CAMERA DEI DEPUTATI
CAMERA DEI DEPUTATI
COMMISSIONI RIUNITE
VI (FINANZE)
e
XI (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO)
Esame del disegno di legge C.924 di conversione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese
Memoria di Alleanza Lavoro Network
INDICE Introduzione. 3
Le causali di ricorso nel contratto di lavoro a tempo determinato a scopo di somministrazione. 3
Il periodo di intervallo. La necessaria esclusione. 4
Il sistema di acausalità 4
Le proroghe e il limite di durata alla successione dei contratti. La somministrazione e la deroga collettiva 5
Il contributo aggiuntivo dello 0,5% 5
Le garanzie costituzionali e collettive sulla parità di trattamento 6
Introduzione
Le due Direttive Comunitarie, rispettivamente “1999/70/CE” e “2008/104/CE”, nel dettare le norme cornici per gli stati membri UE, hanno imposto una netta separazione tra il contratto a termine diretto e la somministrazione di lavoro (già lavoro temporaneo). Date queste premesse, è del tutto idiosincratica la scelta del legislatore di voler accomunare le due tipologie negoziali, che in realtà necessitano di distinte applicazioni normative, determinando di fatto una serie di effetti distorsivi e drasticamente ostativi per la somministrazione di lavoro.
Storicamente, l'obiettivo è stato perseguito e tutelato dalla Legge n. 196/97, dal D.lgs n. 368/2001 e D.lgs n. 276/2003, sino al D.lgs n. 81/2015 (T.U. Riordino dei contratti). In specie, da un lato assicurando la previsione di restrizioni degli abusi nella successione dei contratti a termine, dall'altra promuovendo un lavoro interinale svincolato da xxxxxx e laccioli. La Giurisprudenza Europea del 2013 ha sancito, in maniera inequivocabile, come i forti vincoli perimetrali stabiliti alla reiterazione dei contratti a tempo determinato non debbono trovare alcuna applicazione né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e il suo datore di lavoro formale (Agenzia per il lavoro, già interinale) né quantomeno al rapporto di lavoro tra il medesimo lavoratore e il datore di lavoro sostanziale (impresa utilizzatrice).
Le causali di ricorso nel contratto di lavoro a tempo determinato a scopo di somministrazione
Data la premessa, il sistema di causalità previsto dall'attuale D.L. 87/2018 sposta la motivazione di ricorso sul contratto di lavoro tra agenzia per il lavoro e lavoratore. Xxxxxxx non corretto tecnicamente avvalersi di tale impostazione, poiché la natura della somministrazione di lavoro è quella di assumere lavoratori che le APL stesse inviano in missione nell’esercizio dell’attività ordinaria di impresa, per soddisfare una richiesta e un’esigenza di un altro datore di lavoro sostanziale (azienda utilizzatrice). Così poste e strutturate, le causali creerebbero quello che in gergo viene comunemente definito un “collo di bottiglia”. In buona sostanza, le esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività…, potrebbero essere in sede giudiziale lette con riferimento all'agenzia, attività temporanee ed estranee rispetto all'attività ordinaria per la quale l'Apl è autorizzata. Così come, per quanto concerne le esigenze connesse a incrementi temporanei significativi e non programmabili dell’attività ordinaria, le stesse andrebbero poste con riferimento sempre all'attività ordinaria delle agenzie di cui all'autorizzazione ministeriale, tale, quindi, da dover ricercare in modo astratto un'ipotesi di incremento significativo e soprattutto non programmabile. È evidente una pericolosa stortura concettuale e di impostazione pragmatica poiché l'esigenza lavorativa che soddisfa tali requisiti non è propria dell'agenzia ma dell'utilizzatore: la motivazione di ricorso per l'assunzione a termine in regime di somministrazione è stata storicamente sempre riferibile alla richiesta di lavoratori da parte dell'azienda utilizzatrice.
Pertanto, le causali debbono essere spostate sul contratto commerciale di somministrazione di lavoro, perché appartengono alla declaratoria del rapporto commerciale di servizio.
Il periodo di intervallo. La necessaria esclusione
Il Decreto Xxxxx in commento prevede, per la prima volta l'estensione della normativa in tema di interruzione obbligatoria nella successione tra contratti a termine anche alla somministrazione di lavoro. Per il contratto a tempo determinato diretto è plausibile la presenza necessaria dello stop and go, onde evitare quegli abusi che richiederebbero il contratto a tempo indeterminato; nel caso della somministrazione, si tradisce la storia dell'istituto che non ha mai visto legalmente e da prassi
amministrativa, applicato il cd.” stacco”. La somministrazione nasce nella sua genesi comunitaria come strumento agile e flessibile, in grado di soddisfare la necessità e la possibilità di utilizzare un lavoratore senza soluzione di continuità potendolo inviare al termine di una missione presso un altro utilizzatore senza dover attendere 10 o 20 giorni. Un periodo di intervallo che non deve sussistere anche a prescindere dall'utilizzatore. L'aspetto e la finalità naturale e fisiologica della somministrazione sono quelle di inviare in missione un lavoratore soddisfacendo l'esigenza nell'ambito del contesto aziendale dell'impresa utilizzatrice. Introdurre forzatamente lo stop and go, spingerebbe la somministrazione di lavoro a veder ridurre i periodi di attività dei somministrati, al contempo incanalare le imprese a utilizzare altri lavoratori solo per sopperire al periodo di intervallo, generando micro contratti, e forte turnover.
