Numero 1 / 2024
Numero 1 / 2024
Xxxxxxxx XXXXXXX e Xxxxxxx XXXXX
Il “nuovo” volto del contratto a termine
Il “nuovo” volto del contratto a termine
Xxxxxxxx XXXXXXX
Professoressa emerita di Diritto del lavoro, Università di Pavia
Xxxxxxx XXXXX
Ricercatore di Diritto del lavoro, Università di Pavia
Abstract italiano. Il saggio analizza la riforma del contratto a tempo determinato contenuta nel
d.l. n. 48/2023, che ha modificato la disciplina delle causali richieste per i rapporti di durata superiore a 12 mesi. Sottolineato come nel nuovo assetto normativo un ruolo centrale sia conferito alla contrattazione collettiva, si indagano i margini di discrezionalità delle parti sociali nella definizione delle ipotesi in cui è possibile stipulare o prorogare un contratto oltre i 12 mesi, nonché il valore attribuibile alle causali eventualmente già previste dai contratti collettivi vigenti alla data di entrata in vigore del decreto. Ci si interroga poi sugli spazi di operatività degli accordi ex art. 8 del d.l. n. 138/2011 e sui limiti derivanti dalla normativa sovranazionale. Viene esaminato, infine, il ruolo attribuito all’autonomia individuale, evidenziandone potenzialità e limiti.
Abstract inglese. The essay analyses the reform of fixed-term contracts set forth by law decree no. 48/2023. It underlines the pivotal role played by collective agreements under the new legal framework when it comes to determine the «cases» justifying the conclusion or prorogation after 12 months of a fixed-term contrat. It also investigates the value of the reasons provided for in agreements already in force, as well as the margins for the conclusions of proximity agreements under art. 8 of legislative decree no. 138/2011. Lastly, the role of individual autonomy is explored, examining its potentiality and limitations.
1. Introduzione
Il contratto a tempo determinato rappresenta la forma più classica di contratto temporaneo e, al contempo, costituisce una delle principali vie d’accesso all’impiego (anche stabile)1. Proprio per la delicatezza della materia, da sempre oggetto di differenti valutazioni di politica del diritto, non stupisce che governi di segno politico opposto intervengano in maniera più o meno estesa sulla disciplina dell’istituto per imprimervi la propria impronta.
È ciò che ha fatto anche l’attuale maggioranza, attraverso un provvedimento legislativo – il d.l. 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni dalla l. 3 luglio 2023, n. 852 – che ha toccato altri temi politicamente discussi, come l’ormai ex reddito di cittadinanza (artt. 1-13), le modalità di assolvimento dell’obbligo di comunicare al lavoratore una serie di informazioni relative al
1 Secondo l’Osservatorio sul precariato dell’INPS (gennaio-agosto 2023), nei primi otto mesi del 2023 sono stati trasformati a tempo indeterminato ben 516.724 rapporti a termine. Il dato comprende, per vero, anche i contratti di lavoro stagionale (7.498), quelli in somministrazione (18.962) e quelli di lavoro intermittente (8.159), ma è facile notare come tutte queste forme di lavoro temporaneo, anche sommate tra loro, costituiscono comunque una percentuale molto bassa del totale. Per fare un confronto, nello stesso periodo, i contratti di apprendistato trasformati in “normali” contratti a tempo indeterminato sono stati “solo” 63.660.
2 Per un primo commento, si vedano E. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. PICCO, P. RAUSEI (a cura di), Commentario al d.l. 4 maggio 2023, n. 48 c.d. “decreto lavoro”, convertito con modificazioni in l. 3 luglio 2023, n. 85, Adapt University Press, 2023; X. XXXXXXXX, Il lavoro 2023 attraverso decreti legge (“Decreto lavoro” ed altro), in LG, 2023, pp. 661 ss.
rapporto (art. 26), il contratto di prestazione occasionale (art. 37). Xxxx, nell’economia generale del testo normativo, le modifiche apportate agli artt. 19 e 21 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 appaiono tutto sommato contenute.
Infatti, come si avrà modo di sottolineare nel prosieguo, la novella non ha comportato una liberalizzazione – entro i limiti temporali massimi – del contratto a tempo determinato3, sul modello del d.lgs. n. 81/2015 nella versione originaria. Al contrario, è stato mantenuto l’obbligo di giustificazione dopo i 12 mesi, eliminando però il meccanismo delle causali fissate per legge (ad eccezione di quella sostitutiva), per affidarsi al meccanismo delle causali fissate dai contratti collettivi. Tra gli elementi del nuovo sistema, che hanno subito catturato l’attenzione degli interpreti, vi è il rinvio, in mancanza di previsioni dei contratti collettivi, alle esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti (del contratto individuale).
Di queste novità, che, come anticipato, non attengono alla “causalità” della proroga o del rinnovo, ma ai soggetti legittimati a delineare le causali, dovrà naturalmente essere valutato il reale impatto. Ma, intanto, l’ampio margine di discrezionalità conferita all’autonomia privata (collettiva ed individuale) per la determinazione delle causali giustificative sollecita uno sforzo analitico e ricostruttivo da parte dell’interprete, anche alla luce della giurisprudenza interna ed europea, nella misura in cui i principi ivi affermati siano adattabili all’attuale contesto normativo. Tale sforzo ricostruttivo è tanto più raccomandabile alla luce della formulazione imprecisa e, talvolta, frettolosa di alcune disposizioni.
2. Il nuovo regime causale di proroghe e rinnovi
L’art. 24, co. 1, del decreto n. 48/2023 ha espunto dall’art. 19, co. 1, del d.lgs. n. 81/2015 il riferimento alle «esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività», contenuto alla lett. a, e quello alle «esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria», previste dalla lett b. Al posto delle causali previste dal decreto dignità, il
d.l. n. 48/2023 richiama adesso i «casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51»4 (lett. a, art. 19); mentre, «in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024», si rinvia alle «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti» (lett. b). L’unica causale prevista direttamente dal legislatore è rappresentata dalla «sostituzione di altri lavoratori».
La scelta operata col d.l. n. 48/2023 pare condivisibile, stante la difficoltà, largamente evidenziata in dottrina5, di definire con esattezza i concetti di «esigenze estranee all’ordinaria attività» e di
3 Cfr. X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, Disciplina del contratto di lavoro a termine e della somministrazione di lavoro (art. 24, d.l. n. 48/2023, conv. in l. n. 85/2023), in E. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. PICCO, P. RAUSEI (a cura di), Op. cit., p. 8.
4 Essi sono, com’è noto, «i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria».
5 X. XXXXXXXXXXX, Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato e la somministrazione di lavoro alla prova del decreto dignità, in WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxxxx” .IT – 380/2018, pp. 9 ss.; A. SARTORI, Prime osservazioni sul decreto “Dignità”: controriforma del Jobs Act con molte incognite, in RIDL, 2018, I, p. 658; A. XXXXXXX, Contratto a tempo determinato e somministrazione, in ID., P. A. VARESI, (a cura di), Contratto a tempo determinato e somministrazione. Decreto-Legge 12 luglio 2018, n. 00, Xxxxxxx Xxxxxx, 0000, spec. pp. 25 s.; M. C. XXXXXXXXXX, Il “decreto Dignità” e la reintroduzione delle causali, in MGL, 2019, spec. pp. 91 s.; X. XXXXXXXX, La rivisitazione delle regole sui contratti temporanei: un tentativo (maldestro) di combattere la precarietà del lavoro in ID., A. PERULLI (a cura di), “Decreto Dignità” e Corte Costituzionale n. 194 del 2018. Come cambia il Jobs Act, Xxxxxxxxxxxx, 2019, pp. 6 ss. e p. 25; X. XXXXXXXX, Modelli analogici e digitali nella regolazione del rapporto di lavoro: qualche spunto minimo di riflessione, in ID., L. DI XXXXXXX, X. XXXXX, X. SENATORI (a cura di), Le politiche del lavoro della XVIII Legislatura: dal Decreto Dignità alla gestione dell’emergenza Covid-19, Xxxxxxxxxxxx, 2020, pp. 14 ss.
«incrementi significativi e non programmabili»; una difficoltà peraltro testimoniata anche dall’enorme contenzioso giudiziario alimentato da analoghe formule contenute nella l. n. 230 del 1962, sebbene lì al fine non della proroga ma della possibilità stessa di stipulare il contratto.
A ben vedere, il rinvio alle causali di cui ai contratti collettivi previsti dall’art. 51 non rappresenta un’assoluta novità nel nostro ordinamento. Difatti, senza necessariamente risalire all’art. 23, co. 1, della l. 28 febbraio 1987, n. 566, un rinvio a «specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51» era già stato introdotto alla lett. b-bis dal cd. decreto sostegni bis (art. 41-bis del
d.l. 25 maggio 2021, n. 73, convertito dalla l. 23 luglio 2021, n. 106). Il decreto sostegni bis, nella versione risultante dalla legge di conversione, limitava invero nel tempo, fino al 30 settembre 2022, l’applicabilità delle causali previste dai contratti collettivi (art. 19, co. 1.1, d.lgs. n. 81/2015, ora abrogato), ma soltanto per la stipulazione di un unico contratto di durata superiore a 12 mesi; sicché, anche dopo il 30 settembre 2022, esse risultavano ancora invocabili per giustificare proroghe oltre i 12 mesi e rinnovi7. Ne consegue che, al netto di una leggera variazione lessicale8 (dalle implicazioni comunque non del tutto trascurabili9), l’effetto primario della novella consiste essenzialmente nell’aver recuperato l’utilizzabilità delle causali previste dai contratti collettivi anche in relazione a contratti stipulati ab origine per una durata superiore a 12 mesi.
