Inadempimento e risarcimento nel contratto preliminare:
Inadempimento e risarcimento nel contratto preliminare:
il ‘‘danno da risoluzione’’ alla prova
di Xxxxxx Xxxxxxxxx*
SOMMARIO: 1. L’inadempimento del contratto preliminare: un difficile banco di prova per il risarcimento del danno. - 2. Contratto preliminare e ‘‘danno da risoluzione’’: la determinazione dell’interesse positivo. - 3. Segue: l’applicazione giurisprudenziale del criterio della prevedibilita`. Il risarcimento del danno domandato contestualmente all’adempimento. - 4. Rapporti con l’azione di adempimento: il mutamento della doman- da e la compensatio lucri cum damno. - 5. Il risarcimento del danno e la ritenzione della caparra confirma- toria: due rimedi non cumulabili, ne´ sovrapponibili. - 6. Il godimento dell’immobile anticipatamente conse- gnato: risarcimento o restituzione? - 7. Il risarcimento delle spese sostenute tra interesse positivo e interesse negativo. - 8. Nel campo dell’interesse negativo: le opportunita` di guadagno trascurate dal contraente deluso.
1. L’inadempimento del contratto preliminare: un difficile banco di prova per il risarcimento del danno.
Nel diritto applicato, il contratto preliminare costi- tuisce una sorta di ‘‘laboratorio’’ dei rimedi che reagi- scono all’inadempimento. Da uno sguardo d’insieme sulla giurisprudenza, risulta evidente che una percen- tuale elevata delle sentenze che risolvono liti provoca- te dall’inadempimento interessano contratti prelimina- ri. La rilevanza della figura risulta confermata anche sotto il profilo qualitativo: le pronunce delle sezioni unite che contribuiscono in modo piu` rilevante a de- lineare il regime dei rimedi contro l’inadempimento definiscono controversie relative a contratti prelimina- ri 1.
Se si considera che nella sua variante piu` diffusa il
preliminare prefigura la conclusione di un contratto di compravendita immobiliare, le ragioni sono facilmente intuibili. L’attuazione del contratto, o all’opposto, la sua risoluzione, possono avere un impatto molto signi- ficativo sulla sfera patrimoniale e personale delle parti. Siccome il contratto si presta ad essere eseguito in forma specifica (art. 2932 cod. civ.), la controversia non si concentra sulla determinazione di un quantum in denaro da destinare alla vittima dell’inadempimen-
to, ma investe l’attuazione del rapporto o il suo scio- glimento. La rilevanza economica della lite e` conside- revole, e sovente il contratto non intercorre tra due imprenditori: se dunque l’entita` degli interessi in gioco stimola il contenzioso, in questo ambito non sono ap- prezzabilmente diffuse quelle modalita` alternative di risoluzione delle controversie che trovano la piu` ampia applicazione nel campo degli scambi commerciali.
Un dato risulta, poi, immediatamente evidente. In relazione al preliminare di vendita immobiliare il bi- nomio risoluzione-risarcimento subisce la concorrenza di altri rimedi, che - sebbene esperibili anche in rela- zione ad altri rapporti contrattuali - ricevono solo su questo terreno un’applicazione statisticamente signifi- cativa. Si allude all’adempimento coattivo - che com- porta, in questo campo, l’esercizio di un’azione costi- tutiva (art. 2932 cod. civ.) - e alla ritenzione della caparra confirmatoria (art. 1385 cod. civ.).
Non mancano riscontri comparatistici. Anche in si- stemi giuridici alquanto diversi dal nostro, come quelli anglosassoni, l’azione di adempimento viene esercitata piu` di frequente in relazione ai contratti di compraven- dita immobiliare: questi ultimi sono sovrapponibili al preliminare in quanto producono esclusivamente effet- ti obbligatori, mentre il trasferimento del diritto e` su-
* Contributo pubblicato in base a referee.
