L’APPLICAZIONE EXTRATERRITORIALE DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
Dipartimento di Scienze Politiche
Cattedra di Diritto Internazionale
L’APPLICAZIONE EXTRATERRITORIALE DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
IL CASO LITVINENKO
RELATORE
Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxx
CANDIDATO
Xxxxxxx Xxxxxxx
Matr. 091282
Anno Accademico 2021/2022
INDICE
INTRODUZIONE 4
Capitolo 1. Applicazione extraterritoriale dei trattati sui diritti umani 6
1. Sovranità territoriale 6
2. L’applicazione territoriale dei trattati sui diritti umani 8
3. Peculiarità nell’applicazione dei trattati sui diritti umani: l’extraterritorialità 10
4. La giurisdizione 12
4.1. Il significato di “giurisdizione” nel diritto internazionale generale e nei trattati sui diritti umani 16
4.2. Il modello territoriale e personale di giurisdizione 18
4.3. Un terzo modello di giurisdizione: obblighi negativi e obblighi positivi 25
4.4. Conclusioni 26
Capitolo 2. Applicazione extraterritoriale della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo 27
1. Il Consiglio d’Europa e la Convenzione europea dei Diritti dell’uomo 27
1.1. Il Consiglio d’Europa 27
1.2. La Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo 29
1.3. La Corte europea dei Diritti dell’Uomo 31
1.3.1. Composizione 32
1.3.2. Funzione contenziosa e iniziativa giudiziale 32
1.3.3. Esecuzione delle sentenze 33
2. Evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla nozione di competenza extraterritoriale dello Stato 34
2.1. Gli albori della giurisprudenza: le decisioni della Commissione 36
2.2. Dai casi Loizidou e Cipro c. Turchia alla sentenza Xxxxxxxx 37
2.3. L’evoluzione post-Xxxxxxxx 41
2.4. Conclusioni 47
Capitolo 3. Xxxxxxx e critica della sentenza Xxxxxx c. Russia 49
1. I fatti 49
1.1. Il passato e la vita del signor Xxxxxxxxxx nel Regno Unito 49
1.2. Gli eventi che hanno preceduto la morte del signor Xxxxxxxxxx 50
1.3. Xxxxxxxx iniziali 51
1.4. L’inchiesta Litvinenko nel Regno Unito 51
2. Questioni preliminari 54
2.1. L’ammissibilità dell’inchiesta Litvinenko 54
2.2. Presunta violazione dell’articolo 2 della CEDU 54
3. Valutazione della Corte sulle presunte violazioni della Convenzione 57
3.1. Violazioni dell’articolo 2 57
3.2. Violazioni dell’articolo 3 59
4. Commento alla sentenza Xxxxxx x. Russia 59
4.1. Violazione sostanziale dell’articolo 2: obbligo negativo di rispettare il diritto alla vita 61
4.2. Violazione procedurale dell’articolo 2: obbligo positivo di agire 64
4.3. Attribuzione e prove 65
4.4. Conclusioni 66
CONCLUSIONE 68
BIBLIOGRAFIA 70
INTRODUZIONE
Il presente studio si propone di comprendere quando uno Stato, che influenza la vita di individui al di fuori dei propri confini, deve loro obblighi ai sensi dei trattati sui diritti umani di cui è parte contraente. Tale questione è conosciuta come applicazione extraterritoriale dei suddetti trattati ed è sempre di più al centro della letteratura giuridica e delle decisioni dei vari tribunali internazionali.
Tra i casi per i quali maggiormente si è posta la questione dell’applicazione extraterritoriale dei trattati sui diritti umani si annoverano le azioni promosse dalle vittime e/o parenti delle vittime dell'invasione turca della parte settentrionale di Cipro, in conseguenza dell’uso della forza da parte della NATO nella ex Repubblica di Jugoslavia, del coinvolgimento della Russia in Georgia e dell'invasione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito.
Nel Primo capitolo di questo elaborato si chiarirà, pertanto, più precisamente cosa si intende per applicazione extraterritoriale dei trattati sui diritti umani e per giurisdizione statale in riferimento al diritto internazionale dei diritti umani. Tale nozione, come si vedrà, differisce dal concetto di giurisdizione propria del diritto internazionale generale, sebbene fatto proprio dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Xxxxxxxx.
Nel medesimo capitolo si illustrerà inoltre come, a fronte dell’assenza di norme generali del diritto internazionale regolanti l'applicazione extraterritoriale, si debba fare riferimento alle clausole di giurisdizione contenute in importanti convenzioni concluse a livello internazionale e regionale. In particolare, l'ambito di applicazione di molti importanti trattati sui diritti umani è definito da una clausola ricorrente, la quale stabilisce che le persone interessate devono rientrare nella giurisdizione dello Stato affinché le stesse possano far valere i propri diritti contro di esso.
Da ultimo, sempre nel Primo capitolo saranno analizzati i possibili modelli di applicazione extraterritoriale dei trattati sui diritti umani, ovvero il modello territoriale (inteso come controllo effettivo su un’area) ed il modello personale (inteso come autorità e controllo di un’agente statale sugli individui). Saranno valutate le loro criticità anche alla luce di un terzo modello proposto, in dottrina, dal Professor Xxxxxxxxx.
Nel Secondo capitolo si passerà ad una disamina del Consiglio d’Europa, l’organizzazione internazionale che incoraggia la democrazia, la protezione dei diritti umani e l'identità culturale europea. Inoltre, si tratterà della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e del sistema deputato alla tutela dei diritti umani fondamentali, ovvero la Corte europea dei diritti dell'uomo.
È ormai pacifico che la CEDU ha trasformato il panorama del processo decisionale interno europeo, divenendone un importante vincolo operativo. Tuttavia, gli Stati firmatari si confrontano sempre più sulla questione se la Convenzione si applichi al di fuori dei loro confini, e in particolare se diventerà il vincolo dominante sulle loro attività extraterritoriali come lo è per le loro politiche interne.
L'articolo 1 della CEDU dispone che “Le Alte Parti contraenti riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione”. Tuttavia, il significato
delle parole “sottoposta alla loro giurisdizione” rimane controverso, infatti non è ancora del tutto definito in quali circostanze le azioni extraterritoriali di uno Stato possano rientrare nell'ambito della Convenzione ed essere oggetto di azioni legali dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Nel Secondo capitolo, dunque, si traccerà un excursus dei principali arresti della Corte di Strasburgo in materia di applicazione extraterritoriale della Convenzione, soffermandosi in particolare sulle sentenze che hanno definito i giudizi Loizidou c. Turchia, Cipro c. Turchia, Xxxxxxxx, Issa e altri c. Turchia, Xxxxxx e altri c. Repubblica di Moldavia e Russia, Catan e altri c. Repubblica di Moldavia e Russia, Al-Jedda ed Al-Xxxxxx.
Il Terzo ed ultimo capitolo del presente studio è dedicato all’analisi dell’arresto giurisprudenziale del 21 settembre 2021 Xxxxxx x. Russia, con il quale la terza sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia per violazione sostanziale e procedurale dell’articolo 2 della Convenzione, ritenendola responsabile dell’assassinio di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx.
Nel capitolo, nel particolare, dopo aver esaminato la sentenza, se ne evidenzierà l’importante valore dato dall'approccio usato dalla Corte nell'applicazione extraterritoriale della CEDU rispetto alla sua giurisprudenza precedente in materia, piuttosto instabile e controversa. Con tale decisione, infatti, i giudici di Strasburgo hanno affermato espressamente l’applicabilità della Convenzione agli omicidi extraterritoriali superando di fatto Xxxxxxxx, uno degli arresti più significativi e conservatori, senza neppure farne menzione.
Capitolo 1.
Applicazione extraterritoriale dei trattati sui diritti umani
Con il presente lavoro si intende approfondire l’istituto dell’applicabilità extraterritoriale dei trattati sui diritti umani con particolare riferimento alla decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Xxxxxx c. Russia.
Il primo capitolo di questo elaborato si concentra sull’analisi della giurisdizione statale in riferimento al diritto internazionale dei diritti umani e, specificatamente, delle clausole di giurisdizione contenute in importanti convenzioni, concluse a livello internazionale e regionale.
Attraverso l’esame delle decisioni più rilevanti si tracceranno i modelli di giurisdizione maggiormente applicati (il modello territoriale e il modello personale), valutandone le criticità anche alla luce di un terzo modello proposto, in dottrina, dal Professor Xxxxxxxxx.
1. Sovranità territoriale
L’articolo 1 della risoluzione n. 3314 adottata dall’Assemblea Nazionale delle Nazioni Unite nel 1974 recita testualmente: “l’aggressione è l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato, o in qualsiasi altro modo incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite, come stabilito in questa definizione” 1.
Tale disposizione contiene un’importante affermazione di diritto riguardo agli obblighi di diritto internazionale che ogni Stato ha nei confronti degli altri Stati. È manualistica, invero, la definizione di territorio come “l’ambito entro cui uno Stato esercita la sua potestà di governo (imperium) ad esclusione di altri soggetti di diritto internazionale (ius excludendi alios)2.
E’ rilevante chiedersi, dunque, cosa si intende per sovranità territoriale di uno Stato.
Come è stato affermato da Xxx Xxxxx, arbitro del lodo Island of Palmas del 1928, riguardante le rivendicazioni conflittuali tra Stati Uniti e Paesi Bassi, la sovranità nei rapporti tra gli Stati significa indipendenza. L'indipendenza rispetto ad una porzione del globo è il diritto di esercitare in essa, ad esclusione di ogni altro Stato, le funzioni di uno Stato. Secondo Xxxxx, in generale, la sovranità territoriale consiste in una situazione riconosciuta e delimitata nello spazio, oppure da impegni giuridici assunti tra vicini interessati”3.
Sul piano strettamente materiale, dunque, il territorio di uno Stato è rappresentato dalla porzione di terra, comprendente la fascia costiera, lo spazio aereo e il sottosuolo, delimitato entro determinati confini, naturali
1 UNGA, Definition of Aggression, 1974, A / RES / 3314 (XXIX).
2 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Diritto Internazionale, Sesta ed. Torino: X. Xxxxxxxxxxxx, 2019, 75.
0 Xxxxxx xx Xxxxxx Xxxx (xx Xxxxxxx), Xxxxxx Xxxxxx v Netherlands, Award, Permanent Court of Arbitration, (1928) XX XXXX 000, XXXX 000 (XXX 1928), 4th April 1928, 838.
o convenzionali. Tuttavia, l’elemento significativo che contraddistingue l’appartenenza di un determinato territorio ad uno Stato è la sovranità che quest’ultimo vi esercita4.
Si comprende, pertanto, la ragione per la quale costituiscono territorio nazionale anche le navi mercantili che navigano in acque internazionali, ovvero gli aerei civili che sorvolano territori non soggetti alla sovranità di alcuno Stato. Per ciò che concerne invece le navi da guerra e gli aeromobili militari, gli stessi si considerano parte del territorio nazionale anche quando si trovano nelle acque territoriali di altro Stato o quando sorvolano un territorio straniero, poiché a bordo di essi vigono e si applicano sempre, ovunque si trovino, le norme dello Stato a cui appartengono5. Si parla, dunque, di territorio flottante o fluttuante dello Stato6.
Quanto ai modi di acquisto della sovranità territoriale, gli stessi sono disciplinati dal diritto internazionale consuetudinario e risalgono principalmente alla tradizione romanistica, anche se nel tempo si è affermata una loro evoluzione.
Nel diritto internazionale consuetudinario, i principali modi di acquisto del territorio erano l’occupazione di una porzione di terra non appartenente ad alcun altro Stato; la cessione per mezzo di trattato, seguita dal trasferimento effettivo e pacifico del territorio7; la conquista di un territorio a seguito del ricorso alla forza armata; l’accessione, attraverso cui una nuova porzione di terraferma viene a formarsi accanto a un territorio già esistente a seguito di un processo fisico8.
Data ormai l’inesistenza di territori nullius, l’occupazione ha ormai perduto importanza9. La conquista, invece, non è più legittima, in quanto l’affermarsi del divieto dell’uso della forza nelle relazioni tra Stati, quale principio internazionale di natura consuetudinaria e imperativa, comporta che non possa riconoscersi come situazione giuridica l’acquisizione territoriale ottenuta mediante il ricorso all’uso o alla minaccia della forza militare10.
Il potere dello Stato incontra limiti, nei confronti degli Stati esteri e conseguentemente dei loro organi e cittadini, ma altresì nel trattamento dei propri cittadini e ciò soprattutto in tema di diritti umani.
Può dunque affermarsi che la sovranità territoriale soggiaccia al diritto internazionale consuetudinario e pattizio, com’è stato anche affermato dalla Corte permanente di giustizia internazionale in un parere del 1923 rispetto alla questione dei decreti di nazionalità in Tunisia e Marocco11.
4 Cfr. nota 2.
5 Xxxxxxx Xxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Diritto Pubblico, Giappichelli Editore, Torino, 2019, 12-13
6 Xxxxxxxx Xxxxx, Compendio di Diritto Costituzionale, Neldiritto Editore, 2021, 16.
7 Tale cessione è solitamente prevista come conseguenza di un trattato di pace, ma può aversi anche dietro corresponsione di una somma di denaro, com’è accaduto nel 1867 per l’Alaska, che è stata ceduta agli Stati Uniti dall’Impero Russo dietro il corrispettivo di 7 milioni di dollari. Da Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx, Storia contemporanea. L'Ottocento, seconda ed: Laterza, 2018, 250.
8 “Sovranità”, Enciclopedia Treccani xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxx/, [consultato in data 23/04/2022]
9 Cfr. nota 2, 79.
10 Cfr. nota 1.
11 Advisory Opinion No. 4, Nationality Decrees Issued in Tunis and Morocco, 4, Permanent Court of International Justice, 7 February 1923, 23.
Non manca chi restringe le libertà statali anche a tutte le materie che sono state disciplinate dalle Nazioni Unite mediante delle risoluzioni di carattere generale, come la Dichiarazione Universale dei Diritti umani.12 Questo strumento di soft law, ancora prima che i principi ivi contenuti fossero trasformati in convenzioni internazionali e regionali in materia di diritti umani, ha legittimato l’Organizzazione a rivolgere diverse raccomandazioni agli Stati.
Da ciò è possibile definire la nozione di domestic jurisdiction o dominio riservato come l’ambito di materie nelle quali lo Stato è libero di imporre le norme e le discipline che ritiene più idonee, senza alcuna ingerenza esterna, sebbene nei limiti di cui innanzi13.
In tal senso la Corte Internazionale di Giustizia nell’affare Nicaragua-Stati Uniti ha affermato che la domestic jurisdiction ha per oggetto tutte le materie in relazione alle quali il principio di sovranità degli Stati lascia ai soggetti di diritto internazionale libertà di scelta. Tra tali materie la Corte ha indicato la determinazione del sistema politico, economico, sociale, culturale e la formulazione della politica estera14.
2. L’applicazione territoriale dei trattati sui diritti umani
Dunque, lo Stato sovrano non può esercitare in modo incontrollato le sue funzioni, ma incontra dei limiti dettati dal diritto internazionale generale e pattizio.
In particolare, un importante settore del diritto internazionale, che va sotto il nome di diritto internazionale dei diritti umani, disciplina tutti i diritti che spettano alla persona umana15.
Il punto di partenza per la tutela internazionale dei diritti della persona può essere identificato nella Dichiarazione Universale dei Diritti umani, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunitasi straordinariamente a Parigi il 10 dicembre del 1948.
Tale Dichiarazione non è vincolante ma è comunque di fondamentale importanza perché è il primo strumento in cui vengono affermati i diritti umani, indipendentemente dallo Stato di appartenenza.
Ognuno dei trenta articoli di cui è composta ha, infatti, un incipit positivo (“ogni individuo ha diritto”) o negativo (“nessun individuo potrà”) e ciò a significare come la persona umana sia al centro di ogni forma di tutela16.
Si comprende la portata di tale Dichiarazione ove solo si consideri che, prima della stessa, l’individuo aveva una così scarsa rilevanza da essere considerato oggetto di un diritto reale da parte dello Stato17.
12 Cfr. nota 2, 78.
13 Xxxxxxx Xxxxxxxx, Lezioni di storia delle relazioni internazionali, Universistas Studiorum, Mantova, 2012, 22 ss, vedere anche Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Diritto Internazionale, Sesta ed. Torino: X. Xxxxxxxxxxxx, 2019, 77
14 Military and Paramilitary Activities in and Against Xxxxxxxxx (Xxxxxx) (Xxxxxxxxx x. Xxxxxx Xxxxxx), Xxxxxxxx, 00 June 1986, ICJ Reports, 1986, 14.
00 Xxxxxx Xxxxxxxxx, Lezioni di tutela internazionale dei diritti umani, Seconda ed. Bari: Xxxxxxx editore, 2020, 249-250 16 Xxxxxx Xx Xxxxxxxxx, “Diritti umani e diritti del cittadino: tra ontologia, rilevanza ed effettività”, in Altalex, 2018, xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxx/0000/00/00/xxxxxxx-xxxxx-x-xxxxxxx-xxx-xxxxxxxxx.
17 Ibid.
Esistevano invero dei trattati che tutelavano alcuni dei diritti dell’uomo, ma non la persona umana in quanto tale. In particolare, alcuni patti facevano espresso riferimento alla tutela delle minoranze, come i trattati di pace conclusi dopo la Prima Guerra Mondiale. La loro tutela, però, era una questione che atteneva agli Stati vinti o a quelli di nuova indipendenza, e non all’uomo ontologicamente tale18.
La Dichiarazione ha avuto, dunque, una fondamentale rilevanza nel percorso di affermazione della tutela internazionale dei diritti umani, anche perché ogni articolo di cui è composta è stato un seme che ha dato vita a trattati internazionali, ed in quanto tali vincolanti per gli Stati contraenti. Si parla di una “tutela multilivello dei diritti”, in quanto oggetto di successivi trattati sia a livello universale che regionale e nazionale19.
La rilevanza di tale Dichiarazione si evince poi dall’esigenza, da subito avvertita, di trasformarla in uno strumento di hard law in quanto, sebbene votata dalla maggior parte degli allora membri delle Nazioni Unite, non era in pratica applicata nemmeno dagli Stati che si erano espressi a favore. Valga come esempio la politica di discriminazione razziale degli Stati Uniti, in spregio all’articolo 2 di detta Dichiarazione, ove pure si afferma l’uguaglianza degli individui ai quali dev’essere indistintamente riconosciuta la tutela di tutti i diritti e le libertà fondamentali ivi enunciate20.
Il primo approdo normativo con valore cogente lo si deve alla Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (oggi Consiglio per i diritti umani), organismo sussidiario del Consiglio Economico e Sociale, la quale nel 1966 scelse di adottare due Patti: il Patto sui diritti civili e politici ed il Patto sui diritti economici, sociali e culturali.
Entrati in vigore solo nel 1976, quasi tre decenni dopo la Dichiarazione, questi ultimi rappresentavano un compromesso che rifletteva la scissione bipolare tra il Blocco Occidentale e Blocco Orientale durante la Guerra Fredda21.
Infatti, se l’adozione di un unico trattato avrebbe avuto il vantaggio di far percepire l’universalità e l’unicità dei diritti dell’uomo, per altro verso tale trattato, ove non ratificato, non avrebbe avuto alcun effetto giuridico. L’alternativa, perciò, era quella di adottare trattati diversi, scindendo i diritti umani in queste due grandi categorie, con la possibilità che più Stati aderissero all’uno o all’altro.
La storia ha dato atto dell’opportunità della scelta adottata dalla Commissione poiché i due trattati sono stati ampiamente ratificati, quanto al Patto sui diritti civili e politici da parte degli Stati filoamericani, e quanto al Patto sui diritti economici, sociali e culturali dagli Stati filosovietici.
18 Cfr. nota 2, 321.
19 Xxxxx Xxxxxxxx, “Le nuove frontiere della tutela multilivello dei diritti” in Associazione Italiana dei Costituzionalisti, Padova, 2004, xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx_xxxxx/xxxx_XXX_0000- 2010/materiali/anticipazioni/multilivello_frontiere/index.html., vedere anche Xxxxxxxxx Xxxxxxx, “Il sistema integrato di protezione dei diritti umani. Il dialogo tra le Corti nazionali e sovranazionali: la tutela multilivello dei diritti fondamentali”, in Altalex, 2020, xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxx/0000/00/00/xxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxx.
20 Dichiarazione universale dei diritti umani, 1948, articolo2.
21 Xxxxxxx Xxxx, “Pace e diritti non si esportano con le bombe”, in Il Bo Live, Università degli Studi di Padova, 2016, xxxxx://xxxxxxxx.xxxxx.xx/xx/xxxx-xxxxxxx-xxx-xx-xxxxxxxxx-xxxxx, vedere anche Perla Lo Giudice, “I Core Rights Treaties sono il nocciolo duro dei trattati sui diritti umani”, in DirittoConsenso, 2019, xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/0000/00/00/x-xxxx-xxxxxx- treaties-il-cuore-dei-diritti-di-ogni-uomo/.
Il loro minimo comun denominatore è dato comunque dall’articolo 1, comune ad entrambi i Patti, il quale garantisce il diritto all’autodeterminazione dei popoli quale condizione per il godimento dei diritti individuali22.
Con una cronologia che dimostra anche un’urgenza di determinati argomenti, le Nazioni Unite hanno poi adottato diversi trattati come la Convenzione sul Genocidio del 1948, quella sull'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne del 1979 e la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989.
Rilevante ai fini del presente studio è anche la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951, il cui fulcro è l’articolo 33 che sancisce il divieto di non refoulement, ovvero di non respingimento del richiedente asilo arrivato alla frontiera, e il divieto di espulsione, se un rifugiato è già nel territorio di uno Stato ospitante.
Gli accordi regionali, come quelli dell’Europa, delle Americhe e dell’Africa, si sovrappongono ai testi globali, al pari degli accordi settoriali, come quelli adottati dall'Organizzazione internazionale del lavoro per proteggere le persone nel contesto dell’occupazione23.
A livello regionale, la convenzione più rilevante in tema di diritti umani è la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), adottata sotto l’egida del Consiglio d’Europa nel 1953.
Tuttavia, non tutte le disposizioni di questi trattati sono passate al diritto internazionale consuetudinario; molti vincolano solo gli Stati contraenti, ma impongono comunque una limitazione significativa a ciò che uno Stato può fare nell'esercizio della sua sovranità.
Costituisce, invero, presupposto minimo di qualsivoglia convenzione l’applicazione della stessa all’interno del territorio statale, come viene stabilito nell’articolo 29 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati24, che verrà meglio analizzato in seguito.
Parimenti, sussistono clausole di applicazione territoriale all’interno di varie convenzioni. Ad esempio, l’articolo 2 della Convenzione europea di assistenza sociale e medica, conclusa nel 1953 sotto la vigenza del Consiglio d’Europa, rimette la definizione di territorio, ai fini del trattato, allo Stato membro che, comunicandola al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, la renderà nota alle altre Parti Contraenti25.
3. Peculiarità nell’applicazione dei trattati sui diritti umani: l’extraterritorialità
Così delineato un quadro di riferimento sulla genesi e lo sviluppo del diritto internazionale dei diritti umani, è importante ricordare che ogni trattato internazionale si identifica per il suo peculiare contenuto di diritti e obblighi che riconosce e crea. Per ciò che concerne la presente analisi, è importante far riferimento a quanto
22 Patto internazionale sui diritti civili e politici e Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, 1966, art.1.
23 Xxxx Xxxxxxx, International Law, in Oxford Scholarly Authorities on International Law, 2007, 186.
24 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, 1969, articolo 29.
25 Convenzione europea di assistenza sociale et medica, 1953, articolo 2.
affermato dalla CDI, nei suoi commenti al Progetto di articoli sul diritto dei trattati (in seguito divenuto la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati):
certain types of treaty, by reason of their subject matter, are hardly susceptible of territorial application in the ordinary sense. Most treaties, however, have application to territory and a question may arise as to what is their precise scope territorially26.
I trattati sui diritti umani rientrano in tale categoria, in quanto essi, sebbene impongano obblighi solo agli Stati ratificanti e non agli Stati terzi o a privati, non vincolano solo gli stessi contraenti, ma anche questi ultimi verso gli individui. Infatti, è proprio questo il loro scopo: tutelare gli individui attraverso l’affermazione di obblighi legali che lo Stato, ai sensi del trattato, deve loro al fine di garantirli in quanto persona umana27.
Per questo motivo, come affermato anche dalla CDI, tali trattati non si applicano territorialmente in senso ordinario, ma possono prevedere una deroga all’extraterritorialità.
L’applicazione extraterritoriale di un trattato sui diritti umani comporta, dunque, l’estendibilità delle tutele in esso previste anche a favore di quell’individuo che abbia subito una lesione da parte di uno Stato mentre si trovava al di fuori del suo territorio.
Tuttavia, non si può semplicisticamente ridurre l’applicazione extraterritoriale a situazioni in cui lo Stato ha posto in essere una condotta omissiva o commissiva al di fuori dei suoi confini, poiché tale concetto non richiede necessariamente un atto extraterritoriale28.
Ciò che distingue l’applicazione territoriale da quella extraterritoriale è che l’individuo interessato si trovi al di fuori del territorio statale al momento della violazione dei suoi diritti, anche se la stessa può aver avuto luogo altresì al suo interno.29
Proprio per questa sua singolarità, è importante non confondere l’applicazione extraterritoriale con altri fenomeni.
Ad esempio, nella sentenza Xxxxxxx la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha esteso, a livello applicativo, all’articolo 3 della CEDU (che disciplina il divieto di tortura e di trattamento o pena disumano o degradante) il principio di non-refoulement, così stabilendo che il Regno Unito non potesse estradare negli Stati Uniti un sospettato di omicidio in quanto in tal modo lo avrebbe di fatto esposto ad una condanna a morte, equivalente ad un trattamento disumano30.
