interventi sui lavoratori | 36 | 32,4 |
11.4.5 Cig /Cigs / Cig in deroga 11.4.6 Sostegno al reddito 11.5 Altro | 28 | 25,2 |
13 | 11,7 | |
5 | 4,5 |
Per quanto riguarda l’area dell’organizzazione del lavoro, la maggior parte dei protocolli si occupa di rinnovamento organizzativo – principalmente rivolto a ridurre il rischio di contagio – e smart working. In quest’ambito va citato l’accordo F.O.R. Working firmato da Federchimica, Farmindustria e Filctem, Femca e Uiltec in cui vengono stabilite le linee guida per una modalità innovativa di smart working caratterizzata da una maggiore flessibilità nella gestione dei tempi e dei luoghi di lavoro, a fronte dalla definizione degli obiettivi da raggiungere. In questo modo si vuole garantire maggiore efficienza organizzativa e livelli più alti produttività, ma anche maggiori garanzie di salute e sicurezza. L’accordo prevede inoltre che, entro dicembre 2020, a valle di un percorso congiunto di approfondimento nell’ambito dell’Osservatorio, vengano realizzate specifiche linee guida da far confluire nel CCNL.
Tabella 7 Dettaglio istituti contrattuali Area 5 (% calcolate entro il totale di protocolli)
Val. ass. Val.%
5. Organizzazione del lavoro | 30 27 |
5.1 Prestazione di lavoro 5.2.2 Cambiamento organizzativo | 2 1,8 |
17 15,3 |
5.2.5 Smart working 24 21,6
Le altre aree sono meno rilevanti dal punto di vista numerico, si tratta perlopiù di clausole che prevedono la rimodulazione degli orari per limitare assembramenti, la fruizione di ferie e permessi (area orario di lavoro), la formazione standard e quella per lo smart working (area formazione), norme particolari per determinate forme contrattuali (area occupazione e rapporti di lavoro), forme di previdenza e sanità integrativa (area welfare integrativo) e congedi aggiuntivi per facilitare la conciliazione vita privata-lavoro (area diritti e prestazioni sociali)6. Xxxxx tuttavia citate alcune clausole relative all’area del trattamento economico come il rinvio da parte di Fiavet del pagamento quota di marzo dell’una tantum, lo slittamento degli incrementi retributivi per le cooperative toscane e il salario aggiuntivo per i lavoratori stagionali dei centri estivi previsto dall’accordo FISM.
1.3 La contrattazione aziendale per la prevenzione e il contrasto della Covid-19
Al netto dei protocolli, gli accordi aziendali analizzati sono 215 e ripartiti come riportato nella Tabella 8. Le 154 aziende firmatarie sono soprattutto gruppi di grandi dimensioni, come dimostra anche la ripartizione rispetto alla dimensione aziendale7, per un totale di circa 486.113 i lavoratori interessati8.
Tabella 8 Distribuzione del tipo di azienda e della dimensione aziendale (% calcolata entro il totale di accordi aziendali)
Aziendale | 93 | 43,3 |
Gruppo Unità produṄva Totale | 102 | 47,4 |
20 | 9,3 | |
215 | 100 |
Val. ass. Val.%
Val. ass.
Val.
%
Piccole imprese | 18 | 9,6 |
Medie Imprese | 28 | 14,3 |
Medio- Grandi | 44 | 21,7 |
Imprese | ||
Grandi Imprese | 110 | 54,5 |
I settori di afferenza sono soprattutto del comparto manifatturiero; in particolare il meccanico e il chimico presentano il maggior numero di testi. Piuttosto limitato è il numero di accordi dei servizi, soprattutto per il settore dei trasporti.
6 Le frequenze di queste voci tematiche sono riportate nell’allegato 1 in calce al testo.
Tabella 9 Distribuzione del settore in modalità estensiva e aggregata (% calcolata entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. Val.%
Enti e Istituzioni Pubbliche | 12 | 5,6 |
Commercio e Turismo | 19 | 8,8 |
Meccanico | 52 | 24,2 |
Chimica e Affini | 30 | 14 |
Aziende di Servizi | 16 | 7,4 |
Credito e Assicurazioni | 16 | 7,4 |
Edilizia, Legno, Lapidei, Laterizi | 21 | 9,8 |
Industria Agroalimentare | 21 | 9,8 |
Trasporti | 4 | 1,9 |
Enti e Istituzioni Private | 4 | 1,9 |
Poligrafici e Spettacolo | 2 | 0,9 |
Tessile | 18 | 8,4 |
Totale | 215 | 100 |
Manifattura | 66 | ||
Servizi | 9,3 | ||
Terziario | 19,1 | ||
Settore Pubblico | 5,6 |
Per quanto riguarda i temi, si possono notare importanti differenze rispetto al gruppo dei protocolli. Tra gli accordi aziendali, infatti, l’area delle relazioni industriali è sempre quella più contrattata ma con percentuali nettamente inferiori (nei protocolli si attestava all’incirca al 75%). Sostanzialmente stabili le clausole relative a Salute e sicurezza, perlopiù incentrate sulla prevenzione. Quasi la metà degli accordi aziendali riguarda l’organizzazione del lavoro – soprattutto con smart working e il rinnovamento organizzativo – e l’orario di lavoro.
Relazioni sindacali | 60 | ||||||
Ambiente, Salute e Sicurezza | 55 | ||||||
Organizzazione del lavoro | 53 | ||||||
Orario di avoro | 46 | ||||||
Politiche industriali e crisi aziendali | 18,1 | ||||||
Diritti e prestazioni sociali | 17,2 | ||||||
Inquadramento e formazione | 10,2 | ||||||
Welfare integrativo | 9,3 | ||||||
Trattamento economico | 8,4 | ||||||
Occupazione e rapporto di lavoro | 2,8 |
Figura 7 Distribuzione delle aree tematiche (% calcolate entro il totale degli accordi aziendali)
La Figura 8 mostra in maniera sintetica la differenza dei vari settori nella trattazione dei principali temi oggetto di contrattazione. Le più significative tra queste verranno riprese e trattate in maniera più approfondita nell’ambito della descrizione delle singole aree riportata di seguito.
100,0%
83,3%
75,0%
62,5%
62,2%
62,8%
56,9%
45,9%
45,9%
50,0%
54,75%1,8%
37,5%
32,4%
29,7%
33,3%
27,82%7,8%
16,1%
0,0%
Settore Pubblico
Terziario
Servizi
Manifattura
Relazioni sindacali Ambiente, Salute e Sicurezza
Organizzazione del lavoro
Orario di avoro
Politiche industriali e crisi aziendali
Figura 8 Distribuzione dei principali temi rispetto ai diversi settori (% calcolate entro il totale di ogni settore)
Le relazioni sindacali
Fra tutte le aree tematiche, quella relativa alle relazioni e ai diritti sindacali è, come abbiamo visto, la più ricorrente di tutte. Essa si concentra principalmente su due temi strettamente legati: le commissioni paritetiche e il coinvolgimento e partecipazione. Nel primo caso, si tratta soprattutto dei Comitati aziendali creati ad hoc, in base all’articolo 13 del Protocollo condiviso nazionale. Nella voce coinvolgimento e partecipazione ricadono sia i diriṄ di informazione e consultazione, che però ricorrono solo in 9 accordi, ma soprattutto i diriṄ di codeterminazione, che invece riguardano ben 78 accordi. Il loro oggetto attiene ad ambiente salute e sicurezza, organizzazione del lavoro e crisi aziendale. Si tratta di uno dei dati più significativi emersi da questo monitoraggio.
50 su Ambiente, Salute e Sicurezza
5 Organizzazione del lavoro e Crisi Aziendale
Tabella 10 Dettaglio istituti contrattuali Area 2 (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. | Val.% | |
2. Relazioni e diriṄ sindacali | 129 | 60 |
2.1 Rappresentanze sindacali | 2 | 0,9 |
2.2 DiriṄ sindacali individuali- 2.2.1 Assemblee e referendum | 8 | 3,7 |
2.3.2 Osservatori/Commissioni paritetiche | 55 | 25,6 |
2.4 Coinvolgimento e partecipazione | 83 | 38,6 |
2.5 Responsabilità sociale d’impresa | 0 | 0 |
2.6 Bilateralità | 5 | 2,3 |
2.7 Altro | 3 | 1,4 |
41 su Ambiente, Salute e Sicurezza 20 su Organizzazione del lavoro
17 Crisi Aziendale
Per quanto riguarda la categoria “Altro” vanno evidenziate tre specifiche clausole: un regolamento per il comitato degli esperti, il divieto di riunione in cantiere, e un’interessante esperienza transnazionale di gruppo sullo smart working firmato dal CAE di Unicredit.
Se si considerano gli accordi che trattano di esame congiunto e/o commissioni (123 accordi, il 57,2% del totale), emergono interessanti differenze rispetto il settore (cfr. Figura 9, % calcolate
entro il totale di categoria). Due terzi degli accordi siglati in aziende di servizi prevedono un coinvolgimento paritetico delle parti, sebbene – in questo ambito – vada considerato il numero esiguo di testi monitorati. Meno alte sono le percentuali nelle categorie del terziario e della manifattura, ma comunque ben oltre la metà degli accordi, a testimonianza del fatto che in un momento del genere il coinvolgimento delle parti è stato fondamentale nella tutela dei lavoratori.
75,0%
66,7%
56,1%
54,2%
Settore Pubblico
Terziario
Servizi
Manifattura
Figura 9 Distribuzione dell’area 2 rispetto ai diversi settori (% calcolate entro il totale di ogni settore)
TraGamento economico
Come si è visto dall’istogramma sulla distribuzione delle aree, quella del trattamento economico è una delle meno presenti negli accordi analizzati, a differenza di quanto registrato nella contrattazione più recente9. Di fatto l’emergenza sanitaria ed economica ha spostato le priorità della contrattazione, concentrandosi maggiormente su aspetti volti a tutelare lavoratori e lavoratrici, soprattutto sul piano della salute e sicurezza. Andando a osservare nel dettaglio i singoli istituti contrattuali, si può evidenziare come tra gli elementi retributivi fissi ci siano una serie di benefit economici introdotti per compensare i lavoratori costretti a particolari condizioni per l’emergenza sanitaria. Ne sono esempio l’una tantum corrisposto dal gruppo Terna ai lavoratori che devono rimanere in azienda per l’alternanza dei turni di lavoro; ING-bank che predispone contributi economici per l’acquisto di dispositivi per lo smart working; o l’una tantum previsto per i lavoratori di Coca-Cola HBC Italia in CIGO, oltre ad altre esperienze di integrazione al 100% degli ammortizzatori sociali.
Naturalmente gli accordi della fase emergenziale che trattano di retribuzione variabile sono molto pochi, tra questi va segnalato l’accordo Nestlé che ha erogato un bonus di produttività per i giorni lavorati ad aprile e Unicredit che ha trasformato il premio di produttività 2019 in un premio una tantum, convertibile anche in welfare10. Questa analisi preliminare non si basa al momento su un numero di documenti sufficiente per valutare l’ampiezza e le modalità di revisione degli accordi sul Pdr realizzate nel periodo dell’emergenza (mancata erogazione per non raggiungimento dei risultati, sostituzione parziale con premi una tantum non sottoposti a detassazione e/o benefici di welfare, etc.). Lo strumento della detassazione del Pdr prevede la possibilità di indicare obiettivi di efficienza, qualità, innovazione che potrebbero coniugarsi con diverse dimensioni dell’impegno organizzativo e di tutela della salute e sicurezza indispensabili nella fase dell’emergenza. A fronte
9 Secondo i precedenti rapporti sulla contrattazione di secondo livello Cgil- Fdv, il trattamento economico è un’area che viene trattata in oltre il 50% degli accordi, la sola retribuzione variabile ricorre in poco medo del 40% degli accordi.
di questo, va ricordato che l’analisi svolta per i precedenti Rapporti indica che la gran parte degli accordi sul Pdr si basano su indicatori di redditività e produttività, lasciando meno spazio ad altri obiettivi di miglioramento.
Tabella 11 Dettaglio istituti contrattuali Area 3 (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. Val.%
3.TraGamento economico | 18 | 8,4 |
3.1 Premi e elementi fissi 3.2 Retribuzione variabile 3.5 Indennità e maggiorazioni | 8 | 3,7 |
2 | 0,9 | |
9 | 4,2 |
Con la stessa ratio, alcuni accordi prevedono l’introduzione di indennità particolari, legate allo specifico momento storico. In alcuni casi si tratta di maggiorazioni dovute a turnazioni speciali, in altri sono specifiche indennità di rischio introdotte per chi lavora a diretto contatto con il pubblico (come previsto ad esempio da Agenzia delle Dogane) o durante la fase più acuta della diffusione del virus (Enel e A2A). Xxxxx anche evidenziati gli accordi che integrano al 100% della retribuzione l’importo corrisposto dall’INPS per il congedo Covid per quarantena scolastica dei figli minori di quattordici anni (Enel, Xxxxxx Xxxxxx, Vodafone). Da ultimo va evidenziato che gli accordi in cui viene contrattato il trattamento economico sono tutti riferiti ad aziende di grandi dimensioni, oltre i mille dipendenti.
Orario di lavoro
L’area relativa all’orario di lavoro è piuttosto diffusa e compare in quasi la metà degli accordi (Tabella 12), declinata per lo più in interventi sulla struttura dell’orario di lavoro che spesso, per esigenze di sicurezza, è stato rimodulato nei turni. Tra gli istituti contrattuali utilizzati, specie nella prima fase dell’emergenza, vanno segnalati le ferie (16,7%) e i riposi, ROL, permessi (11,2%), che in questo caso vanno intesi come obbligo di fruizione (specie per la parte pregressa) da parte dei lavoratori durante i periodi di interruzione o riduzione dell’attività produttiva. Nelle forme flessibili di orario ricadono soprattutto le clausole che prevedono l’entrata/uscita scaglionata dei lavoratori dei medesimi turni per evitare gli assembramenti. Da ultimo vanno citati alcuni istituti contrattuali particolari, che rientrano nella categoria “Altro”, come la sospensione temporanea delle attività produttive per l’organizzazione delle misure di sicurezza (Hitachi Rail e Xxxxxxxx Spa), la definizione di specifiche fasce orarie per lo smart working (Eataly), o la possibilità offerta da Lamborghini di convertire la 13° mensilità in permessi speciali fino a un massimo di 40 ore. Di particolare interesse è anche il già citato accordo del gruppo Terna, che prevede una rimodulazione totale dell’organizzazione del lavoro, secondo la quale i lavoratori sono stati divisi in due gruppi che si avvicendano ogni settimana per diminuire i rischi da contagio.
Gli accordi che trattano di orario di lavoro sono più frequenti tra le piccole e medie imprese e – in maniera abbastanza prevedibile – nella manifattura e nel terziario.
Tabella 12 Dettaglio istituti contrattuali Area 4 (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. | Val.% | |
4 Orario di lavoro | 99 | 46 |
4.1 Struttura dell’orario | 53 | 24,7 |
40
18,6
3,7
8
17,7
38
4.2 Istituti contrattuali
4.3 Forme e modalità flessibili di orario
4.4 Altro
Organizzazione del lavoro
L’area relativa all’organizzazione del lavoro è una delle più ricorrenti, presente in oltre la metà degli accordi. Questo non stupisce se si considera che molte aziende hanno dovuto rivedere il loro assetto organizzativo per evitare un eccessivo assembramento del personale e limitare i rischi di contagio. In effetti la tabella che segue mostra come l’incidenza dell’intera area sia determinata principalmente dagli istituti relativi all’assetto organizzativo e, al suo interno, soprattutto intervento più o meno radicali di cambiamento organizzativo.
La voce tematica cambiamento organizzativo raccoglie diversi aspetti, ma sostanzialmente riguarda tutti quegli interventi strutturali che le aziende hanno dovuto apportare all’organizzazione aziendale per limitare i rischi di contagio tra i lavoratori. Si va quindi dalla rimodulazione degli orari e dei ritmi di lavoro alle indicazioni relative a procedure interne per l’ingresso e la gestione fornitori, l’organizzazione di riunioni solo da remoto e, in particolare, alla gestione dello smart working. Questo tema verrà analizzato in maniera più specifica nel capitolo successivo, sviluppato attraverso una serie di studi di caso proprio per l’importanza rivestita da questo istituto nel corso dell’emergenza sanitaria. Per quanto riguarda gli istituti classificati alla voce Prestazioni di lavoro, ritroviamo soprattutto clausole che riguardano la rimodulazione dei ritmi e delle pause e la sospensione di trasferte e distacchi.
