caPItolo 5
caPItolo 5
Il contratto PrelImInare
GUIDA 1. Cenni storico-comparati e profili generali 2. Il nodo della natura giuridica del preliminare 2.1. Tesi del contratto preliminare come contratto meramente prepa- ratorio da cui deriva il solo obbligo di stipulare il contratto finale 2.2. Teoria del preli- minare quale strumento di controllo delle sopravvenienze 2.3. Teoria del preliminare quale contratto definitivo obbligatorio 2.3.1. Critiche alla concezione del preliminare come definitivo obbligatorio 3. Il dogma dell’identità contenutistica tra preliminare e definitivo 3.1. Il regime dei vizi del bene promesso in vendita 4. Forma del contratto preliminare 5. Il contenuto del contratto preliminare 6. Elementi accidentali 6.1. La condizione 6.2. Il termine 7. Vizi del preliminare e relative conseguenze sul definitivo
8. Vizi del definitivo e relative conseguenze sul preliminare: il problema della c.d. “reviviscenza” 9. Risoluzione del contratto preliminare 10. L’azione revocatoria 11. Il rimedio dell’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. 11.1. Vicende del preli- minare e rimedi nei confronti della sentenza ex art. 2932 c.c. 12. La trascrizione del contratto preliminare nella legge 30/1997. Rinvio 13. La tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire: novità legislativa 14. Il contratto prelimi- nare e le procedure concorsuali 15. Esame dei problemi concernenti talune tipologie di contratti preliminari 15.1. Il preliminare ad effetti anticipati 15.1.1. Natura giuri- dica 15.1.2. (segue): la posizione giuridica del promissario acquirente immesso nel godimento anticipato del bene. 15.1.3. (segue): altre questioni inerenti al preliminare ad effetti anticipati. 15.1.4 Il problema dell’estensione dell’art. 1499 c.c. in materia di interessi compensativi 15.2. Il preliminare di vendita di cosa altrui 15.2.1. La propo- sizione anticipata della domanda di esecuzione in forma specifica 15.3. Preliminare di vendita di cosa comune 15.4. Il preliminare concluso da un coniuge in regime di comunione legale 15.5. Preliminare di vendita di nuda proprietà con riserva di usu- frutto 15.6. Preliminare di contratto di locazione e di lavoro 15.7. Contratti reali 15.8. Preliminare di società 15.9. Preliminare di donazione 15.10. Il contratto preliminare delle P.A 15.11. La “soccombenza” del credito privilegiato del promissario acquirente rispetto ai crediti ipotecari precedenti: Cass. Sez. Un., n. 21045/09
1. Cenni storico-comparati e profili generali.
Il contratto preliminare acquista per la prima volta dignità giuridica nell’ordinamento italiano a seguito dell’entrata in vigore del codice ci- vile del 1942.
Esperienza tedesca: pre- liminare non necessario
Esperienza francese: preliminare inammissibile
Scelta italiana
Difatti, stante il silenzio del codice del 1865, il legislatore si trovò a dover attingere all’ esperienze d’oltralpe per la determinazione e qua- lificazione di una stipulazione preparatoria e preliminare al vincolo contrattuale definitivo.
Le principali esperienze di riferimento erano quella tedesca, che operava la scissione di stampo romanistico tra titulus e modus adquiren- di, e quella francese di cui all’art. 1589 del codice napoleonico ispirata ai principi del giusnaturalismo groziano secondo cui “la promessa di vendita vale vendita” 1.
In Germania la previsione di un contratto preliminare non è stata tradizionalmente considerata necessaria attesa la struttura fisiologica del contratto di vendita stesso, che non è di norma un contratto ad effi- cacia reale, ma si atteggia a contratto ad efficacia meramente obbligato- ria che produce come unico effetto quello di obbligare al trasferimento della proprietà attraverso il compimento di un atto a valle astratto co- stituente il modus traslativo.
Pertanto, è evidente l’inutilità della previsione di un vincolo pre- contrattuale quale il preliminare atteso che la scissione tra il momen- to della decisione e quello della produzione dell’effetto traslativo è connaturato nella matrice stessa del contratto di vendita ad effetti obbligatori (titulus) che, per realizzare l’effetto traslativo, necessita di un successivo atto a valle (modus) completamente astratto e, come tale, insensibile sul piano dell’effetto traslativo, alle vicende del titu- lus stesso.
In Francia, invece, il contratto preliminare non è addirittura am- messo come figura generale. Difatti, l’art. 1589 cod. nap., nel sancire il principio consensualistico puro ed inderogabile, sancisce il principio di ordine pubblico dell’inammissibilità della scissione tra titulus e mo- dus adquirendi. Pertanto, la stipulazione di un contratto preliminare con il quale ci si obblighi ad un futuro trasferimento di proprietà attraverso un successivo contratto definitivo, cozzerebbe con l’imperativa regola dell’efficacia immediatamente traslativa del consenso.
A fronte di tali esperienze il legislatore del ‘42 ha optato per una soluzione mediana ricavabile dal combinato disposto di cui agli artt. 2932 c.c., che sancisce l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto nascente sia dal preliminare che da altro titolo;
1 Sul punto v. X. Xxxxxxx, Il contratto preliminare, volume XIII, tomo II, Torino, 2002, secondo cui “il principio del consenso traslativo si affermò anche grazie agli entusiasmi uto- pistici del giusnaturalismo groziano, secondo cui l’imperativo categorico della morale sarebbe stato sufficiente a garantire l’osservanza dei patti, dimenticando che il diritto ha il compito di prevenire le liti e di assicurare l’ordine dei commerci, sul presupposto incontrovertibile che l’uomo tende a non osservare i patti stessi, pur se liberamente assunti”.
1351 c.c. sulla forma del preliminare che deve essere identica a quella del definitivo; 2652 n. 6 c.c. che consente la trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica con effetto retroattivo della trascrizione della sentenza.
La legge n. 30/1997 ha poi previsto la trascrizione di alcuni contratti preliminari (art. 2645-bis c.c.).