Per quanto attiene invece alla nuova lett. b dell’art. 19, che – «in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024» – rimanda alle esigenze tecniche organizzative e produttive individuate dalle parti, sembra di scorgere, quantomeno per rapporti di durata superiore a 12 mesi, un ritorno al modello del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, con il cd. “causalone”10. Ritorno provvisorio, per il momento, dato che la disposizione potrà applicarsi solo ai contratti stipulati entro il 30 aprile 202411. Sotto questo profilo, si può dunque affermare che la previsione abbia lo scopo precipuo di consentire alle parti sociali di adeguarsi al mutato assetto normativo, senza nel frattempo paralizzare i rapporti individuali12; anche se non è da escludere nel prossimo futuro una proroga della scadenza, se non addirittura una conferma permanente della disposizione.
Da ultimo, con riguardo alla causale sostitutiva, non sembra che la modifica testuale – vale a dire il ricordato passaggio da «esigenze di sostituzione di altri lavoratori» a «in sostituzione di altri lavoratori» – incida sulla portata della previsione. Infatti, si dovrà in ogni caso indicare con
6 Il quale, per quanto qui rileva, stabiliva che «l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di cui all’articolo 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché all'articolo 8- bis del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, è consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale». Com’è noto, il Supremo collegio ha inteso questa disposizione alla stregua di una «delega in bianco» alla contrattazione collettiva: Xxxx., SS. UU., 2 marzo 2006, n. 4588, in LG, 2006, pp. 781 ss., con nota di X. Xxxxxx, in MGL, 2006, pp. 650 ss., con nota di C. Xxxxxxxxx, in ADL, 2006, pp. 1649 ss., con nota di X. Xxxxxxxx.
7 Rispetto ai quali era richiamato soltanto l’art. 19, co. 1, e non anche il co. 1.1. Cfr. A. XXXXXXX, Il contratto a termine nella fase
post pandemica: archiviato o arricchito il Decreto Dignità? (prime osservazioni sull’art. 41-bis, l. n. 106/2021), in Labor, 2021, pp. 379 s.;
X. XXXXXXX, Prime impressioni sul nuovo art. 19, commi 1 e 1.1, d.lgs. N. 81/2015: dulcis aut acer in fundo?, in MGL, 2021, p. 711 e pp. 716 s.; X. XXXXXX, Il rinvio della legge alla contrattazione collettiva in materia di causali nel contratto a termine dopo la conversione in legge del decreto sostegni bis, in RIDL, 2022, I, pp. 146 s. Cfr., inoltre, la nota dell’Ispettorato nazionale del lavoro 14 novembre 2021, n. 1363.
8 Si allude al passaggio dalla formula «specifiche esigenze previste…» alla formula «casi previsti…» dalla contrattazione
collettiva.
9 Circa il possibile significato da attribuire alla differente formulazione odierna, si veda infra al § 4.
10 Così anche X. XXXXXX, Il decreto lavoro: un po’ poco per far festa, in xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx.
11 Non rileva, infatti, l’eventualità che il rapporto prosegua oltre tale data.
12 Come dichiarato, del resto, dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nella circolare 9 ottobre 2023, n. 9.
precisione il motivo della sostituzione, in modo da consentire la verifica dell’effettività13 e della liceità14 della giustificazione invocata.
In proposito, una questione classica riguarda l’onere di indicazione del nominativo del lavoratore assente. Disattendendo, rectius circoscrivendo, l’insegnamento della Corte costituzionale15, i giudici di legittimità hanno stabilito che «nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti […] risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità»16. Il principio pare condivisibile se applicato a seguito di un accertamento rigoroso della sussistenza dell’esigenza dedotta in contratto17. Peraltro, ciò conferma, a contrario, la necessità di specificare il nome del lavoratore sostituito nei casi in cui questi sia immediatamente identificabile18.
Più in generale, al pari della clausola appositiva del termine, l’indicazione della causale deve avere
forma scritta ai fini della validità19, pena la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato20.
13 Cfr. anche X. xxxxx. 26 gennaio 2012, causa C‑586/10, Kücük, in DRI, 2012, pp. 585 ss., con nota di A. Xxxxxxx, in RIDL, 2012, II, pp. 747 ss., con nota di A. Xxxxxxxxx, per la quale spetta in particolare alle autorità degli Stati membri il compito di
«esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso concreto, prendendo in considerazione, segnatamente, il numero di detti contratti successivi stipulati con la stessa persona oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato, sebbene palesemente conclusi per soddisfare un’esigenza di personale sostitutivo, siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro» (punto 40).
14 Essendo ad esempio vietata dall’art. 20, co. 1, lett. a, la stipulazione di contratti a tempo determinato per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero, come ricordato dalla circolare del Ministero del lavoro n. 9/2023 cit. Lo stesso vale, ai sensi dell’art. 20, co. 1, lett. c, quando l’effetto sostitutivo si verifica in relazione a lavoratori il cui rapporto è sospeso in regime di cassa integrazione guadagni.
15 Corte cost. 14 luglio 2009, n. 214, punto 3.1 del Considerato in diritto, in RGL, 2009, II, pp. 551 ss., con nota di A. Xxxxxxxx,
X. Xxxxxxxxx, in DRI, 2009, pp. 736 ss., con nota di A. Xxxxxxx, in LG, 2009, pp. 1005 ss., con nota di X. Xx Xxxxxxx, xx XXXX, 0000, XX, pp. 880 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx, in ADL, 2009, pp. 1041 ss., con nota di T. Xxxxxx, che aveva escluso l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 del d.lgs. 368/2001 assumendo che la specificazione delle ragioni sostitutive (richiesta dal co. 2),
«implica necessariamente anche l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire e delle cause della loro sostituzione». La Corte ha poi confermato la propria posizione in merito con l’ordinanza 24 febbraio 2010, n. 65, in LG, 2010, pp. 365 ss., con nota di V. De Xxxxxxx.
16 Cass. 26 gennaio 2010, n. 1576, in DRI, 2010, pp. 460 ss., con nota di S. Xxxxxxxxxxx, in RIDL, 2010, II, pp. 742 ss., con nota di X. Xxxxxxx. Più di recente, Cass. 23 agosto 2019, n. 21672. Del resto, la stessa Corte UE ha chiarito, proprio con riguardo alla normativa italiana dell’epoca, che il venir meno dell’obbligo di indicazione del nominativo del lavoratore sostituito non contrasta con l’accordo quadro, purché sia compensato «dall’adozione di altre garanzie o misure di tutela» oppure coinvolga «unicamente una categoria circoscritta di lavoratori con un contratto di lavoro a tempo determinato»: X. xxxxx. 24 giugno 2010, causa C‑98/09, Sorge, in RIDL, 2010, II, pp. 1042 ss., con nota di X. Xxxxxxx, in FI, 2010, IV, col. 550 ss., con nota di X.X. Xxxxxxx. V. inoltre la coeva rassegna di T. VETTOR, Lavoro a termine e causale sostitutiva. La sentenza Sorge, tra orientamenti comunitari e applicazioni interne, in RGL, 2010, II, pp. 617 ss.
17 Cfr. Corte cost. 29 maggio 2013, n. 107, punto 2.3.1 del Considerato in diritto, in RIDL, 2013, II, pp. 790 ss., con nota di X. Xxxxxxxx, in LG, 2013, pp. 813 ss., con nota di V. Xx Xxxxxxx, in RGL, 2013, II, pp. 579 ss., con nota di X. Xxxxxxxx, che in questa prospettiva ha ritenuto coerente con la propria giurisprudenza il diritto vivente formatosi in Cassazione con le pronunce citate sopra.
18 Ciò almeno per quanto riguarda proroghe e xxxxxxx, stante il disposto dell’art. 19, co. 4, del d.lgs. 81/2015, che impone di
specificare per iscritto le esigenze per le quali il contratto o la proroga sono stipulati.
19 Circa la (in)applicabilità di tale obbligo formale in caso di superamento dei 12 mesi per effetto di un unico contratto, v. infra
al § 8.
20 Sul punto, v. le considerazioni di X. XXXXXXXXX, Convertito in legge il “decreto dignità”: al via il dibattito sui problemi interpretativi e applicativi, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 3 settembre 2018, pp. 11 s., secondo cui il fatto che l’art. 21, co. 01, non precisi il momento a partire dal quale l’effetto si produce fa sì che la trasformazione operi dal momento della stipulazione della proroga o del
Va da sé che la medesima sanzione è applicabile nel caso in cui la causale, ancorché formalmente esplicitata, risulti nei fatti insussistente, ovvero il datore non sia in grado di provarne l’esistenza.
Ai sensi dell’art. 24, co. 1-ter, del d.l. n. 48/2023, ai fini del calcolo dei 12 mesi, oltre i quali è necessaria la causale per la stipulazione o la proroga del contratto, non si tiene conto dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto. Poiché la norma non menziona invece il limite di durata massima di 24 mesi, si deve ritenere che per quello vadano calcolati anche i rapporti pregressi. Va inoltre sottolineato che, sebbene sia stato introdotto solamente in sede di conversione, il co. 1-ter menziona specificamente la «data di entrata in vigore del presente decreto»: ne deriva che ai fini del calcolo dei 12 mesi rilevano i contratti stipulati a partire dal 5 maggio 2023 e non (solo) quelli stipulati dopo l’entrata in vigore della legge di conversione.
Infine, è stato allineato il regime dei rinnovi a quello delle proroghe. È quanto si evince in maniera inequivoca dai testi riformati dell’art. 19, co. 4, e dall’art. 21, co. 1, del d.lgs. n. 81/2015. Pertanto, diversamente da prima, anche in caso di rinnovo la giustificazione è necessaria, per l’appunto, solo ove si eccedano complessivamente i 12 mesi.