Il sistema di acausalità
Le causali scritte nelle modalità del D.L. risultano di difficile perimetro operativo e concettuale, divenendo fonte di contenzioso che, nel caso della somministrazione, ricadrebbe sull’Agenzia per il lavoro. Tenuto conto di quanto espresso precedentemente, circa la traslazione del requisito funzionale sul contratto commerciale, in virtù delle direttive comunitarie e, rispetto al primo capoverso del presente punto, risulta fondamentale espandere il sistema di acausalità a tutti i 24 mesi (36 mesi. v. infra). Tale contratto acausale potrà essere prorogato liberamente (cioè senza causale) all'interno dei ventiquattro mesi (36 mesi per la somministrazione. Si veda infra).
Proprio in considerazione della circostanza dettata dalle direttive comunitarie prima citate, nulla osta che il rapporto di lavoro a tempo determinato in somministrazione di lavoro sia disciplinato dalla normativa del tempo determinato, con la netta esclusione dell'applicazione del vigente sistema di causalità, che rimarrebbe per il solo contratto a termine diretto, soddisfacendo la raccomandazione della direttiva comunitaria circa la lotta all'utilizzo e agli abusi nella successione dei contratti a termine diretti.
Le proroghe e il limite di durata alla successione dei contratti. La somministrazione e la deroga collettiva
È opportuno focalizzare l'attenzione sulla attuale previsione di legge: “Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore”. Ciò vuol dire che, in caso di assunzione a tempo determinato, il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 21. Pertanto, il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può, in ogni caso, essere prorogato con il consenso del lavoratore e, per atto scritto, per n. 6 proroghe e per un massimo di 36 mesi e, non 24 mesi complessivi, secondo la volontà negoziale delle parti sociali che possono concretizzare la facoltà collettiva di deroga. Sei proroghe per ogni contratto. Questo, perché l'attuale formulazione delle disposizioni del decreto legge fa salva la delega alla contrattazione collettiva nazionale del somministratore con riferimento alle proroghe e alla durata complessiva contrattuale collettiva.
Inoltre, data la funzione sociale ed economica della somministrazione e la sua netta separazione dal tempo determinato diretto, è opportuno ribadire come al termine del periodo della somministrazione di 36 mesi, anche di utilizzo complessivo, il lavoratore possa essere utilizzato ancora dall'APL (reimpiego) ma non presso il medesimo utilizzatore poiché ciò potrebbe alimentare forme di elusione da parte del datore di lavoro sostanziale. Il limite massimo e complessivo agirebbe sull'effettivo utilizzatore mentre l'APL al raggiungimento dei 36 mesi complessivi presso il medesimo utilizzatore avrebbe la facoltà di poter inviare in missione il lavoratore per altri 36 mesi (anche complessivi) presso altro utilizzatore. Data la ratio per cui un’agenzia per il lavoro assume in relazione a un fabbisogno lavorativo non proprio ma di un altro datore di lavoro.
Il contributo aggiuntivo dello 0,5%
L'attuale configurazione normativa prevede ex novo un incremento contributivo dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto di lavoro a tempo determinato anche in regime di somministrazione. Rispetto alla strutturazione del tempo determinato diretto è opportuno ricordare che tale misura di natura esponenziale (0,5% a ogni rinnovo) finirebbe per aggravare ulteriormente l’onerosità della somministrazione, in quanto, l'istituto nella strutturazione del costo del lavoro rispetto al tempo determinato diretto, presenta già un aggravio del 4,30%/4,20% con riferimento a un 4% per il Fondo di settore Forma.Temp (dedicato agli interventi di politica attiva) e a uno 0,20%/0,30% quale onere contributivo previsto dal CCNL di settore volto a garantire una serie di misure di welfare che accompagnano il lavoratore sia in costanza del rapporto di lavoro sia al termine della missione. Forme di assistenza e garanzia non previste nel tempo determinato diretto. In ultima, ma di straordinaria importanza, è la seria possibilità che si generi un effetto turnover volto alla ricerca di nuove risorse non portatrici di aggravio contributivo.
Le garanzie costituzionali, di legge e collettive sulla parità di trattamento
Il lavoratore in somministrazione ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo di un lavoratore direttamente assunto dall’azienda utilizzatrice, che svolge lo stesso lavoro. È un diritto previsto per legge e disciplinato dal C.C.N.L. delle Agenzie per il lavoro. Ciò significa applicare la stessa retribuzione e tutte le altre regole previste dal C.C.N.L. e della contrattazione territoriale e/o aziendale (se prevista) in uso
nell’azienda utilizzatrice.