In sostanza, la regola dell’effetto traslativo del consenso sancita dall’art. 1376 c.c. è stata temperata dall’ammissione di contratti che vincolino le parti in vista del futuro trasferimento non producendo essi stessi il trasferimento. In tale ottica il contratto preliminare rappresenta un temperamento al principio consensualistico ammettendosi (come in Germania) che possa esserci una scissione tra il momento della de- cisione e quello del trasferimento, con lo strumento (diverso da quello tedesco del contratto definitivo ad efficacia obbligatoria cui segue un atto solutorio astratto) del contratto preliminare che vincola alla stipu- la di un altro contratto causale definitivo. Si osservi, però, che nell’or- dinamento tedesco l’assenza di causa non incide sulla validità ed ef- ficacia dell’atto solutorio astratto, ma obbliga alla sola ripetizione di indebito tesa a neutralizzare l’effetto traslativo in ogni caso prodottosi; nel nostro sistema invece, la mancanza di supporto causale comporta la nullità della stipulazione finale e, per l’effetto, impedisce ab origine l’effetto traslativo.
Il contratto preliminare può essere, quindi, definito come il contrat- to da cui nasce l’obbligo per le parti di addivenire ad un successivo contratto definitivo, il cui regolamento di interessi è già stato predispo- sto nel preliminare.
Vi è, quindi, una scissione tra il momento della predisposizione (sti- pula del preliminare) e il momento di attuazione (stipula del definiti- vo) del regolamento di interessi.
Quanto alla funzione del preliminare, sebbene parte della dottri- na gli abbia attribuito una funzione meramente dilatoria in virtù del- la quale le parti tenderebbero a differire nel tempo la conclusione del contratto, anche per definire assetti dell’affare non ancora concordati, la tesi prevalente ritiene che la funzione del preliminare sia quella di controllo delle sopravvenienze al fine di consentire l’ulteriore ponde- razione della convenienza dell’affare e di cautelarsi da un mutamento sfavorevole delle circostanze.
Il preliminare può essere bilaterale oppure unilaterale, a seconda che l’obbligo di prestare il futuro consenso ricada, rispettivamente, su en- trambe le parti o su una sola di esse.
Inoltre, nella pratica degli affari, sempre più frequentemente si ri- scontra il ricorso ad una sequenza negoziale costituita da una proposta
Definizione
Funzione
Preliminare di preliminare
d’acquisto di una parte cui segue l’accettazione dell’altro contraente alla stipulazione di un successivo preliminare, da cui scaturirà l’obbli- go alla sottoscrizione di un contratto definitivo.
Al proposito si parla di preliminare di preliminare (o contratto preli-
minare «aperto») avente contenuto diverso rispetto al successivo con- tratto preliminare stricto sensu inteso (c.d. «chiuso») alla cui stipulazio- ne il primo vincola giuridicamente le parti ad addivenire2.
2. Il nodo della natura giuridica del preliminare.
Quanto al rapporto tra preliminare e definitivo, e segnatamente alla natura giuridica del preliminare e del definitivo, il dibattito si è snoda- to attraverso tre tappe che hanno partorito l’elaborazione di altrettante teorie.
Teoria del preliminare
quale contratto meramente preparatorio
2.1. Tesi del contratto preliminare come contratto meramente preparatorio da cui deriva il solo obbligo di stipulare il contratto finale.
La tesi tradizionale ritiene che il preliminare sia un contratto mera- mente preparatorio da cui nasce esclusivamente l’obbligo di prestare il consenso per il definitivo. Quindi, si tratta di un contratto avente una causa diversa da quella del definitivo perché completamente sle- gata dall’esecuzione delle prestazioni finali, con cui si promettono solo consensi senza alcun vincolo finale. Il preliminare è una promessa di consensi e non di prestazioni.
Il contratto definitivo, invece, è considerato quale unico contratto da cui deriva l’obbligo di eseguire le prestazioni, avente causa propria, diversa e autonoma rispetto al preliminare, atteso che solo col defi- nitivo si sancisce il programma negoziale concernente le prestazioni effettivamente da eseguire.
Da tale impostazione discende una forte limitazione della tutela del promissario acquirente rispetto al contratto preliminare, perché, partendo dall’assunto che alla causa del preliminare sono estranee le vicende delle prestazioni finali, non si può che trarre il corollario dell’insensibilità delle sorti del preliminare rispetto alle vicende delle prestazioni stesse.
La funzione del preliminare, quindi, si esaurisce con la stipula del definitivo da cui è definitivamente assorbito se non travolto. La stipula del definitivo, infatti, in quanto adempimento dell’obbligazione na-
2 X. Xxxxx, Appunti sugli orientamenti giurisprudenziali in tema di minuta di puntuazio- ne e «preliminare di preliminare», in Corr. giur., 2004, 8, 1067 ss.
scente dal preliminare, costituisce, al pari di ogni adempimento, causa di estinzione del preliminare.
A fronte della povertà contenutistica degli obblighi derivanti dal preliminare (che si riducono al solo prestare il consenso) ed atteso che dal preliminare non consegue alcun obbligo di preparazione delle pre- stazioni, conseguono taluni corollari.
La prima e più importante conseguenza che deriva dall’accogli- mento di tale impostazione riguarda il regime delle patologie del preliminare, aggredibile in ipotesi molto più limitate rispetto al de- finitivo.
Difatti, se il preliminare è un contratto con causa meramente pre- paratoria dal quale deriva il solo obbligo di prestare il consenso al definitivo, le uniche patologie proprie riguarderanno la nullità per difetto formale e l’annullabilità per incapacità o vizi del consenso. Non è invece paventabile la rescissione che è legata all’iniquità del rapporto tra le prestazioni finali (che si è visto essere irrilevante per il preliminare).
Alla stessa stregua, passando alle vicende risolutorie, si deve con- cludere per l’eccessiva onerosità delle prestazioni, considerata vicenda estranea al preliminare. Difatti, la rottura sopravvenuta dell’equilibrio delle prestazioni, nelle more tra preliminare e definitivo, non incide sulle sorti del preliminare e non consente un’eccezione volta a paraliz- zare l’azione di esecuzione in forma specifica.