Le modifiche all’art. 19, co. 1, non riguardano il pubblico impiego21 né i contratti a termine stipulati da enti di ricerca22, cui, per espressa previsione del co. 5-bis, «continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 12 luglio 2018,
n. 87 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96». Ovviamente, a tali esclusioni specifiche si aggiungono – e, in parte, si sovrappongono – quelle già contemplate in generale per tutto il capo III dall’art. 29. Così come rimangono ferme le esenzioni particolari riservate alle attività stagionali (art. 19, co. 2, e art. 21, commi 01 e 2)23.
3. Il ruolo dell’autonomia collettiva: i soggetti abilitati
Già da quanto detto si desume con chiarezza che il legislatore ha inteso conferire ai contratti collettivi un ruolo centrale24 al fine di consentire la stipulazione del contratto di lavoro a termine oltre i 12 mesi.
Prima di indagare sull’ampiezza del potere attribuito alla contrattazione collettiva, occorre però affrontare una non irrilevante questione interpretativa emersa a seguito della novella del 2023. Come anticipato, il contratto di lavoro a termine può avere una durata superiore a 12 mesi «in
rinnovo (formalmente o sostanzialmente) privi di causale giustificativa. Ciò in quanto la specificazione (e la sussistenza) delle
«condizioni» che giustificano il superamento del limite di 12 mesi è richiesta, a ben vedere, già al momento della conclusione dell’atto per effetto del quale il superamento si produrrà. Il che renderebbe l’atto ab origine invalido se le predette condizioni non sono in realtà soddisfatte. In tale prospettiva, l’A. ritiene altresì criticabile la scelta legislativa di far operare la trasformazione dal superamento dei 12 mesi in caso di stipulazione di un unico contratto di durata superiore (privo di causale). Nello stesso senso, A. XXXXXXX, Contratto a tempo determinato cit., pp. 26 s.; X. XXXXXXXXXXX, Il contratto di lavoro subordinato cit.,
p. 13. Contra, V. FILÌ, Decreto legge n. 87 del 2018 convertito nella legge n. 96 e dignità dei lavoratori, in LG, 2018, p. 874.
21 In argomento, v. da ultimo C. DE XXXXX, X. GARILLI, Il contratto a termine: un confronto (con qualche considerazione) tra lavoro privato e dipendente dalle pubbliche amministrazioni, in DML, 2023, pp. 225 ss.
22 Precisamente: «dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, da istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa».
23 X. XXXXXXXXX, Contratto a termine ed attività stagionali, in LDE, 2019, n. 2; X. XXXXXX, Il contratto di lavoro stagionale tra legge e contrattazione collettiva, Xxxxxxx, 2021.
24 X. XXXXXXXX, La causalizzazione negoziata del contratto a tempo determinato: spunti ermeneutici a margine del c.d. “Decreto Legge Lavoro”, in Xxxxxxxxxxx.xx, 2023, n. 14, p. 106, parla di «un inno alla contrattazione collettiva». In proposito, v. altresì X. XXXXXX, Il legislatore aggiunge un altro tassello alla lunga storia delle causali giustificatrici del contratto a termine, in MGL, 2023, p. 461.
assenza delle previsioni di cui alla lettera a)25, nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti». È sorto dunque immediatamente il problema del significato da attribuire al riferimento ai «contratti collettivi applicati in azienda», vale a dire se il legislatore abbia inteso ritenere rilevante qualsiasi contratto collettivo, anche privo dei requisiti stabiliti dall’art. 5126. Si potrebbe infatti argomentare che, opinando diversamente, si priverebbe l’enunciato in questione di qualsivoglia valore precettivo in quanto i «casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51» sono già menzionati alla lett. a27.
Simile ricostruzione, che pure si basa su un’oggettiva ambiguità del testo di legge, sembra tuttavia
collidere con la struttura logica della proposizione nel suo complesso.
Si aggiunga che si tratterebbe di un inedito accreditamento di contratti collettivi non qualificati, in totale controtendenza rispetto alle recenti linee evolutive del nostro ordinamento, in cui proprio l’art. 51 è ormai utilizzato dal legislatore come «fulcro del sistema» dei rinvii legali alla contrattazione collettiva28. Sicché «è arduo immaginare una tale forma di apertura attraverso un rinvio così vago e incerto»29.
Infine, lo stesso art. 51 del d.lgs. n. 81/2015 sancisce che, ai fini del decreto, per contratti collettivi si intendono quelli ivi considerati, «salvo diversa previsione», che nel caso di specie manca (almeno in modo espresso)30.
Per tutte le ragioni evidenziate, appare maggiormente persuasiva la tesi secondo cui i contratti applicati in azienda, menzionati alla lett. b, sono pur sempre quelli previsti dall’art. 51. Dal che si può comunque desumere che i contratti cui fare riferimento sono quelli effettivamente applicati dal datore di lavoro, a prescindere da eventuali affiliazioni e/o dal settore merceologico in cui opera31.
Si è cimentato nell’interpretazione della norma anche il Ministero del lavoro, benché, per vero, la già richiamata circolare n. 9/2023 si esprima, se possibile, in termini ancora più ambigui della norma legislativa. Stando alla circolare ministeriale, «la nuova lettera b) del medesimo comma 1 esplicita che, in assenza delle previsioni di cui alla lettera a) - che richiama tutti i livelli della contrattazione collettiva - le condizioni possano essere individuate dai contratti collettivi applicati in azienda, fermo restando il rispetto delle previsioni di cui all’articolo 51 del decreto legislativo
n. 81 del 2015 in ordine alla qualificazione dei soggetti stipulanti, in un’ottica di valorizzazione
della contrattazione di prossimità». A prescindere dall’apparente contraddittorietà
25 Vale a dire i «casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51».
26 Tra i primi commentatori, evidenzia la possibilità di una simile ricostruzione, manifestando al contempo forti perplessità,
X. XXXX, Decreto lavoro, note sul contratto a termine, in Guida al Lavoro, 2023, n. 22, pp. 13 s.
27 Lo rilevano anche X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, Disciplina del contratto di lavoro a termine cit., p. 7.
28 Così I. XXXXXX, I rinvii legislativi al contratto collettivo. Tecniche e interazioni con la dinamica delle relazioni sindacali, Jovene, 2018, spec. pp. 126 ss.; ma dell’art. 51 come di una «norma di sistema» aveva parlato già X. XXXX, I rinvii alla contrattazione collettiva (art. 51, d.lgs. 81/2015), in X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, P. A. VARESI (a cura di), I contratti di lavoro. Commentario al d.lgs. 15 giugno 2015,
n. 81, recante la disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, Xxxxxxxxxxxx, 2016, p. 243; mentre X. XXXXXXXX, Le relazioni collettive nel “nuovo” diritto del lavoro, in AA. VV., Xxxxx e contrattazione collettiva nel diritto del lavoro post-statutario, Xxxxxxx, 2017, pp. 211 ss. lo ha definito «baricentro della struttura contrattuale nel diritto del lavoro riformato e nell’ordinamento intersindacale».
29 X. XXXXXXXX, La causalizzazione cit., p. 107. V. altresì le considerazioni di C. DE XXXXX, X. XXXXXXX, Il contratto a termine cit., p. 252.
30 Cfr. X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, op. loc. ult. cit.
31 X. XXXXXXXX, Il lavoro 2023 attraverso decreti legge cit., p. 665; X. XXXXXXXX, La causalizzazione cit., pp. 107 s.
dell’affermazione32, la parte finale del passaggio sopra riportato rende abbastanza chiaro che anche per il Ministero i contratti di cui alla lett. b devono pur sempre essere stipulati da associazioni comparativamente più rappresentative33.
La scelta dell’una o dell’altra ricostruzione produce rilevanti quanto ovvie conseguenze di ordine pratico. In particolare, secondo la lettura qui preferita, se entro il 30 aprile 2024 le maggiori organizzazioni non avranno provveduto ad adeguare i contratti collettivi alla nuova disciplina, salvo quanto si dirà in seguito circa le causali eventualmente già presenti nei contratti vigenti34, non sarà più possibile superare il limite dei 12 mesi di rapporto a tempo determinato, se non per ragioni sostitutive35.
4. Segue. I (pochi) limiti alla definizione collettiva delle causali
Ciò premesso in termini generali, risulta fondamentale determinare quale sia lo spazio di manovra delle parti sociali, posto che l’eventuale illegittimità della causale individuata dall’autonomia collettiva si ripercuote evidentemente sulla clausola appositiva del termine superiore a 12 mesi (ovvero sulla proroga o sul rinnovo che pure comportino il superamento del predetto limite temporale), con conseguente trasformazione del rapporto su domanda del lavoratore.
Anzitutto, l’ampiezza della nuova formulazione – «casi», in luogo di «esigenze» – fa pensare che siano ammesse giustificazioni non solo di natura oggettiva, legate appunto alle “esigenze” datoriali, ma anche di carattere soggettivo36, basate cioè sulla situazione personale del lavoratore da assumere (età particolarmente giovane o avanzata37, disoccupazione prolungata e simili38).
Del resto, perfino in contesti normativi in cui, diversamente da quanto avviene con il d.lgs. n. 81/2015, le «ragioni obiettive» costituivano l’unica condizione prevista dall’ordinamento nazionale per la stipulazione e/o la proroga di contratti a termine39, la Corte di giustizia ha chiarito
32 Invero, se i contratti applicati in azienda devono comunque soddisfare i requisiti dell’art. 51, allora le loro eventuali previsioni in materia di causali ricadono pur sempre nella lett. a (la quale, richiamando sic et simpliciter l’art. 51, non distingue tra i diversi livelli della contrattazione).