1 Cfr. Xxxx., sez. un., 11.4.2014, n. 8510, in questa Rivista, 2014, I, 1001, con nota di Xxxxxx, La cassazione torna sui suoi passi (ma fino ad un certo punto): l’ammissibilita` della domanda risarcitoria e il limite dei fatti sopravvenuti; Cass., sez. un., 14.1.2009, n. 553, pubblicata in tutte le principali riviste giuridiche, tra cui Contratti, 2009, 779, con nota di
Xxxxxxx, Caparra confirmatoria e rimedi per la parte non inadempiente; Cass., sez. un., 6.6.1997, n. 5086, in Corr. giur., 1997, 768, con nota di Xxxxxxx, Il creditore puo` rifiutare il tardivo adempimento?; Cass., sez. un., 9.7.1997, n. 6224, in Giust. civ., 1998, I, 825, con nota di Picar- di, Rifiuto dell’adempimento tardivo e risoluzione del contratto.
bordinato al compimento di un atto ulteriore (con- veyance). Ebbene, se ordinariamente l’adempimento coattivo (specific performance) e` subordinato alla circo- stanza che il risarcimento del danno sia inidoneo a tutelare efficacemente gli interessi del creditore e viene accordato dal giudice sulla base di una valutazione discrezionale, in relazione ai contratti di compravendi- ta immobiliare il contraente fedele gode di una piena legittimazione ad agire. Sebbene non manchino opi- nioni dottrinali 2 e pronunce giurisprudenziali 3 orien- tate in senso contrario, il trasferimento coattivo del diritto viene accordato sulla base di una valutazione tipica: non occorre verificare l’inadeguatezza del risar- cimento a tutelare gli interessi dell’attore, essendo suf- ficiente che l’azione di adempimento da lui esercitata abbia ad oggetto un contratto che prefigura il trasferi- mento di diritti reali immobiliari 4.
Un piu` frequente ricorso alla tutela in forma speci- fica nel campo della contrattazione immobiliare si os- serva anche nel diritto tedesco. In base al § 894 del codice di rito (ZPO), se il debitore si rifiuta di rendere una dichiarazione negoziale qual e` quella necessaria per il trasferimento di un diritto il creditore puo` ottenere la pronuncia di una sentenza che una volta passata in giudicato produce gli effetti della dichiarazione. Come si osserva in relazione all’art. 2932 cod. civ., la dispo- sizione e` formulata in termini generali, ma risulta ap- plicata con la maggior frequenza nel campo della con- trattazione immobiliare, dove consente all’acquirente di ottenere il trasferimento coattivo del bene rifiutato dal proprietario 5.
D’altra parte, e` ampiamente diffusa in tutti i sistemi giuridici occidentali la prassi di accompagnare alla conclusione del contratto la consegna di una somma di denaro che il proprietario, nonche´ promittente alie- nante dell’immobile, deve imputare al prezzo nel caso di regolare esecuzione e puo` invece ritenere qualora la controparte risulti inadempiente (caparra; arrhes; Draufgabe; deposit o earnest money). Come risulta da una rigorosa ricostruzione comparatistica, il regime giu- ridico della figura presenta, accanto ad un nucleo co- mune, significative differenze, e le difficolta` del con-
fronto sono incrementate dalla varieta` della termino- logia riscontrabile all’interno dei sistemi presi in con- siderazione 6; non si puo` negare, tuttavia, che la facolta` di ritenere la somma ricevuta all’atto della conclusione del contratto si configuri nella pratica come un’efficace alternativa all’azione di risarcimento.