Sul piano della risoluzione per impossibilità sopravvenuta, conside- rando il preliminare una mera promessa di consensi, il limite all’ema- nazione della sentenza ex art. 2932 c.c., dato dalla possibilità della pro- nuncia 3, va inteso con riguardo non alla possibilità delle prestazioni finali, ma alla possibilità del solo consenso. Quindi, paradossalmente anche se le prestazioni finali non fossero più possibili, ma non ricor- ressero vicende ostative al consenso (per esempio morte o incapacità sopravvenuta del contraente), sarebbe necessario comunque stipulare un contratto definitivo destinato a caducare per impossibilità dell’ese- cuzione della prestazione finale.
Stesso discorso anche per i vizi del bene promesso (o per la man- canza di qualità), visto che la circostanza che la prestazione sia viziata o il bene difforme sarebbe estranea al preliminare e, come tale, non potrebbe incidere sulle sorti del preliminare stesso.
Ulteriore conseguenza è quella relativa all’ipotesi di difformità tra preliminare e definitivo ovvero alla non riproduzione nel definitivo di clausole contenute nel solo preliminare.
Conseguenze:
a) Patologie
b) Vicende risolutorie
c) vizi
d) Difformità ed omissione di clausole
3 Lad dove non sia stato adempiuto l’obbligo del preliminare e questo adempimen- to sia possibile.
e) Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
Nella prima ipotesi è chiaro che, a fronte della natura meramente preparatoria del preliminare, se il definitivo è l’unico contratto con cui si decide il programma finale e se il preliminare esaurisce la sua fun- zione con la stipula del definitivo, l’unica manifestazione di volontà negoziale è quella del definitivo. Definitivo che, pertanto, prevale sul preliminare, in base alla presunzione che con la stipulazione finale le parti abbiano voluto porre in essere un programma negoziale diverso in parte da quello predisposto con il preliminare.
Per le stesse ragioni, nell’ipotesi di omissione di clausole, queste si intendono rinunciate dalle parti se non riproposte nel contratto defi- nitivo.
Ultima conseguenza riguarda i mezzi di conservazione della garan- zia patrimoniale.
Quanto all’azione revocatoria, non essendo il preliminare un atto dispositivo che possa produrre come effetto il depauperamento della garanzia patrimoniale generica, detto rimedio potrà essere proposto avverso l’unico atto dispositivo, attualmente o potenzialmente lesivo della garanzia medesima, che è il contratto definitivo.
In ordine all’azione surrogatoria, essendo il definitivo l’unico con- tratto in cui si esplica l’autonomia negoziale, il principio applicabile è quello generale della non surrogabilità di diritti che comportino eserci- zio di un potere negoziale rimesso all’insindacabile scelta delle parti al momento della stipula del definitivo.
In conclusione, alla stregua di questa ricostruzione, relegato il preliminare a contratto meramente preparatorio avente come uni- ca e sostanziale finalità quella di obbligare a prestare i consensi, si conclude che le problematiche relative alle prestazioni finali non incidono mai sul contratto preliminare e che le parti, salvi i casi limitati di patologia propria del preliminare, sono comunque obbli- gate a stipulare il definitivo cui si rinvia per l’azionabilità di quei rimedi inconcepibili nei confronti del preliminare, anche se i relati- vi presupposti si siano già verificati nelle more tra quest’ultimo ed il definitivo.
2.2. Teoria del preliminare quale strumento di controllo delle sopravve- nienze.
In una seconda fase, con lo sviluppo sempre più frequente nella prassi del preliminare ad effetti anticipati, si è fatta strada l’idea secondo cui il contratto centrale della vicenda non sia il definitivo, ma il prelimina- re, appunto. Se si considera, infatti, che nel preliminare ad effetti antici- pati le parti stabiliscono obbligatoriamente di eseguire, talora in toto, le prestazioni finali, è evidente la difficoltà di sostenere che il preliminare
sia, almeno in questo caso, un contratto meramente preparatorio con cui ci si obbliga al solo consenso.
Si è osservato, inoltre, che, anche laddove non vi siano prestazio- ni anticipate, ciò non esclude che le parti con il preliminare vogliano perseguire interessi identici a quelli conseguiti con le prestazioni finali e che il programma negoziale del preliminare sia lo stesso del defini- tivo.
Da questo duplice ordine di considerazioni si ricava il corollario dell’ampliamento del fascio delle obbligazioni, dovendosi ritenere che il contratto preliminare non sia estraneo alle prestazioni finali in quan- to obbliga alla loro esecuzione (se il preliminare è ad effetti anticipati) e, comunque, alla loro preparazione al fine di consentire l’attuazione del programma finale.
Questa impostazione, maturata intorno agli anni ‘70-’80 e che tro- va il suo fondamento nelle Sezioni Unite del 25 febbraio 1985 n. 1720, non revoca quindi in dubbio la natura contrattuale del definitivo, ma intende il preliminare come contratto obbligatorio relativo non solo al consenso ma anche alle prestazioni.
Si inizia così a dare una lettura più ampia della causa del preliminare ritenendo che quando le parti assumono con esso l’obbligo di stipulare un contratto finale, la causa di tale preliminare si proietta ed è stretta- mente collegata al programma che vogliono raggiungere e, quindi, alle prestazioni che dovranno essere eseguite all’esito della vicenda nego- ziale, sia pure transitando attraverso un successivo contratto. Se cosi è, il preliminare persegue la finalità di realizzare un programma inerente alle prestazioni del definitivo. Le cause del preliminare e del definitivo sono allora identiche, trattandosi di contratti con cui si assumono ob- blighi relativi ad un identico programma prestazionale.