33 Così anche E. XXXXXXX, Il Ministero del lavoro si esprime sulle modifiche alla disciplina del contratto a tempo determinato: un assist per il sindacato con possibili effetti sulla questione retributiva?, in Boll. Adapt, 16 ottobre 2023, n. 35.
34 Cfr. infra, §6.
35 Posto che, in base allo stato attuale della normativa, l’intervento suppletivo dell’autonomia individuale non sarà più possibile dopo il 30 aprile 2024.
36 Così anche X. XXXXXXXX, op. loc. ult. cit., il quale giunge a tale conclusione facendo leva, altresì, sulla diversa ampiezza del
potere conferito all’autonomia privata dalla lett. a dell’art. 19 rispetto alla lett. b.
37 Si pensi, mutatis mutandis, ai requisiti soggettivi previsti dall’art. 13, co. 2, del d.lgs. 81/2015 per il ricorso al contratto di lavoro intermittente, in alternativa a quelli oggettivi ai sensi del co. 1. Requisiti che la stessa Corte di giustizia ha giudicato rispettosi del divieto di discriminazioni fondate sull’età, per xxx xxxxx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxx sociale perseguite: X. xxxxx. 19 luglio 2017, C-143/16, Abercrombie, in RGL, 2017, II, pp. 545 ss., con nota di X. Xxxxxxx, in DRI, 2017, pp. 1241 ss., con nota di C. Inversi, in RIDL, 2017, II, pp. 878 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx, in ADL, 2017, pp. 1486 ss., con nota di X. Xxxxx, in Labor, 2017, pp. 551 ss., con nota di X. Xxxxx.
38 Si vedano altresì gli ulteriori esempi tratti dai Ccnl richiamati infra. Peraltro, alcuni contratti collettivi prevedevano già al proprio interno causali di natura soggettiva: si pensi al Ccnl edilizia stipulato, lato sindacale, da Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea- Cgil, il quale, all’art. 93 così come da ultimo modificato dall’accordo del 3 marzo 2022, menziona tra gli altri l’assunzione di
«giovani fino a 29 anni e soggetti di età superiore ai 45 anni», di «cassaintegrati», di «disoccupati e inoccupati da almeno sei mesi» e, infine, di «donne […] prive di impiego retribuito da almeno sei mesi, residenti in aree geografiche il cui tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% di quello maschile».
39 La stessa Corte di giustizia ha avuto modo di sottolineare come, dal punto di vista della disciplina europea, il problema della sussistenza di ragioni obiettive a giustificazione di una successione di contratti non si ponga qualora l’ordinamento interessato contempli almeno un’altra tra le misure elencate al punto 1 della clausola 5: v. X. xxxxx. 3 giugno 2021, C‑326/19, EB, spec. punti 61 ss.; nonché, da ultimo, X. xxxxx. 15 dicembre 2022, e cause riunite C-40/20 e C-173/20, AQ, spec. punti 58 s., in DRI, 2023, pp. 559 ss., con nota di A. Trojsi.
da tempo che tali ragioni «possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni […] o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro»40.
D’altro canto, non sembra che debba essere particolarmente enfatizzata la rimozione dell’aggettivo «specifiche», presente nella precedente versione dell’art. 19, co. 1, lett. b-bis. Da un lato, per quanto specifiche possano essere, le previsioni dei contratti collettivi presenteranno pur sempre i caratteri della generalità e dell’astrattezza, dovendosi applicare a una pluralità indeterminata di casi e per tutto il periodo di vigenza dell’accordo41.
Dall’altro lato, affinché il disposto legale abbia un senso, è necessario che la causale sia identificata in maniera ragionevolmente precisa, non essendo sufficienti formule generiche che conducano ad un aggiramento di fatto dell’obbligo di giustificazione42. Simili clausole sarebbero nulle per contrarietà a norma imperativa43. Il che, a propria volta, invaliderebbe le clausole dei contratti individuali che stabiliscano un termine (o una proroga o un rinnovo) superiore ai 12 mesi invocando le causali collettive.
Va da sé, poi, che, se si vuole ridurre al minimo il contenzioso, sarà ovviamente preferibile evitare anche clausole che, pur non rientrando nell’estremo appena descritto, risultino comunque molto vaghe o eccessivamente ampie, poiché in caso di controversia sarà il giudice a valutare se la situazione concreta è effettivamente riconducibile alla previsione collettiva, con esiti non sempre prevedibili. Insomma, sia per ragioni di carattere interpretativo, che per motivi di ordine pratico, si deve concludere che i «casi» previsti dai contratti collettivi dovranno essere il più possibile “specifici”, cioè individuati con sufficiente precisione.
5. In attesa dell’adeguamento: alcuni esempi concreti
Al momento, è presto per dire come le parti sociali si adatteranno al nuovo panorama normativo. Invero, se le tre confederazioni storiche stanno iniziando a portare la questione al tavolo delle
40 X. xxxxx. 4 luglio 2006, causa C-212/04, Xxxxxxxx, punto 70, in RGL, 2006, II, pp. 601 ss., con nota di A. Xxxxxxxx; ma anche
X. xxxxx. 13 settembre 2007, causa C‑307/05, Xxx Xxxxx Xxxxxx, punto 53; X. xxxxx., ord., 12 giugno 2008, C‑364/07, Xxxxxxxxxx e al., punto 89. In dottrina v. diffusamente X. XXXX, Il lavoro a termine tra modello europeo e regole nazionali, Xxxxxxxxxxxx, 2017, spec. pp. 79 ss. Per un caso in cui la Corte ha valorizzato, tra l’altro, la condizione soggettiva del lavoratore, v. più di recente
X. xxxxx. 28 febbraio 2018, causa X‐00/00, Xxxxxxxx Xxxx.
41 L’unica eccezione è eventualmente quella dei contratti aziendali, che potrebbero anche essere stipulati per far fronte a particolari situazioni contingenti.
42 Si pensi a ipotesi come «quando è utile per la migliore gestione dell’impresa». In proposito giova ricordare che già la circolare 31 ottobre 2018, n. 17, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva sottolineato come la disciplina delle causali fosse inderogabile da parte della contrattazione collettiva: sui limiti d’intervento della contrattazione collettiva, v. altresì A. XXXXXXX, I rinvii della legge all’autonomia collettiva nel Decreto dignità, in LDE, 2018, n. 2, p. 6; X. XXXXXXXXXX, Xxxxx e contrattazione collettiva al tempo della c.d. Terza Repubblica, in X. XXXXXXXXX, X. RAUSEI, X. XXXXXXXXXX (a cura di), Decreto dignità. Commentario al d.l. n. 87/2018 convertito dalla l. n. 96/2018, Adapt University Press, 2018, p. 162; P. A. VARESI, Deroghe alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato: i poteri devoluti all’autonomia collettiva, in A. XXXXXXx, P. A. VARESI, (a cura di), Op. cit., pp. 41 e 45.
43 Diverso è però il caso dei contratti di prossimità ex art. 8 del d.l. 3 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n. 148, sulla cui attuale operatività in materia di contratti a tempo determinato, v. infra.
trattative44, con alcuni risultati parziali45, altri sindacati – della cui maggiore rappresentatività comparata si potrebbe discutere a lungo – si sono al contrario adeguati più rapidamente.
Così, il Ccnl del commercio del 22 settembre 2023, stipulato da Cisal terziario con Xxxxx, Aifes, Confimprenditori e Unica, contempla una serie di ipotesi, piuttosto variegate, dallo stesso espressamente definite «specifiche» (art. 60, n. 3): accanto a quelle più classiche, come
«l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo» ovvero «aventi carattere straordinario od occasionale», vi sono anche diverse causali soggettive, quali l’assunzione di lavoratori fino a 29 anni o con più di 45 anni, di persone disoccupate o inoccupate da almeno sei mesi, di laureati da meno di tre anni e di «soggetti in aree depresse del Paese, ed in particolare nelle regioni del mezzogiorno»46, nonché il caso in cui «l’assunzione avvenga in fase di avvio di nuova attività operativamente autonoma (nuovo cantiere, negozio, punto vendita ecc.) nei primi 36 mesi»47.
Una struttura simile si riscontra anche nel Ccnl per i dipendenti delle imprese artigiane edili e affini del 22 dicembre 2023, stipulato da Unilavoro Pmi e Fisals-Confsal. Qui, oltre ai casi di
«avvio di un nuovo cantiere», «proroga dei termini di un appalto», «avvio di specifiche attività edile o fase lavorativa non precedentemente programmata», il superamento dei 12 mesi è consentito per l’assunzione di «giovani fino a 29 anni e lavoratori con età superiore a 45 anni»,
«disoccupati e inoccupati da almeno sei mesi», «cassaintegrati».
Invece, nel Ccnl gomma-plastica del 18 settembre 2023 sottoscritto da Fesica-Confsal con Conflavoro Pmi, particolare attenzione è prestata al profilo della professionalità del lavoratore da assumere, che interessa ben cinque delle dieci causali individuate48; là dove solo due di queste
44 Si vedano, ad esempio, l’ipotesi di accordo di rinnovo del Ccnl pelli e succedanei del 26 maggio 2023, tra Assopellettieri e Femca-Cisl, Ficltem-Cgil e Uiltec-Uil e il verbale di accordo del 19 giugno 2023 tra Confimi e Fim-Cisl e Uilm-Uil, con riguardo al Ccnl della piccola e media industria metalmeccanica. In entrambi i casi, le parti prendono atto delle modifiche legislative in corso (all’epoca il d.l. 48 non era stato ancora convertito) e rinviano a successivi incontri per la definizione di nuove regole in materia. Stranamente, nessun riferimento in proposito si rinviene invece nell’ipotesi di accordo del 29 maggio 2023 per il rinnovo del Ccnl chimici-coibenti, sottoscritto da Anicta con Femca-Cisl, Ficltem-Cgil e Uiltec-Uil, le quali non sembrano tenere in considerazione la riforma del 2023.
