Legittimo il contratto di lavoro intermittente anche se il CCNL lo vieta
Legittimo il contratto di lavoro intermittente anche se il CCNL lo vieta
Renzo La Costa
La normativa che ha introdotto il contratto di lavoro intermittente non ha affatto attribuito alla contrattazione collettiva la facoltà di vietare l’instaurazione di tale tipologia di rapporto, bensì ha previsto che alla medesima contrattazione sia delegata l’individuazione delle casistiche che devono configurarsi per il legittimo ricorso al rapporto di lavoro. Sicchè, anche in presenza del divieto adottato dalla contrattazione applicabile al rapporto, l’organizzazione del rapporto di lavoro con modalità intermittente è legittima ove rientrante tra le voci previste dal R.D. n. 2657/1923. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione in sentenza nr.29423 del 13 novembre 2019, ponendo evidentemente fine alle molteplici incertezze interpretative che si trascinavano sin dall’entra in vigore del dlgs 276/2003.
La Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda di un lavoratore intesa all'accertamento dell'illegittimità del contratto di lavoro intermittente stipulato con una s.r.l. ed alla conversione del rapporto di lavoro in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La Corte territoriale, premessa la genuinità del contratto di lavoro intermittente stipulato con riferimento alle esigenze individuate in via sostitutiva della contrattazione collettiva dal Ministero del Lavoro con il DM 23.10.2004 n. 459, il quale faceva riferimento alla tabella allegata al r.d. n. 2657 del 1923 espressamente richiamata nel contratto individuale, ha osservato che il c.c.n.l. 2011, applicabile alla concreta fattispecie, non conteneva più la previsione impeditiva del ricorso alla tipologia del lavoro a chiamata adottata dalle parti collettive con il contratto vigente nel periodo antecedente 2004/2007, giustificata in quella sede dalla « novità degli strumenti» e dalla situazione congiunturale di settore e, quindi, legata ad un presupposto transitorio, con un'efficacia limitata nel tempo. Il giudice di appello ha, inoltre, rimarcato che l’interpretazione delle previsioni collettive in senso ostativo alla possibilità di stipulare il contratto in controversia avrebbe finito con il vanificare la sostanziale operatività del ricorso al lavoro intermittente introdotto dall'art. 33 d. Igs n. 276 del 2003 e riconosciuto alle parti collettive un potere smentito dalla disciplina di legge stante la contestuale previsione dell'intervento ministeriale in caso di inerzia delle parti sociali nel regolamentare i casi in cui era consentito il ricorso a detta tipologia contrattuale Per la cassazione della decisione proponeva ulteriore ricorso il lavoratore, sostenendo che nel dettare la disciplina in tema di contratto intermittente il
legislatore aveva attribuito in via esclusiva alle parti collettive il potere di individuare le esigenze e le prestazioni per le quali era consentito il ricorso a tale tipologia contrattuale; l'intervento sussidiario e sostitutivo del Ministero del lavoro mediante l'adozione di apposito decreto ministeriale era contemplato, infatti, nella sola ipotesi di inerzia delle parti collettive e non anche quando queste si fossero comunque attivate esprimendosi in senso ostativo alla utilizzabilità di tale tipologia contrattuale nell'ambito del settore oggetto di regolazione. Nel caso di specie, con il contratto collettivo 2004, immediatamente successivo all'entrata in vigore del d. Igs n. 276 del 2003, che tale tipologia contrattuale aveva introdotto, le parti sociali avevano convenuto la non applicabilità dell'istituto e la previsione era stata riprodotta nel c.c.n.l. successivo 2013 mentre solo con il c.c.n.l. 2017 era stato sancito il venir meno del divieto all'utilizzazione del lavoro intermittente. La interpretazione propugnata, che riconosceva, in sintesi, alle parti collettive un potere di veto in merito all'utilizzabilità, nello specifico settore, del contratto intermittente risultava avallata, del resto, dal parere in data 4.10.2016 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il quale aveva confermato la possibilità che le parti sociali, nell'esercizio della loro autonomia contrattuale, potessero legittimamente escludere l'utilizzabilità, nel settore regolato, di tale tipologia contrattuale.
La suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso.
E' noto che il d. Lgs n. 276 del 2003 ha introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento la regolamentazione del contratto di lavoro intermittente (art. 33- 40 d. Igs cit.) il quale, secondo la definizione legislativa di cui all'art. 33 d. Igs cit., è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui all'articolo 34.