Nello specifico, tuttavia, la violazione era stata commessa mentre l’individuo si trovava ancora nel Regno Unito, ovvero nel medesimo Stato che aveva contravvenuto all’articolo 3.
26 ILC, ‘Draft Articles on the Law of Treaties with Commentaries’, (1996) 2 Yearbook of the International Law Commission 187, at 213.
27 Xxxxx Xxxxxxxxx, Extraterritorial Application of Human Rights Treaties: Law, Principles, and Policy, Oxford University Press, 2011, 7, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xxxxxx:xxx/0000000000000.000.0000.
28 Ibid., 8.
29 Ibid.
30 Xxxxxxx v. United Kingdom, App. No. 14038/88, Judgment, 7 July 1989.
Al fine dunque di precisare il concetto di extraterritorialità, occorre considerare che i trattati sui diritti umani non si limitano a considerare come ambito di loro applicazione il territorio dello Stato parte, astraendo ad una previsione più estesa di controllo, inteso come giurisdizione.
Come si dirà di seguito, è possibile distinguere la giurisdizione dalla sovranità, in quanto la prima consiste nell’esercizio effettivo del controllo e dell'autorità da parte di uno Stato31, mentre la seconda stabilisce il diritto dello Stato, nell’ambito del diritto internazionale, di esercitare tale autorità all'interno di un territorio specifico.
4. La giurisdizione
Con il termine giurisdizione statale si intende generalmente il legittimo diritto, intrinseco in ogni Stato, di poter decidere le modalità secondo le quali esercitare i propri poteri, regolando le condotte attuate all’interno o all’esterno del proprio territorio32.
L’esercizio della giurisdizione statale si esplica in: giurisdizione legislativa o prescrittiva (prescriptive jurisdiction), quale potere di adottare le norme; giurisdizione giudiziale o aggiudicativa (adjudicative jurisdiction), quale potere di accertare la violazione delle norme; giurisdizione esecutiva (enforcement jurisdiction), quale potere di imporre in modo coercitivo le conseguenze della violazione delle norme33.
La giurisdizione è dunque una manifestazione della sovranità dello Stato.
Il concetto di giurisdizione risulta fondamentale nella presente analisi avuto riguardo alle clausole presenti nei trattati sui diritti umani che estendono il loro campo di applicazione rispetto a quello meramente territoriale. Non esiste, tuttavia, una norma predefinita nel diritto internazionale generale a favore, o contro, l’applicazione extraterritoriale, sebbene l’articolo 29 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, reciti:
“a meno che una diversa intenzione non risulti dal trattato o sia altrimenti espressa, un trattato tra uno o più Stati e una o più organizzazioni internazionali vincola ognuno degli Stati parti per l’interno suo territorio.”
La formulazione della norma è fuorviante, in quanto pare creare una presunzione a favore dell’applicabilità del trattato a tutto il territorio dello Stato, mentre in realtà si occupa della creazione di trattati da parte di Stati federali o Stati che hanno sotto il loro controllo delle colonie34.
Proprio per confutare tale presunzione gli Stati hanno storicamente inserito diverse clausole coloniali o federali nei patti da loro ratificati, al fine, primariamente, di limitare – o, in casi inferiori, ampliare – l’ambito d’applicazione degli stessi.
31 “Sovranità”, Enciclopedia Treccani, xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxx [consultato in data 30/03/2022]
00 Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx, Jurisdiction: changing patterns of authority over activities and resources, in British Yearbook of International Law, 1982, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xxxxx/00.0.0.
33 Xxxxxx Xxxxxxx X., Jurisdiction of States, in X. Xxxxxxx (Ed.), Xxx Xxxxxx Encyclopedia of Public International Law, Oxford Public International Law, 2007, xxxxx://xxxx.xxxxxx.xxx/xxxx/00.0000/xxx:xxxx/0000000000000/xxx-0000000000000-x0000.
34 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 10.
È interessante notare come tali clausole siano presenti solo nei trattati europei, essendo stata la colonizzazione un fenomeno principalmente europeo. Di questa tipologia, ad esempio, risulta essere l’articolo 56 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Tale clausola è stata inserita nella CEDU perché il governo britannico aveva insistentemente affermato di non poter estendere l’applicazione della Convenzione ai territori da esso colonizzati senza il consenso dei governi locali. Tuttavia, la reale motivazione del Regno Unito, principalmente avanzata dal circolo del Colonial Office, consisteva nella riluttanza ad estendere numerose protezioni dei diritti umani presenti nel trattato, specialmente in considerazione del diritto di ricorso individuale alla Corte di Strasburgo, a molte aree dell’estesissimo impero coloniale britannico, che doveva ancora essere disfatto.35
Tale norma, nel primo paragrafo, recita:
ogni Stato, al momento della ratifica o in ogni altro momento successivo, può dichiarare, mediante notifica indirizzata al Segretario generale del Consiglio d’Europa, che la presente Convenzione si applicherà, con riserva del paragrafo 4 del presente articolo, su tutti i territori o su determinati territori di cui esso cura le relazioni internazionali36
Dalla lettura della disposizione si può desumere che, in assenza di un’apposita dichiarazione conforme a detto articolo, un ricorrente non può invocare l’articolo 1 della CEDU per estendere l’applicazione della Convenzione a un territorio situato al di fuori dello spazio giuridico di quest’ultima37.
Per altro verso, è stata la stessa CDI, nei commenti di quello che successivamente è diventato l’articolo 29 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, ad affermare che il tentativo di affrontare tutti i delicati problemi relativi alla competenza extraterritoriale nel richiamato articolo sarebbe stato inappropriato e sconsigliabile38.
E dunque non si può prescindere da un’accurata analisi del testo dei trattati per identificarne l’ambito di applicazione.
L’esempio più significativo di una clausola di applicazione extraterritoriale in tali trattati è sicuramente dato dall’articolo 1 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, come già accennato in precedenza, ove si legge testualmente: «Le Alte Parti contraenti riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel titolo I della presente Convenzione»39.
00 Xxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxx, Ghosts of Colonialism in the European Convention on Human Rights, British Yearbook of International Law, 2006, 136–58, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xxxxx/00.0.000.
36 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, 1950, articolo 56
37 Un’applicazione di tale previsione si può rinvenire nella giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, casi Quark Fishing Ltd c. Regno Unito o Chagos Islanders c. Regno Unito, in Guida sull’articolo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Corte europea dei diritti dell’uomo.
38 ILC, ‘Draft Articles on the Law of Treaties with Commentaries’, (1966) 2 Yearbook of the International Law Commission 187, at 213
39Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, 1950, articolo 1.
La sua portata è rivoluzionaria e ciò lo si desume dalla peculiare scelta delle parole utilizzate. In primo luogo, lo Stato si impegna a riconoscere i diritti, il che è diverso da attribuirli o concederli, inoltre, la parola persona non induce a pensare ai singoli cittadini, ma assume una dimensione universale.
In tal senso valga l’osservazione fatta dal rappresentante belga, precedente all’adozione del testo finale dell’articolo, il quale ha rilevato che il diritto di tutela degli Stati, in virtù di detta clausola, può essere esercitato senza nessuna divisione o distinzione in favore degli individui, di qualsiasi nazionalità essi siano40.
Infine, il termine giurisdizione ha un significato diverso da quello di territorio, per questo motivo è attribuita a tale articolo una portata extraterritoriale. Infatti, storicamente, il testo (che sarebbe poi diventato l’articolo 1 redatto dalla commissione degli affari giuridici e amministrativi dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa prevedeva che gli «Stati membri si impegnano a garantire a ogni persona residente sul loro territorio i diritti (...)»41.
La bozza, sottoposta all’esame dal Comitato di esperti intergovernativo, subì la sostituzione dei termini
«residente sul loro territorio» con le parole «sottoposta alla loro giurisdizione», perché il termine “residente” era sembrato al Comitato troppo restrittivo, in quanto il beneficio della Convenzione sarebbe dovuto essere accordato a chiunque si trovasse sul territorio degli Stati firmatari, e dunque anche a coloro che non potevano essere considerati come ivi residenti nel senso giuridico del termine42.
Com’è stato poi affermato dalla stessa Corte di Strasburgo, nella sentenza Xxxxx e altri c. Repubblica di Moldavia e Russia e nella giurisprudenza ivi richiamata, la «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 1 si presenta come una conditio sine qua non affinché uno Stato contraente possa essere considerato responsabile degli atti o delle omissioni ad esso imputati, che sono all’origine di una dedotta violazione dei diritti e delle libertà enunciati nella Convenzione43.
Dunque, la clausola di giurisdizione presente nell’articolo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo ha certamente la sua portata, ed infatti è in parte ripresa da molti altri trattati sui diritti umani sebbene non nelle sue singole peculiarità.
Ad esempio, anche il Patto sui Diritti Civili e Politici, nell’articolo 2 paragrafo 1, contiene una clausola di giurisdizione, ma essa differisce significativamente da quella della CEDU. La disposizione, infatti, afferma che “ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a rispettare ed a garantire a tutti gli individui che si trovino sul suo territorio e siano sottoposti alla sua giurisdizione i diritti riconosciuti nel presente Patto, senza distinzione alcuna (…)”44.
Tale requisito territoriale apparentemente congiuntivo è assente nell’articolo 1 della CEDU, che non fa menzione del territorio, ma solo di individui sotto la giurisdizione delle Alte Parti contraenti. Parimenti, anche all’interno del Secondo Protocollo Facoltativo del 1989 del Patto sui Diritti Civili e Politici, sull'abolizione
40 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 5.
41 Ibid.
42Recueil des travaux préparatoires de la Convention européenne des Droits de l’Homme, vol.III, 260.
43 App. nos. 43370/04, 8252/05 and 18454/06, Case of Xxxxx and others x. Xxxxxxxxxx Xxxxxx, 00 October 2012, para.103.
44 Patto internazionale sui diritti civili e politici, 1966, art.2 par.1.
della pena di morte, il requisito congiuntivo viene meno, infatti l’articolo 1 recita: “nessuna persona soggetta alla giurisdizione di uno Stato Parte al presente Protocollo sarà giustiziata”45.
Una clausola di giurisdizione simile a quella presente nell’articolo 1 della CEDU è stata inserita in molti altri trattati relativi alla tutela dei diritti dell’uomo, come ad esempio quella contenuta nell’articolo 2 della Convenzione sui diritti del fanciullo, in cui si afferma: “gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, colore (…)”46.
Un altro esempio è rappresentato dall’articolo 1, par.1, dalla Convenzione americana sui Diritti Umani del 196947.
Entrambe le disposizioni soprammenzionate introducono anche una clausola di non discriminazione, assente nell’articolo 1 della CEDU e ripresa invece nell’articolo 2, paragrafo 1, del Patto sui Diritti Civili e Politici. Numerosi trattati internazionali contengono disposizioni che regolano la loro applicazione territoriale solo in relazione a obblighi specifici da essi derivanti, ma non presentano un'unica clausola di applicabilità per il trattato nel suo insieme. Tra questi, si ricordi la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la quale contiene almeno nove clausole di giurisdizione, nelle quali viene ripresa la dicitura “in qualsiasi territorio sotto la sua giurisdizione” per indicare l’applicazione degli obblighi per gli Stati contraenti48.
Esistono, infine, clausole di giurisdizione che riguardano solo il funzionamento del meccanismo di vigilanza ai sensi di un trattato, avuto riguardo alla competenza di un determinato organo ad esaminare le singole xxxxxxx00. Tali clausole possono essere contenute nel trattato stesso, come esemplificato dall’articolo 14, paragrafo 1, della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, che afferma che “ogni Stato contraente può dichiarare in ogni momento di riconoscere al Comitato la competenza di ricevere ed esaminare comunicazioni provenienti da persone o da gruppi di persone sotto la propria giurisdizione (…)”50.
Tali clausole possono essere inserite anche in un Protocollo aggiuntivo al trattato, come ad esempio è avvenuto nel Protocollo Opzionale relativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), il cui articolo 1 recita che “Ogni Stato Parte del Patto che diviene parte del presente Protocollo riconosce la competenza del Comitato a ricevere ed esaminare comunicazioni provenienti da individui sottoposti alla sua giurisdizione (…)”51.
Tuttavia, bisogna sottolineare un’importante differenza tra quest’ultima tipologia di clausola e quelle analizzate precedentemente, in quanto quest’ultima non pregiudica la portata degli obblighi dello Stato
45 Secondo Protocollo facoltativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici sull'abolizione della pena di morte. 1989, art.1.
46 Convenzione sui diritti del fanciullo, 1989, art.2.
47 L’articolo, infatti, recita: “Gli Stati Parti di questa Convenzione si impegnano a rispettare i diritti e le libertà riconosciuti negli articoli seguenti e ad assicurare a tutte le persone soggette alla loro giurisdizione il libero e pieno esercizio di tali diritti e libertà, senza discriminazione per ragioni di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o altra, origine nazionale o sociale, condizione economica, nascita o ogni altra condizione sociale”
48 Si vedano gli artt. articoli 2(1), 5(1)(a), 5(2),47 7(1), 11, 12, 13, 16 e 22(1) della Convenzione contro la tortura, 1984.
49 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 13.
50 Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, 1965, articolo 14 paragrafo 1.
51 Protocollo Opzionale relativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici, 1966, articolo 1
contraente ai sensi del trattato, ma crea solo una condizione autonoma per l’ammissibilità dell’azione proposta dal soggetto leso.
In particolare, facendo riferimento al sopraindicato articolo 1 del Protocollo Opzionale relativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici, è importante ricordare che, sebbene questa seconda clausola ometta il requisito territoriale presente nell’articolo 2, paragrafo 1 del Patto, di fatto non ne sta ampliando l’applicabilità. Dunque, la portata territoriale del trattato principale in questione è indipendente da tali disposizioni.
Esistono poi trattati sprovvisti sia di clausole di giurisdizione sia di clausole attributive di competenza, come il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali o la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, sebbene i loro Protocolli opzionali contengano una clausola attributiva di competenza che limita il diritto alla petizione individuale52. D’altra parte, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali sembra contenere altresì una clausola di giurisdizione nell’articolo 14, avuto riguardo al dovere dello Stato di garantire l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione primaria nel territorio metropolitano o negli altri territori soggetti alla sua giurisdizione53.
Dalla breve analisi sulle varie clausole di applicazione territoriale dei trattati sui diritti umani innanzi svolta emerge poi che le clausole di giurisdizione prevedono, in alcuni casi, l’imposizione di obblighi negativi e in altri di obblighi positivi per lo Stato contraente.
L’obbligo negativo consiste nell’impegno che lo Stato ratificante assume di rispettare i diritti umani degli individui soggetti alla sua giurisdizione, astenendosi da atti che potrebbero violarli. Al contrario, l’obbligo per lo Stato è positivo qualora richieda di assicurare, attraverso diverse misure, i diritti umani e proteggerli dalla violazione anche da parte di terzi.
Trattasi di due obblighi sostanzialmente diversi, così come lo è la capacità dello Stato di rispettarli: un obbligo positivo è molto più difficile da adempiere, in quanto lo Stato necessita di un controllo effettivo sul territorio, d’altra parte un obbligo negativo è molto più facile da violare54.
4.1. Il significato di “giurisdizione” nel diritto internazionale generale e nei trattati sui diritti umani
L’American Heritage Dictionary attribuisce tre significati della parola giurisdizione55, così come l’Enciclopedia Giuridica dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Xxxxxxxx Xxxxxxxx00.
52 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 14-17.
53 Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, 1966, art.14
54 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 18.
55 In primo luogo, il diritto di un tribunale di esaminare un caso particolare, in base alla portata della sua autorità sul tipo di caso e sulle parti in causa; in secondo luogo, autorità e controllo e la portata dell’autorità o del controllo; in terzo luogo, l’ambito territoriale dell’autorità o del controllo.
56 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Enciclopedia Giuridica, Istituto della Enciclopedia Italiana.
Prendendo a riferimento le principali convenzioni internazionali possiamo, infatti, notare come la parola giurisdizione venga più volte usata anche nel testo di un singolo articolo, ma nelle varie circostanze con un significato diverso.
In particolare, ad esempio, l’articolo 9, par.2 della Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, Conclusa a New York nel 2006, recita:
“Ogni Stato Parte adotta inoltre le misure necessarie ad affermare la propria competenza a esercitare la giurisdizione sui reati di sparizione forzata quando il presunto autore del reato si trova in un territorio sotto la sua giurisdizione, salvo il caso in cui lo Stato estradi la persona o la consegni a un altro Stato in conformità dei suoi obblighi internazionali o la consegni a una corte penale internazionale di cui riconosca la competenza”57.
Nel primo caso il termine indica la giurisdizione di uno Stato a prescrivere un reato nel suo diritto penale, nello specifico una giurisdizione universale contro il crimine di sparizione forzata.
Al contrario, nel secondo caso il termine si riferisce ad un particolare controllo fattuale sul territorio e, conseguentemente, sugli individui che vi abitano. Trattasi dell’uso del termine giurisdizione proprio dei trattati sui diritti umani58.
Dunque, risulta di fondamentale importanza fare una distinzione tra il significato di giurisdizione nell’ambito del diritto internazionale generale e quello dei trattati relativi alla tutela dei diritti umani.
Com’è stato affermato dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Xxxxxxxx, dal punto di vista del diritto internazionale la competenza giurisdizionale di uno Stato è prevalentemente territoriale. Infatti, sebbene le norme di diritto internazionale non escludano che questa possa essere esercitata a livello extraterritoriale, le sue basi – tra le quali nazionalità, bandiera, relazioni diplomatiche e consolari, effetto, protezione, personalità passiva e universalità – sono generalmente limitate e definite dai diritti territoriali sovrani dello Stato interessato59.
Quanto affermato dalla Corte è indubbio: la giurisdizione è l’autorità dello Stato, ai sensi e limitatamente al rispetto del diritto internazionale, di regolare la condotta di persone fisiche e giuridiche mediante il proprio diritto interno60.
Nei trattati sui diritti umani, tuttavia, il raggio interpretativo viene esteso e per spiegarne il motivo si può ricorrere, ancora una volta, alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Rilevante è il caso Loizidou c. Turchia, promosso da un individuo greco-cipriota, il quale dopo l’invasione turca e l’istituzione della Repubblica di Cipro del Nord non ha potuto più accedere alla sua proprietà, situata nella parte settentrionale di Ciprio. La ricorrente lamentava, in particolare, una lesione del suo diritto di
57 Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, 2006, articolo 9 paragrafo 2.
58 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 31-32.
59 Xxxxxxxx and Others v. Belgium and Others [GC] (dec.), App. No. 52207/99, 12 December 2001, para. 59.
60 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 23.
proprietà a causa della continua occupazione e controllo di quell’area di Cipro da parte delle forze armate turche che, in diverse occasioni, le avevano impedito di accedere alla sua casa61.
La Corte nel decidere la controversia ha dovuto preliminarmente affrontare la questione della giurisdizione così affermando che la stessa non possa essere applicata limitatamente al territorio nazionale degli Stati ratificanti, dovendo questi ultimi rispondere anche degli atti compiuti dalle loro autorità, all’interno o all’esterno del territorio nazionale, che producono effetti al di fuori del proprio ambito territoriale62.
Da ciò è evidente come, con riferimento alle eccezioni preliminari, la Corte abbia ritenuto che la Turchia avesse obblighi nei confronti del ricorrente ai sensi della CEDU, ritenendo nel merito violato il suo diritto di proprietà.
Il presupposto da cui muove la statuizione è che la Turchia esercitasse un controllo generale effettivo su Cipro settentrionale attraverso la presenza del suo contingente militare. Di conseguenza, gli atti delle autorità della Repubblica, sostenute dalle forze turche, rientravano nella giurisdizione turca63.
Dunque, si può affermare che nel diritto internazionale dei trattati sui diritti umani la giurisdizione vada intesa come “controllo effettivo su un’area”, che non corrisponde al concetto di giurisdizione del diritto internazionale, da intendersi come “il diritto dello Stato di regolare la condotta degli abitanti di tale territorio o le conseguenze degli eventi”64.
Se ne ricava che nel diritto internazionale generale la funzione della giurisdizione è quella di determinare l’ambito entro il quale lo Stato ha il potere di regolare la condotta di una persona, mentre nei trattati sui diritti umani, facendo riferimento al controllo effettivo esercitato su un’area, si ha riguardo specificatamente al potere “fisico” che lo Stato esercita.
Ci si addentrerà ulteriormente nell’esame dell’ambito del controllo effettivo esercitato dallo Stato attraverso l’analisi dei due filoni principali di giurisprudenza sull'interpretazione della giurisdizione statale: il modello spaziale e quello personale65.
4.2. Il modello territoriale e personale di giurisdizione
Il concetto di giurisdizione statale nei trattati sui diritti umani è spesso molto confuso, come si può evincere dalla contraddittoria giurisprudenza internazionale in tale materia. Infatti, Xxxxx e Comitati hanno, in molteplici casi, sentenziato e punito violazioni dei diritti umani a livello extraterritoriale sulla base di significati diversi attribuiti alla giurisdizione degli Stati, che possono essere sintetizzati in due modelli: il modello territoriale e il modello personale.
61 Factsheet – Extra-territorial jurisdiction of States Parties to the European Convention on Human Rights.
62 Loizidou v. Turkey, 40/1993/435/514, Council of Europe: European Court of Human Rights, 23 February 1995, vedere anche
Xxxxx and Xxxxxxxx v. France and Spain judgment of 26 June 1992, Series A no. 240, p. 29, para. 91.
63 Factsheet – Extra-territorial jurisdiction of States Parties to the European Convention on Human Rights
64 Xxxxxx Xxxxxxxx and Xxxxxx Xxxxx (eds), Xxxxxxxxx’x International Law (nona ed., 1992), 456.
65 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 33-34.
Si farà particolare riferimento alla produzione della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha fornito la maggior parte di giurisprudenza in materia di applicazione extraterritoriale, ma ci si focalizzerà, sebbene in misura minore, anche sulla giurisprudenza di altri sistemi di protezione dei diritti umani.
Il modello spaziale risulta essere il meno controverso e quello con più copertura testuale, infatti diversi trattati sui diritti umani fanno esplicito riferimento alla giurisdizione in termini territoriali, come l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione contro la tortura, che recita: “ogni Stato Parte prende provvedimenti legislativi, amministrativi, giudiziari ed altri provvedimenti efficaci per impedire che atti di tortura siano compiuti in un territorio sotto la sua giurisdizione”.
Nel modello spaziale, dunque, la giurisdizione statale è intesa come un controllo de facto su un territorio. Solo quando uno Stato esercita il controllo sul territorio di un altro Stato, replicando l’entità di quello che ha sul proprio territorio, lo stesso dovrà soggiacere agli obblighi in materia di diritti umani nei confronti degli abitanti dell’altro Stato66.
Infatti, come accennato precedentemente, la Corte di Strasburgo nella sentenza Xxxxxxxx ha affermato che ciò che conta è il controllo effettivo su un’area, indipendentemente dal fatto che abbia o meno la titolarità su quell'area e che tale controllo sia stato ottenuto legalmente o illegalmente67.
Tale modello è stato applicato anche dal Comitato dei diritti umani, il quale ha riscontrato che Convenzione internazionale sui diritti civili e politici “must be held applicable to the occupied territories and those areas (…) where Israel exercises effective control”68.
Anche la Corte internazionale di Giustizia è stata dello stesso avviso, come si legge nel paragrafo 112 del parere consultivo Conseguenze giuridiche dell’edificazione di un muro nel territorio palestinese occupato: “(…) i territori occupati da Israele sono soggetti da più di trentasette anni alla giurisdizione territoriale di Israele, in quanto Potenza occupante”69.
Sebbene questa concezione della giurisdizione sia la più chiara e meno controversa, tuttavia presenta anche un intrinseco svantaggio: può essere fin troppo limitante. Per comprenderne il motivo, bisogna analizzare il concetto di “area” sul quale lo Stato esercita un controllo effettivo.
Sicuramente, prendendo in esame la questione di Loizidou, il territorio controllato dalla Turchia era una porzione pari ad un terzo dell’isola di Cipro, ovvero abbastanza grande per rientrare nella fattispecie di area ai sensi del modello spaziale.
Ci si deve quindi chiedere se la stessa cosa valga qualora il territorio controllato sia di dimensioni molto più ridotte, come una semplice città, un singolo edificio, una base militare o una prigione, dunque se sia ancora possibile utilizzare il modello spaziale ai fini di un’applicazione extraterritoriale quando si fa riferimento ad
66 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Foreign Surveillance and Human Rights, Part 3: Models of Extraterritorial Application”, in Blog of the European Journal of International Law, 2013, xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxx-xxxxxxxxxxxx-xxx-xxxxx-xxxxxx-xxxx-0-xxxxxx-xx- extraterritorial-application/.
67 Loizidou v. Turkey, 40/1993/435/514, Council of Europe: European Court of Human Rights, 23 February 1995.
68 Concluding Observations of the Human Rights Committee: Israel, UN Doc. CCPR/C/79/Add.93, 18 August 1998, para. 10.
69 Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory, Advisory Opinion, 9 July 2004, ICJ Reports 2004, para.112.
aree meno estese ma più specifiche e ristrette70. D’altra parte, più si riduce la dimensione dell’area, più è probabile che il modello spaziale diventi artificiale e arbitrario, crollando in una concezione di giurisdizione come controllo sugli individui, piuttosto che sugli spazi71.