45 Cfr. l’ipotesi di accordo del Ccnl Grafici editori del 19 dicembre stipulato da Assografici, Aie e Xxxx con Slc-Cgil, Fistel- Cisl e Uilcom-Uil, in cui le parti dichiarano espressamente di voler «dare una risposta non esaustiva ma temporalmente immediata alla facoltà di estendere o stabilire una durata del contratto a tempo determinato oltre i 12 mesi in presenza di causali individuate dalla contrattazione collettiva».
46 L’uso di concetti vaghi come “aree depresse”, ma anche “mezzogiorno”, è un ottimo esempio di previsione che, pur essendo sufficientemente circoscritta da non comportare una surrettizia eliminazione dell’obbligo di giustificazione del superamento dei 12 mesi, è suscettibile di dare origine a un notevole contenzioso in ordine all’individuazione delle aree geografiche interessate.
47 Si noti che, ai sensi dell’art. 23, co. 2, lett. a, una simile condizione è altresì causa di esenzione dal limite di contingentamento stabilito dal medesimo articolo, al co. 1.
48 Si tratta segnatamente di: «assunzione di lavoratori con nuove e maggiori professionalità, in grado di effettuare attività di produzione, lavorazione, installazione ed eventuale manutenzione di prodotti appena lanciati sul mercato, nonché le relative attività di promozione e marketing»; «assistenza tecnica in fase di lavorazione, montaggio e/o manutenzione relativa a prodotti, anche di nuova creazione, per i quali sono necessarie conoscenze e competenze specifiche, acquisite mediante apposito percorso formativo e conoscenza pratica acquisita sul campo»; «assunzione di lavoratori con competenze specifiche relative all’utilizzo di un nuovo macchinario funzionale alla realizzazione delle attività incluse nel campo di applicazione del presente CCNL»; «assunzione di lavoratori con particolari capacità manuali e pratiche, relative all’utilizzo di nuove tecniche di lavorazione»; «attività che comportano l’impiego tempestivo di professionalità già acquisite difficilmente reperibili in tempi stretti sul mercato».
riguardano ragioni oggettive in senso stretto49, cui si aggiungono altre due ipotesi specifiche di esigenze sostitutive50.
6. Segue. Il problema delle causali collettive previgenti
Finché il processo di adeguamento dei contratti collettivi non sarà completato, avranno però un peso notevole anche le causali eventualmente già presenti negli accordi in vigore, naturalmente in quanto stipulati dai sindacati di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015. Uno studio pubblicato praticamente all’indomani dell’approvazione del d.l. n. 48/2023 mostra come pure in questo campo si registri un’ampia varietà di previsioni, anche in ragione della normativa vigente al momento della stipulazione (ma non solo)51. In particolare, per quanto qui rileva, si possono isolare tre modelli distinti di xxxxxxx00: il primo si limita a riprodurre sic et simpliciter il testo di legge dell’epoca (evidentemente, post decreto dignità); il secondo fa lo stesso, ma fornendo «ulteriori specificazioni, sulla base delle caratteristiche peculiari» del settore merceologico interessato; il terzo introduce ipotesi «distinte e ulteriori» rispetto a quelle legali.
Ora, il terzo modello non solleva particolari questioni. Difatti, sia che le parti abbiano inteso avvalersi della facoltà conferita dalla lett. b-bis così come risultante a seguito della novella del d.l. 73/2021, sia che abbiano autonomamente deciso di prevedere delle ragioni giustificative in un quadro normativo che non considerava espressamente tale possibilità, non vi sono motivi per dubitare che la medesima volontà perduri, a maggior ragione, nel quadro attuale in cui la contrattazione collettiva è destinata a diventare (quasi) l’unica fonte di definizione delle causali.
Più complesso risulta invece il caso rappresentato dai primi due modelli. Qui, invero, si può desumere un collegamento con un particolare sistema normativo, ormai superato. Di talché occorre chiedersi se le clausole in questione presuppongano in maniera necessaria il contesto cui le parti si sono riferite al momento della stipulazione oppure se, anche in questa ipotesi, si possa ritenere che dette clausole prescindano dalla contingenza del panorama giuridico allora vigente.
Ebbene, la risposta dipende dalla volontà delle parti, che deve essere ricostruita dal complesso delle circostanze, e varia quindi a seconda dei casi53. Così, una semplice riproposizione delle causali legali ora abrogate, magari accompagnata da un rinvio fisso al d.l. n. 87/2018, fa presumere che le associazioni stipulanti volessero solamente ricapitolare la disciplina del d.lgs. n. 81/2015, senza per questo recepirla staticamente nel contratto54. Dal che conseguirebbe la sopravvenuta
49 Di queste, soprattutto la prima risulta interessante in questa sede, per il grado di dettaglio con cui è formulata: «attività di produzione e realizzazione di nuovi prodotti in gomma e plastica inserite in un progetto di medio-lungo termine, compresa l’attività di montaggio, manutenzione e controllo continuo o periodico e comunque programmato, nei confronti del cliente». 50 Segnatamente, «sostituzione di lavoratori assenti» e «sostituzione di lavoratori con gravi patologie, soggetti ad un periodo di comporto esteso (fino a 720 gg nell’arco di 48 mesi)».
51 X. XXXXXXX, X. DI XXXXX, X. XXXXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, Riforma del lavoro a termine: una simulazione su 55 contratti collettivi di categoria (art. 24, d.l. n. 48/2023 , conv. in l. n. 85/2023), in E. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. PICCO, P. RAUSEI (a cura di), Op. cit., pp. 28 ss.
52 Ivi, pp. 30 s. Per vero, gli autori trattano unitariamente i primi due modelli riportati nel testo.
53 In senso parzialmente difforme, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, L’andirivieni legislativo sul contratto di lavoro a termine, in LG, 2023, p. 778, secondo i quali «nelle trattative sindacali il riferimento a un determinato dato normativo è un presupposto di contesto ma, una volta recepito, entra nel contratto collettivo e vive di vita propria». Gli Aa. concedono tuttavia che «diverso è naturalmente il caso in cui le previsioni del contratto collettivo si limitino esclusivamente a richiamare, in termini di rinvio secco e senza alcuna specificazione o integrazione, articoli di legge ora abrogati».
54 Si veda anche, con riferimento alla riforma operata dal decreto dignità, X. XXXXXXXXXX, Xxxxx e contrattazione collettiva cit., pp. 176 s., il quale peraltro ha cura di sottolineare come questo costituisca un esito del tutto eccezionale, laddove in ogni altro caso
«i compromessi raggiunti in sede negoziale danno luogo a un equilibrio complessivo nella regolazione degli interessi del lavoro
irrilevanza di dette clausole e, quindi, la possibilità per i contraenti individuali di avvalersi della facoltà ex art. 19, co. 1, lett. b55.
Al contrario, nei casi in cui sono stati aggiunti elementi che specificano la portata delle causali ovvero queste sono state calibrate sulle esigenze specifiche del settore (come nel secondo modello sopra analizzato) non vi è motivo per dubitare della persistente operatività di tali previsioni; specie se la stipulazione è avvenuta dopo l’entrata in vigore del decreto sostegni bis, vale a dire quando all’autonomia collettiva era già stata attribuita la possibilità di prevedere giustificazioni ulteriori rispetto a quelle legali.
In effetti, anche il silenzio, in simili circostanze, non è privo di significato. Si pensi agli accordi, sopra ricordati, in cui le parti rimandano a successivi incontri per l’eventuale adattamento dei testi contrattuali alla novella del 2023: una mancata presa di posizione in tali sedi potrebbe essere indicativa del fatto che non sia stato ritenuto necessario modificare le previsioni vigenti56. D’altronde vi sono anche casi – per vero piuttosto sorprendenti – in cui, pur richiamando in modo esplicito il d.l. n. 48/2023, sono state nuovamente riproposte le causali del decreto dignità57.
7. Gli spazi residui per i contratti di prossimità
Naturalmente, come anticipato, non soltanto i contratti nazionali sono abilitati a individuare le ipotesi che giustificano il superamento dei 12 mesi, ma altresì quelli territoriali e aziendali, nel rispetto dell’art. 51. Sotto questo profilo, si può affermare che il d.l. n. 48/2023 abbia assorbito quasi completamente il campo di operatività degli accordi di prossimità stipulati ai sensi dell’art. 8 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n. 14858.
Non vi è però un rapporto di perfetta continenza tra le due ipotesi. Da un lato, mentre le intese ex art. 8 rimangono soggette a vincoli di natura finalistica e procedurale, nessuna limitazione di tal sorta è imposta ai contratti collettivi ex art. 19, co. 1, lett. a, del d.lgs. 81/2015. Ma, dall’altro lato, diversamente dall’art. 51 del decreto n. 81/2015, per l’art. 8 rileva solamente la rappresentatività delle associazioni dei lavoratori (e non anche di quelle dei datori), che può essere apprezzata anche a livello territoriale (non per forza nazionale).
Non è possibile qui ripercorre l’ampissimo dibattito intorno all’art. 859, recentemente ravvivato dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 52 del 202360. Basti dire che, al di là delle pur non
e dell’impresa che non può rompersi ogni volta che i termini dello scambio sono modificati, selettivamente, dal legislatore» –
soprattutto se nel contratto è presente una clausola di inscindibilità (pp. 166 ss.).
