CONTRATTI DI LAVORO E CERTIFICAZIONE
A mio padre Xxxxxxxx
Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova
Dipartimento di Diritto Privato e Diritto del Lavoro
SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN: Diritto Internazionale e Diritto Privato e del Lavoro INDIRIZZO: Diritto del Lavoro
CICLO: XXI
CONTRATTI DI LAVORO E CERTIFICAZIONE
Per un lettura finalisticamente orientata dell’istituto della certificazione dei contratti di lavoro
Direttore della Scuola : Xx.xx Xxxx. Xxxxx Xxxxx
Coordinatore d’indirizzo: Xx.xx Prof.ssa Xxxxxxx Xxxx
Supervisore: :Xx.xx Xxxx. Xxxxx Xxxxxxxxx
Dottorando: Xxxxxxx Xxxxxx
INDICE
Capitolo I
Il lungo cammino della certificazione fra proposte dottrinali, iniziative legislative e istanze di riforma del diritto del lavoro
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1. | Il contesto storico - concettuale della certificazione: il dibattito dottrinale intorno alla crisi del diritto e del processo del lavoro………. | 1 |
2. | La qualificazione dei contratti di lavoro nella giurisprudenza…………. | 10 |
3. | Il fermento progettuale degli anni ’90 e la certificazione. Il Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei Lavori………………………….. | 25 |
4. | Dal Libro Bianco del 2001 alla legge delega n. 30/2003………………... | 40 |
5. | La certificazione nel d.lgs. n. 276/2003: profili generali………………… | 56 |
6. | Le finalità vere o presunte della certificazione e il loro rilievo a fini interpretativi…………………………………………………………………… | 69 |
7. | Proposte e progetti di riforma della disciplina della certificazione……. | 76 |
Capitolo II
La certificazione fra accertamento, disposizione dei diritti e derogabilità assistita
1. | Introduzione……………………………………………………………………. | 87 |
2. | La certificazione con funzione qualificatoria……………………………... | 89 |
2.1. | L’oggetto della certificazione……………………………………………….. | 89 |
2.2. | Natura e disciplina del procedimento di certificazione. L’istanza comune delle parti e il rapporto fra conclusione del contratto e certificazione…………………………………………………………………… | 95 |
2.3. | Segue. Il rilievo dell’attività di assistenza e consulenza alle parti. I codici di buone pratiche e i moduli e formulari…………………………… | 110 |
II Indice
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2.4. | Natura e contenuto dell’atto di certificazione. Rapporto tra atto amministrativo e contratto…………………………………………………… | 122 |
2.5. | Effetti della certificazione……………………………………………………. | 132 |
2.5.1. | Effetti della certificazione nei confronti delle parti e dei terzi privati…. | 132 |
2.5.2. | Effetti della certificazione nei confronti degli enti pubblici……………... | 138 |
3. | Certificazione e disposizione dei diritti…………………………………….. | 143 |
4. | Certificazione e derogabilità assistita……………………………………… | 152 |
Capitolo III
I “rimedi” contro la certificazione
1. | I “rimedi” esperibili nei confronti della certificazione: profili introduttivi……………………………………………………………………. | 159 |
2. | Il ricorso per erronea qualificazione del contratto e per difformità esecutiva……………………………………………………………………… | 163 |
2.1. | Le ricostruzioni prospettate………………………………………………... | 163 |
2.2. | Segue. Una lettura alternativa. L’efficacia della sentenza di accoglimento del ricorso…………………………………………………… | 169 |
3. | L’impugnazione per vizi del consenso……………………………………. | 181 |
4. | L’impugnazione dell’atto di certificazione davanti al T.A.R………….. | 185 |
Bibliografia……………………………………………………………………………. | 191 |
Capitolo I
IL LUNGO CAMMINO DELLA CERTIFICAZIONE FRA PROPOSTE DOTTRINALI, INIZIATIVE LEGISLATIVE E ISTANZE DI RIFORMA DEL DIRITTO DEL LAVORO
SOMMARIO: 1. Il contesto storico - concettuale della certificazione: il dibattito dottrinale intorno alla crisi del diritto e del processo del lavoro. - 2. Segue. La qualificazione dei contratti di lavoro. -
3. Il fermento progettuale degli anni ‟90 e la certificazione. Il Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei Lavori. - 4. Dal Libro Bianco del 2001 alla legge delega n. 30/2003. - 5. La certificazione nel d.lgs. n. 276/2003: profili generali. - 6. Le finalità vere o presunte della certificazione e il loro rilievo a fini interpretativi. - 7. Proposte e progetti di riforma della disciplina della certificazione.
1. Il contesto storico - concettuale della certificazione: il dibattito dottrinale intorno alla crisi del diritto e del processo del lavoro.
Il d.lgs. n. 276/2003 rappresenta, allo stato, la prima parziale risposta1 fornita dal legislatore al fervido dibattito progettuale che si è sviluppato intorno a quella che è stata definita una vera e propria crisi del diritto del lavoro e delle sue categorie fondanti, prima fra tutte la fattispecie di riferimento dell‟art. 2094 c.c.2
Un lavoro che voglia cercare di fornire una lettura coerente e quanto più possibile sistematica dell‟istituto della certificazione dei contratti di lavoro, introdotto con il d.lgs. n. 276/2003, non può pertanto prescindere da una breve ricognizione delle ragioni della menzionata crisi del diritto del lavoro, nonché dei tentativi, dottrinali ed istituzionali, effettuati al fine di individuare le risposte più adeguate per farvi fronte, con particolare riferimento ai profili di incidenza sul tema oggetto della nostra indagine.
1 Cfr. X. XXXXXXX, Il diritto del lavoro e le sue categorie. Valori e tecniche nel diritto del lavoro, Cedam, Padova, 2006, p. 140.
2 Cfr., fra gli altri, R. DE XXXX XXXXXX, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro: l’emersione del «lavoro coordinato», in Arg. Dir. Lav., 1997, p. 41 ss.; X. XXXXX -
X. Xxxxxxxxxx, Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato: tipizzazione di un
tertium genus o codificazione di uno «Statuto dei lavori»?, in Lav. Dir., 1999, p. 571 ss.
Dunque, crisi del diritto del lavoro si è detto, e crisi, in particolare, della sua fattispecie centrale. Codificata nell‟art. 2094 c.c., la fattispecie del lavoro subordinato nell‟impresa - frutto di un lungo processo di elaborazione operato dalla dottrina a cavallo tra la fine dell‟ottocento ed i primi del novecento3, e incentrata sulla figura social tipica dell‟operaio, impiegato a tempo pieno e indeterminato nella fabbrica di tipo taylorista - fordista4 -, ha da sempre sollevato interrogativi sulla sua idoneità selettiva ai fini dell‟imputazione del relativo apparato di tutele, nonché sulla congruenza fra fattispecie ed effetti5. Tuttavia, è a partire dagli anni ottanta, ma soprattutto dai primi anni novanta del secolo scorso, sotto la spinta dei sempre più rapidi mutamenti sociali e dei modi di produzione, collegati ai sempre più vasti fenomeni della globalizzazione dei mercati e dell‟evoluzione dei processi di innovazione tecnologica, che si impone all‟attenzione della dottrina la necessità di una rivisitazione critica dei paradigmi fondanti della materia, a partire proprio dalla nozione di lavoratore subordinato6.
Invero, la tendenziale unicità del concetto di subordinazione e del relativo modello social tipico di riferimento, come visto già fatto oggetto di critiche fin dal suo apparire, ha manifestato nel tempo, in maniera sempre più vistosa, i propri limiti quale criterio di accesso allo statuto protettivo del lavoro subordinato.
3 X. XXXXXXX, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, (prima ed.), Soc. editr. Libr., Milano, 1901; ID., Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, (seconda ed.), Soc. editr. Libr., Milano, 1915 - 1917. Cfr. R. PESSI, I problemi del diritto del lavoro: proposte per un inventario, Cedam, Padova, 2007, p. 20.
4 R. De Xxxx Xxxxxx, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro,
loc. cit.; R. PESSI, I problemi del diritto del lavoro, loc. cit.
5 Si v. X. XXXXXXXXX VIGORITA, Subordinazione e diritto del lavoro. Problemi storico – critici, Xxxxxx, Napoli, 1967, p. 142 e passim; ID., Riflessioni in tema di continuità, impresa, rapporto di lavoro, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Jovene, Napoli, V, t. 2, 1972, p.1025 ss. Sul punto v., altresì, X. XXXXXXX, Verso uno «Statuto dei lavori»?, in Dir. Rel. Ind., 1998, p. 311; nonché X. XXXXXX, Ancora su «tipo» e rapporto di lavoro subordinato nell’impresa, in Arg. Dir. Lav., 2002, p. 110 ss.
6 V., nell‟ambito di una letteratura quanto mai vasta sul tema, X. XXXXX - X. XXXXXXXXXX, Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., p. 571 ss.; M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, in Arg. Dir. Lav., 1995, p. 63; R. DE XXXX XXXXXX - X. XXXXXXX - X. XXXXXXXX, La crisi della nozione di subordinazione e della sua idoneità selettiva dei trattamenti garantistici. Prime proposte per un nuovo approccio sistematico in una prospettiva di valorizzazione di un tertium genus: il lavoro coordinato, in AA. VV., Autonomia e subordinazione: vecchi e nuovi modelli, Quaderni Dir. Lav. Rel. Ind., n. 21, 1998, p. 331 ss.; X. XXXXXX, Il lavoro e il mercato. Per un diritto del lavoro maggiorenne, Mondadori, Milano, 1996; X. XXXXXXX, Verso uno «Statuto dei lavori»?, cit., p. 311 ss.; R. DE XXXX XXXXXX, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro, cit., p. 41 ss.; A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, in Lav. Dir., 1997, p. 173 ss.; A. VALLEBONA, Norme inderogabili e certezza del diritto: prospettive per la volontà assistita, in Dir. Lav., I, 1992, p. 479 ss.
Se in un primo momento il fenomeno è stato governato in via interpretativa dalla dottrina e soprattutto dalla giurisprudenza - che, come si vedrà7, fino ai primi anni ottanta ha manifestato tendenze espansive dell‟area della subordinazione, salvo poi operare una netta inversione di tendenza in senso restrittivo8 -, successivamente, a fronte della crescente diversificazione dei modi di lavorare e del moltiplicarsi delle forme di lavoro sui generis, sempre più distanti dall‟archetipo normativo, è stata sentita l‟esigenza, sempre più pressante, di un intervento riformatore ad ampio respiro ad opera del legislatore9.
Non era, infatti, più possibile nascondersi come il dilagante fenomeno della
c.d. fuga dal lavoro subordinato, emblematicamente rappresentato dall‟esplosione delle xx.xx.xx. dopo l‟emanazione della legge n. 335/199510, seppure certamente imputabile, almeno in parte, a comportamenti elusivi della disciplina del lavoro subordinato, esprimesse, al fondo, esigenze reali sia degli imprenditori che dei lavoratori, dovute alle trasformazioni intervenute negli ultimi anni nei rapporti sociali e di produzione11.
7 V., infra, par. 2.
8 Per un‟approfondita analisi della giurisprudenza in materia di subordinazione v. X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni: itinerari della giurisprudenza, in AA. VV., Autonomia e subordinazione: vecchi e nuovi modelli, cit., p. 143 ss.
9 V. gli Autori citati alla nt. 6 cui xxxx X. XXXXXXX, Il diritto del lavoro e le sue categorie, cit., passim; X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, in AA. VV., Interessi e tecniche nella disciplina del lavoro flessibile. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro. Xxxxxx - Xxxxxx, 00 - 25 maggio 2002, Giuffré, Milano, 2003, p. 478 ss.; X. XXXXXXXXXX, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei rapporti di lavoro, in AA. VV., Autonomia e subordinazione: vecchi e nuovi modelli, cit., 1998, p. 9 ss.; ID., Classificazione dei rapporti di lavoro e prospettive di riforma, in Mass. Giur. Lav., 1997, p. 957 ss.; X. XXXX, Politiche del lavoro. Insegnamenti di un decennio, Il Mulino, Bologna, 2001, passim e spec. p. 173 ss.
10 Così, testualmente, X. XXXXXXX, Verso uno «Statuto dei lavori»?, cit., p. 311 ss.; cfr., altresì, X. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 176 ss.; X. XXXXXX, Xxxxx inderogabile e valorizzazione dell’autonomia individuale nel diritto del lavoro, in Riv. Giur. Lav., 1990, I, p. 77 ss.; X. XXXXXXX, Considerazioni sulla rilevanza qualificatoria della certificazione dei contratti di lavoro, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X‟Antona”.IT – 24/2004, p. 15. Sulla bassa percentuale italiana di inclusione nel lavoro subordinato e più in generale nel lavoro protetto v. X. XXXXXX, Statuto dei lavori e certificazione, in Dir. Lav., Scritti in memoria di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, 2004, p. 547 ss.
00 X. X. XXXXX - X. XXXXXXXXXX, Xx proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., p. 573 ss., ove gli Autori pongono l‟accento, in particolare, sulla crescita esponenziale del lavoro nero e dell‟economia sommersa, da ricondurre, in via prioritaria, alla generale crisi di legalità che caratterizzerebbe, in modo più o meno intenso, tutti i paesi europei. Sarebbero infatti “le regole di una concorrenza giocata ormai su scala sovranazionale a rendere eccentrico il ruolo della disciplina statuale, contribuendo al progressivo deperimento della norma inderogabile di legge e, in definitiva, alla crisi del monopolio statuale della produzione del diritto”; si dovrebbe “insomma riconoscere che molta parte dell‟economia «informale» è spiegata dalla complessità (dei mercati del lavoro) più che dall‟illegalità, anche se è poi vero che essa, nell‟aggirare regole giuridiche inadeguate a rappresentare la realtà dei moderni modi di lavorare, si realizza mediante scappatoie e sotterfugi creatori di malessere e iniquità sociale”.
Senza alcuna pretesa di esaustività, si può qui solo accennare, sul fronte delle imprese, al mutamento dei modelli organizzativi, sempre più lontani dall‟organizzazione gerarchica/a piramide tipica del taylorismo - fordismo e orientati viceversa ad una struttura orizzontale e deverticalizzata, con ampia diffusione dei modelli di organizzazione reticolare della produzione12, cui si aggiungono le necessità di competizione in un mercato globale con le relative esigenze di flessibilità e contenimento dei costi13. Ma anche sul fronte dei lavoratori, ad avviso di una parte della dottrina, l‟opzione per il lavoro autonomo non sarebbe più sempre imposta, bensì, ormai, anche frutto di una scelta consapevole: “i lavoratori più
«forti», più produttivi, più sicuri di sé”, infatti, tenderebbero “a sfuggire al vincolo solidaristico ed egualitaristico insito nella disciplina inderogabile del lavoro subordinato (…) per valorizzare la propria offerta di lavoro in un rapporto più rischioso ma assai più redditizio: quello di lavoro autonomo, appunto”14.
I fenomeni appena accennati, come già detto, hanno indotto ad un ripensamento delle categorie fondamentali del diritto del lavoro e, prima ancora, del suo ambito di applicazione.
E‟ infatti proprio la rigorosa qualificazione binaria delle prestazioni di lavoro, stretta nell‟alternativa fra autonomia e subordinazione, laddove l‟opzione per l‟una piuttosto che per l‟altra forma di lavoro comporta l‟attribuzione in blocco dell‟apparato garantistico da una parte o l‟assenza di qualsiasi forma di tutela dall‟altra, a destare le maggiori perplessità, in un momento storico in cui le differenze specifiche fra autonomia e subordinazione, soprattutto nella c.d. zona grigia, si fanno più incerte e confuse.
Si ritiene quindi improcrastinabile una rimodulazione delle tutele previste dal diritto del lavoro lungo un continuum di tipologie negoziali, che dal lavoro subordinato arriva sino al lavoro autonomo, tutte accomunate da una situazione di
12 Così R. PESSI, Organizzazione del lavoro e qualificazione dei rapporti, in Dir. Lav., Scritti in memoria di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, 2004, p. 591 ss.; v., altresì, X. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 176 ss.
13 V., per tutti, X. XXXXX - X. XXXXXXXXXX, Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., p. 574 s.; nonché X. XXXXXXX, Verso uno «Statuto dei lavori»?, cit., p. 312.
14 X. XXXXXX, Norma inderogabile e valorizzazione dell’autonomia individuale, cit., p. 77 ss.; v., altresì, ID., Autonomia privata individuale e qualificazione del rapporto di lavoro, in AA. VV., Autonomia negoziale e prestazioni di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1993, p. 17 ss.; A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 177 ss., che riporta il fenomeno, in particolare, alle fasce giovanili e femminili del mercato del lavoro; X. XXXXXXX, Considerazioni sulla rilevanza qualificatoria della certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 15 ss.; S. XXXXXXX, Il diritto del lavoro e la riscoperta dell’individuo, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1990, p. 87 ss.
dipendenza economica del prestatore, al fine di sdrammatizzare la drastica alternativa, in termini di tutele, fra lavoro autonomo e lavoro subordinato15.
Alla prefigurata modulazione delle tutele fra i vari “tipi” di lavoro, poi, dovrebbe anche corrispondere una articolazione e flessibilizzazione dello statuto protettivo caratteristico del lavoro subordinato in senso stretto cui dovrebbe fare da contrappunto una maggiore tutela del lavoratore sul mercato, secondo una linea di pensiero sposata anche a livello europeo e designata con l‟ormai ben noto slogan della flexicurity16.
Può essere letta nell‟ottica delle succitate istanze di flessibilizzazione la revisione ormai da tempo in corso sul ruolo tradizionalmente attribuito alla norma inderogabile nel diritto del lavoro.
La prospettiva tradizionale attribuisce carattere inderogabile alle norme di tutela del lavoro subordinato, norme finalizzate alla protezione di un interesse di carattere generale - che nel caso di specie si identifica con la tutela del singolo e la garanzia dei suoi interessi - volto al riequilibrio dell‟asimmetria di potere tra le parti del rapporto, e quindi alla tutela del contraente debole, anche in ragione della “oggettiva rilevanza, nella graduazione dei valori ordinamentali, degli interessi e dei beni oggetto dello scambio”17. Da qui lo scarso rilievo attribuito nel diritto del
15 V., per tutti, X. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 176 ss.; R. DE XXXX XXXXXX, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro, cit., p. 41 ss.; X. XXXXX - X. XXXXXXXXXX, Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., p. 571 ss.; X. XXXXXXX, Il diritto del lavoro e le sue categorie, cit., p. 142 ss.; X. XXXX, Politiche del lavoro. Insegnamenti di un decennio, cit., p. 176 ss.;
X. XXXXX, La «nuova» subordinazione e il suo futuro, in X. XXXXX - X. XXXXXXX, Il rapporto di lavoro: subordinazione e costituzione, I, La subordinazione, Utet, Torino, 1993, p. 205 ss. Sul tema, anche per una ricognizione sintetica dei diversi approcci al problema, ci si soffermerà infra, par. 3.
16 Non è possibile, in questa sede, dar conto, neppure brevemente, dell‟amplissimo dibattito sviluppatosi in ordine ai temi accennati nel testo. Per quanto riguarda le istanze di flessibilizzazione della disciplina del lavoro subordinato, cui il legislatore, da tempo ormai, sta cercando di dare risposta, si vedano gli atti delle giornate di studio Aidlass di Pesaro - Urbino del 24 - 25 maggio 2002, raccolti in AA. VV., Interessi e tecniche nella disciplina del lavoro flessibile, Xxxxxxx, Milano, 2003, e ivi, in particolare, le relazioni di A. PERULLI, Interessi e tecniche di tutela nella disciplina del lavoro flessibile, e X. XXXXX, Flessibilità e tutela nel contratto di lavoro subordinato. Per quanto attiene al necessario bilanciamento fra rimodulazione e flessibilizzazione delle tutele nel rapporto e corrispondente rafforzamento della posizione del lavoratore nel mercato, anche in un‟ottica che favorisca la permeabilità e interscambiabilità fra i c.d. insider e outsider v., per tutti, X. XXXXXX, Il lavoro e il mercato, cit., passim ma, spec., p. 33 ss. La posizione della Commissione Europea sui temi in esame è stata da ultimo espressa nel Libro Verde dal titolo “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo”, Bruxelles, 22.11.2006, COM(2006) 708 definitivo. Sul punto vanno ricordati i rilievi critici espressi da un gruppo di giuslavoristi nel marzo 2007, reperibili in xxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxx/xxx_xxxxxxxxxx.xxx; nonché da X. XXXXXX, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2008, p. 412.
17 Così, testualmente, X. XXXXXXX, Il diritto del lavoro e le sue categorie, cit., pp. 20 e 21. Sul tema della norma inderogabile è d‟obbligo il rinvio al classico lavoro di R. DE XXXX XXXXXX, La
lavoro all‟autonomia individuale delle parti, le cui determinazioni in ordine al contenuto del regolamento negoziale, e prima ancora, nella scelta dello stesso tipo contrattuale, sono strette nella morsa della disciplina inderogabile di legge e di contratto collettivo.
A partire da una rivisitazione della ratio della norma inderogabile nel diritto del lavoro, sono sempre più frequenti gli inviti ad una riduzione dei suoi spazi di operatività, con una contestuale apertura di credito all‟autonomia privata, di cui è espressione la tendenza, in particolare di un settore della dottrina, alla rivalutazione dell‟autonomia individuale nell‟operazione di qualificazione del relativo contratto18.
Sul punto, assume particolare rilievo, ai fini della presente trattazione, il pensiero di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, cui viene attribuita la paternità dell‟idea originaria alla quale ha fatto seguito l‟elaborazione della certificazione dei contratti di lavoro.
Anche l‟Autore si muove nell‟ottica di una valorizzazione dell‟autonomia delle parti del contratto individuale di lavoro, concentrando tuttavia la propria attenzione sui possibili meccanismi atti a favorire il recupero della certezza del diritto. La certezza, infatti, è un diritto essenziale della persona, ormai da tempo minato dalla enorme congerie di norme che si sono stratificate nel tempo nella disciplina del diritto del lavoro ma, soprattutto, dall‟uso della tecnica della norma inderogabile a precetto generico che, alla compressione dell‟autonomia individuale, aggiunge una forte dose d‟incertezza dovuta al fatto che la legittimità del patto o
norma inderogabile nel diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 1976. Cfr. altresì la recentissima opera di
M. NOVELLA, L’inderogabilità nel diritto del lavoro. Norme imperative e autonomia individuale, Giuffré, Milano, 2009. Per ulteriori approfondimenti in ordine alla prospettiva classica relativa alla ratio della norma inderogabile v. X. XXXXXX, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, cit., p. 347 ss.
18 Sulla rivisitazione della ratio della norma inderogabile, di cui non è possibile, in questa sede, dare conto, v. X. XXXXXXX, Il diritto del lavoro e le sue categorie, cit., p. 27 ss.; nonché X. XXXXXX, Il lavoro e il mercato, cit., passim e, spec., p. 14 ss.; ID., Il contratto di lavoro. I, in A. CICU –
X. XXXXXXXX (già diretto da), X. XXXXXXX (continuato da), Trattato di diritto civile e commerciale, XXVII, t. 2, Xxxxxxx, Milano, 2000, p. 1 ss.; ID., Lezioni di diritto del lavoro. Un approccio di labour law and economics, Xxxxxxx, Milano, 2004, p. 87 ss. Ancora, sul ruolo della norma inderogabile nell‟attuale contesto del diritto del lavoro, v. X. XXXXXX, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, cit., p. 382 ss. Sul ruolo dell‟autonomia individuale nel diritto del lavoro alla luce dei più recenti sviluppi della materia v. gli atti delle giornate di studio Aidlass di Udine del 10 - 12 maggio 1991, raccolti in AA. VV., Autonomia individuale e rapporto di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1994, e ivi, in particolare, le relazioni di M. D‟ANTONA, L’autonomia individuale e le fonti del diritto del lavoro, e di X. XXXXXXXX, Autonomia individuale e sistema del diritto del lavoro. Per quanto attiene alle richiamate necessità di un‟apertura di spazi regolativi all‟autonomia individuale delle parti v. gli scritti di X. XXXXXX appena citati cui adde, Subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1989, e Norma inderogabile e valorizzazione dell’autonomia individuale, cit., p. 77 ss.; nonché quelli di A. VALLEBONA citati alle note seguenti.
dell‟atto così regolato è conoscibile solo ex post, sulla base della concreta valutazione del giudice19.
In un intervento nell‟ambito delle giornate di studio Aidlass del 10 - 12 maggio 199120 l‟Autore, dopo aver svolto i rilievi sopra riportati, sia in ordine alla necessità di valorizzare, almeno in certi contesti, l‟autonomia individuale delle parti, sia in ordine alle disfunzioni, in termini di certezza del diritto, provocate dalle norme inderogabili a precetto generico, individua una soluzione ai menzionati problemi, che sia attenta, nel contempo, alla salvaguardia del perdurante bisogno di protezione degli interessi della parte debole del rapporto di lavoro.
A tal fine, propone di concedere maggiori spazi regolativi alle parti del rapporto, anche in deroga alle norme inderogabile di legge e del contratto collettivo, fatto salvo comunque un nucleo di tutele assolutamente inderogabili, con l‟assistenza di un soggetto terzo, imparziale e qualificato. La proposta è quella di estendere il meccanismo previsto dall‟art. 2113 c.c. dalla fase della disposizione dei diritti a quella della regolazione del rapporto, anche sulla scorta delle esperienze già maturate in altri settori dell‟ordinamento, quali il diritto agrario e il diritto delle locazioni21. Si tratta del modello che ora viene comunemente indicato come il modello della “derogabilità assistita”22.
Il menzionato modello, ad avviso dell‟Autore, avrebbe poi potuto essere utilizzato “non solo per la fissazione della disciplina del rapporto, ma anche per la
19 Il valore della certezza del diritto e la ricerca dei meccanismi atti ad operarne un recupero nel diritto del lavoro sono un vero e proprio cavallo di battaglia dell‟Autore, che nel corso degli anni ha prodotto svariati scritti sul tema. V., fra gli altri, A. VALLEBONA, Norme inderogabili e certezza del diritto: prospettive per la volontà assistita, cit., p. 479 ss; ID., Alla ricerca della certezza perduta, in Xxxx. It., 2000, col. 1334 ss.; ID., L’incertezza del diritto del lavoro e i necessari rimedi, in Riv. It. Dir. Lav., 2004, I, p. 3 ss.; ID., Lavoro (certificazione dei contratti), in Enc. Giur. Treccani, Roma, 2003, p. 1 ss.; ID., Volontà assistita e certificazione dei contratti di lavoro: due modelli diversi, in AA. VV., Diritto del lavoro. I nuovi problemi. Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx, I, Xxxxx, Padova, 2005, p. 825 ss.; ID., Tecniche normative e contenzioso lavoristico, in Arg. Dir. Lav., 2005, p. 253 ss. Sul tema v. anche X. XXXXXX, La norma inderogabile a precetto generico come fonte di incertezza, in
X. XXXXXX - A. VALLEBONA (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro, Giappichelli, Torino, 2004, p. 1 ss.
20 A. VALLEBONA, Intervento, in AA. VV., Autonomia individuale e rapporto di lavoro. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro. Udine 10 - 12 maggio 1991, Xxxxxxx, Milano, 1994, p. 130 ss., poi riprodotto nel 1992 con il titolo “Norme inderogabili e certezza del diritto: prospettive per la volontà assistita”, lavoro più volte citato nelle note precedenti.
21 Sull‟esperienza dei patti in deroga nel diritto agrario e delle locazioni v. l‟esteso e approfondito lavoro di X. XXXX, Norma inderogabile e autonomia individuale assistita, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1998, p. 603 ss., cui adde, ora, ID., L’autonomia individuale assistita nel diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 2007.
22 In generale, sul modello della “derogabilità assistita”, v. le osservazioni critiche di M. DELL‟OLIO, Ordinamento civile e diritto del lavoro: tecniche, fonti, figure, in AA. VV., Diritto del lavoro. I nuovi problemi. Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx, I, cit., p. 111 s.
preliminare scelta del tipo negoziale con particolare riferimento all‟alternativa lavoro autonomo - lavoro subordinato”. Quello che ora si è tradotto nell‟istituto della certificazione dei contratti di lavoro.
Di particolare interesse sono le successive precisazioni operate da Vallebona, che rileva come il soggetto terzo adito per la scelta preliminare del tipo negoziale “dovrebbe fornire ex ante una valutazione inoppugnabile (nostra sottolineatura) circa la rispondenza dell‟accordo proposto dalle parti al tipo legale prescelto”. In tal modo “residuerebbe solo l‟eventualità di controversie fondate sull‟affermazione di uno scostamento di fatto nella fase esecutiva del regolamento concordato”, ma “sarebbero escluse, invece, controversie fondate sulla mera denunzia di invalidità della volontà (nostra sottolineatura) originariamente manifestata nella scelta del tipo”23.
In queste poche parole sono già contenuti in nuce molti dei problemi teorico - ricostruttivi dell‟attuale istituto della certificazione dei contratti di lavoro, a partire da quello che verrà definito, da una parte della dottrina, “il vizio tecnico-dogmatico d‟origine del modello «modenese»”, favorito dalla mancata distinzione dei piani di operatività delle due diverse funzioni dell‟istituto24.
Sui temi qui solo accennati si ritornerà, ampiamente, nel corso della trattazione; in questa sede, a chiusura del paragrafo, è ora necessario richiamare l‟attenzione, invece, sui problemi che affliggono il processo del lavoro, anch‟essi di estremo interesse ai fini dell‟analisi dell‟istituto della certificazione dei contratti di lavoro.
Come noto, il processo del lavoro, riformato nel 1973 all‟insegna dei canoni dell‟oralità, concentrazione e immediatezza, sconta, non da ieri, gravi problemi in termini di durata dei relativi giudizi, con conseguenti inevitabili ripercussioni sull‟effettività dei diritti. La crisi, attribuita innanzitutto all‟enorme carico di lavoro, è oggetto da tempo di attenzione da parte degli operatori, sfociata in numerosi
23 A. VALLEBONA, Norme inderogabili e certezza del diritto: prospettive per la volontà assistita, cit., p. 480 s. V. le caustiche osservazioni alla proposta di X. XXXXXX, Xxxx’inutilità delle presunzioni legali relative in tema di qualificazione dei rapporti di lavoro, in Riv. It. Dir. Lav., 1997, I, p. 320.
24 X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2004, p. 208. V. altresì, per rilievi analoghi, A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, in X. XXXXXXX - P. A. VARESI (a cura di), Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai decreti legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2005, p. 649.
progetti di riforma che, allo stato, non hanno tuttavia avuto riscontro sul piano del diritto positivo25.
Elemento comune a tutti i menzionati progetti è la ricerca di soluzioni alternative al processo per la risoluzione delle controversie in materia di lavoro26, con interventi in particolare sugli istituti della conciliazione e dell‟arbitrato, in linea con l‟attenzione prestata a livello europeo agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie (A.D.R. - Alternative Dispute Resolution)27.
Non sembra azzardato, sotto questo profilo, guardare alla certificazione dei contratti di lavoro come ad uno strumento sui generis di A.D.R, volto a prevenire una lite futura anziché a porvi rimedio – in linea con la finalità deflattiva del contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro ad essa attribuita dall‟art. 75 del d.lgs. n. 276/2003 -, senza considerare che le commissioni di certificazione fungono anche da organi di conciliazione con riferimento alle liti relative ai contratti da esse stesse certificati28.
25 Non è possibile in questa sede fornire un quadro esaustivo delle istanze riformatrici in materia di giustizia del lavoro. Ci si limita qui a menzionare gli ultimi quattro progetti di legge apparsi in ordine di tempo, vale a dire il d.d.l. S. n.1047 (Xxxxx, Treu e altri), presentato al Senato il 28 settembre 2006; il d.d.l. S. n. 1163 (Xxxxxxx e altri), presentato al Senato il 14 novembre 2006; il testo deliberato l‟8 maggio 2007 dalla c.d. Commissione Foglia bis, istituita con D.M. 28 novembre 2006 e, da ultimo, il d.d.l. C. n. 1441 quater - risultante dallo stralcio, deliberato il 5 agosto 2008, degli artt. 23, 24, da 37 a 39 e da 65 a 67 del d.d.l. C. n. 1441, presentato dal Governo alla Camera dei deputati il 2 luglio 2008 -, approvato dalla Camera il 28 ottobre 2008, passato quindi all‟esame del Senato con il n. 1167, e xxx approvato, con modificazioni, il 26 novembre 2009, quindi tornato alla Camera, in seconda lettura, con il n. 1441 xxxxxx - X, su cui ci si soffermerà infra, par. 7. Per alcune notazioni in merito alla crisi del processo del lavoro v. L. XX XXXXXXX, Certificazione dei rapporti di lavoro e poteri del giudice: quale deflazione del contenzioso?, in R. DE XXXX XXXXXX -
M. RUSCIANO - X. XXXXXXX (a cura di), Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, Editoriale Scientifica, Napoli, 2004, p. 295 ss. V., sulle istanze di riforma, R. XXXXX, I problemi del diritto del lavoro, cit., p. 70 ss.; A. VALLEBONA, Processo del lavoro: un bilancio, un elogio e una proposta, in ID., Allegazioni e prove nel processo del lavoro, Cedam, Padova, 2006, p. 115 ss.; ID., I disegni di riforma del processo del lavoro, in Dir. Rel. Ind., 2007, p. 358 ss.
26 Cfr. A. VALLEBONA (Processo del lavoro: un bilancio, un elogio e una proposta, loc. cit.), ad avviso del quale “il grave problema della sempre più lunga durata del procedimento (…) dipende (…) esclusivamente dalla sproporzione tra il numero delle cause ed il numero dei magistrati. Sicché il rimedio (…) può consistere solo nell‟aumento del numero dei giudici oppure nello spostamento di parte del contenzioso in altre sedi (…)”.
00 X. Xxxxx Xxxxx della Commissione Europea relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, Bruxelles, 19.04.2002, COM(2002) 196 definitivo.
28 In tal senso X. XXXXXXXXXX, Profili processuali della certificazione, in P. XXXXXX (a cura di), Lavoro e diritti a tre anni dalla legge 30/2003, Cacucci, Bari, 2006, p. 610 ss.; nonché, ci sembra, X. XXXX, La riforma della giustizia del lavoro: conciliazione et arbitrato, in Dir. Rel. Ind., 2003, p. 88 ss. Cfr., altresì, X. XXXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, in Questione Giustizia, 2004, p. 733 s., che giustamente fa notare come il dibattito sugli strumenti di A.D.R. degli anni ‟90 fosse inizialmente concentrato sull‟idea del “pluralismo di tutele” inteso come “possibilità di offrire ai cittadini alternative alla giustizia statuale senza limitarsi a scoraggiare, puramente e semplicemente, la richiesta di tutela giurisdizionale statuale”, laddove, invece, i successivi interventi del legislatore “hanno imboccato una xxxxxx xxxxx xxx xxxxxxxx (…): la riduzione del contenzioso (…)
D‟altronde, come si vedrà, il d.d.l. C. n. 1441 quater - B, attualmente all‟esame della Camera, si muove proprio nella direzione di un rafforzamento del collegamento fra conciliazione, arbitrato e certificazione dei contratti di lavoro.
Si deve da ultimo segnalare come l‟istituto della certificazione si inserisca in un più ampio contesto di interventi con finalità deflattive che vanno dall‟introduzione della conciliazione obbligatoria, alla riforma dell‟arbitrato in materia di lavoro, all‟introduzione dell‟accertamento pregiudiziale sull‟efficacia, validità ed interpretazione dei CCNL, dapprima nel settore pubblico, quindi nel settore privato, all‟attribuzione alla Suprema Corte della funzione nomofilattica anche in merito all‟interpretazione e applicazione dei contratti collettivi, ancora una volta, in un primo momento nel settore pubblico, e successivamente estesa a quello privato, per finire con la riforma dei servizi ispettivi di cui al d.lgs. n. 124/2004.
2. Segue. La qualificazione dei contratti di lavoro.
Come già anticipato, l‟articolo 75 del d.lgs. n. 276/2003, così come sostituito dall‟art. 18 del d.lgs. n. 251/2004, indica espressamente quale finalità della certificazione la riduzione del contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro.