Tale regolamentazione ha avuto vicende contrastanti posto che dopo una prima abrogazione ad opera della legge n. 247 del 2007 l'istituto è stato ripristinato nella formulazione iniziale dal d.l. n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 2008 (art. 39, comma 11), e successivamente modificato dalla legge n. 92 del 2012 e, a distanza di un anno, dal d.l. n. 76 del 2013, convertito dalla legge
n. 99 del 2013, con il duplice obiettivo di limitarne il campo d'applicazione e di introdurre correttivi diretti a contrastare forme distorsive di ricorso all'istituto. Il d. Igs. n. 81 del 2015, sul riordino dei contratti di lavoro, emanato in attuazione della legge delega n. 183 del 2014 (cd. Jobs act), ha riformulato ora negli artt. 13-18 la disciplina del contratto in esame, senza alterarne i tratti caratteristici che restano confermati.
Lo stesso provvedimento dispone contestualmente l'abrogazione, a decorrere dal 25 giugno 2015, della previgente normativa.
Avuto riguardo all'epoca della stipula del contratto in oggetto ( 2011), la disciplina applicabile è quella risultante dal ripristino operato dal d. I. n. 112 del 2008 convertito dalla legge n. 133 del 2008.
Ciò posto, pacifico che il contratto in esame rientra nella ipotesi regolata dall'art. 34, comma 1 (contratto fondato su causale cd. di carattere oggettivo e non legata alle condizioni personali del lavoratore come nella ipotesi regolata dal comma 2), la tesi dell'odierno ricorrente circa il ruolo della contrattazione collettiva ed in particolare la configurabilità in capo a quest'ultima di un potere
di veto in ordine alla utilizzabilità tout -court del contratto di lavoro intermittente, non trova conferma nel dato testuale e sistematico della disciplina di riferimento. L'art. 34, comma 1, d. Igs n. 276 del 2003 si limita, infatti, a demandare alla contrattazione collettiva la individuazione delle «esigenze>> per le quali è consentita la stipula di un contratto a prestazioni discontinue, senza riconoscere esplicitamente alle parti sociali alcun potere di interdizione in ordine alla possibilità di utilizzo di tale tipologia contrattuale; né un siffatto potere di veto può ritenersi implicato dal richiamato «rinvio>> alla disciplina collettiva che concerne solo un particolare aspetto di tale nuova figura contrattuale e che nell'ottica del legislatore trova verosimilmente il proprio fondamento nella considerazione che le parti sociali, per la prossimità allo specifico settore oggetto di regolazione, sono quelle maggiormente in grado di individuare le situazioni che giustificano il ricorso a tale particolare tipologia di lavoro.
L'assunto della possibilità per le parti collettive di impedire del tutto la utilizzazione di tale forma contrattuale risulta smentito dalla contestuale previsione nell'ambito del primo comma dell'art. 34 di un potere di intervento sostitutivo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da adottarsi con apposito decreto trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, previsione che denota in termine inequivoci la volontà del legislatore di garantire l'operatività del nuovo istituto, a prescindere dal comportamento inerte o contrario delle parti collettive.
Ciò in coerenza con il complessivo impianto della legge delega n. 30 del 2003 e con le dichiarate finalità della stessa di disciplina o razionalizzazione delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite (art. 4). L'art. 40 d. Igs cit. il quale nella ipotesi di mancata determinazione da parte del contratto collettivo nazionale dei casi di ricorso al contratto di lavoro intermittente prevede una specifica procedura, da espletarsi nel rispetto di contenute cadenze temporali, finalizzata alla promozione dell'accordo sul punto dei soggetti negoziali e, in mancanza, dispone che entro i quattro mesi successivi, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individui in via provvisoria e con proprio decreto, tenuto conto delle indicazioni contenute nell'eventuale accordo interconfederale di cui all'articolo 86, comma 13, e delle prevalenti posizioni espresse da ciascuna delle due parti interessate, i casi in cui è ammissibile il ricorso al lavoro intermittente ai sensi della disposizione di cui all'articolo 34, comma 1, e dell'articolo 37, comma 2.
Ulteriore conferma della lettura qui condivisa si trae, infine, dalla previsione del comma tre dell'art. 34 d. Igs cit. il quale tra le ipotesi di divieto del ricorso al lavoro intermittente non contempla anche quella di inerzia o veto delle parti collettive.
A tanto è conseguito il rigetto del ricorso.
Di seguito si riporta la tabella (vigente) allegata al X.X. 0 dicembre 1923, n. 2657
X.X. 0 dicembre 1923, n. 2657 (1).
Approvazione della tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'art. 1° del decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692 (2) (3).
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 dicembre 1923, n. 299.