55 Cfr. altresì la circolare ministeriale n. 9/2023 cit.
56 Ma si consideri anche il recentissimo accordo di rinnovo del Ccnl per le imprese creditizie, del 23 novembre, sottoscritto da Abi, insieme ad Intesa Sanpaolo, con Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin, che nulla dispone in tema di contratti cd. flessibili.
57 V. l’art. 38 del Ccnl vigilanza privata e servizi fiduciari siglato da Unilavoro Pmi con Unionquadri e Fisals-Confsal.
58 Cfr. X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, L’andirivieni legislativo cit., p. 779.
59 Per una panoramica, si vedano, da ultimo, X. XXXXXXXXXXX, La contrattazione di prossimità nella riflessione della dottrina giuslavoristica: una rassegna di questioni, in DRI, 2023, pp. 605 ss.; e X. XXXXXXXXX, L’articolo 8 del decreto-legge n. 138/2011 tra orientamenti giurisprudenziali e prassi amministrativa, ivi, pp. 645 ss.
60 Corte cost. 28 marzo 2023, n. 52, in DLM, 2023, con nota di M. Rusciano, in LG, 2023, pp. 1022 ss., con nota di X. Xxxxxxxx.
V. poi il commento di X. XXXXXXXXX, Si consolida la lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 8 (note a margine di Corte costituzionale
n. 52/2023), in DRI, 2023, pp. 677 ss.; nonché, sulla questione pregiudiziale (App. Napoli, ord., 3 febbraio 2022, n. 94), D. COMANDÈ, Pluralismo e libertà sindacale: questioni di legittimità costituzionale del contratto di prossimità, in RIDL, 2022, II, pp. 725 ss.
peregrine tesi che hanno prospettato un’abrogazione tacita61 o, perlomeno, un superamento di fatto della norma62, nella prassi gli accordi ex art. 8 sono stati – e sono tuttora – largamente utilizzati63. Come dimostra, del resto, il cospicuo numero di intese depositate negli ultimi tre anni64, le quali probabilmente non esauriscono nemmeno il novero degli accordi effettivamente stipulati65.
In tale prospettiva, va osservato che i contratti di prossimità recuperano la propria rilevanza nel momento in cui si volesse eliminare del tutto l’obbligo di giustificazione causale66, come in effetti è talora avvenuto nella prassi67. Senza contare che essi possono incidere su altri aspetti della disciplina dei contratti a tempo determinato generalmente sottratti al potere derogatorio dell’autonomia collettiva dal capo III del d.lgs. n. 81/201568.
Sul piano degli obiettivi, le ipotesi contemplate dal co. 1 dell’art. 8 sono tante, e di portata talmente ampia, che non sembrano realmente in grado di contenere il ricorso a questo tipo di accordi, quantomeno in materia di contratto a termine69. Si pensi a contratti stipulati in fase di avvio di
61 Sostenuta, ad esempio, da X. XXXXXXXX, Il rapporto tra legge e contrattazione collettiva aziendale o territoriale, in RGL, 2015, I, pp. 121 ss.; nonché, seppur in termini parzialmente dubitativi, X. XXXXXXX, Le fonti (dopo il Jobs Act): autonomia ed eteronomia a confronto, in WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxxxx” .IT – 284/2015, p. 18. Ritengono plausibile la tesi dell’abrogazione implicita con riferimento a singole materie interamente disciplinate da successivi interventi legislativi, M. BROLLO, Disciplina delle mansioni (art. 3), in X. XXXXXXX (a cura di), Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi, Adapt University Press, 2015, p. 75; X. XXXXXXXX, Op. cit., pp. 225 ss.
62 V., tra gli altri, X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Il contratto aziendale “in deroga”, in XXX, 0000, p. 288; R. DE XXXX XXXXXX, La (in)derogabilità della normativa lavoristica ai tempi del Jobs act, in Labor, 2016, p. 323; A. XXXXXXXXXX, Il sistema di contrattazione collettiva oggi: processi disgregativi e sussulti di resistenza, in LD, 2016, p. 977; I. XXXXXX, Op. cit., pp. 136 ss. Altri invece hanno argomentato nel senso della perdurante vigenza e, per così dire, agibilità della norma, fatto salvo il necessario coordinamento con le previsioni sopravvenute: A. TURSI, «Codice dei lavori» e autonomia collettiva, in X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, P. A. VARESI (a cura di), Op. cit., pp. 330 ss.; X. XXXXXXXX, La contrattazione collettiva aziendale dei lavoratori privati, Xxxxxxx, 2016, pp. 272 ss.; X. XXXXXXX, Contratto a termine e contrattazione collettiva, in X. XXXXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Riforme del lavoro e contratti a termine, Editoriale Scientifica, 2017, pp. 64 s.; X. XXXXXXX, Sull’incerta vigenza dell’art. 8, commi 1-3, legge n. 148/2011, in VTDL, 2019, pp. 1755 ss.;
X. XXXXX, Xxxxxx sul rapporto tra contratti collettivi di diverso livello, in RIDL, 2020, I, pp. 7 s. In tema cfr. altresì X. XXXXXXXX,
Rappresentanza e contrattazione in azienda, Cedam, 2017, pp. 131 ss.
63 Si veda al riguardo quanto evidenziato in X. XXXXXXX, Ancora sulla contrattazione di prossimità, in DRI, 2023, spec. pp. 576 s. 64 Cfr. i dati analizzati da X. XXXXXXXXX, Contrattazione di prossimità: prime risultanze di una ricerca empirica, in DRI, 2023, pp. 580 ss.
65 V. infatti quanto osservava, a nemmeno due anni dall’entrata in vigore dell’art. 8, X. XXXXXXX, A proposito dell’articolo 8 della
legge n. 148/2011: le deroghe si fanno, ma non si dicono, in DLRI, 2013, pp. 255 ss.
66 Cfr., mutatis mutandis, A. XXXXXXX, I rinvii della legge cit., pp. 6 s.; X. XXXXXXXXX, X. RAUSEI, Il possibile ruolo della contrattazione di prossimità, in X. XXXXXXXXX, X. RAUSEI, X. XXXXXXXXXX (a cura di), Op. cit., pp. 184 ss. ma passim; A. XXXXXXXX, Il rapporto tra contratti collettivi di diverso livello: Atene non è un'isola (per fortuna?), in VTDL, 2018, p. 1023; X. XXXXXXX, Contratto a termine: nuove causali e vecchi dilemmi, in MGL, 2018, pp. 190 ss.; P. A. VARESI, Deroghe alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato cit., pp. 41 ss.
67 V. ancora gli esempi riportati da X. XXXXXXXXX, Contrattazione di prossimità, cit., pp. 592 s.; cui xxxx X. XXXXXX, L’autonomia collettiva nel decreto Dignità: assenza o presenza?, in X. XXXXXXXX, X. DI XXXXXXX, X. XXXXX, X. SENATORI (a cura di), Op. cit., spec. pp. 50 ss.
68 Si pensi alla durata massima del singolo contratto (art. 19, co. 1), al numero delle proroghe (art. 21, co. 1), alla disciplina dei cd. stop-&-go (art. 21, co. 2), alla prosecuzione del rapporto oltre la scadenza del termine (art. 22).
69 V. in proposito l’ampia disamina di X. XXXXXX, Azienda, contratto e sindacato, Xxxxxxx, 2012, pp. 142 ss. Svalutano (quasi) completamente il riferimento alle finalità contenuto co. 1, tra gli altri, X. XXXXXXX, L’efficacia soggettiva del contratto collettivo, in RGL, I, 2011, p. 763; X. XXXX, L’accordo 28 giugno 2011 e oltre, in DRI, 2011, p. 635; A. VALLEBONA, L’efficacia derogatoria dei contratti aziendali o territoriali: si sgretola l’idolo dell’uniformità oppressiva, in MGL, 2011, p. 684; A. XXXXXXX, Lavoro a termine, somministrazione e contrattazione collettiva in deroga, Cedam, 2013, pp. 77 ss. Contra, nel senso della sindacabilità giudiziale delle finalità, E. ALES, Dal “caso FIAT” al “caso Italia”. Il diritto del lavoro “di prossimità”, le sue scaturigini e i suoi limiti costituzionali, in WP
C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT – 134/2011, p. 20; X. XXXXXXX, Al capezzale del sistema contrattuale: il giudice, il sindacato, il legislatore, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT – 133/2011p. 38; A. PERULLI, La contrattazione collettiva «di prossimità»: teoria, comparazione e prassi, in RIDL, 2013, I, p. 941. Più di recente, critica questa «funzionalizzazione della contrattazione aziendale (di prossimità)» X. XXXXXXXXX, La regolazione per legge del contratto collettivo aziendale alla luce del sistema costituzionale, Giappichelli, 2017, pp. 139 ss.
nuove attività, oppure motivati dallo scopo di sostenere gli investimenti in una nuova linea produttiva o per potenziare quelle esistenti o, ancora, volti ad incrementare la competitività e i salari, semplificando l’impiego del lavoro a termine a fronte di aumenti retributivi ovvero, da ultimo, intese finalizzate all’aumento dell’occupazione, in cui l’alleggerimento dei vincoli legali potrebbe essere accompagnato da percorsi di stabilizzazione dei lavoratori assunti per questa via70.