All‟esame del più generale contesto storico - concettuale in cui si inserisce l‟istituto della certificazione, deve pertanto seguire un‟analisi più specifica dei problemi attinenti al procedimento di qualificazione dei contratti di lavoro, con particolare attenzione alle relative operazioni giurisprudenziali.
Ai nostri fini, alla rapida ricognizione del procedimento di qualificazione del contratto di lavoro subordinato, con particolare riguardo ai criteri utilizzati dalla giurisprudenza per distinguere tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, dovrà fare riscontro una più attenta considerazione del ruolo attribuito alla volontà delle parti nel medesimo procedimento di qualificazione. A chiusura del paragrafo si dovrà quindi accennare al ben noto problema della c.d. indisponibilità del tipo contrattuale nel diritto del lavoro.
attraverso il tentativo obbligatorio di conciliazione quale condizione di procedibilità dell‟azione”. L‟Autore fa poi notare che, prima dell‟introduzione della certificazione nell‟ordinamento, “ancora non si era visto uno strumento deflattivo a monte e cioè all‟atto dell‟instaurazione del rapporto negoziale. Così come ancora non si era visto un istituto dalla efficacia di fatto potenzialmente enorme”.
Nell‟analisi delle peculiari caratteristiche del procedimento di qualificazione dal punto di vista delle relative operazioni giurisprudenziali, si deve preliminarmente operare, in linea di massima, una suddivisione delle stesse in due grandi periodi, - all‟interno dei quali, seppure con le necessarie generalizzazioni, può riscontrarsi un‟omogeneità di indirizzi interpretativi - il primo che arriva sino agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso, il secondo che va dalla metà degli anni ottanta sino ad oggi29.
Nel primo periodo, seppure in un contesto di pronunce estremamente contraddittorie, la giurisprudenza rivolge la propria attenzione quasi esclusivamente alla fase esecutiva del rapporto, relegando in una posizione secondaria30 il ruolo da attribuire alle indicazioni provenienti dalle clausole contrattuali o dal nomen juris usato dalle parti, quando addirittura non ne disconosca del tutto il rilievo ai fini qualificatori31, orientamento, quest‟ultimo, fatto proprio in particolare dai giudici di merito32.
Una simile impostazione sembra trovare riscontro in quell‟atteggiamento della dottrina che, pur riconoscendo la natura contrattuale del rapporto di lavoro subordinato, ha tuttavia fortemente svalutato la rilevanza della volontà negoziale delle parti ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro. Secondo questo orientamento, infatti, sarebbe la stessa ratio del diritto del lavoro, la cui funzione è quella di tutelare il contraente debole impedendogli di accettare condizioni di lavoro inferiori ai minimi previsti dalla legge o dal contratto collettivo, ad imporre una limitazione dell‟autonomia individuale del lavoratore già al momento della scelta fra autonomia e subordinazione, onde impedire che questi, con una siffatta scelta, rinunci in blocco al complesso delle tutele33.
Ci sembrano particolarmente incisive, in proposito, nell‟ambito di una raffinata rielaborazione del tema, le parole di Xxxxxxx X‟Xxxxxx, ad avviso del quale “nel campo di applicazione del diritto del lavoro (…) la qualificazione è
29 Così X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 143 ss.
30 Cass. 12 ottobre 1983, n. 5946, in Rep. Xxxx xx., 0000, x. Xxxxxx (xxxxxxxx), n. 391.
31 Cass. 3 novembre 1981, n. 5807, in Riv. It. Dir. Lav., 1982, II, p. 290 s.
32 Pret. Torino 30 gennaio 1982, in Foro it., 1982, I, col. 2669 ss. Sul punto vedi, oltre a X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 146 ss., X. XXXXXXX, I criteri distintivi nella giurisprudenza, in X. XXXXX - X. XXXXXXX, Il rapporto di lavoro: subordinazione e costituzione, cit., p. 99.
33 Per un‟analisi della richiamata posizione dottrinale v. X. XXXXXX, Subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, cit., p. 13 ss, cui si rimanda per i relativi riferimenti; nonché, ID., Autonomia privata individuale e qualificazione del rapporto di lavoro, cit., p. 21 s.
vincolata alla natura del rapporto, ossia all‟assetto di interessi che le parti hanno obiettivamente realizzato, in relazione al quale viene fissata la loro rispettiva situazione, qualunque sia la volontà comune ricavabile in via interpretativa dalla dichiarazione negoziale e dal regolamento contrattuale concordato. Ed il vincolo della qualificazione in base alla natura del rapporto è coerente con i referenti assiologici e con i fini della volutas legis, che qui domina sulla lex voluntatis grazie alla inderogabilità degli effetti (…)”, di modo che “nel diritto del lavoro non è l‟interpretazione del regolamento voluto dalle parti a stabilire la natura del contratto, ma è la qualificazione in base alla natura obiettiva del rapporto a modellare la volontà delle parti entro uno schema contrattuale tassativo, in funzione di un ordine che, pur essendo fondato sulla volontarietà di vincolo, rispecchia interessi (collettivi, pubblici) in larga misura superiori ai loro”34.
La svalutazione dell‟autonomia individuale e l‟attenzione prevalente se non esclusiva al rapporto, si coniuga, nei procedimenti giudiziali di qualificazione, con un atteggiamento proclive ad un utilizzo elastico del concetto di subordinazione, cui consegue un ampliamento dell‟area del lavoro subordinato.
Anche in questo caso, le ragioni sottese all‟atteggiamento dei giudici vengono messe in luce e fors‟anche giustificate dalla dottrina.
E‟ di rito il richiamo a Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx che, in un‟ormai celebre opera sul tema, arriva a concludere che “il problema da ritenere centrale per un idoneo accostamento al diritto del lavoro (…) è quello della individuazione del criterio per l‟applicazione della normativa: ed è problema che in realtà si risolve immediatamente nella constatazione di una sfasatura tra la fattispecie e gli effetti”35. Ad avviso dell‟Autore, in estrema sintesi, vi sarebbe una contraddizione tra la finalità protettiva del diritto del lavoro e lo strumento predisposto per realizzarla, di
34 M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., p. 75 ss. Nello stesso senso, ci sembra, X. XXXXXXXXX, Il contratto di lavoro fra pregiudizio e orgoglio giuslavoristico, in Lav. Dir., 1993, p. 29 ss.; nonché E. GHERA, Subordinazione, statuto protettivo e qualificazione del rapporto di lavoro, in ID., Il nuovo diritto del lavoro. Subordinazione e lavoro flessibile, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2006, p. 144 ss. Si vedano anche, sul punto, le osservazioni di X. XXXXXXXX, Autonomia individuale e sistema del diritto del lavoro, cit., p. 9 ss. In generale, sul rilievo del rapporto di lavoro v. X. XXXXXXX, La struttura del rapporto di lavoro, I, Xxxxx, Padova, 1957; ID., Il rapporto di lavoro (costituzione e svolgimento), in X. XXXXXXX (fondata da), X. XXXXXXX (diretta da), Enc. Giur. Lav., vol. 4, Cedam, Padova, 1982.
35 X. XXXXXXXXX VIGORITA, Subordinazione e diritto del lavoro, cit., p. 139 ss.; ID., Riflessioni in tema di continuità, impresa, rapporto di lavoro, cit., p. 1057 ss., ove, a p. 1069, l‟Autore esplicitamente dichiara che “la prospettiva indicata non fa che sottrarre al dominio dell‟inconscio il criterio consuetamente adoperato dalla giurisprudenza”.
modo che, a mano a mano che ci si allontana dalla figura tipica del lavoro organizzato in fabbrica, il dato giuridico della subordinazione, consistente nella particolare modalità esecutiva della prestazione lavorativa, soggetta al potere direttivo del datore di lavoro, “entra in una tensione progressivamente più accentuata tra il rispetto formale dell‟autonomia valutativa della norma e la fedeltà al particolare fine perseguito da questa”36
Sarebbe pertanto impossibile pervenire ad una nozione unitaria di subordinazione sulla base del dato tecnico della eterodirezione, “poiché gli elementi della direzione e della dipendenza, congiuntamente richiamati dall‟art. 2094 c.c., hanno un valore più descrittivo di situazioni giuridicamente già individuate e circoscritte, e dunque indicativo della funzione della normativa lavoristica, che non autonomamente qualificativo”37.
Pertanto, al di fuori del caso di effettiva coincidenza della fattispecie concreta con quella assunta come tipica, la qualificazione del singolo contratto di lavoro dovrà essere operata con riguardo al singolo caso concreto, in base ad un giudizio che tenga conto del maggiore o minore accostamento del rapporto di lavoro concretamente svoltosi ai caratteri che contraddistinguono l‟ipotesi più frequente di lavoro subordinato, e intesa come fattispecie tipica, rinunciando ad un giudizio, tipicamente sussuntivo, di identità fra fattispecie concreta e fattispecie astratta38.
Dunque, nella succitata operazione di ampliamento dei confini della subordinazione - confortata, come appena visto, dalla dottrina -, la giurisprudenza ha proceduto, oltre che attraverso la già menzionata svalutazione della volontà delle parti, anche elasticizzando il concetto di subordinazione, e allo scopo ha proceduto sostanzialmente in due direzioni.
Innanzitutto, al tradizionale criterio della eterodirezione, intesa in senso tecnico-funzionale, come soggezione del prestatore di lavoro al potere direttivo del datore di lavoro, vengono affiancati ulteriori elementi sui quali basare l‟operazione di qualificazione, senza peraltro richiederne la contestuale presenza ai fini del riconoscimento della subordinazione, essendo sufficiente, allo scopo, un mero giudizio di prevalenza.
36 X. XXXXXXXXX VIGORITA, Riflessioni in tema di continuità, impresa, rapporto di lavoro, cit., p. 1065.
37 X. XXXXXXXXX VIGORITA, Riflessioni in tema di continuità, impresa, rapporto di lavoro, cit., p. 1068.
38 X. XXXXXXXXX VIGORITA, Subordinazione e diritto del lavoro, cit., p. 142.
In tale contesto, l‟attenuazione o la stessa assenza dell‟indice della eterodirezione può, di volta in volta, essere sopperito dalla presenza di uno o più degli altri indici ritenuti “essenziali”, relativi, in particolare, all‟oggetto della prestazione (obbligazione di mezzi - obbligazione di risultato) ed alla collaborazione (intesa come inserimento del prestatore di lavoro nella organizzazione aziendale), cui potrebbe, forse, aggiungersi quello della continuità39.
In secondo luogo, ai criteri ritenuti essenziali la giurisprudenza ha affiancato, ai fini della distinzione fra lavoro autonomo e subordinato, ulteriori indici quali la presenza di un orario di lavoro rigido e predeterminato, le modalità della retribuzione, l‟incidenza del rischio, la proprietà degli strumenti di lavoro. Si tratta di indici sussidiari, di per sé compatibili anche con la configurazione di un rapporto di lavoro autonomo, utilizzabili come meri indizi della sussistenza degli elementi fondamentali.
La progressiva espansione del campo di applicazione del diritto del lavoro, conseguente all‟uso della pluralità di indici o elementi essenziali e sussidiari appena elencati, secondo combinazioni sempre variabili, si accompagnava, inevitabilmente, ad ampi margini di discrezionalità dei giudici.
Dal canto suo, la dottrina, nel medesimo periodo, mentre da un lato ha cercato di individuare con precisione le caratteristiche specifiche della fattispecie del lavoro
39 V., seppur con impostazioni diverse l‟uno dall‟altro, X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 147 ss. e 150 ss.; X. XXXXXXXX, Riflessioni sulla giurisprudenza in tema di individuazione della fattispecie del lavoro subordinato, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, cit., p. 880 s.; X. XXXXXXXX, L’uso giurisprudenziale degli indici di subordinazione, in Dir. Lav. Rel. Ind., 1990, p. 411 ss.; ID., La subordinazione, in X. XXXXXXX (diretto da), Diritto del lavoro. Commentario, II, Il rapporto di lavoro subordinato: costituzione e svolgimento, a cura di X. XXXXXX, XX xx., Xxxx, Xxxxxx, 0000, p. 7 ss. Ciascuno degli indici richiamati nel testo è stato oggetto di analisi, con notazioni prevalentemente critiche dell‟atteggiamento della giurisprudenza, da parte della dottrina. In questa sede, per naturali ragioni di economia, non è possibile ripercorrere il menzionato dibattito, per il quale si rimanda al lavoro di X. XXXXXXXX appena citato. A titolo esemplificativo, si può solo ricordare come il requisito dell‟inserimento del prestatore nell‟organizzazione del datore di lavoro sia stato oggetto di valutazioni opposte. Così, ad avviso di
X. XXXXXXXX (Riflessioni sulla giurisprudenza in tema di individuazione della fattispecie del lavoro subordinato, cit., p. 880 s.) il richiamo a tale requisito svela un atteggiamento della giurisprudenza incline, al di là del contingente riferimento ai più svariati indici ulteriori, a dare rilievo essenziale all‟assetto di interessi perseguito dalle parti, relativo allo svolgimento di un‟attività che costituisca di per sé un risultato utile per il creditore, in quanto sia organizzata da quest‟ultimo o contribuisca al funzionamento dell‟organizzazione da lui presupposta, e ciò in conformità a quanto dallo stesso Autore teorizzato in Contratto di lavoro e organizzazione, Cedam, Padova, 1966, passim e spec. p. 285 ss. Diversamente, proprio l‟attenzione della giurisprudenza nei confronti del medesimo requisito, ad avviso di X. XXXXXXXXX VIGORITA, (Riflessioni in tema di continuità, impresa, rapporto di lavoro, cit., p. 1055 ss. e 1067 s.), sarebbe indice della difficoltà di pervenire ad una coerente nozione unitaria di subordinazione sulla base del riferimento ad una specifica prestazione lavorativa, inconfondibile per il modo in cui è resa, e dunque sempre uguale.
subordinato40, senza peraltro approdare a soluzioni condivise, dall‟altro ha in buona parte assecondato, come già accennato, le tendenze espansive della giurisprudenza.
A partire dalla fine degli anni settanta, tuttavia, le dimensioni sempre più vaste assunte dal fenomeno espansivo, congiuntamente all‟estendersi della c.d. zona grigia fra autonomia e subordinazione, favoriscono lo svilupparsi di un ampio dibattito sul metodo, nel tentativo di razionalizzare e contenere le operazioni giurisprudenziali di qualificazione41.
Si allude alla nota contrapposizione tra i fautori del metodo sussuntivo e i fautori del metodo tipologico. Il tradizionale approccio sillogistico, proprio del metodo sussuntivo, basato sul riscontro della presenza nel caso concreto di tutti gli elementi propri della fattispecie astratta, viene infatti messo in discussione dai sostenitori del diverso approccio tipologico alla questione qualificatoria.
Partendo dal presupposto dell‟impossibilità di pervenire ad una nozione unitaria di subordinazione, quest‟ultimo metodo ritiene di dover abbandonare il giudizio di identità del caso concreto rispetto al tipo legale, cui dovrebbe sostituirsi un giudizio di maggior o minor vicinanza della fattispecie concreta rispetto al tipo normativo presupposto dalla norma definitoria (ovvero il modello sociale sottostante alla fattispecie astratta), sulla base del riscontro della presenza di indici che, in virtù di un giudizio sintetico, facciano propendere l‟interprete per l‟una (subordinazione) o per l‟altra (autonomia) fattispecie42.
Tale metodo, oltre a rappresentare in maniera più confacente le operazioni giurisprudenziali di qualificazione, si adatterebbe meglio al dato normativo
40 Per un‟efficace sintesi delle posizioni dottrinali in materia di subordinazione v. X. XXXXX, Teorie e metodologie della subordinazione, in X. XXXXX - X. XXXXXXX, Il rapporto di lavoro: subordinazione e costituzione, cit., p. 45 ss.; nonché ID., Subordinazione e autonomia nella dottrina, ivi, p. 61 ss. Cfr., altresì, X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 179 ss.
41 X. XXXXXXXX, La subordinazione, cit., p. 5.
42 L‟apertura al metodo tipologico, in Italia, viene generalmente ricondotta, nel campo del diritto civile, a G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Cedam, Padova, 1974, sulla base delle elaborazioni dogmatiche concepite nell‟ambito dell‟ordinamento tedesco. Nel diritto del lavoro, tuttavia, l‟antesignano di tale metodo è considerato già X. XXXXXXXXX VIGORITA (Subordinazione e diritto del lavoro, cit.), anche se, come accennato nel testo, il dibattito si svilupperà solo verso la fine degli anni settanta. Possono, fra gli altri, ricordarsi, nell‟ambito del metodo tipologico, M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., p. 79 ss.; X. XXXXXXXXXX, Democrazia industriale e subordinazione. Poteri e fattispecie nel sistema giuridico del lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1985, p. 309 ss.; X. XXXXXXXX, La subordinazione, loc. cit. Fra i sostenitori del metodo sussuntivo, tuttora prevalente in dottrina, v. X. XXXXXX, Subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, cit., p. 54 ss.; X. XXXXX, Metodo tipologico, contratto di lavoro subordinato e categorie definitorie, in Arg. Dir. Lav., 2002, p. 87 ss., ove questi svolge argomenti contenuti nel suo precedente lavoro monografico sul tema: Rapporto di lavoro e tipo (considerazioni critiche), Xxxxxxx, Milano, 1997, cui si rimanda per ulteriori citazioni bibliografiche e per l‟analisi del richiamato dibattito.
contenuto nell‟art. 2094 c.c. Verrebbe inoltre favorito un miglior adattamento della fattispecie ai mutamenti della realtà sociale, permettendo, altresì, di operare una modulazione delle tutele già in via interpretativa. D‟altronde, non sarebbe possibile imputare al metodo tipologico un ampliamento dei margini di discrezionalità dell‟interprete, discrezionalità che, seppure mascherata da operazioni più o meno esplicite di manipolazione del dettato normativo, caratterizzerebbe anche il metodo sussuntivo; anzi, fra i due metodi, quello tipologico permetterebbe un miglior controllo del percorso argomentativo dei giudici e, in ultima istanza, dell‟esercizio della loro discrezionalità.
Non è possibile in questa sede riportare compiutamente le obiezioni mosse ai fautori del metodo tipologico né, di conseguenza, l‟intero dibattito in xxxxxxx00, si può qui solo ricordare come, nel tentativo di superare le critiche più radicali mosse a tale metodo - consistenti, come già in parte anticipato, nella eccessiva discrezionalità lasciata all‟interprete senza tuttavia modificare sostanzialmente la logica del procedimento sussuntivo - sia stata proposta da una parte della dottrina una sua variante c.d. funzionale.
Il metodo tipologico funzionale permetterebbe di circoscrivere e nel contempo controllare l‟esercizio della discrezionalità dell‟interprete, poiché gli indici posti a base del giudizio di approssimazione, lungi dall‟essere lasciati all‟intuizione del giudice, dovrebbero essere visti nelle loro reciproche interrelazioni, al fine di saggiarne l‟idoneità a svolgere, nelle mutevoli situazioni concrete, una medesima
43 Agli Autori citati nella nota precedente xxxx X. XXXXXXX, La questione della subordinazione in due trattazioni recenti, in Riv. It. Dir. Lav., 1986, I, p. 5 ss; nonché E. GHERA, Subordinazione, statuto protettivo e qualificazione del rapporto di lavoro, cit., p. 136 ss. e spec. p. 139, ove l‟Autore invita a non sopravvalutare la controversia metodologica sulla qualificazione del rapporto, poiché, in fin di xxxxx, fra i due metodi non vi sarebbe una vera e propria alternatività, quanto, se non si è capito male, una reciproca integrazione. Come si vedrà, la questione del metodo si è trasferita nel dibattito sulla certificazione, ove si possono trovare interpreti ad avviso dei quali l‟istituto provvederebbe a codificare un procedimento di qualificazione sussuntivo e interpreti ad avviso dei quali, invece, la certificazione non potrebbe essere compresa se non nel contesto di un procedimento di qualificazione tipologico. Fra i primi v. X. XXXXXXX, Considerazioni sulla rilevanza qualificatoria della certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 31; X. X. XXXXXXXX, Contratti di lavoro e certificazione, in P. XXXXXX (a cura di), Lavoro e diritti a tre anni dalla legge 30/2003, cit.,
p. 583, nt. 5; fra i secondi v. A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 667 ss. Ritiene che la certificazione procedimentalizzi il metodo di qualificazione e lo renda più certo e controllabile
X. XXXXXX, Osservazioni sul valore giuridico della certificazione regolata dal d.lgs. n. 276 del 2003, in AA. VV., Studi in onore di Xxxxx Xxxxxx, Cedam, Padova, 2005, p. 559 ss.; nonché ID., Certificazione e tecniche di qualificazione dei contratti di lavoro, in X. XXXXXX - A. VALLEBONA (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 415 ss.
funzione, da rapportare, sulla base di un giudizio di equivalenza, alla funzione tipizzata dal legislatore44.
Accanto al dibattito sul metodo, nel corso degli anni ottanta, riprendono anche gli studi sulla fattispecie astratta della subordinazione, in ordine ai quali, ai nostri fini, è necessario ricordare il tentativo di operare una rivalutazione della volontà individuale delle parti nel procedimento di qualificazione del contratto di lavoro.
Secondo tale impostazione dottrinale, alla base delle difficoltà teoriche e operative incontrate nelle operazioni di qualificazione del contratto di lavoro vi sarebbe proprio la propensione a svalutare l‟autonomia individuale del lavoratore nel momento genetico del rapporto, sulla presupposto che tale opzione sarebbe necessaria per proteggerlo dalle conseguenze della sua debolezza contrattuale.
La debolezza contrattuale, tuttavia, verrebbe erroneamente assunta come dato presupposto, prima di aver operato la qualificazione, e dunque, prima ancora di aver accertato se davvero, nel singolo caso, si è di fronte o meno ad un lavoratore subordinato.
L‟analisi dello stesso dato positivo, invece, avallerebbe la necessità di tornare al contratto e alla piena valorizzazione del dato “formale” contenuto nella originaria manifestazione di volontà, senza che a ciò osti l‟inderogabilità delle norme istitutive dell‟apparato protettivo del lavoro subordinato.
Correttamente, tuttavia, si precisa che il recupero del ruolo della volontà individuale non significa valorizzazione del nomen iuris, vale a dire dell‟autoqualificazione del contratto come autonomo o subordinato operata dalle parti, poiché la qualificazione, qui, come d‟altronde in tutto il diritto privato, non è
44 X. XXXXXX, Metodo tipologico e qualificazione dei rapporti di lavoro subordinato, in Riv. It. Dir. Lav, 1990, I, p. 182 ss.; nonché, con ampia argomentazione, ID., Ancora su «tipo» e rapporto di lavoro subordinato nell’impresa, in Arg. Dir. Lav., 2002, p. 109 ss. Può essere utile notare come, proprio nel pieno del dibattito sul metodo, prendendo atto delle difficoltà teoriche di pervenire ad una soddisfacente nozione unitaria di subordinazione, e della netta contrapposizione fra i fautori dei due metodi contrapposti, uno dei futuri artefici delle riforme poi sfociate nell‟emanazione della c.d. legge Biagi, X. XXXXXXXXXX (Premesse per uno studio della giurisprudenza in tema di individuazione della fattispecie lavoro subordinato, in AA. VV., Autonomia negoziale e prestazioni di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 1993, p. 31 ss.), avesse prospettato la necessità di affrontare uno studio sistematico delle sentenze abbandonando la consuetudine inveterata dello studioso a fermare la propria attenzione solo sulle massime e a leggerle dal particolare punto di vista del proprio interesse a sostenere questa o quell‟altra tesi, bensì cercando di ricostruire, nei limiti del possibile, tutto l‟iter giudiziale che ha portato alla singola decisione, per ottenere un quadro quanto più possibile sincero e fedele della realtà giudiziale in ordine al discusso problema della subordinazione. Come si vedrà, tale proposta dovrà essere tenuta in debito conto in sede di analisi dei moduli e formulari di cui all‟art. 78, co. 5, d.lgs. n. 276/2003.
nella disponibilità delle parti, ma è demandata all‟ordinamento, e nella specie al giudice.
Piuttosto, si tratta di ricondurre la qualificazione alla volontà delle parti in merito ai singoli elementi essenziali del tipo, ovverosia alla definizione negoziale della struttura del rapporto contrattuale.
Ciò non significa, ancora, attribuire valore essenziale e determinante alla mera manifestazione formale di volontà contenuta nella stipulazione originaria circa l‟assetto dei reciproci interessi, quanto, piuttosto indagare l‟intento effettivo delle parti, anche attraverso la verifica del loro successivo comportamento attuativo.
Non si nega quindi il ruolo essenziale del momento attuativo, quanto, piuttosto, si sottolinea l‟esigenza di leggerlo alla luce del necessario rispetto della natura contrattuale del rapporto di lavoro, ai fini dell‟indagine sull‟assetto dei reciproci interessi voluto dai contraenti, anche in applicazione del principio fondamentale in materia di interpretazione dei contratti posto dall‟art. 1362, co. 2, c.c.
Si tratterebbe, in conclusione, di dismettere la convinzione, o meglio l‟atteggiamento teorico, incline ad operare la qualificazione sulla base della valutazione del comportamento delle parti naturalisticamente inteso, come se l‟obbligazione di lavoro di cui all‟art. 2094 c.c. avesse origine dalla legge, sulla base di un determinato atteggiarsi dei comportamenti reciproci delle parti, e non dal contratto. Solo in tal modo, fra l‟altro, sarebbe possibile recuperare una nozione unitaria di subordinazione, basata su dati positivi45.
45 X. XXXXXX, Subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, cit., p. 14 ss. e 30 ss.; ID.., Autonomia privata individuale e qualificazione del rapporto di lavoro, cit., p. 21 ss.; ID., Il contratto di lavoro. I, cit., p. 269 ss. In proposito, è utile ricordare come siffatta impostazione si coniughi con una rivisitazione complessiva della ratio del diritto del lavoro, alla luce del mutamento del quadro sociale e produttivo; in proposito v., supra, par. 1. Opera una rivalutazione dell‟autonomia individuale, seppure nell‟ambito di una diversa ricostruzione complessiva che valorizza la retribuzione come elemento qualificante della fattispecie lavoro subordinato, anche R. PESSI, Contributo allo studio della fattispecie lavoro subordinato, Xxxxxxx, Milano, 1989, p. 169 ss. ove l‟Autore osserva come la giurisprudenza, dando rilievo pressoché esclusivo alla situazione di fatto, abbia utilizzato “in maniera abnorme la previsione di cui al secondo comma dell‟art. 1362 c.c.”. Contra, nel quadro di una complessa ricostruzione della fattispecie di subordinazione che integra il momento collettivo a quello individuale, X. XXXXXXXXXX, Democrazia industriale e subordinazione, cit., passim e spec. p. 52 ss. e 333 ss.; nonché X. XXXXXX, Metodo tipologico, cit., p. 211 s. e 219 ss. Deve osservarsi, peraltro, come già nel 1972 X. XXXXXXXX (Riflessioni sulla giurisprudenza in tema di individuazione della fattispecie del lavoro subordinato, cit., p. 846 ss.) avesse operato una lettura “contrattualistica” del rilievo dato dai giudici alla situazione di fatto determinata dal comportamento delle parti, mettendo in luce come molte volte ci si imbatta in motivazioni incomplete che, a fronte di un richiamo per più versi incongruente al solo art. 1362, co. 2, c.c., considerano in realtà il comportamento delle parti alla stregua di un indice presuntivo del fatto che l‟accordo iniziale fosse
La giurisprudenza non è rimasta insensibile al descritto dibattito dottrinale e, a partire indicativamente dalla seconda metà degli anni ottanta, ha mutato il proprio orientamento in tema di qualificazione almeno in tre direzioni fondamentali: ha specificato e ristretto la nozione di subordinazione, ha chiarito il ruolo e la rilevanza da attribuire agli elementi sussidiari e, infine, ha operato una rivalutazione dell‟autonomia individuale delle parti46.
Innanzitutto, ai fini della sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, non è più richiesta la presenza di una pluralità di indici, posti tutti sullo stesso piano, ma si ritiene necessario e sufficiente che il lavoratore sia soggetto al potere direttivo del datore di lavoro. Per vero, non è infrequente nelle massime l‟accostamento al requisito dell‟eterodirezione di quello dell‟inserimento della prestazione lavorativa nell‟organizzazione di impresa, tuttavia tale ulteriore requisito, molto spesso, non è ritenuto sufficiente, in difetto dell‟assoggettamento al potere direttivo, per qualificare il rapporto di lavoro come subordinato47.
Del concetto di eterodirezione, poi, viene data una nozione ristretta, richiedendo che la prestazione lavorativa sia regolata nel suo svolgimento in modo che il potere direttivo si estrinsechi in ordini specifici relativi all‟esecuzione della prestazione medesima, anche se non mancano sentenze che si accontentano di mere direttive dettate in via programmatica, anche solo all‟inizio dell‟avvio del rapporto di lavoro48.
simulato. In tal modo, il disinteresse dei giudici per il momento contrattuale, solo apparente, potrebbe essere giustificato dal fatto che questi prescindono soltanto dal contratto simulato, senza peraltro dichiararne la nullità e senza chiedere la prova rigorosa della simulazione. V., sul punto, anche X. XXXXXX, Metodo tipologico, cit., p. 218, nt. 137; nonché E. XXXXXXXX, L’interpretazione e la certificazione fra autonomia e subordinazione, in Riv. Giur. Lav., 2004, I, p. 550, ove si sottolinea come nella netta maggioranza dei casi chi abbia concluso un contratto di lavoro autonomo non ricorra all‟istituto della simulazione ma cerchi di “provare che il negozio debba essere qualificato come di lavoro subordinato, dall‟inizio e nonostante le espresse e difformi dichiarazioni”, di modo che, al fondo, “si situa una questione di interpretazione, impostata per lo più con il richiamo dell‟art. 1362, secondo comma, Cod. Civ.”. Sulla divergenza fra il programma negoziale ed il successivo comportamento delle parti, v., di recente e ampiamente, nell‟ottica della valorizzazione dell‟autonomia individuale, X. XXXXXXXXX, Autonomia individuale e rapporto di lavoro. La divergenza fra il programma contrattuale ed il concreto atteggiarsi del rapporto, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2002, passim e spec. p. 205 ss.
46 V. L. MENGHINI, Subordinazione e dintorni, cit., p. 145 e 163 ss.
47 X. Xxxx., 0 marzo 2009, n. 5645, in Giust. Civ. Mass., 2009; Cass., 12 dicembre 2001, n. 15657, in Dir. Prat. Lav., 2008, p. 707 ss.; Cass., 13 luglio 1988, n. 4150, in Foro it., 1989, I, col. 2908. Cfr. X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 670 s.
48 Per la nozione ristretta di subordinazione x. Xxxx., 22 agosto 2003, n. 12364, in Giust. Civ. Mass., 2003, p. 1991; Cass., 3 aprile 1990, n. 2680, in Riv. Giur. Lav., 1991, II, p. 196. Per il concetto
più ampio x. Xxxx., 00 xxxxxxxx 0000, x. 00000, xx Xxxx xx. 2003, I, col. 1148; Cass., 3 febbraio 1986, n. 648, in Not. Giur. Lav., 1986, p. 295. Cfr. X. XXXXXXXX, L’uso giurisprudenziale degli
Gli indici in precedenza ritenuti essenziali, quindi, vengono fatti confluire nella categoria degli indici sussidiari, indici di cui la giurisprudenza continua ad avvalersi, seppur precisandone i criteri di utilizzo.
Si chiarisce, infatti, che vengono in rilievo solo qualora il carattere distintivo del rapporto non sia agevolmente apprezzabile49, ovvero nei casi in cui nella fattispecie concreta non emergano elementi univoci a favore dell‟autonomia o della subordinazione50. Inoltre, non è sufficiente la presenza di un solo indice sussidiario, ma ve ne deve essere più d‟uno e, valutati globalmente, devono formare indizi gravi precisi e concordanti della subordinazione51.
La giurisprudenza, poi, come anticipato, opera anche una rivalutazione dell‟autonomia privata52.
indici di subordinazione, cit., p. 408 ss.; ID., La subordinazione, cit., p. 8 ss.; X. XXXXXXX, I criteri distintivi nella giurisprudenza, cit., p. 83 ss.; X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 172. V.
E. GHERA (Subordinazione, statuto protettivo e qualificazione del rapporto di lavoro, cit., p. 133 s.), ad avviso del quale, “accanto al modello tradizionale (di stampo taylorista - fordista) della subordinazione – eterodirezione, caratterizzato da una divisione gerarchica e parcellizzata del lavoro” si sarebbe avvertita “l‟importanza di un modello organizzativo diverso, quello della subordinazione – coordinamento, che si può definire flessibile perché caratterizzato dalla sottoposizione del lavoratore al mero controllo sul risultato finale, quantitativo o qualitativo, della prestazione”. Anche ad avviso di
X. XXXXX (La certificazione del contratto di lavoro: obiettivi, potenzialità, limiti, in R. DE XXXX XXXXXX - X. RUSCIANO - X. XXXXXXX (a cura di), Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, cit., p. 335), la giurisprudenza, a fronte della proliferazione dei nuovi lavori e del cambiamento degli assetti dell‟organizzazione del lavoro, avrebbe dilatato la vis espansiva del diritto del lavoro, utilizzando la tecnica della c.d. subordinazione “attenuata”. Infatti, ad avviso della Cassazione, il vincolo della subordinazione verrebbe ugualmente a configurarsi, “nella misura in cui le direttive programmatiche di massima (e non puntuali e dettagliate) impartite dal datore di lavoro risultino tali da funzionalizzare l‟attività del prestatore di lavoro ai fini economici e agli obiettivi dell‟impresa”.
49 Cass., 29 novembre 2007, n. 24903, in Dir. Prat. Lav., 2008, p. 715.
50 Cass., 3 giugno 1998, n. 5464, in Dir. Prat. Lav., 2008, p. 709.
51 Cass., 27 febbraio 2007, n. 4500, in Giust. Civ. Mass., 2007, p. 433 s.; Cass., 28 settembre
2002, n. 14071, in Dir. Prat. Lav., p. 709; Cass. 10 febbraio 1992, n. 1502, in Dir. Prat. Lav., 1992,
p. 1152. Cfr. X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 175; nonché X. XXXXXXXX, L’uso giurisprudenziale degli indici di subordinazione, cit., p. 405 ss.; ID., La subordinazione, cit., p. 7 ss., ad avviso della quale, tuttavia, bisognerebbe distinguere fra indici essenziali esterni (inserimento nell‟organizzazione dell‟impresa, continuità, collaborazione), ovverosia l‟insieme dei parametri che possono considerarsi esterni rispetto al contenuto dell‟obbligazione, i quali tuttavia possono sostituire l‟indice principale o compensare una sua attenuazione, e indici meramente sussidiari (orario di lavoro, oggetto della prestazione, rischio, modalità della retribuzione), che possono avere solo la funzione di rafforzare i precedenti ma non sostituirli; non dissimile la posizione di X. XXXXXXX, I criteri distintivi nella giurisprudenza, cit., p. 82.
52 Sono di estremo interesse, sul punto, le osservazioni di M. D‟ANTONA (Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., p. 68 s. e 86 ss.), laddove l‟Autore rileva la necessità di un aggiornamento teorico della nozione di subordinazione, reclamato dai due prepotenti fattori di innovazione intervenuti nel corso degli anni ottanta e novanta: da un lato l‟emersione di figure di lavoratori la cui prestazione non corrisponde allo stampo oggettivo della subordinazione, dall‟altro, “il revival del contratto individuale come strumento di programmazione personalizzata della prestazione, in apparente contraddizione con la tradizionale centralità del rapporto, «luogo» in cui le circostanze della prestazione normalmente si specificano a misura dell‟organizzazione del datore di lavoro”. Dunque rivalutazione del contratto individuale come strumento indispensabile di
Il nuovo atteggiamento della giurisprudenza si manifesta, innanzitutto, in un più frequente richiamo, nell‟opera di qualificazione, alla volontà comune dei contraenti, segno, ad avviso di una parte della dottrina, della maturata consapevolezza che l‟opera di qualificazione del rapporto si risolve innanzitutto nell‟interpretazione della volontà delle parti53.