Tabella 13 Dettaglio istituti contrattuali Area 5 (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. | Val.% | |
5. Organizzazione del lavoro | 114 | 53 |
5.1 Prestazione di lavoro | 19 | 8,8 |
5.2 Assetto organizzativo | 110 | 51,2 |
5.3 Altro | 16 | 7,4 |
45 (21%) Cambiamento organizzativo
88 (41%) Smart working
Organizzazione del lavoro
100%
50%
54%
39%
Settore Pubblico Terziario
Servizi
Manifattura
Figura 10 Distribuzione dell’area 5.2 rispetto ai diversi settori (% calcolate entro il totale di ogni settore)
Se si considera questa voce tematica rispetto al settore merceologico è interessante notare come nel settore pubblico tutti gli accordi vi facciano riferimento, sempre in riferimento allo smart working; ciò sicuramente si lega alla prescrittività delle norme che nelle diverse fasi della pandemia hanno regolato l’utilizzo del lavoro da remoto nella Pubblica amministrazione. La percentuale scende nettamente nel terziario, perché in questo settore è sicuramente più difficile svolgere le proprie mansioni da remoto, anche se va considerato che in questa categoria ricade sia il commercio/turismo che conta solo il 31% degli accordi sull’organizzazione e credito/assicurazioni in cui queste clausole riguardano circa il 50% degli accordi. Oltre la metà del manifatturiero è interessato da cambiamenti organizzativi, come si è detto prima, soprattutto a causa dei protocolli per limitare i contatti ravvicinati tra i lavoratori. In particolare presentano percentuali particolarmente alte l’edilizia (67%) e il chimico (63%) mentre l’agroalimentare conta solo il 20% di accordi che trattano di organizzazione.
Inquadramento e formazione/Occupazione e rapporto di lavoro
Come si può vedere dalla tabella che segue queste due aree sono le meno consistenti dal punto di vista numerico, ricorrendo solo, rispettivamente, nel 10,2% e 2,8% dei casi(Tabella 14). Per quanto riguarda la sesta area tematica, non ci sono accordi che trattano di inquadramento ma si fa riferimento solo alla formazione. È interessante notare, comunque, come diversi accordi prevedano il ricorso a una formazione specifica per i lavoratori in smart working (declinata come formazione all’innovazione) per prepararli adeguatamente all’uso di specifici strumenti di lavoro da utilizzare da remoto. Ne è un interessante esempio l’accordo sul lavoro agile del Credito Cooperativo Italiano che vincola l’adesione allo smart working a una specifica formazione su procedure tecniche per la connessione da remoto, aspetti di salute e sicurezza, corretto utilizzo e tutela delle informazioni e dei beni della Società, privacy e tutela dei dati personali. In merito alla formazione professionale ordinaria, invece, va sottolineato l’accordo Crédit Agricole Italia sull’easy learning, una modalità di formazione on line – già avviata a partire dal 2018 in via sperimentale – e estesa in questa fase a tutto il personale per favorire la conciliazione della vita lavorativa con le esigenze personali.
Per quanto riguarda l’area Occupazione e rapporti di lavoro, si ritrovano accordi che hanno clausole specifiche per alcune forme contrattuali come il part-time, oppure regolamentazioni per aziende appaltatrici (spesso legate ai Protocolli aziendali di contrasto del contagio), come ad esempio l’accordo di Ferretti Spa in cui sono disposte una serie di misure preventive da applicare anche al personale dipendente delle ditte in appalto e subappalto che operano all’interno dell’azienda.
Tabella 14 Dettaglio istituti contrattuali Aree 6 e 7 (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. Val.%
6.3 Formazione | 22 | 10,2 | |
6.3.1 Formazione professionale / continua | 5 | 2,3 | |
6.3.2 Formazione all’innovazione organizzativa / produttiva / tecnologica | 17 | 7,9 | |
7. Occupazione e rapporto di lavoro | 6 | 2,8 | |
7.1 Utilizzo forme contrattuali | 4 | 1,8 | |
7.2.1 Modalità di selezione del personale e tipologia assunzioni | 2 | 0,9 | |
7.3 Appalti/clausole sociali/contrasto lavoro irregolare | 3 | 1,4 |
Ambiente salute e sicurezza
L’area tematica che si riferisce a ambiente, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è ovviamente una delle più frequenti nell’ambito della contrattazione Covid; oltre la metà degli accordi, infatti, vi fanno riferimento (Tabella 15). Nella maggior parte dei casi si tratta dell’applicazione delle misure di prevenzione previste dai Protocolli condivisi del 14 marzo del 24 aprile, nella cornice dalla legislazione nazionale vigente e dei CCNL. In ogni caso vi sono diversi aspetti interessanti da sottolineare, a partire da nuovi ruoli ricoperti dai rappresentanti della sicurezza aziendale, maggiormente coinvolti nei processi paritetici e attraverso diverse modalità di informazione e consultazione. Naturalmente l’emergenza ha favorito un’azione più incisiva dell’intervento degli RLS, in particolare nella quotidiana verifica delle condizioni di sicurezza. In molti casi sono state incrementate sia la frequenza del confronto con i rappresentanti aziendali sia la tempestività delle reazioni per mitigare le condizioni di rischio. In sostanza, a parità di legislazione vigente, la costituzione dei Comitati aziendali per l’emergenza Covid pare aver favorito, mediamente, una più ampia esigibilità delle prerogative degli RLS nel loro intervento sul campo.
Nella voce Formazione aggiuntiva per i lavoratori rientrano le clausole che riguardano la fase di formazione sulle disposizioni e procedure aziendali per contrastare la diffusione del Covid-19 e, in alcuni casi, anche informative più generiche sulle buone prassi igienico-sanitarie.
Tabella 15 Dettaglio istituti contrattuali Area 8 (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. Val.%
8. Ambiente salute e sicurezza | 118 | 55 |
8.1 Rappresentanti della sicurezza | 32 | 14,9 |
8.2 Formazione aggiuntiva per i lavoratori | 56 | 26 |
8.3 Modalità di informazione e consultazione su Ssl | 34 | 15,8 |
8.5 Prevenzione | 101 | 47 |
8.8 Altro | 21 | 9,8 |
27 (12,6%) Prerogative designazione e numero di Rls
5 (2,3%) Prestazioni aggiuntive Rls
2 (0,9%) Formazione aggiuntiva per Rls
Come affermato in precedenza, la maggior parte degli accordi riguarda le misure di prevenzione introdotte dalle aziende, soprattutto in base alle indicazioni date da accordi di livello superiore. Guardando al dettaglio delle norme specifiche riferite alla prevenzione si può vedere come quelle con maggiore incidenza sono: gli interventi su impianti e ambienti che si riferiscono alle procedure di sanificazione; i metodi di sorveglianza sanitaria attraverso misurazione temperatura, test sierologici e tamponi e la dotazione di dispositivi di protezione aggiuntivi, soprattutto mascherine e guanti, ma anche occhiali e divisori in plexiglass. Inoltre, in alcuni contesti il ruolo del medico competente ha assunto una maggiore iniziativa, sia nell’applicazione delle norme disposte dalle autorità sanitarie sia attraverso misure più stringenti (ad esempio nei criteri per sottoporre a screening periodici i lavoratori o per determinare misure di quarantena preventiva).
Con la voce interventi sull’ambiente esterno ci si riferisce alle normative introdotte dall’azienda per regolamentare l’ingresso di fornitori o personale esterno. Gli interventi sui processi, che sono meno frequenti, riguardano quelle misure volte a modificare gli ambienti e le linee di produzione per garantire un adeguato distanziamento tra i lavoratori.
Sorveglianza sanitaria
33,5
Dispositivi di protezione individuale aggiuntivi
30,2
Obiettivi di miglioramento Ssl
4,7
Interventi sugli impianti e ambienti
36,3
Interventi sui processi prodotti e materiali
7,4
Interventi sull’ambiente esterno
18,6
Figura 11 Dettaglio istituti contrattuali di 8.5 Prevenzione (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Da ultimo è interessante analizzare la categoria residuale “Altro” che comprende una serie di clausole particolari non riconducibili agli istituti precedenti. In alcuni casi si tratta dell’istituzione di servizi di supporto psicologico per i lavoratori gravati dalla pandemia, come realizzato in IKEA e Politecnico di Torino, o la valutazione di rischio da stress lavoro-correlato di CSI. In altri casi si tratta della somministrazione – su base volontaria – di test sierologici e tamponi rapidi o molecolari come previsto da Garc ed Electrolux. Va sottolineato che questi accordi sono stati siglati nella prima fase dell’emergenza, in cui erano ancora pochi gli strumenti diagnostici a disposizione, quindi l’utilizzo di questo tipo di test, risultava ancora poco frequente. Vi sono altresì diversi accordi che predispongono valutazione del rischio in base alle varie mansioni (ne sono esempio gli
accordi di Gammastamp, Tollegno, Bonino, Lanificio di Pray, MET). Questo aspetto è rilevante, al di là delle singole soluzioni trovate (a volte concentrate maggiormente su mansioni e condizioni di lavoro, in altre dando peso anche a condizioni soggettive di età, stili di vita, etc.) perché mette in evidenza la dialettica tra saperi esperti (in questo caso epidemiologici) e saperi pratici dei rappresentanti aziendali e dei lavoratori. Infine va citato il recente accordo di Vodafone sullo smart working che introduce interessanti clausole migliorative: oltre a istituire un servizio di counselling psicologico e una prestazione gratuita per l’effettuazione dell’elettrocardiogramma, l’azienda ha predisposto una serie di iniziative per offrire supporto e assistenza ai propri dipendenti in caso di violenza domestica (consulenza medico-psicologica, supporto per l’espletamento delle operazioni di denuncia alle forze dell’ordine, contatto con associazioni specializzate nell’assistenza alle vittime di violenza, 15 giorni di permesso retribuito da utilizzare per appuntamenti medici, procedimenti legali e altre attività relative agli abusi domestici).
83,3%
64,3%
58,3%
57,0%
45,5%
38,6% 36,4%
50,0%
34,1%
27,8%
28,6%
25,0%
19,5%
21,8%
13,6%
10,0%
Prevenzione Relazioni sindacali su Ssl
L’istogramma che segue (Figura 12) presenta l’andamento dei due principali istituti dell’area 8, rispetto alla dimensione aziendale e al settore merceologico. La variabile Relazioni sindacali su Ssl risulta dall’aggregazione delle voci 8.1 Rappresentanti della sicurezza e 8.3 Modalità di informazione e consultazione su Ssl. Riguardo alla contrattazione delle misure di prevenzione, va detto che risulta più frequente nelle piccole e medie imprese e nel settore pubblico e manifatturiero. Tuttavia la maggior frequenza delle misure di prevenzione rilevata tra le piccole e medie imprese va relativizzata: a fronte di una minore diffusione del confronto sindacale (cfr. Tabella 8), nella fase pandemica le pur limitate esperienze di negoziazione nelle piccole e medie imprese si sono concentrate ovviamente in prevalenza – o quasi esclusivamente – sugli aspetti legati alla sicurezza. In questo senso gli accordi delle aziende di più grandi dimensioni sono allo stesso tempo più articolati, e di frequente sono stati aggiornati e integrati durante il periodo dell’emergenza.
Piccole imprese
Medie imprese
Medio-grandi imprese
Grandi imprese
Settore Pubblico
Terziario
Servizi
Manifattura
Figura 12 Distribuzione dell’area 8 rispetto alla dimensione aziendale e ai diversi settori (% calcolate entro il totale di ogni settore)
Welfare integrativo/ DiriṄ e prestazioni sociali
Le misure di Welfare integrativo sono poco presenti negli accordi Covid e limitate a pochi istituti (Tabella 16). Di fatto, gli accordi che trattano di welfare aziendale si riferiscono soprattutto all’introduzione o regolazione dei buoni pasto (5%, quasi sempre in relazione allo smart working),
mensa (1,4%) e conto welfare (1,4%). Rispetto a quest’ultimo va detto che alcune aziende, ad esempio Luxottica, hanno istituito dei contributi welfare straordinari a beneficio dei lavoratori.
Secondo le valutazioni di alcuni osservatori (soggetti di ricerca, organizzazioni delle imprese e fornitori di servizi di welfare aziendale, etc.) il ruolo del welfare integrativo, specie a livello aziendale, si sarebbe rilevato determinante nella fase pandemica. Una valutazione circa la sua effettiva diffusione risulta complessa alla luce dei soli documenti raccolti, dal momento che diverse iniziative possono essere realizzate anche al di fuori di accordi collettivi; ma occorre anche interrogarsi sulla definizione che di welfare aziendale viene data. Talvolta essa è allargata fino a includere istituti presenti in ambiti tradizionalmente contrattuali (dalla salute e sicurezza all’organizzazione del lavoro e degli orari, fino ad alcuni aspetti retributivi come indennità e incentivi). Se ci concentriamo invece sulla dimensione contrattualmente più rilevante introdotta con la legislazione recente, e cioè la convertibilità del Pdr in beni e servizi di welfare aziendale, la sua presenza negli accordi analizzati è poco rilevante. Questo certamente ha a che vedere con il limitato confronto registrato nell’emergenza sui temi retributivi, in generale, e con l’ovvia difficoltà riguardante il raggiungimento degli obiettivi per il Pdr.
Al di fuori degli accordi di livello aziendale, va segnalato il ruolo svolto dagli enti bilaterali e dai fondi sanitari integrativi delle diverse categorie, soprattutto attraverso l’introduzione di trattamenti aggiuntivi in caso di contagio e malattia da Covid-19, oltre a contributi d’emergenza a favore di Protezione civile e Servizio sanitario nazionale da parte degli enti dell’artigianato (FSBA) e piccola e media industria (ENFEA).
Tra le pratiche più peculiari nell’ambito del welfare, va segnalato l’accordo del Gruppo Poste che predispone una verifica dei bisogni dei lavoratori, l’accordo Ikea che prevede l’anticipo della 13° e 14° mensilità e il già citato accordo Vodafone sullo smart working che istituisce delle convenzioni con asili nido per agevolare la conciliazione dei lavoratori e delle lavoratrici con figli piccoli.
Tabella 16 Dettaglio istituti contrattuali Aree 9 e 10 (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. Val.%
9. Welfare integrativo | 20 | 9,3 |
9.1 Welfare contrattuale 9.2 Welfare aziendale | 2 | 0,9 |
18 | 8,4 | |
10. DiriṄ e prestazioni sociali | 37 | 17,2 |
Tutela genitorialità e misure di conciliazione 10.2 Tutela categorie specifiche | 19 | 8,8 |
28 | 13 |
Per quanto riguarda l’area relativa a DiriṄ e prestazioni sociali, che compare in circa il 17% degli accordi analizzati, sono soltanto due gli istituti rilevanti. In questo caso si è deciso di aggregare gli istituti Tutela maternità e paternità con Misure di conciliazione, perché in molti casi erano sovrapponibili; molte di queste clausole, infatti, istituiscono congedi e permessi straordinari per figli minori durante i periodi di quarantena (Whirpool Emea, Xxxxxx Xxxxxx, Electrolux), anche sperimentando forme solidali e aggiuntive di monte-permessi retribuiti a beneficio dei lavoratori di aziende del medesimo gruppo che pur avendo sottoscritto i protocolli di prevenzione e contrasto del virus non godevano di una contrattazione di secondo livello sul tema (Gucci).
Altri accordi – come Olivetti, Gruppo Terna e Telecom – prevedono l’estensione dello smart working per donne in gravidanza, genitori con figli piccoli o in Dad e lavoratori fragili. Anche in questo caso va citato l’accordo Vodafone sullo smart working che introduce trattamenti di miglior favore per genitorialità tra cui il parental leave, ovvero un’ulteriore aspettativa retribuita che può essere richiesta per un periodo massimo di 16 settimane continuative retribuite al 100%. Interessante è anche la clausola presente nell’accordo Enel che prevede una “organizzazione flessibile e inclusiva del lavoro [in smart working], che in tale periodo emergenziale i dipendenti possono avere delle particolari esigenze di conciliazione e/o di cura di familiari, come per esempio figli e anziani che richiedono maggiore attenzione, da gestire in una logica di compensazione e flessibilità”.
Rispetto alla tutela di categorie specifiche va sottolineata, in generale, una limitata attenzione alla tutela dei lavoratori fragili; considerando, infatti, i 215 accordi aziendali analizzati, solo poco più del 10% introduce clausole specifiche per tutelare i soggetti più a rischio. Tra questi, le misure adottate sono piuttosto varie, a partire dalla definizione di lavoratore “fragile” o “a rischio” correlata alle misure di sorveglianza sanitaria o smart working. Ci sono accordi infatti, in cui la definizione viene demandata dal medico competente in base ai singoli casi (AST), mentre in altri accordi si esplicitano chiaramente le categorie da tutelare, come nel caso dell’accordo Telecom. Anche le misure adottate sono piuttosto eterogenee: alcuni accordi, come quello di UBI Banca, prolungano il permesso cautelare o abilitano forme più estese di smart working. In altri casi, quando il lavoro in presenza è imprescindibile, si applicano maggiori accortezze dal punto di vista organizzativo, aumentando le distanze di sicurezza o fornendo ulteriori dpi (Mediatica). È interessante anche il caso di Luxottica in cui, attraverso un accordo ad hoc, vengono individuate due categorie a rischio: i lavoratori “immuno-compromessi” – più esposti al rischio di contagio – e quelli fragili, ovvero con patologie croniche pregresse in cui il contagio può avere maggiore probabilità di avere un esito negativo. Per entrambe queste categorie è prevista la fruizione della “banca ore etica” e tutti i periodi di malattia sono esclusi dal calcolo del periodo di comporto e in quello del premio di risultato.
Tra gli accordi su ferie solidali, va citato quello di Barilla in cui viene istituito un Fondo Ore Solidarietà nel quale i lavoratori hanno la possibilità di donare una parte delle ROL/RPLA maturate e non godute a favore di colleghi impossibilitati a lavorare per cause organizzative dovute all’epidemia Covid-19. Sempre in questo ambito, è interessante l’accordo di Thales Italia in cui confluiscono nel fondo solidale, oltre alle ore cedute dai lavoratori, anche 400 giorni di lavoro donate dall’azienda.