Nascondendosi dietro la limitatezza di tale modello, spesso molte violazioni extraterritoriali dei diritti umani sono infatti rimaste impunite, come i rapimenti extraterritoriali o gli atti compiuti nei “black sites” della CIA. Gli Stati Uniti sotto l'amministrazione Xxxx hanno negato l'applicabilità dei trattati sui diritti umani (come la Convenzione contro la tortura) alle prigioni segrete proprio perché erano situate in un territorio controllato da uno Stato terzo. Infatti, nel 2005 l'Ufficio di Consulenza Legale del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, al fine di negare l'applicazione dell'articolo 16 della Convenzione contro la tortura (che vieta i trattamenti crudeli, disumani o degradanti) ai “black sites”, ha affermato che l'articolo 16 è limitato alla condotta all'interno del territorio sotto la giurisdizione degli Stati Uniti, che comprende, al massimo, aree su cui gli Stati Uniti esercitano almeno de facto un'autorità come governo. Sulla base delle assicurazioni della CIA, l’Ufficio ha quindi concluso che gli interrogatori non hanno luogo in tali aree72.
Come si può evincere dal Memorandum per Xxxxxxx X. Xxxxxx, II, di Xxx X. Xxxxx, l'amministrazione Xxxx aveva una posizione contraria riguardo l’applicazione extraterritoriale dei trattati sui diritti umani, compresa la Convenzione contro la tortura73.
Da ciò si deduce che l'unica definizione possibile di “area” è di natura funzionale: solo qualcosa su cui lo Stato può esercitare un sufficiente grado di controllo può contare come area.
A questo punto risulta, allora, rilevante comprendere quale sia il grado di controllo sufficiente richiesto dal modello spaziale.
Per quanto concerne l’effettività del controllo la Corte di Strasburgo, nella sua giurisprudenza, sembra sottolineare che non è necessario dimostrare l'esistenza di un controllo circostanziato, ma solo che lo Stato in questione abbia un potere sufficiente sul territorio e sui suoi abitanti per fare, in linea di massima, “ciò che desidera”74.
In concreto, la soglia di controllo richiesta dai tribunali è stata generalmente alta, infatti nei casi di Cipro del nord la Turchia aveva migliaia di truppe a terra e l'amministrazione della Repubblica di Cipro del Nord era, almeno inizialmente, poco più che uno Stato fantoccio.
Anche nel caso Xxxxxxxx la Corte ha applicato un rigido test spaziale di controllo. Partendo dalla connotazione territorialistica di giurisdizione attribuita dal diritto internazionale generale, infatti, la Grande Camera ha dichiarato all’unanimità irricevibile il ricorso presentato dai cittadini serbi, sul presupposto che la CEDU opera
70 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 130 ss.
71 Ibid.
72 Memorandum for Xxxx X. Xxxx from Xxxxxx X. Xxxxxxxx, re Application of United States Obligations Under Article 16 of the Convention Against Torture to Certain Tecniques that May Be Used in Interrogation of High Value al Qaeda Detainees, US Department of Justice, Office of Legal Counsel, 30 May 2005, 1-2.
73 Xxxxx Xxx X., Memorandum for Xxxxxxx X. Xxxxxx, II, 23-25.
74 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 137.
essenzialmente in un contesto regionale e più particolarmente nello spazio giuridico dei Paesi contraenti, di cui la Repubblica serba non fa parte.
Affermando che i soli attacchi aerei non potevano sostanzialmente rientrare nell'ambito di applicazione della Convenzione e che l'esercizio della giurisdizione extraterritoriale da parte di uno Stato contraente è in definitiva eccezionale, la Corte si è dimostrata molto restrittiva nell’interpretazione dell’articolo 1 della Convenzione, nel senso di escludere la sua applicabilità rispetto alle azioni compiute dagli Stati fuori dai confini nazionali ad eccezione delle situazioni di occupazione territoriale75.
Per concludere, si può affermare che l’applicazione del modello spaziale è certamente la più chiara quando si tratta di un effettivo controllo statale su porzioni di territorio relativamente grandi, come nel caso Loizidou. Dal punto di vista politico, la sua adozione consente di estendere la protezione dei diritti umani a quelle situazioni extraterritoriali, come le occupazioni bellicose, in cui è molto probabile che questi vengano violati mentre potrebbero essere efficacemente protetti76.
Tuttavia, lo svantaggio principale del modello spaziale è proprio che la sua rigida interpretazione potrebbe consentire che numerose violazioni sfuggano all’ambito di applicazione dei trattati sui diritti umani.
Ecco perché la versione “pura” del modello spaziale, inteso come controllo complessivo effettivo di grandi aree di territorio, deve essere mitigata in primo luogo applicando il modello spaziale ad aree sempre più piccole affinché che il “test del controllo di un'area” copra in definitiva il controllo su luoghi e oggetti77.
Vi è tuttavia un pericolo, più si restringe il campo di applicazione da vaste aree di territorio a luoghi e oggetti, più artificiale sembra essere il modello spaziale. Esso, di fatto, finisce per controllare gli individui piuttosto che il territorio, per quanto di piccole dimensioni.
In sostanza, anche se allargato al massimo, tale modello consentirà a numerose situazioni extraterritoriali di sfuggire e di essere fuori dalla portata della protezione dei diritti umani.
Un chiaro esempio di come il modello territoriale non possa essere sempre applicato è dato dal caso dell'assassinio di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx a Londra nel 2006 da parte di agenti russi. Sarebbe stato impossibile affermare, sotto qualsiasi concezione del modello spaziale di giurisdizione, che questo omicidio avesse violato gli obblighi della CEDU da parte della Russia, cosa che avrebbe fatto se fosse avvenuto sul suolo russo. Non si sarebbe potuto mai sostenere, infatti, che la Russia avesse il controllo del ristorante giapponese a Londra dove Litvinenko è stato avvelenato, e che questo in qualche modo stabilisse la sua giurisdizione.
Per questo motivo in alcuni casi si è scartato il modello spaziale e si è optato per il modello personale di giurisdizione78.
Il modello personale, che intende la giurisdizione come autorità statale e controllo sugli individui, sembrerebbe risolvere la maggior parte dei problemi politici innanzi menzionati. Il suo principale sostenitore è stato il
75 Xxxxxxx Xxxxx, “Nuove pronunce sull’applicazione extraterritoriale degli obblighi previsti nei trattati sui diritti umani” delle Convenzioni internazionali sui diritti umani” in Rivista di Diritto Internazionale, fasc.3, 2009, 771.
76 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Foreign Surveillance and Human Rights”, cit supra nota 66. 77 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Foreign Surveillance and Human Rights”, cit supra nota 66. 78 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 171 ss.
Comitato per i diritti umani, che in Xxxxx-Xxxxxx, un caso riguardante un rapimento da parte di agenti uruguaiani di un individuo in territorio argentino, ha giustificato il modello personale essenzialmente facendo appello all'universalità dei diritti umani.
Il Comitato ha ritenuto che il riferimento a “individuals subject to its jurisdiction” di cui all’articolo 1 del Protocollo facoltativo non riguarda il luogo in cui è avvenuta la violazione, ma il rapporto tra il soggetto e lo Stato in relazione alla violazione di uno qualsiasi dei diritti sanciti dal Patto, ovunque si siano verificati79.
Sebbene il modello personale di giurisdizione possa regolare fattispecie che nel modello territoriale resterebbero escluse, tuttavia anch’esso ha un limite insito, speculare a quello del modello precedente: può essere fin troppo espansivo.
Per comprenderne il motivo, è utile chiedersi cosa deve intendersi come controllo statale su un individuo.
Da una parte si potrebbe adottare la definizione più ampia possibile di controllo, ovvero quello di giurisdizione su una persona, perciò uno Stato eserciterebbe tale controllo se avesse la capacità di violare sostanzialmente i diritti di un individuo.
Sulla base di questa interpretazione, tuttavia, il modello personale di giurisdizione non servirebbe a nulla come soglia per l'applicazione di un trattato sui diritti umani, in quanto il trattato si applicherebbe ogniqualvolta lo Stato potesse effettivamente violarlo.
E’ stata proprio la paura dell’eccessiva espansione della giurisdizione statale, che porterebbe i trattati ad applicarsi a qualsiasi azione statale extraterritoriale (con le svariate difficoltà pratiche e politiche nel merito connesse), che ha portato la Corte di Strasburgo ad emettere la sua decisione di inammissibilità in Xxxxxxxx. La Corte era stata adita da sei persone che vivevano a Belgrado e che accusavano 17 Stati membri della NATO
– Stati anche contraenti della CEDU – di bombardamenti durante il conflitto in Kosovo, in particolare al quartier generale della radiotelevisione serba a Belgrado, che avevano causato danni all'edificio e diversi morti80.
La Grande Camera ha ritenuto che la vicenda di persone uccise da missili o bombe lanciate da un aereo, al di fuori di un'area sotto l'effettivo controllo generale di uno Stato, non rientrasse nella sua giurisdizione. Ciò poiché tale controllo avrebbe richiesto l’esistenza di truppe a terra, mentre lo spazio aereo ed il "semplice" potere di uccidere non era stato ritenuto sufficiente a costituire un vincolo di giurisdizione.
La Corte, dunque, ha respinto una nozione di giurisdizione di “causa-effetto”, ritenendo che i diritti della Convenzione non potessero essere divisi e adattati alle circostanze, in quanto o tutti si applicavano o nessuno di loro si applicava81.
79 Xxxxx Xxxxxxx de Xxxxx v. Uruguay, Communication No. 52/1979, U.N. Doc. CCPR/C/OP/1 at 88 (1984), para 12.
80 Factsheet - Extra-territorial jurisdiction of States Parties to the European Convention on Human Rights.
81 European Court of Human Rights, Grand Chamber Decision as to the admissibility of Application no. 52207/99, 12 December 2001, para.75.
Così facendo, la Corte ha sostanzialmente ignorato il modello personale, di cui non ha nemmeno discusso, dando anche poca importanza alla pratica contraria di altre istituzioni per i diritti umani, su cui si era fondata la difesa dei ricorrenti82.
D’altra parte, si potrebbe contemperare la nozione di controllo personale ad esempio affermando che solo la custodia fisica di un individuo soddisfi la soglia di applicabilità. Far ciò, tuttavia, limiterebbe l’astrattezza e generalità del modello, operando come un espediente per escludere dall'ambito del controllo giudiziario quei casi che presentano difficoltà politiche o politiche estreme, come dimostreremo in seguito citando il caso Al- Skeini83.
Tra le debolezze di questo modello vi è anche che molti trattati sui diritti umani fanno specifico riferimento al “territorio sotto giurisdizione dello Stato” nelle clausole di applicazione extraterritoriale, come l’articolo 1(2) della Convenzione contro la tortura. Dunque, il legame tra lo Stato e gli individui può essere ricavato solo indirettamente.
Ciononostante, la sentenza del caso Xxxxxxxx è stata parzialmente confutata dalla Corte di Strasburgo e il modello personale è stato in parte avanzato.
Il primo caso post-Xxxxxxxx a contraddirlo direttamente è Xxxx e altri c. Turchia, in cui la Camera ha applicato il modello personale di giurisdizione, oltre a quello spaziale, ad un'incursione turca nel nord dell'Iraq, affermando che uno Stato può anche essere ritenuto responsabile della violazione dei diritti e delle libertà della CEDU di persone che, pur trovandosi nel territorio di un altro Stato, siano sotto l'autorità e il controllo del primo Stato attraverso i suoi agenti che ivi vi operano, legalmente o illegalmente84.
La Corte, in Issa, ha fatto un grande passo avanti rispetto alla giurisprudenza precedente, rifacendosi a tutti i casi respinti dalla Grande Camera in Xxxxxxxx, tra cui Xxxxx-Xxxxxx del Comitato per i diritti umani, e facendo appello diretto all'universalità85.
Nel caso Pad e altri c. Turchia, in cui i ricorrenti – cittadini iraniani che vivevano vicino al confine turco – erano stati uccisi da un elicottero turco, che secondo la difesa di quest’ultimo Stato stava attraversando il confine illegalmente, la Camera, nel solco di Issa, applicando il modello personale, ha affermato la giurisdizione della Turchia ritenendo irrilevante su quale lato del confine fossero avvenuti i decessi86.
Particolarmente rilevante è poi il caso Al-Xxxxxx, riguardante la morte di cinque civili uccisi dalle truppe britanniche di pattuglia a Bassora, occupata dal Regno Unito. Il sesto ricorrente, il sig. Xxxx Xxxxx, era stato, invece, arrestato e portato in un centro di detenzione del Regno Unito, nel quale era stato maltrattato ed ucciso. Nei vari gradi di giudizio tutte le corti inglesi si sono pronunziate per l’inammissibilità del ricorso, ritenendo l’insussistenza della giurisdizione del Regno Unito e la conseguente inapplicabilità extraterritoriale della CEDU, fatta eccezione per la morte di Xxxx Xxxxx, in quanto detenuto in una struttura sotto il controllo del
82 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Al-Xxxxxx and Al-Jedda in Strasbourg”, in Blog of the European journal of International Law, 2012, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xxxx/xxx000.
83 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Foreign Surveillance and Human Rights”, cit supra nota 66.
84 App. no. 31821/96, Case of Issa and Others v. Turkey, 16 November 2004, para.71.
85 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 183.
86 App. No. 60167/00, Pad and others v. Turkey (dec.), 28 June 2007, para 53-54.
governo giudicante87. Nello specifico la Corte Suprema inglese ha ritenuto lo status nel diritto internazionale della prigione militare assimilabile a quello di un'ambasciata88.
Il caso è stato sottoposto alla Corte di Strasburgo che ha ribadito, come nel caso Xxxx, che in determinate circostanze l'uso della forza da parte di agenti di uno Stato, operanti al di fuori del suo territorio, può comportare l’assoggettamento al controllo delle autorità dello Stato, e quindi nella giurisdizione dello Stato ex articolo 189.
Afferma la Corte di Strasburgo che ogni volta in cui lo Stato, attraverso i suoi agenti esercita il controllo e l'autorità su un individuo, e quindi la giurisdizione, esso ha l'obbligo di garantirne i diritti e le libertà ai sensi della Convenzione. In tal senso i diritti della Convenzione possono essere “divisi e ritagliati”90.
La Corte, quindi, non solo ha definito la giurisdizione come controllo e autorità dello Stato su un individuo, ma ha anche in parte annullato Xxxxxxxx consentendo la "divisione e adattamento" dei diritti della Convenzione, in contrasto con l'approccio del “tutto o niente”91.
Tuttavia, la base concettuale di Xxxxxxxx, secondo la quale l'applicazione extraterritoriale della CEDU non può che essere eccezionale e deve quindi essere giustificata da criteri generali del diritto internazionale, rimane ancora anche in Al-Skeini92.
Infatti, a differenza dei tribunali inglesi, la Grande Camera ha ritenuto che tutti e sei i ricorrenti fossero sotto la giurisdizione del Regno Unito, interpretando tale nozione in termini personali, ma lo ha fatto solo per motivi eccezionali, dal momento che il Regno Unito ha esercitato poteri pubblici in Iraq.
Al-Xxxxxx è stato quindi un importante tentativo della Corte di riparare Xxxxxxxx, sebbene riuscito solo in parte. D’altro canto, il ragionamento della Grande Camera nella causa Al-Xxxxxx mostra chiaramente che l'applicazione del modello personale non può limitarsi alla custodia fisica, in quanto la Corte ha esteso l'ambito di applicazione anche alle uccisioni istantanee degli altri ricorrenti.
Si deve concludere, quindi, che non possono essere riconosciute valide limitazioni al modello personale, come quello della custodia fisica o della nazionalità, dello statuto speciale della vittima, o ancora dell'autore del reato.
In altre parole, il modello personale non può essere limitato sulla base di alcun criterio arbitrario, anche se in questo modo la dicitura "autorità e controllo sugli individui" finisce per applicarsi ogni volta che uno Stato è in grado di violare i diritti umani della persona in questione. La sua caratteristica principale – la capacità di coprire tutte le situazioni che altrimenti sarebbero rimaste prive di protezione sotto il test spaziale – risulta essere anche il suo principale difetto, portando al suo inevitabile collasso.
87 Cfr. nota 82.
88 Al-Xxxxxx and others (Respondents) v. Secretary of State for Defence (Appellant) Xx-Xxxxxx and others (Appellants) v. Secretary of State for Defence (Respondent) (Consolidated Appeals), at para. 97 (per Xxxx Xxxxxxxx), para. 132 (per Xxxx Xxxxx).
89 App. no. 55721/07, Case of Al-Xxxxxx and others v.The United Kingdom, 7 July 2011, par.136
90 Ibid., para. 137
91 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Foreign Surveillance and Human Rights”, cit supra nota 66.
92 Cfr. nota 88, para 135.
4.3. Un terzo modello di giurisdizione: obblighi negativi e obblighi positivi
Il presente studio ha evidenziato, da una parte, come il modello spaziale possa in extremis crollare in quello personale se si restringe l'area soggetta a giurisdizione, e, dall’altra, come possa crollare anche il modello personale se l'applicazione extraterritoriale dei trattati sui diritti umani divenisse illimitata.
Per questo motivo il professor Xxxxxxxxx sviluppa un terzo modello che non ritiene perfetto ma sicuramente più chiaro, prevedibile e capace di fornire un equilibrio stabile, tra considerazioni di universalità ed efficacia, ed evitare risultati arbitrari93.
Il modello proposto dall’autore, a detta dello stesso, non è quello applicato dai tribunali per i diritti umani, e tuttavia sarebbe auspicabile che lo fosse, rappresentando “a stable equilibrium towards which the spatial and personal conceptions of jurisdiction will naturally tend to gravitate”94.
Come si è già affermato in precedenza, esiste una sostanziale differenza tra gli obblighi negativi e gli obblighi positivi, di cui i primi corrispondono al dovere di rispettare i diritti umani e, a tal fine, lo Stato deve solo astenersi dal violare, senza alcuna giustificazione, un diritto individuale.
L'obbligo positivo è invece il dovere di mettere in sicurezza o garantire i diritti umani e talvolta può includere l'obbligo dello Stato di prevenire le violazioni di tali diritti anche da parte di terzi.
Infatti, com’è stato affermato anche dal Comitato per i diritti umani, gli obblighi positivi imposti ai contraenti, di garantire il Patto relativamente ai diritti civili e politici, saranno pienamente adempiuti solo se gli individui sono protetti dallo Stato, non solo contro le violazioni dei diritti del Patto da parte dei suoi agenti, ma anche contro gli atti commessi da privati o entità che ne pregiudicherebbero il godimento, nella misura in cui sono suscettibili di applicazione tra privati o enti95.
Il Comitato continua sostenendo che il Patto stesso prevede in alcuni articoli delle aree in cui vi sono obblighi positivi per gli Stati Parte, finalizzati ad indirizzare le attività di privati o enti. Ad esempio, le garanzie sulla privacy, di cui all'articolo 17, devono essere tutelate dalla legge, così come è implicito nell'articolo 7 che gli Stati contraenti devono adottare misure positive per garantire che persone o entità private non infliggano torture o trattamenti o punizioni crudeli, disumani o degradanti ad altri in loro potere96.
E’ importante ricordare che l'obbligo positivo imposto agli Stati di garantire i diritti umani all'interno della sua giurisdizione non è assoluto, poiché essi non sono né onniscienti né onnipotenti, perciò tale obbligo impone allo Stato la dovuta diligenza di adottare tutte le misure per prevenire tali violazioni.
Infatti, l’obbligo negativo di rispettare i diritti umani, per essere realisticamente attuato, richiede che lo Stato non abbia altro che il controllo sulla condotta dei propri agenti.
93 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 209-222.
94 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Foreign Surveillance and Human Rights”, cit supra nota 66.
95 UN Human Rights Committee (HRC), General comment no. 31 [80], The nature of the general legal obligation imposed on States Parties to the Covenant, 26 May 2004, CCPR/C/21/Rev.1/Add.13, para. 8.
96 Ibid.
Al contrario, è l'obbligo positivo di mettere in sicurezza e garantire i diritti umani che richiede un grado di controllo maggiore sull'area in questione, sulla base del quale poi lo Stato può creare istituzioni e meccanismi di governo, imporre le proprie leggi e punire le violazioni delle stesse97.
Da questa riflessione si sviluppa il terzo modello di giurisdizione proposto da Xxxxxxxxx, secondo il quale la nozione di giurisdizione nei trattati sui diritti umani sarebbe concepita solo territorialmente, come un controllo de facto complessivo di aree e luoghi. Tuttavia questa soglia si applicherebbe solo all'obbligo positivo dello Stato di garantire i diritti umani, e non anche quello negativo di rispettarli, che sarebbe territorialmente illimitato98.
Si potrebbe ricavare una base testuale di tale modello in riferimento sia all’articolo 1 della CEDU, sia all’articolo 2, paragrafo 1, del Patto sui diritti civili e politici. Infatti, da una parte l'articolo 1 della CEDU si riferisce solo all'obbligo di “garantire” i diritti umani, mentre l'articolo 2(1) del Covenant potrebbe essere letto come attributivo della soglia di giurisdizione all'obbligo positivo ma non a quello negativo99.
Grazie a tale modello, che mira a scindere i due obblighi, la logica morale dell'universalità potrebbe essere così portata ad una sua conclusione, mentre la giurisdizione dello Stato rimarrebbe ancora un criterio di soglia per garantire il rispetto obblighi positivi normalmente più gravosi100.
4.4. Conclusioni
Nel presente capitolo, previa una sintetica disamina del concetto di sovranità territoriale, ci si è concentrati sull’analisi della giurisdizione statale ai fini dell’applicazione extraterritoriale dei trattati sui diritti umani. È emersa la polarità di due modelli interpretativi fondamentali della nozione di giurisdizione, ovvero quello personale e quello territoriale. Tra essi si pone, quale modello di sintesi, quello sviluppato in dottrina dal professor Xxxxxxxxx.
97 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 27, 209.
98 Ibid., 210.
99 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Foreign Surveillance and Human Rights”, cit supra nota 66.
100 Ibid.
Capitolo 2.
Applicazione extraterritoriale della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo
Nella disamina generale della questione non può prescindersi da una breve analisi del sistema deputato alla tutela dei diritti umani fondamentali e dalle decisioni che hanno preceduto il caso oggetto di studio.
Nel presente capitolo si tratterà pertanto della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e del funzionamento e composizione della Corte europea dei diritti dell’uomo, esaminandone le decisioni più significative in materia di applicazione extraterritoriale della Convenzione.
1. Il Consiglio d’Europa e la Convenzione europea dei Diritti dell’uomo
In questo paragrafo sarà brevemente analizzato il Consiglio d’Europa, la sua storia, la sua architettura istituzionale e la sua principale elaborazione, ovvero la Convenzione europea dei Diritti dell’uomo.
1.1. Il Consiglio d’Europa
La Seconda Guerra Mondiale, a causa delle sue devastazioni, ha generato il bisogno nella comunità europea di creare un’organizzazione in grado di evitare il ripetersi di queste tragedie ed assicurare pace, democrazia e rispetto dei diritti umani in tutto il continente.
Fu proprio Xxxxxxx Xxxxxxxxx ad esprimersi per la prima volta a riguardo, in un discorso pronunciato al politecnico di Zurigo nel 1946, del quale si ricorda la celebra frase “we must build a kind of United States of Europe”101.
Tre anni dopo, il 5 maggio del 1949, nacque il Consiglio d’Europa, con la sottoscrizione a Londra, da parte di Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia del Trattato istitutivo102.
Sin dalla sua operatività il Consiglio ha esteso l’ingresso a Stati che inizialmente, per varie ragioni, avevano deciso di non farvi parte. Tra questi, i Paesi che nell’immediato dopoguerra erano impossibilitati ad aderire, come la Repubblica federale di Germania, o quelli che al tempo della sua creazione non avevano ancora ottenuto l’indipendenza, come Cipro e Malta, o ancora quelli che inizialmente avevano prediletto una posizione di neutralità, come la Svizzera e l’Islanda103.
101 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Diritto Internazionale, Sesta ed. Torino: X. Xxxxxxxxxxxx, 2019, 328
102 De Xxxxxx Xxxxxx, “Origini, mandato, obiettivi e struttura del Consiglio d’Europa” in Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Xxxxxxx Xxxxxxx”, Università degli Studi di Padova, 2009, xxxxx://xxxxx-xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xx/xxxxxx/Xxxxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxx-x- struttura-del-Consiglio-dEuropa/99.
103 Ibid.
Il Consiglio d’Europa si caratterizza per la tripartizione di organi, propria delle organizzazioni internazionali, essendo infatti composto da un’Assemblea Consultiva, un Comitato dei Ministri e un Segretario Generale104. In particolare, l’Assemblea Consultiva è formata dai parlamentari degli Stati membri, che vengono designati dai parlamenti nazionali tra i propri componenti e svolge dunque il ruolo di una rappresentanza di secondo grado. Essa rappresenta l’assemblea parlamentare internazionale più numerosa al mondo e costituisce uno dei pilastri del Consiglio d’Europa, contribuendo in modo attivo alla gestione delle crisi, oltre a svolgere una funzione di controllo del rispetto degli obblighi assunti dagli Stati membri105.
Il Comitato dei Ministri è l’organo decisionale ed è composto dai Ministri degli affari esteri dei Paesi membri. Fronteggia varie questioni come quelle riguardanti l’integrazione europea, i diritti umani e la democrazia. Condivide inoltre con l’Assemblea il ruolo di custode dei valori fondamentali del Consiglio, oltre che sovrintendere al rispetto degli impegni assunti dagli Stati membri.
Il Consiglio d’Europa non ha poteri normativi, emanando atti tipici delle organizzazioni internazionali, come raccomandazioni non giuridicamente vincolanti. L’Assemblea consultiva, infatti, può adottare delle risoluzioni di carattere generale, oltre che delle raccomandazioni, rivolte al Comitato dei Ministri. Quest’ultimo, inoltre, può rivolgere raccomandazioni e risoluzioni agli Stati membri106.