Ciò non significa che venga meno, o acquisti comunque minor rilievo, lo svolgimento del rapporto - che rimane comunque il punto di riferimento imprescindibile del procedimento di qualificazione54 -; piuttosto, il comportamento delle parti viene letto, in chiave contrattualistica, come manifestazione della loro effettiva intenzione.
Ferma quindi la prevalenza del concreto svolgimento del rapporto di lavoro, si fa tuttavia sempre più frequente, in giurisprudenza, il riferimento al nomen iuris attribuito dalle parti al contratto, o al contenuto delle pattuizioni inserite nel relativo documento.
La volontà espressa al momento della stipulazione del contratto viene in considerazione, soprattutto, qualora nella fattispecie concreta non siano facilmente rinvenibili i caratteri differenziali fra autonomia e subordinazione55, ovvero qualora il rapporto, nel suo concreto esplicarsi, presenti elementi tali da essere compatibile con l‟una o con l‟altra ipotesi56, e ancora, quando una prestazione è idonea ad essere effettuata sia in regime di autonomia che di subordinazione57.
Si precisa, inoltre, come le dichiarazioni assumano maggior valore qualora la volontà negoziale si sia espressa in modo libero nonché in forma articolata, sì da concretizzarsi in un documento ricco di clausole aventi ad oggetto le modalità dei rispettivi diritti ed obblighi58, di modo che, in tal caso, il giudizio relativo agli indici
programmazione dei vincoli e dei costi della prestazione entro l‟assetto organizzativo prescelto dal datore di lavoro da cui “trae alimento la tendenza giurisprudenziale ad assegnare rilievo al nomen juris allo scopo di escludere la qualificazione del rapporto di lavoro subordinato”.
53 Così X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 163 ss. X. Xxxx. 00 maggio 1982, n. 2935, in Rep. Foro It., 1982, voce Lavoro (rapporto), n. 270; Cass. 23 luglio 2004, n. 13884, in Giust.
Civ. Mass., 2004, p. 1787 s.
54 Cass. 20 marzo 2007, n. 6622, in Dir. Prat. Lav., 2008, p. 710. Cfr. X. XXXXXXX, Considerazioni sulla rilevanza qualificatoria della certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 17, che rileva come il recupero dell‟autonomia contrattuale miri, in questo senso, ad una valorizzazione della effettiva volontà delle parti, cioè della volontà non meramente dichiarata; nonché X. XXXXXXXX, Autonomia individuale e sistema del diritto del lavoro, cit., p. 11 s.
55 Cass. 17 giugno 2009, n. 14045, in D&G, 2009
56 Cass. 14 maggio 2009, n. 11207, in Giust. Civ. Mass., 2009
57 Trib. Milano, 12 gennaio 2002, in Dir. Prat. Lav., 2008, 711.
58 Cass. 17 giugno 2009, n. 14045, loc. cit.
xxxxxxxx dallo svolgimento del rapporto deve essere particolarmente rigoroso per poter contraddire il contenuto del contratto.
Come rilevato in dottrina, non mancano ambiguità o vere e proprie confusioni concettuali nel nuovo orientamento della giurisprudenza, in particolare laddove, in alcune pronunce, si assimila la volontà delle parti agli indici sussidiari59, mostrando così di ignorare che si tratta invece dell‟oggetto essenziale dell‟indagine, oppure ancora, e soprattutto, laddove si assimila il nomen iuris dato dai contraenti al contenuto delle pattuizioni, quando invece è evidente che solo quest‟ultimo deve assumere rilievo, dal momento che, in base ai principi generali dell‟ordinamento, ai privati non è attribuito il potere di autoqualificare il contratto stipulato60.
Di fatto, il nuovo filone giurisprudenziale sembra assumere rilievo essenzialmente sul piano probatorio, orientando la decisione nel senso risultante dall‟atto scritto ogni qual volta non sia possibile provare l‟esistenza della subordinazione o dell‟autonomia sulla base del riscontro dato dal comportamento successivo61. Sul punto, è stato rilevato che in tal modo si è invertito il precedente indirizzo che, nei casi dubbi, faceva operare una specie di presunzione di subordinazione62.
Una parte della dottrina, tuttavia, ha messo in evidenza come nel corso degli anni novanta si possa registrare un ulteriore passo avanti della giurisprudenza - a dire il vero di un indirizzo minoritario della stessa - nel recupero della volontà delle parti ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro. In particolare, alcune pronunce ritengono che si possa procedere senz‟altro attraverso l‟analisi della volontà cartolare qualora il lavoratore non sia nei confronti della controparte in
59 Cass. 17 giugno 2009, n. 14045, loc. cit.
60 X. XXXXXXXXX, Autonomia individuale e rapporto di lavoro, cit., p. 208; X. XXXXXXXXX, Il contratto di lavoro fra pregiudizio e orgoglio giuslavoristico, cit., p. 30 s.; X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 169 e p. 186, che rileva come proprio questa confusione concettuale possa aver attirato le critiche della dottrina sul nuovo corso della giurisprudenza. Proprio quest‟ultima osservazione può dar ragione dei rilievi fortemente critici di X. XXXXXXX, Strumenti di qualificazione del rapporto e deflazione del contenzioso, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X‟Antona”.IT
– 30/2005, p. 9.
61 X. XXXXXXXX, Subordinazione e dintorni, cit., p. 186; X. XXXXXXX, Considerazioni sulla rilevanza qualificatoria della certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 18. Sul punto v. anche X. XXXXXX, Sull’inutilità delle presunzioni legali relative, cit., p. 316; nonché X. XXXXXXXX, Autonomia individuale e sistema del diritto del lavoro, cit., p. 12, che rileva come la riscoperta giurisprudenziale di un‟efficacia discretiva del nomen iuris adoperato dalle parti del contratto di lavoro, per non apparire paradossale, deve potersi leggere come una, se pur minima, elasticizzazione del procedimento di qualificazione, in situazioni che presentano tratti di particolare ambiguità.
62 X. XXXXXXXX, La subordinazione, cit., p. 17, che rileva come in tal senso dovrebbe operare il meccanismo della certificazione dei contratti di lavoro.
posizione di inferiorità economico - sociale e di debolezza contrattuale, e così, ad esempio, in ipotesi di elevato livello della prestazione offerta, ovvero di operatore qualificato da particolari attitudini personali63.
In ogni caso, e il punto è ormai pacifico, come si vedrà, in nessun caso il riferimento alla volontà può essere inteso quale abilitazione a disporre liberamente intorno al tipo negoziale “sino al punto di poter selezionare, con una semplice manifestazione di volontà, la legge regolatrice dell‟assetto di interessi sostanziale (e non solo apparente), voluto”64.
In materia, sono intervenute in successione, non tanto, o non solo, con riguardo ai poteri delle parti private quanto, piuttosto, in ordine alla discrezionalità dello stesso legislatore in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, due sentenze della Corte Costituzionale, e precisamente la sentenza 25 - 29 marzo 1993, n. 12165, e la sentenza 23 - 31 marzo 1994, n. 11566.
Con le menzionate sentenze67, la Corte Costituzionale, dopo aver statuito che "non sarebbe comunque consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da ciò derivi l'inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall'ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla Costituzione a tutela
63 Così X. XXXXXXX, Considerazioni sulla rilevanza qualificatoria della certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 20 ss., cui si rimanda per i relativi riferimenti giurisprudenziali.
64 X. XXXXXXXXX, Il contratto di lavoro fra pregiudizio e orgoglio giuslavoristico, cit., p. 31, ma il rilievo, come detto, è pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza.
65 Pubblicata in Foro It., 1993, I, col. 2432.
66 Pubblicata in Arg. Dir. Lav., 1995, p. 297 ss. X. xxxxx X. Xxxx., 00 febbraio 1996, n. 30, in Not. Giur. Lav., 1996, p. 105 ss. In argomento, M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., p. 63 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, La disponibilità del rapporto di lavoro subordinato, in Riv. It. Dir. Lav., 2001, I, p. 95 ss.; X. XXXXXXXXXX, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei rapporti di lavoro, cit., p. 26 ss.; R. DE XXXX XXXXXX, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro, cit., p. 61 ss.; A. XXXXX, Il problema dell’indisponibilità del tipo contrattuale, in X. XXXXXX - A. VALLEBONA (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 155 ss.; X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, in Riv. Giur. Lav., 2003, I, p. 299 ss. Cfr. altresì E. GHERA, Subordinazione, statuto protettivo e qualificazione del rapporto di lavoro, cit., passim ma spec. p. 121 ss. e 144 ss.; X. XXXXXXXXX, Il contratto di lavoro fra pregiudizio e orgoglio giuslavoristico, cit.,
p. 32 ss.; X. XXXXXXXX, La subordinazione, cit., p. 37 s.
67 La prima di accoglimento e la seconda interpretativa di rigetto, relativamente a due leggi microsettoriali in materia di disciplina applicabile, rispettivamente, al personale a prestazioni saltuarie assunto presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero del Turismo e dello Spettacolo (art. 11, l. 23 giugno 1961, n. 520), e ai contratti d‟opera o per prestazioni professionali a carattere individuale presso le province, i comuni, le comunità montane e i loro consorzi, le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che svolgono attività socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio sanitario nazionale (art. 13, l. 23 dicembre 1992, n. 498, come sostituito dall'art. 6 bis del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67).
del lavoro subordinato"68, ha poi precisato che “a maggior ragione non sarebbe consentito al legislatore di autorizzare le parti ad escludere direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale, l'applicabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalità di esecuzione propri del rapporto di lavoro subordinato”. Infatti, “i principi, le garanzie e i diritti stabiliti dalla Costituzione in questa materia (…) sono e debbono essere sottratti alla disponibilità delle parti. Affinché sia salvaguardato il loro carattere precettivo e fondamentale, essi debbono trovare attuazione ogni qual volta vi sia, nei fatti, quel rapporto economico-sociale al quale la Costituzione riferisce tali principi, tali garanzie e tali diritti. Pertanto, allorquando il contenuto concreto del rapporto e le sue effettive modalità di svolgimento - eventualmente anche in contrasto con le pattuizioni stipulate e con il nomen iuris enunciato - siano quelli propri del rapporto di lavoro subordinato, solo quest'ultima può essere la qualificazione da dare al rapporto, agli effetti della disciplina ad esso applicabile”69.
Nemmeno il legislatore potrebbe, pertanto, sia direttamente, sia indirettamente, autorizzando a ciò le parti o i terzi, separare la subordinazione dallo statuto protettivo che, anche in applicazione del disposto costituzionale, accede al contratto di lavoro subordinato, imponendo una diversa qualificazione a rapporti che, di fatto, abbiano comunque realizzato i presupposti tipici della subordinazione70.
E‟ questa la lettura più piana, e ricorrente, delle sentenze della Corte Costituzionale71, anche se si deve ricordare come il riferimento della Corte al rapporto economico - sociale, cui sarebbero collegate le garanzie costituzionali, abbia indotto parte della dottrina a configurare un limite più stringente alla discrezionalità del legislatore. Questi, nel modellare le stesse fattispecie astratte, secondo la prospettata lettura, non potrebbe infatti disattendere la corrispondenza costituzionalmente necessitata fra il significato classificatorio del concetto di
68 Sentenza n. 121 del 1993.
69 Sentenza n. 115 del 1994.
70 Orientamento costantemente, seguito anche dal Supremo Collegio; per tutte v. X. Xxxx., 25 maggio 1998, n. 5214, in Dir. Prat. Lav., 2008, p. 708.
71 V. R. SCOGNAMIGLIO, La disponibilità del rapporto di lavoro subordinato, cit., p. 118 ss.;
A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 648; R. DE XXXX XXXXXX, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro, cit., p. 61; X. XXXXXXX, Verso uno
«Statuto dei lavori»?, cit., p. 313; X. XXXXXXXXXX, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei rapporti di lavoro, cit., p. 26 ss.
subordinazione (individuato dagli elementi che caratterizzano la fattispecie astratta) e il significato assiologico dello stesso (che fisserebbe la posizione dei soggetti del rapporto di lavoro nella rete delle relazioni economiche e giustificherebbe una protezione specifica del lavoratore)72.
Non è possibile, nell‟economia del lavoro, andare oltre queste brevi notazioni in ordine ad un tema così complesso e delicato che, toccando i punti nevralgici del diritto del lavoro, richiederebbe ben altro approfondimento.
Preme però sottolineare come tutta l‟elaborazione concettuale della certificazione, soprattutto nella sua variante qualificatoria, abbia dovuto scontare, fin dalle sue prime prospettazioni teoriche, le difficoltà insite nei limiti imposti proprio dal principio della indisponibilità del tipo contrattuale, al punto che, in dottrina, è stato rilevato come vi sia “un evidente rapporto inversamente proporzionale tra utilità del sistema certificatorio e legittimità costituzionale” poiché “ove si volesse attribuire piena forza legale al sistema delle certificazioni dei rapporti di lavoro (…) di fatto verrebbe vanificata la possibilità di ricorso al giudice naturale (…)” mentre, ove non si volesse invece “riconoscere efficacia vincolante alla certificazione, non potrebbe che concludersi per la manifesta inutilità dell‟istituto in oggetto”73.
Sul punto, peraltro, ci si soffermerà diffusamente nei paragrafi che seguono.
3. Il fermento progettuale degli anni ’90 e la certificazione. Il Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei Lavori.
Si è già accennato all‟esigenza, avvertita nel corso degli anni novanta del secolo scorso, di procedere ad un intervento riformatore di ampio respiro nel campo
72 Così M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., p. 73 ss. Con la conseguenza che potrebbe, forse, essere messa in discussione la costituzionalità di leggi che configurino fattispecie astratte di rapporti di lavoro che, pur dotati dei caratteri che né imporrebbero sul piano assiologico la riconduzione nel novero della subordinazione, da questa vengano esplicitamente escluse (v., p. es., i lavori socialmente utili o gli stages). Sulla scia di D‟Xxxxxx, seppur in posizione critica, anche X. XXXXXXXX (La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 302) ritiene che il giudice delle leggi abbia fatto propria una nozione effettuale di subordinazione, considerata come presupposta dal sistema dei diritti costituzionali del lavoratore. Contra, per tutti, v. X. XXXXXXXXX, Il contratto di lavoro fra pregiudizio e orgoglio giuslavoristico, cit., p. 32; R. DE XXXX XXXXXX, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro, xxx. xxx.
00 X. XXXXXXXX, Certificazione e legittimità costituzionale, in R. DE XXXX XXXXXX - X. RUSCIANO - X. XXXXXXX (a cura di), Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, cit., p. 309.
del diritto del lavoro, e si sono anche già brevemente delineati il percorso e le ragioni che hanno portato alla consapevolezza della necessità di un tale intervento74. Si tratta, ora, di tracciare a grandi linee il quadro delle più significative proposte di riforma elaborate nel periodo considerato, ponendo l‟accento sui progetti concernenti la certificazione, con particolare riguardo al Progetto per la
predisposizione di uno Statuto dei Lavori del 1998.
Il panorama progettuale degli anni novanta è estremamente vasto e articolato, in questa sede si prenderanno in considerazione solo i progetti di carattere generale, senza tuttavia entrare nel merito delle singole proposte, bensì cercando di delineare le grandi direttrici di riforma, anche al fine di valutarne l‟incidenza sul succitato Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei Lavori che pone al centro della immaginata riforma proprio la certificazione, e su cui, inevitabilmente, il discorso dovrà farsi più analitico.
Dovendo procedere ad una ricognizione delle proposte progettuali, si può inizialmente operare una distinzione di massima fra progetti di origine dottrinale e progetti di origine istituzionale (governativa o parlamentare); a loro volta, fra i menzionati progetti, alcuni si sono limitati ad un discorso di carattere scientifico, altri sono stati tradotti in articolati normativi più o meno compiuti, altri ancora sono sfociati in vere e proprie proposte e disegni di legge.
Fra le proposte di origine dottrinale verranno considerate quelle di P. Alleva75, di M. D‟Antona76, di R. De Xxxx Xxxxxx - X. Xxxxxxx - M. Persiani77 e di P. Ichino78; fra quelle di origine governativa, il progetto di uno Statuto dei lavori del
74 V., supra, par. 1.
75 X. XXXXXX, Ridefinizione della fattispecie di contratto di lavoro. Prima proposta di legge, in X. XXXXXX (a cura di), La disciplina del mercato del lavoro. Proposte per un testo unico, Ediesse, Roma, 1996, p. 187 ss.; proposta elaborata nell‟ambito del Coordinamento Giuridico CGIL.
76 M. D‟XXXXXX, Ridefinizione della fattispecie di contratto di lavoro. Seconda proposta di legge, in X. XXXXXX (a cura di), La disciplina del mercato del lavoro. Proposte per un testo unico, cit., p. 195 ss.; proposta anch‟essa elaborata nell‟ambito del Coordinamento Giuridico CGIL. Per una illustrazione del pensiero alla base del progetto vedi M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., passim ma spec. p. 86 ss.
77 R. DE XXXX XXXXXX - X. XXXXXXX - X. XXXXXXXX, La crisi della nozione di subordinazione e della sua idoneità selettiva dei trattamenti garantistici, cit., p. 331 ss.; proposta presentata per la prima volta nel 1996 in un convegno di ambito confindustriale. Un‟ulteriore illustrazione del progetto si trova in R. DE XXXX XXXXXX, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro, cit., p. 41 ss.
78 X. XXXXXX, Il lavoro e il mercato, cit., passim; ma vedi già ID., Subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, cit., p. 231 ss.
1998, riconducibile a X. Xxxxx (e a X. Xxxxxxxxxx)79, e il d.d.l. S. n. 3512/199880; mentre, fra quelle di ambito parlamentare, il d.d.l. C. n. 3423/199781, il d.d.l. C. n. 3972/199782 e il d.d.l. S. n. 2049/199783.
Tutti i progetti elencati, fatta eccezione per quello relativo al socio di cooperativa, che ha un oggetto più limitato, partono dal già descritto presupposto comune della perdita di centralità della figura social – tipica dell‟operaio della grande e media industria e dalla conseguente frammentazione o, forse, sarebbe meglio dire, frantumazione dei modelli di riferimento, cui fa da contrappunto il sempre maggior bisogno di tutele da parte della vasta schiera di lavoratori situati al confine con il lavoro subordinato o, addirittura, difficilmente classificabili (la c.d. zona grigia). Situazione cui consegue la necessità di procedere ad una rimodulazione delle tutele, con l‟apertura di spazi regolativi a favore della norma inderogabile anche nell‟area del lavoro autonomo84.
79 Un‟illustrazione del progetto, seppure a grandi linee, ma di estremo interesse, come si vedrà, ai nostri fini, si può rinvenire nell’Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, di ambito governativo e pubblicata anonima - ma, come già detto, riconducibile a X. XXXXX (e a X. XXXXXXXXXX) - in AA. VV., Autonomia e subordinazione: vecchi e nuovi modelli, cit., p. 347 ss. La proposta di articolato normativo, contestualmente alla versione approvata dal Senato del d.d.l. S. n. 2049, è stata pubblicata, con il titolo Il dibattito sui nuovi lavori: due disegni di legge a confronto per una difficile mediazione, in Dir. Rel. Ind., 1999, 271 ss. Il testo dell‟articolato è ora rinvenibile anche in appendice a X. XXXX, Politiche del lavoro. Insegnamenti di un decennio, cit., p. 317 ss.; nel testo del volume appena menzionato (cap. IV, p. 173 ss.) è altresì contenuta una spiegazione chiara e approfondita dell‟intero progetto. Vedi, inoltre, X. XXXXX, Progettare per modernizzare, in appendice a X. XXXX, Politiche del lavoro. Insegnamenti di un decennio, cit., p. 269 ss.; X. XXXXX - X. XXXXXXXXXX, Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., p. 571 ss; X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 478 ss.
80 Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore. Presentato, nel xxxxx xxxxx XXXX xxxxxxxxxxx, xx Xxxxxx xxxxx xxxxxxxxxx, il 16 settembre 1999, dall‟allora Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale X. Xxxx. Il d.d.l. originario, contenente all‟art. 6 una delega in materia di certificazione, è poi diventato, con modificazioni (fra cui l‟espunzione della citata delega), la l. n. 142/2001. Sulla prima versione del
d.d.l. v. X. Xxxxx, La «flessibilità certificata» del socio di cooperativa, in G. Lav., 1998, n. 38, p. 12 ss.
81 Norme per l'inquadramento giuridico e per la tutela della parasubordinazione e del lavoro autonomo non regolamentato. Presentato, nel corso della XIII legislatura, alla Camera dei deputati, il 13 marzo 1997, primi firmatari i deputati Mussi, Innocenti e Veneto. Mai approvato.
82 Disciplina del contratto di lavoro coordinato. Presentato, nel corso della XIII legislatura, alla Camera dei deputati, il 9 luglio 1997, primi firmatari i deputati Lombardi e Salvati. Mai approvato.
83 Norme di tutela dei lavori «atipici». Presentato, nel corso della XIII legislatura, al Senato della Repubblica, il 27 gennaio 1997, primi firmatari i senatori Xxxxxxxxx e Xx Xxxx. Approvato, con modifiche, dal Senato, il 4 febbraio 1999, è poi passato all‟esame della Camera dei deputati con il n. 5651, ove non è mai stato approvato definitivamente.
84 Così X. XXXXXXX, Il diritto del lavoro e le sue categorie, cit., p. 142 ss., ove è rinvenibile anche una breve analisi dei progetti. Per un‟approfondita e illuminante disamina delle proposte dottrinali v. A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 183 ss. e X. XXXXXXXXXX, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei rapporti di lavoro, cit., p. 9 ss., ove anche un commento ai d.d.l. V., altresì, X. XXXXX - M.
Dato questo presupposto comune, tuttavia, i singoli progetti divergono l‟uno dall‟altro, anche in modo radicale, per quanto attiene sia agli obiettivi di fondo da raggiungere, sia, più in particolare, alle tecniche cui fare ricorso.
Da quest‟ultimo punto di vista, è frequente, in dottrina, una classificazione basata sull‟ottica prescelta per procedere ad una riforma del diritto del lavoro, a seconda che questa intervenga prevalentemente operando sul versante delle fattispecie oppure, all‟opposto, su quello delle tutele, seppur con la consapevolezza dei limiti insiti in una tale suddivisione85.
Accedendo a tale classificazione, va certamente annoverato fra i progetti che intervengono sul versante delle fattispecie quello di R. De Xxxx Xxxxxx - X. Xxxxxxx - X. Xxxxxxxx.
Gli illustri Autori, infatti, per governare la complessità dei rapporti di lavoro dell‟era post-fordista, propongono la creazione di un tertium genus, che si collochi fra il lavoro autonomo e quello subordinato e al tempo stesso si distingua dall‟uno e dall‟altro86.
La novella fattispecie, che si candiderebbe, forse, a costituire il baricentro dell‟intero sistema, sarebbe costituita dai rapporti, collocati prevalentemente nella
c.d. zona grigia, che implicano un‟elevata interdipendenza tra la prestazione lavorativa e un‟attività imprenditoriale, e assorbirebbe fattispecie ora riconducibili sia al lavoro autonomo che a quello subordinato87.
Il lavoro subordinato, invece, dovrebbe essere contenuto nei limiti della figura storica del prestatore di lavoro presupposta dall‟attuale art. 2094 c.c., e in maniera non dissimile dovrebbe essere circoscritto l‟ambito del lavoro autonomo (art. 2222
XXXXXXXXXX, Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., p. 576 ss; X. XXXXXXX, Verso uno «Statuto dei lavori»?, cit., p. 311 ss.; X. XXXXXX, Sull’inutilità delle presunzioni legali relative, cit., p. 311 ss.; X. XXXXXXX, Quale disciplina per i lavori atipici, in Foro It., 2000, V, col. 17 ss.; R. DE XXXX XXXXXX, Per una revisione delle categorie qualificatorie del diritto del lavoro, cit., p. 48 e 51 ss.; R. XXXXX, I problemi del diritto del lavoro, cit., p. 21 ss.
85 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei rapporti di lavoro, cit., p. 13 s.
86 Sul punto v. le interessanti osservazioni sull‟inutilità se non, addirittura, inconfigurabilità logica di un tertium genus, di X. XXXXXXXXXX, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei rapporti di lavoro, cit., p. 14 ss.
87 R. DE XXXX XXXXXX - X. XXXXXXX - X. XXXXXXXX, La crisi della nozione di subordinazione e della sua idoneità selettiva dei trattamenti garantistici, cit., p. 341 e 343.
c.c. e ss.). Alle due figure così delineate andrebbero mantenuti i rispettivi statuti protettivi88.
Al lavoro coordinato, invece - che eroderebbe una buona fetta dell‟attuale campo di applicazione del lavoro subordinato -, verrebbe riconosciuto uno zoccolo minimale di tutela, superiore a quello attualmente riconosciuto alle collaborazioni coordinate e continuative (all‟epoca ancora non esisteva il lavoro a progetto, che, per inciso, non sembra oggi inverare il tertium genus, poiché saldamente ancorato nell‟alveo del lavoro autonomo)89.
Si muovono, invece, sul versante delle tutele, le proposte di X. Xxxxxx e M. D‟Xxxxxx, che prescindono dalla configurazione di una nuova fattispecie.
Le due proposte, al fine di pervenire ad una rimodulazione delle tutele, muovono da un raffinato presupposto comune, salvo poi divergere nettamente in ordine agli obiettivi politici perseguiti.
In entrambi i progetti si rileva come, al di là della dicotomia lavoro subordinato/lavoro autonomo, che comunque rimane ferma, sia possibile individuare “un‟area di continenza fra lavoro autonomo e contratti di lavoro diversi ma limitrofi (…) una intera famiglia di rapporti di lavoro (…)” accomunata dal contenuto minimo dell‟atto di autonomia negoziale, il contratto stipulato fra le parti, rappresentato “dall‟interesse comune all‟integrazione onerosa del lavoro personale per gli scopi unitari dell‟attività economica altrui”90.
A quest‟area di continenza, definita lavoro sans phrase (lavoro senza aggettivi), che costituirebbe “il centro gravitazionale”91 dell‟intero sistema, dovrebbe essere riconosciuto uno zoccolo minimo di tutele, salvo procedere “all‟aggiunta” dell‟ulteriore apparato protettivo, tipico del lavoro subordinato, nei confronti di quei lavoratori che integrano, oltre a quelli caratterizzanti l‟intera area di continenza, anche i presupposti tipici del lavoro subordinato.
88 R. DE XXXX XXXXXX - X. XXXXXXX - X. XXXXXXXX, La crisi della nozione di subordinazione e della sua idoneità selettiva dei trattamenti garantistici, loc. cit.
89 R. DE XXXX XXXXXX - X. XXXXXXX - X. XXXXXXXX, La crisi della nozione di subordinazione e della sua idoneità selettiva dei trattamenti garantistici, cit., p. 343 ss. Sul punto v. A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 193 ss. ad avviso del quale la proposta “contiene la più ardita strumentazione concettuale volta ad assecondare e guidare la nuova produzione di senso nell‟universo del lavoro post-fordista” cui consegue tuttavia una “netta «de-lavorizzazione»” da vagliare e discutere attentamente.
90 M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., p. 85.
91 M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, loc. cit.
Si parla di area di continenza poiché, in realtà, il lavoro senza aggettivi non costituirebbe una nuova fattispecie, bensì rappresenterebbe un contenitore, al cui interno andrebbe a confluire un‟intera famiglia di contratti, riconducibili alle diverse fattispecie tipiche, tutti accomunati dalla continuità e dal coordinamento indispensabili all‟integrazione dell‟attività lavorativa per i fini unitari dell‟organizzazione del datore di lavoro.
Nella propria elaborazione, poi, D‟Xxxxxx, va oltre, e amplia il concetto di lavoro senza aggettivi - inteso, in quest‟ottica, come istituto economico - xxxxxxx00 -, aprendolo alle diverse forme di integrazione contrattuale del lavoro nell‟attività economica.
A quest‟ultima categoria, la più ampia, verrebbero riconosciute le sole garanzie minime di istituto, laddove, invece, al concetto più ristretto di lavoro sans phrase, costituito, come già detto, dai contratti di lavoro che realizzano l‟integrazione onerosa del lavoro nell‟attività economica del datore di lavoro, apparterrebbero anche le protezioni che garantiscono una dinamica fra le parti effettiva ed equilibrata.
Ad un livello ancora più elevato verrebbero a porsi i veri e propri lavoratori subordinati, la cui individuazione, peraltro, e a differenza di quanto ora accade con l‟art. 2094 c.c., non verrebbe operata con una precisa norma definitoria, bensì a mezzo di una presunzione relativa, basata sugli indici empirici elaborati dalla giurisprudenza in materia di subordinazione, da valutare globalmente, in base ad un giudizio sintetico, secondo il classico modo di operare del metodo tipologico93. Ai lavoratori subordinati, come già detto, dovrebbero essere riconosciute le tutele più forti, così come oggi le conosciamo.
Di particolare interesse ai nostri fini, come si vedrà, è l‟affermazione di D‟Xxxxxx, ad avviso del quale, dopo essersi così attenuato il divario di tutele fra le varie fattispecie, al fine di qualificare “i rapporti di lavoro in cui la prestazione non fosse soggetta a vincoli temporali rigidi, a controlli puntuali e a direttive continue,
92 M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., p. 86.
93 M. D‟XXXXXX, Ridefinizione della fattispecie di contratto di lavoro. Seconda proposta di legge, cit., pp. 196 e 198. Per una critica serrata alla presunzione di subordinazione immaginata da D‟Xxxxxx, v. X. XXXXXX, Sull’inutilità delle presunzioni legali relative, cit., p. 311 ss.
pur essendo coordinata e continuativa, si potrebbero abilitare le parti a scegliere il tipo contrattuale, nei casi e secondo le procedure previste dai contratti collettivi”94.
Proprio quest‟ultima affermazione porta direttamente a quello che è stato definito95 il vizio tecnico-dogmatico dell‟attuale istituto della certificazione, foriero delle maggiori difficoltà ricostruttive. Vizio fatto proprio dagli ideatori dello Statuto dei lavori e consistente nell‟immaginare di attribuire alle parti un potere di qualificazione del contratto che invece, per i principi generali dell‟ordinamento, spetta solo al giudice, laddove alle parti compete unicamente la determinazione del contenuto dell‟accordo, ovverosia i reciproci obblighi e diritti.
Come detto, Xxxxxx muove dal medesimo presupposto di fondo di D‟Xxxxxx, ma la sua preoccupazione principale, a differenza di quest‟ultimo, è esclusivamente quella di ampliare l‟area del lavoro subordinato in senso stretto - attraverso la tipizzazione di una definizione molto ampia del contratto di lavoro (v. art. 1 del progetto) - e di estendere anche al lavoro coordinato e continuativo (la residua area di continenza del lavoro sans phrase) alcune tutele minime proprie del lavoro subordinato96.
Nell‟ambito delle proposte di origine dottrinale, da ultimo, va menzionata quella di X. Xxxxxx, anch‟essa annoverabile fra le proposte che si muovono dal lato delle tutele.
Questo autore, le cui idee sono state definite tanto articolate quanto dissacranti e provocatorie97, parte dal presupposto che il lavoro subordinato debba essere messo in grado di competere con il lavoro autonomo e a tal fine, anche sulla scorta dei risultati dell‟analisi economica del diritto, propugna un ridimensionamento delle tutele che ne costituiscono lo statuto protettivo, contestualmente ad una estensione selettiva delle tutele nell‟ambito del lavoro autonomo98.
Ampio spazio, in questa ricostruzione, verrebbe attribuito all‟autonomia privata, alla quale, salva una rete di protezione, comune al lavoro autonomo e a
94 M. D‟ANTONA, Limiti costituzionali alla disponibilità del tipo contrattuale, cit., p. 90.
95 X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 208. V. anche par. 1, testo e nt.
23.
96 X. XXXXXX, Ridefinizione della fattispecie di contratto di lavoro. Prima proposta di legge,
cit., p. 187 ss e spec. p. 190.
97 A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 191.
98 In proposito, in dottrina, si è parlato di una sostanziale parificazione verso il basso degli standards protettivi nella proposta di Xxxxxx. V. A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 191.
quello subordinato, presidiata da norme inderogabili, dovrebbe essere demandato il compito di definire l‟assetto di interessi più appropriato.
In tale contesto, il ruolo della norma inderogabile verrebbe molto ridimensionato per far posto a contratti - tipo disciplinati da norme disponibili, a seconda dei casi, con l‟assistenza di un rappresentante sindacale o in forma scritta99.
Particolare attenzione poi viene prestata da Xxxxxx al mercato, e ivi ai problemi di asimmetria informativa, come luogo verso cui “spostare” le tutele, per correggere lo squilibrio di potere tra lavoratore e imprenditore100.
Il quadro così delineato riassume i progetti dottrinali, cui vanno ad aggiungersi i tre disegni di legge, di origine parlamentare, sopra elencati.
Di essi non ci occuperemo espressamente se non per ricordare che si muovono tutti nell‟ambito della fattispecie, immaginando una terza tipologia di contratti di lavoro, variamente denominata, cui imputare alcune tutele proprie del lavoro subordinato. Del d.d.l. C. n. 3423, poi, può essere segnalato l‟art. 11, in cui fa la sua prima comparsa una delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro.
Qualche parola in più dovrà invece spendersi, in sede di analisi dello Statuto dei lavori, per il d.d.l. S. n. 2049, che nel corso dell‟iter parlamentare ha visto intrecciate le sue sorti proprio con quelle dello Statuto, di cui ora passiamo ad occuparci.
Come giustamente rilevato, il progetto di Statuto dei lavori, “commissionato” dall‟allora Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale X. Xxxx, nell‟estate del 1997, a X. Xxxxx, è tributario delle proposte avanzate da Xxxxxx e D‟Xxxxxx, oltre che dell‟originaria idea di A. Vallebona, già illustrata in precedenza101.
Nell‟Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, invero, gli autori, sembrano voler partire in sordina, senza ambizioni riformatrici ad ampio respiro. Infatti, dopo aver passato in rassegna alcuni fra i principali percorsi di riforma del diritto del lavoro italiano apparsi in quegli anni, osservano come ognuno di essi presenti specifici obiettivi di politica del diritto e di politica legislativa, l‟uno diverso dall‟altro, tutti rappresentati all‟interno dello schieramento di maggioranza
99 X. XXXXXX, Il lavoro e il mercato, cit., p. 54 ss. V., sull‟intero disegno, i rilievi critici di A. PERULLI, Il diritto del lavoro tra crisi della subordinazione e rinascita del lavoro autonomo, cit., p. 191 ss.
100 X. XXXXXX, Il lavoro e il mercato, cit., p. 31 ss. V., tuttavia, sul punto, gli attenti rilievi di M. NOVELLA, L’inderogabilità nel diritto del lavoro, cit., p. 418 ss.
101 V. par. 1. In tal senso cfr. X. XXXXXXXXXX, Consensi e dissensi sui recenti progetti di ridefinizione dei rapporti di lavoro, cit., p. 26.
del tempo, per concludere quindi che, per attenuare le polemiche e le contrapposizioni ideologiche, l‟obiettivo dichiarato avrebbe dovuto “apparire meno ambizioso e, allo stesso tempo, più pragmatico”, di modo che l‟ipotesi di uno Statuto dei lavori avrebbe potuto trovare maggiore consenso e praticabilità se fosse stato presentato “come uno strumento diretto a garantire una maggiore certezza del diritto in materia di rapporti di lavoro e fosse dunque sostanzialmente preordinato alla riduzione del contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro”102.
Per perseguire l‟obiettivo, gli Autori propongono di procedere in due direzioni, indissolubilmente legate l‟una all‟altra: da una parte, l‟introduzione di un meccanismo di certificazione, in sede amministrativa, della qualificazione assegnata dalle parti al rapporto di lavoro, dall‟altra, al fine di rendere effettivo il meccanismo di certificazione, l‟attenuazione di una delle cause, se non la principale, dell‟elevato contenzioso sulla qualificazione, ovverosia l‟eccessivo differenziale di tutela fra lavoro autonomo e lavoro subordinato, attraverso la riduzione del menzionato differenziale103.