Il limite più tangibile al potere derogatorio dei contratti di prossimità è costituito, per quanto qui interessa, dal rispetto (della Costituzione e) della dir. 1999/70/CE, così come interpretata dalla Corte di giustizia (art. 8, co. 2-bis)71. Da ciò consegue che tali accordi non potranno comunque rimuovere tutti i limiti previsti dalla legge per il ricorso al contratto a tempo determinato. In particolare, essi dovranno mantenere almeno una delle misure di cui alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, vale a dire: obbligo di causale per i rinnovi, durata massima complessiva dei rapporti a termine oppure numero massimo dei rinnovi. Più in generale, l’assetto congegnato dalle intese ex art. 8 dovrà essere in grado di prevenire efficacemente gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato. Da ultimo – è appena il caso di sottolinearlo – esse non potranno in ogni caso introdurre trattamenti deteriori per i lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato comparabili, a meno che non siano giustificati da ragioni oggettive (clausola 4, punto 1).
8. La (temporanea) valorizzazione dell’autonomia individuale
Come detto, in mancanza di previsioni collettive, e comunque entro il 30 aprile 2024, l’art. 19, co. 1, lett. b, attribuisce alle parti del contratto di lavoro il potere di individuare le «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva» che giustificano il superamento dei 12 mesi.
Si assiste qui ad una valorizzazione dell’autonomia individuale – sebbene temporanea e subordinata alla mancanza di previsioni del contratto collettivo – che si può ritenere rispondente alle spinte all’individualizzazione dei rapporti emergenti non solo nel mondo del lavoro, ma anche in altri aspetti della società e della vita attuale72. Essa echeggia quella già realizzata nella disciplina delle clausole elastiche nel part-time (art. 6), nella quale è presente un’articolazione del rapporto tra autonomia collettiva e autonomia individuale che, in effetti, può per certi versi ricordare quella dell’attuale art. 19.
Ma l’analogia più evidente che presenta la nostra disposizione è senz’altro quella con l’art. 1 del d.lgs. 368/200173: in particolare, non si può non notare la quasi totale sovrapponibilità della formula dell’art. 1, co. 1, del d.lgs. n. 368/2001 («ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo [o sostitutivo]») con quella contenuta nell’art. 19, co. 1, lett. b, del d.lgs. n. 81/2015 («esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva»). Appunto per questo, al fine di
70 Per quest’ultimo esempio v. A. XXXXXXX, I rinvii della legge cit., p. 7; X. XXXXXXXXXXX, Il contratto di lavoro subordinato cit., p.
29. Ma, similmente, v. anche A. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, L’articolo 8 della legge 14 settembre 2011, n. 148 e la “rivoluzione di Agosto”
del Diritto del lavoro, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx” .IT – 132/2011, p. 42.
71 In proposito, cfr.. A. XXXXXXX, Op. ult. cit., pp. 113 ss.
72 Il che non rappresenta di per sé una novità nel nostro ordinamento: l’importanza della fonte individuale era stata teorizzata già nel cd. Libro Bianco sul mercato del lavoro del 2001 e ha trovato riconoscimenti, per la verità diseguali, nella legislazione successiva: cfr., per una più ampia discussione sul ruolo dell’autonomia individuale nel contesto attuale del diritto del lavoro,
X. XXXXXXX, Diritto del lavoro e diritto civile tra norme imperative e autonomia contrattuale. One size fits all?, in WP CSDLE “Xxxxxxx X’Xxxxxx” .IT – 475/2023.
73 Salvo che nel caso del d.lgs. n. 368/2001 – e prima della cd. riforma Fornero – le ragioni dovevano sussistere ed essere esplicitate già al momento della stipulazione del primo contratto di lavoro, a prescindere dalla sua durata.
individuare il vero ruolo attribuito all’autonomia individuale dal decreto lavoro, è utile riallacciarsi alla copiosa giurisprudenza formatasi sul d.lgs. n. 368/2001.
Vero è che la cornice giuridica che circonda la norma è radicalmente diversa da quella del 2001 e che l’obbligo di giustificazione per il superamento dei 12 mesi non costituisce l’unica misura di prevenzione degli abusi nell’impianto del d.lgs. n. 81/2015. Il che dovrebbe suggerire una mitigazione della rigidità con cui sono state spesso valutate in passato le esigenze addotte dalle parti74.
Nondimeno, tali esigenze devono pur sempre essere coerenti con il motivo per cui vengono invocate, ossia giustificare il protrarsi per un periodo di tempo compreso tra (più di) 12 mesi e 24 mesi75 di un rapporto di lavoro comunque temporaneo. E ciò perché, in caso contrario, il legislatore non avrebbe subordinato la possibilità di proroga o rinnovo all’esistenza di «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva», sebbene «individuate dalle parti»76.
Si tratta allora di verificare quale tipo controllo possa esercitare il giudice sulle causali indicate
nell’accordo individuale.
In “regime causale” di stipulazione del contratto a termine (quello, per intenderci, risultante dal d.lgs. n. 368/2001), si è prospettata l’ipotesi che le uniche esigenze aziendali in grado di giustificare la stipulazione di un contratto a termine fossero esigenze di carattere temporaneo, ancorché il concetto di temporaneità fosse variamente inteso77. Non mancavano tuttavia altre prospettazioni, che riconoscevano la legittimità dell’apposizione del termine in presenza di qualsiasi ragione oggettiva non arbitraria78.
Oggi occorre invece considerare che ci troviamo al cospetto di un regime inizialmente “acausale”
e che, d’altra parte, la temporaneità del contratto a termine è già presidiata, in funzione
74 V. però di recente Cass. 30 maggio 2023, n. 15226, che a un tratto pare perfino prefigurare un dovere, da parte del giudice di merito, di verificare l’effettiva temporaneità delle esigenze datoriali pure in regime di acausalità (punto 10.2). Anche se, immediatamente dopo, la Corte chiarisce che il controllo giudiziale ha ad oggetto la natura temporanea dell’attività (punto 10.3), essendo limitato alla verifica del limite di durata massima, rispetto alla quale rilevano anche, quale «antecedente storico», i precedenti rapporti non più impugnabili per intervenuta decadenza (punto 10.4). Tra i giudici di primo grado, hanno invece apertamente affermato che il contratto a termine deve comunque essere utilizzato per soddisfare esigenze temporanee, anche in regime di acausalità: Trib. Palermo 1° febbraio 2021, n. 368, in LG, 2022, pp. 185 ss., con nota di X. Xxxxxx; Trib. Firenze 26 settembre 2019, n. 794, in MGL, 2019, pp. 977 ss., con nota di X. Xxxxxx; Trib. Trento 4 dicembre 2018, in Labor, 2019, pp. 429 ss., con nota di X. Xxxxxx, in RIDL, 2019, II, pp. 237 ss., con nota di X. Xxxxxx.
75 O la diversa durata stabilita dai contratti collettivi ai sensi dell’art. 19, co. 2, ovvero dai contratti di prossimità.
76 Non pare invece rilevante in questo contesto il riferimento al contratto a tempo indeterminato quale «forma comune di rapporto di lavoro», dal quale talvolta si ricava un principio di infungibilità fra contratto a termine e contratto a tempo indeterminato (sul principio della forma comune cfr. da ultimo A. XXXXXXXXX, Contratto a tempo determinato e forma comune di rapporto dopo il Jobs Act, Xxxxxxxxxxxx, 2016). Invero, le due forme contrattuali risultano già potenzialmente fungibili, ad esempio, nelle ipotesi in cui vige la regola della acausalità. Ma lo stesso può dirsi, se si condivide quanto sopra affermato in merito ai poteri della contrattazione collettiva, nel caso di superamento dei 12 mesi giustificato da caratteristiche soggettive del lavoratore: cfr., mutatis mutandis, S. XXXXXXXXXXX, Il sistema normativo del lavoro temporaneo, seconda ed., Xxxxxxxxxxxx, 2008. 77 Così, tra gli altri, X. XXXXXXXXX, Contratto a termine e cause di giustificazione, in A. XXXXXXX, X. NAPOLI (a cura di), Op. cit., pp. 54 ss.; X. XXXXXXX, Il nuovo contratto a termine nel lavoro “privato” e “pubblico”, Cedam, 2007, pp. 71 ss.; X. XXXXXXXX, Xxxxxxxx generale e ruolo della contrattazione collettiva, in M. X’XXXXXX, X. XXXXX (a cura di), Il contratto a termine nel lavoro privato e pubblico, Xxxxxxx, 2009, pp. 31 ss.; X. XXXXXXXX, L’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato: la natura temporanea delle causali dopo la legge n. 133/2008, in A. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX, Il lavoro a termine dopo la legge 6 agosto 2008, n. 133. Privato e pubblico a confronto, Xxxxxxxxxxxx, 2009, pp. 3 ss.
78 V. ad esempio, X. VALLEBONA, X. XXXXXX, Il nuovo lavoro a termine, Cedam, 2001, pp. 25 ss.; X. XXXXXXXX, L’eccezionalità del contratto a termine: dalle causali specifiche alla “specificazione” delle ragioni giustificatrici, in ADL, 2007, pp. 51 ss.; S. CIUCCIOVINO, Op. ult. cit., pp. 93 ss. Per un’ampia ricostruzione critica del dibattito, X. XXXXXX, Il lavoro a termine nell’evoluzione dell’ordinamento, Xxxxxxx, 2010, pp. 219 ss.
antiabusiva, dal limite di durata massima complessiva dei rapporti intercorsi tra le stesse parti,
fissato dall’art. 19, commi 2 e 3, nonché dal limite al numero massimo delle proroghe.
Ciò significa che il giudice dovrebbe limitarsi a verificare la sussistenza delle ragioni addotte dalle parti per proroghe e rinnovi e la coerenza tra queste ragioni e la protrazione del rapporto di lavoro. Questo implica, tra l’altro, che, una volta individuata (contrattualmente79) l’esigenza che giustifica il superamento dei 12 mesi, il datore è vincolato ad impiegare il lavoratore per il soddisfacimento di tale esigenza80.
