La tassazione del contratto preliminare nell’imposta di registro e nell’Iva
I contratti d’impresa
di Xxxxxx Xxxxxxx
La tassazione del contratto preliminare nell’imposta di registro e nell’Iva
Premessa
Il contratto preliminare presenta una forte diffusione nel settore immobiliare, perché consente di frazionare il momento della “conclusione dell’affare” da quello della “produzione degli effetti giuridici”.
È noto, infatti, come tale pattuizione faccia sorgere solo effetti di tipo obbligatorio, vincolando le parti alla futura conclusione del contratto definitivo, di cui predeterminano il contenuto. Secondo il codice civile:
la forma del preliminare deve essere, a pena di nullità, la stessa che la legge richiede per il contratto definitivo (art.1351 c.c.); quindi, per quanto riguarda i preliminari immobiliari, la forma scritta.
È, inoltre, da considerare che l’art.2645-bis c.c. prevede la trascrivibilità del contratto preliminare e che l’art.2932 c.c. dispone che, in caso di inadempimento di una parte, l’altra possa ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. In questo contesto, l’inquadramento fiscale del contratto preliminare assume una notevole importanza, dovendosi distinguere, per quanto attiene l’imposizione indiretta, i profili di rilevanza nell’imposta di registro e nell’imposta sul valore aggiunto. Oltre che le ricadute tributarie delle vicende giuridiche in grado di realizzare la “circolazione” del contratto preliminare.
8
Il preliminare nell’imposta di registro
9
La struttura dell’imposta di registro determina l’obbligo della registrazione in termine fisso per i preliminari stipulati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (art.5, DPR n.131/86). Per effetto della disposizione di cui al secondo comma dell’art.5, DPR n.131/86, è però da affermare anche l’obbligo generalizzato alla registrazione in termine fisso per i preliminari, redatti con scrittura privata autenticata, di cessioni di fabbricati .
Per quanto attiene la misura dell’imposta:
l’art.10, Tariffa DPR n.131/86, dispone la tassazione in misura fissa (€168) per i contratti preliminari di ogni specie.
▼
Se, però, il contratto prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria o di acconti di prezzo, l’imposizione è proporzionale.
▼
L’aliquota sarà
dello 0,50%, in caso di caparra confirmatoria;
del 3%, in caso di acconti.
8 Ai sensi dell’art.13, DPR n.131/86, la registrazione degli atti in termine fisso deve essere richiesta entro venti giorni dalla data dell’atto se formato in Italia, entro sessanta giorni se formato all’estero.
9 In questo senso, lo Studio del Consiglio Nazionale del Notariato, Commissione Studi Tributari, n.13-2007/T, estensori Xxxxxxxx, Mastroiacovo, “I profili fiscali dei nuovi obblighi dei mediatori e la disciplina tributaria del contratto preliminare”, in xxx.xxxxxxxxx.xx.
Simile tassazione proporzionale assume i caratteri di un’“anticipazione” d’imposta, visto che, ai sensi dell’art.10 della Tariffa, l’imposta pagata “è imputata alla imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo”.
Il preliminare nell’Iva
Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, occorre considerare che, di per sé,
né una prestazione di servizi
né una cessione di beni
il contratto preliminare non risulta in grado di integrare
avendo una portata solo “programmatoria” rispetto alla futura conclusione del contratto definitivo.
Tuttavia, qualora il contratto preliminare preveda la dazione di un acconto sul prezzo, può realizzarsi il presupposto d’imposta.
Il quarto comma dell’art.6, DPR n.633/72 dispone, infatti, che:
l’operazione si considera effettuata se, anteriormente al prodursi degli eventi di cui ai commi precedenti, è pagato in tutto o in parte il corrispettivo.
In questa ipotesi, al momento del pagamento, si verificherà il presupposto d’imposta con il sorgere dell’obbligo di emissione della fattura da parte del cedente o del prestatore.
10
Simile fattispecie, relativamente al contratto preliminare, può verificarsi qualora quest’ultimo preveda il versamento di somme a titolo di acconto sul prezzo e, ovviamente, il cedente (o il prestatore) sia un soggetto passivo Iva .
In questi casi, l’Iva non si aggiunge all’imposta proporzionale di registro, se si considera che l’art.10, Tariffa DPR n.131/86, prevede la tassazione proporzionale sugli acconti solo quando non vi sia assoggettamento ad Iva degli stessi.
L’imposizione degli acconti assume, dunque, una portata anticipatoria rispetto a quella che si realizzerà al momento del definitivo.