In tal senso, come detto, si sono espresse anche le SS.UU. dell’85 4
Preliminare inteso come promessa non solo di consenso ma anche di prestazioni
4 Cfr. Xxxx., sez. un., 07 luglio 2004, n. 12505, in Giur. it., Suppl., 268, secondo cui: “È così maturato progressivamente il convincimento che l’impegno assunto con il preliminare non si esaurisce nello scambio dei consensi richiesto per la stipulazione del contratto definitivo. Non solo perché l’interesse delle parti è diretto alla realizzazione dell’operazione economica pro- grammata, rispetto alla quale il contratto definitivo assume un rilievo meramente strumentale. Ma (e soprattutto) perché la conclusione di detto contratto non è neppure indispensabiIe per il raggiungimento del risultato perseguito dalle parti, avendo il legislatore previsto che lo stesso obiettivo possa essere raggiunto mediante la pronuncia di una sentenza produttiva degli effetti del contratto “non concluso” (art. 2932 c.c.). Il contratto preliminare e quello definitivo, pur rimanendo distinti, si configurano pertanto quali momenti di una sequenza procedimentale diretta alla realizzazione di un’operazione unitaria (Cass., 27 giugno 1987, n. 5716). E in termini non diversi si pongono i rapporti tra il contratto preliminare e la sentenza destinata a surrogare il contratto “non concluso”, dal momento che la natura giurisdizionale dell’atto non esclude che il rapporto da essa derivante abbia pur sempre natura contrattuale. Questo spiega, tra l’altro, perché (superando il dogma della immodificabilità del contratto preliminare, il quale postula che l’aspetto definitivo dell’operazione coincida esattamente con quello prefigurato nel
Inadempi- mento del preliminare
secondo cui il “preliminare è un contratto in cui vi è non solo una promessa di consensi ma anche di prestazioni”. Con il preliminare non si assume infatti solo l’obbligo di prestare il consenso, ma anche l’obbligo di ap- prontare e rendere possibile l’esecuzione delle prestazioni finali all’esi- to del definitivo.
Tale impostazione è stata confermata, nel 2006, da una pronuncia delle Sezioni Unite 5 riguardante, in modo specifico, il preliminare di vendita di cosa altrui (per il quale si rinvia al par. 15.2). La Suprema Corte, infatti, ha colto l’occasione per formulare alcune considerazioni di carattere generale sull’ essenza e la funzione del contratto prelimi- nare di vendita. In particolare, negata la qualificazione del preliminare di vendita come pactum de contrahendo, ha chiarito che esso è fonte per il promittente alienante di due obbligazioni: una, primaria, di dare e cioè di far acquistare la proprietà del bene oggetto del contratto al pro- missario acquirente; e un’ altra, strumentale all’ adempimento della prima, di facere, e cioè di prestare il proprio consenso alla conclusione del definitivo 6.
In definitiva, il preliminare, pur rimanendo un contratto preparato- rio, è un contratto che ha un’efficacia obbligatoria complessa.
Da tale impostazione discende un concetto più ampio di inadempi- mento del preliminare. Difatti, il preliminare si considera inadempiu- to, anche ai fini dell’exceptio inadimpleti contractus ex art. 1460, non solo quando il soggetto ponga in essere delle condotte di rifiuto (non giusti- ficato) del consenso, ma anche quando tra preliminare e definitivo ten- ga delle condotte tali da non rendere possibile la corretta esecuzione delle prestazioni o, più in generale, quando non realizzi quell’attività preparatoria volta a rendere possibile la corretta esecuzione del pro- gramma prestazionale dopo la stipula del definitivo. L’inadempimen- to può allora essere concretato ancor prima dello scadere del termine
preliminare) sia stata ammessa dalle sentenze appena ricordate, (in presenza di difformità non sostanziali e di vizi incidenti sul relativo valore e su qualche secondaria modalità di godimento), la possibilità di introdurre, nel giudizio promosso ai sensi del citato art. 2932 c.c., domande dirette a modificare o ad integrare il contenuto delle prestazioni delle parti”.
5 Cass. civ., Sez. Un., 18 maggio 2006, n. 11624, in Corr. giur. n. 10/2006, 1394 e ss.
6 Ancor più di recente Cass., sez. III, n. 16937 del 25 luglio 2006 ha considerato il contratto preliminare come struttura negoziale autonoma, destinata a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello che sarà compiutamente attuato con il con- tratto definitivo ( cosicché il suo oggetto non consiste solo in un “facere” ma anche e soprattutto in un futuro “dare”, consistente nel trasferimento del diritto sul bene). Se ne trae la conseguenza che, ove il preliminare sia stato stipulato con persona incapace (nel caso di specie, inabilitato), l’unica azione a disposizione della parte promissaria acquirente, che abbia già in parte eseguito la sua prestazione, sia quella contrattuale ex art. 1443 c.c. , mentre esclude la cumulabilità con tale azione dell’azione extracontrat- tuale che sanziona la malafede della controparte durante le trattative, che perdono di autonoma rilevanza con l’intervenuta stipula del preliminare.
per la stipula del definitivo quante volte sia certo che il programma finale non sarà attuabile con successo.
In tema di vizi (materiali e giuridici), il preliminare, diversamen- te dal definitivo (ad esempio di vendita), avendo natura obbligatoria, pone obblighi relativi ad un facere complesso, finalizzato anche ad ap- portare al bene quei correttivi necessari affinché il bene approdi al defi- nitivo idoneo a soddisfare gli interessi che le parti hanno programma- to. Si ammette, pertanto, l’azione di esatto adempimento (ivi comprese la riparazione e la sostituzione del bene) che nel contratto di compra- vendita definitivo non è possibile dal momento che quest’ultimo ha un effetto immediatamente traslativo e non ha un contenuto obbligatorio avente per oggetto un facere.
L’impossibilità sopravvenuta non è a questo punto più intesa come impossibilità del consenso, ma come impossibilità della prestazione, con la conseguenza che, per ragioni di economia giuridica, non ha sen- so obbligare alla stipula di un definitivo che si sa già non essere esegui- bile per impossibilità sopravvenuta. Si anticipa quindi al preliminare il rimedio dell’impossibilità sopravvenuta, in chiave di azione o di ec- cezione; così come se ne ammette la rilevabilità d’ufficio da parte del giudice ai sensi dell’art. 2932 c.c. 7.