Lo status di membro del Consiglio d’Europa è sottoposto a diversi requisiti, come la necessità di essere uno Stato europeo e di rispettare i diritti fondamentali degli individui. Infatti, com’è affermato nell’articolo 1 del Trattato istitutivo, lo scopo del Consiglio è quello di «attuare un’unione più stretta fra i Membri per tutelare e promuovere gli ideali e i principi che sono loro comune patrimonio e per favorirne il loro progresso economico e sociale»107.
La perdita dello status di membro può avvenire per recesso o per espulsione, ovvero ogniqualvolta lo Stato violi i principi dei diritti dell’uomo tutelati dall’Organizzazione. In particolare, lo Stato viene prima sospeso dal Comitato dei ministri e invitato a ritirarsi e, se non vi ottempera, viene espulso. Un precedente in tal senso è rappresentato dalla Grecia che nel 1969, dopo il colpo di stato del 1967, venne espulsa da parte del Comitato dei Ministri, sebbene contemporaneamente recedette, per essere riammessa solo nel 1974108.
Più recentemente, il 16 marzo 2022, durante una riunione straordinaria, il Comitato dei Ministri ha deliberato, nel quadro della procedura avviata in virtù dell’articolo 8 dello Statuto del Consiglio d’Europa, che la Federazione russa cessi di essere membro del Consiglio d’Europa. La decisione del Comitato è stata preceduta da una sessione straordinaria dell’Assemblea parlamentare, in seno alla quale è stato espresso all’unanimità un parere secondo il quale la Federazione russa "non può più essere uno Stato membro dell'Organizzazione", a causa dell’invasione dell’Ucraina perpetrata il precedente 24 febbraio109.
104 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit supra nota 101.
105 Ibid.
106 Ibid.
107 Statuto del Consiglio d’Europa, 1949, articolo 1.
108 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit supra nota 101, 329.
109 Guerra in Ucraina: misure adottate, Consiglio d’Europa, xxxxx://xxx.xxx.xxx/xx/xxx/xxxxxx/xxx-xx-xxxxxxx/xxxxxx-xx.
Le decisioni adottate fondano sul presupposto che la Russia abbia contravvenuto all’articolo 3 dello Statuto110. Contestualmente, il governo della Federazione russa ha informato la Segretaria generale del suo ritiro dal Consiglio d’Europa, conformemente all’articolo 7 dello Statuto del Consiglio d’Europa, e della sua intenzione di denunciare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
1.2. La Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo
Uno dei maggiori risultati conseguiti dal Consiglio d’Europa è stata la stipulazione della Convenzione europea per la salvaguardia di diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, aperta alla firma a Roma il 4 novembre nel 1950 ed entrata ufficialmente in vigore il 3 settembre 1953.
Essa costituisce uno strumento rivoluzionario, in quanto modello per molti altri trattati a carattere regionale, come la Convenzione americana dei diritti dell’uomo del 1969 e i relativi organi di garanzia (ovvero la Commissione e la Corte interamericana dei diritti dell’Uomo), nonché per la Carta africana sui diritti umani e dei popoli del 1981 e la Carta araba dei diritti dell’uomo del 2004, malgrado queste ultime debbano la loro origine ad esperienze diverse da quella della CEDU111.
Con il tempo la Convenzione ha subito varie modifiche ed integrazioni, attraverso la redazione, fino ad oggi, di sedici Protocolli addizionali, l’ultimo dei quali entrato in vigore il 1° agosto 2018.
Da una parte l’evoluzione della CEDU ha portato all’aumento dei diritti garantiti come, ad esempio, quello di proprietà.
È stato inoltre trasformato il meccanismo di garanzia, originariamente incentrato sulla Commissione europea dei diritti dell’uomo, sul Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa e sulla Corte europea dei diritti dell’uomo, con l’istituzione, mediante il Protocollo n.11 del 1998, di una Corte unica.
In forza del medesimo protocollo è stato altresì generalizzato il diritto al ricorso individuale, inizialmente previsto solo da una clausola opzionale ed oggi esperibile nei confronti di qualsiasi Stato parte112.
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo si compone di due parti: la prima è di natura sostanziale ed elenca i diritti garantiti, che sono altresì tutelati a livello internazionale, mentre la seconda, di natura procedurale, disciplina i meccanismi di garanzia113.
110 L’articolo recita: “ogni Membro del Consiglio d’Europa riconosce il principio della preminenza del Diritto e il principio secondo il quale ogni persona soggetta alla sua giurisdizione deve godere dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Esso si obbliga a collaborare sinceramente e operosamente al perseguimento dello scopo definito nel capo I”, Statuto del Consiglio d’Europa, 1949, articolo 3.
111 Ibid.
112 Ibid., si veda anche Il sistema di tutela dei diritti umani istituito dalla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Presidenza del Consiglio dei ministri dipartimento affari giuridici e legislativi, 3- 4,xxxxx://xxxxxxxxxx.xxxxxxx.xx/XXXX/xxxxxx/xxxxxxxxxxx/XX%00XXXXXXX%00XX%00XXXXXX%00XXX%00XXXXXXX%00XXX NI%20-%20PCM-DAP.pdf.
113 Ibid.
La CEDU istituisce obblighi erga omnes partes (ovvero vincolanti solo per i Paesi ratificanti), con la conseguenza che ogni Stato contraente è legittimato a proporre ricorso contro un altro Stato parte che abbia violato la Convenzione, anche se questo non sia dalla stessa materialmente leso 114.
Sebbene la Convenzione si ispiri alla Dichiarazione universale dei diritti umani, non fa menzione di tutti i diritti elencati in quest’ultima. In particolare, Xxxxx-Xxxxxxxx ha suddiviso i diritti garantiti nella prima sezione della Convenzione nelle seguenti categorie: libertà delle persone fisiche; diritto ad un processo equo; diritto al rispetto della vita privata, familiare, della corrispondenza e del domicilio; libertà di pensiero; protezione dell’attività sociale e politica; diritto al rispetto dei beni 115.
Le libertà delle persone fisiche comprendono il diritto alla vita (articolo 2), il divieto di trattamenti inumani e degradanti (articolo 3), il divieto della schiavitù, del lavoro forzato o obbligatorio (articolo 4) e il diritto alla libertà e alla sicurezza (articolo 5).
In particolare, fatta salva la disposizione di cui all’articolo 5, per tutti gli altri diritti sono previste delle eccezioni alla loro tutela. Non costituisce infatti violazione del diritto alla vita l’esecuzione di una sentenza legittimamente emanata da un Tribunale, se il delitto è stato punito dalla legge con la pena di morte, a meno che lo Stato non abbia ratificato i Protocolli numero 6 e 13, relativi all’abolizione della pena capitale, rispettivamente in tempo di pace e in ogni circostanza (ovvero anche in tempo di guerra).
La seconda categoria, diritto ad un processo equo (articolo 6), non riguarda i diritti sostanziali, ma concerne solo la tutela giurisdizionale e la regolarità del procedimento giudiziario, tant’è che l’eccessiva lentezza della procedura è stata considerata come violazione della Convenzione.
Le statistiche evidenziano che oltre il 60% dei casi giurisprudenziali ha ad oggetto ricorsi in tema di equo processo116.
Il diritto al rispetto della vita privata e familiare, della corrispondenza e del domicilio è disciplinato nell’articolo 8 e l’ingerenza dell’autorità pubblica dev’essere prevista per legge e nei casi tassativi disposti al paragrafo 2 di detto articolo.
La libertà di pensiero comprende la libertà di coscienza e religione, disciplinate all’articolo 9, nonché, ai sensi dell’articolo 10, la libertà di espressione ed informazione.
La protezione dell’attività sociale e politica, ai sensi dell’articolo 11, ha ad oggetto la libertà di riunione (che comprende sia il diritto di fondare un sindacato sia quello di non associarsi) e associazione.
Infine, il diritto al rispetto dei beni e della proprietà, tanto di persone fisiche che giuridiche, è previsto dall’articolo 1 del Protocollo addizionale del 1952. È importante considerare che sotto il titolo di “beni” rientrano sia quelli materiali che immateriali, come i brevetti.
114 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit supra nota 101, 330.
115 Xxxxxx Xxxxx-Xxxxxxxx, Aspects européens des droits fondamentaux: libertés et droits fondamentaux, Seconda ed., Paris:
Xxxxxxxxxxxxx, 1999, 82 ss, vedere anche Xxxxxx Xxxxxxxxxxxx (a cura di), I ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo: diritti azionabili e modalità, Cacucci editore, 2018, 11.
116 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit supra nota 101, 333.
In casi di eventi eccezionali – stabiliti tassativamente – uno Stato può sospendere l’applicazione di alcuni diritti ed è obbligato ad informare il Segretario Generale del Consiglio d’Europa circa le misure adottate, fatta eccezione in caso di guerra o “di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione”.117
Esistono, tuttavia, dei diritti inderogabili che, in quanto tali, non possono essere sospesi, ovvero il diritto alla vita (articolo 2), il divieto della tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti (articolo 3), il divieto di schiavitù (articolo 4, paragrafo 1) e il principio di legalità (articolo 7).
1.3. La Corte europea dei Diritti dell’Uomo
Il Protocollo n.11 ha profondamente innovato il sistema della Convenzione, sostituendo alla vecchia struttura ripartita in Commissione europea dei diritti dell’uomo, Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa e Corte europea dei diritti dell’uomo, una Corte unica.
La soppressa Commissione aveva funzioni amministrative e in parte giudiziarie, in quanto competente a decidere, in via definitiva, sulla ricevibilità dei ricorsi nonché ad effettuare un vaglio preventivo in merito alla controversia118.
Al Comitato dei ministri, invece, spettava il compito di adottare una decisione vincolante sul merito dei ricorsi, mentre oggi il Comitato svolge la funzione di sorveglianza sull’esecuzione delle sentenze della Corte da parte delle singole autorità nazionali119.
Infine, alla Corte poteva essere deferita la decisione di un caso, e ciò su richiesta della Commissione o degli Stati e – successivamente all’entrata in vigore del Protocollo n.9 – anche di persone fisiche e giuridiche120.
Oggi, la Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, è il fulcro del sistema di garanzia e controllo della Convenzione.
Riprendendo un’espressione usata nel 1949 dai padri fondatori della CEDU, «la Convenzione non è e non vuole essere una morale senza sanzione». Ciò ad indicare lo spirito con cui i creatori hanno intrapreso i lavori che dovevano condurre alla redazione della Convenzione e per rimarcare le differenze con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
La diversità risiede nel fatto che la Convenzione, al contrario della Dichiarazione, non è una semplice enunciazione di diritti, sprovvista di mezzi concreti per la realizzazione di ciò che viene proclamato. É proprio attraverso una struttura essenzialmente giudiziaria che vengono garantiti i diritti riconosciuti nella Convenzione a chiunque è soggetto alla giurisdizione dello Stato contraente121.
117 Convenzione europea dei diritti dell’uomo, 1950, art.15.
000 Xxxxxx Xxxxxxxxx, Lezioni di tutela internazionale dei diritti umani, Seconda ed. Bari: Cacucci editore, 2020, 49.
119 Ibid.
120 Ibid.
121 Xxxxxxx Xx Xxxxxx, “La Commissione e la Corte europea dei diritti dell’uomo: meccanismi e giurisprudenza”, in Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx (a cura di), L’Italia e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Xxxxxxx, Milano, 1989, 27.
1.3.1. Composizione
Riguardo la sua composizione, la Corte è costituita da un numero di giudici uguale a quello degli Stati parte della Convenzione, i quali restano in carica per nove anni e non sono rieleggibili.
È importante ricordare che i giudici sono indipendenti dai Paesi membri, essendo la Corte un organo di individui e non di Stati.
In particolare, la Corte è così articolata: Giudice unico, Comitati di tre giudici, Camere di sette giudici (riducibili a cinque per un periodo limitato), Grande Camera di diciassette giudici122. È possibile anche che la Corte si riunisca in Assemblea plenaria, ma in questo caso svolge solo compiti amministrativi e non funzioni giudiziarie123.
A queste composizioni, però, dev’essere aggiunta quella delle sezioni di nove o dieci giudici, nell’ambito delle quali sono individuati i componenti effettivi dei Comitati e delle Camere.
1.3.2. Funzione contenziosa e iniziativa giudiziale
La Corte esercita funzioni contenziose e consultive, quest’ultima attribuita nel 1963 dal Protocollo n. 2, limitatamente all’articolo 47 della Convenzione124.
Per quanto concerne la funzione contenziosa, sono previsti due tipi di ricorsi: quelli statali (articolo 33) e quelli individuali. Questi ultimi di pertinenza dei singoli, di gruppi di individui o di organizzazioni non governative (articolo 34). Non sono invece previste iniziative motu propriu da parte della stessa Corte.
Merita attenzione la previsione del ricorso individuale contro uno Stato per la sua portata innovativa nel panorama dell’ordinamento internazionale.
In generale, la ricevibilità dei ricorsi è però sottoposta a diverse condizioni.
È necessario che il ricorso individuale sia proposto da chi ha subito una violazione della Convenzione da parte dello Stato, anche se sono stati ritenute ammissibili anche azioni provenienti da “vittime indirette”, ovvero parenti stretti della vittima125.
Costituisce, ai sensi dall’articolo 35 paragrafo 1 della Convenzione, requisito comune ai ricorsi statali ed individuali la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni (prima di presentare il ricorso, il ricorrente deve aver esaurito tutti i gradi di giudizio interni), sebbene limitatamente a quelli accessibili ed effettivi, secondo una prassi particolarmente consolidata126.
122 Convenzione europea dei diritti dell’uomo, 1950, articolo 26 para 1.
123 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit supra nota 101, 337.
124 Ai sensi dell’articolo 47 la Corte può «su richiesta del Comitato dei Ministri fornire pareri consultivi su questioni giuridiche relative all’interpretazione della Convenzione e dei suoi Protocolli».
125 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit supra nota 101, 53, vedere anche ECHR, app. no. 41603/13, Fabris e Parziale c. Italia, 2020, para. 37.
126 Xxxxxx Xxxxxxxxxxxx (a cura di), I ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo: diritti azionabili e modalità, Cacucci editore, 2018, 15.
Sono invece irricevibili i ricorsi anonimi, quelli identici ad altri già esaminati dalla Corte o proposti ad un’altra istanza internazionale, o ancora quelli manifestatamente infondati o abusivi.
Inoltre, sono respinti già nella fase di ricevibilità i ricorsi proposti da colui che non ha subito un pregiudizio significativo e ciò sulla base del cosiddetto criterio de minimis, introdotto con il Protocollo n.14, salvo che non si tratti di questione ritenuta di particolare importanza nel quadro della Convenzione127.
In composizione monocratica, il giudice opera come un filtro a livello preliminare per i ricorsi presentati da individui, dichiarandone l’eventuale irricevibilità. In caso contrario, il ricorso viene trasmesso ad un Comitato o ad una Camera.
Il Comitato, se non respinge il ricorso, può deciderne il merito, qualora la fattispecie sia ricompresa nella giurisprudenza consolidata della Corte. Se la decisione del Comitato non è unanime, il ricorso individuale viene esaminato dalla Camera, che si pronuncia sia sulla ricevibilità che sul merito. Al contrario, i ricorsi presentati dagli Stati sono direttamente esaminati dalla Camera.
Una volta definita la ricevibilità del ricorso, ai sensi dell’articolo 38 della Convenzione, la Camera esamina la questione in contraddittorio tra le parti, tentando una conciliazione. Se l’intesa è raggiunta, i termini della soluzione costituiscono l’oggetto di una decisione e il ricorso viene stralciato dal ruolo (articolo 39). Se, invece, nessuna soluzione amichevole viene raggiunta, la Camera decide nel merito con sentenza.
Non trascurabile è poi il ruolo della Grande Camera, in quanto se il giudizio è ancora pendente, ai sensi dell’articolo 30 della Convenzione (dopo l’introduzione del Protocollo n.11), questa può deferire l’affare, se ritiene che la sua soluzione sollevi una questione relativa all’interpretazione o dell’applicazione della Convenzione di particolare gravità o se si individua il rischio di una contraddizione con la giurisprudenza precedente.
Ai sensi dell’articolo 43, la questione può essere rimessa alla Grande Camera anche da parte del ricorrente (individuo o Stato), entro tre mesi dalla sentenza della Camera. In questo caso la richiesta è filtrata da un collegio di cinque giudici appartenenti alla stessa Grande Camera che valuta preventivamente se ricorrono i predetti presupposti.
1.3.3. Esecuzione delle sentenze
Ai sensi dell’articolo 46, la sentenza pronunciata dalla Corte è obbligatoria in quanto lo Stato membro, aderendo alla Convenzione, si impegna ad eseguirla. Essa, però, è di mero accertamento, pertanto lo Stato è in linea di massima libero di scegliere le misure ritenute opportune per darne esecuzione128.
127 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit supra nota 101, 53.
128 Xxxxxxxx Xxxxxxxx, cit supra nota 101, 338.
Dalle sentenze deriva l’obbligo in capo agli Stati di versare ai soggetti riconosciuti lesi una somma a titolo di equa riparazione, ma anche di porre in essere tutte le misure necessarie al fine di far cessare la violazione accertata e di eliminarne, nei limiti del possibile, le relative conseguenze.
Da tempo, ormai, la Corte ha individuato negli ordinamenti interni gli ostacoli di natura strutturale che impediscono l’applicazione della Convenzione. Tale giurisprudenza ha dato origine, nel 2011, ad una modifica del Regolamento di procedura, con l’introduzione dell’articolo 61 che prevede la procedura di sentenza pilota. Quando il ricorso riveli l’esistenza di un problema strutturale o sistemico la Corte, con la sua statuizione, potrà infatti indicare le misure individuali idonee a riparare le conseguenze della violazione, nonché quelle di carattere generale, ferma la discrezionalità dei singoli Stati129.
2. Evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla nozione di competenza extraterritoriale dello Stato
La volontà degli Stati di limitare la portata e l’effetto degli strumenti sui diritti umani non è un fenomeno nuovo. Come affermato da Xxxx Xxxxxxx nel suo volume “The Rule of Law”, il primo tentativo di aggirare l’applicazione di uno strumento di protezione dei diritti umani è avvenuto nel Regno Unito ad opera di Xxxx Xxxxxxxxx, l’allora primo ministro del re Xxxxx XX000.
Egli, infatti, aveva l’abitudine di inviare prigionieri in parti periferiche del Regno Unito, come isole remote, in quanto in quei luoghi il mandato di habeas corpusnon veniva eseguito, operando solo a livello locale, in Inghilterra e Galles, ai sensi dell’Habeas Corpus Amendment Act del 1679131. I prigionieri non potevano quindi contestare la legittimità della loro detenzione e venivano privati della protezione della legge 132.
Alcuni Stati possono commettere vari altri tipi di violazioni dei diritti umani al di fuori dei loro territori sovrani sebbene le stesse sarebbero punite all’interno delle giurisdizioni nazionali, come esemplificato dalle operazioni militari in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia e Yemen133.
È proprio alla luce di questi esempi che può essere meglio compresa la portata dell’articolo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che impone obblighi positivi a ciascuno Stato contraente nei confronti di ogni persona sotto la sua giurisdizione. Questa nozione si rivela essere un requisito di soglia, in quanto una persona che afferma di essere vittima di una violazione della Convenzione deve prima dimostrare di essere nella giurisdizione dello Stato convenuto al momento della presunta violazione, e la questione della
129 Ibid., 339.
130 Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, Extraterritorial Application of the European Convention on Human Rights: Evolution of the Court’s Jurisprudence on the Notions of Extraterritorial Jurisdiction and State Responsibility, In the European Convention on Human Rights and General International Law: Oxford University Press, 2018, 112, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xxx/0000000000000.000.0000.
131 Etimologicamente “abbi il tuo corpo (libero)”. Dalle parole iniziali di un rescritto del sec. XII, con cui si ingiunge a chi detenga un prigioniero di dichiarare in quale giorno e per quale causa egli sia stato tratto in arresto; nel 1679 divenne legge dello Stato inglese (“Habeas corpus act”)
132 Xxx Xxxxxxx, The Rule of Law, Penguin Books, 2010, 22-23
133 Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 113.
responsabilità o dell’attribuzione dello Stato può sorgere solo dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo avrà accertato che le questioni contestate sono di competenza del convenuto134.
È pacifico che gli Stati contraenti della Convenzione sono da sempre favorevoli ad un’interpretazione più restrittiva del concetto di giurisdizione di cui all’articolo 1, specialmente nel determinare le loro responsabilità, per presunte violazioni dei diritti umani, avvenute al di fuori del loro territorio nel corso di attività extraterritoriali135.
Invero, la difesa dei governi convenuti dinanzi alla Corte si incentra spesso sull’ambito di competenza ai sensi dell’articolo 1, ed in particolare sulla pretesa natura “essenzialmente territoriale” della stessa, al fine di limitarne fortemente l’estensione al di fuori del territorio dello Stato contraente.136
Sebbene la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia più volte ritenuto la propria competenza in casi concernenti le attività extraterritoriali degli Stati, non si è però sottratta alle critiche di chi ha ritenuto la sua giurisprudenza incoerente e insufficientemente chiara137.
In particolare, la Corte ha oscillato spesso tra due visioni della giurisdizione extraterritoriale.
Il primo orientamento attiene essenzialmente a quattro categorie fisse: casi in cui uno Stato firmatario esercita un “controllo globale effettivo” su un altro territorio; casi in cui le autorità statali agiscono all’estero o le loro azioni producono effetti extraterritoriali; casi di estradizione o espulsione che comportano il rischio di violazione dei diritti di una persona una volta che lascia il territorio dello Stato firmatario; casi di giurisdizione diplomatica, consolare e di bandiera138.
Il secondo orientamento ha, invece, portata più ampia ed include la giurisdizione extraterritoriale dello Stato firmatario quando lo stesso controlla effettivamente la capacità di un individuo, violandone il libero e pieno esercizio dei diritti fondamentali garantiti nella Convenzione.
Tale seconda accezione del concetto di giurisdizione è certamente preferita dalla dottrina, sul presupposto che l’universalità dei diritti umani necessita di una previsione più estesa della giurisdizione extraterritoriale139.
Tuttavia, come da più parti evidenziato, la recente giurisprudenza della Corte europea non ha fornito risposte univoche sulla portata della giurisdizione extraterritoriale ai sensi della Convenzione, e questo, che viene definito come un fallimento, non solo lascia gli Stati firmatari nella difficoltà di valutare anticipatamente se i loro atti sono conformi alla Convenzione, ma mette altresì a repentaglio la legittimità istituzionale della Corte, quale arbitro di tali questioni140.
134 Xxxxxxx O’Xxxxx, “Comment on Life after Xxxxxxxx” in X. Xxxxxxx and M.T. Xxxxxxxx (eds), Extraterritorial Application of Human Rights Treaties (Intersentia 2004), vedere anche Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, Extraterritorial Application of the European Convention on Human Rights: Evolution of the Court’s Jurisprudence on the Notions of Extraterritorial Jurisdiction and State Responsibility, In the European Convention on Human Rights and General International Law: Oxford University Press, 2018, 113. 000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 113.
136 App no 47708/08, Jaloud v. The Netherlands, 20 November 2014, para 121.
137 Xxxxxx e Lord Xxxx Xxxxxx, cit nota 138 e nota 141.
138 Xxxxx Xxxxxx, “Revisiting Extraterritorial Jurisdiction: A Territorial Justification for Extraterritorial Jurisdiction under the European Convention”, in The European Journal of International Law Vol. 20 no. 4, 2010, 1225, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xxxx/xxx000.
000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 113-114.
140 Xxxxx Xxxxxx, cit supra nota 138.
A tal proposito, Lord Xxxx Xxxxxx in Al-Xxxxxx v. Secretary of State for Defence, ha contestato le decisioni della Corte, affermando che esse “do not speak with one voice”141.
Su tali premesse, di seguito si esporranno le decisioni della Corte che hanno segnato l’evoluzione giurisprudenziale in tema di giurisdizione extraterritoriale.
2.1. Gli albori della giurisprudenza: le decisioni della Commissione
A partire dalla decisione della Commissione nella causa X contro Repubblica federale di Germania del 25 settembre 1965, gli organismi della CEDU si sono occupati di numerosi casi aventi ad oggetto questioni di applicazione extraterritoriale della Convenzione.
L’ampia giurisprudenza generata dalla Commissione evidenzia come si sia inteso da sempre considerare la tutela dei diritti umani estesa anche alle ipotesi di responsabilità degli Stati contraenti per la loro condotta extraterritoriale142.
Il richiamato caso X c. Germania trae infatti origine dalla denuncia di un cittadino tedesco nei confronti dei funzionari consolari tedeschi in Marocco che, secondo la sua prospettazione, ne avevano chiesto l’espulsione da quest’ultimo Stato.
La Commissione ha ritenuto le censure del ricorrente manifestamente infondate nel merito e tuttavia la sentenza costituisce un arresto storicamente importante in quanto è stato affermata la giurisdizione dello Stato contraente anche nei confronti di cittadini domiciliati all’estero. In particolare, si evidenza nella sentenza come i rappresentanti diplomatici o consolari del Paese di origine del ricorrente svolgessero funzioni riferibili allo Stato ai sensi della Convenzione143.
Dopo un decennio, con la sentenza che ha deciso il caso Cipro c. Turchia, la Commissione è tornata a riaffermare, ai fini della giurisdizione, l’obbligo degli Stati aderenti di garantire i diritti della “to all persons under their actual authority and responsibility”, indipendentemente dal fatto che tale autorità fosse esercitata all’interno del loro territorio o all’xxxxxx000. La decisione motiva sul punto con riferimento all’articolo 1 della Convenzione e considerando lo scopo di quest’ultima nel suo complesso145.