Se, quindi, è possibile tassare l’acconto con aliquote ridotte (per esempio quella del 4% per l’acquisto “prima casa”), qualora il preliminare contenga le dichiarazioni previste dalla disciplina di agevolazione, il regime definitivo di tassazione (per quanto riguarda le fattispecie di esenzione, il diritto di detrazione, l’aliquota applicabile) sarà determinato dal contratto definitivo.
Come nel caso in cui avvenga un cambio di destinazione dell’immobile dopo la conclusione del preliminare ma prima del definitivo, con conseguente mutamento dell’aliquota e della detraibilità. Come affermato dall’Agenzia delle Entrate,
la tassazione deve essere riferita allo stato dell’immobile al momento in cui il contratto definitivo è stipulato, dovendosi eventualmente procedere a variazioni Iva (art.26) e/o a rettifica della detrazione (art.19-bis2) .
11
Le questioni interpretative aperte
Ancora aperta è la questione della “rimborsabilità” dell’imposta proporzionale di registro, pagata in relazione alla caparra confirmatoria, in caso di operazione soggetta ad Iva, quando la caparra sia stata imputata al prezzo di acquisto.
10 Cass., sent. n.371/97, in Fisconline. Così anche Xxxx., Sez.Trib., sent. n.6487/07 e sent. n.7348/02 (entrambe in Fisconline).
11 R.M. n.196/E/07.
12
A seguito della conclusione del contratto definitivo, per la natura funzionale di acconto sul prezzo che la caparra confirmatoria viene ad assumere , l’importo della stessa concorre alla formazione della base imponibile relativamente alla quale è emessa fattura ed è calcolata e corrisposta l’Iva.
13
L’assoggettamento definitivo, anche ad imposta proporzionale di registro, realizzerebbe evidentemente una violazione del principio di alternatività che regola i rapporti tra i due tributi. La soluzione preferibile sarebbe, quindi, quella di ammettere il diritto del contribuente al rimborso ma simile conclusione, allo stato, non può ritenersi consolidata in giurisprudenza, anche se diverse pronunce muovono in questa direzione .
14
Altrettanto può dirsi per quanto attiene la rimborsabilità dell’imposta di registro assolta in relazione alla caparra confirmatoria prevista dal preliminare, in caso di mancata conclusione del contratto definitivo.
15
La prassi amministrativa e la giurisprudenza riconoscono, infatti, la rimborsabilità della sola imposta di registro relativa agli acconti versati .
Ad avviso della Corte di Cassazione, l’imposta fissa, in quanto imposta sull’atto, è la sola imposta dovuta sui contratti preliminari
con la conseguenza che, in ogni caso di mancata conclusione del contratto definitivo,
l’imposta fissa relativa al preliminare non può essere rimborsata
mentre vi è il diritto al rimborso dell’imposta proporzionale versata in relazione agli acconti di prezzo ex art.10, Tariffa allegata al DPR n.131/86.
16
La complessiva diversità del trattamento tributario rende molto importante individuare precisi criteri per la distinzione delle singole clausole negoziali in termini di caparra oppure di acconto. In questo senso, la prassi amministrativa, nel fondare correttamente la distinzione sull’aspetto causale, sembra propendere, nei casi dubbi, per una qualificazione della previsione contrattale quale “acconto” .
Il preliminare per persona da nominare: nell’imposta di registro
L’apposizione della riserva di nomina al contratto preliminare consente allo stipulante di riservarsi, nei confronti dell’altro contraente, la facoltà di nominare successivamente un soggetto diverso nei cui confronti faranno capo i diritti e le obbligazioni nascenti dallo stesso preliminare.
Tale opportunità negoziale, ritenuta legittima dall’interpretazione civilistica consolidata, è estremamente diffusa nella pratica delle transazioni immobiliari, perché consente di determinare la “circolazione” del preliminare (e quindi dell’affare) senza provocare effetti traslativi (gravosi, in termini fiscali) relativamente al bene immobile.
Con riferimento all’imposta di registro, è da precisare che:
l’apposizione della riserva di nomina non risulta in grado di provocare alcuna alterazione della regola della tassazione fissa sul preliminare e di quella proporzionale sugli acconti e caparre, con imputazione di quest’ultima dall’imposta proporzionale sul definitivo.
12 Su questa duplice funzione, risarcitoria e di acconto del prezzo, della caparra confirmatoria, si veda la R.M. n.197/E/07 citata alla nota successiva.