Stesso discorso per la risoluzione per eccessiva onerosità del preli- minare possibile quante volte nelle more tra preliminare e definitivo si infranga l’equilibrio contrattuale per vicende sopravvenute. È possibi- le anche esercitare la riduzione ad equità con conseguente possibilità di controllo delle sopravvenienze.
Lo stesso dicasi per la presupposizione, rilevante anche nel prelimina-
re ove, prima del momento programmato per il definitivo, venga meno il presupposto considerato dalle parti per la stipula conclusiva (ad es. il bene diviene inedificabile).
Quanto alla rescissione per lesione, si è concluso che anch’essa è anticipabile al preliminare fondamentalmente per gli stessi motivi: se con il preliminare si programmano le prestazioni, il disequilibrio delle prestazioni può essere fatto valere già nei confronti del preliminare.
Si è ritenuta applicabile al preliminare anche la disciplina dell’art. 1461 c.c., che fa riferimento alla autotutela privata con la possibilità di sospendere la propria prestazione laddove ci sia il pericolo di ina- dempimento altrui. Difatti, se si ritiene che il preliminare programmi le prestazioni e non solo i consensi e si ha la ragionevole certezza che la controparte non adempirà le proprie prestazioni, è ben possibile so-
Azione di esatto
adempimento ed actio quanti minoris
Risoluzione
Presupposizione
Rescissione
Art. 1461 c.c.
7 Vedi Cass. II 4 dicembre 2006, n. 25703 per la risoluzione del preliminare a segui- to del mancato accatastamento dell’immobile e nell’omesso rilascio del certificato di abitabilità.
spendere l’adempimento delle obbligazioni, ivi compresa l’obbligazio- ne di stipulare il contratto ex art. 2932 c.c.
Sul tema della persistenza o meno degli obblighi derivanti dal pre- liminare non attuati in sede di stipula del definitivo, la tesi del doppio contratto appare, però, divisa al suo interno.
Parte della dottrina, ponendo l’ accento sulla causa solutoria del definitivo, afferma che laddove quest’ ultimo presenti una disomoge- neità contenutistica rispetto al preliminare, non pare possibile enun- ciare una regola generale che comporti sempre la prevalenza del de- finitivo, o, viceversa, che conduca a ritenere sempre inadempiuto il preliminare. Xxxxxxxxx, sarebbe compito dell’ interprete indagare l’ ef- fettiva volontà dei contraenti, al fine di accertare se in sede di stipula del contratto definitivo abbiano inteso modificare le pattuizioni pre- liminarmente concordate o se abbiano adempiuto solo parzialmente al preliminare, che per la parte non ancora eseguita resta suscettibile di esecuzione specifica dell’ obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 c.c. Si osservi, inoltre, che detta indagine, essendo relativa all’ interpretazione di un negozio, attiene al fatto, ed è, quindi, non solo preclusa al giudice di legittimità, ma anche dal medesimo incen- surabile se sorretta da congrua ed adeguata motivazione da parte del giudice di merito.
Altra parte della dottrina, approda a diverse conclusioni valoriz- zando l’ essenza negoziale del definitivo, il quale, lungi dall’ essere una mera ripetizione del preliminare, è il frutto di una vera e propria nuova manifestazione di volontà delle parti.
Muove da questa diversa prospettiva una recente sentenza della Su- prema Corte8, la quale in presenza di un preliminare e di un definitivo dai contenuti disomogenei ritiene operante una presunzione relativa di conformità del nuovo accordo alla reale volontà (modificativa) dei contraenti.
In particolare, si rileva che le parti, adempiendo l’ obbligo recipro- camente assunto con il contratto preliminare di addivenire alla stipula del definitivo, sono libere di apportare modifiche al programma nego- ziale originario. Ne consegue che, laddove il definitivo contenga una disciplina diversa da quella pattuita con il preliminare, occorre presu- mere, salva prova contraria, che quella sia l’ unica regolamentazione del rapporto voluta dai paciscenti.
Più precisamente, la suddetta presunzione, chiarisce la Corte, può essere superata dimostrando che, contestualmente alla stipula del defi- nitivo, le parti abbiano pattuito di far sopravvivere alcune prestazioni,
8 Cass., Sez. II, 10 gennaio 2007 n. 233, in I Contratti, n.10/2007, 867.
già previste dal preliminare. Ovviamente, poi, laddove (come nel caso de quo) la contrattazione abbia ad oggetto beni immobili, la prova dell’ intervenuto accordo sulla sopravvivenza di singole clausole del preli- minare deve risultare da atto scritto.
Quanto alla ripartizione degli oneri probatori, è evidente che, in virtù delle regole processuali di cui all’ art. 2697 c.c., spetta all’ attore, ovverosia al soggetto interessato all’ adempimento della prestazione programmata in sede di preliminare, la cui previsione non sia stata reiterata nella stesura del testo del definitivo, provare l’ intervento del nuovo accordo scritto, trattandosi di fatto costitutivo della pretesa fatta valere.
La pronuncia in esame, indubbiamente apprezzabile nella parte in cui supera, con fermezza, l’ impostazione tendente a svilire il definiti- vo a mero negozio solutorio, solleva, però, ad una più attenta lettura alcune perplessità9.
Innanzitutto, asserendo che una volta intervenuta la stipula del de- finitivo esso costituisce l’ unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, sostanzialmente assume una posizione che sembra riecheggiare l’ impostazione secondo cui il preliminare è un mero pactum de contrahendo, da cui deriva solo l’ obbligo di prestare il consenso alla stipula del contratto definitivo.
A ben vedere, infatti, le sentenze richiamate dalla pronuncia de qua (Xxxx. nn. 5635/2002; 8515/2003; 2824/2003) riconoscono al definitivo il ruolo di unica fonte dei diritti e degli obblighi inerenti al rapporto sorto tra le parti, precisando che ciò vale “in quanto il contratto prelimi- nare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contrat- to definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non confor- marsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva”.