(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 20 febbraio 1996, n. 40; Circ. 28 agosto 1996, n. 174; Circ. 23 gennaio 1997, n. 13;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 21 novembre 1996, n. 5/27319/70/OR; Circ. 10 luglio 1996, n. 100/96.
(3) Il presente provvedimento era stato abrogato dall’Allegato A al D.L. 25 giugno 2008, n. 112, ai sensi di quanto disposto e con la decorrenza indicata nell’art. 24 dello stesso decreto. L’abrogazione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato allegato dopo la conversione in legge del suddetto decreto. Articolo unico. - È approvata la tabella annessa al presente decreto, vista d'ordine nostro dal Ministro proponente, indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia, alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'art. 1° del decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692.
Tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia, alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'art. 1° del regio decreto-legge 15 marzo 1923,
n. 692 (art. 3 regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692, e art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955)
1. Custodi.
2. Guardiani diurni e notturni, guardie daziarie.
3. Portinai.
4. Fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono una applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti.
L'accertamento che le mansioni disimpegnate dai fattorini costituiscono un'occupazione a carattere continuativo è fatta dall'Ispettorato del lavoro (4).
5. Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in gedere, carrozze-letto, carrozze ristoranti e piroscali, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
6. Xxxxxxxx, magazzinieri, dispensieri ed aiuti.
7. Personale addetto alla estinzione degli incendi.
8. Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità (5).
9. Cavallanti, stallieri e addetti al governo dei cavalli e del bestiame da trasporto, nelle aziende commerciali e industriali.
10. Personale di treno e di manovra, macchinisti, fuochisti, manovali, scambisti, guardabarriere delle ferrovie interne degli stabilimenti.
11. Sorveglianti che non partecipino materialmente al lavoro.
12. Addetti ai centralini telefonici privati.
13. Personale degli ospedali, dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, fatta eccezione per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale degli ammalati, dei reparti per agitati o sudici nei manicomi, dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali, delle sezioni specializzate per ammalati di forme infettive o diffusive, e, in genere, per tutti quei casi in cui la limitazione di orario, in relazione alle particolari condizioni della assistenza ospedaliera, sia riconosciuta necessaria dall'Ispettorato dell'industria e del lavoro, previo parere del medico provinciale.
14. Commessi di negozio nelle città con meno di cinquantamila abitanti a meno che, anche in queste città, il lavoro dei commessi di negozio sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto, su
conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate, e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio.
15. Personale addetto alla sorveglianza degli essiccatoi.
16. Personale addetto alla sorveglianza degli impianti frigoriferi.
17. Personale addetto alla sorveglianza degli apparecchi di sollevamento e di distribuzione di acqua potabile.
18. Personale addetto agli impianti di riscaldamento, ventilazione e inumidimento di edifici pubblici e privati.
19. Personale addetto agli stabilimenti di bagni e acque minerali, escluso il personale addetto all'imbottigliamento, imballaggio e spedizione.
20. Personale addetto ai servizi di alimentazione e di igiene negli stabilimenti industriali.
21. Personale addetto ai servizi igienici o sanitari, dispensari, ambulatori, guardie mediche e posti di pubblica assistenza, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato corporativo (6), manchino nella particolarità del caso, gli estremi di cui all'art. 6 del Regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) (7).
22. Xxxxxxxx, parrucchieri da uomo e da donna nelle città con meno di centomila abitanti, a meno che, anche in queste città, il lavoro dei xxxxxxxx e parrucchieri da uomo e da donna sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio.
23. Personale addetto alla toeletta (manicure, pettinatrici).
24. Personale addetto ai gazometri per uso privato.
25. Personale addetto alla guardia dei fiumi, dei canali e delle opere idrauliche.
26. Personale addetto alle pompe di eduzione delle acque se azionate da motori elettrici.
27. Personale addetto all'esercizio ed alla sorveglianza dei forni a fuoco continuo nell'industria della calce e cemento, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, nella particolarità del caso, concorrano speciali circostanze a rendere gravoso il lavoro. Fuochisti adibiti esclusivamente alla condotta del fuoco nelle fornaci di laterizi, di materiali refrattari, ceramiche e vetrerie.
28. Personale addetto nelle officine elettriche alla sorveglianza delle macchine, ai quadri di trasformazione e di distribuzione, e alla guardia e manutenzione delle linee e degli impianti idraulici, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, la sorveglianza, nella particolarità del caso, non assuma i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
29. Personale addetto alla sorveglianza ed all'esercizio:
a) degli apparecchi di concentrazione a vuoto;
b) degli apparecchi di filtrazione;
c) degli apparecchi di distillazione;
d) dei forni di ossidazione, riduzione e calcinazione nelle industrie chimiche, a meno che si tratti di lavori che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, non rivestano i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955;
e) degli impianti di acido solforico e acido nitrico;
f) degli apparecchi per l'elettrolisi dell'acqua;
g) degli apparecchi per la compressione e liquefazione dei gas.