13 Cass., Sez.trib., sent. n.15276/00; Comm.Trib.Reg. Roma, sent. n.186/05, in Fisconline; CTP Milano, sent. n.129/03.
14 Cass., Sez.Trib., sent. n.14028/07, in Fisconline.
15 Circ. Min.Fin., 10/06/86, n.37/220391.
16 C.M. n.197/07.
17
Gli effetti della dichiarazione di nomina retroagiscono, ai sensi dell’art.1404 c.c., al momento in cui il contratto è stato stipulato, con la conseguenza che è il soggetto nominato che acquista “i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto” .
La dichiarazione di nomina e gli effetti che le sono propri consentono, dunque, di affermare che non vi è nessuna alterazione nella normale sequenza negoziale preliminare-definitivo.
L’art.32, DPR n.131/86
▼
dispone l’assoggettamento ad imposta fissa di registro per la dichiarazione di nomina della persona “per la quale un atto è stato in tutto o in parte stipulato”,
▼
a condizione che la facoltà di nomina
e sia esercitata entro tre giorni dalla data dell’atto, “mediante atto pubblico ovvero mediante scrittura privata autenticata o presentata per la registrazione entro il termine stesso”.
derivi dalla legge o da espressa riserva contenuta nell’atto cui la dichiarazione si riferisce
In ogni altro caso, per la dichiarazione di nomina è dovuta l’imposta “stabilita per l’atto cui si riferisce la dichiarazione”.
È da sottolineare che, in relazione al contratto preliminare, la tassazione della dichiarazione di nomina avvenuta oltre i tre giorni con l’imposta prevista “per l’atto cui si dichiarazione si riferisce”, dovrebbe condurre all’imposizione comunque fissa, visto la previsione di cui all’art.10, DPR n.131/86.
In caso di contratto preliminare che preveda la dazione di caparre o di acconti, si potrebbe però sostenere, come fatto da alcuni Uffici fiscali, che per determinare le modalità di tassazione della dichiarazione di nomina, si debba dare rilievo alla proporzionalità dell’imposizione (dello 0,50% oppure del 3%) di cui all’art.10 della Tariffa. E quindi tassare anche la dichiarazione di nomina con imposta proporzionale anziché fissa di registro.
Xxxxxx conclusione non risulta però corretta, dovendo invece affermarsi la tassazione della dichiarazione di nomina in ogni caso con l’imposta fissa, se relativa ad un contratto preliminare.
Nel caso di contratto preliminare che preveda acconti o caparre confirmatorie, l’imposizione proporzionale di cui all’art.10 della Tariffa non attiene al contratto preliminare in quanto tale, bensì ad elementi negoziali che risultano autonomi ai fini della tassazione e che assumono rilevanza, ai sensi della norma citata, in funzione della propria portata “anticipatoria” rispetto al contratto definitivo.
La stessa Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che, in caso di contratti preliminari, la sola imposta “sull’atto” è quella fissa, mentre la tassazione proporzionale agli acconti (oggetto della controversia) deve intendersi quale imposta
dovuta “in relazione ad un atto ancora da stipulare”.
18
17 Sull’effetto retroattivo della dichiarazione di nomina Xxxx., sent. n.2142/65; ID., sent. n.6885/94; ID., sent. n.21254/06, cit.
18 Cass., Sez.Trib., sent. n.14028/07, in Fisconline.
Il preliminare per persona da nominare: nell’Iva
Nell’imposta sul valore aggiunto, la riserva (e la successiva dichiarazione di nomina) non determinano una ulteriore imposizione. Rimane, quindi, ferma la rilevanza impositiva dell’acconto quale anticipazione dell’imposta dovuta sul prezzo corrisposto in base al contratto definitivo.
Tuttavia, proprio la dichiarazione di nomina è in grado di mettere in discussione la linearità di un simile schema impositivo, modificando i soggetti (in particolare, l’acquirente) coinvolti nel contratto.
Il caso
Si esamini il seguente caso:
S il soggetto A conclude un preliminare di acquisto di immobile da B, per persona da nominare C, in data 1/07/09, stabilendo che la dichiarazione di nomina verrà effettuata il giorno fissato per la stipula del contratto definitivo, ossia il 25/07/09; è altresì previsto e corrisposto un acconto sul prezzo al momento della conclusione del preliminare;
S in data 25/07/09, viene effettuata la dichiarazione di nomina di C (e la relativa accettazione) di fronte al notaio rogante e successiva conclusione di contratto definitivo tra B e C.