Ma, come abbiamo avuto già occasione di rilevare secondo l’ orien- tamento attualmente prevalente le parti, stipulando il preliminare, non si impegnano esclusivamente ad acconsentire alla conclusione del de- finitivo, ma anche a svolgere tutte le attività necessarie per far sì che il programma negoziale trovi attuazione in modo satisfattivo per gli interessi di entrambe. Da ciò consegue che il preliminare di vendita immobiliare, in quest’ ottica, esaurisce la sua funzione non al momen- to della stipula dell’ atto di trasferimento, ma solo con la compiuta realizzazione del programma prestazionale finale. Appare, dunque, legittimo chiedersi se non sia più coerente con tale premessa la solu- zione, patrocinata da una parte della dottrina, secondo cui a fronte di
9 In tal senso anche Toschi Vespasiani F., Xxxx’efficacia di clausole del contratto preli- minare non riprodotte nel definitivo, in I Contratti, n.10/2007, 867
un definitivo e di un preliminare disomogenei è sempre necessario in- dagare la volontà delle parti, al fine di verificare in concreto se abbiano inteso modificare il programma negoziale originario oppure attuarlo parzialmente, senza che residui spazio per l’ operatività di alcuna pre- sunzione.
Quanto ai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale ge- nerica, si dovrebbe concludere nel senso che quanto meno l’azione re- vocatoria ex art. 2901 c.c. sia esperibile già nei confronti del contratto preliminare.
La natura non meramente solutoria del definitivo, affermata dalla tesi de qua, lascia, invece, aperta la questione relativa all’esperibilità dell’ azione surrogatoria ex art. 2900 c.c., al fine di ottenere la conclu- sione dello stesso, da parte dei creditori del contraente non inadem- piente. Possibilità ammessa dalla giurisprudenza sui c.d. preliminari a catena la quale mette al riguardo l’accento sulla componente solutoria del contratto finale.
2.3. Teoria del preliminare quale contratto definitivo obbligatorio.
Recentemente parte della dottrina, invertendo i rapporti di forza fra preliminare e definitivo, ha reputato che il preliminare sia un contratto definitivo obbligatorio e che il definitivo sia, a seconda delle variabili di questa tesi, o un atto non negoziale o un negozio astratto meramente solutorio. Il preliminare, pertanto, almeno nei casi di contratto ad ese- cuzione anticipata, diventa il contratto definitivo con cui si assumono i definitivi impegni relativi alle prestazioni e che rispetto ad un defini- tivo classico si differenzia solo per l’incapacità di produrre immediata- mente l’effetto traslativo.
Si tratta, quindi, di un concetto “panciuto” di contratto obbligato- rio: il preliminare si affianca ai contratti obbligatori ad efficacia reale differita con i quali si assumono obblighi relativi alle prestazioni finali, anche se non si sancisce immediatamente il trasferimento della pro- prietà; si differenzia invece dal contratto obbligatorio classico per la necessità della successiva manifestazione di volontà, atteso che per la produzione dell’effetto finale necessita non di un mero fatto storico, ma di un atto o di un negozio giuridico 10.
10 Tale dottrina accoglie l’orientamento dell’ordinamento tedesco che nel BGB pre- vede la scissione tra titulus e modus, intendendo per titulus l’atto contenente la causa di trasferimento e per modus l’atto che produce l’effetto del trasferimento della proprietà. Il nostro sistema a differenza di quello tedesco, austriaco ed ungherese, non ammette la scissione tra il titulus ed il modus e che vi sia un contratto con effetti meramente ob- bligatori (dunque una vendita avente effetto meramente obbligatorio che contiene la causa del trasferimento, ma che non produce l’effetto del trasferimento). Nei sistemi
2) Quale è il rapporto del preliminare con il contratto de- finitivo?
Ove alla stipula di un contratto preliminare segua ad opera delle stesse parti la conclusione del contratto definitivo, quest’ultimo co- stituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al par- ticolare negozio voluto; se le parti hanno inteso far sopravvivere alcune clausole contenute nel preliminare alla stipula del definitivo, devono darne la prova con atto scritto posto in essere contempo- raneamente alla stipula del definitivo. Cass. 10 gennaio 2007, n. 2333.
Nel caso in cui le parti, dopo avere stipulato un contratto prelimi- nare (nella specie, di compravendita) abbiano stipulato il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle ob- bligazioni inerenti al negozio voluto, in quanto il contratto prelimina- re, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. Cass. 28 maggio 2003, n. 8515; conforme Cass. 25 febbraio 2003, n. 2824. Nel distinguere il contratto definitivo di vendita dal contratto prelimi- nare e ritenere voluto l’effetto traslativo immediato, come non può essere attribuita influenza determinante alla consegna del bene od al pagamento del prezzo, così non possono assumere rilievo esclu- sivo né l’impiego delle espressioni verbali “cede”, “vende” o “acqui- sta”, né la definizione del contratto indicata dai contraenti, ove dal complesso di altri elementi risulti che effettivamente le parti abbiano soltanto inteso obbligarsi a prestare in futuro il loro consenso ad un successivo contratto con effetto traslativo.
Cass. 15 giugno 2007, n. 14036.
3) Il preliminare ad effetti anticipati quale conformazione presenta?
- La previsione e l’esecuzione della traditio della res e/o del pagamento, anche totale, del prezzo non sono affatto, di per se stessi, incompatibili con l’intento di stipulare un contrat- to solo preliminare di compravendita, dacché, in tal guisa operando, le parti manifestano e concretamente realizzano esclusivamente l’intento d’anticipare non gli effetti del con- tratto di compravendita - l’impegno alla cui futura stipulazione costituisce l’oggetto delle obbligazioni assunte con la convenzione
stipulata nella prescelta forma del preliminare, mentre tali effetti rappresentano, per contro, proprio quel risultato cui le parti stesse non hanno inteso, al momento, pervenire - ma solo quelle prestazio- ni che delle obbligazioni nascenti dalla compravendita costituiscono l’oggetto, id est la consegna della res ed il pagamento del prezzo, le quali, ex artt. 1476 e 1498 c.c., sono poste a carico, rispettiva- mente, del venditore e del compratore. Cass., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 7930; conforme Cass. 1 marzo 2010, n. 4863.