Del resto, esaminando il contenzioso vertente sull’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001, si evince che i problemi più ricorrenti non attenevano tanto alla definizione in astratto delle caratteristiche che dovevano avere le esigenze addotte, quanto alla sussistenza in concreto della causale invocata e alla sua (mancanza di) specificità. Infatti, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, le ragioni tecniche, organizzative, produttive (e sostitutive) dovevano essere indicate «in modo circostanziato e puntuale» nel contratto «al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto»81.
Per fare sì che la giustificazione invocata possa reggere in un eventuale giudizio, le parti dovranno aver cura di esporla in maniera quanto più precisa e circostanziata, evitando formulazioni generiche o, peggio ancora, meri richiami al testo di legge.
Sul fronte formale, come anticipato, l’art. 19, co. 4, del d.lgs. n. 81/2015 richiede che l’indicazione delle esigenze che giustificano il rinnovo o la proroga oltre i 12 mesi avvenga nell’atto scritto. A questo proposito, deve essere sottolineato che nulla si dice per la stipulazione di un unico contratto di durata eccedente i 12 mesi. Benché tale divaricazione possa essere frutto di una semplice dimenticanza del legislatore (per inciso, già derivante dal decreto dignità), essa non pare facilmente rimediabile in via ermeneutica82. Va tuttavia sottolineato che la mancata indicazione per iscritto dalla ragione giustificativa – che comunque deve sussistere – rischia di complicare la posizione processuale del datore, sicché sembra difficile che questi possa in concreto prescindere dalla specificazione scritta della causale, anche quando si tratti del primo contratto di durata superiore a 12 mesi.
Alla luce delle considerazioni che precedono, sebbene nella versione definitiva del decreto lavoro sia venuto meno l’obbligo di certificare le esigenze invocate dalle parti a giustificazione del superamento dei 12 mesi, non v’è dubbio che la certificazione, di cui agli artt. 75 ss. del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, rimanga un utile strumento per assicurare maggiore certezza al rapporto così instaurato e per ridurre il rischio di contenzioso. Ciò, ovviamente, entro i limiti di efficacia del provvedimento di certificazione e purché le commissioni assolvano il proprio compito in
79 Come detto, l’art. 19, co. 1, lett. b, dispone che le esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva siano «individuate
dalle parti». Il che implica che la causale debba essere oggetto di accordo tra le parti, al pari dell’apposizione del termine.
80 Sul punto, cfr. S. XXXXXXXXXXX, Il sistema normativo del lavoro temporaneo, cit., spec. pp. 104 s.
81 Da ultimo, Cass. 7 novembre 2023, n. 30939. Conformi, tra le più recenti: Cass., ord., 7 marzo 2023, n. 6737, in LG, 2023,
pp. 624 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx; Cass., ord., 13 maggio 2019, n. 12643; Cass. 15 gennaio 2019, n. 840.
82 Nel senso della non obbligatorietà della forma scritta per il primo contratto, ancorché di durata superiore a 12 mesi, v. X. XXXXXXX, Decreto Dignità: prime considerazioni sulle novità in materia di contratto di lavoro a termine e somministrazione di lavoro, in Xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 12 luglio 2018, p. 5; cui xxxx, X. SARTORI, Prime osservazioni, cit., p. 657; nonché, con particolare riferimento alla causale sostitutiva, A. XXXXXXX, Contratto a tempo determinato cit., p. 25.
maniera scrupolosa83, sfruttando al meglio i (pur limitati) poteri istruttori di cui dispongono e fornendo adeguata assistenza alle parti84.
È infatti appena il caso di ricordare che la certificazione costituisce, nei fatti, più un meccanismo di dissuasione che non una vera e propria barriera all’azione giudiziale85. Tant’è che l’art. 80 del d.lgs. n. 276/2003 consente di proporre ricorso, oltre che davanti alla giurisdizione amministrativa86, anche dinnanzi al giudice del lavoro, per vizi del consenso, «difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione» nonché per erronea qualificazione (potendosi dunque rimettere in discussione la stessa valutazione della commissione)87. Sicché, al di là degli aggravi procedurali88, ciò che è realmente destinato a fare la differenza è l’autorevolezza e la persuasività della commissione certificante.
9. Conclusione
Alla luce dell’analisi condotta, è possibile ribadire che il decreto lavoro ha inciso sulla disciplina del contratto a termine assai meno di quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
Del decreto dignità sono rimasti sia il limite complessivo di 24 mesi sia l’obbligo di causale per il superamento dei 12 mesi. Sotto questo secondo profilo, la sostituzione delle infelici causali introdotte nel 2018 con un rinvio generale alla contrattazione collettiva appare come il tentativo di trovare un ragionevole compromesso tra domanda di flessibilità ed esigenza di controllo. Dove il controllo è affidato, a monte, a quei soggetti che meglio di tutti dovrebbero conoscere le specifiche realtà interessate e, di conseguenza, essere in grado di distinguere, negli ambiti di riferimento, la flessibilità fisiologica da quella fraudolenta.
In questo contesto, non del tutto chiaro è il senso del rinvio, in subordine e soprattutto “a scadenza”, all’accordo individuale per l’individuazione delle esigenze tecniche, organizzative e produttive che giustificano la proroga o il rinnovo oltre i 12 mesi o la stipulazione di un contratto a termine di durata superiore. Anche se vista semplicemente nell’ottica di consentire
83 Cfr. X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, L’andirivieni legislativo cit., p. 783.
84 In merito al positivo ruolo informativo, quasi didascalico, che potrebbero svolgere le commissioni di certificazione, v. M.
L. PICUNIO, Certificazione dei contratti e sistemi di qualificazione delle imprese operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, in ADL, 2022, p. 1235 s.; cui adde le testimonianze di M. G. MARATTOLO, La certificazione dei contratti in corso di esecuzione e l’attività di consulenza della commissione, in S. XXXXXXXXXXX (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro. Problemi e questioni aperte, Xxxxxxxxxxxx, 2014, pp. 75 ss. e X. XXXXX XXXXXX, Intervento, ivi, pp. 83 ss.
85 X. XXXXXX, La certificazione dei contratti di lavoro, in DLRI, 2004, spec. pp. 28 ss.; A. TURSI, La certificazione dei contratti di lavoro, in X. XXXXXXX, X. X. VARESI (a cura di), Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai decreti legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, Xxxxxxxxxxxx, 2005, pp. 667 ss.
86 Per violazione del procedimento o per eccesso di potere, ex art. 80, co. 5.
87 Sull’estensione dei poteri del giudice (del lavoro) a fronte di un contratto certificato, v. X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, I nuovi spazi della certificazione: efficacia e tenuta giudiziaria, in X. XXXXX, X. XXXXXXXXXX (a cura di), La riforma dei rapporti e delle controversie di lavoro. Commentario alla legge 4 novembre 2010, n. 183 (cd. Collegato lavoro), Xxxxxxx, 2011, pp. 41 ss.; M. NOVELLA, Certificazione in materia di lavoro e tutela giurisdizionale, in LD, 2014, pp. 347 ss.
88 Peraltro, di rilevanza pratica non indifferente: ai sensi dell’art. 80, co. 4, chiunque intenda ricorrere in sede civile deve previamente esperire un tentativo obbligatorio di conciliazione, da svolgersi presso la stessa commissione che ha emesso il provvedimento. Inoltre, il precedente co. 3 dispone che il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla commissione di certificazione potrà essere valutato dal giudice del lavoro. Da ultimo, l’art. 30, co. 2, stabilisce che «nella qualificazione del contratto di lavoro e nell’interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro». Circa la limitata capacità di tali previsioni di condizionare l’accertamento del giudice, v. però X. X. XXXXXXX, Clausole generali, certificazione e limiti al sindacato del giudice. A proposito dell’art. 30, l. 183/2010, in WP C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”.IT – 114/2011, spec. pp. 18 ss.; e X. XXXXXXXX, I limiti alla giustiziabilità dei diritti nella riforma del lavoro, in RGL, 2011, I, spec. pp. 34 ss.
l’adeguamento delle previsioni dei contratti collettivi, vi è il rischio che l’efficacia della disposizione risulti in concreto condizionata dall’atteggiamento, più o meno sorvegliato, che potranno assumere i giudici: in altre parole che si possa aprire un contenzioso simile a quello cui nel passato tecniche normative analoghe avevano dato origine.
Non si può escludere tuttavia che la norma possa avere un carattere sperimentale e dunque possa essere stabilizzata se il contenzioso non dovesse verificarsi oppure si trovasse un punto di equilibrio (anche grazie al ruolo eventualmente esercitato dalle commissioni di certificazione).
Ad ogni modo, resta centrale, nella configurazione attuale dell’art. 19, il ruolo dei contratti collettivi nella determinazione delle causali. Il che potrebbe riproporre anche in questo contesto l’annosa questione del contrasto al dumping contrattuale, specialmente se le federazioni storiche tarderanno a rivedere i propri contratti. E allora, data la posta in gioco – vale a dire, la trasformazione a tempo indeterminato –, non pare assurdo ipotizzare che il nuovo contenzioso sulle causali possa essere incentrato non tanto (o non solo) sulla sussistenza e sulla specificità delle stesse, quanto sulla rappresentatività dei soggetti che quelle causali hanno previsto.
Vi è quindi da sperare nella prontezza e nella capacità degli attori sociali e dei giudici di gestire al meglio questa ultima (per ora) transizione normativa.