Infine va sottolineato che quest’area è maggiormente presente tra gli accordi delle grandi aziende e nel settore dei servizi (rispettivamente nel 19% e nel 30% degli accordi, vd. Figura 13).
10.2.1 Lavoratori portatori di handicap | 0,9 | ||
10.2.2 Lavoratori con patologie gravi / croniche | 10,2 | ||
10.2.3 Cura familiari disabili / patologie gravi | 1,4 | ||
10.2.8 Ferie solidali/scambio permessi | 2,8 |
Figura 13 Dettaglio istituti contrattuali 10.2 Tutela categorie specifiche (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Politiche industriali e crisi aziendali
L’area 11 del nostro schema di classificazione – Politiche industriali e crisi aziendali – compare in circa il 18% degli accordi, tutti compresi negli istituti relativi a interventi sui lavoratori e, più in particolare sulla cassa integrazione. Questi accordi rappresentano solo una piccola parte di quelli sugli ammortizzatori sociali e spesso fanno riferimento a protocolli settoriali e territoriali. Nella maggior parte dei casi si tratta di accordi standard che normano l’istituto di cassa integrazione a seguito dell’interruzione/riduzione della produzione per l’epidemia, ma ci sono anche diversi accordi che introducono clausole migliorative. Ad esempio Lamborghini prevede l’anticipazione degli importi e un’integrazione economica pari a 10 euro lordi per ogni giorno di cassa; Gucci istituisce “un’indennità straordinaria” che integra al 100% l’indennità Inps percepita dai lavoratori. Lo stesso tipo di integrazione viene introdotta anche da Xxxxxx e Luxottica, la quale inoltre eroga un contributo welfare del valore di 500 euro. Tra questi accordi va citato anche l’aggiornamento del Piano strategico triennale di Banca IFIS, che rivede il numero di esuberi a causa dell’epidemia, favorendo pensionamenti anticipati e incentivi all’esodo.
Diversi accordi sulla Cassa integrazione introducono anche misure di sostegno al reddito attraverso fondi di solidarietà come nel caso di Credit Agricole e Siat. Entro la categoria “Altro” rientra tra gli altri l’accordo Unieuro che prevede una rimodulazione degli istituti contrattuali proporzionale al periodo di sospensione dell’attività.
Tabella 17 Dettaglio istituti contrattuali Area 11 (% calcolate entro il totale di accordi aziendali)
Val. ass. Val.%
11.4 Interventi sui lavoratori | 39 | 18,1 |
11.4.5 Cig /Cigs / Cig in deroga 11.4.6 Sostegno al reddito 11.4.10 Incentivi all’esodo 11.5 Altro | 26 | 12,1 |
17 | 7,9 | |
2 | 0,9 | |
3 | 1,4 |
Infine il grafico che segue mostra come gli accordi che trattano interventi sui lavoratori si concentrino soprattutto nei settori di terziario e servizi e tra le imprese più grandi.
27%
28%
25%
16%
11%
7%
Distribuzione dell’area 11.4 Interventi sui lavoratori rispetto alla dimensione aziendale e settore (% calcolate entro il totale di ogni settore)
2. Pratiche di contrattazione durante la crisi pandemica
Il quadro generale emerso dall’analisi degli accordi Covid-19 sarà integrato nelle pagine seguenti da un’osservazione più mirata ad alcune esperienze di contrattazione aziendale. Difatti, si è deciso di procedere dalla selezione di alcuni accordi significativi per arrivare a tratteggiare studi di caso specifici, in cui analizzare il percorso negoziale che ne ha permesso l’implementazione e l’immediato sviluppo. In tal modo, pur partendo dai testi, si è inteso approfondire la conoscenza del processo, del contesto e dei protagonisti: comprendere un fenomeno attraverso la prospettiva interna di chi ne ha preso parte ed esaminare le situazioni in funzione dell’ambiente a cui appartengono (in questo caso economico, occupazionale, di relazioni sindacali, etc.), può essere molto utile per delineare un quadro descrittivo approfondito12. Attraverso le voci dei rappresentanti sindacali, infatti, è possibile restituire sia la situazione contingente sia il background degli accordi sottoscritti, consentendone così una comprensione più profonda e suscitando alcuni temi di dibattito e valutazioni critiche sulla prospettiva dell’intervento sindacale.
Sulla base di questa impostazione di partenza sono stati scelti sette percorsi negoziali sviluppati nel corso del 2020, centrati sui temi di maggior rilievo in questa stagione. Nella scelta dei casi si è cercato di privilegiare una certa varietà tra le diverse categorie sindacali; per cui i diversi accordi sono firmati dalle rappresentanze di Slc, Flc, Fp, Filcams, Filctem, Fiom e Fillea.
Una parte dei casi tratta in modo particolare dell’introduzione o dell’evoluzione dello smart working:
- nell’esperienza TIM (par. 2.1), due temi avevano alimentato un contenzioso iniziale, che nel corso dei mesi è stato risolto, col pieno accoglimento delle richieste sindacali, riguardo rispettivamente al godimento dei buoni pasto – anche nei giorni lavorati da remoto – e al diritto alla disconnessione, con una timbratura virtuale per gli addetti al customer care e fasce orarie di reperibilità, pre-determinate per tutti gli altri;
- Il caso Istat (par. 2.2) rivela la qualità di un confronto negoziale serrato che, attraverso cinque accordi in meno di un anno, ha condotto a una regolazione particolarmente articolata e garantista, nella quale lo smart working diviene di fatto una modalità ordinaria e non meramente emergenziale di lavoro, e in cui la volontarietà diviene il presupposto per il rientro in presenza, piuttosto che il contrario.
- altra esperienza del settore pubblico è quella dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (par. 2.3). Insieme a tratti comuni con altri enti pubblici, e in particolare per l’intensità del processo negoziale e lo sfondo rappresentato delle norme d’emergenza nella PA, l’adozione dello smart working in ADM configura un modello misto tra presenza (riorganizzata in modalità flessibili) e lavoro agile per adattarsi alla grande varietà di mansioni (molte delle quali prevedono trasferte ed attività in esterno) e articolazioni dell’Agenzia, stimolando un non sempre facile confronto negoziale territoriale.
- la gestione dell’emergenza pandemica in Acciai Speciali Terni (par. 2.6), all’interno della quale è stato introdotto lo smart working per il personale amministrativo. Il confronto serrato tra sindacato e vertici dell’azienda ha dato vita a un accordo che affronta aspetti dirimenti come il diritto alla disconnessione e la scelta dei giorni in cui lavorare da remoto, e che ha visto un’adesione massiccia da parte dei lavoratori. L’accordo Ast rappresenta un’importante stimolo di riflessione sul lavoro agile nel contesto siderurgico.
12 Xxxxxx X. Xxxxxxx, Metodi della ricerca sociale, Ed. Il Mulino, Bologna, 1985
In altri casi le tematiche di approfondimento sono più trasversali, e affrontano l’articolata applicazione dei protocolli di prevenzione e contrasto del contagio da Sars-Cov2. Seguendo il filo dei percorsi negoziali, risulta evidente come nel susseguirsi delle fasi pandemiche la contrattazione si sia confrontata inevitabilmente con (e adattata a) interruzioni e riaperture, impasse ma anche rilanci e crescita dell’attività produttiva.
- ad esempio nello stabilimento Amazon di Castel San Xxxxxxxx (par. 2.4), nel quale l’adozione dei protocolli di prevenzione e l’istituzione del Comitato paritetico hanno consentito una maggiore agibilità della rappresentanza da parte di Rls e Rsa. Il tema della salute e sicurezza ha peraltro incrociato il confronto sull’organizzazione del lavoro, sull’occupazione e le forme contrattuali in un’azienda che vive un’intensa fase di crescita;
- i Protocolli sicurezza Gucci area industria (par. 2.5), che illustrano in un contesto d’emergenza l’attivazione di buone tradizioni di confronto sindacale e l’ispirazione che queste hanno dato a soluzioni integrate tra sostegno al reddito (anticipo e integrazione CIGO) e tutela dei lavoratori (sorveglianza sanitaria intensificata, sostenuta dalla condivisione solidale di permessi), sollecitando al contempo ulteriori punti di confronto per il futuro (ad esempio una nuova regolazione del lavoro agile e l’armonizzazione contrattuale tra le diverse aziende del gruppo).
- L’accordo di ISA Spa (par. 2.7), azienda umbra del comparto del legno, riguarda l’adozione di dispositivi per la prevenzione del rischio di contagio in azienda e sollecita la discussione intorno alle questioni relative a gestione dei dati, privacy dei lavoratori, diritti sindacali nella condivisione delle informazioni.
2.1 Il lavoro agile nell’esperienza di TIM (di Xxxxx Xxxxxxxx)
Il ricorso al lavoro agile vanta oggi, nel gruppo TIM, un livello particolarmente avanzato e interessante di sperimentazione. Il suo approdo più recente e strutturato è rappresentato dall’accordo siglato lo scorso 5 agosto, ma il suo primo impiego risale al 2018, dopo il varo della legge n. 81 del 2017, successivamente emendato con un nuovo accordo, nel luglio 2019. L’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha impresso – ai primi del 2020 – un nuovo e potente impulso, tanto alla sua diffusione che a una sua più puntuale e soddisfacente regolazione contrattuale.
Quando nel 2018 si firma il primo accordo in materia di lavoro agile, lo scoglio negoziale maggiore è costituito dal tema dei buoni pasto, esclusi per coloro che lavorano da remoto. La SLC- CGIL, per questa ragione, non firma l’accordo, pur dovendo registrare il grande interesse che fra i lavoratori suscita questa nuova modalità di lavoro; anche – fanno sapere – a prescindere dalla fruizione dei ticket. In 9.000 scelgono di farvi immediatamente ricorso. Il 19 luglio del 2019 si firma unitariamente un nuovo accordo, e il numero sale a 13.000. Quando a marzo del 2020 scoppia la pandemia, i servizi di TIM rientrano fra le attività ritenute essenziali, e d’un colpo in 35.000 – su un totale di addetti diretti pari a circa 42.000 – vengono unilateralmente posti in lavoro da remoto, inclusi gli addetti al customer care. Più che di lavoro agile o smart working, si tratta di un telelavoro da casa, nel quale l’esigenza emergenziale di prevenire il rischio di contagio impone – col sostanziale accordo di tutti – la remotizzazione, senza alcuna reale possibilità di scelta da parte dei singoli. Nell’arco di quattro settimane, l’azienda dota le abitazioni di quanto necessario a espletare il lavoro da remoto, con gli addetti che – avallati dall’azienda – si portano a casa computer e poltrone ergonomiche, per potere proseguire il proprio lavoro. Da allora, e fino ad oggi, pressoché nessuno è più rientrato in ufficio, facendo sì che il numero di contagi di origine professionale, fra il personale del gruppo, sia rimasto pressoché insignificante.
Le indagini e i rilevamenti condotti fra il personale, tanto dall’azienda quanto dai sindacati, registrano un elevato grado di apprezzamento, e ciò per i noti vantaggi correlati al venir meno dei tempi di trasporto e per la prevenzione dal contagio, che questa modalità certamente favorisce. In una survey condotta dall’azienda alla fine del 2019, dunque prima dello scoppio della pandemia, solo 200 lavoratori dei 13.000 già avviati allo smart working, manifestavano il loro desiderio di rientrare in presenza, laddove in questi mesi, i casi di chi si è espresso in tal senso appaiono ulteriormente assottigliati.
Ciò nondimeno, per il sindacato di categoria occorre fare i conti con la necessità di dotarsi di una regolamentazione più adeguata alla dimensione del tutto inedita e imprevista che il lavoro agile ricopre ora nell’assetto socio-organizzativo del Gruppo. Ovvero, predisporre un quadro di disposizioni in grado di traguardare, oltre l’emergenza, un modello sperimentale di organizzazione del lavoro, destinato a permanere stabilmente anche quando la pandemia si sarà conclusa.
Il modello della remotizzazione emergenziale, adottato a partire dalla primavera del 2020, resterà in vigore fino alla fine dell’anno, quando entrerà pienamente in vigore l’accordo della scorsa estate. Quello attualmente in vigore si caratterizza, essenzialmente, per l’assenza di una vera possibilità di scelta individuale, ad opera del personale, e per il carattere di telelavoro da casa che esso ha assunto, diversamente da quanto prefigurato dal legislatore, con le norme varate nel 2017. Con l’accordo del 5 agosto 2020, le parti hanno inteso ripristinare lo spirito più autentico di quella normativa, prefigurando – a partire dal primo gennaio 2021 e in vista di una normalizzazione del suo impiego – un quadro di regole che soddisfa in larga misura le attese dei
lavoratori e le richieste dei sindacati, consci tutti del fatto che l’imprevedibile evoluzione della pandemia, insieme al suo impatto sul quadro economico e sociale, potrebbe richiedere ulteriori aggiustamenti in corso d’opera.
L’accordo del 5 agosto è stato siglato nell’ambito della contrattazione di secondo livello – per i sindacati – da SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, UGL TLC, unitamente alle RSU, e nelle settimane successive è stato replicato in tutte le aziende del Gruppo. Oltre che alla legge del 2017, l’accordo rimanda al Protocollo Principi e Linee Guida per il Nuovo Lavoro Agile nella Filiera delle TLC, siglato con Assotelecomunicazioni-Asstel, il 30 luglio 2020.
In premessa, le parti convengono sull’apprezzamento del lavoro agile per le sue molteplici implicazioni positive (digitalizzazione, produttività, sostenibilità sociale, economica, ambientale, conciliazione, riduzione degli spostamenti casa-lavoro), considerando la sua introduzione “strutturale”, ben oltre la sperimentazione imposta dalla fase di emergenza.
A livello di disciplina generale, l’accordo ribadisce taluni principi, relativi allo svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile. Ovvero, che ciò non comporterà modifiche, fra l’altro, sul versante a) dei poteri datoriali di direzione e controllo, purché nel pieno rispetto di quanto disposto dall’art. 4 dello Statuto del 1970 riguardo ai controlli a distanza; b) delle mansioni e del profilo contrattuale; c) dell’orario e delle sue flessibilità; d) dei diritti sindacali.
L’adesione del lavoratore torna a realizzarsi su base volontaria, con la sottoscrizione di un accordo individuale, e secondo uno schema fondato sull’alternanza sede aziendale/lavoro agile, e non più – come in questi mesi di emergenza- in forma esclusivamente remotizzata e da casa. E ciò anche al fine di prevenire eventuali forme di isolamento e confermando la massima attenzione alle questioni di genere, su cui i mesi trascorsi hanno evidenziato le maggiori criticità (sia per quanto riguarda il sovraccarico funzionale, penalizzante soprattutto per le donne, sia per talune situazioni emerse sul penoso versante delle violenze domestiche). Raccogliendo una preoccupazione emersa fra gli addetti e recepita dai sindacati, si è riposta grande attenzione al tema della socialità, prevedendo sia azioni positive e buone pratiche, in cui siano previsti periodici momenti di comunicazione e interazione fra coordinatori e colleghi.
L’accordo prevede un lavoro agile giornaliero, in cui sia possibile per il personale avvalersi di un sistema di alternanza, con lo svolgimento della prestazione per 2 giorni da remoto, ovvero presso una sede esterna ai locali aziendali, e con l’ausilio di strumenti tecnologici che assicurino un collegamento protetto con la rete aziendale. È inoltre prevista la possibilità di effettuare ulteriori 12 giorni annui in modalità agile. Durante le giornate in lavoro agile è escluso il ricorso al lavoro straordinario/supplementare.
Secondo la valutazione che abbiamo raccolto, discutendone con il responsabile nazionale della SLC-CGIL con delega per le TLC, il tradizionale timore dell’isolamento e della perdita di socialità provocati da un ampio ricorso allo smart working, tralascerebbe di considerare le opportunità che un maggior tempo fuori dall’ufficio dischiude sul versante dei rapporti inter-personali, quasi a identificare questi ultimi – come a volte si tende a fare – con la sola sfera lavorativa. Si tratterebbe di un assunto valido fin quando, fra lavoro e trasferimenti, il tempo quotidiano assorbito rasenta le 9 o 10 ore, ma non anche quando – come da auspicio – ciò dovesse contrarsi, anche sul versante dell’orario di lavoro e a parità di retribuzione, come i nuovi modi di lavorare lasciano presagire. Quello che si perde dentro – in sostanza – lo si può guadagnare fuori. Per il sindacato: “Non si deve avere timore di affrontare questo cambiamento culturale, oltre che lavorativo”.
Altri due fattori di potenziale criticità, tipici in tema di smart working, sono stati trattati e positivamente risolti: i ticket e la disconnessione. L’accordo prevede che il buono pasto venga riconosciuto anche durante le giornate di lavoro agile, raccogliendo in ciò una istanza su cui la SLC- CGIL si era particolarmente battuta, nel 2018. Quanto alla disconnessione dagli strumenti tecnologici di lavoro, l’accordo ne dispone il diritto, nell’ottica di promuovere il benessere e la conciliazione vita e lavoro ed entro i soli limiti della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. Tale diritto alla disconnessione risulterà fruibile fra il personale che può organizzare il lavoro per obiettivi (uffici amministrativi, del marketing o dell’ingegneria di rete), ma non anche per le attività vincolate “fordisticamente” ed etero-organizzate, per le quali è indispensabile garantire il presidio in specifici archi orari. Si tratta, essenzialmente, degli addetti al customer care. Per costoro si applica il lavoro agile settimanale, secondo uno schema e misure predefinite: 50% presso la sede aziendale e 50% da remoto.