La concorrenza con altri rimedi assecondata dalla legge e riscontrabile nella prassi si giustifica in consi- derazione del fatto che il risarcimento del danno deri- vante dall’inadempimento del preliminare di vendita immobiliare e`, spesso, di difficile determinazione. Per valutare l’interesse positivo - al quale e` commisurato, secondo l’opinione prevalente, il risarcimento del dan- no derivante dall’inadempimento - occorre determina- re il valore dell’immobile promesso in vendita. Questa operazione, tuttavia, risulta difficile. Ogni immobile si distingue dagli altri per ubicazione e caratteristiche, sicche´ spesso non e` possibile identificarne con sicurezza il valore commerciale, o valore di scambio: siccome in relazione ad immobili analoghi a quello che costituisce oggetto del preliminare non si riscontra un flusso in- tenso di contrattazioni, il giudice al quale e` rivolta la domanda di risarcimento non dispone di informazioni sicure sulla base delle quali determinare con certezza il valore del bene. Accade spesso, infatti, che un immo- bile offerto in vendita ad un prezzo individuato sulla base di una stima attendibile venga poi effettivamente alienato per un corrispettivo significativamente diver- so; il mercato sul quale viene proiettata l’offerta e` li- mitato in considerazione della collocazione dell’immo- bile e delle sue peculiari caratteristiche, sicche´ da esso non possono ricavarsi informazioni sufficienti ad iden- tificare con assoluta certezza il valore di scambio del bene.
Ancora piu` difficile appare determinare il valore d’u- so dell’immobile promesso in vendita. Se il promissario acquirente intende adibirlo ad uso residenziale, occorre valutare in quale misura le caratteristiche peculiari di quell’immobile - non riscontrabili, per ipotesi, in altri disponibili sul mercato - possano contribuire ad appa- gare le sue esigenze personali e relazionali. La valuta- zione e` parimenti difficile se l’uso programmato e` di
2 Cfr. J.S. Xxxxxx, Appraising a Presumption: a Modern Look at the Doctrine of Specific Performance in Real Estate Contracts, 47 WM L. R., 697 (2005).
3 V., a titolo esemplificativo, la sentenza Supreme Court of Ca- nada, Xxxxxxxxx v. Paramadevan, [1996] 2 S. C. R. 415, e le sentenze dei giudizi di grado inferiore citate in motivazione. Nella giurisprudenza statunitense, cfr. Idaho Supreme Court, Xxxxxx x. Xxxxxxxxxx, 1966, 90 Idaho 288; 410 P.2d 434.
4 Per il diritto statunitense, cfr. X. Xxxxxxx, Specific Performance Versus Damages for Breach of Contract: an Economic Analysis, 84 Texas
L. Rev., 831, 858 (2006); X. Xxxxxxxxxx, Contracts, 4th ed., Aspen, 2004, 749; Id., Specific Relief in American Law, in E´tudes offertes a` Xxxxxxx Xxxxxxx, L.G.D.J., 2001, 336; Xxxxxxxx and Xxxxxxx, On
contracts, 5th ed., Thomson-West, 2003, 636; X. Xxxxxxx, The Death of the Irreparable Injury Rule, 103 Harv. L. Rev., 687, 703 (1989-1990);
X. Xxxxx, Contract Enforcement: Specific Performance and Injunctions, Little Brown & Co., 1989, 260; X. Xxxxxxx, Specific Performance, 45
U. Chi. L. Rev., 351, 355 (1977-1978); X. Xxxxxxxx, The Case for Specific Performance, 89 Yale L. J., 271, 272 (1979); X. Xxxxxxxxx, On Contracts, 3rd ed., 11, Xxxxx, Xxxxxxx&Xx., 1968, § 1418 A, 664 ss.;
A.L. Xxxxxx, On Contracts, 5 A, West, 1964, § 1143, 126 ss. Per il diritto inglese v., a titolo esemplificativo, G.H. Xxxxxxx, The Law of Contract, 12th ed., Xxxxx&Xxxxxxx, 2007, 1102; Id., Specific Perfor- mance and Injunction, in Chitty on Contracts, 29th ed., I, 1524; D. Har- ris-X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxx, Xxxxxxxx xx Xxxxxxxx xxx Xxxx, 0xx ed., Xxxxxxxxxxxx, 2002, 175 s.
5 Cfr. Chianale, Obbligazione di dare e trasferimento della proprieta`, Xxxxxxx`, 1990, 137.
6 Cfr. Xxxxxxx, Remedies for Breach of Contract. A Comparative Ac- count, Oxford University Press, 1989, 234 ss.
carattere imprenditoriale: occorre infatti considerare quale specifico contributo puo` essere offerto dall’im- mobile promesso in vendita al buon andamento del- l’attivita` imprenditoriale.