- Il contratto preliminare di compravendita ad effetti anticipati si compone di un contratto principale (per l’appunto il contratto preli- minare di compravendita) e due accessori ad esso funzionalmente collegati nei quali vanno ravvisati, quanto alla concessione dell’uti- lizzazione della res da parte del promittente venditore al promissario acquirente, un comodato e, quanto alla corresponsione di somme da parte del promissario acquirente al promittente venditore, un mutuo gratuito.
Cass., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 7930.
4) Il godimento interinale del bene nel preliminare di ven- dita ad effetti anticipati si riconduce al possesso o alla detenzione?
Possesso. Nel caso in cui il godimento del bene sia attribuito per effetto di una convenzione, il principio che - ai fini dell’accertamento del possesso idoneo all’usucapione - fa dipendere dagli effetti reali od obbligatori del contratto la natura del rapporto di fatto che, con la conseguenza del bene, si stabilisce tra questo ed il soggetto che ne ha ricevuto il godimento, e che comporta, pertanto, con il contrat- to con effetti obbligatori, il trasferimento del possesso nomine alieno, non è applicabile nel caso in cui nel detto contratto, che tende al trasferimento successivo della proprietà della cosa, come nel contratto preliminare di compravendita, sia pattuito l’immediato trasferimento del possesso, assumendo tale patto accessorio, senza contraddire gli effetti meramente obbli- gatori del contratto cui accede, una funzione anticipatoria degli ef- fetti del trasferimento del diritto che, con la convenzione, le parti si sono ripromesse di realizzare, con la conseguenza che la consegna che ad esso faccia seguito comporta l’attribuzione della disponibilità possessoria del bene, e non della mera detenzione. Cass. 13 luglio 1990, n. 7690; conforme Cass. 3 novembre 2000, n. 14358.
Detenzione qualificata.
- Il contratto preliminare di compravendita ad effetti anticipati si compone di un contratto principale (per l’appunto il contratto preli- minare di compravendita) e due accessori ad esso funzionalmente
collegati nei quali vanno ravvisati, quanto alla concessione dell’uti- lizzazione della res da parte del promittente venditore al promissario acquirente, un comodato e, quanto alla corresponsione di somme da parte del promissario acquirente al promittente venditore, un mutuo gratuito. Ne consegue che la materiale disponibilità della res nella quale il promissario acquirente viene immesso, in esecuzione del contratto di comodato, ha natura di detenzione qualificata esercitata nel proprio interesse ma “alieno nomine” e non di possesso. Posses- so che il promissario acquirente può, dunque, opporre al promitten- te venditore solo nei modi previsti dall’art. 1141 c.c., in particolare assumendo e dimostrando un’intervenuta interversio possessionis. Cass., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 7930.
- Il possesso, salva l’ipotesi della successione a titolo universale di cui all’art. 1146 c.c. (che fa eccezione alla regola generale), può acquistarsi solo a titolo originario; esso, infatti, quale situazione di fatto, non può essere trasferito per contratto separatamente dal diritto di cui costituisca l’esercizio, considerato che un’atti- vità non è mai trasmissibile, ma può solo essere intrapresa, e l’in- trasmissibilità è maggiormente evidente in ordine al possesso, in quanto l’attività che lo contraddistingue deve essere accompagnata dall’animus possidendi, cioè da un elemento che, per la sua sogget- tività, può essere proprio soltanto di colui che attualmente possiede e non di chi ha posseduto in precedenza. Pertanto è da escluder- si, nell’ipotesi di preliminare di compravendita c.d. ad effetti anticipati, che con l’esecuzione anticipata delle prestazioni che costituiscono l’oggetto del contratto definitivo, possa trasmettersi dal promittente venditore al promissario acqui- rente il possesso della res. Cass., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 7930; conforme Cass. 14 giugno 2000, n. 8796.
- Nella promessa di vendita, quando venga convenuta la consegna del bene prima del perfezionamento del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la dispo- nibilità in tal modo conseguita dal promissario acquirente ha mera natura di detenzione, sia pur qualificata, collegata ad un contratto con effetti obbligatori, costitutivo di reciproci diritti di credito ad un fare (prestazione del successivo consenso); e non di possesso utile ad usucapionem: salva la dimostrazione di una sopraggiunta inter- versio possessionis nei modi di cui all’art. 1141, secondo comma, cod. civile. Nel preliminare di vendita ad effetti anticipati, solo il possessore, e non anche il detentore, può usucapire il bene (e gode- re delle azioni di manutenzione e di nunciazione: artt. 1170 e 1171 cod. civ.); mentre, al promissario acquirente va riconosciuta una detenzione qualificata, esercitata nel proprio interesse, ma alieno nomine; in assenza dell’animus possidendi, escluso dalla consape- volezza che l’effetto traslativo non si è ancora prodotto. In presenza del cd. preliminare ad effetti anticipati - che pure ha certo portata
ben più pregnante del paradigmatico pactum de contraendo - è pur sempre il contratto definitivo, espressione di autonomia negoziale e non mero atto dovuto solvendi causa, a produrre l’effetto traslativo reale: restando esclusa la scissione tra titulus e modus adquirendi (eventualmente, anche mediante atto non negoziale), che era pro- pria del diritto romano ed è tuttora vigente in taluni ordinamenti moderni, come quello tedesco. Nel preliminare ad effetti anticipati, la consegna della cosa e l’anticipato pagamento del prezzo non sono incompatibili con la figura del preliminare, né indice della natura definitiva della compravendita, quale che ne sia la giustificazione causale: se per clausola atipica, introduttiva di un’obbligazione ag- giuntiva, o per collegamento negoziale (preliminare di compraven- dita, comodato e mutuo gratuito). Cass. 1 marzo 2010, n.4863
- Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifi- ca un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato, funzionalmente collegato al contratto preli- minare e produttivo di effetti meramente obbligatori, e, pertanto, la relazione del promissario acquirente con il bene è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata, salva la dimostrazione di un’interversio possessionis nei modi previsti dall’art. 1141, c.c.
Cass. 22 luglio 2010, n.17245
5) Quale è la differenza tra contratto preliminare e figure affini?