Meritano di essere ricordate anche le decisioni Xxxx c. Regno Unito The United Kingdom e i casi di Freda146, Reinette147, Stocké148, e Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx000, riguardo all’esercizio, da parte di uno Stato contraente, della giurisdizione extraterritoriale sulle persone sottoposte al suo potere e/o autorità. Trattasi prevalentemente di fattispecie relative ad operazioni mirate, militari o di polizia, eseguite in un territorio straniero.
141 Lord Xxxx Xxxxxx, House of Lords opinion in Al Xxxxxx [2007] UKHL 26, para. 67.
000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 114.
143 App no. 1611/62, X v. The federal republic of Germany, 25 September 1965, 158, vedere anche Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130.
144 App nos. 6780/74 and 6950/75, Cyprus v. Turkey, 10 July 1976, 2 DR 136.
145 In tal senso si ricordi altresì il caso Xxxxxxxxxxxx and others v. Turkey, apps nos. 15299-15300/89, 8 July 1993.
146 App no. 8916/80, Xxxxx x Xxxxx, 0 October 1980, 21 DR 25.
147 App no. 14009/88, Reinette x. Xxxxxx, 0 October 1989, 63 DR 189.
148 App no. 11755/85, Stocké x. Xxxxxxx, 00 March 1991, para 24.
149 App no. 28780/95, Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx x. Xxxxxx, 00 June 1996, 86 DR 155.
La particolarità del caso Xxxx, invece, risiede nel fatto che la violazione contestata allo Stato si era perpetrata in una prigione gestita dalla Gran Bretagna in cooperazione con i suoi alleati.
La Commissione, in tale controversia, ha ritenuto che l’esercizio della giurisdizione potesse essere affermato anche nei confronti delle persone detenute in una prigione gestita su suolo straniero da uno Stato contraente150. In conclusione, si può ritenere che la giurisprudenza della soppressa Commissione fosse indirizzata nel senso di ritenere la giurisdizione dello Stato non limitatamente al suo territorio, bensì estesa a tutti i soggetti sotto la sua effettiva autorità e responsabilità, e dunque anche quando esercitata all’estero.
Il discrimine, per quanto emerge dalle citate sentenze, era rappresentato non fisicamente dal territorio statale, ma dall’effettivo esercizio di un’autorità statale su un individuo, ovunque questi si trovasse151.
Questa interpretazione è stata ripresa dalla Corte, la quale – come il caso Xxxxxxxx –ha attinto, ai fini dell’applicazione della Convenzione, al concetto di “effective control of an area outside its national territory”152.
2.2. Dai casi Loizidou e Cipro c. Turchia alla sentenza Xxxxxxxx
L’approccio della Corte europea dei diritti dell’uomo, in particolare nei casi contro la Turchia, è stato diverso rispetto a quello assunto precedentemente dalla Commissione.
Il punto di riferimento della Corte, nel determinare l’esercizio della giurisdizione extraterritoriale da parte della Turchia nel caso Loizidou, si basa sul controllo effettivo di questo Stato sul territorio della parte settentrionale di Cipro. Ai fini della decisione non rileva se tale controllo fosse esercitato dalla Turchia direttamente, attraverso le sue forze armate, o indirettamente tramite un’amministrazione locale subordinata (in quel caso la Repubblica di Cipro del Nord), né risulta necessario determinare l’effettività del controllo sulle politiche e sulle azioni delle autorità della Repubblica, poiché si ritiene sufficiente, per l’attribuzione della responsabilità, il controllo generale sull’area153.
La decisione della Corte nella causa interstatale Cipro c. Turchia ha gettato ulteriore luce sulla nozione della giurisdizione come controllo effettivo su un territorio154.
In particolare la Corte osserva che “having effective overall control over northern Cyprus, [Turkey’s] responsibility cannot be confined to the acts of its own soldiers or officials in northern Cyprus but must also
150 App no. 6231/73, Xxxx v. The United Kingdom, 28 May 1975, 2 DR 72.
000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130.
152 App no. 15318/89, Loizidou v.Turkey, 1995, para 52.
153 Loizidou (Preliminary Objections) (n 18), para. 62, vedere anche Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 118.
154 Le argomentazioni invocate dal governo cipriota contro la Turchia a seguito dell’occupazione del 1974 riguardavano, tra l’altro, l’uccisione su vasta scala di greco-ciprioti e un numero elevato di persone scomparse; lo spostamento dei greco-ciprioti al Sud senza possibilità di far ritorno alle proprie case; la perdita dei diritti di proprietà; la restrizione della circolazione per i gruppi minoritari che soggiornano nella parte settentrionale di Cipro; lo sradicamento delle scuole secondarie di lingua greca al Nord; la restrizione della libertà di religione; atti di discriminazione e molestie nei confronti della comunità gitana turco-cipriota nella parte settentrionale di Cipro.
be engaged by virtue of the acts of the local administration which survives by virtue of Turkish military and other support”155.
Su tali presupposti, la Corte ritiene che, ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione, la giurisdizione della Turchia ricomprendeva la tutela di tutti i diritti sostanziali, e conseguentemente che le relative violazioni fossero alla stessa imputabili156.
Oltre ad essere pienamente in linea con l’oggetto e lo scopo della Convenzione157, le conclusioni della Corte risultano conformi anche a quelle della Corte internazionale di giustizia, riguardo alla piena applicazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici ai territori occupati da Israele, nei quali il Paese esercitava un controllo effettivo e si assumeva la responsabilità di garantire detti diritti agli abitanti di quei territori158.
La Corte sembra invece mutare radicalmente approccio – tanto da essere stata giudicata incoerente – nella sua storica sentenza Xxxxxxxx.
Loizidou e Xxxxxxxx sono in una certa misura comparabili in quanto entrambi riguardano obblighi negativi in materia di diritti umani a livello extraterritoriale. Tuttavia, come è stato sostenuto da Xxxxxxxxxx e Xxxxxx, questi due casi differiscono nel fatto che Xxxxxxxx ha sollevato una questione che era assente in Xxxxxxxx, vale a dire la questione dell'attribuzione della condotta dell'amministrazione locale nella parte settentrionale di Cipro allo Stato convenuto, la Turchia159.
Nella sentenza Xxxxxxx la Corte affronta la questione del controllo efficace ai fini dell'attribuzione quale condizione preliminare per stabilire la responsabilità della Turchia per violazioni dei diritti umani che essa ha commesso al di fuori del suo territorio, attraverso un'entità non statale che era effettivamente controllata da essa e il cui comportamento era, pertanto, ad essa attribuibile160.
Di per sé un controllo effettivo in Loizidou era solo indirettamente e incidentalmente rilevante per la questione se gli Stati della CEDU abbiano obblighi extraterritoriali in materia di diritti umani. Se le circostanze del caso di specie non avessero sollevato una questione di attribuzione allo Stato convenuto della condotta dell'amministrazione locale subordinata nella parte settentrionale di Cipro, il controllo effettivo non sarebbe stato coinvolto. Al contrario Xxxxxxxx costituisce un esempio del perché un controllo efficace non deve avere un posto nell'extraterritorialità, a meno che questo standard non sia impiegato ai fini dell'attribuzione, come in Loizidou161.
155 App no 25781/94, Cyprus v Turkey, 10 May 2001, para.76
156 Ibid., para 77.
157 Council of Europe, Parliamentary Assembly report on Areas where the European Convention on
Human Rights cannot be implemented, Doc. 9730 of 11 March 2003, Rapporteur C Pourgourides [35] (11 December 2004) (‘Pourgourides report’).
158 Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory (Advisory Opinion), 2004, ICJ, para. 108–11.
159 Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx and Xxxxx Xxxxxx, “Guest Post: Turning Water into Wine - the Concealed Metamorphosis of the Effective Control Extraterritoriality Criterion in Carter v. Russia,” in ECHR BLOG, 9 novembre 2021, xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/0000/00/xxxxx-xxxx-xxxxxxx-xxxxx-xxxx-xxxx.xxxx.
160 Ibid.
161 Tzevelekos e Xxxxxx, cit supra nota 159.
La fattispecie posta all’esame della Grande Camera, che ne ha ritenuto l’inammissibilità, riguardava la denuncia presentata dai parenti delle vittime del bombardamento aereo, ad opera della NATO, su una stazione televisiva e radiofonica nell’ex Repubblica di Jugoslavia162.
È evidente la differente situazione fattuale tra le violazioni commesse dalla Turchia (casi Loizidou e Cipro) e quanto contestato alla NATO in Xxxxxxxx. Nel primo caso si trattava di un’occupazione militare così detta “boots on the ground”, mentre nella seconda fattispecie l’attacco era stato sferrato mediante l’invio di un missile, peraltro da un aereo controllato dalla NATO163.
Il problema che si pone la Corte, dunque, è prioritariamente legato alla possibilità o meno di ritenere sussistente l’esercizio di un efficace controllo complessivo su una porzione della Jugoslavia, quella soggetta a bombardamenti, se non sull’intera Jugoslavia164.
Come evidenziato da Xxxxxxxxx, qualunque analisi della decisione non può prescindere dalla considerazione della specifica contingenza storica in cui essa è stata pronunciata, ovvero a poche settimane dall'attacco alle Torri gemelle del settembre 2001165. In quel frangente storico la Corte si mostrò particolarmente sensibile alla preoccupazione del proprio “pubblico”, in primis degli apparati governativi degli Stati membri, che temevano che la Convenzione potesse costituire un ostacolo al dispiegamento di operazioni militari all'estero166.
Anche nella sentenza Xxxxxxxx, dunque, la Corte ha trattato preliminarmente la questione di giurisdizione, discostandosi, per tre motivi principali, dalla sua precedente giurisprudenza, a cominciare dal leading case Xxxxxxxx.
In primo luogo, la Corte enfatizza il carattere eccezionale dell’extraterritorialità, ritenendo che la giurisdizione, in linea con il suo significato generale nel diritto internazionale pubblico, “is primarily territorial”167.
Posta tale premessa di carattere generale, la Corte precisa entro quali termini è ipotizzabile la giurisdizione extraterritoriale, ritenendola ammissibile limitatamente a quelle ipotesi in cui “the respondent State, through the effective control of the relevant territory and its inhabitants abroad… exercises all or some of the public powers normally to be exercised by that Government”168.
In maniera chiara, la Corte esclude che la portata della Convenzione possa variare (“be divided and tailored”) a seconda delle particolari circostanze delle condotte extraterritoriali169, negando, quindi, l’assimilabilità del controllo sullo spazio aereo al controllo effettivo sul territorio170.
162 Factsheet – Extra-territorial jurisdiction of States Parties to the European Convention on Human Rights.
163 Xxxxxxx Xxxxxxxx-Xxxxxx, “Life after Xxxxxxxx and Xx-Xxxxxx v. UK: Extraterritorial Jurisdiction under the European Convention on Human Rights,” Oxford University Undergraduate Law Journal 2012, no. 1, 2012, 13, xxxxx://xxxxxxxxxx.xxx/XXX/Xxxx?xxxxxxxxxxx.xxxxxxxx/xxxxxxx0&xxxx0&x_xxxxx0&xxxx_xxxxxx&xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.
164 Ibid.
165 Xxxxx Xxxxxxxxx, ‘Al-Xxxxxx and Al-Jedda in Strasbourg’, in European Journal of International Law, vol. 23 n.1, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xxxx/xxx000, 2012, 124; Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 121.
166 Xxxxxx Xxxxxxx, “Recenti sviluppi in tema di applicazione extraterritoriale delle convenzioni internazionali sui diritti umani”, in
Rivista di Diritto Internazionale, fasc.3, 1° settembre 2021, pag. 647.
167 European Court of Human Rights, Grand Chamber Decision as to the admissibility of App. no. 52207/99, para. 59.
168 Ibid., para. 71.
169 Ibid., para, 75.
170 Xxxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 166.
Trattasi di una novità (per non dire incongruenza) rispetto ai precedenti della Corte, ed in particolare dei casi
Loizidou e Cipro c. Turchia.
A limitarne ulteriormente la portata, la Corte argomenta poi sui limiti in termini spaziali e territoriali, che desume dalla Convenzione come operante nel “legal space” (espace juridique) inteso come l'insieme dei territori delle Parti contraenti della Convenzione171.
Tale concetto di limite spaziale alla giurisdizione non si rinviene esplicitamente in Loizidou ed è stata la ragione fondante la decisione di inammissibilità per incompetenza nella causa Xxxxxxxx, presupponendo la Corte che la Jugoslavia non rientrasse nell’espace juridique delle Parti contraenti. La Corte fa riferimento alla nozione di spazio giuridico europeo per confutare la tesi dei ricorrenti, secondo cui una decisione di irricevibilità avrebbe creato un vuoto nella tutela dei diritti umani. Tuttavia, non è chiaro se le conclusioni raggiunte circa la ricevibilità del ricorso sarebbero state diverse nel caso in cui il bombardamento avesse avuto luogo nel territorio di un altro Stato parte della Convenzione europea, anziché della Repubblica federale di Iugoslavia.
Nella sentenza Xxxxxxxx, dunque, la Corte, per un verso, afferma il carattere eccezionale della giurisdizione extraterritoriale, per altro delimita i requisiti sostanziali dell’esercizio di poteri pubblici quale presupposto di giurisdizione, per infine limitarne ulteriormente l’applicazione in base al concetto di spazio giuridico della Convenzione172.
Non sono mancate critiche a tale decisione, tanto con riferimento all’incoerenza rispetto alle precedenti statuizioni in tema di giurisdizione, ed altresì in quanto la soluzione adottata nella fattispecie dalla Corte è stata ritenuta restrittiva e mal concepita dal punto di vista del diritto internazionale173. Inoltre, secondo parte della dottrina, l’argomento dello spazio giuridico introdotto nella sentenza non doveva essere utilizzato, come sembrerebbe aver fatto la Corte, come ulteriore test per l’applicabilità della Convenzione174.
Invero quando il controllo efficace è impiegato in un modo che esclude l'attribuzione e condiziona autonomamente l'applicabilità extraterritoriale della CEDU, comportamenti come attacchi aerei, uccisioni a distanza o attacchi informatici contro persone all'estero direttamente attribuibili agli Stati parti della CEDU non rientrano nell'applicabilità della Convenzione. Ciò porta all'impunità, essenzialmente dando il via libera agli Stati, fintanto che non esercitano un controllo efficace, per causare morti all'estero175.
Per tali ragioni Xxxxxxxx e, più in generale, il controllo effettivo come precondizione per gli Stati di dover rispettare i diritti umani al di fuori del loro territorio è stato criticato nei vari studi. Secondo parte della dottrina, sostenere che uno Stato può uccidere persone al di fuori del suo territorio finché non esercita un certo tipo o
171 Ibid., para. 80, vedere anche Xxxxxxx Xxxxxxxx-Xxxxxx, cit supra nota 163; Xxxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 166.
172 Xxxxxxx Xxxxxxxx-Emmess, cit supra nota 163.
173 Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx, ‘Restrictive Interpretation of Human Rights Treaties in the Recent Jurisprudence
of the European Court of Human Rights’, 2003, European Journal of International Law, 529, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xxxx/00.0.000, e Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx, ‘Extraterritorial Applicability of Human Rights Treaty Obligations to United Nations-mandated forces’ in Report on Applicability of Humanitarian Law and Human Rights Law to UN Mandated Forces, 2004, 81, xxxxx://xxx.xxxx.xxx/xx/xxx/xxxxxx/xxxxx/xxxxx/xxxx_000_0000.xxx.
000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 120.
175 Tzevelekos e Xxxxxx, cit supra nota 159.
grado di controllo efficace non è solo moralmente riprovevole (tra l'altro perché promuove una cultura di due pesi e due misure), ma anche giuridicamente infondato176. Ciò può offrire una spiegazione del perché, dopo Xxxxxxxx, la Corte EDU abbia cercato di attenuare il suo criterio di controllo effettivo.
2.3. L’evoluzione post-Xxxxxxxx
Dall’esame della giurisprudenza successiva a Xxxxxxxx emerge come in realtà i limiti spaziali in essa evidenziati non sono stati poi costantemente confermati dalla Corte, come si rileva in particolare nelle decisioni che di seguito saranno esaminate.
Lampante è il caso Pad e altri c. Turchia, ove si è ritenuto soggette alla giurisdizione turca alcune persone colpite da proiettili sparati da un elicottero turco durante un pattugliamento della frontiera turco-iraniana.177 Rilevante ai fini del presente studio è, inoltre, la sentenza Xxxx e altri c. Turchia, riguardante il caso di una presunta aggressione e uccisione di sei pastori iracheni nel corso di tre settimane di operazioni militari condotte, nell’aprile del 1995, dall’esercito turco nell’Iraq settentrionale178.
La Corte ha respinto i ricorsi nel merito, non ritenendo raggiunta la prova sulle circostanze della morte dei parenti dei ricorrenti, ed in particolare se gli stessi fossero stati uccisi da colpi di arma da fuoco provenienti dalle truppe turche.
Tuttavia, dalla decisione si traggono alcuni importanti spunti in tema di giurisdizione.
Nella fattispecie la Corte ha ritenuto che la Turchia non esercitasse un effettivo controllo sull’Iraq settentrionale179. Tuttavia, “the Court does not exclude the possibility that, as a consequence of this military action, the respondent State could be considered to have exercised, temporarily, effective overall control of a particular portion of the territory of northern Iraq. Accordingly, if there is a sufficient factual basis for holding that, at the relevant time, the victims were within that specific area, it would follow logically that they were within the jurisdiction of Turkey (and not that of Iraq, which is not a Contracting State and clearly does not fall within the legal space (espace juridique) of the Contracting States (see the above-cited Xxxxxxxx decision,
§ 80)”180.
Dunque, la Corte si pone manifestatamente in contrasto con la sua stessa sentenza Xxxxxxxx, laddove il ricorso era stato dichiarato irricevibile sul presupposto che l’ex Repubblica di Jugoslavia non era all’epoca un territorio convenzionale e dunque non rientrava nella sfera giuridica degli Stati contraenti.
176 Tzevelekos e Xxxxxx, cit supra nota 159.
177 Xxxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 166, vedere anche app. no. 60167/00, Pad and others x. Xxxxxx, 00 June 2007, para. 53-55.
178 Factsheet – Extra-territorial jurisdiction of States Parties to the European Convention on Human Rights, vedere anche Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 121.
179 Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 121.
180 App no 31821/96, Issa and Others v. Turkey, 16 November 2004, para 74.
Neppure con tale arresto (Xxxx) la Corte, pur allontanandosi in modo significativo da Xxxxxxxx, non si è sottratta alle numerose critiche, provenienti in particolare dai tribunali nazionali del Regno Unito, che l’hanno giudicata incoerente con la precedente giurisprudenza181.
Ciò nonostante, da diversi accademici è stata sostenuta la conciliabilità del ragionamento sviluppato in Xxxxxxxx e successivamente in Issa, ritenendo tratto comune delle due decisioni la propensione della Corte a valutare della giurisdizione sulla prova di due fondamentali circostanze: che gli Stati convenuti esercitassero un controllo effettivo sui territori stranieri; che gli Stati convenuti esercitassero un potere e/o autorità sulle vittime182.
Viene invece abbandonato dalla Corte, nella sentenza Xxxx, l’argomento dello spazio giuridico di cui alla decisione Xxxxxxxx, avendo ritenuto che la Convenzione trovasse applicazione al di fuori dei territori degli Stati contraenti, in ragione della loro condotta extraterritoriale.
D’altro canto, una conclusione contraria sarebbe equivalsa a sostenere l’ipotizzabilità di un potere illimitato (carta bianca) degli Stati contraenti, così da poter impunemente perpetrare violazioni dei diritti umani in territori non convenzionali; violazioni che non avrebbero potuto invece commettere sul loro territorio183.
Proseguendo nell’analisi, non si può trascurare di considerare un’altra rilevante fattispecie, già oggetto di giurisprudenza della Commissione, ovvero le violazioni commesse dagli agenti militari o civili di uno Stato contraente al di fuori del territorio di quest’ultimo.
In tal senso la Corte si è pronunciata in una serie di sentenze, successive a Xxxxxxxx, aventi ad oggetto atti extraterritoriali – operazioni militari o di polizia – poste in essere sia all’interno che al di fuori dello spazio giuridico degli Stati contraenti.
Specificatamente, nella sentenza Öcalan184, la Corte, richiamati i medesimi principi applicati della Commissione nelle decisioni Xxxxx, Xxxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx, ha ritenuto che il ricorrente, essendo stato consegnato dai funzionari kenioti a quelli turchi, “was under effective Turkish authority and was therefore brought within the ‘jurisdiction’ of that State for the purposes of Article 1 of the Convention, even though in this instance Turkey exercised its authority outside its territory”185.
181 Xxxxx Xxxxx, ‘The “Legal Space” or “Espace Juridique” of the European Convention on Human Rights: Is it Relevant to Extraterritorial State Action?’ (2005) 2, in European Human Rights Law Review, 115–24, para 9, xxxxx://xxx.xxx.xxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxx/Xxxx/XXXXX_xxxxx_xxxxx.xxx, vedere anche Xxxxx Xxxxxxxxx, ‘Al-Xxxxxx and Al- Jedda in Strasbourg’, in European Journal of International Law, vol. 23 n.1, 2012, 124; Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 121.
182 Xxxxx Xxxxxxxxx , ‘Al-Xxxxxx and Al-Jedda in Strasbourg’, in European Journal of International Law, vol. 23 n.1, 2012, 124; vedere anche Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, Extraterritorial Application of the European Convention on Human Rights: Evolution of the Court’s Jurisprudence on the Notions of Extraterritorial Jurisdiction and State Responsibility, In the European Convention on Human Rights and General International Law: Oxford University Press, 2018, 121.
000 Xxxx., Xxxx Xxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx.
184 Il ricorrente si è lamentato del fatto che la Turchia avesse violato alcuni dei suoi diritti previsti dalla Convenzione, in quanto I tribunali turchi avevano emesso sette mandati di cattura del ricorrente e un avviso di ricerca era stato diffuso dall’Interpol, sotto l’accusa di aver fondato una banda armata al fine di distruggere l’integrità dello Stato turco e di istigare atti terroristici che hanno provocato la morte di persone. Nel febbraio 1999, in circostanze controverse, è stato preso a bordo di un aereo all’aeroporto di Nairobi (Kenya) e arrestato da funzionari turchi. È stato poi trasportato in Turchia.
185 App no 46221/99, Öcalan v Turkey, 12 March 2003, para. 93, vedere anche Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 121.
Sulla base di detti fatti, la causa Öcalan rappresenta un’eccezione alla regola generale secondo cui la nozione di competenza è territoriale e la stessa fonda sul controllo effettivo che la Turchia, con il consenso del Kenya, ha esercitato sul ricorrente all’interno del territorio di quest’ultimo.
La Corte sembra dare quindi applicazione ai principi dalla stessa fissati nella sentenza Xxxx, avendo ritenuto provate in concreto, ai fini della giurisdizione, le circostanze di causa; prova che non era stata invece raggiunta nei confronti della Turchia nella richiamata decisione.
Nell’ambito di tali fattispecie merita menzione anche il caso Xxxxxxxxx e altri x. Xxxxxxx, relativo alla violazione dei diritti umani contestata da parte dei membri dell’equipaggio di una nave mercantile, registrata in Cambogia, alla Marina francese per averne preso il controllo mentre era in transito al xxxxx xxxxx xxxxx xx Xxxx Xxxxx, confinando tutte le persone a bordo nei propri alloggi186.
I ricorrenti lamentavano di essere stati privati illegittimamente della propria libertà, in particolare perché le autorità francesi non avevano giurisdizione187.
La Corte, nell’accogliere il ricorso, riafferma il principio del controllo pieno ed esclusivo nello specifico esercitato, almeno de facto, dalla Francia sulla nave cambogiana e sul suo equipaggio, in modo continuo e ininterrotto dal momento della sua intercettazione. Inoltre, la Corte individua una manifestazione di questo potere di fatto nell’avere oltre che intercettato, anche deviato il mercantile, sottoponendo l’equipaggio ad isolamento sotto il suo diretto controllo188.
Vi è, infatti, chi ritiene che la decisione della Corte non risieda nel concetto di controllo spaziale sulla nave, quanto piuttosto (e più realisticamente) nel controllo fisico dei detenuti189.
Ci si soffermerà ora a trattare di quelle cause (Xxxxxx e altri e Xxxxx e altri c. Repubblica di Moldavia e Russia) in cui la Corte è stata chiamata a decidere della responsabilità di uno Stato contraente che non era stato in grado di esercitare un controllo effettivo su una propria regione con aspirazioni separatiste, rispetto alla giurisdizione extraterritoriale di un altro Stato contraente.
I ricorrenti della causa Xxxxxx accusavano la Moldavia di aver omesso l’adozione di tutte le misure necessarie ed idonee a far cessare il trattamento disumano cui erano stati sottoposti.
Convenuta in giudizio era altresì la Federazione Russa, per aver sottoposto a controllo, mediante proprie truppe, il territorio, appartenente allo Stato moldavo, della Transnistria, ed altresì fornendo equipaggiamento e sostegno militare a detta regione separatista.
Entrambi i governi hanno negato che sussistesse la loro giurisdizione sui territori controversi190.
186 Factsheet – Extra-territorial jurisdiction of States Parties to the European Convention on Human Rights.
187 Xxxxxxx Xxxxxxxx-Xxxxxx, cit supra nota 163, 11.
188 Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 127, vedere anche app no 3394/03, Xxxxxxxxx and Others v France, 29 March 2010, para. 67.
189 Xxxxxxx Xxxxxxxx-Xxxxxx, cit supra nota 163, 14.
190 Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 123.