Oggi che i lavoratori di TIM sono tutti a casa, e la timbratura è virtuale, la verifica se il lavoratore del customer care, da casa, è effettivamente entrato in rete e sta lavorando, non è stata oggetto di richieste da parte dell’azienda. La produttività viene misurata collettivamente, ma non è da escludersi che in futuro il tema della verifica della presenza on-line possa riproporsi.
Al di là dell’importante clausola contrattuale, servirà che fra quadri e personale maturi sul tema un’autentica trasformazione culturale, ci dice il sindacalista che abbiamo intervistato, attenendosi a precise regole di bon ton professionale, come quello di non ricercare mai alcun contatto lavorativo, prima e dopo una certa ora del giorno (ad esempio, 9-19). In tal senso, la convocazione di riunioni, nel rispetto delle normali fasce lavorative, o la puntuale pianificazione della propria agenda. Nel lavoro agile giornaliero, la scelta dell’orario dovrà essere compreso fra le ore 7 e le ore 22, assicurando la propria presenza fra le ore 10 e le 12,30, e tra le 14,30 e le 16,30.
L’accordo riconosce il pieno riconoscimento per i diritti sindacali, attraverso la bacheca elettronica e lo svolgimento delle assemblee sindacali, anche con la possibilità di espletare l’esercizio di voto da remoto. Come pure in materia di sicurezza sul lavoro, tutela antinfortunistica e formazione, che potrà avere luogo anche on-line.
Per ciò che riguarda la gestione dell’accordo, e dunque la sua effettività, le parti hanno previsto forme di monitoraggio, in particolare per ciò che attiene alla riduzione delle ore di assenza e dei tempi di percorrenza, laddove nel sistema di relazioni industriali si prevede una verifica trimestrale a livello nazionale, in cui valutare la sperimentazione delle nuove modalità lavorative introdotte.
Fra le disposizioni finali si prevedono offerte dell’azienda in favore dei propri dipendenti relative ai costi di connessione telematica, mediante i propri pacchetti, e per contribuire alla bolletta energetica, attraverso la possibilità di stipulare una convenzione con delle società di distribuzione accreditate. Infine, l’ulteriore richiamo ai valori dell’autonomia e delle responsabilità professionale di tutti i dipendenti, come pure – importante – l’intento di condividere forme di riduzione della durata dell’orario di lavoro, individuando le opportune compensazioni che assicurino l’invarianza del trattamento economico interessato.
Il giudizio che in definitiva il sindacato di categoria trae da questa esperienza è senz’altro positivo. Purché se ne sappia traguardare il passaggio dall’attuale regime emergenziale, pur inevitabile, a uno più maturo, da intraprendere a partire dall’anno prossimo, secondo quanto disposto nel contratto aziendale dello scorso 5 agosto.
I rischi inerenti a questa forma di lavoro ci sono, e le numerose inchieste di questi mesi le hanno puntualmente rilevate. Dalla difficile e talvolta impossibile conciliazione – specie per le
lavoratrici – ad ambienti domestici del tutto inadeguati, alla durata illimitata dell’orario lavorativo, alla monotonia, alla perdita di socialità, ai rischi per la privacy. I rimedi a tali rischi però esistono, nella sfera della legge e della contrattazione collettiva, e possono scongiurarli tutti, lasciando che le evidenti potenzialità dischiuse da questo nuovo modo di lavorare si dispieghino secondo quei desideri e quelle aspettative che tanto chiaramente, in questi mesi, sono giunti dal personale di un’azienda come TIM, ma non solo da essa: a partire dalla volontarietà individuale di lavorare secondo la modalità agile, scegliendo formule in alternanza che garantiscano rientri e socialità, col diritto alla disconnessione fuori dall’orario di lavoro, nel pieno rispetto di tutte le altre condizioni normative, economiche e sindacali che connotano la prestazione altrimenti resa in presenza.
Un’ultima considerazione attiene al resto del comparto in cui opera TIM. In Vodafone (6.000 addetti), le parti stanno discutendo della richiesta dell’azienda di stabilire percentuali definite, fra presenza e remoto, secondo le seguenti proporzioni: a) fra gli amministrativi, 60% in modalità agile e 40% in presenza; b) nel customer care, 80% in agile, 20% in presenza. In Fastweb (2.000 addetti), i lavoratori stanno in questo momento tutti a casa, e la discussione verte su chi – eventualmente – dovesse richiedere espressamente di rientrare. A un modello di “smaterializzazione” simile a quello attuale di TIM sembra puntare anche Wind (6.000 addetti), secondo accordi individuali che il sindacato tenta in ogni caso di riportare a una cornice contrattuale collettiva, che però è finora mancata.
2.2 Il lavoro agile nel settore della ricerca: il caso dell’ISTAT (di Xxxxx Xxxxxxxx)
Al pari di altri enti di ricerca, sia pubblici che privati, il fulcro delle politiche di prevenzione e contrasto del contagio da Covid-19, fra i 2.000 dipendenti dell’ISTAT, è consistito nell’utilizzo pressoché integrale e continuativo – dallo scoppio della pandemia a oggi – del lavoro agile. La sua prima disciplina di origine negoziale – sia pure nella modalità formale del “protocollo d’intesa” o di “verbale di confronto”, e non anche in quella dell’accordo collettivo, come tale precluso dal sistema delle relazioni sindacali disposto dal CCNL del 2018 – segue di poco il varo della legge n. 81 del 2017, in tema di lavoro agile (artt. da 18 a 23), e si completa il 19 dicembre 2019, appena poche settimane prima l’esplosione della prima ondata della pandemia. La sperimentazione e l’introduzione del lavoro agile, fra il 2017 e il 2019, ha costituito in quella fase l’evoluzione quasi naturale dell’esperienza di telelavoro, avviata già quindici anni prima, e che su precisi criteri di necessità personali di conciliazione, fra bandi e accordi quadro, aveva interessato il 10% del personale. Lavoratori e sindacati premono affinché, dopo il varo della legge del 2017, il ricorso al lavoro agile – e dunque secondo modalità spazio-temporali più ampie del telelavoro – non sia circoscritto ai soli lavoratori che presentino problematiche particolari, ad esempio familiari o logistiche, ma a tutto il personale che ne vorrà fare richiesta. Una parte della dirigenza accoglie con riluttanza la richiesta, ma dopo svariati incontri coi sindacati, acconsente e firma il protocollo del 19 dicembre 2019. Fra i punti che lo connotano, la possibilità che il lavoro agile possa essere reso da tutti i dipendenti, per un massimo di 4 giorni lavorativi al mese, più altri 2 in caso di criticità improvvise; si prevede lo svolgimento non solo dal domicilio abituale ma anche da spazi “pubblici”, purché idonei e riservati. L’ISTAT non è obbligato a fornire la strumentazione tecnologica, che pertanto sarà quella propria del dipendente, e non sono previsti rimborsi e copertura dei costi di connessione. Per il sindacato è un buon passo in avanti; un punto di partenza, e non certo l’approdo definitivo, ritenendosi ancora troppo limitato il numero di giorni stabiliti e ancora troppo ampia la discrezionalità della dirigenza nel riconoscere le richieste individuali.
Allo scoppio della pandemia, a marzo del 2020, il ricorso al lavoro agile per calamità diviene – per la quasi totalità del personale – una scelta obbligata. Direttive e circolari ministeriali ne raccomandano fortemente l’uso, laddove lo snodo più controverso è costituito dal godimento o meno – per i lavoratori in smart working – dei buoni pasto. In un primo momento, sembra doversi escludere, e coi sindacati si discute su come impiegare quei risparmi, da parte dell’Istituto. Ma già col verbale di confronto del 27 aprile, le parti convengono che al personale dell’ISTAT in modalità lavoro agile, verrà riconosciuta l’erogazione del buono pasto, fino al 31 maggio. Nella dirigenza non si manifestano intenzioni di riduzione dei costi del personale, ma la ricerca di un clima di collaborazione, laddove le rappresentanze sindacali mantengono un canale aperto di comunicazione coi colleghi, che si fa più serrato quando, a maggio, si profila la riapertura degli uffici e il rientro in presenza. Nel frattempo, oltre il 90% del personale è a casa, dotato della strumentazione tecnologica necessaria, anche grazie al prestito di PC portatili da parte dell’Istituto, in quel 30-40% di casi in cui ciò viene richiesto. Resta escluso il personale adibito alla turnistica (informatici, ufficio stampa, logistica), mentre da parte di singoli lavoratori, a fine maggio, giunge la richiesta di poter rientrare in ufficio. Il 9 giugno viene firmato un nuovo verbale d’intesa sulla “ripresa”, con cui, in sintesi, si ribadiscono tre principi generali, e alcune questioni specifiche. Ovvero: il primato della salute di dipendenti e utenti, la responsabilità sociale – riducendo l’affollamento dei mezzi pubblici –, la protezione dei soggetti maggiormente suscettibili di contagio. Di conseguenza, il lavoro agile rimane modalità ordinaria di lavoro; i rientri riguarderanno le attività indifferibili da svolgere in presenza, e avverranno su base volontaria, con rotazione settimanale, previa autorizzazione del medico; il diritto alla disconnessione e ai buoni basto (estesi anche all’estate) sono garantiti. Da sottolineare anche la previsione di un diritto del dipendente a rifiutarsi di venire in ufficio per qualsiasi motivo “oggettivo o soggettivo”. Nel frattempo, da un’indagine interna con questionari emerge fra i dipendenti un elevato apprezzamento per la nuova modalità di lavoro.
Un nuovo capitolo viene scritto fra il 9 e il 28 luglio, in particolare per quanto attiene il programma di riapertura delle sedi, i criteri generali del rientro in presenza, la rotazione settimanale, con la previsione di rientri almeno del 50% in lavoro agile, le misure di distanziamento fisico in sede. Il piano di rientro dovrà rispettare le eventuali criticità, dovute alla presenza di figli minori di 14 anni, la necessità documentabile di cura e assistenza di familiari, il pendolarismo da una provincia diversa dalla sede di lavoro.
La fascia giornaliera di contattabilità del personale in lavoro agile è stabilita in tre ore (se telefonica, da concordarsi col dirigente) e almeno una volta al giorno tramite posta elettronica. Riguardo alla disconnessione: “Il dipendente ha diritto a non essere costantemente reperibile, a non rispondere alle comunicazioni di lavoro (telefonate, e-mail, etc.) durante il periodo di riposo, fra il lunedì e il venerdì, dalle ore 18,30 alle ore 8,30 del mattino seguente […] e per le intere giornate di sabato, domenica festivi”. Quanto al luogo da cui svolgere l’attività in modalità agile, si richiede solo che abbia adeguati livelli di connessione e contattabilità. Sono consentite forme di lavoro agile anche in alternanza, durante la giornata, fra ufficio e sede a distanza, con la possibilità di usufruire di un permesso orario (per allattamento, ex legge 104, gravi motivi, accertamenti diagnostici, assemblee sindacali) nell’ambito della fascia giornaliera di contattabilità.
A rimanere esclusi dai benefici del lavoro agile sono stati i turnisti, addetti ai servizi informatici, alla comunicazione esterna, alla logistica e alla responsabilità di sede. Per costoro, un centinaio in tutto, si è posto il problema del godimento delle apposite indennità, quando – nella fase più critica
– anche loro sono rimasti in buona parte a casa. Soggetti dal 1 settembre a timbratura virtuale, a essi è stata comunque riconosciuta l’indennità di turno. A ottobre, prima che scattasse il nuovo
allarme indotto dalla seconda ondata pandemica, i dipendenti che erano rientrati in presenza – secondo tutte le modalità previste nell’accordo di luglio – erano mediamente 350 al giorno su 2.000.
L’ultimo capitolo di questo denso e articolato confronto negoziale è stato a oggi scritto il 21 ottobre scorso, in piena seconda ondata di contagi. La modalità del lavoro agile torna nuovamente a riguardare la quasi totalità del personale, col rafforzamento ulteriore delle clausole che permettono al singolo di astenersi dal rientro, non solo per le tre causali previste a luglio (figli piccoli, assistenza familiare, pendolarismo extra-provinciale), ma anche qualora, in ambito urbano, dovesse rendersi necessario l’utilizzo di mezzi pubblici. Tema, questo, su cui il confronto fra le parti è stato fra i più dibattuti.
Nel complesso, nell’arco di poco meno di un anno in ISTAT sono stati siglati ben 5 accordi collettivi, praticamente uno ogni due mesi. Il lavoro agile, la cui adozione negoziata (ma ben più circoscritta) era stata antecedente allo scoppio della pandemia, è stato via via strutturato ed esteso, fino a riguardare la quasi totalità del personale, che ne ha in concreto usufruito. Una stratificazione di testi dai quali, alla fine, emerge un quadro regolativo fortemente garantista, con al centro l’assunzione del carattere ordinario – e non meramente emergenziale – di questa modalità lavorativa, fino al rovesciamento del principio di volontarietà, non più attribuito alla fruizione individuale del lavoro agile, per quote presuntivamente minoritarie di dipendenti, bensì per eventuali richieste di rientro in presenza. Contattabilità e diritto al disconnessione sono disciplinati entro fasce determinate, come pure riguardo ai criteri di priorità in caso di rientro in presenza, che con la seconda ondata di contagi in corso si spinge fino a quello relativo all’eventuale utilizzo di mezzi pubblici, quale causale giustificativa per rimanere a casa.
La relazione fra le parti è stata nel complesso collaborativa, laddove la virtualità dei confronti – con un continuo scambio di bozze e reciproci emendamenti – non ha modificato granché le prassi tradizionali se non, forse, per il venir meno di taluni aspetti di “teatralità” del negoziato, quando alle delegazioni trattanti si affiancavano piccole e attive rappresentanze di lavoratori e iscritti. Le delegazioni sindacali sono riuscite a mantenere un canale permanentemente aperto col personale, attraverso il c.d. “Comitato di ente” nazionale – una sorta di esecutivo delle varie RSU di sede (e in cui FLC è la prima organizzazione per voti e delegati, seguita dall’USB) – comunicazioni sulla bacheca sindacale elettronica e scambi frequenti di messaggi di e-mail, dai quali, sottolinea il delegato FLC che abbiamo intervistato, emerge un ampio apprezzamento per il lavoro sindacale svolto, e per il risultati acquisiti. Assemblee on-line inedite, come quelle attivate ai primi di settembre, hanno fatto registrare presenze ben superiori a quelle in passato tenute in presenza, rassicurando sulla possibilità di mantenere vivo il lavoro sindacale, anche dinanzi a sfide insidiose come quelle indotte da una remotizzazione di massa del personale di uffici e aziende. Per i rappresentanti della FLC, particolarmente utile è stato il confronto instaurato fra tutti i delegati delle sedi, sia nazionale che territoriali, come anche a livello orizzontale, coi delegati degli altri enti pubblici di ricerca.
Produttività e qualità del lavoro, in tutti questi mesi, hanno risentito limitatamente del nuovo scenario lavorativo, e non tanto per la diffusione del lavoro agile quanto per l’impossibilità indotta dalla inagibilità, di fatto, ad effettuare quelle rilevazioni condotte face-to-face nei territori, tanto importanti per i ricorrenti censimenti o le analisi diacroniche della forza lavoro, o per taluni problemi societari intervenuti con alcune aziende esterne addette alle tradizionali indagini CATI.
In tutto ciò, i casi di contagio fra i dipendenti conosciuti sono stati in tutto tre, di cui due a marzo, quando tutte le sedi però erano giù state chiuse, ed uno a settembre, su cui la RSU romana ha lamentato la casualità con cui ne è venuta a conoscenza.
Nel sindacato e fra i lavoratori che rappresenta, il lavoro agile costituisce oggi una modalità di prestazione destinata a divenire permanente, anche quando la crisi da Covid-19 sarà finalmente superata. Allorché, sulla base delle soluzioni già individuate quest’anno – e soprattutto nella fase del rientro, in estate – si tratterà di monitorare l’esperienza fatta e valutare come opportunamente ritararla nel nuovo quadro normalizzato. A quel punto, occorrerà fare i conti con il Piano organizzativo per il lavoro agile (POLA) predisposti dalle dirigenze pubbliche, e rispetto ai quali un ruolo prominente – come chiede il sindacato di categoria – dovrà essere ricoperto dal Comitato paritetico per l’innovazione tecnologica, previsto dal CCNL scuola e ricerca, ma non ancora costituito. Per il sindacato, di certo per la FLC-CGIL, si tratterà di salvaguardare le conquiste negoziali di questo difficile anno, scongiurando il rischio che l’intera materia possa ritornare nella più ampia discrezionalità della dirigenza, come pure l’attuale normativa sul pubblico impiego potrebbe ad oggi rivendicare. E su cui, evidentemente, il sindacato confederale e di tutto il settore pubblico dovrà dispiegare il suo impegno, quando la pandemia sarà finita.