In realtà, dietro alle dichiarazioni programmatiche, si cela un ambizioso progetto di riforma che ruota proprio attorno all‟istituto della certificazione104.
L‟idea di partenza del progetto, come d‟altronde di tutti gli altri passati in rassegna, è la rimodulazione delle tutele, ottenuta operando sul versante delle tutele stesse.
A tal fine, rinunciato a qualunque intervento sulle fattispecie105, si propone di sostituire la dicotomia lavoro autonomo/lavoro subordinato con un continuum di tipi di attività posti lungo l‟asse che dal lavoro autonomo porta al lavoro subordinato, per operare una redistribuzione delle tutele fra tutte le attività che compongono il continuum.
102 Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, cit., p. 347.
103 Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, cit., p. 350.
104 Come rilevato dallo stesso X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 487 ss.
105 Poiché, lo rilevano X. XXXXX e X. XXXXXXXXXX (Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., pp. 582 e 586), qualunque intento definitorio si rivelerebbe vano a fronte di “una realtà contrattuale in rapido e continuo mutamento”.
In questo contesto, l‟idea è quella di procedere ad una selezione delle tutele, raggruppate in base al bene protetto, secondo la ben nota immagine dei cerchi concentrici106.
Al cerchio più ampio corrisponderebbero i diritti essenziali della persona (es. principio di non discriminazione, tutela della salute e della sicurezza) da imputare a qualsiasi forma di lavoro autonomo e subordinato; un secondo cerchio, più ristretto, raggrupperebbe la previdenza sociale e la regolazione del mercato del lavoro, da riferire anch‟esso, tendenzialmente, ma con una latitudine inferiore, alla vasta platea del lavoro autonomo e subordinato; ancora, un terzo cerchio, di dimensioni più ridotte, dovrebbe ricomprendere alcune tutele essenziali ora proprie del solo lavoro subordinato, da estendere ad alcune ipotesi di lavoro autonomo, e così via fino a giungere al lavoro subordinato vero e proprio, cui corrisponde il cerchio più piccolo, coincidente con l‟intero statuto protettivo del diritto del lavoro, secondo un criterio ordinatore dato dal grado di dipendenza economica del lavoratore107.
Nell‟ambito di questo disegno, potremmo dire a cerchi, andrebbe individuato un nucleo di diritti fondamentali, più ampio del primo cerchio sopra indicato - in linea di massima di specificazione del dettato costituzionale e di principi contenuti in fonti internazionali e comunitarie108 -, “indisponibili” in sede negoziale, presidiato da norme inderogabili. Al di fuori di questo ambito, ampio spazio dovrebbe essere riconosciuto all‟autonomia collettiva o anche all‟autonomia individuale, opportunamente assistita in sede di certificazione, per la modulazione del programma negoziale109.
Concretamente, il progetto viene articolato riunendo le tutele - che comprendono, come visto, anche quelle afferenti al mercato del lavoro, nonché
106 Cfr. X. XXXXX - X. XXXXXXXXXX, Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., pp. 582 e 586, ove gli Autori propongono di predisporre, “una volta superata la tradizionale contrapposizione binaria tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, una serie di tutele per cerchi concentrici e geometrie variabili a seconda dell‟istituto da applicare”.
107 X. XXXX, Politiche del lavoro. Insegnamenti di un decennio, cit., p. 196 ss. V., tuttavia, X. XXXXX - X. XXXX, Il governo Xxxxxxxxxx e il diritto del lavoro: dal Libro Bianco al disegno di legge delega, in Riv. Giur. Lav., 2002, I, p. 480 s., ad avviso dei quali - relativamente al Libro Bianco, ma con valutazioni riferibili anche al progetto di Statuto dei lavori -, “piuttosto che a una rimodulazione e/o redistribuzione delle tutele in relazione alle varie tipologie di contratti di lavoro e alle esigenze di protezione caratteristiche di ciascuna, il governo pare intenzionato a realizzare una vera e propria riduzione degli standard attuali di tutela attualmente riconosciuti ai lavoratori subordinati. Non a caso, infatti, gli estensori del Libro bianco non indicano il criterio ordinatorio da porre a base della suddetta rimodulazione”.
108 X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit.,
p. 495.
109 Ipotesi di lavoro per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, cit., p. 370.
all‟assistenza e previdenza110 - per gruppi di istituti omogenei, contenuti in autonomi titoli, per ognuno dei quali viene individuato l‟apposito campo di applicazione, con le relative tipologie di lavoro che vi entrano a far parte. All‟inizio di ogni titolo, poi, viene indicato se le relative norme siano derogabili o meno in sede di certificazione, ed eventualmente i casi e le condizioni della ammessa derogabilità.
Questo, semplificando e in sintesi, il contenuto del progetto, nel quale, come detto, la certificazione svolgeva un ruolo centrale, poiché in quella sede, fatti salvi i diritti presidiati da norme inderogabili, le parti, di volta in volta, e secondo limiti variabili, in funzione della tipologia negoziale o anche in dipendenza della rispettiva forza contrattuale, avrebbero potuto modulare il programma negoziale in base alle rispettive esigenze.
In tal modo, infatti, si sarebbe inciso “sul gioco delle convenienze nella scelta del tipo contrattuale da parte dei privati” con il duplice risultato di intervenire sulla principale causa del contenzioso qualificatorio e di “governare in modo pragmatico e flessibile il processo, da tempo indagato e peculiare al nostro ordinamento, di fuga dal lavoro dipendente”111.
In questo contesto, la certificazione qualificatoria acquista forza e valore in collegamento con la funzione di “derogabilità assistita”, come ben espresso da uno degli Autori del progetto, laddove afferma che la certificazione dei rapporti di lavoro avrebbe potuto “avere qualche utilità pratica solo se indissolubilmente correlata a un più esteso progetto di rimodulazione degli assetti delle tutele, oggi troppo sbilanciate a favore del lavoro subordinato”112.
Ma proprio la possibilità data alle parti di modulare il programma sembra accompagnarsi, secondo una logica non dissimile a quella di D‟Xxxxxx, ad una limitata disponibilità del tipo in sede di qualificazione certificata.
Disponibilità che, in quel contesto, forse, avrebbe potuto avere un significato a fronte della, seppur limitata, libertà di determinazione del contenuto del contratto,
110 Secondo la già menzionata logica della flexicurity, patrocinata anche a livello europeo; v..,
supra, par. 1.
111 X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit.,
p. 490.
112 X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit.,
p. 492 ss.
soprattutto in quei rapporti che si collocano ai confini fra autonomia e subordinazione113.
Diversamente, nell‟attuale contesto, ove, come si vedrà, la certificazione assume prevalentemente, se non esclusivamente, funzioni qualificatorie, la medesima disponibilità del tipo assume il significato di un vizio tecnico- dogmatico114, e tuttavia sembra assunta a presupposto inespresso della disciplina, che la rende farraginosa e di difficile sistematizzazione, alla luce dei principi generali dell‟ordinamento115.
Xxxxxx affermato trova conferma nel disposto di alcune norme del progetto di Statuto dei lavori poi trasfuse, con interpolazioni, nella disciplina della certificazione dei contratti di lavoro di cui agli artt. 75 ss. d.lgs. n. 276/2003.
Si tratta dell‟art. 38, co. 1, lett. c), del progetto, secondo il quale “una volta certificato, il contratto non potrà essere impugnato se non per vizi del consenso”, norma che poi è stata trasposta, con una formulazione estremamente ambigua e imprecisa sul piano tecnico, foriera di notevoli difficoltà interpretative, nell‟art. 80, co. 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 276/2003, a mente del quale “le parti del contratto
113 V. O. MAZZOTTA, Autonomia individuale e sistema del diritto del lavoro, cit., p. 10, ove l‟Autore giustamente rileva come “l‟abilitazione alla scelta del tipo presuppone una tendenziale libertà di determinazione del contenuto ovvero, ancor meglio, una sostanziale disponibilità degli effetti scaturenti da un dato assetto di interessi contenuti in un regolamento contrattuale”. V. anche
X. XXXXXXXXXX (La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 483) che sottolinea come l‟idea retrostante alla certificazione, nello Statuto, “non è certo una ingenua rappresentazione delle operazioni giurisprudenziali di qualificazione dei rapporti di lavoro (…) quanto piuttosto (si basa sul)la consapevolezza dell‟estrema fragilità di ogni tentativo volto a governare la fuga (…) dal lavoro subordinato in chiave meramente repressivo – sanzionatoria, attraverso la sola prospettiva del processo e della qualificazione ex post di schemi contrattuali
«atipici». E‟ evidente, per contro, il nesso tra la certificazione ex ante dei rapporti di lavoro e il massiccio ricorso a tipologie negoziali innovatrici del mercato del lavoro, di dubbia qualificazione rispetto ai modelli astratti tipizzati dal legislatore e che pure trovano una loro prima manifestazione proprio nell‟ambito dell‟economia informale e irregolare”. Non si condivide appieno, pertanto, il giudizio espresso da X. XXXXXX (Statuto dei lavori e certificazione, cit., p. 551), ad avviso del quale nel pensiero di Xxxxx vi sarebbe un evidente salto logico quando questi ritiene di poter rafforzare la volontà delle parti in sede di certificazione qualificatoria attribuendo loro la gestione, in tale sede, di un‟area di norme caratterizzate dall‟inderogabilità solo relativa. Sulla scia di Nogler anche X. XXXX, L’autonomia individuale assistita nel diritto del lavoro, cit., p. 195.
114 X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 208.
115 Parliamo di presupposto inespresso perché gli stessi artefici della proposta di uno Statuto dei lavori, prima, e della c.d. legge Biagi, dopo, avevano ben chiaro che “unico organo competente, nel nostro ordinamento, in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro è (…) il giudice, là dove l‟ente certificatorio potrebbe al più assistere le parti negoziali per fare chiarezza su quello che intendono stipulare” (così X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 500).
certificato potranno impugnare l‟atto di certificazione anche per vizi del consenso”116.
Nel commentare la norma, infatti, gli Autori precisano che la sua funzione sarebbe stata quella di “evitare prassi fraudolente o ricattatori baratti tra l‟accettazione di un determinato schema negoziale”, dunque, sembra di poter capire, un vero e proprio tipo negoziale, “e l‟attivazione del rapporto di lavoro”117.
Ugualmente, sempre l‟art. 38 del progetto, laddove al co. 1, lett. g), si riferisce ad un‟efficacia probatoria della certificazione “anche verso i terzi, solo in caso di corrispondenza fra quanto dichiarato e sottoscritto in sede amministrativa e quanto di fatto realizzato nello svolgimento della prestazione lavorativa”, sembra alludere alla prova della volontà qualificatoria delle parti118.
Prova che non è in alcun modo configurabile nel nostro ordinamento, ove la qualificazione, come più volte detto, consiste in un‟attività di giudizio appannaggio del giudice e non in un fatto, come invece sarebbe qualora il giudice dovesse veramente accertare una supposta volontà qualificatoria attribuita alle parti119. Eppure, come si vedrà, l‟idea della funzione probatoria, ancora una volta, ha influenzato la stesura delle norme vigenti in materia di certificazione.
Questo intreccio fra funzione qualificatoria e funzione di “derogabilità assistita”, la c.d. doppia anima della certificazione, d‟altronde, permea tutta la formulazione delle norme in materia di certificazione contenute nel Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, norme i cui contenuti sono poi stati in buona parte trasposti nelle disposizioni sulla certificazione contenute nel d.lgs. n. 276/2003, in un contesto ben diverso rispetto a quello immaginato nello Statuto, complicando notevolmente il compito dell‟interprete.
116 V. L. NOGLER, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 208 s.
117 Il dibattito sui nuovi lavori: due disegni di legge a confronto per una difficile mediazione, cit., p. 284, nt. 43.
118 V. L. NOGLER, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 208 s..
119 Ancora una volta, tuttavia, deve darsi atto che gli estensori del progetto di Statuto avevano piena consapevolezza dei principi generali dell‟ordinamento. V., infatti, X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 500 ss., ove si afferma che “l‟efficacia probatoria della certificazione non potrebbe (…) eccedere i limiti dell‟elemento di convincimento, eventualmente in funzione anche del comportamento tenuto dalle parti in sede di certificazione”; e ancora, più avanti: “una eventuale dichiarazione resa ufficialmente dalle parti non sposterebbe nulla sul piano dell‟onere della prova (…). Pare pertanto impensabile un meccanismo burocratico attraverso cui «blindare», solo per la particolare sede in cui viene resa la dichiarazione negoziale, la qualificazione assegnata dalle parti al rapporto di lavoro”.
Per esemplificare, si può ricordare l‟art. 38, co. 1, lett. a) del progetto ove si attribuisce alle commissioni di certificazione una “funzione di consulenza ed assistenza con particolare riferimento alla disponibilità dei diritti”, dettato poi trasfuso nel testo dell‟art. 81 d.lgs. n. 276/2003.
Il riferimento alla disponibilità dei diritti, nel contesto del progetto, seppure con formulazione atecnica120, non poteva che alludere alla “derogabilità assistita” in sede di certificazione, anche nell‟ottica di una lettura sistematica dell‟intero articolato, al cui interno la maggioranza delle disposizioni di apertura dei singoli titoli (artt. 1, 13, 36), nello statuire sulla derogabilità delle relative disposizioni, si esprimeva in termini di rinunziabilità e transigibilità dei diritti, a volte con l‟ulteriore precisazione “in deroga alle disposizioni di cui all‟articolo 2113 Codice Civile” (art. 16).
Altrettanto non può dirsi, come vedremo, per quanto attiene all‟analogo disposto contenuto nell‟art. 81, inserito in altro contesto sistematico ove il riferimento alla disponibilità dei diritti va letto in maniera più cauta, cercando di rimanere il più possibile fedeli al dato letterale e al suo significato consolidato121.
120 Come noto, infatti, è ormai consolidata, in dottrina e in giurisprudenza, la distinzione fra negozi dispositivi dei diritti, oggetto delle previsioni dell‟art. 2113 c.c., e negozi in deroga. Con i primi, il lavoratore dismette uno o più diritti entrati a far parte del suo patrimonio poiché si sono già verificati, nel caso concreto, i presupposti previsti dalla norma inderogabile attributiva, in via generale, dei diritti stessi, e il relativo negozio, entro i limiti previsti dall‟art. 2113 c.c., è sanzionato con l‟annullabilità; i secondi, invece, attengono al momento genetico, di definizione del contenuto del contratto individuale, e prevedono una disciplina difforme rispetto a quella imposta dalla norma inderogabile, cui consegue la sanzione della nullità, in linea di massima con efficacia sostitutiva. Al negozio in deroga, poi, viene usualmente assimilato il negozio dispositivo di diritti futuri, non ancora maturati dal lavoratore. Per una ricostruzione della genesi e degli antecedenti dell‟art. 2113 x.x., xxxxxx xxx xxxxxxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxx xx rinvia a X. XXXXXX, Rinunzie e transazioni (diritto del lavoro), in Enc. Dir., vol. XL, Xxxxxxx, Milano, 1989, p. 984 ss.; X. XXXXXXX, Disposizione dei diritti, in Dig. Disc. Priv., sez. Comm., vol. V, Utet, Torino, 1990, p. 51 ss.; X. XXXX, L’autonomia individuale assistita nel diritto del lavoro, cit., p. 36 ss.; X. XXXXXXXX, Rinunzie, transazioni e prescrizione: le origini del dibattito sul ruolo dell’autonomia individuale, in X. XXXXXX - A. VALLEBONA (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 99 ss. Di recente, per una revisione critica del tema, v. M. NOVELLA, L’inderogabilità nel diritto del lavoro, cit., passim ma spec. p. 246 ss.; ID., Considerazioni sul regime giuridico della norma inderogabile nel diritto del lavoro, in Arg. Dir. Lav., 2003, p. 509 ss.; X. XXXXXXX, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, in Dir. Lav. Rel. Ind., 2008, p. 423 ss. Con specifico riguardo al tema della derogabilità assistita v. E. GRAGNOLI, L’attività sindacale e la derogabilità assistita, in Riv. It. Dir. Lav., 2005, I, p. 90 ss.
121 Sul punto v. X. XXXXXXX, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, cit., p. 443 ss., ove l‟Autrice rileva come le varie “ipotesi di volontà e/o derogabilità assistita cautamente (e un po‟ confusamente) introdotte nel d.lgs. n. 276/2003 (…) tentano un aggancio – anche terminologico – tra le dimensioni dell‟inderogabilità e dell‟indisponibilità, prospettando l‟applicazione del congegno dell‟art. 2113, ult. c., c.c. ai fini della modifica (in pejus) dell‟assetto normativo del rapporto”, così inducendo, peraltro, l‟impressione “che si finisca per confondere il potere abdicativo con la valorizzazione dell‟autonomia privata del lavoratore” per
Sempre in via esemplificativa, si possono richiamare i codici di buone pratiche e i moduli e formulari, che nel contesto del progetto (art. 38, co. 1, lett. b) avevano la funzione di predisporre degli schemi tipo cui le parti avrebbero potuto fare ricorso per definire il contenuto del contratto senza l‟attività di consulenza della commissione, la quale avrebbe quindi dovuto procedere, previo deposito del contratto, alla mera validazione dello stesso.
Significato tutt‟affatto diverso assume invece il richiamo agli stessi strumenti nel contesto del d.lgs. n. 276/2003 (art. 78, co. 4 e 5)122, che ha dato luogo a incertezze e difficoltà interpretative nel dibattito dottrinale.
Si può osservare, in conclusione, come sotto il profilo della tecnica normativa, rispetto al dettato dell‟art. 5 della l. n. 30/2003 prima e degli artt. 75 ss. del d.lgs. n. 276/2003 poi, risultasse a nostro avviso molto più lineare il disposto dell‟art. 17 della versione approvata dal Senato del d.d.l. S. n. 2049, contenente una delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro ivi disciplinati.
Esclusa ogni ipotesi di “derogabilità assistita”, infatti, erano anche stati eliminati dal menzionato art. 17 tutti, o quasi123, i riferimenti concettuali e terminologici, contenuti nell‟art. 38 del progetto, a questa riferibili124.
concludere che in tal modo non si incide “nell‟area di competenza delle fonti imperative che resta inattingibile dal singolo”.
122 Si vedrà tuttavia, nel prosieguo del lavoro, come dovranno essere tenute in attenta considerazione, ai fini dell‟inquadramento, in particolare, dei moduli e formulari, le idee e le esemplificazioni contenute nell‟Ipotesi per la predisposizione di uno Statuto dei lavori. Si può qui solo anticipare come l‟utilizzo di questi strumenti, a nostro avviso, segni un timido tentativo di introdurre nel nostro ordinamento forme di regolazione proprie dell‟ordinamento comunitario quali la soft law. Più in generale, la tecnica normativa utilizzata nel progetto di Statuto dei lavori prima, e nel d.lgs. n. 276/2003 dopo, sembra subire l‟influsso dell‟analisi comparata e dell‟esperienza di ordinamenti anche molto distanti dal nostro, come gli ordinamenti di common law, circostanza, questa, che dà ulteriormente ragione delle notevoli difficoltà cui va incontro l‟interprete nell‟affrontare la lettura e la sistemazione dei testi normativi. Per qualche esempio sul punto cfr. X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., pp. 498 e 502.
V. altresì le critiche sull‟uso della comparazione e sul richiamo all‟ordinamento comunitario, formulate con riguardo al Libro Bianco, ma riferibili anche al progetto di Statuto dei lavori, di X. XXXXXXXX, La forza di un pensiero debole. Una critica del «Libro Bianco del lavoro», in AA. VV., Lavoro, ritorno al passato. Critica del Libro bianco e della legge delega al governo Xxxxxxxxxx sul mercato del lavoro, Ediesse, Roma, 2002, p. 55 ss.; nonché di X. XXXXX - X. XXXX, Il governo Xxxxxxxxxx e il diritto del lavoro: dal Libro Bianco al disegno di legge delega, cit., p. 459 ss.
123 V., infatti, il co. 1, lett. c), dell‟art. 17, che induce X. XXXXXX (La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 208 s.) ad attribuire anche al d.d.l. S. n. 2049 la “medesima percezione distorsiva della certificazione come registrazione della volontà qualificatoria che esercita un effetto di
«sbarramento probatorio»”.
124 Per un‟analisi comparata del testo dell‟art. 17, d.d.l. S. n. 2049 e di quello dell‟art. 9, d.d.l.
S. n. 848, che diventerà poi l‟art. 5, l. n. 30/2003, v. E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, in Dir. Prat. Lav., 2002, p. 527 ss. V., altresì, le osservazioni di
X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 493. L‟Autore rileva come “estrapolato dal contesto complessivo di riforma del diritto del lavoro delineato
E‟ bensì vero, come rilevato in dottrina125, che l‟art. 9 del d.d.l. S. n. 848/2001126 riproduce in buona parte il disposto del succitato art. 17, ma è altrettanto vero che nel passaggio dalla formulazione iniziale del d.d.l. a quella della legge delega n. 30/2003 (art. 5) prima, nonché con la successiva attuazione della delega operata con il d.lgs. n. 276/2003 (artt. 75 ss.) poi, la normativa ha assunto contenuti decisamente nuovi, tributari, come più volte detto, dei contenuti delle norme immaginate per lo Statuto dei lavori127.
Il progetto di Statuto dei lavori non è mai approdato in Parlamento, né si è mai tradotto in un documento formale, sebbene i suoi contenuti, come noto, siano stati ripresi, nella successiva legislatura, nel Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali128, su cui ci si soffermerà nel prossimo paragrafo.
A chiusura del paragrafo, si può qui ricordare come la certificazione, nella sola variante qualificatoria, abbia fatto la sua comparsa anche nell‟art. 6 del d.d.l. S. n. 3512, per poi essere espunta dal testo definitivo della l. n. 142/2001129.
4. Dal Libro Bianco del 2001 alla legge delega n. 30/2003.
Nell‟ottobre del 2001, a distanza di pochi mesi dall‟apertura della XIV legislatura, il governo di centro destra in carica pubblica un corposo documento, il
nella bozza di «Statuto dei lavori» il meccanismo di certificazione dei rapporti di lavoro non può invece che suscitare forti perplessità, a maggior ragione se esso viene inserito in un impianto normativo, come quello del disegno di legge «Smuraglia», che, nell‟estendere unidirezionalmente le tutele, è inevitabilmente destinato ad alimentare la crescita dell‟atipico e la fuga nel sommerso”. Giudizio riproposto, mutatis mutandis, con riguardo al d.d.l. S. n. 848 (ivi, p. 494 ss.) e poi esteso, da buona parte della dottrina, alla certificazione di cui agli artt. 75 ss., d.lgs. n. 276/2003.
000 X. X. XXXXX, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 529; X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 494; L. XX XXXXXXX, La delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, in X. XXXXXXX - X. XXXXXXXX (a cura di), Il diritto del lavoro dal “Libro Bianco” al Disegno di legge delega 2002, Ipsoa, Milano, 2002, p. 96 ss.; ID., La certificazione dei rapporti di lavoro, in X. X. XXXXXXX (a cura di), La legge delega in materia di occupazione e mercato del lavoro, Ipsoa, Milano, 2003, p. 234 ss.
126 Su cui v. infra par. 4.
127 Cfr. X. XXXXXXXXX, Le procedure di certificazione, in X. XXXXXXX - V. DI CERBO - A. XXXXXXX, Il diritto del lavoro. I. Costituzione, Codice Civile e Leggi Speciali, Xxxxxxx, Milano, seconda ed., 2007, p. 1133.
128 MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità, 2001, reperibile sul sito internet del Centro Studi Xxxxx Xxxxx, xxx.xxxx.xxxxxxx.xx, sotto la voce Riforma Biagi. V. infra par. 4.
129 Per un breve riepilogo della vicenda v. X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori
«atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 487. Critico nei confronti dello stralcio X. XXXXX, Progettare per modernizzare, cit., p. 276 s.; contra, X. XX XXXXXXX, La delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 97.
Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia130, nel quale, sulla falsariga della prassi anglosassone ed europea131, riassume i contenuti delle proprie proposte sulle politiche del lavoro.
Si tratta di un documento ambizioso che tocca trasversalmente l‟intera materia del diritto del lavoro: dall‟assetto delle fonti, con particolare riguardo ai rapporti fra legge, contratto collettivo e contratto individuale, alle ben note esigenze di articolazione e modulazione delle tutele, dall‟integrazione europea, al mercato globale, dal federalismo, al rapporto fra diritto e mercato del lavoro, e ancora agli interventi statali in materia di incentivi all‟occupazione, formazione e ammortizzatori sociali, dalla concertazione, alla rappresentanza sindacale, dal conflitto sindacale, al sistema della contrattazione collettiva, fino al processo del lavoro, con particolare, se non esclusivo, riguardo alla materia dell‟arbitrato.
L‟importanza dei temi toccati e delle soluzioni prefigurate in ordine al riassetto complessivo del sistema del diritto del lavoro hanno inevitabilmente dato origine ad un complesso ed articolato dibattito culturale, prima ancora che tecnico- scientifico, di cui non è possibile, in questa sede, dar conto.
Si possono qui solo ricordare i timori espressi da un consistente settore della dottrina, ad avviso della quale, nell‟ambito di un impianto di marca neo-liberista132, l‟esecutivo avrebbe sostanzialmente assecondato le richieste provenienti dagli operatori economici, preannunciando riforme destinate ad affidare al libero gioco del mercato, e all‟auspicato rilancio del sistema produttivo, la definizione dell‟ordine
130 MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia, cit., alla cui redazione, come noto, ha collaborato Xxxxx Xxxxx.
131 V. L. XXXXXXXX, La forza di un pensiero debole. Una critica del «Libro Bianco del lavoro», cit., p. 55, che, dopo aver ricordato che era la prima volta che un governo appena insediato si impegnava nel pubblicare un documento complessivo sulle politiche del lavoro, non senza una vena di sarcasmo, critica poi “la cromatura” del documento, poiché il metodo anglosassone prevede “che prima si elabori un Libro «verde», in cui si indicano le linee di indirizzo attorno alle quali raccogliere pareri, e solo dopo un‟ampia consultazione si licenzi un Libro «bianco»”, a sottolineare la propensione del nuovo esecutivo, da più parti criticata, a limitare il confronto con le parti sociali interessate. Sul punto v., con accenti fortemente polemici, X. XXXXXX - A. ANDREONI - X. XXXXXXXXX
- X. XXXXXX - X. XXXXXXX, Un disegno autoritario nel metodo, eversivo nei contenuti. La legge delega al Governo sul mercato del lavoro, in AA. VV., Xxxxxx, ritorno al passato, cit., p. 69 s.
132 Così, relativamente al d.lgs. n. 276/2003, ma con un giudizio riferibile anche al Libro Bianco, R. DE XXXX XXXXXX, Tra le righe del d.lgs. n. 276/2003 (e del decreto correttivo n. 251/2004): tendenze e ideologie, in Riv. It. Dir. Lav., 2004, I, p. 539 ss.; nonché X. XXXXX - X. XXXX, Il governo Xxxxxxxxxx e il diritto del lavoro: dal Libro Bianco al disegno di legge delega, cit., p. 455;
X. XXXXX, Lavoro e nuove regole. Dal Libro bianco al decreto legislativo 276/2003, Ediesse, Roma, 2004, p. 21.
concreto dei rapporti di produzione, con un arretramento dell‟intervento dello Stato e una rivisitazione del ruolo degli attori collettivi133.
Una critica che si appunta, pertanto, sul mancato bilanciamento dei contrapposti interessi, con interventi protesi ad assecondare le mere logiche di mercato, in una visione potenzialmente destrutturante l‟intero sistema del diritto del lavoro e le sue istanze di base134.
Mutuando le parole di un‟attenta dottrina, tuttavia, a nostro avviso, molte delle preoccupazioni espresse vanno, allo stato, ridimensionate, potendosi ravvisare, nei successivi interventi attuativi delle linee di indirizzo politico espresse nel Libro Bianco, “più elementi di continuità che elementi di rottura rispetto all‟assetto normativo precedente e rispetto alla stessa elaborazione giurisprudenziale” 135.
E‟ altresì vero, peraltro, che, sparsi qua e là nel d.lgs. n. 276/2003, si possono “rinvenire i germi”, dunque il tentativo, da tenere in attenta considerazione, di muovere i primi passi per “un nuovo assetto delle fonti, in particolare del rapporto tra autonomia collettiva, legge e soprattutto autonomia individuale”136
Tornando al Libro Bianco - nel cui contesto, come già visto137, è stata ripresa l‟idea dello Statuto dei lavori138 -, per quanto più specificamente attiene al tema del presente lavoro, si deve ricordare come, seppur senza un particolare
133 V., per tutti, X. XXXXX - X. XXXX, Il governo Xxxxxxxxxx e il diritto del lavoro: dal Libro Bianco al disegno di legge delega, cit., p. 453 ss.; X. XXXXX, Lavoro e nuove regole. Dal Libro bianco al decreto legislativo 276/2003, cit., p. 19 ss.; X. XXXXXXXX, La forza di un pensiero debole. Una critica del «Libro Bianco del lavoro», cit., p. 55.
134 Cfr. X. X. XXXXXXXX (La legge delega sul mercato del lavoro: prime osservazioni, in Riv. Giur. Lav., 2003, I, 359), ad avviso del quale, con riferimento alla legge delega, “il modello di sviluppo perseguito è un modello che affida le capacità competitive del sistema produttivo italiano non alla continua capacità di innovazione del processo e del prodotto, non a investimenti brain intensive, ma alla compressione del costo del lavoro”; nonché X. XXXXXXXX (Commento agli artt. 75 - 84, in X. XXXXXXX (coordinato da), Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, IV, Tipologie contrattuali a progetto e occasionali. Certificazione dei rapporti di lavoro, a cura di X. XXXXXXXXX -
X. XXXXXXXX - X. XXXXXXXX, Ipsoa, Milano, 2004, p. 148), che parla, relativamente al d.lgs. n. 276/2003, “di una riforma complessiva che, in un contesto di deregolazione dell‟assetto normativo oggi esistente, tende a „riportare al centro del sistema il contratto individuale‟ (…), a ridurre la funzione dell‟autonomia collettiva ed a marginalizzare o mutare (…) il ruolo del sindacato”.
135 X. XXXXXXX, Il diritto del lavoro e le sue categorie, cit., p. 141.
136 X. XXXXXXX, op. loc. cit. Sul punto v. gli interessanti rilievi di X. XXXXXXX, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, cit., p. 423 ss.
137 V., supra, par. 3.
138 Parte seconda: I.3.5., p. 38 ss.
approfondimento139, fosse ivi considerata la certificazione nelle sue due diverse funzioni: qualificatoria e di “derogabilità assistita”140.
Anche per quanto attiene ai succitati passaggi relativi alla certificazione, in particolare nella sua variante attinente alla “derogabilità assistita”, nel contesto delle critiche radicali sopra riportate, sono state espresse serie preoccupazioni da parte degli studiosi.
Si è vista nella “derogabilità assistita” in sede di certificazione, non senza ragione, una netta rottura rispetto al già collaudato modello della flessibilità contrattata.
Se, infatti, nell‟ambito del garantismo flessibile, è pur sempre l‟autonomia collettiva a dover valutare modi e limiti della rimozione di un vincolo inderogabile, in funzione di considerazioni pur sempre attinenti all‟interesse collettivo141, con la “derogabilità assistita”, invece, il sindacato “si dovrebbe limitare ad assistere (nel senso di essere spettatore) al prorompere delle aspirazioni individuali”142. In altre parole, il sindacato si troverebbe a dover assistere il singolo nella definizione del contenuto del contratto individuale, in deroga alle norme inderogabili, in funzione del perseguimento dell‟interesse individuale del lavoratore, dismettendo la propria vocazione naturale a stabilire e gestire una disciplina inderogabile del rapporto individuale di lavoro in grado di garantire un livello minimo di tutela, evitando pericolosi fenomeni di concorrenza al ribasso fra gli stessi lavoratori143.
000 X. XXXXX, Xxxxxx e nuove regole. Dal Libro bianco al decreto legislativo 276/2003, cit., p.
55.
140 Parte seconda: I.3.2., p. 35 s.; I.3.5., p. 40; II.3.6., p. 73.
000 X. XXXXX - X. XXXX, Xx governo Xxxxxxxxxx e il diritto del lavoro: dal Libro Bianco al
disegno di legge delega, cit., p. 483 ss.; X. XXXXX, Lavoro e nuove regole. Dal Libro bianco al decreto legislativo 276/2003, cit., p. 55 ss.; X. XXXX, L’autonomia individuale assistita nel diritto del lavoro, cit., p. 209 ss.
142 E. GRAGNOLI, L’attività sindacale e la derogabilità assistita, cit., p. 103, ove anche una puntuale e argomentata analisi delle ragioni a sostegno della perdurante necessità di mantenere nelle sue linee di fondo l‟attuale sistema delle relazioni industriali, basato sull‟inderogabilità del contratto collettivo, oltre che della norma di legge. Dello stesso Autore v. anche l‟Intervento, in AA. VV., Autonomia individuale e autonomia collettiva alla luce delle più recenti riforme. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro. Abano Terme - Padova, 21 - 22 maggio 2004, Giuffré, Milano, 2004, p. 237 ss. Sul punto cfr. altresì X. XXXXXX, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, cit., p. 387.
143 Oltre agli autori citati alle note precedenti v., altresì, X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 276 ss.; ID., Certificazione: introduzione, cit., p. 145 ss.; X. X. XXXXXXXX, Contratti di lavoro e certificazione, cit., p. 582. V., tuttavia, la difesa di X. XXXXXXXXXX (La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., pp. 480 - 483) ad avviso del quale, “anche a prescindere dal rilievo, pure di non secondaria importanza, che il diritto del lavoro non pare semplicisticamente riconducibile, nel suo complesso, a una mera tecnica unilaterale di tutela del c.d. contraente debole, è pur sempre
D‟altronde, come è stato correttamente rilevato, la tecnica della “derogabilità assistita”, lungi dal porre rimedio alla asserita disparità di potere contrattuale fra le parti, utilizzando una tecnica meno invasiva dell‟autonomia individuale rispetto alla norma inderogabile - senza considerare l‟ulteriore profilo attinente al tipo di interessi, generali o individuali, tutelati con la norma inderogabile stessa144 - si limita a precostituire delle apposite forme procedurali, strumentali “all‟attribuzione di certezza alla manifestazione di volontà, qualunque essa sia”, della quale garantisce esclusivamente l‟effettività, a prescindere “dai motivi che stanno alla base della decisione del lavoratore”145. Tale tecnica, pertanto, “presuppone che il soggetto sia già in grado autonomamente di prendere decisioni in coerenza con i propri interessi, anche in contrasto con quelli imposti dalla norma imperativa, cioè sia già in grado di esprimere consapevolmente la propria volontà”146.
immaginabile, in una prospettiva de iure condendo (…), che il modello certificatorio possa contribuire, per contro, a rafforzare la stessa gestione collettiva e sindacale degli interessi del lavoro. La riduzione del costo delle norme inderogabili (…) potrebbe infatti essere conseguita (…) anche autorizzando il sindacato ad assistere la volontà individuale del lavoratore (…) nella fase di costruzione ex ante di una disciplina specifica”, di modo che, ad avviso dell‟Autore, “la procedura di certificazione/validazione dei rapporti di lavoro, lungi dal costituire un intervento legislativo a tutela dei lavoratori uti singuli, potrebbe peraltro contribuire a circoscrivere il protagonismo giudiziale in merito alla qualificazione dei rapporti di lavoro, e con ciò a stemperare il divario (…) tra logiche giuridiche e logiche organizzativo - produttivistiche (…) circostanza questa che dovrebbe consentire di intercettare anche ampie fasce di lavoro irregolare e sommerso”.
144 Sul punto v. le osservazioni di X. XXXXXXX, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, cit., p. 450 ss.; nonché X. X. XXXXXXXX, Contratti di lavoro e certificazione,cit., p. 581 s.