Il contratto in virtù del quale le parti si obblighino a stipulare un successivo contratto ad effetti obbligatori (ovvero un con- tratto preliminare di preliminare) è nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela l’interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto produttivo di una inutile complicazione. (Nella specie, la
S.C. ha confermato la sentenza di merito che - in relazione ad una proposta irrevocabile di acquisto di un immobile, con la quale il pro- ponente si era obbligato alla stipulazione di un successivo contratto preliminare - aveva ritenuto che tale proposta fosse priva di effetti giuridici vincolanti). Cass. 2 aprile 2009, n. 8038. Quando le parti sono in trattativa per la compravendita e l’aspirante compratore for- malizza un’offerta (senza passaggio di denaro), la «puntuazione» che ne scaturisce è soltanto il preliminare del contratto prelimina- re e non ha effetti vincolanti. L’art. 2932 c.c. instaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il contratto preliminare e quello definitivo, destinato a realizzare effettivamente il risultato fi- nale perseguito dalle parti. Riconoscere come possibile funzione del
primo anche quella di obbligarsi ad obbligarsi a ottenere quell’effet- to, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordina- mento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immedia- tamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promet- tere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito. Cass. 2 aprile 2009, n. 8038. Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare per- tanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”), risulti rimessa ad un tempo succes- sivo la determinazione degli elementi accessori. Peraltro, anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto ne- goziale può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell’attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e xxxxxxxxx (Xxxx’affermare il suin- dicato principio, la S.C. ha cassato l’impugnata sentenza rilevando che, nel ritenere perfezionato un accordo transattivo tra le parti di giudizio per effetto di duplice missiva inviata dal legale di una delle parti e considerata accettata dal difensore di controparte, il giudice di merito avesse peraltro nel caso del tutto omesso di valu- tare il comportamento complessivo delle parti, in particolare quello mantenuto successivamente alla supposta conclusione dell’accordo transattivo, non considerando che dopo lo scambio delle suindica- te lettere il difensore di una delle parti aveva dichiarato in udienza avanti al G.I. essere ancora pendenti trattative tra le parti per la formalizzazione di un accordo, al cui esito si riservava di chiedere la revoca della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto; e che nel prosieguo del giudizio le parti avevano in entrambi i gradi di merito formulato opposte conclusioni). Cass. 18 gennaio 2005, n. 910; conforme Xxxx. 20 giugno 2006, n. 14267.
Contratto normativo è l’accordo con il quale si predispone, in tut- to o in parte, il contenuto di eventuali futuri contratti definitivi, così che, se e quando questi verranno stipulati, le parti sono obbligate a inserirvi, e ad osservare, quel contenuto predeterminato, frutto di reciproca precedente elaborazione. Pertanto l’accordo normativo, se obbliga le parti a darvi esecuzione nel modo dinanzi cennato ogni qual volta ricorra la situazione in esso prevista e disciplinata, non le obbliga senz’altro, a differenza del contratto preliminare, a conclu- dere i contratti definitivi ivi menzionati. Ne deriva che soltanto dai futuri contratti definivi nasceranno per i contraenti concreti rapporti
giuridici patrimoniali e, quindi, diritti soggettivi e obblighi correlativi (i quali troveranno, però, in tutto o in parte, il loro contenuto predi- sposto nell’accordo normativo); con l’ulteriore conseguenza che le parti, non potendo venir meno ad un obbligo a contrarre, che non esiste, non possono incorrere in una risoluzione unilaterale dell’ac- cordo normativo, qualora omettano o sospendano di concludere quei contratti definitivi. Spetta poi al giudice del merito accertare se congiuntamente all’accordo normativo le parti abbiano anche as- sunto l’obbligo di contrattare i previsti contratti definitivi. Cass. 28 gennaio 1963, n. 126.
A differenza del contratto preliminare unilaterale, che comporta l’immediata e definitiva assunzione dell’obbligazione di prestare il consenso per il contratto definitivo, il patto di prelazione relativo alla vendita di un bene genera, a carico del promittente, un’imme- diata obbligazione negativa di non venderlo ad altri prima che il pre- lazionario dichiari di non voler esercitare il suo diritto di prelazione o lasci decorrere il termine all’uopo concessogli, ed un’obbligazione positiva avente ad oggetto la denuntiatio al medesimo della sua proposta a venderlo, nel caso si decida in tal senso. Questa obbliga- zione, nel caso di vendita ad un terzo del bene predetto, sorge e si esteriorizza in uno al suo inadempimento, sì che il promissario non può chiederne l’adempimento in forma specifica, per incoercibilità di essa a seguito della vendita al terzo, ma soltanto il risarcimento del danno, mentre, nel caso di promessa di vendita ad un terzo del me- desimo bene, è ugualmente incoercibile, ai sensi dell’art. 2932 c.c., non configurando un preliminare. Cass. 12 aprile 1999, n. 3571.
Il contratto preliminare unilaterale è un contratto in sé perfetto e autonomo, ancorché con obbligazioni a carico di una sola parte, ri- spetto al contratto definitivo, mentre l’opzione non è che uno degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizial- mente da un accordo avente a oggetto l’irrevocabilità della proposta e, successivamente, dall’accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto;accordo questo la cui identificabilità è rimessa al giudice di merito, che deve far riferimento al comune intento negoziale. Ne consegue che il nesso strumentale esistente tra contratto preliminare e contratto definitivo non ha nulla in comune con il legame strutturale che intercorre tra il momento iniziale (proposta resa vincolante per accordo tra le parti) e il momento finale (accettazione) nel fenomeno della formazione progressiva del contratto, in quanto, nell’ipotesi del contratto preli- minare unilaterale gli effetti definitivi si producono solo a seguito di un successivo incontro di dichiarazioni tra le parti contraenti, mentre nel caso dell’opzione, che contenga una proposta irrevocabile, gli ef- fetti finali del contratto definitivo si producono in virtù della semplice dichiarazione unilaterale di accettazione della parte non obbligata.
Cass. 26 marzo 1997, n. 2692.