2.3 Lo smart working e la risposta alla pandemia nella PA: l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (di Beppe De Sario)
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) è un’agenzia fiscale pubblica che accorpa le funzioni un tempo attribuite ai Monopoli di Stato (giochi, tabacchi, etc.) e all’Agenzia delle Dogane. Con lo scoppio della pandemia l’Agenzia ha svolto un ruolo rilevante nel presidio del commercio da e per l’estero, in particolare per quanto riguarda la fase iniziale e più acuta dell’emergenza. L’approvvigionamento di materiali e strumentazioni essenziali per la gestione sanitaria della pandemia (dispositivi di protezione individuale, attrezzature mediche) ha rappresentato un tema critico specie durante la primavera 2020. L’Agenzia ha anche agito stabilendo decreti di requisizione di materiale indispensabile, in base a esigenze di tutela della salute pubblica. Ma soprattutto essa ha stabilito intese – in raccordo con la Protezione civile e la struttura commissariale dell’emergenza – con Enti locali, fornitori del settore sanitario e associazioni di rappresentanza delle imprese per agevolare il transito, lo sdoganamento e la distribuzione dei materiali sanitari ai cittadini e nei luoghi di lavoro.
Dal punto di vista delle relazioni sindacali, all’inizio della pandemia le parti erano impegnate in una fase di confronto su diversi temi: la definizione di telelavoro “domiciliato” e delocalizzato, confronto su salario accessorio e ridefinizione dei profili professionali.
Queste tematiche restano sullo sfondo del confronto sindacale realizzato nel 2020, ma naturalmente l’impegno prevalente delle parti è andato alla risposta alla pandemia, sia per gli aspetti di prevenzione e protezione dal rischio di contagio sia per i temi di organizzazione del lavoro. Su questo aspetto l’adozione dello smart working ha rappresentato uno degli strumenti più significativi nell’organizzazione del lavoro di un’agenzia pubblica cruciale sia a livello centrale sia territoriale. Uno dei fattori di sfondo da considerare per analizzare il percorso negoziale che ha prodotto diversi accordi tra la primavera e l’autunno 2020, è la natura pubblica dell’agenzia e il raccordo necessario – ma non per questo lineare – con i provvedimenti governativi e ministeriali. Come ovvio, infatti, lo smart working nella pubblica amministrazione è stato orientato da vincoli normativi, da principi guida e aspetti procedurali generalmente assai vincolanti, indicati nei
provvedimenti emanati dal Governo e dal Ministero per la Pubblica amministrazione. Oltretutto va considerata la cornice di un confronto tra le parti tendenzialmente orientato a livello nazionale, realizzato con la direzione dell’Agenzia ma nell’ambito dei suoi rapporti funzionali e politici con l’esecutivo.
Nella fase del lockdown di primavera, con il Dpcm del 11 marzo 2020 e le successive circolari del Ministero della PA, le amministrazioni pubbliche hanno dovuto garantire lo svolgimento delle attività “ordinarie” in modalità di lavoro agile, “anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi di cui agli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81”, individuando “le attività indifferibili da rendere in presenza”. Sotto questo aspetto quindi la normativa è stata più stringente rispetto a quella applicata nelle aziende private.
Il passaggio dalla ripresa estiva delle attività economiche e produttive alla nuova fase autunnale della pandemia ha portato a un nuovo Decreto ministeriale sullo smart working che ha attuato le norme contenute nel Decreto rilancio, alla luce dei Dpcm del 13 e 18 ottobre. Nel Decreto del Ministero della PA del 19 ottobre 2020 si afferma pertanto che “Il lavoro agile nella pubblica amministrazione costituisce una delle modalità ordinarie [corsivo nostro, Ndr] di svolgimento della prestazione lavorativa”, e si fissa la percentuale del 50% del personale. A partire da gennaio 2021 la programmazione “ordinaria” del lavoro agile nella Pa dovrebbe essere determinata dal Piano organizzativo del lavoro agile (POLA) che ciascuna amministrazione dovrà stabilire, in base a quanto previsto dall’art. 263 del Decreto rilancio, convertito in Legge n. 77 del 202013.
Il percorso specifico che ha caratterizzato il confronto sindacale con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha avuto un passaggio significativo con il Verbale di confronto sullo smart working del 24 aprile. Rispetto ai principi generali, le parti vi affermano l’impegno a un confronto più ampio sull’organizzazione del lavoro e sulle disposizioni per la sicurezza del personale in vista della prevista “fase 2”. Nel merito, si definiscono gli aspetti di accessibilità e praticabilità dello smart working sotto il profilo tecnologico, anche attraverso dotazioni fornite dalla stessa ADM (strumentazione informatica, connessione internet adeguata, accesso da remoto alla rete aziendale, deviazione di chiamata, etc.). Viene posto il tema dei controlli, per i quali l’Agenzia si riserva di “effettuare, sulla base delle normative vigenti, controlli di processo sulle procedure”. Su questo punto, i responsabili sindacali e i delegati evidenziano l’evoluzione di queste modalità di controllo, anche a seguito di un confronto serrato con l’amministrazione: da una sorta di audit sulla prestazione dei lavoratori a controlli a campione sulla continuità dei processi.
Come sostenuto nella premessa dell’accordo del 24 aprile, tra i temi di confronto cruciali vi è stata l’organizzazione del lavoro, specie rispetto all’adattamento dello smart working alla complessa realtà interna dell’Agenzia (per dimensione territoriale e articolazione di funzioni). Pertanto il 18 maggio viene siglata una specifica Intesa sulle nuove modalità di attuazione dello smart working (con validità fino al 31 luglio 2020), nel contesto di un lavoro agile ancora definito come “modalità ordinaria” nella Pubblica amministrazione. Anzitutto vi si afferma l’impegno comune a stabilire, terminata l’emergenza, “indicazioni operative definitive”. Il rientro parziale in sede di una quota di lavoratori (per un limite medio giornaliero del 45%) è affiancata all’adozione di misure di prevenzione e contrasto della Covid-19; si sottolinea che questo avverrà attraverso intese con le organizzazioni sindacali, sia a livello degli uffici centrali dell’Agenzia sia a livello delle sedi territoriali. È l’intesa del 18 maggio, infatti, a rimandare al confronto con i direttori territoriali
dell’Agenzia aspetti cruciali come l’applicazione della flessibilità oraria in entrata (prevista fino alle ore 11) e in uscita (fino alle 20) e, soprattutto, le “modalità operative” per definire profili orari, strumentazione, reperibilità e “disconnessione”, nonché altri aspetti organizzativi dello smart working. Questo è un punto di particolare rilievo evidenziato nel confronto con RSA e funzionari sindacali: la territorializzazione del confronto su salute e sicurezza e sullo smart working ha rappresentato un tema costante nella dialettica delle relazioni sindacali; da una parte è stata una conquista importante nei testi di accordo, dall’altra un tema di perdurante confronto riguardo alla sua applicazione sul campo.
Il 3 agosto 2020 viene firmato un nuovo accordo sullo smart working alla scadenza del precedente. L’accordo (con durata fino al 15 ottobre) in materia di prevenzione e contrasto del virus ribadisce quanto stabilito dall’intesa di settore per il “rientro in sicurezza” dei dipendenti della Pubblica amministrazione14, con il coinvolgimento di tutte le figure preposte, in particolare le task force sanitarie attivate dall’Agenzia, il medico competenze, RSA e RLS delle singole unità di lavoro. Rispetto al lavoro agile, si stabilisce una cornice generale che prevede una percentuale di lavoratori del “50 per cento e, in particolare, di norma entro il limite di 2 e 3 giorni alla settimana non cumulabili e definiti in base a una programmazione almeno bisettimanale”, favorendo i rientri volontari e garantendo il mantenimento del lavoro a distanza per i soggetti fragili. Si ribadiscono la flessibilità oraria e le materie organizzative da affrontare a livello territoriale. Si prevede l’indennità di rischio (già contenuta nel vigente Contratto integrativo di Agenzia) in relazione al rischio Covid-19 per il personale in servizio esterno o addetto al front office.
L’accordo ripropone anche in questa occasione un tema cruciale: il complesso sviluppo di relazioni sindacali a livello locale, un aspetto cruciale per un’Agenzia pubblica che pur facendo riferimento alle “funzioni Centrali” dello Stato ha un’ampia e sfaccettata articolazione territoriale. Difatti in una nota a margine dell’accordo, le organizzazioni sindacali lamentano la mancata apertura del confronto con le rappresentanze sindacali territoriali in materia di prevenzione e contrasto del virus, nonché il non recepimento della proposta di includere tra le categorie garantite per l’accesso al lavoro agile anche i genitori di bambini e ragazzi fino a 16 anni. Su questo punto, a ottobre 2020 nelle Linee di indirizzo per l’uniformità dell’azione amministrativa dell’ADM, viene consentito lo smart working per i genitori di figli minori di 14 anni in relazione a “difficoltà connesse con l’attività didattica” (sospensione, interruzione, diversa articolazione delle lezioni).
Lungo l’intero corso dell’emergenza sanitaria, il confronto sindacale intorno al lavoro agile in Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha evidenziato, da una parte, una serie di vincoli e condizioni di contesto, in particolare l’ovvio legame con l’evolvere della normativa nazionale di riferimento per il lavoro pubblico e i decreti ministeriali che ne hanno definito l’applicazione. Quindi certamente hanno agito vincoli stringenti, che pur mostrando oscillazioni hanno garantito l’adattamento tempestivo delle modalità di smart working a una situazione epidemiologica in costante evoluzione (il lockdown, la “fase 2”, la ripresa del virus a partire da ottobre 2020). Per un altro verso, il lavoro agile ha anche evidenziato nodi sindacali di fondo che riguardano l’articolazione territoriale dell’Agenzia, e quindi la valorizzazione delle rappresentanze dei lavoratori per quanto riguarda la contrattazione integrativa, l’applicazione specifica delle misure (in questo caso lo smart working, rispetto alle mansioni che possono accedervi, alle modalità di rientro in presenza, alle garanzie di parità retributiva, etc.) e anche il ruolo dei RLS in relazione agli specifici protocolli di sicurezza applicabili in un’Agenzia particolarmente articolata per missione, compiti e competenze, ma anche per pratiche lavorative, contesti operativi e profili professionali.
2.4 Prevenzione del contagio e tutela dei lavoratori in Amazon: il caso di Castel San Xxxxxxxx (di Beppe De Sario)
Amazon Italia è composta da diverse società che integrano le attività di magazzinaggio, trasporto e logistica, customer care, vendita, post-vendita. A fine 2019 oltre i due terzi dei circa 6.900 dipendenti (considerando i dati diffusi dall’azienda) erano occupati nei diversi centri di distribuzione presenti sul territorio nazionale. Intorno al 20% degli addetti è occupata da Amazon Italia Customer Services Srl, mentre una quota del 15% circa da Amazon Italia Transport Srl. Per la distribuzione e la consegna, infatti, il marchio Amazon logistics si avvale di un notevole numero di corrieri che costituiscono un’ampia rete di subfornitura la quale risponde, sul piano organizzativo e tecnologico, ad Amazon stessa. La diffusione della pandemia di Covid-19 ha rappresentato a livello globale un’opportunità per molti fornitori di servizi a distanza, per l’e-commerce e per gli attori dei servizi di logistica. La stessa Amazon Italia nell’estate 2020 ha comunicato che nel corso dell’anno si sarebbe avvicinata all’obiettivo di portare la forza lavoro a tempo indeterminato intorno alle
8.500 unità. Parte di questa forza lavoro è stata impiegata nell’avvio di nuovi stabilimenti (Castelguglielmo, in provincia di Rovigo, e Colleferro in provincia di Roma), ma ha anche contribuito a saturare gli attuali centri di distribuzione.
Dal punto di vista dei perimetri contrattuali e sindacali, Amazon rappresenta un soggetto composito, sia per la strategia adottata nelle relazioni sindacali sia per i caratteri oggettivi della filiera produttiva. L’azienda rifiuta di considerarsi, sul piano delle relazioni sindacali, un’entità organica e di conseguenza non si presta a un confronto intercategoriale che comprenda trasporto, logistica, magazzinaggio, e che includa sia il rapporto con le XX.XX. di settore sia quello con le rappresentanze dei lavoratori in somministrazione. Ciò peraltro si è riflesso nella fase pandemica anche a livello di stabilimento, dal momento che l’azienda predilige il rapporto con le rappresentanze aziendali e con i rappresentanti per la sicurezza rispetto alle strutture territoriali di categoria. Pesano inoltre le strategie contrattuali di Amazon legate all’applicazione di CCNL differenziati in ciascun stabilimento (prevalentemente Trasporto e logistica in Piemonte, Lombardia, Lazio, Tds nel sito storico di Castel San Xxxxxxxx).
Nell’ambito del trasporto le vertenze che coinvolgono le aziende della subfornitura sono di frequente incentrate sulla responsabilità di filiera in capo ad Amazon, e l’anno della Covid-19 ha per certi versi riproposto questi nodi, soprattutto alla luce della forte pressione della domanda nella distribuzione di beni: in Lombardia, a novembre 2020 è stato proclamato lo stato di agitazione da parte dei sindacati del trasporto e della logistica, coinvolgendo sia i drivers Amazon sia quelli delle aziende esterne; in particolare le rivendicazioni si concentrano sugli aspetti retributivi (buoni pasto, premi una tantum ma soprattutto istituzione di un Premio di risultato
15 Il frutto di quella stagione di prima sindacalizzazione del sito ha condotto all’accordo del 22 maggio 2018, a partire da rivendicazioni su orari e carichi di lavoro, incidenza degli infortuni, diritti e tutele dei lavoratori a tempo determinato e dei lavoratori in somministrazione (percorsi di consolidamento e stabilizzazione, parità di trattamento retributivo e di inquadramento rispetto ai dipendenti diretti), Vd. Un caso particolare di contrattazione aziendale - La Filiera Amazon, in Fdv e Cgil, Secondo Rapporto sulla contrattazione di II° livello, gennaio 2020.
negoziato16); in Toscana, a giugno 2020, altre vertenze hanno coinvolto aziende della rete distributiva Amazon, centrate sul vasto ricorso ai contratti a tempo determinato, sul riconoscimento delle indennità di trasferta per i part-time verticali e più in generale sul rispetto del CCNL Traporto e logistica.
Nel complesso, i temi negoziali di questa stagione segnata dalla Covid-19 si concentrano soprattutto su prevenzione e contrasto della diffusione del virus nei luoghi di lavoro, ma anche sugli aspetti tradizionalmente legati al confronto sindacale con l’azienda, sullo sfondo dei vincoli del nuovo contesto insieme alle ambivalenti opportunità di un mercato in espansione: la crescita occupazionale in Amazon e nella filiera dei servizi logistici esterni, i diritti dei nuovi assunti e dei lavoratori in somministrazione, gli aspetti retributivi.
All’inizio del lockdown nazionale di primavera, i lavoratori e le lavoratrici di Amazon a seguito dei provvedimenti del Governo rientrarono tra le attività cosiddette essenziali, peraltro in una fase di forte aumento della domanda di servizi di acquisto a distanza, trasporto e consegna di beni di consumo. Filcams, Fisascat e Uiltucs di Piacenza sottolineavano le condizioni strutturali di rischio del sito di Castel San Xxxxxxxx, in assenza di una integrale applicazione del Protocollo nazionale del 14 marzo 2020, in particolare a proposito delle misure di prevenzione (distanziamento, dotazione di dpi, riorganizzazione degli spostamenti e processi interni) e della ritrosia aziendale a costituire il comitato paritetico per la definizione, l’applicazione e il monitoraggio delle misure stabilite dal Protocollo nazionale. I delegati e i responsabili sindacali sottolineano che nei primi giorni della pandemia la preoccupazione dei lavoratori era palpabile. Le prime richieste rivolte all’azienda si concentrarono sulla fornitura di guanti, mascherine, gel igienizzanti, sul distanziamento da realizzare nei magazzini e sulla riarticolazione dei turni. A fronte di una risposta interlocutoria dell’azienda, i sindacati decidono lo stato di agitazione e proclamano uno sciopero del centro di distribuzione di Castel San Xxxxxxxx (Piacenza) che si è protratto per 11 giorni, dal 16 al 27 marzo. Nei giorni di mobilitazione il confronto tra XX.XX. e Amazon è proseguito fino alla sigla del verbale di incontro del 27 marzo 2020, con il quale i principali punti del Protocollo nazionale sono stati adottati anche per i lavoratori e le lavoratrici di Amazon Italia.
Proprio in questa prima fase, la definizione del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” ha concretamente fornito una leva di pressione ai rappresentanti dei lavoratori nel confronto con l’azienda. I contenuti del Protocollo, adattati alla specifica realtà produttiva e organizzativa di Amazon, diventano così la base della proposta sindacale. In particolare, si coglie l’occasione del Comitato paritetico previsto all’art. 13 del Protocollo per rafforzare il controllo sulla sicurezza e in tal modo il ruolo degli RLS. Le rappresentanze dei lavoratori oggi sottolineano come su questo punto l’emergenza abbia sostenuto un salto di qualità del ruolo degli RLS; tuttavia ciò non è garantito per il futuro e gli sviluppi dopo la fine dell’emergenza andranno negoziati.
Andando al merito dell’accordo del 27 marzo, vi vengono adottate le misure nazionali per le procedure di pulizia e sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro, oltre al controllo della temperatura in entrata. Si definisce la distanza interpersonale minima di 2 metri per garantire il distanziamento tra i lavoratori. Considerando le specificità organizzative e di processo di un grande stabilimento, l’accordo interviene anche sulla turnistica definendo tre gruppi per
ciascuno dei tre turni giornalieri, contingentando l’ingresso dei lavoratori ogni 15 minuti. I servizi comuni (in particolare la mensa) sono riorganizzati in base alle regole di distanziamento e la pausa retribuita è aumentata (temporaneamente, per la durata dell’emergenza) di 5 minuti. Eccezionalmente, l’azienda consentirà ai lavoratori di introdurre nel “floor” il proprio cellulare personale. L’azienda acconsente a fornire mascherine e guanti ai lavoratori, rispondendo a quanto specificamente previsto nell’Ordinanza della Regione Xxxxxx Xxxxxxx n. 43 del 23 marzo.