La decisione della Corte è significativa in quanto, se per un verso ha ritenuto che la Repubblica moldava di Transnistria non fosse materialmente sottoposta all’autorità del governo moldavo, lo stesso era però responsabile della mancata adozione di tutte le misure diplomatiche, economiche, giudiziarie, e di ogni altro tipo in suo potere, in conformità con il diritto internazionale, al fine di garantire i diritti dei ricorrenti di cui alla Convenzione191.
L’obbligo positivo gravante sulla Moldavia comportava, secondo la Corte, anche l’adozione delle misure necessarie a ristabilire il controllo sul territorio transnistriano192.
Non è risultato immune da responsabilità neppure il governo russo, per aver sostenuto la Repubblica moldava di Transnistria e per aver omesso qualsivoglia intervento atto a porre fine alla situazione dei ricorrenti, provocata dai suoi stessi agenti. Sotto tale profilo, dunque, la Corte ha ritenuto che i ricorrenti rientrassero nella giurisdizione della Federazione Russa ai fini dell’articolo 1 della Convenzione193.
Il caso Xxxxx e altri offre poi alla Corte la possibilità di riaffermare talune delle conclusioni cui era pervenuta con la sentenza Xxxxxx.
Invero, acquisita, anche in detta causa, la prova della presenza militare russa nella Repubblica di Transnistria ed il continuo sostegno alla stessa, la Corte conclude per la giurisdizione della Federazione russa e conseguente responsabilità.
Contrariamente alla sentenza Xxxxxx, però, in cui la Corte aveva ritenuto che la Moldavia non avesse adottato tutte le misure disponibili per porre fine alla violazione della Convenzione, in Catan il governo moldavo viene assolto da responsabilità, sul presupposto che avesse adempiuto ai suoi obblighi positivi nei confronti dei ricorrenti.
Dall’esame delle due sentenze si possono trarre due conclusioni:
- uno Stato contraente ha l’obbligo di fare tutto ciò che è legalmente e praticamente possibile per garantire i diritti della Convenzione su tutto il suo territorio, non valendo, quale esimente, l’incapacità di controllare porzioni dello stesso in quanto separatiste194.
- uno Stato contraente, come dimostrato anche nei casi riguardanti la Turchia e il controllo su Cipro settentrionale, ha giurisdizione, agli effetti dell’articolo 1 della Convenzione, anche quando esercita un controllo effettivo globale su suolo straniero, attraverso un regime da esso dipendente, o quantomeno sottoposto alla sua influenza determinante. Tale controllo può esplicarsi non solo attraverso atti dei propri agenti, ma anche in atti, decisioni od omissioni degli agenti del regime dipendente195.
191 App no 48787/99, Xxxxxx and Others v the Republic of Moldova and Russia, 8 July 2004, n.57, para. 330-331, vedere anche Işıl Karakaş e Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 124.
192 Ibid., para. 339.
000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 124.
194 Xxxxxxx Xx Xxxxxxxx, ‘Globalization and Jurisdiction: Lessons from the European Convention on Human Rights’, in Baltic Yearbook of International Law Online, 6(1), 185-247, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/00000000-00000000.
000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130.
Un noto precedente, altresì significativo ai fini della presente analisi, è la decisione nel caso Xx-Xxxxx.
Il ricorso è stato proposto dinanzi alla Corte di Strasburgo (dopo essere stato respinto dalla House of Lords) da un cittadino iracheno con acquisita nazionalità britannica, Al-Jedda, il quale lamentava di essere stato illegalmente detenuto, per oltre tre anni, dalle forze britanniche a Bassora, in violazione dell’articolo 5 della Convenzione che, in assenza di una deroga, non consente una detenzione preventiva, e peraltro senza alcun controllo giurisdizionale.
La specificità di tale caso riguardava la possibilità di attribuire la condotta denunciata dal ricorrente al Regno Unito. Il giudice nazionale, nel respingere l’azione di Xx-Xxxxx, aveva ritenuto che il potere di detenere “sospetti terroristi” iracheni a tempo indefinito, senza alcuna imputazione precisa e senza diritto ad una revisione giudiziale, sarebbe stato attribuito agli agenti britannici direttamente dall’ONU, attraverso la risoluzione del Consiglio di Sicurezza n.1546196.
Dunque, nel conflitto tra la previsione dell’articolo 5 della CEDU e la risoluzione del Consiglio di Sicurezza, la House of Lords ha ritenuto prevalente quest’ultima e dunque legittima la condotta degli agenti britannici. Facendo richiamo alla decisione della Corte di giustizia dell’Unione Europea nella causa Kadi, il ricorrente ha ribadito, dinnanzi alla Corte di Strasburgo, la propria linea difensiva, fondata sull’affermazione dell’inderogabilità della tutela dei diritti umani ai sensi della CEDU197.
D’altro canto, l’istante, citando la decisione della stessa Corte nella causa Xxxxxxx, ha ipotizzato, in via subordinata, la derogabilità della Convenzione da parte di una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ove solo quest’ultima sia in grado di fornire una protezione equivalente dei diritti umani, lamentando ovviamente che ciò non era accaduto nel suo caso198.
In sostanza, dunque, la difesa di Xx-Xxxxx chiedeva alla Corte di dichiarare la Convenzione indipendente tanto dalla Carta delle Nazioni Unite quanto dal diritto internazionale generale, sovrapponendo in assoluto la tutela dei diritti umani.
La Corte adita, nel decidere il ricorso, muove da una disamina delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, evidenziando come la risoluzione 1483 del 22 maggio 2003 non assegnasse alcun ruolo di sicurezza all’Organizzazione e che, sebbene la risoluzione 1511, adottata il 16 ottobre 2003, autorizzasse “a multinational force under unified command to take all necessary measures to contribute to the maintenance of security and stability in Iraq”, ciò non significava che gli atti compiuti dai soldati all’interno della forza multinazionale fossero attribuibili alle Nazioni Unite o cessarono di essere attribuibili alle Nazioni di appartenenza delle truppe. In particolare, le Nazioni Unite non assumevano alcun grado di controllo né sulla forza multinazionale né su qualsiasi altra delle funzioni esecutive dell’Autorità provvisoria della coalizione199.
196 Xxxxxxx Xxxxxx, “Un’importante pronuncia della Corte di Strasburgo in materia di tutela dei diritti umani nell’ambito di missioni militari all’estero. Riflessioni attorno alla sentenza della Xxxxx XXX xxx xxxx Xx-Xxxxxx x. Xxxxx Xxxxx” in Diritto Penale Contemporaneo, 7 luglio 2011, 21, xxxxx://xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/Xx-Xxxxxx-XxxXxxx-xxxxx.xxx, vedere anche UN Doc. S/RES/1546, para. 10.
197 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 165, 136.
198 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 165, 136, vedere anche app. No. 45036/98, Bosphorus Hava Yollari Turizm ve Ticaret Anonim Sirketi v. Ireland, 30 June 2005.
000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 129.
Quanto poi alla risoluzione 1546, dell’8 giugno 2004, risalente a quattro mesi prima dell’arresto del ricorrente, secondo la Corte, con la stessa il Consiglio di sicurezza aveva riaffermato l’autorizzazione per la forza multinazionale, ma senza alcuna specifica intenzione di assumere un maggiore grado di controllo o comando sulla detta forza rispetto a quello che aveva esercitato in precedenza200.
In sintesi, il Consiglio di sicurezza non aveva né il controllo effettivo né l’autorità e il controllo finale sugli atti e le omissioni delle truppe all’interno della forza multinazionale, ragione per la quale si è ritenuto che la detenzione del ricorrente non fosse imputabile alle Nazioni Unite.
Poiché l’internamento era avvenuto in una struttura di detenzione controllata esclusivamente dalle forze britanniche, ed Al- Jedda era quindi rimasto sempre esclusivamente sotto l’autorità e il controllo del Regno Unito, ne è stata quindi affermata la giurisdizione ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione.
A conclusione di questa analisi, occorre fare riferimento alla celebre sentenza Al-Xxxxxx, in quanto la Corte torna a riaffrontare la questione giurisdizione in termini di “authority and control over a person”.
Anche in questo caso la violazione era stata commessa dal Regno Unito, quale Xxxxxxx occupante in Iraq durante nel 2003, in danno di sei civili deceduti a causa di azioni militari promosse dai suoi agenti, di cui una vittima, in particolare, era morta in una base militare britannica.
La sentenza può essere considerata un vero e proprio spartiacque poiché con la stessa la Corte riafferma il principio secondo il quale gli Stati contraenti devono rispettare i propri obblighi in materia di diritti umani in qualunque territorio i loro agenti esercitino autorità o controllo sulle persone.
Viene così meglio definito il concetto di “European legal space”, che aveva costituito un limite di ammissibilità nel caso Xxxxxxxx. Secondo la Corte, infatti, la Convenzione non si applicherebbe solo all’interno dei Paesi del Consiglio d’Europa poiché la tutela dei diritti umani non può dipendere dal luogo in cui si trova la persona, ma dalla sua violazione ad opera di agenti di uno Stato contraente201.
Sebbene non si escluda che la giurisdizione di cui all’articolo 1 possa esistere al di fuori del territorio di competenza degli Stati membri del Consiglio d’Europa202, la Corte, in ogni caso, ha ribadito la posizione assunta nella causa Xxxxxxxx, ritenendo che “the United Kingdom (…) exercise[d] some of the public powers normally exercised by a sovereign government” 203.
L’esercizio dei poteri pubblici da parte del Regno Unito riemerge come una condizione preliminare per l’applicazione del modello personale di giurisdizione.
Come rilevato in dottrina da Xxxxxxxxx, se il Regno Unito non avesse dunque esercitato tali poteri pubblici, il modello personale di giurisdizione non si sarebbe applicato204.
Pertanto, Xxxxxxxx sopravvive ancora nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale di fatto non si è totalmente discostata, così aprendosi a critiche.
200 Ibid.
200 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 130.
202 App. no. 55721/07, Case of Al-Xxxxxx and others v. The United Kingdom, 07/07/2011, para. 140
000 Xxxx Xxxxxxx x Xxxxx Xxxxxxx, cit supra nota 130, 131.
204 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 165, 130.
Sebbene costituisca un orientamento minoritario, è opinione del giudice Bonello che la Grande Camera nel caso Al-Xxxxxx abbia perso l’opportunità di portare vera chiarezza nella confusa giurisprudenza della Corte in materia di extraterritorialità della Convenzione. A suo parere, la Corte, anziché procedere ancora una volta secondo la logica dell’eccezione e della valutazione del singolo caso concreto, avrebbe potuto fissare delle chiare linee generali, affermando in linea di principio che se la violazione dipende dalle azioni dello Stato o di un suo agente, e se lo Stato ha il potere di punire il colpevole e risarcire le vittime, allora è tenuto ad esercitare la sua giurisdizione ai sensi della Convenzione. Vale a dire che ogni volta che uno Stato occupa il territorio di un altro Stato si presume che la Convenzione si applichi205.
E tuttavia, poiché in entrambi i casi da ultimo analizzati la Corte ha riconosciuto un ingente risarcimento danni in favore dei ricorrenti, con conseguenti significative implicazioni finanziarie e politiche a carico del Regno Unito, si può ritenere che la sentenza Al-Xxxxxx, malgrado i suoi limiti, costituisca un monito per gli Stati europei (come appunto il Regno Unito e la Francia) che si impegnano con frequenza in azioni militari all’estero.
Non è escluso, poi, che Al-Jedda produca effetti a catena in tutte le vicende in cui, intervenendo il Consiglio di Sicurezza con potere sanzionatorio, si potrebbero determinare violazioni dei diritti umani.
Ciò non toglie che, nonostante alcuni miglioramenti, la giurisprudenza della Corte sull’applicazione extraterritoriale della CEDU poggia ancora su un terreno instabile. Come sostiene Xxxxxxxxx “the Court’s incorporation into the personal model of jurisdiction of the nebulous Xxxxxxxx reference to ‘public powers’ is particularly unfortunate, and the resulting uncertainty will be likely to prove to be unsustainable in the long term.”206.
2.4. Conclusioni
Nel presente capitolo si è analizzata la storia e il funzionamento del Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale con lo scopo di promuovere la democrazia, i diritti umani, l'identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.
L’analisi si è poi indirizzata verso il maggiore risultato conseguito sotto l’egida del Consiglio d’Europa, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, entrata in vigore il 3 settembre 1953.
Al centro del presente studio è stato anche il principale meccanismo di garanzia dei diritti tutelati nella presente Convenzione, ovvero la Corte europea dei diritti dell’uomo, la cui struttura è stata modificata tramite il Protocollo n.11 del 1998.
Si è poi tentata una disamina, certamente non esaustiva, della più rilevante giurisprudenza della Corte in tema di applicazione extraterritoriale della Convenzione, dalla quale è emerso come la tutela di tali diritti si sia
205 Xxxxxxx Xxxxxx, cit supra nota 196.
206 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 165, 139.
mossa spesso lentamente e non sempre in modo univoco. Il superamento del limite territoriale è stato frutto d’interpretazione ed elaborazione giurisprudenziale non sempre persuasiva, almeno per la richiamata dottrina in termini di abilità giuridica e qualità dell’analisi.
Capitolo 3.
Xxxxxxx e critica della sentenza Xxxxxx c. Russia
Con la sentenza del 21 settembre 2021 la terza sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato la Russia per violazione dell’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ritenendola responsabile dell’assassinio di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx.
Nel presente capitolo si esaminerà tale decisione, evidenziandone in particolare il valore innovativo con riguardo al tema della giurisdizione extraterritoriale e dunque come lo stesso rappresenti un punto di arrivo della Corte di Strasburgo nel percorso applicativo dell’articolo 2 della Convenzione.
1. I fatti
La disamina in punto di diritto della sentenza, con particolare riferimento al tema oggetto del presente studio, non può prescindere dalla ricostruzione dei fatti di causa soprattutto al fine di comprendere il percorso logico- giuridico seguito dai giudici della Corte al fine di individuare la riconducibilità causale della morte di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx allo Stato russo.
1.1. Il passato e la vita del signor Xxxxxxxxxx nel Regno Unito
Il ricorso è stato proposto da Xxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, moglie di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, deceduto nel Regno Unito il 23 novembre 2006 a causa della sindrome da radiazioni acute derivate dall’ingestione di “Polonio 210”207.
Xxxxxxxxxx aveva lavorato per il Comitato per la Sicurezza dello Stato russo (KGB) e in altre sue agenzie, tra cui il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa (FSB).
Nel 1997 era stato incaricato di condurre delle operazioni speciali, come esaminare la possibilità di assassinare il signor Xxxxxxxxxx, un uomo d’affari al quale era legato da profonda amicizia.
Ritenendo le attività delle agenzie d’intelligence illegali, Xxxxxxxxxx ne aveva esposto denuncia alle autorità governative, per essere conseguentemente licenziato nel dicembre 1998.
Non solo, nel 1999 Xxxxxxxxxx era stato arrestato e detenuto per otto mesi con l’accusa di avere abusato della sua autorità208.
207 App. no. 20914/07, Xxxxxx x. Russia, 21 settembre 2021, para. 1.
208 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 8.
Sebbene assolto da tale procedimento, egli era stato poi sottoposto a dei successivi processi, tant’è che nel 2000, quando ancora gli stessi erano pendenti, aveva abbandonato la Russia per stabilirsi definitivamente nel Regno Unito, dove l’anno successivo aveva ottenuto l’asilo per sé e per la sua famiglia209.
Il caso oggetto di studio prende il nome di Xxxxxx contro Russia poiché alla famiglia Xxxxxxxxxx fu data la possibilità di modificare i loro nominativi e di ottenere (il 13 ottobre 2006) la cittadinanza inglese210.
Negli anni in cui Xxxxxxxxxx ha vissuto nel Regno Unito si è impegnato nell’attività di denuncia della corruzione dei servizi di intelligence russi, fornendo anche consulenza ai servizi segreti britannici sulla criminalità organizzata russa in Europa211.
1.2. Gli eventi che hanno preceduto la morte del signor Xxxxxxxxxx
È stato accertato che ad avvelenare Litvinenko siano stati materialmente due cittadini russi, i signori Xxxxxxx e Xxxxxx.
In particolare, dalla ricostruzione dei fatti è emerso che la mattina del 16 ottobre 2006 Xxxxxxx e Xxxxxx avevano incontrato a Londra Litvinenko alla presenza di un rappresentante della società di sicurezza privata (Erinys UK Limited) presso la quale quest’ultimo lavorava. Dall’esame scientifico del tavolo intorno al quale si erano riuniti sono state rinvenuti residui di polonio 210.
Tracce del medesimo materiale radioattivo sono state individuate anche nel ristorante dove Xxxxxxx, Xxxxxx e Xxxxxxxxxx avevano proseguito il loro incontro quello stesso giorno. Dopo la cena, infatti, Xxxxxxxxxx aveva accusato dei malori che aveva attribuito ad un’intossicazione alimentare senza perciò rivolgersi ad un medico. Il 18 ottobre 2006 Xxxxxxx e Xxxxxx avevano fatto rientro a Mosca su un aereo che, a detta delle autorità russe, non era stato contaminato. Xxxxxxx, tuttavia, era ritornato a Londra nei giorni dal 25 al 28 ottobre 2006 ed in relazione a tale permanenza erano state ritrovate contaminazioni di polonio nell’aereo in cui viaggiava, negli uffici visitati e nella sua camera d’albergo.
Xxxxxxx e Xxxxxx si erano poi recati a Londra rispettivamente il 31 ottobre e il 1° novembre 2006 ed in quest’ultima data avevano nuovamente incontrato Xxxxxxxxxx, il quale il 3 novembre era stato ricoverato in ospedale per gastroenterite.
Dall’osservazione clinica ed all’esito degli esami di laboratorio, il 23 novembre 2006 i medici avevano confermato la diagnosi di contaminazione da polonio 210. La sera dello stesso giorno Xxxxxxxxxx era deceduto a seguito di arresto cardiaco212.
209 Ibid., paras 5-9, vedere anche Xxxxxx Xxxxxxxx, “Caso Litvinenko”: Russia condannata dalla Corte di Strasburgo per violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU)” in N Jus, 2021, xxxxx://xxx.xxxx.xx/xxxx/000/xxxx-xxxxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxxxxxx- dalla-corte-di-strasburgo-per-violazione-del-diritto-alla-vita-art-2-cedu/.
210 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 9.
211 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 10-11.
212 Carter c. Russia, cit supra nota 207, paras 23-33.
L’autopsia ha confermato la causa della morte, ovvero la contaminazione da radiazioni prodotte dai livelli molto elevati di polonio 210, assunto per ingestione sotto forma di composto solubile213.
1.3. Xxxxxxxx iniziali
Il sospetto di avvenuto avvelenamento era sorto già prima della morte di Xxxxxxxxxx tant’è che il Metropolitan Police Service (MPS) aveva avviato un’indagine a seguito del suo ricovero in ospedale. In conseguenza della morte, il 30 novembre 2006, il Servizio della Procura della Corona inglese ha chiesto assistenza alle autorità russe, ai sensi delle disposizioni contenute nella Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 1959. Tale convenzione obbliga invero le Parti contraenti a consegnare reciprocamente “all persons against whom the competent authorities of the requesting Party are proceeding for an offence or who are wanted by the said authorities for the carrying out of a sentence or detention order”214.
Nel maggio 2007 la polizia britannica, sulla base delle prove sin allora acquisite, ha stabilito la responsabilità di Xxxxxxx nell’omicidio di Xxxxxxxxxx. È stato pertanto emesso un mandato d’arresto da parte del tribunale inglese con contestuale richiesta di estradizione di Xxxxxxx, tuttavia rigettata dalla Russia in forza delle disposizioni contenute nell’articolo 61, comma 1, della Costituzione russa215.
Nel 2011, a seguito di ulteriori indagini, la polizia inglese ha esteso l’accusa di omicidio anche a Xxxxxx, chiedendo l’emissione di un mandato di arresto anche per quest’ultimo.
Xxxxxx e Xxxxxxx sono stati inseriti negli elenchi internazionali degli individui ricercati216.
Il 7 dicembre 2006 è stata avviata un’indagine penale da parte dalla Russia “into the death of Mr Xxxxxxxxxx and the attempted murder of Mr Xxxxxx”, mentre il 2 dicembre 2007 Xxxxxxx (pur non avendo precedenti esperienze in politica) è diventato membro del Parlamento russo, acquisendo l’immunità parlamentale, ed è stato rieletto anche nel 2011 e nel 2016.
1.4. L’inchiesta Litvinenko nel Regno Unito
Il 30 novembre 2006 è stata avviata dal governo inglese l’inchiesta sulla morte di Xxxxxxxxxx, che si è protratta, a seguito di varie proroghe e/o sospensioni, per quasi cinque anni.
Nel 2011 il Coroner, avendo escluso la sussistenza di una realistica possibilità che Xxxxxxx venisse estradato nel Regno Unito, ha disposto la riapertura dell’indagine affidandola a Xxx Xxxxxx Xxxx, giudice dell’Alta Corte di giustizia dal 2001217.
213 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 34.
214 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 73.
215 Costituzione della Federazione russa, 1993, articolo 61, comma 1: “Il cittadino della Federazione Russa non può essere espulso oltre i confini della Federazione Russa od essere estradato in altro Stato”
216 Carter c. Russia, cit supra nota 207, paras 39-40.
217 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 45.
Specificatamente l’inchiesta presieduta da Xxx Xxxxxx Xxxx aveva ad oggetto quello di indagare la morte di Xxxxxxxxxx al fine di “ascertain ... how, when and where [the deceased] came by his death”, e “identify ... where responsibility for the death lies”218.
A conclusione di detti lavori investigativi si è ritenuto che, al di là di ogni ragionevole dubbio, la morte di Xxxxxxxxxx fosse stata causata dall’avvelenamento con polonio 210 il 1° novembre 2006 essendo state rinvenute contaminazioni primarie219 nei luoghi in cui la vittima si era recata in quella data, tra i quali il ristorante dell’hotel in cui aveva bevuto un thè con Xxxxxxx e Xxxxxx.
A rafforzare tale circostanza concorrevano le prove di un precedente avvelenamento, con una dose inferiore del materiale radioattivo, relativamente all’incontro con gli agenti russi del 16 ottobre 2006220.
L’indagine ha altresì escluso la fondatezza delle ipotesi prospettate da Xxxxxxx di un avvelenamento accidentale di Xxxxxxxxxx, ovvero di un suo suicidio.
Tali argomentazioni sono risultate inconsistenti in quanto non si è rinvenuta alcuna contaminazione primaria in casa della vittima o sui suoi vestiti, così come avrebbe dovuto essere se avesse ingerito la sostanza accidentalmente o deliberatamente. Inoltre, secondo il Presidente, se si fosse trattato di auto avvelenamento, Xxxxxxxxxx non avrebbe probabilmente ipotizzato la natura del veleno alla polizia o al personale medico che lo aveva avuto in cura prima del decesso221.
Xxx Xxxxxx Xxxx ha ritenuto che la vittima era stata avvelenata consapevolmente e volontariamente da Xxxxxxx e Xxxxxx sulla base delle prove di contaminazioni primarie e secondarie acquisite nei luoghi che questi ultimi avevano visitato a Londra, nelle stanze d’albergo dagli stessi occupate e nella teiera utilizzata da Xxxxxxxxxx in occasione di un loro incontro.
Parimenti il Presidente ha ritenuto insostenibile l’ulteriore teoria di Xxxxxxx, il quale aveva avanzato anche l’ipotesi di colpevolezza dei servizi di intelligence britannici.
A parere di Xxx Xxxx una tale operazione, per la sua portata, sarebbe stata molto rischiosa, costosa ed eccessivamente complessa e pertanto in concreto neppure immaginabile222.
Accertata la responsabilità di Xxxxxxx e Xxxxxx, l’indagine è stata incetrata sull’individuazione del ruolo svolto, nella commissione del delitto, da parte degli agenti russi, ovvero se questi avessero agito di loro esclusiva iniziativa o su incarico di qualcun altro.
Infatti, sebbene Xxxxxxx considerasse Xxxxxxxxxx un traditore, appariva improbabile che questo potesse essere un reale movente per pianificare e condurre un’operazione di tale lunghezza.
Inoltre, sembrava altamente inverosimile che Xxxxxxx e Xxxxxx potessero avere accesso autonomo al polonio 210223.
218 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 48.
219 La prova del contatto diretto tra la sostanza radioattiva e la superficie su cui è stata depositata.
220 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 60. 221 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 61. 222 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 62. 223 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 63.
L’inchiesta è stata quindi indirizzata ad appurare se l’omicidio fosse ascrivibile ad una o più organizzazioni dello Stato russo. La sostanza radioattiva, sebbene non ve ne fosse certezza, poteva infatti provenire dall’impianto di produzione russo di Avangard. È importante considerare che l’uso del polonio 210 è un forte indicatore del coinvolgimento di detto Stato, sia perché era presumibile che criminali ordinari utilizzassero strumenti meno sofisticati, sia perché la sostanza radioattiva non poteva che provenire da un reattore che, normalmente, è sotto il controllo statale224.
Quanto al movente, il Presidente ha individuato diverse ragioni per le quali organizzazioni o individui all’interno dello Stato russo avrebbero potuto volere la morte di Xxxxxxxxxx. In primo luogo, si riteneva che quest’ultimo avesse tradito l’FSB, rendendo pubbliche le accuse di corruzione e vicinanza alla criminalità organizzata, nonché per avere collaborato con l’intelligence britannica.
La vittima era anche vicina ad individui particolarmente ostili alle autorità russe, come il signor Xxxxxxxxxxx, per non considerare l’indubbio antagonismo personale tra Xxxxxxxxxx e il presidente russo Xxxxx. L’ipotesi di un coinvolgimento delle autorità russe era d’altra parte corroborata dai precedenti assassini di matrice governativa di altri soggetti ritenuti oppositori dello Stato225.