145 M. NOVELLA, L’inderogabilità nel diritto del lavoro, cit., p. 417. V., altresì, M. DELL‟OLIO, Ordinamento civile e diritto del lavoro: tecniche, fonti, figure, cit., p. 111 ss., ove anche ulteriori e diverse argomentazioni; nonché X. XXXX, L’autonomia individuale assistita nel diritto del lavoro, cit., p. 201 ss. e spec. 209 ss.;
146 M. NOVELLA, op. loc. cit. L‟Autore, nel medesimo lavoro, x. 000 xx. (xxx punto, vedi già, dello stesso: Considerazioni sul regime giuridico della norma inderogabile nel diritto del lavoro, cit.,
p. 545 s.), valorizzando uno spunto presente nel Libro Bianco (parte seconda: I.3.2., p. 35), individua nella tecnica della c.d. “scelta multipla”, il modello che meglio si presta a “coniugare l‟obiettivo della riduzione dei costi della norma inderogabile e la garanzia della genuinità del consenso della parte debole del rapporto”. La citata tecnica ha dato luogo, a ridosso dell‟emanazione del d.lgs. n. 276/2003, a un vivace dibattito dottrinale, proprio con riferimento alla certificazione dei contratti di lavoro. Sul punto, peraltro, ci si soffermerà infra, cap. II, par. 4. In ordine al succitato dibattito v. gli atti delle giornate di studio Aidlass di Abano Terme - Padova, 21 - 22 maggio 2004, in AA. VV., Autonomia individuale e autonomia collettiva alla luce delle più recenti riforme, cit., e ivi la relazione di X. XXXX, Contratto e rapporto tra potere e autonomia nelle recenti riforme del diritto del lavoro, p. 100 ss. e spec. 102 s., nonché gli interventi di X. XXXXXXX (Intervento, p. 267 ss.), X. XXXXXXXXXX (Intervento, p. 315 ss.) e M. NOVELLA (Intervento, p. 329 ss.); v., altresì, X. XXXXXX, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, cit., p. 386 ss.; X. XXXXXXX, Certificazione dei contratti di lavoro e contrattazione collettiva, in M. RUSCIANO - X. XXXX - X. XXXXXXX, Istituzioni e regole del lavoro flessibile, Editoriale Scientifica, Napoli, 2006, p. 344; X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 240; X. XXXXXXX, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, cit., p. 451 ss.
Non è passato molto tempo perché il riportato dibattito sulla “derogabilità assistita”, dal piano meramente progettuale, si trasferisse sul dato normativo.
A breve distanza di tempo dalla pubblicazione del Libro Bianco, infatti, il 15 novembre 2001, il Governo ha presentato al Senato della Repubblica il d.d.l. S. n. 848, che ne ha in parte recepito i contenuti147.
Dopo un lungo e travagliato iter parlamentare, che ha visto, tra l‟altro, lo stralcio degli artt. 2, 3, 10 e 12, confluiti nel d.d.l. S. n. 848-bis148, il d.d.l. S. n. 848 è quindi diventato, in una versione sensibilmente diversa rispetto a quella inizialmente proposta, la legge delega 14 febbraio 2003, n. 30149.
Su tali testi normativi, dunque, deve ora spostarsi l‟analisi, in una trattazione congiunta che, inevitabilmente, privilegerà il dato contenuto nella legge delega n. 30/2003.
Punto di partenza dell‟analisi, con riguardo, in particolare, alla certificazione, è il nuovo contesto sistematico in cui viene ad inserirsi l‟istituto.
Con il d.d.l. prima, e la legge delega poi, infatti, il legislatore abbandona definitivamente la prospettiva originaria dello Statuto dei lavori, pur prefigurata, come abbiamo visto, nel Libro Bianco.
In particolare, si prescinde dal progetto di “rimodulazione delle tutele per via di una disaggregazione per materia della disciplina giuslavoristica”150, con attribuzione, a ciascun gruppo di materie, di uno specifico campo di applicazione e correlativa individuazione di un‟area di inderogabilità assoluta.
Diversamente, la menzionata esigenza viene, per così dire, perseguita, attraverso la moltiplicazione dei “tipi” e “sottotipi” contrattuali flessibili (lavoro a
147 Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro.
148 Di particolare importanza nel disegno complessivo poiché, oltre alle tanto contestate misure in materia di arbitrato e licenziamenti individuali (art. 18 St. Lav.), conteneva altresì le necessarie compensazioni sul mercato della progettata riduzione delle tutele nel rapporto, secondo la più volte citata logica della flexicurity. Come noto, il d.d.l. S. n. 848-bis non ha mai superato nemmeno il vaglio del Senato. Sulle menzionate misure v. i rilievi critici di X. XXXXX – X. XXXX, Il governo Xxxxxxxxxx e il diritto del lavoro: dal Libro Bianco al disegno di legge delega, cit., p. 491 ss.
149 Delega al Governo per la revisione della disciplina dei servizi pubblici e privati per l'impiego, nonché in materia di intermediazione e interposizione privata nella somministrazione di lavoro. Un breve excursus delle vicende che hanno portato all‟approvazione della l. n. 30/2003 è rinvenibile in R. DE XXXX XXXXXX - X. RUSCIANO - X. XXXXXXX, Premessa, in ID. (a cura di), Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, cit., p. 7 ss.; nonché in L. DE ANGELIS, Le certificazioni all’interno della riforma del mercato del lavoro, in Riv. It. Dir. Lav., 2004, I, p. 238 s.
150 X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit.,
p. 498, che rileva come l‟originario progetto di uno Statuto dei lavori si avvicinasse alla logica dei sistemi di common law dove “non esiste una automatica correlazione tra lavoro subordinato e disciplina di tutela”.
chiamata, temporaneo, a prestazioni ripartite, contratto di inserimento), o la revisione dei “tipi” esistenti (lavoro a tempo parziale, apprendistato), nell‟ambito del lavoro subordinato, e la razionalizzazione del lavoro autonomo coordinato con l‟introduzione del lavoro a progetto e la disciplina del lavoro occasionale e accessorio (art. 8 d.d.l. S. n. 848 e art. 4 l. n. 30/2003)151.
In tale contesto, scompare, o sembra scomparire152, ogni tentativo di introdurre ipotesi di “derogabilità assistita” e alle commissioni di certificazione, nella sola versione che abbiamo definito qualificatoria, è assegnato il più modesto compito di conferire certezza alle qualificazioni convenzionali, eventualmente contribuendo ad assistere le parti nella configurazione negoziale del loro assetto di interessi.
La certificazione, quindi, viene introdotta esclusivamente come strumento deflattivo del contenzioso giudiziale, anche in vista di un potenziale incremento di quest‟ultimo dovuto alla moltiplicazione dei tipi contrattuali, con le inevitabili ricadute in termini di aumento dell‟incertezza 153.
151 V. M. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 497, che parla, in proposito, di “un‟operazione di destrutturazione del lavoro subordinato e di contro-strutturazione del lavoro autonomo”, forse necessaria (l‟Autore parla di passaggio obbligato), “almeno sul piano della mediazione politico-sindacale, per aprire definitivamente la strada all‟idea di
«Statuto dei lavori»”. Il medesimo concetto verrà ripreso, più avanti, da C. XXXXXX - X. XXXXXXXXXX, Certificazione e tipologie di lavoro flessibile nella riforma dei lavori: un primo passo verso lo Statuto dei lavori, in ID. (a cura di), Compendio critico per la certificazione dei contratti di lavoro. I nuovi contratti: lavoro pubblico e lavoro privato, Xxxxxxx, Milano, 2005, p. 2 ss., ove gli Autori rilevano come “ambizione della riforma Biagi del mercato del lavoro è quella di accorpare e incanalare verso schemi negoziali tipici e regolari (…) una articolata tipologie di forme di lavoro irregolare e contra legem” al fine di aggregare e far emergere, “attraverso le nuove tipologie contrattuali, quella miriade di prestazioni lavorative collocate nell‟area del lavoro grigio e, sempre più spesso, del lavoro nero”. Tale operazione - finalizzata, nella visione degli Autori, “ad aggredire quell‟immensa area del lavoro nero e irregolare, rispetto alla quale ogni singolo contratto di lavoro costituisce una forma sui generis di flessibilità contrattuale o tipologica” - costituirebbe la pars destruens cui dovrebbe far seguito la pars costruens, rappresentata, appunto, dallo Statuto dei lavori. In questo quadro, l‟attuale istituto della certificazione giocherebbe il ruolo fondamentale di “mediazione tra gli schemi formali predisposti dal legislatore e la complessità di una realtà negoziale in continua evoluzione, in coerenza con i radicali mutamenti intervenuti nei modi di organizzare il lavoro”. In effetti, si vedrà più avanti (infra, par. 7) come il progetto di uno Statuto dei lavori non sia mai stato abbandonato del tutto in sede politica.
152 V., infatti, A. PIZZOFERRATO (Giustizia privata del lavoro. Conciliazione e arbitrato, in X. XXXXXXX (diretto da), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, vol. XXXII, Cedam, Padova, 2003, p. 203 ss. e spec. nt. 45), ad avviso del quale, seppure con giudizio critico, il d.d.l. S. n. 848 configurava la certificazione anche in funzione di derogabilità assistita. Dubitativo, sul punto, X. XXXXX, Rilancio dell’autonomia privata nel diritto del lavoro e certificazione dei rapporti, in Lav. Giur., 2003, p. 111.
153 X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit.,
p. 497. Viene quindi ad istituirsi un nesso fra “la certificazione (…) e l‟introduzione di tipologie negoziali innovatrici del mercato del lavoro”. Così X. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 527; v., anche, X. XXXXX, Lavoro e nuove regole. Dal Libro bianco al decreto legislativo 276/2003, cit., p. 54 s.; X. XXXXX, Rilancio dell’autonomia privata nel diritto del lavoro e certificazione dei rapporti, cit., p. 110.
Si assiste, come evidenziato in dottrina, ad una vera e propria metamorfosi154 dell‟istituto, che ne riduce considerevolmente i contenuti e rischia di svuotarlo di utilità pratica155.
La sola qualificazione operata ex ante, in sede di certificazione, dalle relative commissioni, infatti, in sé considerata, non sembra in grado di poter assolvere efficacemente al compito assegnatole, anche in virtù dei vincoli imposti dall‟ordinamento e in particolare dal principio dell‟indisponibilità del tipo contrattuale156.
Inoltre, così nel d.d.l. come nella legge delega, l‟istituto viene appena abbozzato157, con principi e criteri direttivi tanto limitati quanto generici, al limite dell‟incostituzionalità per violazione dell‟art. 76 Cost.158.
Non altrettanto parca, invece, è stata la dottrina nella propria opera esegetica degli scarni elementi testuali, prefigurando soluzioni interpretative e sollevando dubbi, anche di costituzionalità, sull‟emanando decreto delegato che, come si vedrà, sembrano aver influenzato il legislatore nella redazione delle norme in materia di certificazione contenute nel d.lgs. n. 276/2003.
Il d.d.l. e la legge delega dedicano alla certificazione un articolo ad hoc (art. 9
d.d.l. e art. 5 l. n. 30/2003), cui si aggiungono alcuni generici riferimenti contenuti in altre disposizioni (utilizzo della certificazione ai fini della distinzione concreta tra interposizione illecita e appalto genuino, art. 1 d.d.l. e art. 1 l. n. 30/2003; previsione del ricorso ad adeguati meccanismi di certificazione della volontà delle parti contraenti per il lavoro a progetto nonché per le prestazioni di lavoro occasionale ed accessorio, art. 8 d.d.l. e art. 4 l. n. 30/2003).
154 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, in Mass. Giur. Lav., 2003, p. 110.
155 V., infatti, X. XXXXXXXXXX, (La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 496), ad avviso del quale “un istituto come quello della certificazione, pensato principalmente per rimediare alle disfunzioni causate, in termini di disciplina applicabile, dall‟impiego unidirezionale della tecnica della norma inderogabile, si risolve in un mero strumento, per forza di cose assai modesto (…) di ausilio alle operazioni di qualificazione dei rapporti di lavoro ad opera dell‟autonomia negoziale privata nell‟ambito della classica alternativa lavoro autonomo - lavoro subordinato”.
156 V., supra, par. 2.
157 Forse, come osservato in dottrina, anche in ragione “dell‟incertezza che circonda l‟inquadramento giuridico del nuovo istituto dovuta, in primis, alla penuria di studi autenticamente scientifici”. Così, X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 111.
158 Sui dubbi di costituzionalità v., per tutti, X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 279; ID., Commento agli artt. 75 - 84, cit., p. 148 ss.
Si prevede l‟introduzione di un meccanismo di certificazione, a carattere sperimentale159, all‟espresso fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro160, senza ulteriori precisazioni in ordine all‟oggetto, salva l‟esclusione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche161.
Scarni, per non dire inesistenti, sono i principi e i criteri direttivi relativi alla procedura. Se ne dispone solamente il carattere volontario e vengono individuati, senza alcuna specificazione, i soggetti presso cui incardinare le commissioni di certificazione162, demandando al legislatore delegato, in maniera del tutto generica, l‟indicazione del contenuto e della procedura di certificazione nonché la definizione delle modalità di organizzazione delle sedi di certificazione e di tenuta della relativa documentazione.
Nulla viene detto, invece, in ordine alla natura del procedimento di certificazione e, soprattutto, all‟esito dello stesso e ai suoi effetti, cosicché la dottrina, in primo luogo, si è interrogata sulla possibile configurazione della certificazione in termini di arbitraggio oppure di arbitrato, rituale o irrituale, oppure ancora, addirittura, di procedimento giudiziale, nonché, infine, di procedimento amministrativo163.
159 E‟ prevista la verifica dell‟attuazione delle disposizioni, dopo ventiquattro mesi dalla loro entrata in vigore, da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Sul punto v. X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit.,
p. 111. Sulla succitata natura sperimentale e la relativa verifica, sul piano concreto, dell‟effettività ed efficacia della certificazione si tornerà, infra, par. 7.
160 Sul punto X. XXXXXX (Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 110) aveva lamentato l‟inesattezza del riferimento al rapporto anziché al contratto. Il legislatore delegato, come si vedrà, ha accolto l‟osservazione.
161 Critica l‟esclusione perché “contrasta con la già difficile assimilazione di una cultura egualitaria di tali rapporti” L. XX XXXXXXX, La delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 99; ID., La certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 243.
162 Agli enti bilaterali costituiti ad iniziativa di associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, ovvero alle strutture pubbliche competenti in materia, la l. n. 30/2003 ha aggiunto anche le Università. Per un‟analisi si rinvia a X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 280 s.; nonché X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 112 s. Si può qui solo ricordare l‟ostilità, fin da subito manifestata dalla principale Confederazione sindacale (CGIL), all‟attribuzione agli enti bilaterali di funzioni diverse da quelle loro tradizionalmente riconosciute, fra le quali anche le funzioni di certificazione. Sul punto v. X. XXXXXX - A. ANDREONI - X. XXXXXXXXX - X. XXXXXX - X. XXXXXXX, Un disegno autoritario nel metodo, eversivo nei contenuti. La legge delega al Governo sul mercato del lavoro, cit., p. 87.
163 Cfr. X. X. XXXXXXXX, La legge delega sul mercato del lavoro: prime osservazioni, cit., p. 378; X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 120 s.; E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 533 s.
Scartate in maniera pressoché unanime le prime tre soluzioni, la certificazione è stata ricondotta ad un procedimento amministrativo al cui esito la commissione di certificazione emette un atto amministrativo.
Xxxxx poi dover capire se si tratti di un atto amministrativo in senso stretto o di un vero e proprio provvedimento, e ancora, quale contenuto abbia questo atto amministrativo.
Sul punto è stata prospettata sia la tesi che vedeva nella certificazione un atto amministrativo in senso stretto con un contenuto complesso, di accertamento e valutativo164, sia la posizione che ne individuava la natura provvedimentale con contenuto eminentemente valutativo, equiparabile all‟operazione giudiziale di sussunzione della fattispecie concreta nella fattispecie astratta165.
Ancora, e sempre in ordine all‟atto di certificazione, in dottrina, correttamente, si è escluso che la commissione di certificazione sia dotata di discrezionalità amministrativa, ma le si è riconosciuta, a volte, discrezionalità tecnica166.
Una volta individuata, o almeno tentato di individuare, la natura dell‟atto di certificazione, restava comunque aperto il problema centrale dell‟istituto, vale a dire quello attinente agli effetti dell‟atto stesso e ai rapporti fra certificazione e tutela giudiziale dei diritti delle parti del rapporto, in primis del lavoratore, ed eventualmente dei terzi interessati.
Prima di affrontare questo tema, però, è necessario fare una breve digressione e tornare al procedimento di certificazione.
Ebbene, come già detto, nulla o quasi, sul punto, è stato detto dal legislatore delegante, eppure, forse con lo sguardo ancora rivolto alla certificazione prefigurata nel Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei lavori, un significativo settore della dottrina ha ritenuto di poter individuare nella certificazione prevista dalla l. n.
164 E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 533 ss. L‟Autore, che svolge una dettagliata analisi in ordine alla natura e al contenuto dell‟atto di certificazione, individua quest‟ultimo in un accertamento in ordine alla dichiarazione delle parti di porre in essere un rapporto con determinate caratteristiche (con funzione probatoria), cui accedono il controllo e la valutazione della commissione sulla correttezza delle valutazioni dei privati. Dunque un atto amministrativo atipico. Come noto, con l‟emanazione del d.lgs. n. 276/2003 l‟illustre Autore cambierà parzialmente opinione: E. GHERA, La certificazione dei contratti di lavoro, in R. DE XXXX XXXXXX - X. RUSCIANO - X. XXXXXXX (a cura di), Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, cit., p. 282 ss. (v. infra, cap. II, par. 2.3.). Dichiara di aderire alla tesi di Xxxxx X. XXXXXXXX (La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 282, nt. 50) che però, a nostro avviso, erroneamente gli attribuisce l‟opinione che l‟atto di certificazione appartenga alla categoria degli atti di certazione, opinione che l‟Autore abbraccerà solo in un secondo momento.
165 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., 120 s.
166 E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 533.
30/2003, anche una funzione di assistenza e consulenza, a volte con il preciso compito di coadiuvare le parti nella definizione del contenuto del programma individuale di lavoro.
Alcuni Autori hanno quasi dato per scontato tale ulteriore funzione167, altri hanno ritenuto di poterla ricavare dal riferimento contenuto nella lett. e), co. 1, l. n. 30/2003, laddove si parla di “programma negoziale concordato dalle parti in sede di certificazione”168, altri ancora hanno richiamato la relazione di accompagnamento al
d.d.l. e il riferimento, ivi contenuto, ai codici di comportamento o linee guida169.
Come vedremo, il legislatore delegato accoglierà puntualmente queste indicazioni, riprendendo alcune disposizioni immaginate per la certificazione nel contesto dello Statuto dei lavori, così complicando tuttavia notevolmente la disciplina dell‟istituto.
Ancora, sempre in tema di procedimento, il legislatore delegato ha raccolto un ulteriore invito della dottrina, in questo caso nel senso di estendere alla certificazione alcune regole fondamentali previste dalla l. n. 241/1990 (quali la necessaria motivazione dell‟atto, l‟indicazione dell‟autorità cui è possibile ricorrere, la comunicazione dell‟inizio del procedimento alle autorità pubbliche interessate), nel dubbio sulla applicabilità di quest‟ultima al caso di specie170.
Tornando al tema dell‟efficacia dell‟atto di certificazione, è ricorrente, nei commenti alla legge delega, il riferimento all‟effetto di certezza pubblica da questo prodotto171, salvo poi, però, nulla dire in ordine a tale effetto, sul piano sostanziale, nei confronti delle parti. L‟effetto sarebbe, invece, più facilmente individuabile nei confronti di eventuali soggetti terzi, ed in particolare degli enti pubblici (INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate) - sempre che, si precisa, siano le parti stesse a chiedere la certificazione anche agli effetti previdenziali o eventualmente fiscali,
000 X. XXXXXXXX, Xx certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 284 s.. Ad onor del vero l‟Autore premette che la legge delega nulla dice in ordine all‟assistenza dell‟organo certificatore e suggerisce, pertanto, in sede di attuazione della delega, di specificare “il ruolo di assistenza attiva che enti bilaterali e strutture amministrative devono svolgere”, al fine di evitare un appiattimento della giurisprudenza sull‟orientamento prevalente in materia di rinunzie e transazioni. Suggerimento, come si vedrà, puntualmente accolto dal legislatore delegato.
168 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 111 e 118
s.
169 E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 534.
170 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 121.
171 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 116; E.
GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 534; X. XXXXXXXX,
La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 284.
poiché , “ognuno di questi settori dell‟ordinamento opera secondo proprie specifiche categorie”172 - e consisterebbe nella opponibilità dell‟atto di certificazione agli stessi enti pubblici173. In altre parole, gli enti pubblici, a fronte di un contratto certificato, impregiudicati i poteri di accertamento, non potrebbero, qualora lo ritenessero opportuno, emettere atti amministrativi di autotutela (es. iscrizioni al ruolo, emissione di ordinanze-ingiunzioni o di avvisi di accertamento), ma dovrebbero necessariamente rivolgersi all‟autorità giudiziaria174.
Ma è proprio sul piano dei rapporti fra atto di certificazione e accertamento giudiziale che emergono i maggiori limiti della certificazione, in virtù del più volte ricordato principio dell‟indisponibilità del tipo contrattuale, che impedisce allo stesso legislatore di sottrarre, in via diretta o indiretta, al potere giudiziario, la qualificazione dei contratti di lavoro. Di modo che a fronte di una possibile riqualificazione giudiziale, sempre in agguato, la certificazione, così come concepita, sembra perdere tutto il suo potenziale deflattivo175.
In un primo momento, al fine di rafforzare l‟efficacia della certificazione sul piano del giudizio, il d.d.l. aveva stabilito che “in caso di controversia sulla esatta qualificazione del rapporto di lavoro posto in essere” fosse prevista la “valutazione da parte della autorità giudiziaria competente anche del comportamento tenuto dalle parti in sede di certificazione” (art. 9, lett. e).
Tuttavia, forse recependo i rilievi della dottrina, che aveva giustamente fatto notare come l‟efficacia probatoria della certificazione non avrebbe potuto eccedere i limiti dell‟elemento di convincimento176, o forse solo per cercare di enfatizzare la
172 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 117. Anche tale indicazione verrà recepita dal legislatore delegato.
173 L. XX XXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 241.
174 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 116 s.; e, sulla sua scia, X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 284.
175 V. M. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 499. L‟Autore rileva come “l‟incapacità di incidere, in una prospettiva riformatrice di ampio respiro, sul gioco delle convenienze nella scelta di un determinato schema contrattuale tipico (i.e. di introdurre la derogabilità assistita) non può che spostare l‟enfasi sul solo profilo della tenuta giudiziaria delle qualificazioni validate in via amministrativa e/o sindacale. Ed è qui che il modello certificatorio, privo di un adeguato sostegno a livello di rimodulazione e disponibilità parziale o relativa delle tutele, mostra tutta la sua debolezza e fragilità alimentando le perplessità della dottrina sulla efficacia e sulla utilità pratica di un siffatto meccanismo”.
176 L. XX XXXXXXX, La delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 97; X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta giudiziaria, cit., p. 500.
tenuta della certificazione177, il testo della legge delega, espunto il riferimento alla valutazione del comportamento delle parti ad opera dell‟autorità giudiziaria178, impone al legislatore di attribuire piena forza legale al contratto certificato (art. 5, lett. e). Specificando, peraltro, subito dopo, che è comunque sempre ammessa la “possibilità di ricorso in giudizio (…) in caso di erronea qualificazione del programma negoziale da parte dell‟organo preposto alla certificazione e di difformità tra il programma negoziale effettivamente realizzato dalle parti e il programma negoziale concordato dalle parti in sede di certificazione” (art. 5, lett. e).
Il riferimento alla piena forza legale - congiunto al dettato della successiva lettera f), anch‟esso inserito in un successivo momento nella legge delega, ove è statuito che il legislatore delegato deve prevedere che gli effetti dell‟accertamento svolto in sede di certificazione permangano “fino al momento in cui venga provata179 l‟erronea qualificazione del programma negoziale o la difformità tra il programma concordato dalle parti in sede di certificazione e il programma attuato - aveva fatto ipotizzare ad una parte della dottrina che il legislatore volesse limitare gli effetti dell‟eventuale riqualificazione operata in sede giudiziale al periodo successivo all‟emanazione della sentenza, escludendo, pertanto, l‟efficacia retroattiva di quest‟xxxxxx000.
000 X. X. XXXXXXXXX, Xx procedure di certificazione, cit., p. 1149, che valuta in chiave critica il passaggio dall‟impostazione del d.d.l. a quella della legge delega (v. anche infra nt. 179).
178 A dire il vero la legge delega impone comunque di prevedere l‟obbligo in capo all‟autorità giudiziaria competente di accertare (e non più valutare) le dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti davanti all‟organo preposto alla certificazione dei contratti di lavoro, inserendolo nella successiva lett. f. Sul punto, in dottrina, erano state prospettate due possibili interpretazioni: da una parte X. XXXXXXXX (La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 293) riteneva che fosse stato mantenuto valore probatorio ai comportamenti e alle dichiarazioni rese in sede di certificazione, seppure sotto forma di argomento di prova (art. 116 c.p.c.), o alla stregua del valore delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio libero ex art. 420 c.p.c., dall‟altra L. XX XXXXXXX (La certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 240) che collegava invece il suddetto obbligo di valutazione “a conseguenze di tipo diverso (ad es., alla statuizione sulle spese: v. l‟art. 412, comma 4, c.p.c.)”. Quest‟ultima è stata la soluzione “accolta” dal legislatore delegato.
179 Sul riferimento del legislatore alla prova v. i xxxxxx xxxxxxx critici di X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 115; X. X. XXXXXXXX, La legge delega sul mercato del lavoro: prime osservazioni, cit., p. 379.
180 Così, dubitativamente e con valutazioni critiche, X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 293; e, sulla sua scia, X. XXXXXXXX, Delega al governo in materia di mercato del lavoro, in AA. VV., La riforma del mercato del lavoro. Dalla legge delega del governo alle controproposte della Cgil, Ediesse, Roma, 2003, p. 33 s.; nonché A. AVONDOLA, Certificazione e legittimità costituzionale, cit., p. 308. Interpretazione suggerita da un precedente lavoro di E. GHERA (Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 534 s.), ove l‟Autore, in sede di analisi del d.d.l., aveva ritenuto indispensabile, per far funzionare la certificazione, “introdurre nel d.d.l. disposizioni che (valessero) ad attenuare – ad esempio, delimitando nel tempo la decorrenza retroattiva degli effetti della
Giustamente, però, la maggior parte dei commentatori aveva rilevato l‟incostituzionalità della menzionata soluzione interpretativa181 che, peraltro, non era in alcun modo obbligata dal dato letterale.
Il riferimento alla piena forza legale della certificazione, infatti, seppure enfaticamente, voleva semplicemente alludere alla necessità, per le parti ed i terzi, di conformarsi, sul piano sostanziale, a quanto in essa accertato fino all‟emanazione dell‟eventuale sentenza di accoglimento di uno dei ricorsi previsti dall‟art. 5, che non avrebbe potuto non operare retroattivamente182. Salvo capire, poi, se a questi fini fosse necessario attendere il passaggio in giudicato della decisione o, invece, fosse sufficiente una sentenza anche non definitiva183.
Approfondendo l‟analisi si è poi ulteriormente precisato che la retroattività avrebbe avuto luogo fin dalla stipulazione del contratto in caso di erronea qualificazione e di difformità dovuta a simulazione, laddove invece avrebbe dovuto retroagire ad un momento successivo alla stipulazione in caso di novazione tacita del contratto184. Precisazione che verrà raccolta dal legislatore delegato.
Ma se questa è l‟interpretazione del dettato normativo da accogliere, ritorna allora prepotente il dubbio di fondo sulla effettiva idoneità deflattiva della certificazione, dubbio enfatizzato dal fatto che, ad avviso della dottrina maggioritaria, almeno prima dell‟emanazione del decreto delegato185, le parti
pronuncia di accertamento del rapporto – le conseguenze negative a carico del datore che, in buona fede, ed assistito dalla certificazione, abbia utilizzato un tipo negoziale non conforme alla effettiva natura del rapporto”. Sul riferimento della legge delega alla “piena forza legale” del contratto certificato v. i rilievi preoccupati di X. XXXXXXXXX, Le alternative alla giurisdizione: la certificazione ed il giudizio arbitrale di equità, in Diritto del Lavoro on Line – xxx.xxxxx.xx/xxxxxx/XXXXXXXXXXXXXXXXXX.xxx, p. 8. Cfr., altresì, X. XXXXXXXXX (Le procedure di certificazione, cit., p. 1149) ad avviso della quale tale riferimento è stato dettato dall‟“idea della particolare forza giuridica della certezza pubblica contenuta nella certificazione, quale giudizio incontrovertibile destinato ad essere rimesso in discussione solo in casi eccezionali o comunque specifici, unita al desiderio di replicare alle accuse di chi considerava questa procedura un istituto inutile”.
181 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 116; X.
X. XXXXXXXX, La legge delega sul mercato del lavoro: prime osservazioni, cit., p. 379; L. DE
ANGELIS, La certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 241.
182 X. X. XXXXXXXX, La legge delega sul mercato del lavoro: prime osservazioni, cit., p. 379
ss.
183 V., sul punto, X. XXXXXX, op. loc. cit.
184 X. XXXXXX, op. loc. cit.
185 Come vedremo non sarà così dopo l‟emanazione del d.lgs. n. 276/2003. V., infra, cap. II,
par. 2.2.1. Vigente la sola legge delega, era dell‟opinione che la certificazione potesse essere richiesta anche nel corso dell‟esecuzione del contratto, X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 117 s.
avrebbero potuto chiedere la certificazione solo prima dell‟inizio dell‟esecuzione del contratto186.
Le commissioni di certificazione, infatti, avrebbero potuto valutare la correttezza della qualificazione operata dalle parti sulla base del solo dato formale contenuto nella scheda contrattuale ed eventualmente delle dichiarazione rese dalle parti stesse in sede di audizione, laddove, come ampiamente visto187, il contenzioso giudiziale in materia di qualificazione s‟incentra prevalentemente proprio sulla divergenza fra programma negoziale originario e successiva attuazione del rapporto. Circostanza che ha fatto dire, in dottrina, che “la limitata incisività dell‟istituto sulla (notoriamente enorme) litigation in tema di qualificazione dei rapporti di lavoro può essere considerata geneticamente iscritta nel suo dna”188.
Per questa ragione, al fine di rafforzare l‟istituto, nel passaggio dal d.d.l. alla legge delega, il legislatore ha introdotto alcune previsioni tese a scoraggiare i ricorsi in giudizio palesemente infondati o, comunque, a facilitare la conciliazione preventiva delle controversie189.
186 Così, espressamente, X. X. XXXXXXXX, La legge delega sul mercato del lavoro: prime osservazioni, cit., p. 378 e X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p 291 s. Ma, ci sembra, anche L. XX XXXXXXX, La delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 97; ID., La certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 234 ss.; nonché E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 534.
187 Supra, par. 2.
188 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 113, che pure invita a non sottovalutare le potenzialità dell‟istituto (p. 114 s.). Non è possibile, in questa sede, ripercorrere le ragioni a favore o contro la certificazione così come configurata nella legge delega, prima, e nel decreto delegato, poi, ragioni che emergeranno via xxx xxx xxxxx xxxxx xxxxxxxxxxx. Si può solo notare come, già dopo l‟introduzione della legge delega, l‟opinione prevalente era nel senso dell‟inutilità o, addirittura, dannosità dell‟istituto. Parla, con riguardo alla legge delega, di rischi di deflazione o giurisdizione cattiva L. XX XXXXXXX, La delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 98; ID., La certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 242; e, sulla sua scia, X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 304 ss.; critici anche X. XXXXXX - A. ANDREONI - X. XXXXXXXXX - X. XXXXXX - X. XXXXXXX, Un
disegno autoritario nel metodo, eversivo nei contenuti. La legge delega al Governo sul mercato del lavoro, cit., p. 81 s.; X. XXXXXXXX, Delega al governo in materia di mercato del lavoro, cit., p. 31 s.;
X. XXXXX, Rilancio dell’autonomia privata nel diritto del lavoro e certificazione dei rapporti, cit., p. 110 ss. Di sostanziale inutilità parlano X. X. XXXXXXXX, La legge delega sul mercato del lavoro: prime osservazioni, cit., p. 381 s.; X. XXXXX, Lavoro e nuove regole. Dal Libro bianco al decreto legislativo 276/2003, cit., p. 96; M. RUSCIANO, La certificazione nel sistema del diritto del lavoro, in
R. DE XXXX XXXXXX - X. RUSCIANO - X. XXXXXXX (a cura di), Mercato del lavoro. Riforma e vincoli di sistema, cit., p. 343 ss. Sono disposti a concedere qualche credito alla certificazione, invece, E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 534; X. XXXXXXX, Quale disciplina per i lavori atipici, cit., col. 19; X. XXXX, La riforma della giustizia del lavoro: conciliazione et arbitrato, p. 88 ss.; xxxxxxxx, sembra, X. XXXXX, La certificazione del contratto di lavoro: obiettivi, potenzialità, limiti, cit., p. 329 ss.
189 Le menzionate previsioni sembrano ispirate all‟esperienza dei tribunali industriali del Regno Unito. V., infatti, X. XXXXXXXXXX, La c.d. certificazione dei lavori «atipici» e la sua tenuta
In tale direzione vanno l‟introduzione dell‟obbligatorietà dell‟espletamento del tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c. avanti la stessa commissione che ha certificato il contratto190, nonché dell‟obbligo, da parte del giudice, di accertare il comportamento tenuto e le dichiarazioni rese dalle parti in sede di certificazione (art. 5, lett. f) 191.
Tornando ai rapporti fra atto di certificazione e accertamento giudiziale, si deve ricordare come parte della dottrina, forse facendosi prendere un po‟ la mano, avesse denunciato possibili, incostituzionali compressioni della tutela giurisdizionale nella mancata previsione di alcune ipotesi di “impugnazione” dell‟atto di certificazione.
In particolare, si era lamentata la mancata previsione della possibilità di denunciare vizi della volontà, diversi dall‟errore, nella formazione del convincimento dell‟organo competente192. Ma, vista la natura di atto amministrativo dell‟atto di certificazione, davvero non si capisce come possano configurarsi vizi della volontà dell‟organo amministrativo, che tutt‟al più andranno a confluire nei classici vizi di legittimità degli atti amministrativi (eccesso di potere, incompetenza e violazione di legge).
E infatti, la menzionata dottrina lamenta anche la mancata previsione del ricorso al giudice amministrativo per far valere la lesione di interessi legittimi - di utilità, nell‟ambito del riportato pensiero, soprattutto nel caso di rifiuto, da parte della commissione, di certificare il contratto - salvo poi recuperare la lamentata lacuna con un‟interpretazione estensiva della prevista impugnazione della certificazione per erronea qualificazione193.
Anche per quanto attiene all‟impugnazione davanti al giudice amministrativo, tuttavia, a nostro avviso, non era necessaria alcuna previsione della legge delega che,
giudiziaria, cit., p. 502; X. XXXXX - X. XXXXXXXXXX, Le proposte legislative in materia di lavoro parasubordinato, cit., p. 588. Sui tribunali industriali v. X. XXXXXXXXXX, Tribunali Industriali e tecniche di tutela dei diritti dei lavoratori: il caso inglese, in Dir. Rel. Ind., 1995, p. 161 ss.
190 Per valutazioni critiche sul punto v. X. XXXXX, Lavoro e nuove regole. Dal Libro bianco al decreto legislativo 276/2003, cit., p. 98.
191 Sul punto v., supra, nt. 176 e ivi le opposte posizioni di Speziale e de Xxxxxxx, cui si aderisce.
000 X. XXXXXXXX, Xx certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p 288 ss.; e, sulla scia di questi, A. AVONDOLA, Certificazione e legittimità costituzionale, cit., p. 307.