Oltre agli aspetti contenutistici, il testo definisce formalmente la costituzione del Comitato di cui al punto 13 del Protocollo nazionale del 14 marzo. Il Comitato è composto da RSA e RLS e da personale designato dall’azienda, si incontrerà almeno due volte alla settimana e il confronto verrà verbalizzato. Almeno due RSA e RLS avranno la facoltà di verificare le condizioni di attuazione delle misure ed eventuali situazioni di rischio, per l’intera durata di ciascun turno e in ogni area dello stabilimento. Al di fuori della lettera dell’accordo, gli RLS e le RSA inviano ogni settimana ai referenti aziendali del Comitato una sintesi delle questioni in sospeso (segnalazioni dei lavoratori, richieste e punti di confronto ancora aperti, etc.). L’azienda comunica a RSA e RLS con cadenza settimanale i dati sui contagi riguardanti i lavoratori e si occupa dell’eventuale tracciamento dei contatti interni; tuttavia non sono condivise nel Comitato tutte le informazioni e le procedure (reparti o mansioni dei lavoratori contagiati, eventuali cluster o catene di trasmissione interne).
L’Accordo del 27 marzo (in effetti un “verbale”) registra anche posizioni discordanti, riguardanti la richiesta sindacale di riduzione dei turni – per cui si chiede, da parte delle XX.XX., anche il ricorso agli ammortizzatori sociali – e una selezione più stringente dei beni oggetto di vendita e distribuzione, da ricondurre alla sola tipologia dei beni “essenziali”.
Proprio questi aspetti avrebbero alimentato elementi di tensione nel confronto dei mesi successivi, soprattutto nella cosiddetta Fase 2 dell’emergenza, caratterizzata dalla progressiva riapertura delle attività produttive e sociali. L’andamento dell’e-commerce e dei servizi connessi di logistica e trasporti ha avuto una crescita costante; in parte ciò ha coinvolto e beneficiato anche attori economici di piccole e medie dimensioni, ma certamente le economie di scala maggiori hanno visto protagonisti i grandi player del settore. In questa fase, i processi più rilevanti hanno riguardato l’espansione produttiva e occupazionale, accanto a un’intensificazione dei carichi di lavoro con ripercussioni sulla stessa organizzazione del lavoro. Ma ciò non è avvenuto nello stesso modo e nella stessa misura all’interno della filiera Amazon. Nel contesto dell’apertura di nuovi siti
– o del potenziamento di quelli esistenti – si è ripresentata la necessità di gestire nuove consistenti assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato e determinato, insieme al flusso di nuovi e ricorrenti lavoratori in somministrazione. Per quanto il sistema di confronto tra le parti sulle misure contro la Covid-19 si sia consolidato, l’afflusso di nuovo personale e l’incremento della domanda hanno messo costantemente sotto pressione diversi aspetti dei processi produttivi che influiscono sulla salute e sicurezza. In particolare, i rappresentanti dei lavoratori segnalano la criticità del distanziamento per gli operatori impegnati in postazioni statiche e durante gli spostamenti all’interno dei magazzini. Ciò ha posto talvolta in contrasto i regolamenti vigenti (riferiti agli accordi aziendali e al Protocollo nazionale) con le sollecitazioni alla produttività della prestazione individuale. I delegati sottolineano come questo renda evidente una contraddizione tra i richiami generali dell’azienda al rispetto dei protocolli di sicurezza e le pressioni dei responsabili aziendali intermedi per il raggiungimento degli obiettivi e il rispetto dei tempi di produzione. Più in generale, la distanza interpersonale prescritta non sempre si concilia con i reali processi lavorativi: dalle modalità di scaglionamento degli ingressi agli spostamenti interni dei lavoratori, fino ai contatti di prossimità tra un lavoratore e l’altro negli spazi comuni. Sono stati quindi introdotti aggiustamenti, ad esempio schermi di plexiglass per separare le postazioni di
lavoro e, nel caso sia impossibile mantenere il distanziamento di 2 metri, almeno uno dei lavoratori deve indossare una visiera protettiva.
La fase espansiva dell’attività economica non ha trovato un corrispondente riflesso nei benefici retributivi: Amazon non ha mai formalizzato con accordo sindacale uno schema Premio di risultato, limitandosi a integrazioni unilaterali nel corso dell’anno. Nel periodo successivo alla sigla dell’accordo del 27 marzo, l’azienda ha stabilito la cifra di 2 euro lordi all’ora, riconosciuta da metà aprile fino a giugno, come forma di riconoscimento aziendale (“additional pay”) e incentivo per la presenza sul lavoro nel periodo della “ripartenza” post lockdown. A questo provvedimento è seguito un bonus una tantum di 500 euro lordi, ancora unilaterale. L’azienda continua a sfuggire al confronto sull’istituzione di un Premio di risultato strutturato e mantiene la leva della retribuzione variabile saldamente nelle proprie mani, sebbene l’erogazione del Pdr sarebbe più vantaggiosa – certamente per i lavoratori – potendo godere della detassazione prevista in base alle norme introdotte dalla Legge di stabilità 2016.
2.5 Gucci: il contrasto della Covid-19 in un luxury brand internazionale (di Beppe De Sario)
Poco prima dell’inizio della pandemia di Covid-19, il Gruppo Kering di cui Gucci fa parte aveva appena chiuso i bilanci 2019 con una crescita di fatturato sostenuta, oscillante tra il 15% e il 20% per le diverse società appartenenti al gruppo multinazionale (Gucci, Yves Saint Laurent, Xxxxxxxxx XxXxxxx, Balenciaga, Bottega Veneta, e altri). Durante la fase più acuta dell’emergenza, con la chiusura delle attività retail (sebbene bilanciata da un aumento delle vendite online), Gucci ha registrato un calo di fatturato nel primo semestre 2020 intorno al 30%; quindi un valore importante, anche se sensibilmente inferiore ad altri settori manifatturieri o dei servizi.
La situazione d’emergenza dei primi giorni di marzo 2020 ha colto le parti sindacali e Gucci già all’opera nell’elaborazione di un protocollo per il contrasto del contagio e per la sicurezza sul lavoro, oltre che nella definizione delle prime misure per riorganizzare la produzione (lavoro agile, utilizzo di ferie e permessi arretrati e ogni altro strumento della contrattazione collettiva utile alla gestione dell’emergenza). Fin dalla fine di febbraio l’azienda ha provveduto a informare le rappresentanze sindacali sulle prime iniziative prese per il contrasto del virus, a partire da una maggiore diffusione dello smart working, in origine concentrato soprattutto sulla sede direzionale del Gucci hub di Milano (nella ex fabbrica aeronautica Caproni, con funzioni direzionali e commerciali insieme agli showroom e allo spazio dedicato alle sfilate). Gli altri poli del gruppo sono concentrati su Firenze (amministrazione e produzione) e Roma (stile e design). Il 15 marzo 2020 viene siglato l’accordo che sistematizza tali orientamenti e approva il Protocollo di regolamentazione Gucci. Alla luce del Protocollo nazionale del 14 marzo tra le parti sociali, rafforzato dal riconoscimento governativo, l’accordo Gucci istituisce il Comitato per l’applicazione e la verifica del protocollo aziendale, con la partecipazione di RSU, RLS e anche XX.XX. firmatarie dell’accordo.
Il 30 marzo, un nuovo accordo si concentra sugli aspetti produttivi nel contesto della sospensione delle attività prevista con il Dpcm del 22 marzo. Nell’accordo si prevede l’utilizzo della Cigo e, parzialmente, di Rol e Banca ore, oltre ai residui di ferie e permessi maturati nel 2019. Da parte sua, l’azienda si impegna a garantire l’integrazione al 100% della Cassa integrazione, compresa la maturazione dei ratei, oltre ad anticipare il trattamento Inps. Tutti questi aspetti dell’accordo sono limitati alla fase della più stretta emergenza, come “condizioni di miglior favore
non ripetibili”, e vengono ribaditi nell’accordo del 6 aprile che completa la procedura di consultazione sindacale. Nell stesso accordo sono indicati i lavoratori che per ciascuna sede produttiva adotteranno per nove settimane la Cigo Covid a zero ora (circa il 90% dei dipendenti). La sospensione temporanea della produzione non ha significato interruzione dell’attività; e non sono mancate disfunzioni, specie in questa fase, con i lavoratori delle funzioni commerciali e amministrative comunque chiamati a un impegno notevole (cancellazioni di ordini, revisione di pratiche, etc.), pur dovendo adeguarsi alla riduzione dell’orario di lavoro, allo smaltimento di ferie e permessi, oltre all’adattamento precipitoso al lavoro agile.
Il 18 aprile, in vista della ripresa produttiva, viene aggiornato il Protocollo di regolamentazione Gucci. Nel testo dell’accordo si cita il contributo al Protocollo del professore Xxxxxxx Xxxxxxx, ed è richiamata la possibilità di interventi tecnici di esperti esterni, qualora fosse ritenuto necessario in fase di aggiornamento del Protocollo stesso. Si chiariscono inoltre le prerogative e le modalità di intervento del Comitato per la sicurezza: si riunirà ordinariamente ogni 15 giorni, sarà composto da 3 membri di RSU e RLS, organizzazioni sindacali firmatarie, RSSP e responsabili aziendali delle risorse umane. Il Protocollo presenta una serie di misure particolarmente rigorose, a partire da check-list di autodiagnosi per i lavoratori, indicazione delle precise disponibilità individuali di dpi, arricchimento degli allegati informativi/formativi per i lavoratori, fino a un’azione più stringente della sorveglianza sanitaria e una gestione dettagliata dei casi di contagio, dei contatti stretti e anche dei “contatti di secondo livello” (contatti di “contatti stretti”). Nel complesso, la valutazione delle rappresentanze dei lavoratori è positiva sugli effetti del Protocollo, alla luce dei limitati casi confermati di contagio non solo all’interno degli stabilimenti ma anche tra i fornitori esterni (ai quali è stato richiesto il rispetto di alcune misure specifiche, ad esempio la sanificazione del servizio di trasporto aziendale, oltre che la compilazione di un’autocertificazione con check list di autoanamnesi).
La gestione della ripresa produttiva è stata progressiva, a partire dagli addetti alle attività di “prototipia” (laboratori dove vengono realizzati e testati i prototipi degli articoli in pelle, calzature, accessori), e l’ingresso e la presenza dei lavoratori sono stati riorganizzati temporaneamente, tra maggio e luglio, con la previsione di due turni di sei ore (dalle 7.00 alle 13, e dalle 13.30 alle 19.30, con sanificazione degli impianti tra primo e secondo turno). Questo in qualche misura ha rappresentato una novità per i lavoratori e le lavoratrici (peraltro non solo in Gucci, ma anche in altre aziende del settore moda) abituati a un orario aziendale tradizionalmente non organizzato in turni e con una pausa di 60 minuti (il Contratto collettivo aziendale del 2017 prevede un orario “rigido” differenziato in base ai settori, e una formula non rigida che dispone fasce di flessibilità in entrata e uscita, ma comunque con ingresso non prima delle 8.00 e uscita non successiva alle 18.30). Su questo le RSU evidenziano come con la ripresa produttiva a pieno regime si sia tornati alla struttura oraria precedente, perché più coerente – si sostiene – con le esigenze di qualità e produttività del lavoro, oltre che con i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici.
Successivamente vi sono stati due ulteriori aggiornamenti del Protocollo di regolamentazione Gucci: 2 maggio e 19 ottobre 2020. In quest’ultimo aggiornamento si prevede tra l’altro un ruolo particolarmente incisivo del medico competente, le cui valutazioni in alcuni casi “possono comportare la temporanea preclusione all’accesso in azienda ai dipendenti impossibilitati in ragione delle mansioni svolte a rendere la prestazione in modalità agile, seppur in assenza di provvedimenti sanitari delle ATS competenti (quarantena o isolamento) e/o di idonea certificazione medica”. In sostanza, le misure di contrasto del virus non sono limitate ai processi (distanziamento, dpi, igienizzazione dei locali, contingentamento degli ingressi e dell’accesso a spezi comuni, etc.) ma si basano su un’azione preventiva e di sorveglianza sanitaria che incide
sull’organizzazione del lavoro, e può essere realizzata a condizione che i lavoratori siano messi in grado di rispondere alle misure di prevenzione senza riflessi negativi sulla propria condizione lavorativa e senza entrare in contraddizione con ciò che viene loro richiesto durante la prestazione di lavoro. Peraltro, la sorveglianza sanitaria ha una dimensione attiva, attraverso screening periodici, con adesione volontaria, rivolti al personale che risulta in condizioni di potenziale rischio, in base ai criteri di un algoritmo realizzato con il contributo della XXXXX Xxxxx Xxxxx, il quale oltre a indicatori di rischio interni (tipo di lavoro e mansioni) considera anche criteri di contesto (indici territoriali di diffusione della pandemia) e fattori soggettivi (età, reti di relazioni, abitudini sociali, etc.).
Anche in ragione di questa capillare sorveglianza sanitaria – e nel contesto della ripresa della pandemia – viene siglato il Verbale di accordo sindacale del 25 novembre 2020, che prevede l’utilizzo dei permessi retribuiti WLB (Work Life Balance) previsti nel Contratto collettivo aziendale di lavoro del 2017, estesi alle assenze motivate da sorveglianza sanitaria e prevenzione che non possono essere assimilate ad assenze per malattia, e in mancanza di possibilità d’accesso allo smart working per motivi organizzativi e funzionali. L’accordo prevede la costituzione di un monte ore “Permessi retribuiti Covid-19” alimentato dall’accantonamento dei permessi WLB non fruiti. Oltre a estendere il campo di applicazione dei permessi WLB a motivazioni legate all’emergenza sanitaria, l’accordo ne amplia l’accessibilità anche ai lavoratori e alle lavoratrici occupate in tutte le aziende del Gruppo, le quali pur avendo sottoscritto il medesimo Protocollo di regolamentazione Gucci per la sicurezza e il contrasto della Covid-19 non erano tra le aziende che avevano sottoscritto il Contratto aziendale a cui si riferisce l’istituto dei permessi WLB. In questo senso, tale iniziativa rappresenta un’azione fondamentalmente inclusiva che estende un’opportunità di conciliazione e allo stesso tempo consente di rendere sostenibile la sorveglianza sanitaria e coniugarla con la tutela della condizione dei lavoratori. Accanto a ciò i rappresentanti sindacali evidenziano la necessità di una più ampia armonizzazione contrattuale tra le diverse società del gruppo, specie quelle di più recente acquisizione.
Nella stessa data (25 novembre) è stato siglato un accordo sulla parte variabile del salario. Prendendo atto dell’impossibilità di raggiungere i valori minimi degli indicatori economico- finanziari del premio a causa dalla crisi pandemica, si è proceduto alla definizione di un premio composto da una componente salariale dimezzata rispetto a quanto previsto nel Contratto aziendale vigente (comunque può raggiungere un massimo del 8% della retribuzione annua lorda) e a un “Wallet aggiuntivo” in welfare ugualmente dimezzato (per una cifra equivalente di 250 euro). La definizione variabile del premio non è quindi legata all’andamento economico dell’azienda nel 2020, ma si concentra sulla sola valutazione degli obiettivi raggiunti, individuali o di team (il “COSA”, secondo i criteri definiti nel CCAL 2017, attualmente in ultravigenza), a condizione che la prestazione lavorativa sia valutata “pienamente corrispondente alle attese (il “COME”).
Al di là del quadro complessivo della gestione della fase emergenziale (dalla salute e sicurezza all’organizzazione del lavoro, fino agli aspetti retributivi e premiali), diversi dettagli degli accordi, richiamati dai delegati di Gucci e dai rappresentanti sindacali Filctem di Firenze, alludono a un contesto di relazioni sindacali generalmente progressivo. Da un lato, in ciò agisce la particolare natura di un’azienda manifatturiera che rappresenta un brand di livello internazionale, le cui attività strettamente produttive incorporano sapere e valore assai significativi, basati su professionalità elevate. Il valore Gucci si riflette certamente in una retribuzione che, con la componente variabile prevista nel Contratto aziendale del 2017 può raggiungere livelli elevati (per quanto finora erogato al di fuori dello schema della detassazione del Pdr, e oggetto ancora oggi di
confronto sindacale). Oltre a una buona base retributiva, che nella gestione dell’emergenza si aggiunge alla disponibilità aziendale all’integrazione e all’anticipo della Cigo Covid, il senso solidale e inclusivo dell’accordo sui permessi WLB si colloca in una tradizione di relazioni tra le parti e in un vero e proprio “ambiente contrattuale” coerente. Partendo dalle dichiarazioni di premessa del Contratto collettivo aziendale del 2017 (area industria), l’incipit esalta le buone relazioni sindacali vigenti, usando le espressioni “dialogo”, confronto, informazione preventiva, modello partecipativo, coinvolgimento delle persone, etc. A questo seguono i primi articoli del CCAL: anzitutto Relazioni sindacali, ma immediatamente di seguito quelli dedicati a Responsabilità sociale d’impresa, Salute sicurezza ambiente e benessere, Pari opportunità e diversità, Formazione. Il CCAL del 2017 dispone inoltre permessi aggiuntivi e trattamenti di maggior favore per tutela della maternità, paternità, nonché misure e benefit di welfare aziendale. L’anno successivo è stata avviata una sperimentazione sul lavoro agile, che ha portato all’accordo del 27 novembre 2018 in cui è adottato il regolamento per lo smart working. L’accordo, che ha vigenza per tre anni fino al 31 dicembre 2021, estende lo smart working in nuove aree aziendali compatibili per il lavoro agile (mansioni non marginali in un’azienda come Gucci, rispetto a quelle strettamente manifatturiere che si svolgono in manovia e nei laboratori che realizzano campioni e prototipi). L’adesione è consentita ai dipendenti a tempo indeterminato, anche part-time, con qualifica di impiegato o quadro. L’orario di lavoro reso in lavoro agile corrisponde a quello contrattuale previsto per i lavoratori in presenza, nel rispetto della durata massima giornaliera o settimanale. Lo smart working viene consentito fino a un massimo di 4 giornate al mese, anche frazionabili in mezze giornate; mentre per alcune categorie di lavoratori (con figli d’età inferiore ai 3 anni e categorie protette e fragili) può arrivare fino a 8 giorni.