Il rapporto ha anche affrontato i legami tra Xxxxxxx e Xxxxxx con lo Stato russo: entrambi erano cittadini e residenti in Russia ed avevano prestato servizio nell’esercito nazionale. Inoltre, al suo rientro in Russia, Xxxxxxx era stato insignito di un’onorificenza per i servizi resi alla patria. Sebbene ciò non costituisse una prova del fatto che Xxxxxxx avesse agito per conto dello Stato, tale onorificenza ha suggerito un alto livello di approvazione statale per l’uccisione di Litvinenko.
Il Presidente ha, dunque, concluso che “when Mr Xxxxxxx poisoned Mr Xxxxxxxxxx, it is probable that he did so under the direction of the FSB. I would add that I regard that as a strong probability. I have found that Mr Xxxxxx also took part in the poisoning. I conclude therefore that he was also acting under FSB direction, possibly indirectly through Mr Xxxxxxx but probably to his knowledge”226.
Il 21 gennaio 2016 il rapporto è stato presentato al Parlamento inglese ed è stato reso disponibile al pubblico. Lo stesso giorno, l’ambasciatore russo nel Regno Unito ha respinto la relazione definendola “a blatant provocation of the British authorities” e “a whitewash for British special services’ institutional incompetence”227.
224 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 66. 225 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 67. 226 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 69.
227 “Ambassador Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx summoned to the Foreign Office over the Litvinenko case”, in The Embassy of the Russian Federation to the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland, diplomacy online, 21.01.2016, presso xxxx://xxx.xxxxxx.xxx.xx/xxxxx/0000, vedere anche Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 70.
2. Questioni preliminari
Dopo aver delineato gli accadimenti che hanno portato alla morte di Xxxxxxxxxx e le argomentazioni sostenute da Xxx Xxxxxx Xxxx, la presente analisi si soffermerà sulle valutazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo circa l’ammissibilità dell’inchiesta pubblica del governo inglese e la presunta violazione dell’articolo 2 della Convenzione denunziata dalla ricorrente.
2.1. L’ammissibilità dell’inchiesta Litvinenko
Il governo russo, come era prevedibile, ha contestato le risultanze dell’inchiesta di Xxx Xxxx, affermando che la stessa non poteva assurgere ad accertamento della responsabilità civile e penale dell’ipotetico colpevole.
Sotto altro profilo, il Comitato Investigativo della Federazione Russa (ICRF) ha ritenuto il rapporto del Presidente Xxxx incoerente riguardo alla valutazione delle prove ed comunque non opponibile alla Russia per non avere quest’ultima partecipato al procedimento istruttorio228.
La parte ricorrente, al contrario, ha evidenziato come “nothing in the Government’s claims cast any doubt on the evidence used in the inquiry or any procedural process that led to the Chairman’s findings”229.
Nel contraddittorio delle parti la Corte Europea ha rigettato le contestazioni del governo russo, evidenziando come quest’ultimo, se per un verso ha lamentato l’unilateralità dell’indagine, in quanto “there was no one to tell the other side of the story”, per altro non ha fornito alcun dettaglio su cosa esattamente fosse “l’altro lato della storia”230.
I giudici di Strasburgo hanno inoltre disatteso l’obiezione di parte convenuta di inutilizzabilità nel processo delle attività istruttorie svolte dal governo britannico, rilevando che l’indagine aveva soddisfatto i requisiti di “independence and impartiality” e di “transparency and accountability”231.
La mancata partecipazione all’attività probatoria da parte del governo russo, secondo la Corte, non invalidava l’inchiesta e pertanto la stessa ha proceduto ad acquisire le relative prove ai fini del giudizio232.
2.2. Presunta violazione dell’articolo 2 della CEDU
La Corte ha esaminato le censure mosse dalla ricorrente relativamente ai profili procedurali e sostanziali di cui all’articolo 2 della Convenzione, il quale recita testualmente: “il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena”233.
228 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 95. 229 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 96. 230 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, 107.
231 Carter c. Russia, cit supra nota 207, paras 100-101, vedere anche paras 79-85.
232 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 103.
233 Convenzione europea dei diritti dell’uomo, 1953, articolo 2.
Xxxxx Xxxx Xxxxxx con il proprio ricorso ha, invero, lamentato la violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione per essere stato il marito assassinato in modo particolarmente doloroso da Xxxxxxx (ed altri) nell’esercizio della sua attività di agente del governo russo e, dunque, in connivenza e/o in concorso e/o con il supporto delle autorità statali, le quali non erano state neppure in grado di condurre un’efficacie indagine sull’omicidio234.
La difesa della ricorrente ha evidenziato che gli atti di “preparation, planning, knowledge and agreement” dell’omicidio erano stati posti in essere nel territorio russo e che la sostanza radioattiva utilizzata proveniva dalla struttura di Avangard in Russia ed era stata messa a disposizione dei materiali esecutori dell’omicidio da parte dalle autorità governative235, richiamando a tal fine la precedente giurisprudenza della Corte, in particolare nel caso Cipro contro Turchia, ai sensi della quale “the acquiescence or connivance of the authorities of a Contracting State in the acts of private individuals which violate the Convention rights of other individuals within its jurisdiction may engage that State’s responsibility under the Convention”236.
Facendo proprie poi le sentenze Al-Skeini237 e Jaloud238 l’istante ha rilevato come l’uso mortale della forza da parte di un agente dello Stato, al di fuori del suo territorio nazionale, doveva ritenersi sufficiente a far rientrare l’evento nella giurisdizione di detto Stato, argomentando che se così con fosse si giungerebbe alla paradossale conseguenza che un omicidio commesso, nello specifico, sul territorio russo violerebbe l’articolo 2 della Convenzione, ma la stessa condotta commessa da un agente russo sul territorio di un altro Stato Contraente non implicherebbe nessuna responsabilità statale239. Dunque, con l’effetto perverso di autorizzare la Russia a commettere omicidi extraterritoriali – che sarebbero esenti da sanzioni ai sensi della CEDU – se non addirittura incentivare la violazione della sovranità degli altri Stati membri della Convenzione.
A consolidare la responsabilità della Russia, secondo la prospettazione della Xxxxxx, concorrerebbero inoltre il fatto che lo stesso Stato aveva avviato un’indagine penale interna ed al contempo non aveva autorizzato l’estradizione nel Regno Unito di Lugovoy, così mantenendo ed affermando la propria giurisdizione esclusiva sui presunti responsabili, sebbene gli stessi fossero accusati di una grave violazione dei diritti umani240.
Il governo russo si è difeso in giudizio sostenendo l’inammissibilità ratione loci del ricorso nella sua interezza, in quanto gli accadimenti si erano verificati al di fuori della sua giurisdizione, per essere Litvinenko ormai cittadino britannico, fisicamente presente nel Regno Unito al momento della morte. Secondo la prospettazione della resistente, dunque, la Russia non aveva “actual authority” sul territorio britannico e non vi erano nessi causali tra le azioni degli agenti russi e gli avvenimenti oggetto di esame241.
234 Xxxxxxxx Xxxxxx, ““Caso Litvinenko”: Russia condannata dalla Corte di Strasburgo per violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU)” in X Xxx, 0000, vedere anche Xxxxxx c. Russia, cit supra nota 207, para 111.
235 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 113.
236 App no. 25781/94, Cipro c. Turchia, 2001, para 81.
237 App no. 55721/07, Al-Xxxxxx e altri c. Regno Unito, 2011, paras 134-138, in Carter c. Russia, cit supra nota 207, 112.
238App no. 47708/08, Jaloud c. Paesi Bassi, 2014, paras 139-153, in Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 112.
239 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 114.
240 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 114, vedere anche Xxxxxxxx Xxxxxx, ““Caso Litvinenko”: Russia condannata dalla Corte di Strasburgo per violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU)” in X Xxx, 0000.
241 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, 112.
La difesa russa ha contestato in particolare che la fattispecie rientrasse nelle eccezioni al principio territoriale di giurisdizione enunciate dalla stessa Corte nelle sentenze Al-Xxxxxx e altri c. Regno Unito e Jaloud contro Paesi Bassi242.
A marcare la differenza tra i casi Al-Xxxxxx e Xxxxxx e quello di Litvinenko vi sarebbe stata la circostanza che mentre nei primi il personale militare incriminato agiva in maniera indiscussa quale autorità statale sul territorio di uno Stato terzo, nel secondo, invece, non solo non sarebbe stato individuato l’effettivo responsabile della morte, ma altresì non vi sarebbe stata prova che questi avesse agito sotto l’autorità o con la connivenza della Russia243.
Quanto alle argomentazioni della ricorrente in ordine all’indagine interna, la Russia si è difesa sostenendo che all’esito della stessa non era emersa alcuna responsabilità degli agenti incriminati, né che vi fosse stata una sottrazione di Polonio 210 nell’impianto di produzione di Avangard244.
Il governo ha anche censurato la ricorrente di accuse infondate circa l’esistenza di una pratica di omicidi commissionati dallo Stato russo in Qatar, Regno Unito, Bulgaria, Montenegro, Germania e altrove in Europa245.
Con riferimento invece all’ambito procedurale dell’articolo 2 la difesa russa si è rifatta alla natura transnazionale del caso che avrebbe presupposto una cooperazione tra gli Stati interessati, lamentando che il Regno Unito avrebbe negato l’assistenza legale richiesta dalla Russia. In particolare, il governo russo ha sostenuto che non gli fossero state fornite informazioni utili ai fini della propria indagine, laddove la mancata estradizione di Xxxxxxx era conforme ad una norma costituzionale e per essere lo stesso, almeno dal dicembre 2007, coperto da immunità parlamentare246.
A contrastare tale linea difensiva hanno concorso le argomentazioni sia di parte ricorrente che dello stesso Regno Unito. La difesa della Xxxxxx, invocando i Principi delle Nazioni Unite sulla prevenzione e l’indagine efficaci delle esecuzioni extralegali, arbitrarie e sommarie,247 ha affermato che il dovere di indagare ricadeva sulle autorità russe, a causa del loro rifiuto di estradare Lugovoy nel Regno Unito, e in ogni caso che dette indagini potevano essere svolte prima che questi beneficiasse dell’immunità248.
Il governo inglese si è difeso invece sostenendo di essere stato collaborativo almeno sino a quando non erano emerse prove idonee a fondare il sospetto di un coinvolgimento dello Stato nell’omicidio di Xxxxxxxxxx000.
242Al-Xxxxxx e Jaloud, cit supra note 237-238.
243 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 112. 244 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 116. 245 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 118. 246 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 119.
247 ECOSOC, Effective Prevention and Investigation of Extra-legal, Arbitrary and Summary Executions, 24 May 1989, RES 1989/65, 18.
248 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 120.
249 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 121.
3. Valutazione della Corte sulle presunte violazioni della Convenzione
Nei paragrafi che precedono si è operata una ricostruzione dei fatti di causa e del procedimento con il quale sono state assunte dalle autorità britanniche le prove in ordine alla colpevolezza di Lugovoy e Xxxxxx, nella qualità di agenti statali russi, nell’uccisione di Litvinenko nonché delle posizioni processuali delle parti.
Nel presente paragrafo si svolgerà un’analisi della sentenza relativamente all’esame delle violazioni degli articoli 2 e 3 della Convenzione lamentate dalla ricorrente.
3.1. Violazioni dell’articolo 2
La Corte europea dei diritti dell’uomo, esaminate le posizioni delle parti e le prove acquisite al processo, ha ritenuto ricevibile il ricorso e pertanto da decidersi nel merito.
In via preliminare i giudici di Strasburgo hanno valutato come sintomatica della violazione delle disposizioni procedurali dell’articolo 2 della CEDU la circostanza, incontroversa, che la Russia avesse avviato un’indagine penale interna250 in ottemperanza alle disposizioni di diritto nazionale che regolano la competenza della magistratura russa per i delitti in danno di propri cittadini, ovunque commessi251.
È stato altresì considerato che i presunti autori dell’omicidio erano cittadini russi, ai quali era stata garantita la protezione costituzionale dall’estradizione, nonché, con riferimento a Xxxxxxx, anche l’immunità parlamentare dal dicembre 2007, senza che fosse invece offerta dimostrazione di una valida ed efficace indagine interna ai fini dell’individuazione dei responsabili dell’assassinio di Xxxxxxxxxx.
Secondo la Corte dunque tali circostanze costituivano “a special feature” idonea a ritenere la giurisdizione della Russia rispetto alla presunta violazione procedurale dell’articolo 2252.
Sotto il profilo sostanziale la Corte non poteva poi prescindere dall’accertamento in ordine alla giurisdizione dello Stato convenuto ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione, secondo il quale l’esercizio della giurisdizione è una condizione necessaria affinché un Contraente possa essere ritenuto responsabile degli atti o delle emissioni ad esso imputati253.
A tal fine i giudici di Strasburgo hanno richiamato i principi affermati dalla medesima Corte in precedenti decisioni, ed in particolare, nelle sentenze Al-Xxxxxx e altri c. Regno Unito 254 e la più recente Georgia c.
250 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 131.
251 “Russian nationals who committed an offence outside Russian territory should be held criminally liable under the provisions of the Code if the committed act constitutes an offence in the State in which it was committed and if the offenders have not been convicted in that State (Article 12)”, Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 75.
252 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 132, vedere anche Xxxxxxxx Xxxxxx, “Caso Litvinenko”: Russia condannata dalla Corte di Strasburgo per violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU)” in X Xxx, 0000.
253 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 124.
254 Al-Xxxxxx e altri c. Regno Unito, cit supra nota 237, paras 133-140.
Russia255, evidenziando che i modelli di giurisdizione extraterritoriale sino allora applicati erano essenzialmente due: il modello spaziale (“effective control by the State over an area outside its territory”); il modello personale (“State agent authority and control over individuals”)256.
La Corte ritiene che nel caso Xxxxxxxxxx risulta prevalere il modello personale di giurisdizione, sulla base del quale “the use of force by a State’s agents operating outside its territory may bring the individual thereby brought under the control of the State’s authorities into the State’s Article 1 jurisdiction”257.
Ai fini dell’applicazione di tale modello la Corte muove dalla valutazione dell’eccezione della difesa russa di inammissibilità ratione loci del ricorso, dovendo stabilire se Litvinenko fosse o meno sotto il controllo di Xxxxxxx e Xxxxxx al momento della sua morte e se questi avessero operato come agenti dello Stato russo.
Si pone all’attenzione dei giudici di Strasburgo in particolare la questione delle circostanze della morte, atteso che le stesse non erano frutto di “a matter of speculation and assumption”, essendo dipesa dalla somministrazione di una sostanza radioattiva da parte dei presunti colpevoli258.
Dalle risultanze istruttorie era emerso che Xxxxxxx e Xxxxxx fossero in vario modo ricollegabili ai luoghi in cui era stata accertata la presenza del polonio 210 e dunque che fossero questi ultimi ad averli contaminati e pertanto “beyond reasonable doubt” ad avvelenare la bevanda di Litvinenko che ne aveva causato il decesso259. La Corte si è posta poi a valutare se gli agenti russi avessero esercitato su Litvinenko un potere fisico o un controllo, ovvero se quest’ultimo fosse un bersaglio mirato (“proximate targeting”)260.
Nel concludere per l’affermazione di tale autorità, i giudici hanno dunque considerato la pluralità di elementi propri del caso oggetto di esame. In primo luogo, la morte di Xxxxxxxxxx era il risultato di un’operazione complessa e artificiosamente pianificata, considerato anche che il veleno radioattivo utilizzato era difficile da reperire, tanto per i presunti autori del delitto quanto per la stessa vittima in ipotesi di suicidio.
Inoltre, le prove avevano dimostrato che Xxxxxxx e Xxxxxx erano consapevoli della letalità della sostanza usata, mentre Litvinenko non poteva far nulla per sfuggire all’avvelenamento.
Affermata la responsabilità di Xxxxxxx e Xxxxxx, tanto sotto il profilo materiale quanto intenzionale (controllo sulla vita di Xxxxxxxxxx000), i giudici hanno affrontato la questione fondamentale dell’ingerenza dello Stato russo nella causazione dell’omicidio.
Anche sotto tale profilo la Corte si è attenuta strettamente all’interpretazione delle prove. L’accesso al polonio 210 era pressoché impossibile senza il sostegno di un’entità statale, in quanto sostanza proveniente da un reattore (di norma sotto il controllo governativo). Tale circostanza costituiva dunque il primario legame causale tra la condotta degli agenti russi e la stessa Russia262.
255 App no 38263/08, Georgia c. Russia 21 gennaio 2021, para 115.
256 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 125.
257 Al-Xxxxxx e altri c. Regno Unito, cit supra nota 237, para 136.
258 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 154.
259 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 155-157.
260 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 158.
261 Carter c. Russia, cit supra nota 207, paras 159-160.
262 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, paras 162-163.
Inoltre, non era emerso alcun valido movente dell’omicidio da parte di Xxxxxxx e Xxxxxx, né risultava provata l’eventualità che si fosse trattato di una “rogue operation”.
La Russia, che pure aveva rivendicato la propria competenza a giudicare Xxxxxxx e Xxxxxx, ai quali, come più volte detto, aveva anche garantito la tutela dall’estradizione, non si era adoperata a fornire la prova di avere accertato la responsabilità di eventuali organizzazioni criminali nella causazione della morte del proprio cittadino263.
Il governo russo, dunque, non aveva assolto, secondo la Corte, all’onere probatorio sullo stesso gravante, ma altresì non aveva adempiuto agli obblighi di cui all’articolo 38 della Convenzione, opponendo un ingiustificato rifiuto a fornire copie delle risultanze dell’indagine interna, che pure assumeva di aver xxxxxx000.
Con tali valutazioni la Corte ha concluso, dunque, per il coinvolgimento della Russia nell’omicidio di Xxxxxxxxxx, così rigettando l’eccezione di irricevibilità ratione loci sollevata dal resistente e ritenendo sussistere i presupposti dell’articolo 2 della CEDU, non essendo stati invece né dedotte né provate le esimenti di cui al comma 2 del medesimo articolo265.
3.2. Violazioni dell’articolo 3
Accertata, per quanto innanzi, la responsabilità della Russia nella causazione della morte di Xxxxxxxxxx e condannata quest’ultima, ai sensi dell’articolo 41266, al risarcimento del danno in favore degli eredi della vittima nella misura di €100.000 oltre spese processuali, la Corte ha ritenuto invece di rigettare per il resto il ricorso ed in particolare la lamentata violazione dell’articolo 3 della Convenzione267.
I giudici di Strasburgo hanno considerato irricevibili ratione personae le censure mosse dalla ricorrente, la quale denunciava, per sé e per il figlio, di aver patito disagio ed angoscia per l’omicidio del marito nonché per la sua stessa contaminazione.
La Corte ha ritenuto, infatti, non dimostrata tale ultima effettiva contaminazione né la gravità dell’angoscia ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione268.
4. Commento alla sentenza Xxxxxx x. Russia
La Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza Xxxxxx ha affermato la violazione da parte della Russia dell’articolo 2 della CEDU sia nel suo aspetto sostanziale che in quello procedurale. La decisione è stata assunta con sei voti favorevoli ed il voto contrario del giudice Xxxxx.
263 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 166.
264 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 167.
265 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, paras 169-172.
266 Convenzione europea dei diritti dell’uomo, 1953, articolo 41.
267 “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”, Convenzione europea dei diritti dell’uomo, 1953, articolo 3.
268 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, paras 173-174.
La sentenza Xxxxxx x. Russia rappresenta un ulteriore punto di approdo per l’approccio usato dalla Corte nell’applicazione extraterritoriale della Convenzione rispetto alla sua giurisprudenza precedente, piuttosto ondivaga in materia.
Per tali ragioni molti autori in dottrina hanno sviluppato un’ampia disamina di detta decisione, come Xxxxx Xxxxxxxxx che l’ha definita “simply remarkable” e non solo per il suo oggetto e l’evidente impatto politico269. La Corte con tale arresto ha, infatti, espressamente affermato l’applicabilità della Convenzione agli omicidi extraterritoriali, così superando (senza neppure farne menzione) uno dei suoi precedenti più significativi, la sentenza Xxxxxxxx.
Sotto altro profilo la Corte ha applicato l’articolo 8 del Progetto di Articoli sulla responsabilità dello Stato della Commissione del diritto internazionale ai fini dell’attribuzione in capo alla Russia della condotta degli autori materiali dell’omicidio, ritenendo che gli stessi agivano sotto la direzione e il controllo delle autorità di detto Stato.
Significativo, infine, è l’approccio della Corte nell’accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove.
Ciò premesso, l’analisi che segue si focalizzerà innanzitutto su come è stata trattata in sentenza la questione dell’applicazione extraterritoriale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Come innanzi ricordato, nella dibattuta sentenza Xxxxxxxx la Corte aveva dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai parenti delle vittime di bombardamenti aerei, ad opera della NATO nell’ex Repubblica di Jugoslavia, in quanto non riteneva sussistente un collegamento giurisdizionale ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione270.
Come afferma Xxxxxxxxx, i principi contenuti in detta sentenza sono stati riaffermati dalla Grande Camera (tuttavia divisa) anche nella successiva decisione Georgia c. Russia n. 2, con la quale la Russia è stata ritenuta responsabile di gravi violazioni dei diritti umani all’indomani del conflitto del 2008 contro la Georgia271. Tuttavia, mentre in Xxxxxxxx la Corte ha ignorato completamente la concezione personale della giurisdizione, intesa come autorità o controllo sulla vittima da parte di agenti statali, in Georgia c. Russia n. 2 ne fa menzione, sebbene ne esclude l’applicabilità in ipotesi di “contexts of chaos” durante un conflitto armato internazionale272.
Dalla pronuncia di Xxxxxxxx in poi la questione giurisdizionale più difficile da risolvere da parte della Corte è stata quella relativa alla valutazione del concorso di uno Stato nella causazione di un delitto, ovvero di poter considerare l’uccisione di un individuo come un esercizio o meno dell’autorità statale o del controllo su di esso.
269 Xxxxx Xxxxxxxxx, “European Court Finds Russia Assassinated Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx”, in Blog of the European Journal of International Law, 23 settembre 2021, xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxxx-xxxxx-xxxxx-xxxxxx-xxxxxxxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx/. 270 Factsheet – Extra-territorial jurisdiction of States Parties to the European Convention on Human Rights.
271 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Georgia x. Xxxxxx Xx. 0: The European Court’s Resurrection of Xxxxxxxx in the Contexts of Chaos”, in Blog of the European Journal of International Law, 25 gennaio 2021 xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxx-x-xxxxxx-xx-0-xxx-xxxxxxxx- courts-resurrection-of-xxxxxxxx-in-the-contexts-of-chaos/.
272 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 271.
Tale fattispecie, già molto controversa in situazioni di conflitto armato, sorge anche in tempo di pace, come per omicidi extraterritoriali mirati da parte di agenti statali, la cui impunità sarebbe inaccettabile per ogni regime ragionevole di tutela dei diritti umani. É infatti da ricordare che la Russia è stata più volte accusata (come dalla stessa Xxxxx Xxxx Xxxxxx) di una pratica amministrativa a riguardo273.
Per questo motivo, dunque, già con la sentenza Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx c. Azerbaigian e Ungheria, la Corte ha aperto alla possibilità che la Convenzione potesse applicarsi alle uccisioni extraterritoriali274.
Anche in Georgia c. Russia n. 2 è parso che la Grande Camera consentisse tale possibilità, in quanto ha ammesso che la concezione personale della giurisdizione non può logicamente essere limitata solo alle situazioni di arresto e detenzione. A questo proposito fa sue le parole del giudice Xxxxxxx nella causa Al- Saadoon, secondo il quale “a principled system of human rights law [cannot] draw a distinction between killing an individual after arresting him and simply shooting him without arresting him first”275.
Ciò posto, tuttavia, la Corte ha poi affermato che questi casi sono distinguibili perché riguardano atti isolati e specifici che comportano un elemento di prossimità.
La sua conclusione è stata considerata dalla dottrina molto vaga ed atta a determinare situazioni di discrimine poiché la valutazione in concreto dell’elemento della prossimità potrebbe risultare eccessivamente discrezionale276.
L’uso una tantum della forza letale, come ad esempio l’assassinio di Xxxxxxxxxx, potrebbe essere considerato più meritevole di protezione rispetto all’uso massiccio della stessa, come nei bombardamenti in Jugoslavia da aerei della NATO.
Inoltre, la concezione di prossimità dell’attacco in una situazione in cui un agente statale cagiona la morte di un soggetto mirato (come nel caso oggetto di esame), dovrebbe ritenersi più meritevole di protezione rispetto alle vittime di bombardamenti a distanza.
E dunque la nozione di prossimità come principio limitante la giurisdizione di uno Stato non risulta in dottrina convincente.
4.1. Violazione sostanziale dell’articolo 2: obbligo negativo di rispettare il diritto alla vita
L’analisi della Corte sull’applicazione extraterritoriale dell’articolo 2 della Convenzione è distinta in ambito sostanziale e procedurale.
La parte sostanziale dell’articolo consiste nel dovere negativo di rispettare il diritto alla vita di ogni individuo, di cui non può essere arbitrariamente privato.
273 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 118.
274 Xxxxx Xxxxxxxxx, “Case Note on Makuchyan and Xxxxxxxx v. Azerbaijan and Hungary” in American Journal of International Law, 18 febbraio 2021, xxxxx://xxxxxx.xxxx.xxx/xxx0/xxxxxx.xxx?xxxxxxxx_xxx0000000.