193 X. XXXXXXXX, op. loc. cit. Sul punto va rilevato come anche X. XXXXXX (Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 122) avesse ipotizzato l‟introduzione del ricorso al giudice amministrativo, ricavandola tuttavia dal dettato della lett. d, art. 5.
occupandosi esclusivamente del ricorso davanti al giudice civile, lasciava impregiudicata, e risolvibile con il ricorso ai principi generali, la tutela dell‟eventuale lesione degli interessi legittimi, qualora fosse stata configurabile nel caso concreto194.
Purtroppo, invece, il legislatore delegato, come si vedrà, ha accolto i succitati rilievi, introducendo nel d.lgs. n. 276/2003 due disposizioni oscure e di difficile inquadramento sistematico (art. 80, commi 1, ultimo periodo e 5)195.
Per concludere, si può ricordare come la versione finale della legge delega si sia arricchita di altre due previsioni rispetto alla versione iniziale del d.d.l.
Si tratta dell‟attribuzione agli enti bilaterali della competenza a certificare “anche le rinunzie e transazioni di cui all‟art. 2113 del codice civile a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse” (lett. g), e dell‟estensione della procedura di certificazione anche “all‟atto di deposito del regolamento interno riguardante la tipologia dei rapporti attuati da una cooperativa ai sensi dell‟art. 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive modificazioni” (lett. h).
Tali previsioni verranno considerate nel prosieguo della trattazione, in questa sede invece preme ribadire come il legislatore delegato abbia ampiamente tenuto conto delle osservazioni operate dalla dottrina a margine della legge delega, e qui riportate, purtroppo, però, senza risolvere alcuno dei problemi prospettati - che tutt‟ora costituiscono altrettanti punti nevralgici dell‟analisi dell‟istituto della certificazione dei contratti di lavoro - anzi, se possibile, complicandoli.
5. La certificazione nel d.lgs. n. 276/2003: profili generali.
Terminata la ricostruzione del percorso che ha portato all‟introduzione della certificazione nel nostro ordinamento, possiamo ora dare uno sguardo d‟insieme
194 Come rilevato, peraltro, dalla stessa dottrina che qui si critica. X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 290 s.
195 Pertanto, sarà anche vero, come dice X. XXXXXXX (Una svolta fra ideologia e tecnica: continuità e discontinuità nel diritto del lavoro di inizio secolo, in ID. (coordinato da), Commentario al d.lgs. 10 settembre 2003, I, Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro, a cura di X. XXXXXXXX - X. XXXXX, Ipsoa, Milano, 2004, p. LXXX), che la “perla costituita dalla chiamata in causa del giudice amministrativo” nel d.lgs. n. 276/2003 è “riconducibile allo zelo di uno di quei consigliori, “amministrativi” di spirito e di ruolo (…)”, ma è altrettanto vero che il consigliore in questione ha avuto buon gioco nelle opinioni della dottrina lavoristica.
all‟istituto, così come modellato dagli artt. 75 ss. del d.lgs. n. 276/2003 e dai successivi interventi correttivi e integrativi del legislatore e del governo.
L‟intento è quello di fornire una lettura complessiva delle norme che regolano la certificazione - attenta a farne emergere lo stretto legame con le disposizioni redatte per il Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei lavori e con l‟elaborazione dottrinale formatasi sul testo della legge delega n. 30/2003 - per passare poi, nei capitoli successivi, alla vera e propria analisi sistematica della disciplina, secondo l‟interpretazione che si ritiene più coerente ai presupposti metodologici che verranno enucleati nel prossimo paragrafo.
L‟esposizione può prendere le mosse da un riferimento, per così dire, “topografico”, che dà già conto, a nostro avviso, del valore simbolico attribuito dal legislatore all‟istituto. Non può passare inosservata, infatti, la collocazione della certificazione alla fine del d.lgs. n. 276/2003, nel titolo VIII (dedicato alle procedure di certificazione), quasi a chiusura e razionalizzazione dell‟intero impianto delineato dalla riforma Biagi.
Il titolo VIII, a sua volta, si compone di due capi. Nel prosieguo, la nostra attenzione sarà inevitabilmente dedicata in prevalenza al primo, intitolato alla certificazione dei contratti di lavoro (artt. 75 - 81), in virtù del maggior interesse che riveste dal punto di vista ricostruttivo, salvo operare in chiusura qualche accenno anche al secondo, di dimensioni più contenute, dedicato alle altre ipotesi di certificazione (artt. 82 - 84).
Il capo I si apre con l‟indicazione espressa, all‟art. 75, delle finalità del meccanismo certificatorio, individuate nella deflazione del contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro. Con un oggetto ampio, che abbraccia qualunque contratto di lavoro, sia esso autonomo o subordinato, esclusi i soli rapporti alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni196.
196 L‟esclusione si spiegherebbe “in ragione delle (prevalenti) modalità di reclutamento del personale tramite concorso, che probabilmente rendono più esili e fragili le finalità perseguite con la certificazione”, così X. XXXXXXX, Commento agli artt. 75 - 81, in E. GRAGNOLI - A. XXXXXXX (a cura di), La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali. Commentario al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, Cedam, Padova, 2004, p. 827 s. Denuncia l‟irragionevolezza dell‟esclusione, L. DE ANGELIS, Le certificazioni all’interno della riforma del mercato del lavoro, cit.,
p. 241 (v. già, con riferimento alla legge delega, supra nt. 159).
Tale la formulazione della norma dopo la novella apportata con l‟art. 18 del d.lgs. n. 251/2004197, che ha sostituito la disposizione originaria a mente della quale potevano essere certificati sono alcuni contratti tassativamente indicati.
Si trattava dei contratti di lavoro subordinato “flessibili” introdotti o riformati dallo stesso d.lgs. n. 276/2003 (contratto di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale), del contratto di lavoro a progetto e dell‟associazione in partecipazione, secondo quella logica di collegamento fra moltiplicazione e flessibilizzazione dei tipi contrattuali e introduzione della certificazione, anche al fine di incentivare questi ultimi, di cui abbiamo già accennato nel paragrafo precedente198.
La scelta di procedere alla certificazione del contratto, così come previsto nella delega, è rimessa alle parti (art. 75), cosicché in alcun modo questa potrebbe essere resa giuridicamente vincolante (ad es. da contratti collettivi o regolamenti aziendali)199.
Le parti si devono rivolgere - presentando un‟istanza scritta comune, sottoscritta da entrambe200 - a una delle commissioni istituite presso le sedi individuate all‟art. 76, il cui elenco si è arricchito nel 2006201.
Si tratta, in particolare, degli enti bilaterali costituiti nell‟ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale, quando la commissione di certificazione sia
197 D.lgs. 6 ottobre 2004, n. 251 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in materia di occupazione e mercato del lavoro).
198 Sul punto, per tutti, v. X. XXXXXX, La procedura di certificazione, in X. XXXXXXX - M. DE CRISTOFARO - X. XXXXXX, Diritto del lavoro. Il rapporto individuale, Cedam, Xxxxxx, xxxxx xx., 0000,
x. 000; X. X. XXXXXXXX, Contratti di lavoro e certificazione, cit., p. 582; X. XXXXXXX, op. loc. cit. Giudicavano irrazionale la prima formulazione dell‟art. 75, fra gli altri, X. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 619 ss.; X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 222.
199 Molto si è ironizzato sul carattere volontario della procedura, che di fatto sarà imposta dal datore di lavoro al lavoratore, come condizione dell‟assunzione. Cfr. X. XXXXXX, Ricerca e analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003 sul mercato del lavoro, in Riv. Giur. Lav., 2003, I, p. 921 s.; X. XXXXXXXXX - X. XXXXXXX, Xxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxxx, xx X. XXXXXX (x cura di), Il lavoro tra progresso e mercificazione. Commento critico al d.lgs. n. 276/2003, Ediesse, Roma, 2004,
p. 361; E. XXXXXXXX, L’interpretazione e la certificazione fra autonomia e subordinazione, cit., p. 547; nonché, X. XXXXXXXXX, Radiografia di una riforma (Guida alla lettura del d.lgs. 276/2003, in materia di occupazione e mercato del lavoro), Libreria Xxxxxx Editrice, Bologna, 2003, p. 39, che vede invece nell‟insistenza del legislatore sulla volontarietà il tentativo di tranquillizzare il settore più impaurito dalla certificazione, quello imprenditoriale. V. però le osservazioni di X. XXXXXXXXX (Le procedure di certificazione, cit., p. 1141 s.) che rileva come si tratti di “un aspetto del problema che non può essere oggetto di valutazione giuridica e dal quale è impossibile premunirsi”, di modo che, “l‟importante, al fine di garantire il carattere volontario della procedura, è che essa non venga resa giuridicamente obbligatoria”. Sul punto si tornerà più approfonditamente infra, cap. II e III.
200 Art. 78, co. 1 e art. 3, co. 1, D.M. 21 luglio 2004.
201 Art. 1, co. 256, della legge finanziaria 2006 (l. n. 266/2005).
costituita nell‟ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale202, delle Direzioni provinciali del lavoro e delle Provincie203, nonché delle Università, pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie204.
Queste ultime, per essere abilitate alla certificazione, devono registrarsi in un apposito albo istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali205. A sua volta, la registrazione è condizionata all‟invio, all‟atto della registrazione e ogni sei mesi, di studi ed elaborati contenenti indici e criteri giurisprudenziali di qualificazione dei contratti di lavoro con riferimento a tipologie di lavoro indicate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
202 Come noto, la CGIL è sempre stata ostile all‟attribuzione delle funzioni certificatorie agli enti bilaterali, tanto che, ad oggi, non consta siano ancora state istituite commissioni presso tali enti. Sul punto v. X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXX, Sulle procedure di certificazione, cit., p. 358 ss. In generale, sul tema, v. X. XXXXXXXX, Certificazione ed enti bilaterali, in X. XXXXXXX - X. XXXXXXX - X. XXXXXXXX, Xxxxxx e precarietà. Il rovescio del lavoro, Editori Riuniti, Roma, 2004, p. 149 ss.; X. XXXXXX, Il futuro degli enti bilaterali: collaborazione e antagonismo alla prova della riforma del mercato del lavoro, in Lav. Dir., 2003, p. 211 ss.; X. XXXXXXX, Certificazione dei contratti di lavoro e contrattazione collettiva, cit., 341 ss.; A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 629 ss.; F. M. CARINI, L’istituto della certificazione nel d. lgs. 276/2003, in Il diritto del mercato del lavoro, 2004, p. 270 ss.
203 In base al dettato dell‟art. 76 il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali avrebbe dovuto adottare un decreto attuativo entro sessanta giorni dall‟entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003. Il decreto è stato emanato il 21 luglio 2004 e ad esso ha fatto seguito la circolare esplicativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 15 dicembre 2004, n. 48 sull‟istituzione e il funzionamento delle commissioni di certificazione presso le Direzioni provinciali del lavoro. V., sia in ordine alla competenza dei menzionati soggetti, sia con riguardo alla normativa attuativa e alla circolare esplicativa, X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 228 s.; X. XXXXXXXX, Commento agli artt. 75 - 84, cit., p. 164 ss.; X. XXXXXXXXXX, L’istituto della certificazione tra decretazione ministeriale e circolari interpretative, in Dir. Rel. Ind., 2005, p. 519 ss.; A. XXXXXXX, I chiarimenti ministeriali e dell’Inps, in X. XXXXXXXXX - X. XXXXXXXXXX (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Prime esperienze applicative. Problemi, soluzioni e prospettive, Speciali G. Lav., settembre 2005, p. 45 s.
204 Esclusivamente nell‟ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo ai sensi dell‟art. 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. Sulla competenza delle sedi universitarie v. gli interventi al convegno organizzato da ADAPT e Fondazione «Xxxxx Xxxxx» su Scuola, Università, lavoro dopo la Riforma Biagi, tenutosi a Modena nei giorni 27 - 30 giugno 2005, di E. GHERA (L’università e la certificazione dei contratti di lavoro), X. XXXXXXX (La certificazione dei contratti di lavoro e le competenze delle sedi universitarie) e X. XXXXXXX (La certificazione dei contratti di lavoro ed il ruolo delle università) raccolti in X. XXXXXXXX GELMINI - X. XXXXXXXXXX (a cura di), Scuola, Università e Mercato del lavoro dopo la Riforma Biagi. Le politiche per la transizione dai percorsi educativi e formativi al mercato del lavoro, Xxxxxxx, Milano, 2006, p. 547 ss. X., altresì, X. XXXXXXX, Considerazioni sulla rilevanza qualificatoria della certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 37 ss.; X. XXXXXXXXXX, Le sedi universitarie, in C. XXXXXX - X. XXXXXXXXXX (a cura di), Compendio critico per la certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 107 ss.
205 V. Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 14 giugno 2004, che ha istituito l‟Albo delle commissioni di certificazione universitarie.
Alle menzionate sedi, come anticipato, nel 2006 se ne sono aggiunte altre due, e precisamente, i consigli provinciali dei consulenti del lavoro206, e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro207.
Come noto, per ciascuna delle indicate sedi sono state sollevate in dottrina serie obiezioni. Qui si può solo ricordare come, forse consapevole dei due rilievi più ricorrenti, concernenti il rischio di una concorrenza al ribasso fra commissioni (nell‟ambito del c.d. modello concorrenziale) e la possibile impreparazione dei membri delle commissioni stesse, ora sotto il profilo tecnico (es. enti bilaterali e Provincie, nonché, a volte, anche Direzioni provinciali del lavoro), ora sotto il profilo della esperienza e sensibilità necessarie per valutare gli interessi concreti coinvolti nella situazione da certificare (Università e Fondazioni universitarie), il legislatore abbia previsto la possibilità per le commissioni di certificazione di costituire, mediante convenzione, delle commissioni unitarie (c.d. modello cooperativo) (art. 76, u.c.)208.
Inoltre, al fine di operare un limitato coordinamento dell‟attività delle commissioni - oltreché per favorire l‟omogeneità delle decisioni (per la quale, tuttavia, rivestono una particolare importanza, come vedremo, i moduli e formulari)
-, l‟art. 8, co. 4, del d.lgs. n. 124/2004209, ha anche previsto che “la direzione provinciale del lavoro, sentiti gli organismi preposti, sulla base di direttive del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”, fornisca “i criteri volti a uniformare
206 Di cui alla legge 11 gennaio 1979, n. 12, esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell‟ambito territoriale di riferimento e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. V., sul punto, la lettera circolare del Consiglio Nazionale dei consulenti del lavoro 6 luglio 2006, n. 927.
207 La lett. c bis dell‟art. 76 prosegue quindi circoscrivendo la competenza del Ministero del Lavoro ad alcuni datori di lavoro soltanto, che rispettino i requisiti ivi indicati. Il successivo comma 1 bis precisa inoltre che in tal caso le commissioni istituite presso le Direzioni provinciali del lavoro e le Provincie limitano la loro funzione alla ratifica di quanto certificato dalla commissione di certificazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
208 In ordine ai menzionati rilievi nonché alle commissioni unitarie v., per tutti, X. XXXXXXXX,
Commento agli artt. 75 - 84, cit., p. 162 ss.; X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit.,
p. 225 ss.; A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 625 ss.; X. XXXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 744. Con particolare riferimento al rischio di una concorrenza al ribasso v. anche X. XXXXXX - X. XXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro: un nuovo tassello nella responsabilità sociale d’impresa, in Bollettino ADAPT, n. 38/2006, p. 3.
209 D.lgs. 23 aprile 2004, n. 124 (Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell'articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30).
l'azione dei vari soggetti abilitati alla certificazione dei rapporti di lavoro ai sensi degli articoli 75 e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”210.
Viene parzialmente regolato anche il profilo della competenza, prevedendo211 per le parti l‟obbligo di rivolgersi alle commissioni presso le Direzioni provinciali e le Provincie in cui si trovi l‟azienda o una sua dipendenza alla quale sarà addetto il lavoratore, ovvero, qualora intendessero avvalersi degli enti bilaterali, di rivolgersi alle commissioni costituite dalle rispettive associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro212. Nulla è detto per le Università e le Fondazioni universitarie, che godono di competenza su scala nazionale (art. 77).
Accogliendo le osservazioni della dottrina a margine della legge delega, poi, il legislatore ha dettato alcuni scarni principi fondamentali - in linea di massima ripresi dalla l. n. 241/1990 in materia di procedimento amministrativo213 - in ordine al procedimento di certificazione, per poi rinviare alla ulteriore competenza regolativa delle singole commissioni, all‟atto della loro costituzione, nel rispetto dei principi stabiliti dagli emanandi codici di buone pratiche (art. 78).
Così le parti, nell‟istanza introduttiva del procedimento, dovranno indicare gli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali richiedono la certificazione, effetti che a loro volta dovranno essere menzionati nell‟atto di certificazione (art. 78, lett. d e art. 3, co. 3, D.M. 21 luglio 2004).
L‟inizio del procedimento dovrà quindi in ogni caso essere comunicato alla Direzione provinciale del lavoro, che provvederà a inoltrare la comunicazione alle autorità pubbliche nei confronti delle quali l‟atto di certificazione è destinato a
210 V., altresì, l‟art. 10 del D.M. 21 luglio 2004, a mente del quale “al fine di garantire un uniforme comportamento da parte delle Commissioni di cui all‟art. 1, co. 1 (i.e. commissioni istituite presso le Direzioni provinciali del lavoro e le Provincie) (…) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le Provincie provvedono ad organizzare, nei limiti delle risorse destinate alle predette finalità dalla legislazione vigente, attività di carattere formativo e informativo sugli argomenti oggetto delle procedure di certificazione”.
211 Oltre a quanto già visto per le commissioni presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e i consigli provinciali dei consulenti del lavoro (art. 76, co. 1, lett. c bis e c ter).
212 Sul punto, per tutti, X. XXXXXXXX, Commento agli artt. 75 - 84, cit., p. 167 ss.
213 Come si vedrà è oggetto di discussione l‟applicazione al caso di specie della l. n. 241/1990. A mero titolo esemplificativo, rinviando, per ulteriori riferimenti, alla trattazione specifica nel cap. II, v., per l‟affermativa, X. XXXXX, Relazione al convegno su «La certificazione dei contratti di lavoro in prospettiva interdisciplinare» svoltosi presso la Facoltà di Giurisprudenza di Padova - sede di Treviso, il 20 dicembre 2006 (dattiloscritto), p. 28 s. e 42 s.; nonché G. C. SALERNO, Certificazione dei contratti di lavoro e profili di diritto amministrativo, in X. XXXXXXXXX - X. XXXXXXXXXX (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Prime esperienze applicative. Problemi, soluzioni e prospettive, cit., p. 35 ss.; per la negativa, X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 231 s.; A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 642 s.
produrre effetti, le quali, a loro volta, potranno presentare osservazioni alle commissioni di certificazione (art. 78, lett. a; artt. 1 e 6, D.M. 21 luglio 2004).
Il procedimento medesimo si deve concludere entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell‟istanza214 e l‟atto di certificazione deve essere motivato e contenere il termine e l‟autorità cui è possibile ricorrere (art. 78, lett. b e c; artt. 3 e 6, D.M. 21 luglio 2004).
Nell‟art. 78, co. 3, quindi, sono contenute norme particolari in materia di conservazione e diritto di accesso agli atti del procedimento215.
Infine, è previsto che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali adotti con proprio decreto sia codici di buone pratiche che appositi moduli e formulari216.
I primi - che avrebbero dovuto essere emanati entro sei mesi dall‟entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003217, recependo, ove esistenti, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale – devono individuare le clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro, con specifico riferimento ai diritti e ai trattamenti economici e normativi (78, co. 4).
I secondi, invece, sono espressamente funzionalizzati alla certificazione del contratto e del relativo programma negoziale, e allo scopo devono tener conto degli orientamenti giurisprudenziali prevalenti in materia di qualificazione del contratto di
214 Nel procedimento davanti alle Direzioni provinciali del lavoro e alle Provincie il D.M. 21 luglio 2004 prevede che il procedimento stesso si concluda entro 30 giorni dal ricevimento dell‟istanza ovvero dal ricevimento della ulteriore documentazione che venga richiesta ad integrazione dalla Commissione (art. 3). E‟ altresì previsto che il Presidente della commissione di certificazione, ricevuta l‟istanza, provveda a convocare le parti (artt. 2 e 5). E‟ prevalente, in dottrina, l‟opinione che il termine di trenta giorni sia un termine ordinatorio; v., per tutti, X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 232. Cfr., tuttavia, G. C. SALERNO, Certificazione dei contratti di lavoro e profili di diritto amministrativo, cit., p. 41 e 43 s., ad avviso del quale, “in materia di procedura di certificazione dei contratti di lavoro la commissione è inadempiente trascorsi (…) trenta giorni dalla data di presentazione dalla richiesta di certificazione (…)” di modo che, decorso infruttuosamente tale termine “le parti (…) possono esperire i rimedi che l‟ordinamento appresta di fronte al silenzio o all‟inerzia totale o parziale della commissione”.
215 In particolare, si dispone che “i contratti di lavoro certificati, e la relativa pratica di documentazione, devono essere conservati presso le sedi di certificazione, per un periodo di almeno cinque anni a far data dalla loro scadenza. Copia del contratto certificato può essere richiesta dal servizio competente di cui all‟art. 4 bis, comma 5, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, oppure dalle altre autorità pubbliche nei confronti delle quali l‟atto di certificazione è destinato a produrre effetti”. V. anche l‟art. 7 del D.M. 21 luglio 2004.
216 Cfr., anche per la disciplina transitoria in attesa dell‟emanazione dei decreti, l‟art. 11 del
D.M. 21 luglio 2004.
217 Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali non ha ancora emanato i decreti in questione.
lavoro, come autonomo o subordinato, in relazione alle diverse tipologie di lavoro (art. 78, co. 5).
Se, come abbiamo visto, la disciplina del procedimento è meramente abbozzata, ancor meno, o meglio, nulla è detto, nel d.lgs. n. 276/2003, sulla natura dell‟atto di certificazione, il suo contenuto e i suoi effetti, che devono essere ricavati in via interpretativa dalla disciplina complessiva dell‟istituto218.
L‟art. 79, che pure è intitolato alla “efficacia giuridica della certificazione”, ne regola infatti esclusivamente l‟efficacia nel tempo, disponendo che “gli effetti dell‟accertamento dell‟organo preposto alla certificazione dei contratti di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell‟art. 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”219.
Sul punto, pertanto, è necessario rivolgere l‟attenzione all‟elaborazione dottrinale che vede nell‟atto di certificazione, in prevalenza, un provvedimento amministrativo220, riconducibile alla categoria delle certazioni221, con un contenuto di natura valutativa consistente nell‟attestazione della correttezza della qualificazione operata dalle parti222 oppure, direttamente, nella qualificazione stessa del contratto di lavoro223.
L‟effetto prodotto sarebbe un effetto di certezza pubblica224 consistente nell‟obbligo per le parti225 e per i terzi226 - fra i quali, tuttavia, sono ricompresi con
218 X. XXXXXXX, La certificazione dopo la sperimentazione. Un istituto ancora da decodificare, in Lav. Giur., 2006, p. 8.
219 Di modo che gli effetti della certificazione permangono fino all‟emanazione di una sentenza di segno contrario, non necessariamente passata in giudicato, fatta salva la possibilità di chiedere ed ottenere, nelle more del processo, dei provvedimenti cautelari. Sul punto è sufficiente, in questa sede, il richiamo a X. XXXXXXXXXX, Profili processuali della certificazione, cit., p. 605 ss.; nonché X. XXXXX, Sull’istituto della certificazione nel d.lgs. n. 276 del 2003, in Dir. Lav., Scritti in memoria di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, 2004, p. 1079 ss., rinviando ai capitoli successivi per una trattazione approfondita.
220 Lo stesso D.M. 21 luglio 2004, fra l‟altro, all‟art. 6, stabilisce che “l‟atto di certificazione ha natura di provvedimento amministrativo”.
221 Per tutti v. E. GHERA, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 282 ss.
222 V. D‟ORONZO, La certificazione nella riforma del mercato del lavoro: finalità, natura ed effetti, in Lav. Giur., 2005, p. 314; X. XXXXXXX, La certificazione dopo la sperimentazione. Un istituto ancora da decodificare, cit., p. 6; X. XXXXXXXX, Commento agli artt. 75 – 84, cit., p. 154.
223 X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 209 ss.; A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 640.
224 V., in chiave critica, X. XXXXXXXXX, Le procedure di certificazione, cit., p. 1149 ss.
225 V., in particolare, X. XXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, in Riv. It. Dir. Lav., 2007, I, p. 311 ss. Va tuttavia evidenziato come la dottrina maggioritaria o si limita ad enunciare il supposto effetto di certezza pubblica nei confronti delle parti senza tuttavia specificarne il contenuto oppure, in maniera più
certezza solo gli enti pubblici - di ritenere sussistente fra le parti stesse un rapporto di lavoro così come qualificato nell‟atto di certificazione fino all‟eventuale sentenza di merito di segno contrario.
Per vero, ognuno dei menzionati profili - che saranno analizzati nel secondo capitolo - costituisce tuttora un nervo scoperto dell‟istituto, oggetto di ampio dibattito dottrinale e privo di soluzioni assestate.
Similmente, anche il tema dei rapporti fra certificazione e giurisdizione, oggetto del terzo capitolo, pur centrale nell‟economia dell‟istituto, non ha ancora trovato una sistemazione teorica appagante e condivisa, in attesa delle prime risposte giurisprudenziali.
In materia, contrariamente a quanto visto in ordine al procedimento, il legislatore, nell‟ansia di fugare ogni dubbio di costituzionalità, ha predisposto ben cinque “rimedi” contro l‟atto di certificazione (art. 80).
Alle parti, e ai terzi nei cui confronti l‟atto di certificazione produce effetti, è data innanzitutto la possibilità di ricorrere al giudice del lavoro per erronea qualificazione del contratto oppure per difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.
Nel primo caso, l‟eventuale accertamento giurisdizionale dell‟erroneità della qualificazione ha effetto fin dal momento della conclusione dell‟accordo contrattuale; nel secondo caso, l‟eventuale accertamento giurisdizionale della difformità tra il programma negoziale e quello effettivamente realizzato ha effetto a partire dal momento in cui la sentenza accerta che ha avuto inizio la difformità stessa. La precisazione, apparentemente ovvia, ma molto importante, a nostro avviso, sul piano sistematico, accoglie, come già visto, un suggerimento offerto dalla dottrina in sede di analisi della legge delega.
radicale, arriva a negare, nei confronti delle parti stesse, qualunque effetto. In particolare, per quest‟ultima posizione, v. X. XXXXXXXXX, Le procedure di certificazione, cit., p. 1150 s.; X. XXXXXXX, La certificazione dopo la sperimentazione. Un istituto ancora da decodificare, cit., p. 8.
226 Per gli effetti della certificazione nei confronti degli enti pubblici v., fra gli altri, X. XXXXXX, Rapporto contributivo e certificazione, in Dir. Sic. Soc., 2005, I, p. 385 ss.; A. XXXXXXXXXX, Gli effetti della certificazione nei confronti degli enti previdenziali, in Riv. Giur. Lav., 2004, I, p. 575 ss.; A. VALLEBONA, Volontà assistita e certificazione dei contratti di lavoro: due modelli diversi, cit., p. 833 ss. Cfr. altresì circ. INPS 1 giugno 2005, n. 71. Per gli effetti nei cfr. dei terzi privati v. X. XXXXX, Relazione, cit., p. 28 s.
Sempre ad un rilievo dottrinale operato sulla legge delega - ma in questo caso, e al contrario di quanto detto sopra, senza che ve ne fosse bisogno, ed anzi complicando non poco la disciplina - sono dovuti gli ulteriori rimedi.
Si tratta della possibilità, riconosciuta alle sole parti, di impugnare davanti al giudice del lavoro l‟atto di certificazione per vizi del consenso - con una disposizione che riprende in parte quanto immaginato nel Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei lavori -, nonché della previsione, in questo caso per chiunque vi abbia interesse, del ricorso contro l‟atto di certificazione davanti al
T.A.R. nella cui giurisdizione ha sede la commissione che ha certificato il contratto, per violazione del procedimento o per eccesso di potere.
Con riguardo ai ricorsi davanti al giudice del lavoro, poi, al fine di rafforzare l‟efficacia deflattiva della certificazione, il legislatore ha disposto che la commissione di certificazione che ha certificato il contratto sia anche sede per l‟espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c. Inoltre, è data al giudice la possibilità di valutare il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione e di tentativo obbligatorio di conciliazione ai fini della condanna alle spese o, eventualmente, per responsabilità aggravata (artt. 91, 92, 96 c.p.c.) 227.
Esaurito il tema dei “rimedi”, a chiusura del capo I del titolo dedicato alla certificazione, il legislatore ha infine inserito una disposizione, l‟art. 81, di estremo interesse teorico e potenzialmente molto rilevante sul piano pratico, la cui formulazione, non priva di forzature sul piano dogmatico, purtroppo, ne rende difficile la lettura e la collocazione sistematica.
Si prevede, infatti, che le sedi di certificazione svolgano anche funzioni di consulenza e assistenza effettiva alle parti contrattuali, sia in relazione alla stipulazione del contratto di lavoro e del relativo programma negoziale, sia in relazione alle modifiche del programma medesimo concordate in sede di attuazione
227 Cfr., in generale, sui “rimedi” contro la certificazione, X. XXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, cit., p. 324 ss.;
X. XXXXXXXXX, L’impugnazione della certificazione, in X. XXXXXXX - V. DI CERBO - A. XXXXXXX, Diritto del lavoro. IV. Il processo, Xxxxxxx, Xxxxxx, xxxxx xx., 0000, p. 1115 ss.; X. XXXXXXXXX - X. XXXXXXX, Sulle procedure di certificazione, cit., p. 368 ss.; X. XXXXXX - P. POZZAGLIA, L’impugnazione della certificazione, in X. XXXXXX - A. VALLEBONA (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 363 ss.; X. XXXXX, Relazione, cit., p. 38 ss. V. tuttavia, ampiamente, infra, cap. III.
del rapporto di lavoro, con particolare riferimento alla disponibilità dei diritti e alla esatta qualificazione dei contratti di lavoro.
Senza entrare nel merito delle singole questioni sollevate con riguardo alla riportata disposizione, in questa sede si devono ricordare alcuni degli interrogativi più significativi prospettati in dottrina.
Innanzitutto, qualche Autore ha ritenuto di potervi rinvenire l‟introduzione del meccanismo di “derogabilità assistita”, ora con riguardo sia alla legge che al contratto collettivo228 ora, invece, con riguardo solo alla prima229 o solo al secondo230.
Di diverso avviso la dottrina maggioritaria231, che si è tuttavia interrogata sul contenuto e sul carattere, meramente accessorio o essenziale, dell‟attività di assistenza e consulenza, ai fini del procedimento di certificazione232.
Non è poi chiaro in cosa consista il requisito dell‟effettività233, né se incida sulla validità o sullo stesso contenuto della certificazione e in che termini234.
Infine, il riferimento all‟assistenza e consulenza in ordine alle modifiche del programma negoziale ha posto il problema - in verità la disposizione in esame è solo uno degli elementi, seppure di particolare rilievo, su cui si è fondato il relativo dibattito - del momento in cui può essere chiesta la certificazione: se questo coincida con quello della stipula del contratto di lavoro o, quantomeno, debba essere antecedente all‟esecuzione del contratto stesso, come si riteneva prima dell‟entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003, oppure possa rinvenirsi in qualunque momento della vita del rapporto235.
228 E. GHERA, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 284 ss.
229 Così, vigente il testo originario dell‟art. 00, X. XXXXX, Xxxxxx e nuove regole. Dal Libro bianco al decreto legislativo 276/2003, cit., p. 161 ss.
230 A. VALLEBONA, Lavoro (certificazione dei contratti), cit., p. 2; ID., Xxxxxxx assistita e certificazione dei contratti di lavoro: due modelli diversi, cit., p. 835 s.
231 V., per tutti, X. XXXXXX, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, cit., p. 386 ss.; M. NOVELLA, Note sulle tecniche limitative dell’autonomia individuale nel lavoro a progetto, in Lav. Dir., 2004, p. 127 ss., A. BELLAVISTA, La derogabilità assistita nel d.lgs. n. 276/2003, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X‟Antona”.IT - 16/2004, p. 6 ss.
232 Cfr. X. XXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, cit., p. 312.
233 V., ad es., X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 316.
234 In generale, sull‟attività di assistenza e consulenza, per tutti, v. X. XXXXXX, Riflessioni sull’attività di consulenza e assistenza dell’organo certificatore, in Diritti Lavori Mercati, 2005, I, p. 75 ss.; e, più di recente, ID., Asimmetrie informative e tutela del prestatore di lavoro, Xxxxxxx, Milano, 2007, x. 000 xx. x 000 xx. X., altresì, X. XXXXXXX, Commento agli artt. 75 - 81, cit., p. 853 ss.
235 V., a favore della prima delle posizioni riportate, X. XXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, cit., p. 310 ss.; X.
X. XXXXXXXX, Contratti di lavoro e certificazione, cit., p. 587 ss.; X. XXXXXX, La certificazione dei
Tornando al primo degli interrogativi sollevati, è necessario ricordare come anche un‟altra disposizione del d.lgs. n. 276/2003, contenuta nel titolo VII relativo al lavoro a progetto e al lavoro occasionale, abbia fatto pensare ad un consistente settore della dottrina all‟introduzione della “derogabilità assistita”.
Si tratta dell‟art. 68, nella formulazione antecedente all‟entrata in vigore del d.lgs. n. 251/2004, a mente del quale “i diritti derivanti dalle disposizioni contenute nel presente capo (i.e. capo I, titolo VII)” potevano “essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro” di cui al titolo VIII del d.lgs. n. 276/2003236.
Se il succitato d.lgs. n. 251/2004 sembra aver fugato ogni dubbio sulla volontà del legislatore delegato di espungere qualunque riferimento alla “derogabilità assistita”, quantomeno nella disciplina del lavoro a progetto, nondimeno, ha consegnato agli interpreti un testo (il novellato art. 68 d.lgs. n. 276/2003) a dir poco inintelligibile e, soprattutto, difficilmente coordinabile con le previsioni dell‟art. 82 del d.lgs. n. 276/2003.
A quanto è dato capire, infatti, il novellato art. 68 consente alle parti di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in essere al momento dell‟entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003, di rivolgersi alle commissioni di certificazione per far certificare il contratto risultante dalla riconduzione della precedente xx.xx.xx. ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso (così come
contratti di lavoro, cit., p. 217 s.; X. XXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro, in X. XXXXXXX XXXXXXXXXX (a cura di), Diritto del lavoro e della previdenza sociale. Il lavoro privato e pubblico, Ipsoa, Milano, 2006, p. 379; ID., Commento all’art. 78, in R. DE XXXX XXXXXX - X. XXXXXXX XXXXXXXXXX (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro. Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 («Riforma Biagi»), Cedam, Padova, 2007, p. 915 s.; contra L. DE ANGELIS, Le certificazioni all’interno della riforma del mercato del lavoro, cit., p. 243 ss.; X. XXXXXXXX, Commento agli artt. 75
- 84, cit., p. 203; X. XXXXXXXXXX, Nuove tutele sul mercato: le procedure di certificazione, in ID. (a cura di), La riforma Biagi del mercato del lavoro, Xxxxxxx, Milano, 2004, p. 240, nt. 10.
236 V., a favore della derogabilità assistita, prima del d.lgs. n. 251/2004, X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 207; L. DE ANGELIS, Le certificazioni all’interno della riforma del mercato del lavoro, cit., p. ; 262 ss.; X. XXXXX, La derogabilità assistita nel lavoro a progetto: potenzialità e limiti, in AA. VV., Autonomia individuale e autonomia collettiva alla luce delle più recenti riforme, cit., p. 289 ss.; ID., La certificazione dei contratti di lavoro tra qualificazione del rapporto e volontà assistita, in Lav. Dir., 2006, p. 401 ss., X. XXXXXXXX, Il collaboratore a progetto, in Lav. Giur., 2003, 823; M. NOVELLA, Note sulle tecniche limitative dell’autonomia individuale nel lavoro a progetto, cit., p. 131 ss.; A. TURSI, La “volontà assistita” nel d.lgs. n. 276/2003, in Dir. Rel. Ind., 2004, p. 255 ss.; contra, per tutti, X. GRAGNOLI, L’attività sindacale e la derogabilità assistita, cit., p. 87 ss.; A. BELLAVISTA, La derogabilità assistita nel d.lgs. n. 276/2003, cit., p. 11 ss.
disposto dall‟art. 61) e al contempo operare rinunzie o transazioni inoppugnabili sui diritti in precedenza maturati dal collaboratore237.