Va sottolineato che il pur recente quadro di regole stabilite con l’accordo del 2018 è stato definito nella fase pre-pandemia; e ciò si riflette sia nella misura (limitato ad alcuni giorni/mese e cautamente esteso a nuove aree aziendali dopo una fase di sperimentazione) sia nella ratio, fondamentalmente legata a intenti di conciliazione vita-lavoro e non all’armonizzazione con un’organizzazione aziendale che includa organicamente il lavoro agile. Nettamente diversa la cornice dello smart working nel contesto pandemico: le valutazioni sindacali sono ambivalenti ed evidenziano da una parte un buon gradimento da parte di lavoratori e lavoratrici, accanto alla necessità di intervenire su diversi aspetti della prestazione (dall’equilibrio dei carichi di lavoro al diritto alla disconnessione) in vista di un aggiornamento dell’accordo aziendale vigente. Pertanto, il lavoro agile in Gucci è rimasto un tema di discussione aperto: ben accolto dall’azienda ma ancora non regolato in maniera specifica nella cornice del nuovo contesto. Oltre a questo va considerato l’approccio talvolta differenziato dei responsabili intermedi che può aver comportato squilibri nei carichi di lavoro tra lavoratori di diversi settori (commerciale, amministrazione, progettazione, comunicazione, etc.) specie durante i mesi di chiusura parziale, oltre a criteri di rientro in presenza (o di permanenza in lavoro agile) non omogenei e definiti in base agli orientamenti dei singoli responsabili aziendali.
2.6 Il Protocollo Covid e l’accordo sullo smart working in Acciai Speciali di Terni
(di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx)
La gestione dell’emergenza pandemica in Acciai Speciali di Terni (AST) si è basata, sin dall’inizio, su un confronto serrato tra sindacati e vertici dell’acciaieria. Le iniziali richieste avanzate dai rappresentanti dei lavoratori non sono state adeguatamente ascoltate dal management aziendale e le misure adottate sono state giudicate insufficienti, tanto da spingere i sindacati a proclamare uno sciopero di 48 ore tra il 12 e il 13 marzo. Inoltre, le segreterie provinciali dei sindacati metalmeccanici hanno richiesto un incontro al Prefetto a seguito del quale è stato predisposto un blocco della produzione di 24 ore per verificare se le misure anti-contagio dettate dal DPCM del 11 marzo fossero state adeguatamente recepite dall’azienda. In seguito è stato siglato un Protocollo condiviso che elenca tutte le misure messe in campo per contenere il rischio da contagio in azienda e un accordo quadro per istituire una commissione paritetica incaricata di monitorare l’efficacia delle misure di sicurezza. Sulla base di queste iniziative, la diffusione dei contagi in azienda è stata abbastanza controllata, anche se durante la seconda ondata di novembre il tracciamento dei contagi non è stato sempre efficace, in linea con quanto è successo a livello nazionale. In questo frangente i rappresentanti della sicurezza hanno proposto anche di utilizzare i tamponi rapidi per cercare di riprendere il tracciamento dei contagi, ma l’azienda non si è dimostrata disponibile, probabilmente perché se fossero emersi troppi casi positivi si sarebbe rischiato un altro stop della produzione.
Se nelle aree adibite alla produzione l’applicazione del protocollo di sicurezza è stata adeguata, negli uffici, invece, le dovute misure di contenimento non sono apparse sufficienti al rientro del personale amministrativo a metà settembre. La situazione è stata denunciata al comitato paritetico e ci sono volute circa tre settimane per adeguare le misure di sicurezza negli uffici.
Una questione interessante segnalata dai sindacati riguarda l’acquisto da parte dell’azienda di un dispositivo indossabile che rileva il distanziamento tra i lavoratori e ne registra i contatti. Si tratta di uno strumento molto simile a quello utilizzato da ISA spa (cfr. par. 2.7), ma la differenza fondamentale sta nel fatto che in questo caso l’iniziativa non è stata condivisa con i rappresentati sindacali, ponendo un grosso problema rispetto alla gestione dei dati, appannaggio esclusivo dell’azienda, e al rischio di controllo a distanza. La direzione aziendale non si è dimostrata disponibile a condividere i dati con la commissione paritetica, dichiarando che le informazioni raccolte dal dispositivo sarebbero state trasmesse direttamente alla ASL in caso di segnalazioni di lavoratori positivi al Covid-19. Di fatto, però, l’azienda ha accesso diretto ai dati in qualsiasi momento e può controllare, senza dichiararlo apertamente, i movimenti e i contatti dei propri dipendenti. Oltre all’unilateralità dell’iniziativa, i delegati segnalano anche il fatto che la stessa risulta sostanzialmente inutile se non si dotano del dispositivo anche i lavoratori esterni, perché non è possibile delineare un tracciamento completo senza considerare gli operai delle ditte appaltatrici che ogni giorno entrano e operano in azienda. Di fatto, quindi, il provvedimento, nonostante l’obbligatorietà imposta dall’azienda, non è stato particolarmente efficace per il tracciamento parziale dei lavoratori, soprattutto per la mancanza di condivisione con le RSU che ha suscitato nei lavoratori un generalizzato timore di controllo.
In questo frangente è interessante confrontare la situazione di AST con quella della seconda azienda siderurgica della provincia, Faurecia, che pur essendo una realtà più piccola rappresenta comunque un importante bacino occupazionale per il territorio. Secondo il rappresentante Fiom di
Faurecia, il confronto tra le parti è stato da subito collaborativo, portando l’azienda a adottare misure molto stringenti già nella primissima fase dell’epidemia, che pur non essendo sempre comprese dai lavoratori hanno consentito una migliore gestione dell’emergenza.
Una particolare attenzione va dedicata all’accordo sullo smart working di AST, firmato da RSU e azienda il 25 agosto, che regola un periodo di sperimentazione di sei mesi per gli impiegati amministrativi. Come la maggior parte delle imprese, nella prima fase dell’emergenza pandemica AST ha deciso di collocare in smart working tutti i dipendenti delle funzioni amministrative che potevano esercitare le proprie mansioni da remoto. Ovviamente in questo contesto non c’è stata alcuna regolamentazione da parte dell’azienda e, tra marzo e luglio, i dipendenti hanno alternato uno/due giorni di CIG a settimana e il lavoro da casa. Dopo questa prima fase obbligata, l’azienda, su richiesta delle rappresentanze sindacali, ha intavolato una trattativa per la regolamentazione del lavoro agile che ha portato alla stesura dell’accordo, rendendolo di fatto una modalità di lavoro strutturata. La premessa dell’accordo si fonda sull’idea che “il ricorso al lavoro agile sia un fattore abilitante dello sviluppo della digitalizzazione, del miglioramento della produttività, di promozione della sostenibilità sociale, economica e ambientale che favorisca – tra l’altro- la conciliazione tra i tempi di lavoro e la vita personale, con particolare attenzione alle esigenze di cura familiare” 17. L’azienda ha stabilito, in base a criteri tecnico-organizzativi, quali mansioni sono compatibili con il lavoro da remoto e la sottoscrizione dell’accordo individuale avviene su base volontaria. Tuttavia alcune clausole dell’accordo hanno succitato contrasti tra le parti in fase di stesura; a iniziare dalla data del rientro che per l’azienda sarebbe dovuto avvenire il primo settembre dopo che gli uffici erano stati predisposti secondo le norme di sicurezza. Tuttavia i rappresentanti sono riusciti a far slittare il rientro al 14 settembre, in concomitanza con la riapertura delle scuole, richiamando il Decreto Lavoro Agile del 7 agosto 2020 del Ministero del Lavoro che prevede il ricorso allo smart working per i lavoratori con figli minori di 14 anni.
L’accordo prevede che la prestazione lavorativa da remoto possa essere eseguita per 1 giorno a settimana, previa comunicazione al supervisore; la mancata fruizione settimanale della giornata di lavoro agile non ne consente il recupero in un periodo successivo, salvo nel caso in cui la rinuncia sia richiesta dall’azienda. Nonostante l’iniziale riluttanza dei dirigenti, si conferma che la scelta del giorno della settimana in cui lavorare da remoto spetta ai lavoratori, con la raccomandazione di non scegliere quelli adiacenti al fine settimana. Sulla stessa scia, l’accordo prevede che la prestazione lavorativa di 8 ore venga svolta tra le 8:00 e le 20:00, ma devono essere garantite le fasce orarie comprese tra le 9:00 e le 12:30 la mattina, e tra le 14:00 e le 16:30 il pomeriggio. Secondo i delegati, stabilito che il lavoro debba essere svolto entro certi limiti temporali, non si dovrebbe imporre fasce orarie di reperibilità obbligatoria, perché questo invaliderebbe le stesse premesse per cui questa modalità di lavoro dovrebbe garantire una migliore conciliazione tra vita privata e lavoro18. Di fatto però l’azienda su questo punto è rimasta ferma nelle sue posizioni, per cui le fasce orarie obbligatorie sono state ratificate nell’accordo, come pure l’obbligatorietà di dichiarare dove si sta svolgendo la prestazione. Tuttavia va anche considerato che questo contrasto apre interrogativi e linee di riflessione su come definire e garantire il diritto di disconnessione dei lavoratori.
Al di là di queste considerazioni, emerge come da parte dell’azienda ci sia una parziale reticenza a cogliere lo spirito su cui si fonda lo smart working. I riscontri degli ultimi mesi, infatti, hanno provato che quello della produttività è un falso problema; è evidente che sono altri i fattori che impediscono allo smart working di diventare una prassi consolidata. In parte questo può imputarsi a una sorta di perdita del controllo diretto dell’azienda sui lavoratori, e una delegittimazione dei quadri e dirigenti; per cui, se si dimostra che si può lavorare bene anche fuori dai luoghi preposti, i responsabili perdono potere direttivo sui propri dipendenti. Un approccio molto diverso da quello adottato in Faurecia19, dove lo smart working sembra rappresentare una reale possibilità futura, l’azienda ha infatti intavolato un confronto strutturato su questi aspetti, anche sulla scia degli avvenimenti degli ultimi mesi che di fatto ne hanno accelerato il processo.
Ad oggi non è stato possibile valutare l’andamento della sperimentazione in AST (l’accordo prevedeva un esame congiunto a tre mesi), a causa della seconda ondata dell’epidemia durante la quale gli amministrativi hanno continuato a lavorare principalmente da casa. Tutto questo rende molto incerti gli scenari futuri per cui è difficile prevedere se, al di là dell’emergenza, lo smart working diventerà un istituto strutturato o l’azienda preferirà tornare al lavoro in presenza al 100%. Di contro, l’adesione all’accordo da parte dei lavoratori è stata massiccia; l’esperienza durante la fase emergenziale è stata sostanzialmente positiva, anche se ovviamente differenziata- soprattutto per le lavoratrici- e questo li ha spinti a voler proseguire con il lavoro da remoto, chiedendo anche di aumentare i giorni settimanali in cui questo è consentito.
Oltre a ciò, il segretario provinciale Xxxx ha sollevato una considerazione più generale rispetto alle relazioni tra i lavoratori. In un territorio votato alla siderurgia come quello del ternano, l’accordo AST sullo smart working può sicuramente considerarsi innovativo, ma proprio per le novità che ha introdotto ha suscitato delle complicazioni nel rapporto operai- impiegati. È emerso un problema politico nella categoria stessa per cui gli operai hanno lamentato maggiori svantaggi rispetto agli amministrativi e una maggiore esposizione al rischio di contagio. Il problema è stato in parte superato attraverso una fase di consultazione che ha coinvolto anche gli operai prima della stesura dell’accordo. In questo modo si è cercato di veicolare il concetto che lo smart working non è un benefit, ma solo una diversa modalità di lavoro, suscitando un maggior senso di solidarietà tra i lavoratori. In questo frangente il sindacato ha dovuto affrontare una situazione complessa, ma limitare queste dinamiche di contrapposizione tra categorie di lavoratori è un prerequisito fondamentale per migliorare le condizioni di tutti. In caso contrario si rischia di innescare un meccanismo di gioco al ribasso che porta a non migliorare né le condizioni degli impiegati, né quelle degli operai.
Al di là dei punti di contrasto emersi e della reticenza manifestata dall’azienda su alcuni aspetti, l’accordo AST può comunque considerarsi in maniera positiva tant’è che la FIOM nazionale lo ha preso a riferimento per redigere delle linee guida che poi potranno essere inserite nel prossimo rinnovo contrattuale20. Tuttavia è evidente che manca un quadro di riferimento; la legge 81 dà delle indicazioni generali, quello che serve è una legislazione più stringente affiancata a contratti nazionali che orientino la contrattazione di secondo livello. Serve, quindi, un orientamento univoco e centralizzato che possa indirizzare il dialogo sociale, soprattutto per garantire i lavoratori delle piccole aziende, meno rappresentati a livello sindacale. E questo deve avvenire sulla base del
20 Si fa riferimento al volantino Fiom “Smart-working: istruzioni per l'uso”: (xxxxx://xxx.xxxx-xxxx.xx/xxx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/0000/00_00_00-XXXXXXXXX-xxxxx-xxxxxxx.xxx).
principio fondamentale del lavoro agile, il rapporto fiduciario tra azienda e dipendente, per cui il lavoratore è libero di gestire le proprie mansioni autonomamente, conciliandolo con le esigenze personali. Si tratta di una prospettiva nuova, non sempre condivisa dalle aziende, ma è evidente che sarebbe utile proseguire lo slancio che la pandemia ha avviato, strutturando un percorso ormai già intrapreso.
2.7 I dispositivi per il distanziamento: il caso di ISA Safety (di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx)
Come si è visto dall’analisi dei dati, i sistemi di prevenzione messi in campo dalle aziende sono piuttosto standard e perlopiù legati alle indicazioni fornite dai protocolli settoriali e nazionali. Tuttavia alcune aziende hanno deciso di utilizzare strumenti supplementari che possano assicurare una maggiore sicurezza dei lavoratori, a condizione di garantirne comunque la privacy. Di particolare interesse, a questo proposito, è il caso dell’azienda Industrie Scaffalature Arredamenti - ISA SPA di Bastia Umbra che ha implementato l’uso di un dispositivo elettronico per favorire il distanziamento dei dipendenti (ISA Safety). Si tratta di un piccolo dispositivo portatile, eventualmente indossabile, che ha la duplice funzione di segnalare ai lavoratori stessi in tempo reale il rispetto della distanza di sicurezza e all’azienda di rintracciare i contatti ravvicinati in caso di lavoratori poi risultati positivi. Il dispositivo invia dei messaggi sui cellulari dei lavoratori attraverso un’applicazione ogni qual volta non viene rispetta la distanza minima di 1,5 metri, le notifiche diventano sempre più insistenti fino a quando non viene ripristinato lo spazio minimo tra i soggetti. L’intento immediato è di evitare contatti troppo ravvicinati, sollecitando i dipendenti al rispetto della reciproca distanza di sicurezza (nel caso che questa non sia dovuta alla disposizione delle postazioni di lavoro o ai flussi obbligati negli spazi comuni, i quali richiederebbero interventi sui processi e gli impianti aziendali). Inoltre in caso di soggetti positivi al coronavirus, vengono contattati i lavoratori con cui essi sono stati a diretto contatto e sono attivati i protocolli sanitari. Ovviamente in questo processo è pienamente garantita la privacy dei lavoratori, per cui non vengono tracciati i movimenti, né i nominativi risultano evidenti (sostituiti da matricole). L’accesso alle informazioni raccolte avviene solo in caso di necessità e a uso esclusivo di un comitato aziendale appositamente istituito, a cui partecipano le rappresentanze dei lavoratori insieme a quelle aziendali.