30. Personale addetto alle gru.
31. Capistazione di fabbrica e personale dell'ufficio ricevimento bietole nella industria degli zuccheri.
32. Personale addetto alla manutenzione stradale.
33. Personale addetto esclusivamente nell'industria del candeggio e della tintoria, alla vigilanza degli autoclavi ed apparecchi per la bollitura e la lisciviatura ed alla produzione con apparecchi automatici del cloro elettrolitico.
34. Personale addetto all'industria della pesca (8).
35. Impiegati di albergo le cui mansioni implichino rapporti con la clientela e purché abbiano carattere discontinuo (così detti «impiegati di bureau» come i capi e sottocapi addetti al ricevimento, cassieri, segretari con esclusione di quelli che non abbiano rapporti con i passeggeri), a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) (9).
36. Operai addetti alle pompe stradali per la distribuzione della benzina, comunemente detti pompisti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) (10).
37. Operai addetti al funzionamento e alla sorveglianza dei telai per la segatura del marmo, a meno che nella particolarità del caso a giudizio dell'Ispettorato corporativo (11) manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (12).
38. Interpreti alle dipendenze di alberghi o di agenzie di viaggio e turismo, esclusi coloro che hanno anche incarichi od occupazioni di altra natura e coloro le cui prestazioni, a giudizio dell'Ispettorato corporativo (13), non presentano nella particolarità del caso i caratteri di lavoro discontinuo o di semplice attesa (14).
39. Operai addetti alle presse per il rapido raffreddamento del sapone, ove dall'Ispettorato corporativo
(15) sia nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro (16).
40. Personale addetto al governo, alla cura ed all'addestramento dei cavalli nelle aziende di allevamento e di allenamento dei cavalli da corsa (17).
41. Personale addetto esclusivamente al governo e alla custodia degli animali utilizzati per prodotti medicinali o per esperienze scientifiche nelle aziende o istituti che fabbricano sieri (18).
42. Personale addetto ai corriponti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia) (19).
43. Artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; cineoperatori, cameramen-recording o teleoperatori da ripresa, fotografi e intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici (20).
44. Operai addetti esclusivamente alla sorveglianza dei generatori di vapore con superficie non superiore a 50 mq. quando, nella particolarità del caso, detto lavoro abbia carattere di discontinuità, accertato dall'Ispettorato del lavoro (21).
45. Operai addetti presso gli aeroporti alle pompe per il riempimento delle autocisterne e al rifornimento di carburanti e lubrificanti agli aerei da trasporto, eccettuati i singoli casi nei quali l'Ispettorato del lavoro accerti l'inesistenza del carattere della discontinuità (22).
46. Operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose ove dall'Ispettorato del lavoro sia, nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro (23).
(4) Voce così modificata dal D.P.R. 30 luglio 1951, n. 760.
(5) Voce così modificata dal X.X. 00 giugno 1929, n. 1133.
(6) Ora del lavoro.
(7) Voce così modificata dal X.X. 00 luglio 1941, n. 933.
(8) Voce aggiunta dal X.X. 0 febbraio 1928, n. 288.
(9) Voce aggiunta dal X.X. 00 febbraio 1929, n. 221.
(10) Voce aggiunta dal X.X. 00 aprile 1929, n. 883.
(11) Ora del lavoro.
(12) Voce aggiunta dal X.X. 00 marzo 1930, n. 357.
(13) Ora del lavoro.
(14) Voce aggiunta dal X.X. 00 ottobre 1931, n. 1469.
(15) Ora del lavoro.
(16) Voce aggiunta dal X.X. 00 dicembre 1931, numero 1833.
(17) Voce aggiunta dal X.X. 00 marzo 1932, n. 441.
(18) Voce aggiunta dal X.X. 00 giugno 1933, n. 1408.
(19) Voce aggiunta dal X.X. 00 agosto 1933, n. 1311.
(20) Voce aggiunta dal X.X. 00 aprile 1938, n. 784 e poi così modificata dal D.P.R. 30 aprile 1976, n. 517 (Gazz. Uff. 30 luglio 1976, n. 200).
(21) Voce aggiunta dal D.P.R. 2 dicembre 1951, n. 1556.
(22) Voce aggiunta dal D.P.R. 16 agosto 1952, n. 1238.
(23) Voce aggiunta dal D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 86.