Ma già l‟art. 82 consente alle parti di qualunque contratto di lavoro di rivolgersi alle commissioni di certificazione - in tal caso, però, solo a quelle costituite presso gli enti bilaterali -, per porre in essere rinunzie o transazioni inoppugnabili238, di modo che il primo dei due articoli sembra già del tutto ricompreso nel secondo, se non fosse per la diversa individuazione, nei due casi, delle commissioni abilitate a certificare le rinunzie o transazioni239.
Su tutti questi temi, peraltro, si tornerà ampiamente nel corso del secondo capitolo; in questa sede, invece, a chiusura della ricognizione dell‟impianto normativo, si devono ricordare gli artt. 83 e 84 del d.lgs. n. 276/2003, inseriti, come l‟art. 82, nel capo II del titolo VIII, che individuano altrettante ulteriori ipotesi di certificazione.
In particolare, è possibile chiedere la certificazione anche dell‟“atto di deposito del regolamento interno delle cooperative riguardante la tipologia dei rapporti di lavoro attuati o che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive modificazioni” (art. 83). In tal caso le parti si devono rivolgere ad un‟apposita commissione di certificazione istituita ai sensi del secondo comma del medesimo art. 83240.
Inoltre, le procedure di certificazione di cui al capo primo possono essere utilizzate “sia in sede di stipulazione di appalto di cui all'articolo 1655 del codice civile sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale, anche ai fini
237 E. GRAGNOLI, L’attività sindacale e la derogabilità assistita, cit., p. 88 ss.
238 Questa è l‟interpretazione dell‟art. 82 più seguita in dottrina. V., per tutti, A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 606 ss.; nonché, sia pure in senso dubitativo, E. XXXXXXXX, Commento agli artt. 82 -84, in E. GRAGNOLI - A. XXXXXXX (a cura di), La riforma del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali, cit., p. 857 ss. Altra parte della dottrina, tuttavia, ritiene che il menzionato art. 82 si limiti a consentire la certificazione qualificatoria degli atti di rinunzia e transazione, impregiudicata la possibilità di una loro impugnazione ex art. 2113 c.c., al fine di risolvere il noto problema delle c.d. quietanze a saldo. Così, p. es., X. XXXXXXXXX, Le procedure di certificazione, cit., p. 1165 ss.
239 V., estesamente, E. XXXXXXXX, Commento agli artt. 82 -84, cit., p. 862 ss. ove anche una ricognizione dei possibili caratteri distintivi delle due fattispecie. Cfr., altresì, A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 611 ss.; M. NOVELLA, Note sulle tecniche limitative dell’autonomia individuale nel lavoro a progetto, cit., p. 145.
240 V., per tutti, X. XXXXXXX, La certificazione nel rapporto di lavoro dei soci di cooperativa, in AA. VV., Studi in Onore di Xxxxxxx Xxxxxx, I, Cedam, Padova, 2005, p. 695; E. XXXXXXXX, Commento agli artt. 82 -84, cit., p. 866 ss.; X. XXXXX, Sull’istituto della certificazione nel d.lgs. n. 276 del 2003, cit., p. 1085 ss.
della distinzione concreta tra somministrazione di lavoro e appalto ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo III” del d.lgs. n. 276/2003 (art. 84)241.
Questa, in estrema sintesi, la disciplina in materia di certificazione introdotta dal d.lgs. n. 276/2003, con le successive modificazioni e integrazioni. Si tratta senza dubbio di un notevole balzo in avanti, per non dire di un salto nel vuoto, rispetto alla legge delega, con il quale si iniziano a delineare i tratti del nuovo istituto. Permane tuttavia ancora l‟impressione di trovarsi di fronte a un semilavorato, dai contorni e dalle caratteristiche, strutturali e funzionali, sfumate, difficilmente riconducibili ad unità sulla base del solo sforzo ricostruttivo teorico, senza ulteriori interventi normativi o l‟ausilio della prassi, in materia, purtroppo, ancora troppo scarsa. Ed è quanto, a nostro avviso, inevitabilmente, emergerà anche dalla successiva trattazione.
6. Le finalità vere o presunte della certificazione e il loro rilievo a fini interpretativi.
Definita al suo apparire come l‟istituto “forse (…) più complesso e (…) più tentante per l‟interprete”242, e oggetto in un primo momento di un considerevole sforzo ricostruttivo da parte della dottrina, la certificazione può allo stesso tempo vantare anche il primato di critiche e opinioni pessimistiche o svalutanti fra le novità introdotte dalla riforma Xxxxx, fino ad arrivare, col passare degli anni, ad un atteggiamento di sostanziale indifferenza da parte degli studiosi243.
Ha pesato, sul menzionato atteggiamento, la critica ricorrente fondata sulla sostanziale asimmetria registrabile “già in astratto, nel raffronto tra la finalità
241 Cfr. X. XXXXXXXX, La certificazione dell’appalto, in C. XXXXXX - X. XXXXXXXXXX (a cura di), Compendio critico per la certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 59 ss.; X. XXXXXX, Commento agli artt. 82 - 84, in X. XXXXXXXXXX (coordinato da), Il nuovo mercato del lavoro. D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Zanichelli, Bologna, 2004, p. 920 ss.; E. XXXXXXXX, Commento agli artt. 82 - 84, cit., p. 873 ss.; ID., Certificazione e prime esperienze applicative, in X. XXXXXXXX (a cura di), Dopo la flessibilità, cosa?, Il Mulino, Bologna, 2006, p. 280, ad avviso del quale quest‟ipotesi di certificazione “deve discriminare fra accordi legittimi o nulli e, pertanto, la procedura ha per oggetto la validità del negozio, non la sua qualificazione”.
242 X. XXXXXXX, Una svolta fra ideologia e tecnica: continuità e discontinuità nel diritto del lavoro di inizio secolo, cit., p. LXXVIII.
243 Cfr. X. X. XXXXXXX, Le funzioni della certificazione, in Dir. Prat. Lav., 2009, p. 1269, ad avviso della quale l‟iniziale attenzione degli interpreti era giustificata da “una questione cruciale per l‟intero diritto del lavoro: se alle commissioni di certificazione il legislatore avesse attribuito la funzione di validare le clausole contrattuali derogatorie in pejus rispetto alla disciplina della legge e della contrattazione collettiva”. Sicché, risolta la questione in senso negativo, non deve stupire se “dopo il 2004 (…) solo sporadicamente la dottrina si è soffermata sul tema”.
assegnata all‟istituto (ridurre il contenzioso) e le cause che sono effettivamente alla base del fenomeno che l‟istituto normativo dovrebbe contribuire a modificare”244.
Si tratta, in altre parole, della già constatata impossibilità della certificazione di incidere, in virtù del principio costituzionale dell‟indisponibilità del tipo, sulla principale causa del contenzioso in materia di qualificazione, rappresentata dallo scostamento fra il programma negoziale inizialmente pattuito ed il successivo svolgimento del rapporto (sia esso poi qualificabile come simulazione o novazione tacita o, più semplicemente, ricomponibile alla stregua del canone interpretativo previsto dall‟art. 1362, co. 2, c.c.).
La certificazione del contratto operata ex ante, infatti, potrebbe tutt‟al più incidere su quel “residuo settore del contenzioso che è originato da pure incertezze interpretative”245, laddove, già nella fase di stipulazione del contratto si presenti incerta, appunto, in astratto, la qualificazione della fattispecie in esame, compito questo, peraltro, si è anche rilevato, già assolto dai professionisti, “che non sono meno attrezzati dei componenti che siedono nelle Commissioni di certificazione”246. Sicché si è assistito al fiorire delle speculazioni più varie sui fini occulti, o indiretti, perseguiti dal legislatore sotto il manto del nobile fine dichiarato della
deflazione del contenzioso.
Si è così parlato di deflazione cattiva, fondata sull‟ambiguità e sullo scoraggiare il lavoratore, portato, a fronte di un atto formale di certificazione, a non far valere le proprie pretese in giudizio, oppure, ancora, di giurisdizione cattiva, laddove la certificazione funga da “stimolo per i giudici meno attenti e scrupolosi (…) ad appiattirsi sulle indicazioni della certificazione” stessa247.
244 X. XXXXXXX, La certificazione dopo la sperimentazione. Un istituto ancora da decodificare, cit., p. 7.
245 X. XXXXXX, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 114 s.; ID., La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 217.
246 X. XXXXXXX, La certificazione dopo la sperimentazione. Un istituto ancora da decodificare, loc. cit.
247 L. XX XXXXXXX, La delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 98.; ID., La certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 242; ID., Le certificazioni all’interno della riforma del mercato del lavoro, cit., p. 269; e, sulla scia di questi, M. RUSCIANO, La certificazione nel sistema del diritto del lavoro, cit., p. 349; X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, cit., p. 305 s.; ID., Commento agli artt. 75 - 84, cit., p. 221 ss.;
M. NOVELLA, Considerazioni sul regime giuridico della norma inderogabile nel diritto del lavoro, cit., p. 546; X. X. XXXXXXXX, La legge delega sul mercato del lavoro: prime osservazioni, cit., p.
382. V. anche X. XXXXXX, Ricerca e analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003 sul mercato del lavoro, cit., p. 922 ss.; X. X. XXXXXXX, Le funzioni della certificazione, cit., p. 1272; nonché E. XXXXXXXX, L’interpretazione e la certificazione fra autonomia e subordinazione, cit., p.
Si è altresì rilevato come il legislatore persegua le esigenze di stabilità e certezza giuridica con una serie di dettami e prescrizioni di carattere formale e procedurale, fra i quali vi è la certificazione, con la quale si vorrebbe “accentuare il valore della qualificazione originaria del rapporto di lavoro (quello che tradizionalmente si chiama nomen iuris) condizionandone lo svolgimento successivo e la stessa discrezionalità qualificatoria istituzionalmente riconosciuta all‟autorità giudiziaria”248.
Ancora, la certificazione è stata anche vista come uno “spregiudicato incoraggiamento a omissioni contributive concertate dalle imprese” a danno degli enti previdenziali (e degli stessi lavoratori), in ragione dell‟effetto di sbarramento all‟utilizzo dei poteri di autotutela degli stessi che, a fronte di un contratto certificato, sono costretti ad avviare una delle azioni previste dall‟art. 80, con un prevedibile incremento del contenzioso giudiziale, contrariamente alle finalità dichiarate dell‟istituto, e una notevole dilatazione dei tempi della riscossione, in contrasto, questa volta, con le finalità di accelerazione della stessa perseguite dal d.lgs. n. 46/1999249.
Né migliore accoglienza è stata riservata ad un‟altra potenziale funzione della certificazione, la “derogabilità assistita” - per lo più vista negativamente, con potenzialità destrutturanti dell‟intero sistema - che, a parte poche isolate posizioni, gli studiosi, soprattutto dopo la modifica dell‟art. 68, si sono premurati di espungere dall‟impianto normativo250.
547; ID., Certificazione e prime esperienze applicative, cit., p. 280, che parla di sostanza intimidatoria dell‟istituto.
248 X. XXXXXXX, La flessibilità in entrata alla luce del libro bianco sul mercato del lavoro, in Riv. It. Dir. Lav., 2002, I, 447. V. anche, M. D‟ONGHIA, La forma vincolata nel diritto del lavoro, Cedam, Padova, 2005, p. 278 s.; X. XXXXX, La certificazione del contratto di lavoro: obiettivi, potenzialità, limiti, cit., p. 334; X. XXXXXXXX, La certificazione dei rapporti di lavoro nella legge delega sul mercato del lavoro, loc. cit.; ID., Commento agli artt. 75 - 84, loc. cit.
249 E. XXXXXXXX, L’interpretazione e la certificazione fra autonomia e subordinazione, cit., p. 570 ss.; ID., Certificazione e prime esperienze applicative, cit., p. 284 s. V. anche M. RUSCIANO, La certificazione dei contratti di lavoro tra ipertrofia regolativa e incertezza applicativa, in X. XXXXXXXX (a cura di), Dopo la flessibilità, cosa?, cit., p. 147; X. XXXXXX, Rapporto contributivo e certificazione, cit., p. 396; ID., La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 220, che, con particolare riferimento all‟ipotesi dell‟impugnazione per difformità ex art. 80, prospetta possibili profili di incostituzionalità della disciplina. E‟ necessario tuttavia rilevare come l‟Autore non attribuisca, in via generale, valore esclusivamente negativo al limite imposto agli enti pubblici. Di incostituzionalità parla anche A. XXXXXXXXXX, Gli effetti della certificazione nei confronti degli enti previdenziali, cit., p. 580 ss., che tuttavia, con una posizione del tutto minoritaria, arriva a negare qualunque effetto vincolante della certificazione nei confronti degli enti previdenziali (p. 587 s.).
250 V. supra note 226 - 229 e testo.
Così come è stata giudicata negativamente anche l‟ulteriore funzione di “disponibilità assistita” (artt. 68 e 82), concretizzantesi, ad avviso della dottrina maggioritaria, in una superflua o addirittura dannosa moltiplicazione delle sedi presso cui operare rinunzie e transazioni inoppugnabili251.
Di modo che, per cercare di recuperare qualche valenza positiva all‟intervento del legislatore, alcuni Autori si sono avventurati per gli incerti sentieri della soft law, o del soft power, oppure, ancora, hanno fatto leva sulla crescente attenzione dell‟ordinamento alle tecniche di tutela preventive, a scapito del più classico intervento di tipo repressivo, giudicato entro certi limiti inefficace, o addirittura dannoso, e bisognoso di interventi complementari e integrativi di diversa natura.
Nella prima direzione si muove quella parte della dottrina che intravede nella certificazione “un importante segnale sistematico, attestante la, per ora timida e contrastata, penetrazione nell‟ordinamento del valore della certezza”252, oppure quella che punta sulla funzione di persuasione morale che la certificazione potrebbe esercitare, qualora le commissioni si dimostrassero all‟altezza del compito proponendo soluzioni “idonee a promanare una forza positiva di persuasione”, poiché “i buoni argomenti xxxxxxx ad una certa conclusione e cioè costringono a credere alla bontà della decisione qualificatoria”253.
Nella seconda direzione, che non esclude ed anzi talora si integra con la prima, si collocano coloro che spingono per una valorizzazione dell‟attività di assistenza e consulenza delle commissioni di certificazione (art. 81), intesa come una funzione ulteriore, a volte essenziale, altre volte meramente accessoria, del procedimento di certificazione.
Si avvertono così le potenzialità dell‟istituto se concepito come strumento inteso a favorire l‟incontro di volontà delle parti nella predisposizione del
251 Per tutti X. XXXXXXX, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, cit., p. 447 ss.; X. XXXXX, Sull’istituto della certificazione nel d.lgs. n. 276 del 2003, cit., p. 1072.
252 A. VALLEBONA, Lavoro (certificazione dei contratti), cit., p. 1; ID., Volontà assistita e certificazione dei contratti di lavoro: due modelli diversi, cit., p. 832.
253 X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 219 s. V., altresì, nell‟ambito di un più complesso contesto argomentativo, che non è possibile sintetizzare in questa sede, X. XXXXXXX, Considerazioni sulla rilevanza qualificatoria della certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 37 ss.; A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 667 ss.; nonché X. XXXXXX, Osservazioni sul valore giuridico della certificazione regolata dal d.lgs. n. 276 del 2003, cit., p. 559 ss.; ID., Certificazione e tecniche di qualificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 415 ss., che tuttavia cerca di fornire un crisma di vincolatività alle soluzioni interpretative prospettate.
programma negoziale e, in definitiva, nella risoluzione del conflitto di interessi254. In altre parole, la procedura di certificazione potrebbe essere vista come percorso per “una corretta costruzione e qualificazione della fattispecie contrattuale” che favorisca l‟espressione del voluto negoziale255 anche attraverso il riequilibrio delle ben note asimmetrie informative operato non tanto a mezzo di una pura e semplice attività informativa bensì, in maniera più incisiva, ma anche più impegnativa, contribuendo alla comprensione ad opera delle parti del dato normativo e contrattuale di riferimento, in un‟ottica vicina alla vera e propria consulenza256.
In tal modo il fine deflattivo verrebbe perseguito indirettamente, con un‟attività preventiva, al di fuori delle logiche repressive o coercitive, che potrebbe poi riverberarsi anche sul piano del giudizio. Vi si potrebbe rinvenire infatti un contributo all‟indagine sull‟espressione della volontà nel momento genetico, che favorisca anche il giudizio sull‟eventuale scostamento nella fase esecutiva, secondo una lettura diametralmente opposta a quella di coloro che, come già visto, vedono nella certificazione il tentativo di irrigidire ed imbrigliare la discrezionalità del giudice257.
Non sono distanti da un‟ottica di valorizzazione dell‟attività di assistenza e consulenza nei termini su descritti nemmeno coloro che vedono nella certificazione
254 V., oltre agli autori citati alle note seguenti, X. XXXXXXX, La certificazione dopo la sperimentazione. Un istituto ancora da decodificare, cit., p. 10 ss; C. XXXXXX - X. XXXXXXXXXX, Certificazione e tipologie di lavoro flessibile nella riforma dei lavori: un primo passo verso lo Statuto dei lavori, cit., p. 5; nonché X. XXXXXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, cit., p. 313 ss, in un‟ottica peraltro parzialmente diversa rispetto a quella esposta nel testo, che attribuisce alle commissioni di certificazione “un ruolo in un certo senso dirigistico dell‟autonomia, consistente nella promozione dell‟adeguamento del contratto a requisiti ulteriori rispetto a quelli attinenti all‟esercizio dell‟autonomia che si svolge al di fuori del sistema della certificazione”.
255 M. DEL CONTE, La procedura di certificazione dei contratti di lavoro e la c.d. “volontà assistita”: una lettura alternativa, in Bollettino ADAPT, n. 36/2005, p. 3 s.; ID., La procedura di certificazione e la «volontà assistita», in X. XXXXXXXXX - X. XXXXXXXXXX (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Prime esperienze applicative. Problemi, soluzioni e prospettive, cit., p. 22 s.
256 X. XXXXXX, Riflessioni sull’attività di consulenza e assistenza dell’organo certificatore, cit.,
p. 80 ss.; ID., Xxxxxxxxxx informative e tutela del prestatore di lavoro, cit., p. 127 ss. Vedi, tuttavia, sull‟accostamento fra certificazione e consulenza, le critiche pungenti di E. XXXXXXXX, Certificazione e prime esperienze applicative, cit., p. 286. Valorizzano il dato attinente al riequilibrio delle asimmetrie informative, peraltro secondo prospettive fra loro differenziate, anche X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 239; X. XXXXXXXX, Ai confini dell’impero: il lavoro autonomo regolato (lavoro a progetto e lavoro occasionale) e la certificazione, in Lav. Giur., 2004,
p. 274; P. BELLOCCHI, Le procedure di certificazione, cit., p. 1145 ss.
257 M. DEL CONTE, La procedura di certificazione dei contratti di lavoro e la c.d. “volontà assistita”: una lettura alternativa, cit., p. 3 s.; ID., La procedura di certificazione e la «volontà assistita», cit., p. 23.
uno strumento di raccordo fra tutela del lavoratore nel mercato e nel rapporto258, oppure coloro che, facendo tuttavia un passo, o forse più d‟uno, oltre, ne vedono un istituto per l‟emersione del c.d. lavoro grigio e di lotta al sommerso259, oppure, ancora, inquadrabile nell‟ambito della responsabilità sociale d‟impresa260.
Ma l‟elenco delle finalità o sottofinalità o ancora delle potenzialità della certificazione - la cui individuazione costituisce pur sempre un punto di riferimento indispensabile per l‟interprete - potrebbe continuare ulteriormente, inducendo una forte sensazione di disorientamento a fronte della quale, per non perdere la cognizione del senso di marcia, acquista preminente rilievo l‟individuazione della bussola che permetta di orientarsi.
Sul punto, fondamentale rilievo non può non attribuirsi alla finalità deflattiva. La positivizzazione della stessa nel dato normativo, infatti, obbliga l‟interprete a tenerne costantemente conto, favorendo, nel dubbio fra due o più possibili interpretazioni, quella che meglio ne permetta la realizzazione261.
258 V., per tutti, C. FALERI, Riflessioni sull’attività di consulenza e assistenza dell’organo certificatore, cit., p. 96.
259 E. GHERA, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 535; nonché i contributi di F. PASQUINI (Lavoro nei call center tra emersione e certificazione) e C. BIZZARRO (Appalto e certificazione) nel Bollettino ADAPT n. 16/2007, p. 3 ss. V., peraltro, R. RIVERSO, La certificazione dopo la sperimentazione. Un istituto ancora da decodificare, cit., p. 7, che parla in proposito, non a torto, di “un pio desiderio”.
260 R. RAKIPI - F. PASQUINI, La certificazione dei contratti di lavoro: un nuovo tassello nella responsabilità sociale d’impresa, cit., p. 1 ss.; C. BIZZARRO - F. PASQUINI - M. TIRABOSCHI - D. VENTURI, Certification of labour contracts: a legal instrument for labour market regulation in Italy, in Bollettino ADAPT, n. 24/2009, p. 5 ss.
261 M. TREMOLADA, Relazione al convegno su «La certificazione dei contratti di lavoro in prospettiva interdisciplinare» svoltosi presso la Facoltà di Giurisprudenza di Padova - sede di Treviso, il 20 dicembre 2006; ma v., anche, ID., La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, cit., p. 312 s. Nello stesso senso S. GANDI, La certificazione dei contratti di lavoro tra utilità ed ambiguità, in Mass. Giur. Lav., 2004, p. 486; nonché - seppure, ci sembra, al fine ultimo di esprimere un giudizio critico sull‟istituto - L. DE ANGELIS, La delega in materia di certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 95; ID., La certificazione dei rapporti di lavoro, cit., p. 236. V. altresì, con riferimento all‟interpretazione dell‟intera riforma Biagi, e quindi in relazione alle finalità contenute nell‟art. 1 del d.lgs. n. 276/2003,
M. NAPOLI, Autonomia individuale e autonomia collettiva alla luce delle più recenti riforme, in AA. VV., Autonomia individuale e autonomia collettiva alla luce delle più recenti riforme, cit., p. 13 s. Di recente, sul punto, v. C. Cost., 1 - 5 dicembre 2008, n. 399 (in G. Dir., 2009, 1, con nota di M. TATARELLI, L’eliminazione di un ingiustificato pregiudizio produrrà pochi vantaggi pratici per i titolari, p. 56 ss.), che ha dichiarato l‟incostituzionalità dell‟art. 86, co. 1, d.lgs. n. 276/2003 poiché in irragionevole contraddittorietà con la sua ratio. In altri termini, ad avviso della Corte, il disposto del menzionato art. 86, co. 1, pur essendo finalizzato “ad aumentare (…) i tassi di occupazione e a promuovere la qualità e la stabilità del lavoro”, determinava “l'effetto esattamente contrario (perdita del lavoro) a danno di soggetti che, per aver instaurato rapporti di lavoro autonomo prima della sua entrata in vigore nel pieno rispetto della disciplina all'epoca vigente, si trova(vano) penalizzati senza un motivo plausibile”.
Siamo però altresì consapevoli che la deflazione del contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, più che la ratio dell‟intero microsistema della certificazione, costituisce, se così si può dire, una sorta di dichiarazione d‟intenti o, forse, sarebbe meglio dire, la finalità politica sottesa all‟intervento normativo, perseguibile con strumenti tecnico-giuridici anche molto diversi fra loro262.
Così, a mero titolo d‟esempio, anche l‟art. 38 del Progetto per la predisposizione per uno statuto dei lavori si apriva con l‟espressa indicazione della finalità deflattiva, che veniva perseguita, però, in quel contesto, con l‟intreccio fra attività qualificatoria e attività di “derogabilità assistita”, intreccio che non sembra, almeno in linea generale, essere stato invece riproposto nel d.lgs. n. 276/2003.
Ancora, si potrebbe sostenere che per perseguire nel miglior modo possibile lo scopo deflattivo, in assenza di dati normativi certi, è preferibile ammettere la certificazione dei contratti di lavoro in corso di esecuzione, così attenuando la critica più frequente rivolta all‟istituto263. Ma è altrettanto ragionevole argomentare in senso contrario, pur sempre facendo perno sulla finalità deflattiva, e ritenere che sono passibili di certificazione solo dei meri accordi preliminari e non contratti già stipulati, per favorire il più possibile l‟esercizio dell‟attività di assistenza e consulenza delle commissioni.
Si ritiene allora indispensabile mantenere il riferimento alla finalità deflattiva - cui si devono aggiungere le finalità dell‟intera riforma Biagi indicate nell‟art. 1 del d.lgs. n. 276/2003 -, pur se positivizzato, nell‟ambito suo proprio, come criterio interpretativo di ultima istanza, che deve lasciar spazio, in un primo momento, alla ricerca della ratio delle singole disposizioni, ovverosia all‟individuazione delle modalità e degli strumenti con cui il legislatore ha inteso perseguire il menzionato fine ultimo.
Sarà importante, quindi, nel prosieguo dell‟analisi, l‟individuazione e l‟enucleazione di queste ulteriori rationes - definibili, volendo, anche in termini di
262 Cfr. L. ZOPPOLI, Certificazione dei contratti di lavoro e contrattazione collettiva, cit., p. 338; M. DEL CONTE, La procedura di certificazione dei contratti di lavoro e la c.d. “volontà assistita”: una lettura alternativa, cit., p. 1; ID., La procedura di certificazione e la «volontà assistita», cit., p. 21.
263 Cfr. L. NOGLER, Il nuovo istituto della «certificazione» dei contratti di lavoro, cit., p. 114.
finalità - fra le quali, a nostro avviso, un ruolo non secondario, anche se forse non prevalente, deve essere attribuito alle già illustrate tecniche preventive264.
Ma prima di passare all‟esame specifico della certificazione, e con esso all‟individuazione delle richiamate finalità, a chiusura del primo capitolo, dobbiamo tuttavia ancora brevemente soffermarci, nel paragrafo che segue, sulle prospettive di riforma dell‟istituto che, come si vedrà, fanno intravedere all‟orizzonte, in un futuro molto prossimo, significativi interventi sulla sua stessa fisionomia.
7. Proposte e progetti di riforma della disciplina della certificazione.
Come già accennato, la certificazione è nata sotto l‟insegna della sperimentazione. L‟art. 86, co. 12, d.lgs. n. 276/2003, conformemente alle previsioni della delega, infatti, prevedeva che per alcune disposizioni introdotte dallo stesso, fra cui quelle relative alla certificazione, “decorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali” avrebbe dovuto procedere a una verifica con le organizzazioni sindacali dei relativi effetti “ai fini della valutazione della (…) ulteriore vigenza”.
La norma in esame, tuttavia, è una c.d. norma imperfetta, priva di sanzione o, comunque, di conseguenze per il mancato rispetto degli obblighi in essa previsti, cosicché il Governo ha potuto trascurare gli impegni assunti, facendo decorrere inutilmente il termine previsto senza che ne risultasse alcuna alterazione del quadro normativo. In particolare, per quanto ci riguarda, senza che la disciplina in materia di certificazione, per ciò solo, perdesse efficacia.
Se la fase di sperimentazione, pertanto, si è conclusa con la definitiva stabilizzazione dell‟istituto, ma senza il riscontro di dati ufficiali in ordine all‟impatto della certificazione nel nostro ordinamento, nondimeno, i segnali provenienti dalla prassi denunciano una scarsa, per non dire scarsissima, attenzione nei confronti dell‟istituto, al punto che è oramai ricorrente la constatazione del suo insuccesso265.
264 V. M. MAGNANI, Il diritto del lavoro e le sue categorie, cit., p. 35, che individua proprio nelle tecniche normative di tutela la vera innovazione del d.lgs. n. 276/2003.
265 Per tutti M. T. CARINCI, Le funzioni della certificazione, cit., p. 1269 ss.; A. PERULLI, La riforma del mercato del lavoro: bilancio e prospettive, in L. MARIUCCI (a cura di), Dopo la flessibilità, cosa?, cit., p. 197, per il quale è “probabilmente necessario interrogarsi sull‟opportunità
Le richieste di certificazione hanno riguardato quasi esclusivamente il lavoro a progetto e, in qualche misura, l‟appalto, com‟era d‟altronde ampiamente prevedibile266. Solo la commissione di certificazione presso il Centro Studi Marco Biagi dell‟Università di Modena e Reggio Emilia - l‟unica ad essere stata istituita nell‟ambito delle Università - può vantare numeri di qualche rilievo267, mentre sono veramente scoraggianti i dati che provengono dalle Direzioni provinciali del lavoro e dalle poche Provincie che hanno costituito proprie commissioni268.
Con riguardo agli enti bilaterali, poi, l‟opposizione sindacale (e in particolare, come già visto, della CGIL) ha decretato sul nascere il fallimento della sperimentazione impedendo il costituirsi delle commissioni stesse269. Non si dispone ancora di dati, invece, per quanto attiene alle nuove sedi istituite nel 2006, mentre, sul fronte giudiziale, si ha notizia di un‟unica decisione di primo grado, concernente la certificazione di un contratto di appalto, di cui si terrà conto nel prosieguo della trattazione270.
Se questo è il dato della prassi, non può stupire l‟attenzione prestata in questi anni alla certificazione in sede parlamentare, in funzione di una sua implementazione sul piano normativo.
di mantenere in vita un simile strumento (…), ovvero a riprogettarne finalità e natura, secondo prospettazioni presenti anche nel dibattito dottrinale e politico - sindacale”.
266 Cfr. C. BIZZARRO - F. PASQUINI - M. TIRABOSCHI - D. VENTURI, Certification of labour contracts: a legal instrument for labour market regulation in Italy, cit., p. 8 ss.; P. PENNESI, La certificazione dei contratti di lavoro presso le dpl e le provincie, in G. PELLACANI - M. TIRABOSCHI (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Prime esperienze applicative. Problemi, soluzioni e prospettive, cit., p. 58 ss.; V. BRINO, La certificazione dei contratti di lavoro tra qualificazione del rapporto e volontà assistita, cit., p. 417.
267 Cfr. C. BIZZARRO - F. PASQUINI - M. TIRABOSCHI - D. VENTURI, op. loc. cit.; F. PASQUINI,
Autonomia, subordinazione, parasubordinazione: guida pratica alla certificazione di un contratto di lavoro. La certificazione come strumento per la corretta qualificazione del rapporto di lavoro, IPI Srl, Vicenza, 2008, p. 11 ss.; F. PASQUINI (a cura di), Due anni di certificazione, in Bollettino ADAPT, n. 29/2007, p. 1 ss.; M. TIRABOSCHI, L’esperienza del Centro Studi Internazionali e Comparati «Marco Biagi», in G. PELLACANI - M. TIRABOSCHI (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Prime esperienze applicative. Problemi, soluzioni e prospettive, cit., p. 75 ss.
268 V., oltre agli Autori citati supra, nt. 264, A. MORO, La certificazione dei contrati di lavoro in Lombardia. Le modifiche alla normativa in materia di certificazione dei contratti di lavoro nel disegno di legge n. 1167 all’esame del senato, in Riv. Crit. Dir. Lav., 2009, p. 68.
269 Cfr., supra, par. 4 e 5 , nt. 161 e 201. Va tuttavia evidenziato come, in linea di massima, CISL e UIL abbiano manifestato, quantomeno in linea teorica, un certo interesse per la certificazione. Sul punto, a titolo meramente esemplificativo, v. le considerazioni del Segretario Confederale Uil. C.
F. CANAPA, Il ruolo degli enti bilaterali, in G. PELLACANI - M. TIRABOSCHI (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Prime esperienze applicative. Problemi, soluzioni e prospettive, cit., p. 72 ss.
270 Trib. Milano, sez. lav., 22 giugno 2009, n. 2647, in G. Lav., 2009, 39, p. 34 s., con nota di
R. Scaramella, Certificazione dei contratti: uno strumento per ridurre il contenzioso previdenziale.
Sul punto si possono in linea di massima individuare due piani di intervento alternativi.
Da un lato, come già anticipato, non è mai stata del tutto abbandonata l‟idea di introdurre nel nostro ordinamento uno Statuto dei lavori, senza tuttavia sortire, allo stato, alcun risultato apprezzabile.
Si possono qui ricordare l‟istituzione, con D.M. 4 marzo 2004, di una Commissione di studio di alto profilo scientifico per la definizione di uno Statuto dei lavori, presieduta dal prof. Michele Tiraboschi, la cui relazione conclusiva, del 19 marzo 2005, si è risolta in un nulla di fatto, nonché il d.d.l. S. n. 1356/2007271, che non ha mai superato il vaglio del Senato.
Dall‟altro lato, anche qui come già anticipato, nel corso della precedente legislatura si è registrato un intenso dibattito in ordine alla riforma del processo o, sarebbe meglio dire, della giustizia del lavoro272, con la presentazione di ben tre proposte in materia.
Si tratta dei già visti d.d.l. Salvi - Treu (S. n. 1047/2006) e Sacconi (S. n. 1163/2006), nonché dei risultati della commissione Foglia bis273, tutti ispirati, al fondo, alla valorizzazione degli strumenti di A.D.R., e in particolare della conciliazione e dell‟arbitrato, seppure seguendo percorsi fra loro profondamente diversi (nello specifico la contrapposizione è fra il progetto Sacconi da un lato e i progetti Foglia e Salvi - Treu dall‟altro).
Ai nostri fini interessa, in particolare, il progetto Sacconi che, nel più ampio quadro volto alla valorizzazione degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, si proponeva di implementare la certificazione, con modifiche sostanziali della relativa disciplina ed un più stretto collegamento della stessa con conciliazione e arbitrato274.
Caduto nella scorsa legislatura, il richiamato progetto è stato di recente ripreso, per vero un po‟ in sordina, all‟interno di un disegno di legge omnibus che contiene anche ulteriori significativi interventi in materia di lavoro.
271 D.d.l. n. 1356 (Deleghe al Governo in materia di statuto dei lavori, ammortizzatori sociali, incentivi al reimpiego e al collegamento tra salari e produttività), primo firmatario Sacconi, comunicato alla presidenza del Senato il 28 febbraio 2007.
272 Cfr. P. ALLEVA, La riforma della giustizia del lavoro nel progetto governativo. Note critiche e proposte emendative, in www.cgil.it, 2008, p. 2.
273 V., supra, par. 1, testo e nt. 24.
274 V. la relazione illustrativa del d.d.l. ove i proponenti espressamente dichiarano l‟intenzione di “promuovere ed incentivare l‟istituto della certificazione dei contratti di lavoro”.
Si tratta del d.d.l. C. n. 1441 quater - risultante dallo stralcio di alcuni articoli del d.d.l. C. n. 1441, di iniziativa governativa -, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 28 ottobre 2008, passato quindi all‟esame del Senato con il n. 1167 e ivi approvato con modifiche il 26 novembre 2009, ed ora tornato alla Camera, in seconda lettura, con il numero 1441 quater - B.
In ragione della sua probabile, imminente, approvazione definitiva, a tale progetto dobbiamo dedicare in questa sede particolare attenzione, delineando un quadro generale degli interventi ivi prospettati in materia di certificazione, salvo rinviare, per gli opportuni approfondimenti, alla trattazione contenuta nei capitoli successivi.
Innanzitutto, l‟art. 32, co. 4, del d.d.l. C. n. 1441 quater - B (art. 23, co. 4,
d.d.l. S. n. 1167) novella l‟art. 75 del d.lgs. n. 276/2003, sia in punto di finalità, genericamente estese alla deflazione del contenzioso in materia di lavoro, sia in ordine all‟oggetto della procedura, che viene deputata alla “certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, un prestazione di lavoro”.