275 Case Nos: CO/5608/2008; CO/8695/2009; CO/6345/2008; CO/9925/2008; CO/11858/2009; CO/11442/2008; CO/953/2009;
CO/9719/2009; CO/12803/2009; CO/1684/2010; CO/2631/2010, C8620/2010, Al-Saadoon & Others - and -Secretary of State for Defence, 17 marzo 2014, xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xx-xxxxxxx/xxxxxxx/0000/00/x-xx-xxxxxxx-x-xxxxxxxxx-xx-xxxxx-xxx-xxxxxxx- 2015-ewhc-715-admin.pdf , vedere anche Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
276 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
Nel decidere se la Russia avesse violato l’articolo 2 nella sua parte sostanziale, la Corte ha preliminarmente ricapitolato alcuni principi fondamentali in tema di giurisdizione extraterritoriale, riaffermando espressamente la concezione personale della giurisdizione come articolata in Al-Xxxxxx, con la precisazione che la nozione di potere fisico o di controllo su un individuo non può essere limitata a situazioni di detenzione277.
La Corte fa un chiaro appello all’universalità dei diritti umani, citando la sentenza Xxxx ed affermando che, in casi come quello di Xxxxxxxxxx, l’articolo 1 della Convenzione non possa essere interpretato in modo da consentire a uno Stato parte di commettere violazioni della CEDU sul territorio di un altro Stato che non potrebbe perpetrare sul proprio territorio. D’altro canto, secondo la Corte, le violazioni mirate dei diritti umani da parte di uno Stato contraente nel territorio di un altro Membro minano l’efficacia della Convenzione stessa, sia come custode dei diritti umani che come garante della pace, della stabilità e dello stato di diritto in Europa278.
A questo proposito è di particolare importanza sottolineare come la Corte non condanni solo violazioni mirate del diritto alla vita, ma di tutti i diritti umani. Trattasi di un’affermazione assolutamente nuova nella giurisprudenza dei giudici di Strasburgo279.
Successivamente la Corte però abbraccia la distinzione, già tracciata nella decisione Georgia c. Russia n.2, tra “isolated and specific acts involving an element of proximity” e situazioni di “armed confrontation and fighting between enemy military forces seeking to establish control over an area in a context of chaos”, riaffermando che quest’ultima fattispecie esclude ogni forma di giurisdizione statale, sia sulla base del modello territoriale – controllo effettivo su un’area – che di quello personale – autorità e controllo di un’agente statale sugli individui280.
Su tali premesse la Corte ritiene di non poter prescindere, ai fini della individuazione della giurisdizione della Russia nell’omicidio di Xxxxxxxxxx, dal merito della controversia281. Ciò poiché la condotta degli agenti statali è al contempo costitutiva della giurisdizione e della violazione282.
La Camera ha condotto quindi la sua indagine sulla giurisdizione cercando di dare risposta ai seguenti interrogativi: se l’assassinio di Litvinenko equivalesse all’esercizio del potere fisico e del controllo sulla sua vita da parte di Xxxxxxx e Xxxxxx in una situazione di “proximate targeting”283; se Xxxxxxx e Xxxxxx stessero agendo come agenti statali284.
Secondo la Corte, le prove della premeditazione indicano fortemente che la morte di Xxxxxxxxxx era stata il risultato di una complessa operazione che prevedeva non solo l’organizzazione del viaggio a Londra di Xxxxxxx e Xxxxxx, ma innanzitutto l’approvvigionamento da parte di questi ultimi di un raro veleno mortale
– di norma sotto il controllo statale.
277 Carter c. Russia, cit supra nota 207, paras 125-127.
278 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 128.
279 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
280 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 128. 281 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 136. 282 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
283 Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, para 150.
284 Ibid.
Xxxxxxxxxx non era stato vittima accidentale dell’operazione o semplicemente danneggiato né era risultato ipotizzabile, sulla base delle prove, che egli potesse aver ingerito polonio 210 casualmente285. Al contrario i reiterati tentativi di avvelenamento della bevanda avevano dimostrato che la vittima era l’obiettivo di un’operazione pianificata dagli agenti statali russi.
Lo stesso Xxxxxxxxx aderisce al percorso logico argomentativo della Corte, ritenendolo “exactly right”, in quanto, se Xxxxxxx e Xxxxxx non fossero stati agenti statali russi, tale Stato non avrebbe potuto esercitare un controllo su Litvinenko286.
Dunque, la Corte fonda la giurisdizione della Russia sul “physical power and control over his life”, teoria che secondo Xxxxxxxxx ricorda molto l’approccio funzionale alla giurisdizione, inteso come controllo sui diritti, sposato in modo più evidente dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite nel suo commento generale
n. 36, paragrafo 63287.
D’altra parte, come già detto, è interessante notare come nella sentenza Xxxxxx sia stato totalmente omesso ogni riferimento a Xxxxxxxx. Tale arresto, secondo Xxxxxxxxxx e Xxxxxx, viene minato senza neppure essere menzionato, in quanto, ritenendo che la giurisdizione della Russia sia stabilita in forza dell’esercizio del potere fisico e del controllo sulla vita di Xxxxxxxxxx000, la Corte sta effettivamente modificando il suo approccio, passando, dal controllo sul territorio o su una persona, al controllo sul diritto alla vita289.
La nozione di controllo rimane il criterio fondamentale e, tuttavia, il punto cruciale non è rappresentato dal controllo su una persona ma sulla sua vita, ovvero la causalità nel quadro di obblighi negativi. La condotta degli agenti russi è direttamente attribuibile alla Russia, vale a dire causata dalla stessa290.
La decisione Xxxxxx ha dunque segnato un implicito allontanamento dalla precedente giurisprudenza della Corte focalizzata sul controllo effettivo di Xxxxxxxx, muovendosi nella direzione di causa-effetto per salvaguardare “the effectiveness of the Convention both as a guardian of human rights and as a guarantor of peace, stability and the rule of law in Europe”291.
In dottrina gli studiosi si sono domandati se l’approccio della Corte all’applicazione extraterritoriale del diritto alla vita possa essere razionalmente limitato solo a tale diritto o se invece possa applicarsi anche ad altri diritti, come il diritto alla privacy. Ci si domanda se una persona sottoposta a un’operazione informatica
285 Carter c. Russia, cit supra nota 207, 61.
286 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
287Ibid, vedere anche Xxxxxxxx Xxxxxxxxx and Xxxxx Xxxxxx, “Guest Post: Turning Water into Wine - the Concealed Metamorphosis of the Effective Control Extraterritoriality Criterion in Carter v. Russia” in ECHR BLOG, November 9, 2021, xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/0000/00/xxxxx-xxxx-xxxxxxx-xxxxx-xxxx-xxxx.xxxx, vedere anche Human Rights Committee, General comment No. 36 (2018) on article 6 of the International Covenant on Civil and Political Rights, on the right to life, 30 October 2018.
288 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 129.
289 Tzeveleko Vassilis and Xxxxxx Xxxxx, “Guest Post: Turning Water into Wine - the Concealed Metamorphosis of the Effective Control Extraterritoriality Criterion in Carter v. Russia” in ECHR BLOG, November 9, 2021.
290 Ibid.
291 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 128.
extraterritoriale, che viola la sua privacy in un modo a cui non potrebbe sfuggirvi, così come Litvinenko non poteva sfuggire alla sottomissione del veleno da parte dei due agenti russi, avrebbe analoga tutela292.
Secondo Xxxxxxxxx, se portato alla sua logica conclusione, tale approccio si ridurrebbe al modello ibrido di giurisdizione da lui sostenuto – e precedentemente illustrato nella presente analisi – sulla base del quale il dovere negativo di rispettare i diritti umani si applicherebbe senza alcuna limitazione territoriale, poiché qualsiasi atto in grado di violare tale dovere sarebbe un esercizio di autorità, potere o controllo sulla vittima293. A differenza di come la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha dimostrato, Xxxxxxxxx sostiene che tale approccio dovrebbe applicarsi anche in tutte le situazioni di conflitto armato, in quanto non dovrebbe sussistere nessuna differenza tra vittime di avvelenamenti mirati su commissione di uno Stato, come nel caso Litvinenko, e vittime di bombardamenti di artiglieria o aerei, come nel caso Xxxxxxxx. Al contrario, però, nella sentenza Georgia c. Russia n.2 (richiamata anche in Carter c. Russia) tali “contexts of chaos” sono stati considerati al di fuori della giurisdizione statale.
Come evidenzia Xxxxxxxxx, la Camera che ha deciso il caso Xxxxxx si è impegnata in un atto piuttosto impressionante di sovversione giudiziaria strategica. L’idea di prossimità articolata in Georgia c. Russia n.2 è stata sfruttata nella massima misura possibile (almeno per quanto riguarda il diritto alla vita) in modo che la Convenzione copra tutti gli atti di uccisione extraterritoriale da parte di agenti statali, ad eccezione di quelli compiuti durante un conflitto armato internazionale. Ciò, tuttavia, non senza il rischio di arbitrarietà di tale argomentazione, che la rende meno sostenibile a lungo termine294.
4.2. Violazione procedurale dell’articolo 2: obbligo positivo di agire
L’articolo 2 della CEDU nella sua parte procedurale impone agli Stati contraenti il dovere positivo di indagare sulle condotte lesive dei diritti di cui all’articolo 1.
Il ragionamento della Camera sul dovere di indagine è relativamente semplice ed in linea con i precedenti casi Guzelyurtlu295, Georgia c. Russia n.2 e Hanan296, secondo l’orientamento di base che il dovere di investigare si applichi in presenza di “caratteristiche speciali” sebbene nebulosamente definite297.
In particolare, la Corte indica nell’indagine che la Russia assume di aver svolto sull’omicidio di Xxxxxxxxxx un elemento sufficiente ai fini dell’individuazione della giurisdizione (un approccio che la Corte di Xxxxx non ha ritenuto sempre del tutto appropriato) ai fini dell’applicazione dell’obbligo procedurale di cui all’articolo 2298.
292 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
293 Ibid.
294 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
295 App. no 36925/07, Güzelyurtlu and others v. Cyprus and Turkey, 29 gennaio 2019.
296 App. no 4871/16, Case of Hanan v. Germany, 16 febbraio 2021.
297 Carter c. Russia, cit supra nota 207, paras 131-132.
298 Carter c. Russia, cit supra nota 207, paras 133.
Sotto altro profilo i giudici di Strasburgo hanno valutato come essenziale anche la circostanza che, al loro ritorno in Russia, Xxxxxxx e Xxxxxx hanno goduto della protezione statale contro l’estradizione. Ciò non solo ha impedito alle autorità del Regno Unito di proseguire il procedimento penale avviato nei loro confronti, ma ha anche rappresentato una caratteristica speciale del caso, avendo in tal modo la resistente mantenuto una giurisdizione esclusiva su coloro che erano indagati di una grave violazione dei diritti umani.
4.3. Attribuzione e prove
La sentenza Xxxxxx x. Russia non solo è una rarità nella giurisprudenza internazionale in quanto distingue correttamente tra giurisdizione e attribuzione e articola correttamente il rapporto tra i due sulla base del modello personale di giurisdizione, ma altresì perché adotta e applica espressamente gli articoli del Progetto di Articoli sulla Responsabilità dello Stato della CDI, al fine di dimostrare che la condotta degli assassini era attribuibile alla Russia.
Come emerge dall’analisi di Xxxxxxxxx, la sentenza Xxxxxxxxxx rappresenta il primo caso in cui la Corte applica effettivamente l’articolo 8 del Progetto di articoli per quanto concerne l’attribuzione della condotta dei privati sulla base di istruzioni, direzione o controllo dello Stato299.
Detta disposizione infatti recita: “il comportamento di una persona o di un gruppo di persone sarà considerato un atto di uno Stato ai sensi del diritto internazionale se la persona o il gruppo di persone di fatto agiscono su istruzione, o sotto la direzione o il controllo di quello Stato nel porre in essere quel comportamento”300.
Facendo applicazione di tale norma la Corte che ha deciso il ricorso Xxxxxx ha affermato che, ove fosse esistita la possibilità di un’operazione canaglia, che non comportava la responsabilità della Russia, le informazioni necessarie per corroborare tale ipotesi potevano essere note solo alle autorità di questo Stato, che pure avevano affermato la giurisdizione esclusiva su Xxxxxxx e Xxxxxx invocando la protezione costituzionale contro l’estradizione.
In tal modo, quindi, l’onere della prova è stato trasferito alle autorità russe, che avevano il compito di svolgere le opportune indagini, al fine di determinare se il comportamento dei loro agenti fosse stato diretto o controllato da qualsiasi ente statale, ai sensi dell’articolo 8 del Progetto di articoli301. Tuttavia, il governo russo non ha compiuto alcun serio tentativo né di chiarire i fatti né di contrastare le conclusioni dalle autorità del Regno Unito, rifiutando anche di partecipare all’inchiesta pubblica inglese sulla morte di Xxxxxxxxxx.
Per di più, le autorità russe non avevano ottemperato agli obblighi di cui all’articolo 38 della Convenzione, opponendo un ingiustificato rifiuto a presentare una copia del materiale relativo all’inchiesta interna302.
299 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
300 Progetto di Articoli sulla Responsabilità dello Stato della Commissione del Diritto Internazionale, 2001, articolo 8.
301 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 166.
302 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 167.
La Corte, prendendo atto dell’incapacità della Russia di contrastare le prove del suo coinvolgimento, ha concluso dunque per la sua responsabilità, per essere stato Litvinenko avvelenato da Xxxxxxx e Xxxxxx in qualità di agenti statali russi303.
Secondo Xxxxxxxxx l’inversione dell’onere della prova in capo alla Russia evidenzia l’esasperazione della Corte, a causa dell’ostinato rifiuto da parte della stessa di accettare le risultanze dell’indagine indipendente guidata dal giudice britannico e dal suo contestuale rifiuto di offrire prove concrete a sostegno della propria tesi304.
È ipotizzabile che un altro Giudice internazionale, come la Corte Internazionale di Giustizia, posta ad esaminare lo stesso caso, avrebbe deciso diversamente anche sulla base delle medesime prove. Invero mentre la Corte europea dei diritti dell’uomo è chiamata a valutare dell’adempimento, da parte degli Stati contraenti, dell’obbligo positivo di indagine e di collaborazione che grava sugli stessi in base alle disposizioni della CEDU, tale obbligo non si applicherebbe necessariamente davanti ad altri organi giudiziari305.
In sostanza, secondo Xxxxxxxxx, la Camera non aveva alcuna inclinazione a essere caritatevole nei confronti della Russia, e tanto si evince dal fatto che l’indagine russa sull’omicidio di Xxxxxxxxxx è stata ritenuta inefficace dai giudici di Strasburgo306.
Per l’autore, le conclusioni cui perviene la Corte con riferimento all’attribuzione sono probabilmente più contestabili delle sue conclusioni sulle circostanze dell’uccisione di Xxxxxxxxxx o sull’efficacia degli sforzi investigativi della Russia. E dunque, a parere di Xxxxxxxxx, anche qualora la Corte avesse ritenuto l’assassinio non imputabile alla Russia, e dunque la mancata violazione della parte sostanziale dell’articolo 2 della CEDU, in ogni caso avrebbe ritenuto sussistere la violazione del suo arto procedurale307.
4.4. Conclusioni
La decisione Xxxxxx x. Russia è certamente notevole o, come la definisce Milanovic, audace. È particolarmente coraggiosa nel suo approccio all’extraterritorialità e nel minare fondamentalmente Xxxxxxxx senza nemmeno citarla, in quanto uno Stato membro della Convenzione è stato ritenuto responsabile dalla Corte di Strasburgo in una circostanza in cui questo non ha essenzialmente esercitato alcun controllo effettivo manifesto sul territorio.
La sentenza in oggetto potrebbe rappresentare, ove non divenga un arresto isolato, un allontanamento dalla precedente giurisprudenza del Corte, fondata sul controllo efficace, segnando una svolta verso la nozione di
303 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 169.
304 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
305 Ibid.
306 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269, vedere anche Xxxxxx x. Russia, cit supra nota 207, paras 141-148.
307 Xxxxx Xxxxxxxxx, cit supra nota 269.
“causa-effetto” come mezzo per salvaguardare l’efficacia della Convenzione sia come custode dei diritti umani che come garante della pace, stabilità e stato di diritto in Europa308.
Anche se alla fine ciò dovesse essere fatto solo per quanto riguarda alcuni dei più importanti diritti umani, come il diritto alla vita o il divieto di tortura, e non per quanto riguarda tutti i diritti della CEDU, questo sarebbe comunque un progresso309.
La causalità potrebbe infatti rappresentare il nuovo elemento centrale nella valutazione della responsabilità di uno Stato nei casi di violazioni extraterritoriali negative dei diritti umani, trasformando il “controllo effettivo” di Xxxxxxxx in un criterio privo di reale significato legato ad una giurisprudenza ormai superata310.
308 Carter c. Russia, cit supra nota 207, para 128.
309 Tzeveleko Vassilis and Xxxxxx Xxxxx, cit supra nota 289.
310 Ibid.
CONCLUSIONE
“Qualunque cosa sia mio diritto in quanto essere umano è anche un diritto degli altri; ed è mio dovere garantirlo così come averlo”311.
Ad oltre due secoli dalla pubblicazione dell’opera di Xxxxxx Xxxxx “Rights of Man” la giustificazione e la tutela dei diritti umani si pongono ancora come questioni centrali dell'attuale dibattito filosofico, giuridico e politico.
Il tema dell'universalità dei diritti umani attraversa la società civile, le scelte politiche e la giurisprudenza delle grandi Corti internazionali. Fuori da ogni idolatria, i diritti sono "una cassetta degli attrezzi contro l'oppressione" che gli attori individuali devono essere liberi di usare se lo ritengono opportuno all’interno del più ampio contesto delle credenze culturali e religiose in cui vivono312. I diritti umani conferiscono potere e danno voce a chi potere e voce non ha, esprimono il linguaggio mediante il quale si difende l'autonomia degli individui.
Ogni violazione dei diritti si nutre di violenza, sopraffazioni, distruzioni, abusi e morte, e la risposta a tali oltraggi richiede la ricerca di mezzi efficaci che devono sottostare ad un vincolo di coerenza, connesso proprio al rispetto generalizzato ed eguale dei diritti inalienabili.
Come è stato affermato nell’introduzione, il presente studio si proponeva di comprendere quando uno Stato, che influenza la vita di individui al di fuori dei suoi confini sovrani, deve loro obblighi ai sensi dei trattati sui diritti umani di cui è parte contraente.
Nel tentativo di offrire una risposta a tale interrogativo si è cercato di evidenziare come coerenza vuole che un individuo non possa essere assassinato impunemente, sia che ciò accada nell’ambito del territorio dello Stato a cui appartiene o di un territorio straniero, sia che accada nell’ambito di una operazione militare o di una operazione mirata.
Come affermato da Papa Xxxxxxxx Xxxxx XX nel suo discorso alle Nazioni Unite del 1995, “fu proprio la barbarie registrata nei confronti della dignità umana che portò l'Organizzazione delle Nazioni Unite a formulare, appena tre anni dopo la sua costituzione, quella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo che resta una delle più alte espressioni della coscienza umana nel nostro tempo. In Asia ed in Africa, in America, in Oceania ed in Europa, è a questa Dichiarazione che uomini e donne convinti e coraggiosi si sono richiamati per dare forza alle rivendicazioni di una più intensa partecipazione alla vita della società”313.
Non può immaginarsi che tali affermazioni restino mere enunciazioni astratte ed in tal senso si è evidenziato il valore giuridico della più importante creazione del Consiglio di Europa, ovvero la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e del suo meccanismo di garanzia, la Corte europea dei diritti dell’uomo.
311 Xxxxxx Xxxxx, I Diritti Dell'uomo (Roma: Editori Riuniti, 1978).
312 Xxxxxxxxxxx Xxxxxxx, “Diritti Umani: Quale Universalità?”, Jura Gentium - Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale, 2005, xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/xxxxxxxx/xx/xxxxxxx.xxx.
313 “Discorso Di Sua Santità Papa Xxxxxxxx Xxxxx XX Alla Cinquantesima Assemblea Generale Delle Nazioni Unite,” xxxxx://xxx.xxxxxx.xx/_xxxxxx/xxxx/Xxxxxx/00/xxxxx.XXX.
Il percorso giurisprudenziale della Corte di Strasburgo, sebbene non sempre lineare e coerente, come evidenziato dall’autorevole dottrina richiamata, si è mosso nella direzione della maggior tutela dei diritti umani attraverso in particolare l’applicazione extraterritoriale della CEDU.
Il primo arresto significativo in materia è stato Loizidou c. Turchia, in cui il punto di riferimento della Corte nel determinare l'esercizio della giurisdizione extraterritoriale fondava sul controllo effettivo della Turchia sul territorio della parte settentrionale di Cipro. Nella sentenza della Corte resa nella causa interstatale Cipro c. Turchia è stata poi gettata ulteriore luce sulla nozione della giurisdizione come controllo effettivo su un territorio, essendo in essa sostenuto che la responsabilità della Turchia non poteva essere limitata agli atti dei propri soldati in tale area, ma che doveva essere assunta anche in virtù degli atti dell'amministrazione locale che sopravvive con il sostegno delle forze armate turche.
Successivamente Xxxxxxxx ha marcato un mutamento nell’approccio sostenuto dai giudici di Strasburgo. La Grande Camera, nel ritenere il ricorso inammissibile, per un verso ha affermato il carattere eccezionale della giurisdizione extraterritoriale, per altro ha delimitato i requisiti sostanziali dell’esercizio di poteri pubblici quale presupposto di giurisdizione, per infine limitarne ulteriormente l’applicazione in base al concetto di spazio giuridico della Convenzione.
Quest’ultimo argomento viene invece abbandonato nella sentenza Xxxx, nella quale la Cote ha ritenuto che la CEDU trovasse applicazione al di fuori dei territori degli Stati contraenti, in ragione della loro condotta extraterritoriale.
Infine, nella celebre sentenza Al-Xxxxxx la Corte ha affrontato la questione giurisdizione in termini di “authority and control over persons”, sebbene anche in tale arresto l’esercizio dei poteri pubblici da parte del Regno Unito è riemersa come una condizione preliminare per l’applicazione del modello personale di giurisdizione, come aveva concluso la Grande Camera in Xxxxxxxx.
In tale prospettiva, la nota sentenza Xxxxxx c. Russia rappresenta non solo un punto di arrivo nell’interpretazione ed applicazione dell’articolo 2 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo ma ancor più, a modesto avviso di chi scrive, l’affermazione della necessità di garantire effettivamente e concretamente l’universalità dei diritti umani e dunque, come si legge nel testo della decisione, “the effectiveness of the Convention both as a guardian of human rights and as a guarantor of peace, stability and the rule of law in Europe”314.
314App. no. 20914/07, Xxxxxx x. Russia, 21 settembre 2021, para 128.
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GIURISPRUDENZA
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Camera dei Lord – Parlamento inglese
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Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite
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General comment no. 31 [80], The nature of the general legal obligation imposed on States Parties to the Covenant, commento generale del Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, 26 maggio 2004.
General comment No. 36 (2018) on article 6 of the International Covenant on Civil and Political Rights, on the right to life, commento generale del Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, 30 ottobre 2018.
Commissione del Diritto Internazionale
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Commissione Europea dei Diritti Dell’uomo
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Xxxxx v. Italy, sentenza della Commissione europea dei diritti dell’uomo, 7 ottobre 1980.
Xxxx v. The United Kingdom, sentenza della Commissione europea dei diritti dell’uomo, 28 maggio 1975. Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx v. France, sentenza della Commissione europea dei diritti dell’uomo, 24 giugno 1996.
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Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
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Xxxxxxxx and Others v. Belgium and Others, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 12 dicembre 2001.
Bosphorus Hava Yollari Turizm ve Ticaret Anonim Sirketi v. Ireland, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 20 giugno 2005.
Xxxxxx v. Russia, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 21 settembre 2021.
Xxxxx and others v. Moldovaand Russia, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 19 ottobre 2012.
Cyprus v. Turkey, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 10 maggio 2001.
Xxxxx and Xxxxxxxx v. France and Spain, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 26 giugno 1992.
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Fabris e Parziale c. Italia, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 19 marzo 2020.
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Güzelyurtlu and others v. Cyprus and Turkey, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 29 gennaio 2019.
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Xxxxxx and Others v the Republic of Moldova and Russia, sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 8 luglio 2004.
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Corte Internazionale di Giustizia
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Corte Permanente di Giustizia Internazionale
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England and Wales High Court
Xx-Xxxxxxx & Others and Secretary of State for Defence, sentenza dell’Alta corte di giustizia, 17 marzo 2015.
ARBITRATI INTERNAZIONALI
Island of Palmas Case (or Miangas), United States v Netherlands, Award, lodo arbitrale del 4 aprile 1928.
ACCORDI INTERNAZIONALI
Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, New York, 10 dicembre 1984.
Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, Vienna, 23 maggio 1969. Convenzione europea di assistenza sociale et medica, Parigi, 11 dicembre 1953. Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, Roma, 4 novembre 1950.
Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, Parigi, 20 dicembre 2006.
Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, New York, 21 dicembre 1965.
Convenzione sui diritti dell’infanzia, New York, 20 novembre 1989
Patto internazionale sui diritti civili e politici, New York, 16 dicembre 1966.
Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, New York, 16 dicembre 1966.
FONTI PREVISTE DA ACCORDI
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Parigi, 10 dicembre 1948.
Secondo Protocollo facoltativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici sull'abolizione della pena di morte, 15 dicembre 1989.
Statuto del Consiglio d’Europa, 5 maggio 1949.
Protocollo Opzionale relativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici, 16 dicembre 1966.
NORMATIVE
Costituzione della Federazione russa, 1993.
RISOLUZIONI
UN General Assembly, Resolution 3314 (1974).
UN Security Council, Resolution 1546 (2004).
UN Economic and Social Council, Resolution 65 (1989).