In questa ipotesi, l’acconto versato dallo stipulante (A) al promittente venditore (B) sarà, se quest’ultimo è soggetto Iva, assoggettato ad imposta, così come dovrà essere applicata l’Iva al momento della stipula del contratto definitivo, laddove però il rapporto di rivalsa unirà il venditore (B) all’acquirente nominato (C).
In termini astratti, possono ipotizzarsi tre diverse configurazioni della complessiva fattispecie, ai fini fiscali:
a)
si può ritenere che la definitività dell’Iva assolta dal promittente acquirente e relativa all’acconto versato ed affermare che, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente debba essere emessa fattura per l’intero importo previsto in contratto;
b)
si può ritenere che la definitività dell’Iva assolta dal promittente acquirente e relativa all’acconto versato ma affermare che, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente debba essere emessa fattura solo per l’importo “residuo”, dato dalla differenza tra il corrispettivo previsto e l’acconto versato;
c)
si può ritenere che, per effetto della dichiarazione di nomina, sorga il diritto, in capo al venditore, di attivare la procedura di variazione, relativamente all’imposta addebitata allo stipulante sull’acconto. In questo modo, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente dovrà essere emessa fattura per l’intero importo previsto in contratto.
Le prime due soluzioni non risultano soddisfacenti dal punto di vista tributario.
La soluzione a) provoca infatti una doppia tassazione del medesimo presupposto, in violazione dei canoni interpretativi.
La soluzione b) provoca il riconoscimento di un solo parziale diritto di detrazione in capo al definitivo acquirente soggetto Iva, con violazione del principio di neutralità.
La soluzione più corretta è quindi la c), che però può essere azionata riconoscendo la possibilità per il venditore di procedere alla variazione in diminuzione ai sensi dell’art.26, DPR n.633/72.
Come noto, l’art.26, decreto Iva, limita la possibilità di ricorrere alla variazione in diminuzione nei casi in cui, successivamente all’emissione e registrazione della fattura, si riduca l’ammontare imponibile, “in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili”.
Il cedente o il prestatore il cessionario o committente
▼ ▼
avrebbe quindi “diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art.19 l’imposta
corrispondente (registrandola decreto Iva)
ai
alla variazione” sensi dell’art.25,
avrebbe diritto alla restituzione dell’importo pagato a titolo di rivalsa ed il dovere, se ha registrato l’operazione, di registrare la variazione ex art.23 o 24 DPR n.633/72.
Un importante riconoscimento della possibilità di utilizzare la procedura indicata dalla norma in esame nelle ipotesi di dichiarazione di nomina, a seguito di preliminare con versamento di acconti, è contenuta nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale Xxxxxx- Romagna n.909-20845 del 9/05/02.
Come correttamente nota la Direzione Regionale, il “riallineamento fiscale dell’operazione” non è solo un’esigenza formale, bensì:
“di natura sostanziale (…) dipendendo dallo stesso sia l’adeguata soluzione di eventuali problematiche lato sensu collocabili in fenomeni di doppia imposizione, sia la soluzione dei problemi connessi al regolare esercizio del diritto alla detrazione”.
La Risoluzione citata conclude ritenendo applicabile l’art.26, secondo comma, DPR n.633/72, lo strumento della variazione Iva, potendo:
“addivenire alla raffigurazione dell’effetto risolutivo e della definitiva imputazione soggettiva dell’operazione”, dovendo, allora, ricomprendere la fattispecie in esame nell”ampia locuzione – e simili – contenuta nella norma”.
Il terzo comma dell’art.26, DPR n.633/72, limita il ricorso alla procedura di variazione, che non può esercitarsi:
“dopo il decorso di un anno dalla effettuazione dell’operazione imponibile”, qualora “gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo tra le parti”.
Occorre sottolineare che il caso qui in esame non risulta riconducibile all’ipotesi di “sopravvenuto accordo tra le parti”.
L’esercizio della dichiarazione di nomina non configura, infatti, alcun accordo tra le parti originarie del contratto. In questo senso, la riserva di nomina e, dunque, la fonte negoziale degli effetti della dichiarazione di nomina, sono da individuarsi nel contratto originario.
Non risulta, allora, possibile limitare l’applicabilità dell’art.26, secondo comma, DPR n.633/72 al termine di un anno dalla effettuazione dell’operazione, come la stessa Agenzia delle Entrate ha riconosciuto nella Risoluzione già citata della Direzione Regionale Xxxxxx-Romagna.