La novella attinente all‟oggetto, probabilmente, è dettata dai dubbi espressi da una parte della dottrina275, vigente l‟attuale formulazione dell‟art. 75, sulla certificabilità, in particolare, dell‟associazione in partecipazione con apporto di lavoro, e permetterebbe, a nostro avviso, qualora dovesse effettivamente diventare legge, la certificazione di qualunque contratto associativo in cui sia dedotta una prestazione di lavoro276, nonché, forse, anche di tutte quelle fattispecie in cui “la prestazione di lavoro non è riconducibile ad uno schema contrattuale” (come, ad es., l‟impresa familiare ex art. 230 bis c.c. oppure i tirocini formativi e di orientamento)277.
Per comprendere la novella concernente le finalità, invece, è necessario portare lo sguardo sulle altre disposizioni del d.d.l. in materia di certificazione. Si tratta, in particolare, dell‟art. 32, commi 2, 3 e 5 (art. 23, commi 2, 3 e 5 del d.d.l. S. n. 1167)
275 Così, per tutti, M. G. GAROFALO, Contratti di lavoro e certificazione, cit., p. 588; A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 624. Contra, per tutti, P. BELLOCCHI, Le procedure di certificazione, cit., p. 1135.
276 Come, ad es., il rapporto del socio d‟opera di una società di persone (artt. 2263, co. 2 e 2295, n. 7, c.c.) o quello del socio di una società di capitali con obbligo lavorativo accessorio (art. 2345 c.c.). Contra, vigente l‟attuale formulazione dell‟art. 75, A. TURSI, op. loc. cit., che nega altresì la certificabilità del contratto di somministrazione su cui, forse, permarrebbero i medesimi dubbi anche con la nuova formulazione.
277 Così P. BELLOCCHI, op. loc. cit., che ne esclude, a legislazione invariata, la certificabilità.
nonché dell‟art. 33, commi 2, da 9 a 13 e 15 (art. 24, commi 1, da 6 a 11 e 13, del
d.d.l. S. n. 1167).
Nel quadro di un più ampio contesto teso a delimitare o forse, sarebbe meglio dire, comprimere i poteri del giudice nelle controversie di lavoro - di cui è emblematica la norma in materia di clausole generali278 -, si prevede che il giudice non possa discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione, sia per quanto attiene alla qualificazione del contratto di lavoro che nell‟interpretazione delle relative clausole, fatto salvo, si precisa, il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione (art. 32, co. 2).
Si pone in linea di continuità con la riportata norma il successivo terzo comma del medesimo art. 32, ove si dispone che il giudice debba tenere conto, nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, oltre che delle fondamentali regole del vivere civile e dell‟oggettivo interesse dell‟impresa279, anche delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l‟assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione.
Ancora una volta, sembra volersi proporre l‟idea del vincolo giudiziale nella qualificazione dei contratti di lavoro, aggravato e rafforzato, in tal caso, dall‟obbligo del giudice di attenersi alle “valutazioni delle parti” anche nell‟interpretazione delle clausole contrattuali. Sembra, infatti, che il legislatore intenda rafforzare ulteriormente il valore della scheda contrattuale, espungendo implicitamente il
278 Si tratta dell‟art. 33, co 1 (art. 23, co 1 del d.d.l. S. n. 1167) in base al quale “in tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all‟art. 409 del codice di procedura civile (…) contengono clausole generali (…) il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell‟ordinamento, all‟accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente”. V., sul punto, le opposte valutazioni di A. VALLEBONA, I disegni di riforma del processo del lavoro, cit., p. 358 s. e P. ALLEVA, La riforma della giustizia del lavoro nel progetto governativo. Note critiche e proposte emendative, cit., p. 2 ss. V. anche P. ICHINO, Una norma su licenziamenti e trasferimenti nel collegato alla finanziaria (d.d.l. n. 1167) allarga incredibilmente la discrezionalità del controllo giudiziale sul giustificato motivo, facendo del giudice del lavoro l’interprete unico dell’“interesse oggettivo dell’impresa”, 2009, in www.pietroichino.it
279 Su cui v. i preoccupati rilievi di P. ICHINO (op. loc. cit.), ad avviso del quale il riferimento all‟oggettivo interesse dell‟impresa (“questo piccolo mostro normativo prodotto da un legislatore poco avveduto”) rischia di riportare indietro l‟orologio della storia di quasi trent‟anni riproponendo “l‟idea dirigista della «funzionalizzazione» dell‟impresa a fini di rilievo pubblico”, ovverosia “l‟idea che accanto ed eventualmente in contrapposizione con l‟interesse soggettivo dell‟imprenditore ci sia un distinto «interesse oggettivo dell‟impresa»”.
criterio interpretativo dell‟art. 1362, co. 2, c.c. e vincolando l‟interprete non solo in sede di qualificazione ma anche per quanto attiene al contenuto del negozio, come, per es., in ordine alla “corrispondenza fra mansioni e qualifica che le parti abbiano formalmente approvato, o altri contenuti normativi ed economici del rapporto”280.
D‟altronde, che questa sia l‟intenzione, lo si capisce chiaramente dalle disposizioni in materia di licenziamenti, ove si consente l‟introduzione nel contratto individuale certificato di norme “disciplinari in tema di recesso per giusta causa e giustificato motivo”, probabilmente anche in deroga alle clausole del contatto collettivo, ma non, riteniamo, alle norme di legge281.
I vincoli costituzioni sull‟indisponibilità del tipo, tuttavia, come si vedrà nel corso della successiva trattazione, impongono una lettura riduttiva delle norme in esame - favorita dall‟inciso, seppure ambiguo, contenuto alla fine dell‟art. 32, co. 2, che fa comunque salvo “il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità fra il programma negoziale certificato e la sua attuazione - che ne stempera la portata innovativa282, circoscritta probabilmente al mero obbligo per il giudice di giustificare, in motivazione, l‟eventuale scostamento dalle “valutazioni delle parti”.
Non altrettanto può dirsi, invece, in ordine all‟art. 33, co. 15 (art. 23, co. 13,
d.d.l. S. n. 1167), a mente del quale, in caso di approvazione definitiva del d.d.l., l‟art. 79 del d.lgs. n. 276/2003 assumerebbe il seguente contenuto: “gli effetti dell‟accertamento dell‟organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro, nel caso di contratti in corso di esecuzione, si producono dal momento di inizio del contratto, ove la commissione abbia appurato che l‟attuazione del medesimo è stata, anche nel periodo precedente alla propria attività istruttoria, coerente con quanto appurato in tale sede. In caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, gli effetti si producono soltanto ove e nel momento in cui queste ultime provvedano a sottoscriverli, con le eventuali integrazioni e modifiche suggerite dalla commissione adita”.
280 P. ALLEVA, La riforma della giustizia del lavoro nel progetto governativo. Note critiche e proposte emendative, cit., p. 7. Nello stesso senso v. anche le valutazioni preoccupate espresse al Senato da T. TREU nella seduta pomeridiana del 25 novembre 2009, in www.pietroichino.it.
281 Cfr. P. ALLEVA, op. loc. cit. Sul punto v. anche il parere espresso dall‟Associazione Nazionale Magistrati, il 26 novembre 2008, in www.associazionemagistrati.it.
282 Cfr. P. ALLEVA, op. loc. cit., nonché i rilievi espressi al Senato da P. ICHINO nella seduta pomeridiana del 25 novembre 2009, in www.pietroichino.it.
Verrebbero in tal modo risolti, infatti, con portata indubbiamente innovativa - seppure, a nostro avviso, nella direzione meno opportuna -, due questioni che affannano gli interpreti fin dalla comparsa della certificazione nel nostro ordinamento, ovverosia il problema della certificabilità o meno di un contratto già eseguito o in corso di esecuzione e, in caso di certificabilità, l‟eventuale efficacia retroattiva dell‟atto di certificazione283.
Avrebbe avuto altresì portata innovativa, prendendo posizione in ordine ad altro problema ugualmente dibattuto284, la disposizione dell‟art. 24, co. 11, d.d.l. S.
n. 1167, a mente del quale, nell‟art. 2113, co. 4, c.c., avrebbe dovuto aggiungersi il riferimento alle commissioni di certificazione di cui all‟art. 82 del d.lgs. n. 276/2003, a loro volta estese a tutte quelle previste dall‟art. 76 (art. 24, co. 9, d.d.l.
S. n. 1167). Nel passaggio dal Senato alla Camera, tuttavia, il menzionato undicesimo comma è stato eliminato e le commissioni presso cui è possibile certificare le rinunzie o le transazioni sono state circoscritte a quelle indicate dalle sole lettere da a) a c) dell‟art. 76 (art. 33, co 12). Viene precisato inoltre che, in quanto compatibili, si applicano all‟art. 82 le disposizioni previste dal capo I del d.lgs. n. 276/2003285.
Altre novità, di minor rilievo, attengono poi all‟abrogazione dell‟art. 83, co. 2, d.lgs. n. 276/2003, che dispone l‟istituzione di un‟apposita commissione per la certificazione del regolamento interno delle cooperative (art. 33, co. 13)286, nonché alla ulteriore delimitazione dei requisiti richiesti per la costituzione di commissioni
di certificazione presso i consigli provinciali dei consulenti del lavoro (art. 32, co. 5)287.
283 Nel rinviare al secondo capitolo per un trattazione compiuta delle questioni accennate nel testo v., supra, par. 5, testo e nt. 233, cui adde, per il tema della retroattività degli effetti, per tutti, M. TREMOLADA, La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, cit., p. 332 ss.
284 V., supra, par. 5, testo e nt. 236.
285 Contra, vigente l‟attuale formulazione dell‟art. 82, A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 606.
286 E‟ favorevole alla previsione di una commissione ad hoc per la certificazione del regolamento interno delle cooperative L. FERLUGA, La certificazione nel rapporto di lavoro dei soci di cooperativa, cit., p. 703; contra, G. DONDI, Sull’istituto della certificazione nel d.lgs. n. 276 del 2003, cit., p. 1086 s.; critico anche L. NOGLER, Commento agli artt. 82 - 84, cit., p. 919 s.
287 Il co. 5 dell‟art. 32 così recita: “all‟articolo 76, comma 1, lettera c-ter), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e comunque unicamente nell‟ambito di intese definite tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, con l‟attribuzione a quest‟ultimo delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi»”.
Grande importanza, invece, assume il collegamento operato dal d.d.l. fra la certificazione e gli istituti della conciliazione e dell‟arbitrato, così come dallo stesso riformati. Si tratta del cuore del d.d.l. Sacconi del 2006, ora riproposto con alcune significative innovazioni concernenti proprio la certificazione.
In estrema sintesi, si mantiene l‟obbligatorietà del previo tentativo di conciliazione solo per i contratti certificati (80, co. 4)288 mentre nei restanti casi si prevede per le parti la possibilità di accedere a ben tre tipi di conciliazione facoltativa e ad altrettanti tipi di arbitrato irrituale289, mediante la riformulazione degli attuali artt. 410 - 412 quater c.p.c. e l‟abrogazione degli artt. 410 bis e 412 bis c.p.c.
Viene innanzitutto ridisciplinato, sulla falsariga di un procedimento contenzioso, il tentativo di conciliazione presso le Direzioni provinciali del lavoro, cui può accedere, sia durante che alla fine dello stesso, un arbitrato irrituale, anche di equità - con lodo non impugnabile per violazione di legge e di contratto collettivo - se così indicato dalle parti (artt. 410 - 412 c.p.c., come novellati).
In ogni caso, è data alle parti la facoltà di ricorrere alle procedure di conciliazione e arbitrato previste e disciplinate dai contratti collettivi di lavoro sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative (art. 412 ter c.p.c., come novellato).
Infine, ed è questa l‟ipotesi che desta, a nostro avviso, le maggiori perplessità e preoccupazioni, nel novellato art. 412 quater c.p.c. viene regolata un‟ulteriore procedura di conciliazione e arbitrato (espressamente qualificato irrituale), anch‟esso definibile con un lodo di equità non impugnabile per violazione di legge e contratto collettivo, se così hanno voluto le parti.
Ciò che preoccupa, e non poco, sono le modifiche apportate dal Senato al
d.d.l. S. n. 1167, laddove è stata espunta dal testo dell‟art. 412 quater la precisazione che “è nulla ogni clausola del contratto individuale di lavoro o comunque pattuita che obblighi una parte o entrambe a proporre le controversie indicate nel periodo precedente al collegio di conciliazione e arbitrato o che ponga limitazioni a tale
288 Cfr. P. ALLEVA, La riforma della giustizia del lavoro nel progetto governativo. Note critiche e proposte emendative, cit., p. 7, che rileva come il tentativo di previa conciliazione resta obbligatorio non più solo per le vertenze qualificatorie bensì “per tutti i possibili contenuti ed oggetti vertenziali”.
289 Sul punto v. i rilievi critici espressi al Senato da T. TREU nella seduta pomeridiana del 25 novembre 2009, in www.pietroichino.it.
facoltà”. Nel contempo, all‟art. 33, co. 9, del d.d.l. C. n. 1441 quater - B, si ammette la possibilità, per le parti individuali, di pattuire clausole compromissorie di cui all‟art. 808 c.p.c. che rinviano alle modalità di espletamento dell‟arbitrato di cui agli artt. 412 e 412 quater c.p.c., purché la stipulazione avvenga in sede di certificazione (presso una delle sedi indicate alle lettere da a) a c) dell‟art. 76), e ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
In tal modo si introduce la possibilità di pattuire ex ante clausole compromissorie vincolanti, con il solo presidio, francamente del tutto insufficiente, dell‟assistenza delle commissioni di certificazione e dell‟autorizzazione, anch‟essa preventiva, della contrattazione collettiva. Ma non è tutto, poiché potrebbe non essere necessaria nemmeno la menzionata autorizzazione, dal momento che il medesimo comma 9 prevede che le sue disposizioni, in assenza degli accordi interconfederali o dei contratti collettivi, diventino pienamente operative decorsi diciotto mesi dall‟entrata in vigore290.
Mutuando le parole di Autorevole dottrina, è forse possibile, seppure con qualche riserva291, ammettere un arbitrato di equità in materia di lavoro poiché, in fondo, “si tratta della disposizione di diritti maturati, appunto oggetto di una controversia giuridica e non di una patto in deroga per la disciplina del futuro svolgimento del rapporto, che sarebbe radicalmente nullo” - come d‟altronde già avviene in base all‟art. 2113, co. 4, c.p.c. -, ciò che non si può in alcun modo accettare è l‟intollerabile compressione della volontà delle parti, e in particolare del lavoratore, che dovrebbero essere sempre libere di scegliere, volta per volta, la soluzione arbitrale, per ciascuna singola controversia292.
290 Dopo le modifiche apportate dal Senato al d.d.l. non è più possibile ritenere, pertanto, che la clausola compromissoria non abbia efficacia impeditiva del ricorso al giudice ordinario. Così P. ALLEVA, La riforma della giustizia del lavoro nel progetto governativo. Note critiche e proposte emendative, cit., p. 8, sul testo del d.d.l. S. n. 1167.
291 V. infatti i condivisibili rilievi (almeno in parte) di M. NOVELLA (L’inderogabilità nel diritto del lavoro, cit., p. 409 s.) sull‟inopportunità del ricorso all‟arbitrato di equità a fini di deflazione del contenzioso, con particolare riguardo ai rischi connessi all‟utilizzo dell‟istituto.
292 A. VALLEBONA, I disegni di riforma del processo del lavoro, cit., p. 360. V. anche P. ALLEVA, La riforma della giustizia del lavoro nel progetto governativo. Note critiche e proposte emendative, cit., p 8. Così, ci sembra, sostanzialmente anche C. CESTER, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, cit., p. 393 s. V. altresì l‟intervento al Senato di P. ICHINO nella seduta pomeridiana del 25 novembre 2009, in www.pietroichino.it.
A conclusione dell‟esposizione dei contenuti del d.d.l. C. n. 1441 quater - B si può ricordare come si preveda altresì che le commissioni di certificazione di cui alle lettere da a) a c) dell‟art. 76 possano sia essere sedi del tentativo di conciliazione facoltativo di cui all‟art. 410 c.p.c., sia costituire camere arbitrali per la definizione, ai sensi dell‟art. 808 ter c.p.c., delle controversie di cui all‟art. 409 c.p.c.293
In questa sede non è possibile andare oltre le poche brevi notazioni appena formulate in merito alla riforma prossima ventura che, come probabilmente emerso nel corso dell‟esposizione, a nostro avviso cambia poco e male, lasciando intatte le questioni di maggior rilievo in materia di certificazione, che ne rendono estremamente difficoltoso l‟inquadramento teorico nonché, ed è ciò che più conta, ne impediscono il radicamento nella prassi294.
293 Le commissioni possono altresì concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di camere arbitrali unitarie.
294 Contra, A. MORO, La certificazione dei contrati di lavoro in Lombardia. Le modifiche alla normativa in materia di certificazione dei contratti di lavoro nel disegno di legge n. 1167 all’esame del senato, cit., p. 70 ss. Ritiene, seppure nell‟ambito di un complessivo giudizio negativo in ordine al d.d.l., che la nuova disciplina della certificazione dei contratti individuali sia fortemente incentivante per i datori di lavoro ed abbia quindi sicura possibilità di attecchire, P. ALLEVA, La riforma della giustizia del lavoro nel progetto governativo. Note critiche e proposte emendative, cit., p. 8, le cui valutazioni potrebbero, al limite, essere condivise solo con riguardo alla già criticata possibilità di inserire nel contratto di lavoro certificato una clausola compromissoria vincolante. Ulteriori spunti critici in merito al d.d.l. S. n. 1167 in M. T. CARINCI, Le funzioni della certificazione, cit., p. 1269 ss.
Capitolo II
LA CERTIFICAZIONE FRA ACCERTAMENTO, DISPOSIZIONE DEI DIRITTI E DEROGABILITA’ ASSISTITA
SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. La certificazione con funzione qualificatoria. - 2.1. L‟oggetto della certificazione. - 2.2. Natura e disciplina del procedimento di certificazione. L‟istanza comune delle parti e il rapporto fra conclusione del contratto e certificazione. - 2.3. Segue. Il rilievo dell‟attività di assistenza e consulenza. I codici di buone pratiche e i moduli e formulari. - 2.4. Natura e contenuto dell‟atto di certificazione. Rapporto tra atto amministrativo e contratto. -
2.5. Effetti della certificazione. - 2.5.1. Effetti della certificazione nei confronti delle parti e dei terzi privati. - 2.5.2. Effetti della certificazione nei confronti degli enti pubblici. - 3. Certificazione e disposizione dei diritti. - 4. Certificazione e derogabilità assistita.
1. Introduzione.
L‟analisi della disciplina positiva della certificazione dei contratti di lavoro che ci accingiamo ad affrontare verrà idealmente suddivisa, per comodità di esposizione, in due distinti momenti, cui corrispondono altrettanti capitoli; il primo attinente alla regolamentazione dell‟istituto sul piano sostanziale, il secondo dedicato invece al rapporto fra certificazione e giurisdizione.
Si tratta peraltro, è bene avvisare fin da subito, di una suddivisione solo tendenziale che - se pur non estemporanea, e rispondente a ben precise esigenze espositive -, non può tuttavia disconoscere come, in virtù dell‟intimo legame sussistente fra i diversi piani di intervento della certificazione, la comprensione degli aspetti legati all‟uno implichi inevitabilmente il frequente rinvio ai profili connessi all‟altro, secondo un intreccio che costringerà, a volte, ad anticipare argomenti approfonditi in un momento successivo, altre volte, invece, a richiamare temi già sviluppati.
Svolta questa premessa e iniziando dunque a portare l‟attenzione sul piano dei rapporti sostanziali, riteniamo utile, sempre in via introduttiva, esplicitare lo schema espositivo che si è inteso seguire, per la comprensione del quale è necessario riprendere una notazione metodologica già operata in precedenza.
Si tratta, in particolare, della evidenziata1 necessità di enucleare e trattare separatamente le singole rationes dell‟istituto, o meglio, gli strumenti tecnico- giuridici con i quali il legislatore ha inteso perseguire - nel contesto delle più ampie finalità dell‟intera riforma Biagi indicate nell‟art. 1 - il fine della deflazione del contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro, di cui all‟art. 75 del d.lgs. n. 276/2003.
A tale scopo, si è ritenuto di poter esaminare separatamente le tre principali funzioni della certificazione2, così come emerse nell‟ambito del dibattito dottrinale, cui corrispondono altrettante diverse modalità di intervento - e relativi strumenti tecnico-giuridici - finalizzate alla deflazione del contenzioso3.
Si tratta della funzione “qualificatoria”, della funzione di “disponibilità assistita”, nonché della funzione di “derogabilità assistita”, delle quali si verificherà, in primo luogo, l‟effettiva sussistenza, quindi la portata e le modalità operative.
Particolare attenzione e, inevitabilmente, maggiore spazio, verranno tuttavia dedicati alla finalità qualificatoria, unanimemente riconosciuta come la finalità che caratterizza l‟istituto - nella sua attuale configurazione positiva - e ne modella la struttura di base4.
L‟esame di questa ci permetterà quindi di prendere in considerazione, di volta in volta, anche alcune ulteriori funzioni attribuite alla certificazione, fra le quali peculiare rilievo assume l‟attività di assistenza e consulenza prestata dalle commissioni di certificazione alle parti che, come si vedrà, a nostro avviso non può ritenersi disgiunta dall‟attività qualificatoria, ma ne costituisce, al contrario, parte integrante ed essenziale.
Quasi a chiusura del cerchio aperto con la menzionata nota metodologica, l‟analisi condotta lungo le tre direttrici indicate avrà, in fine, come punto di riferimento imprescindibile il costante riscontro dell‟effettiva idoneità dell‟istituto al perseguimento - e prima ancora della compatibilità con - la finalità deflattiva, ma
1 Supra, cap. I, par. 6.
2 Cfr. A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 605 ss.
3 Può essere utile ricordare, come già evidenziato (supra, cap. I, par. 1), che la confusione di piani fra le diverse funzioni della certificazione e la relativa mancata diversificazione delle strutture normative deputate a svolgere ciascuna di queste, è stata oggetto di vivace critica in dottrina. Cfr. L. NOGLER, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 208; ID., Commento agli artt. 75 - 81, cit., p. 869 ss. e spec. 910 s.; ID., Rapporto contributivo e certificazione, cit., p. 387 s.; ID., Statuto dei lavori e certificazione, cit., p. 553 s.
4 Tale finalità è addirittura individuata, da alcuni Autori, come l‟unica ed esclusiva. Così P. BELLOCCHI, Le procedure di certificazione, cit., p. 1133 s.
anche l‟esigenza di aumentare i tassi di occupazione e promuovere la qualità e la stabilità del lavoro (art. 1, d. lgs. n. 276/2003)5.
Un‟ultima notazione. Come forse già emerso nel corso di questa introduzione, con l‟esposizione che segue si cercherà di delineare le caratteristiche principali della certificazione, affrontando, a tal fine, alcuni fra i temi maggiormente dibattuti in dottrina. L‟ordine logico che si è deciso di seguire, pertanto, messa da parte l‟illustrazione completa e dettagliata della disciplina, si snoderà per problemi, dando per presupposto il più ampio quadro di riferimento, già delineato, allo scopo, in precedenza6.
2. La certificazione con funzione qualificatoria.
2.1. L’oggetto della certificazione.
Iniziando ad affrontare la certificazione nella sua “variante” qualificatoria - di cui non tanto è dubbia la configurabilità, quanto, piuttosto, i contenuti e le modalità operative - possiamo assumere come punto di partenza dell‟analisi l‟esame del relativo oggetto che, pur apparentemente semplice e lineare, obbliga invece l‟interprete a penetranti riflessioni sulla struttura e sulle funzioni del procedimento e dell‟atto di certificazione, così introducendo ad alcuni profili essenziali che ricorreranno lungo tutto lo sviluppo della trattazione.
La norma di riferimento, in proposito, è contenuta nell‟art. 75 in base al quale, al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro, le parti - fatta eccezione per i rapporti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni (art. 1, co. 2, d.lgs. n. 276/2003) - possono ottenere la certificazione del contratto, secondo la procedura volontaria regolata dagli articoli successivi.
Oggetto del procedimento di certificazione, quindi, nella formulazione successiva alla novella introdotta con il d.lgs. n. 251/2004 è qualunque contratto di lavoro e non più, come già visto, i soli contratti introdotti o riformati con lo stesso d.lgs. n. 276/20037.
5 Supra, cap. I, par. 6, e ivi, in particolare, il riferimento contenuto nella nt. 259 a C. Cost., 1 - 5 dicembre 2008, n. 399.
6 Supra, cap. I, par. 5.
7 Supra, cap. I, par. 5.
Nessun dubbio ormai può esservi, quindi, sulla certificabilità di qualunque contratto di lavoro subordinato, a partire dal modello di riferimento di cui all‟art. 2094 c.c., così come nessun dubbio può esservi anche in ordine ai contratti di lavoro autonomo, con particolare riguardo al lavoro a progetto e alle residue ipotesi ammesse di collaborazioni coordinate e continuative, nonché al lavoro occasionale.
Ma con altrettanta sicurezza, all‟opposto, dovrebbe potersi sostenere l‟estraneità dal campo di applicazione della certificazione degli atti interni di gestione del rapporto posti in essere dal datore di lavoro e dal lavoratore8, dal momento che il riferimento normativo è alla deflazione del contenzioso in ordine alla qualificazione del solo contratto e non anche del rapporto di lavoro, come invece recitava il testo dell‟art. 5, l. n. 30/20039 e, argomento forse decisivo, per quanto attiene agli atti di gestione si pone non tanto un problema qualificatorio, quanto piuttosto una verifica della loro legittimità, verifica esclusa, come vedremo, dal campo di applicazione della certificazione.
Non è pertanto condivisibile la prassi, instaurata da alcune commissioni di certificazione e avallata da una parte della dottrina, di ammettere la certificazione, per es., degli atti di distacco del lavoratore disposti dal datore10, atti che altro non sono che semplici momenti, seppur del tutto peculiari, del concreto svolgimento del rapporto e non autonomi contratti di lavoro.
Più problematica, stante l‟attuale formulazione della norma, è invece la possibilità di certificare il contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, così come, più in generale, qualunque altro contratto associativo in cui sia dedotta una prestazione di lavoro (ad es., il rapporto del socio d‟opera di una società di persone o quello del socio di una società di capitali con obbligo lavorativo accessorio).
Se da un lato sono comprensibili le ragioni che spingono una parte della dottrina11 ad ammettere la certificabilità anche di queste fattispecie - che, assieme al
8 Per tutti P. BELLOCCHI, Le procedure di certificazione, cit., p. 1135 s.
9 Sulle critiche in ordine al riferimento, contenuto nel menzionato art. 5, al rapporto anziché al contratto v. già supra, cap. I, par. 4, nt. 159, cui adde M. BUZANO, La certificazione dei contratti di lavoro, in www.csdn.it, p. 3.
10 F. PASQUINI, La certificazione dei contratti quale strumento deflattivo del contenzioso, in Bollettino ADAPT, n. 11/2007, p. 19, che riferisce anche la prassi in tal senso della commissione di certificazione presso l‟Università di Modena e Reggio Emilia.
11 Cfr. G. PELLACANI, Riflessioni critiche sulla certificazione dei contratti di lavoro, in G. PELLACANI - M. TIRABOSCHI (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Prime esperienze applicative. Problemi, soluzioni e prospettive, cit., p. 16; P. BELLOCCHI, op. loc. cit.
lavoro a progetto, sono quelle maggiormente, per non dire esclusivamente, investite dai problemi qualificatori e dalle relative controversie, e di cui il legislatore aveva espressamente tenuto conto nella prima versione dell‟art. 75, quantomeno in ordine all‟associazione in partecipazione - dall‟altro, il dato letterale, per quanto inteso estensivamente, non permette, a nostro avviso, di ricomprendere ipotesi come quelle in esame che non possono essere ricondotte ad un contratto di lavoro12.
I dubbi verrebbero meno, come già anticipato13, con la novella dell‟art. 75 prevista nel d.d.l. C. n. 1441 quater - B, che permetterebbe di aprire le porte della certificazione - pur permanendo qualche perplessità, in virtù del perdurante riferimento al contratto, che andrebbe letto, forse in questo caso con più facilità, in modo estensivo - anche a tutte quelle fattispecie in cui “la prestazione di lavoro non è riconducibile ad uno schema contrattuale” (come, ad es., l‟impresa familiare ex art. 230 bis c.c. oppure i tirocini formativi e di orientamento)14.
Ulteriori ipotesi di certificazione in funzione qualificatoria - questa volta non con riguardo a contratti di lavoro - sono quindi espressamente previste per il regolamento interno delle cooperative (art. 83), nonché, forse, con riguardo al contratto di appalto (art. 84), per il quale ultimo, tuttavia, sembra maggiormente fondato ritenere che si tratti non tanto di un‟ipotesi di certificazione della qualificazione, quanto piuttosto dell‟accertamento in ordine alla validità o meno del relativo contratto15.
Ma proprio quest‟ultima questione, ovverosia la possibilità di far certificare o meno la sussistenza degli eventuali requisiti richiesti per poter stipulare validamente un determinato contratto, pone delicati interrogativi se affrontata con riguardo alla fattispecie generale prevista dall‟art. 75.
In proposito, parte della dottrina ha ritenuto di dover negare in radice l‟indicata prospettiva, poiché l‟atto di certificazione atterrebbe unicamente a questioni qualificatorie - ovverosia la riconduzione di una concreta fattispecie
12 Cfr., per i riferimenti bibliografici, cap. I, par. 7, nt. 273; cui adde V. D‟ORONZO, La certificazione nella riforma del mercato del lavoro: finalità, natura ed effetti, cit., p. 313.
13 Supra, cap. I, par. 7.
14 Così P. BELLOCCHI, op. loc. cit., che ne esclude, a legislazione invariata, la certificabilità.
15 E. GRAGNOLI, Commento agli artt. 82 - 84, cit., p. 873 ss.; ID., Certificazione e prime esperienze applicative, cit., p. 280; nonché, sostanzialmente, ci sembra R. DE LUCA TAMAJO - F. PATERNÒ, Commento all’art. 84, in R. DE LUCA TAMAJO - G. SANTORO PASSARELLI (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro. Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 («Riforma Biagi»), cit., p. 942.
negoziale, e in particolare la rispondenza di quanto voluto dalle parti, alla fattispecie astratta - e tali questioni riguardano “unicamente una alternativa di ipotesi normative tra le quali si tratta di scegliere” nulla avendo a che vedere “con le situazioni in cui la previsione normativa da applicare sia una sola, pur potendo essere intesa in accezioni di maggiore o minore ampiezza”16.
Di modo che, per es., la valutazione in ordine alla sussistenza delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che legittimano l‟apposizione di un termine al contratto di lavoro (art. 1, d.lgs. n. 368/2001) o, ancora, in ordine alla consistenza del progetto individuale nel contratto di inserimento (art. 55, d.lgs. n. 276/2003), attenendo ad una questione di validità o meno del contratto o della singola clausola, ed eventualmente di applicazione della relativa sanzione, esulerebbero dal campo di applicazione della certificazione17.
Così concepita, tuttavia, la certificazione sembra perdere gran parte della propria attrattiva, o addirittura rivelarsi inutile, quantomeno nell‟ambito del lavoro subordinato, per concentrarsi solo sul crinale fra autonomia e subordinazione. Ed anche in tale ambito, non senza più o meno legittime forzature interpretative, dovendosi intendere ad es. il progetto, ed in particolare la sua idoneità, nell‟ambito del lavoro a progetto, come elemento di fattispecie e non, appunto, quale requisito di legittimità.
Sono quindi facilmente comprensibili il contrario atteggiamento della prassi e quelle posizioni dottrinali che, volendo favorire la più ampia estensione possibile dell‟istituto, in aderenza con il suo fine ultimo, ritengono “preferibile la lettura più elastica”18, facendo notare come, in fin dei conti, “ridondano in questioni qualificatorie” anche “tutte quelle che attengono alla sussistenza dei presupposti o requisiti del contratto”19.
Sennonché, per quanto comprensibili, le menzionate posizioni, più che leggere la certificazione alla stregua di un accertamento qualificato, in funzione della certezza dei rapporti giuridici - tesi che, come vedremo, seppur con i dovuti distinguo, riteniamo di dover accogliere - ne vedono in tal modo quasi uno
16 P. BELLOCCHI, Le procedure di certificazione, cit., p. 1136 s.; nonché R. FOGLIA, Commento agli artt. 79 - 80, in R. DE LUCA TAMAJO - G. SANTORO PASSARELLI (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro. Commentario al D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 («Riforma Biagi»), cit., p. 920 s.
17 P. BELLOCCHI, op. loc. cit.; R. FOGLIA, op. loc. cit.
18 G. PELLACANI, Riflessioni critiche sulla certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 18.
19 A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 620 s.
strumento di integrazione e specificazione del precetto generico nel caso concreto, come d‟altronde era nelle intenzioni dell‟Autore che favorì il nascere del dibattito sulla certificazione20.
Non sembra però questa la traduzione normativa della certificazione voluta dal legislatore, come emerge con chiarezza, a nostro avviso, dall‟analisi dei rimedi previsti dall‟art. 80, che sono strutturati con riferimento ad un questione qualificatoria in senso stretto.
Si ritiene pertanto maggiormente rispondente all‟intero impianto normativo la tesi più restrittiva, senza tuttavia, solo per questo, negare in radice qualunque potenzialità deflattiva all‟istituto con riguardo alle questioni di legittimità.
Siamo qui di fronte ad uno dei momenti di emersione della più volte evidenziata ambiguità di fondo della certificazione, rappresentata dall‟intreccio originariamente immaginato fra attività qualificatoria e attività di assistenza nella definizione del contenuto del contratto, anche in deroga alle norme inderogabili21.
Perduta, come vedremo, in linea generale, questa seconda caratterizzazione - ovverosia la possibilità di deroga a norme inderogabili -, la certificazione continua infatti a fungere da strumento, per così dire, di consulenza nella definizione del programma negoziale, nel rispetto della normativa inderogabile22.
Ed è proprio attraverso l‟attività di assistenza e consulenza, a nostro avviso necessaria a fronte di qualunque istanza di certificazione, che si opera il menzionato
20 V., fra i molti scritti dell‟Autore, da ultimo A. VALLEBONA, Tecniche normative e contenzioso lavoristico, cit., p. 253 ss. Può forse essere interessante notare come autorevole dottrina processualcivilistica (C. CONSOLO, «Pareri» del comitato per l’applicazione della normativa antielusiva e la loro sfuggente efficacia (Inversione dell’onere della prova, tax ruling o concretizzazione di precetti «aperti» in sede pre-processuale secondo il metodo delle Authotitie), in AA. VV., Scritti in onore di Mario Vellani, I, Giuffré, Milano, 1998, p. 385 ss.) abbia patrocinato una tesi molto simile a quella indicata nel testo con riguardo ad un istituto del diritto tributario - settore dell‟ordinamento caratterizzato, come noto, dalla presenza della norma inderogabile, alla stessa stregua del diritto del lavoro - che presenta singolari analogie con la certificazione. Si tratta dei “pareri” che possono essere resi da un apposito comitato per l‟applicazione delle norme antielusive, su richiesta dei contribuenti, in ordine all‟applicabilità o meno, all‟operazione concreta che questi intendano porre in essere, delle norme antielusive elencate dall‟art. 21 della l. n. 413/1991. Ad avviso della menzionata dottrina, infatti, i pareri del comitato, che secondo il disposto dell‟art. 21 avrebbero come unico effetto quello di porre l‟onere della prova a carico della parte che non si è uniformata al parere stesso, dovrebbero piuttosto essere letti alla stregua di atti amministrativi di specificazione dello schema normativo di riferimento, vincolanti anche per il giudice tributario, fatta salva la possibilità di una loro impugnazione, per vizi di legittimità, davanti al T.A.R.
21 V., supra, cap. I, par. 1.
22 Cfr. V. D‟ORONZO, La certificazione nella riforma del mercato del lavoro: finalità, natura ed effetti, cit., p. 314 s.