Al di là del funzionamento del dispositivo, è interessante anche il processo concertativo che ne ha permesso l’introduzione. L’azienda è stata costretta a una chiusura anticipata rispetto al DPCM del 22 marzo 2020, a seguito di un caso di positività di un lavoratore. L’acquisto di questi dispositivi, con l’obiettivo di prevenire futuri contagi, ha consentito la riapertura in tempi brevi, attraverso l’autorizzazione del prefetto concessa previo consenso delle XX.XX. In un primo momento l’azienda ha provato a gestire i dati direttamente, ma le rappresentanze dei lavoratori hanno chiesto e ottenuto di delegarne la gestione all’apposito comitato Covid. Le informazioni raccolte dal dispositivo sono esclusivamente rivolte alla prevenzione del rischio da contagio (interazioni da contatto ravvicinato prolungato), e allo stato non configurano un controllo sulla prestazione dei lavoratori. Le rappresentanze hanno saputo contrattare adeguatamente questo aspetto, forti anche del fatto contingente che l’azienda non avrebbe potuto riaprire senza il loro parere favorevole. Questo è stato un punto fondamentale, soprattutto in prospettiva futura, perché passata la fase emergenziale strumenti del genere – nella loro duttilità - potrebbero rivelarsi funzionali al controllo dei lavoratori da parte dell’azienda. Per questo motivo l’utilizzo del dispositivo, per ora, è stato vincolato strettamente al contrasto del rischio da contagio di Covid-19.
Ovviamente il tema più rilevante rimane quello dell’effettiva efficacia di ISA Safety. A Fronte dagli aspetti problematici (in questo caso positivamente negoziati: gestione e finalità dell’uso dei dati, modalità di utilizzo da parte dei lavoratori) occorre domandarsi se l’adozione di un dispositivo che consente il monitoraggio dei contatti ravvicinati tra lavoratori possa portare un beneficio aggiuntivo e sostanziale rispetto ad altri strumenti di prevenzione. Pur nel breve tempo in cui è stato utilizzato, di fatto il dispositivo si sarebbe rivelato molto utile nella prevenzione del contagio, evitando focolai sia nella prima ondata che in quella attuale. I pochissimi casi di positività intercettati sono stati prontamente isolati e non hanno causato altre infezioni. Questo sistema, insieme altre misure di sicurezza implementate dall’azienda21, ha garantito un impianto capillare che ha effettivamente minimizzato il rischio di contagio, facendo sentire i lavoratori più tutelati nell’ambiente di lavoro che altrove.
Va anche sottolineato che questo sistema ha garantito un utilizzo più flessibile delle mascherine, per cui i lavoratori, soprattutto durante i mesi più caldi, hanno potuto fare delle piccole “pause” nell’utilizzo dei DPI essendo sicuri di stare sempre a più di due metri di distanza dai colleghi.
Rispetto alla replicabilità dell’esperienza e all’esportabilità del dispositivo, bisogna considerare diversi aspetti. Anzitutto si tratta di un dispositivo piuttosto costoso che poche aziende possono permettersi di acquistare. La stessa ISA Spa ha dovuto affrontare un investimento ingente per il suo acquisto, contando poco meno di mille dipendenti. In questo caso, comunque, la spesa è stata ammortizzata dalla possibilità di un’apertura anticipata e una ripresa a pieno ritmo della produzione, quando la concorrenza era ancora ferma. Per ora quello di ISA Safety sembra essere un caso isolato, poche altre aziende hanno implementato l’uso di dispositivi e applicazioni che consentono il monitoraggio dei contatti e il tracciamento degli eventuali casi di contagio in azienda, e nessuno di questi garantisce anche il mantenimento costante del distanziamento fisico tra i lavoratori.
Come si è detto l’utilizzo del dispositivo è attualmente vincolato alla situazione di emergenza pandemica, tuttavia le parti stanno già pensando ad un’implementazione futura. In un contesto industriale con produzione a catena, mantenere una costante distanza fisica tra gli operatori può minimizzare il rischio di infortuni e garantire maggiore sicurezza. Per questo il modello di ISA Safety potrebbe essere un caso da approfondire anche al di fuori del contesto emergenziale e anche in altre realtà, non solo industriali, si pensi ad esempio ai cantieri. Come è stato esplicitamente dichiarato dalle XX.XX. “questo va considerato come un punto di partenza, non di arrivo”.
Conclusioni
La pandemia ha costretto tutti, lavoratori imprese e cittadini, a rivedere le proprie priorità, ha modificato approcci ormai consolidati nelle relazioni fra le persone e nelle attività negoziali, ha evidenziato nuove opportunità e nuove criticità.
La pandemia accompagna ormai le nostre vite da quasi un anno e molto probabilmente la accompagnerà ancora per molti mesi, in attesa che la campagna vaccinale possa determinare una sostanziale immunità nella popolazione.
Questo focus costruito assieme alla Fondazione Xx Xxxxxxxx, conferma come, anche per la contrattazione di secondo livello, il 2020 sia stato un anno di grandi sfide, veloci trasformazioni, cambiamenti radicali nella scala di priorità delle tematiche da affrontare.
La contrattazione ai tempi del Covid offre molti spunti di riflessione e le evoluzioni e le trasformazioni che si sono già determinate o che si potranno determinare nei prossimi mesi, assumeranno, in molte circostanze, caratteristiche di strutturalità. Una contrattazione che si è dovuta concentrare sulle misure di protezione, sugli interventi in materia di salute e sicurezza, sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sui cambiamenti nella organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro. Una contrattazione focalizzata sulle risposte da dare nella fase di emergenza, alcune peraltro necessarie per la continuità delle attività produttive, che tuttavia ha già indicato e determinato opzioni di stabile cambiamento nei luoghi di lavoro.
La contrattazione di secondo livello si è sviluppata in un contesto inedito, per la necessità di affrontare una situazione economica e sociale preoccupante e difficile, come testimonia il ricorso agli ammortizzatori che non ha precedenti, per intensità e diffusione, nella storia del nostro Paese.
Migliaia di accordi, gestiti in modalità da remoto, spesso con la relazione con i lavoratori intrattenuta per telefono vista la chiusura di molte aziende e l’impossibilità di gestire, anche nei luoghi definiti essenziali, assemblee sindacali, organizzate, dopo le prime settimane, in modalità da remoto e riprese in presenza solo nella seconda metà del 2020 e non ancora in tutti i luoghi di lavoro. Una contrattazione che è avvenuta durante la fase di rinnovo di quasi tutti i contratti nazionali di lavoro e in una stagione in cui, anche in ragione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi, il sindacato ha dovuto in primo luogo scongiurare il tentativo di bloccare i negoziati di primo livello.
Una contrattazione che per certi aspetti è stata determinata e propugnata dagli interventi legislativi dei primi mesi di pandemia, come accaduto con i Protocolli per la salute e la sicurezza sul lavoro, assurti a valore legislativo con il loro inserimento nei DPCM, che hanno individuato nei comitati territoriali e aziendali i luoghi per dare sostanza, efficacia e attuazione alle norme e alle misure di prevenzione del contagio e di gestione delle attività nei luoghi di lavoro. Una contrattazione che i lavoratori in molti casi hanno dovuto conquistare attraverso mobilitazioni e scioperi.
Cosa ci restituisce quindi questa nostra indagine dedicata alla contrattazione al tempo del Covid? La prima cosa che risulta evidente è il ruolo ed il valore delle relazioni sindacali.
La costituzione delle commissioni paritetiche aziendali e territoriali e soprattutto il loro ampio coinvolgimento su una materia come salute e sicurezza che incrocia inevitabilmente anche i temi della organizzazione del lavoro, degli orari, la sfera delle misure di sorveglianza e controllo,
confermano che i lavoratori possono influire e determinare cambiamenti e avanzamenti su significativi aspetti dei processi aziendali.
Il ruolo assunto in particolare modo dai delegati, RLS e RSU, è stato decisivo per governare gli effetti derivanti dalla pandemia nei processi produttivi oltre che per costruire una solida rete relazionale fra imprese e lavoratori in una fase di profonda incertezza e di paura. La sfida in questo ambito sarà quella di allargare e consolidare questo ruolo, determinante per governare una fase di grandi trasformazioni, e di provare, attraverso la contrattazione di anticipo, a contrattare le politiche industriali. Un valore, quello delle relazioni sindacali, riconosciuto e affermato anche dai comportamenti delle imprese che per le evidenze riportate nel rapporto non si sono limitate ad un mero coinvolgimento formale delle rappresentanze sindacali nei percorsi definiti anche dall’intervento legislativo. La relazione, a volte sostenuta dal conflitto e dalla mobilitazione, ha costituito anche per le aziende stesse la possibilità di migliorare l’ambiente aziendale, di costruire percorsi e cambiamenti sostenuti e spinti anche dai lavoratori e dalle lavoratrici, di aumentare o mantenere competitività e produttività.
Il secondo aspetto su cui pare utile ragionare riguarda il fatto che questa stagione di contratti di secondo livello ha avuto priorità inevitabilmente differenti dalle stagioni passate.
Se quindi il tema dei trattamenti economici è uno di quelli meno toccati nei contratti che si sono analizzati, se non in riferimento a specifici riconoscimenti per i lavoratori in particolari condizioni, diverso è il caso della partita relativa agli orari e alla organizzazione del lavoro. Anche in questo frangente, si tratta di misure che certamente sono state contrattate per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione della pandemia, e che in alcuni casi sono state esplicitamente indicate dai provvedimenti legislativi come strumenti per sostenere la riorganizzazione delle attività in presenza e consentire la copertura delle assenze in casi di lockdown (utilizzo ferie e permessi, scaglionamenti orari di entrata e uscita dai luoghi di lavoro, ridefinizioni turni, smart working). Questi interventi in alcuni accordi si consolidano, assumendo le caratteristiche di modificazioni strutturali nell’organizzazione del lavoro destinate a durare a lungo.
Ad esempio, lo smart working, è stato in primo luogo pensato come una misura di protezione dalla pandemia che consentisse di dare continuità a tutte quelle attività che potevano essere effettuate da remoto, e non certamente come una modalità di effettuazione della prestazione lavorativa che determinasse una nuova cultura organizzativa fondata più sul lavoro per obiettivi, sulla responsabilizzazione e autonomia nella gestione del lavoro da parte del lavoratore.
Tuttavia anche in ragione della pervasività e dell’ampiezza del suo utilizzo, le imprese hanno fin da subito individuato vantaggi e criticità di questa trasformazione che obbliga anche il sindacato a una profonda riflessione sulla capacità di governare questo cambiamento e i suoi effetti. Se da un lato infatti è innegabile che pur in assenza di obblighi specifici (la norma sospende anche l’unico obbligo definito dalla legge 81/2017 sul lavoro agile, l’obbligo dell’accordo individuale fra lavoratore e datore di lavoro) la contrattazione sì è affermata nella maggior parte delle attività produttive e degli enti pubblici come strumento di governo di questo mutamento, le sfide che si propongono alla contrattazione ( definizione delle norme contrattuali, rischio segregazione, impoverimento delle relazioni e delle competenze, diritto alla privacy e alla disconnessione, effetti sui tempi di lavoro, redistribuzione della redditività, ripercussioni sulla condivisione del lavoro di cura, effetti indiretti sul sito) sono molteplici e non semplici da affrontare anche con spirito rivendicativo e conflittuale tenendo conto dell’ampio gradimento che pare caratterizzare le lavoratrici e i lavoratori.
Allo stesso tempo sarebbe utile indagare, in relazione alle modifiche organizzative, gli effetti che si possono determinare, nel medio lungo periodo, dei cambiamenti degli orari di lavoro, anche in ragione dell’introduzione della norma del Fondo Nuove Competenze e della strada che quest’ultima può aprire sia rispetto alla possibilità di affrontare in modo strutturale la riflessione sulla redistribuzione e riduzione dell’orario di lavoro, sia rispetto al principio che assume la formazione come diritto soggettivo da esigere all’interno dell’orario di lavoro.
La formazione è infatti l’altro elemento trasversale che il rapporto ci consegna. Formazione, che spesso negli accordi sostiene e accompagna le modifiche organizzative e che viene considerata giustamente decisiva per la platea larga di lavoratrici e lavoratori sulle norme di sicurezza e di prevenzione e per innalzare e adeguare le competenze e le conoscenze a seguito delle innovazioni tecnologiche e degli adeguamenti organizzativi.
Formazione che è destinata a divenire sempre più decisiva anche per la qualità ed il coinvolgimento della rappresentanza sindacale e che dobbiamo rendere centrale nella nostra attività di negoziazione.
Si può ragionevolmente affermare che mancano o sono marginali negli accordi oggetto della riflessione di questo Focus (e non poteva essere altrimenti) molte delle tematiche e delle materie che in questi ultimi anni ci hanno fatto discutere e riflettere. Ciò vale, come detto, per la parte relativa ai trattamenti economici, per il welfare integrativo, per gli inquadramenti professionali, per il governo e la gestione del mercato del lavoro e le pratiche di inclusività. Ma la conferma della vitalità e della essenzialità della contrattazione risiede proprio in questa sua capacità di adattamento e di risposta alle sollecitazioni della realtà.
Questi ultimi mesi non ci consegnano un risultato meramente difensivo nonostante alla difesa dell’esistente la nostra contrattazione sia stata costretta, in più di una occasione, a piegarsi. Accanto alla salvaguardia dei posti i lavoro e alla contrattazione degli ammortizzatori, la nostra azione negoziale è stata capace di indicare nuovi terreni di protagonismo nella contrattazione di secondo livello, decisivi per la tutela della salute e della sicurezza e per governare un cambiamento che sappiamo avrà un forte impatto anche nei mesi futuri.
Il protagonismo dei lavoratori e delle loro rappresentanze farà la differenza nel valutare se i cambiamenti a cui la crisi pandemica ha sottoposto società, il sistema economico e pubblico, potranno non essere una nuova causa di ampliamento delle disuguaglianze, nella redistribuzione della ricchezza e nei diritti e nelle tutele, ma altresì determinare una nuova centralità del lavoro, dei suoi diritti, della sua capacità di ricomposizione di condizioni differenti per affermare un nuovo modello produttivo e sociale.
In questo contesto la lettura dei dati raccolti dall’Osservatorio si conferma per noi uno strumento irrinunciabile di analisi e di monitoraggio dell’andamento e della evoluzione delle relazioni negoziali in un tessuto produttivo che sappiamo essere caratterizzato storicamente da profonda frammentazione e in un contesto del mercato del lavoro indebolito da anni di scelte che hanno teso a indebolire la contrattazione collettiva a favore dell’individualismo dei rapporti e che hanno considerato diritti e tutele variabili sacrificabili alle logiche della competizione globale.
La conoscenza, la diffusione delle buone pratiche, l’orientamento della attività negoziale verso il rafforzamento e l’estensione della contrattazione di secondo livello e per la sempre sua maggiore capacità di inclusione, il coinvolgimento sempre più ampio della rete di delegati e attivisti, restano un patrimonio unico e solido da estendere. E su cui continuare a scommettere.
Xxxxx ScaccheṄ Segretaria Confederale CGIL
Allegato 1- Glossario
Di seguito viene riportato uno schema che riepiloga come sono state classificate le varie clausole rispetto alle etichette predisposte nella piattaforma per l’inserimento degli accordi. Rispetto ai precedenti rapporti, in questa fase d’inserimento le etichette hanno assunto significati più ampi e/o più specifici per questo è bene precisarne l’utilizzo in maniera dettagliata. Clausole particolari, non classificabili attraverso i temi precodificati sono rientrate nella categoria residuale “altro” e opportunamente specificate.
Etichette | Contenuto |
2.2.1 Assemblee e referendum | Da svolgere anche in remoto |
4.1.1 Orario aziendale | Rimodulati per prevenire rischio di contagio |
4.1.2 Turni / cicli | Rimodulati per prevenire rischio di contagio |
4.2.1 Ferie | Fruizione di ferie arretrate |
4.2.5 Riposi / Rol / Permessi retribuiti e non | Fruizione di permessi arretrati |
4.3.5 Flessibilità entrata e uscita | Entrate e uscite scaglionate |
5.1.5 Missioni / trasferte / distacchi | Sospensione di trasferte |
5.1.7 Controlli a distanza e gestione dei dati | Utilizzo dei dati legati a dispositivi di tracciamento |
5.2.1 Nuove tecnologie e digitalizzazione | Dotazioni tecnologiche per lavorare in SW |
5.2.2 Cambiamento organizzativo | Cambiamento del modello organizzativo aziendale mirato a ridurre i rischi di contagio |
6.3.1 Formazione professionale / continua | Rimandata o da svolgere in remoto |
6.3.2 Formazione all’innovazione organizzativa / produttiva / tecnologica | Formazione per lavoro in smart working |
7.3 Appalti/clausole sociali/contrasto lavoro irregolare | Disposizioni per soggetti appaltatori (aziende e personale esterno) |
8.2 Formazione aggiuntiva per i lavoratori | Informazioni e Formazione aggiuntiva fornita ai lavoratori per limitari i rischi di contagio |
8.3 Modalità di informazione e consultazione su Ssl | Consultazione su materie Covid-19 |
8.5.1 Sorveglianza sanitaria | Misurazione temperatura, test sierologici e tamponi |
8.5.2 Dispositivi di protezione individuale aggiuntivi | Dotazione di mascherine, guanti, igienizzanti |
8.5.5 Interventi sugli impianti e ambienti | Sanificazione degli ambienti |
8.5.6 Interventi sui processi, prodotti e materiali | Mantenimento del distanziamento fisico tra i lavoratori |
8.5.7 Interventi sull’ambiente esterno | Accesso fornitori esterni |
10.1.6 Altri congedi | Congedi speciali per Covid-19 |
10.2.2 Lavoratori con patologie gravi / croniche | Misure speciali per lavoratori più a rischio in caso di contagio |