Oltre al concorso con altre forme di tutela, la diffi- colta` di valutare con certezza il valore dell’immobile produce un effetto interno al rimedio risarcitorio. In giurisprudenza vengono adottati criteri di quantifica- zione del risarcimento che prescindono dalla determi- nazione di tale valore e risultano invece incentrati sui comportamenti tenuti dal contraente fedele confidan- do nell’attuazione del rapporto. Il risarcimento doman- dato contestualmente alla risoluzione del preliminare viene cos`ı determinato sulla base di voci riconducibili all’interesse negativo, quali sono le spese sostenute e le opportunita` trascurate confidando nella regolare attua- zione dello scambio. In estrema sintesi, stante la diffi- colta` di determinare con certezza il valore dell’immo- bile e il conseguente interesse positivo, la giurispruden- za mostra significative aperture verso il risarcimento di pregiudizi riconducibili all’interesse negativo.
In questa sede verra` svolta un’analisi critica dei cri-
xxxx adottati dalla giurisprudenza per determinare il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento del contratto preliminare. Il tema non e` molto esplo- rato in dottrina, e la giurisprudenza appare instabile. In primo luogo, verra` analizzato l’orientamento interpre- tativo prevalente, in base al quale il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento del preliminare deve essere commisurato all’interesse positivo non solo quando la parte fedele esige l’adempimento (art. 2932 cod. civ.), ma anche quando chiede la risoluzione: ad un sintetico cenno al dibattito dottrinale relativo alla determinazione del ‘‘danno da risoluzione’’ seguira` l’a- nalisi dei criteri operativi che presiedono alla determi- nazione dell’interesse positivo (§§ 2, 3). Verranno poi esaminati i rapporti tra il risarcimento del danno deri- vante dall’inadempimento del preliminare e gli altri rimedi: l’azione di adempimento (§ 4), la caparra con- firmatoria (§ 5), le restituzioni conseguenti alla risolu- zione per inadempimento (§ 6). Infine, si prenderanno in considerazione i criteri di determinazione del risar- cimento riconducibili all’area dell’interesse negativo
per valutarne la compatibilita` con la fisionomia del rimedio: si allude alle spese sostenute dalla parte fedele (§ 7) e alle opportunita` alternative da lei trascurate a causa dell’affidamento nell’attuazione del rapporto (§ 8).
2. Contratto preliminare e ‘‘danno da risoluzione’’: la determinazione dell’interesse positivo.
In base alla giurisprudenza prevalente, il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento del prelimi- nare e` commisurato all’interesse positivo: la parte fe- dele merita di essere collocata nella situazione in cui si sarebbe trovata se il contratto fosse stato esattamente eseguito tanto se chiede l’adempimento, quanto se op- ta per la risoluzione. L’orientamento e` in linea con l’opinione prevalente in dottrina, secondo la quale il danno conseguente alla risoluzione del contratto e` commisurato all’interesse positivo 7. Quando a seguito di una grave alterazione del sinallagma (art. 1455 cod. civ.) la parte delusa invoca la risoluzione, il risarcimen- to deve collocarla nella situazione in cui si sarebbe trovata se lo scambio fosse stato regolarmente attuato. Xxxxxxx assume a riferimento il contratto effettiva- mente stipulato, il risarcimento cos`ı determinato ali- menta la fiducia degli operatori economici creando un clima favorevole allo svolgimento della contrattazione, mentre se fosse commisurato agli affari alternativi tra- scurati dalla vittima dell’inadempimento il fondamen- to probatorio del rimedio sarebbe alquanto precario. Riproducendo la situazione che si sarebbe verificata se il contratto fosse stato esattamente eseguito, inoltre, il risarcimento dell’interesse positivo premia e incenti- va le iniziative economiche opportune ed induce il debitore a commisurare il suo impegno al valore che la prestazione assume nella prospettiva del creditore 8. Secondo una diversa opinione, il danno conseguente alla risoluzione si identifica con l’interesse negativo, sicche´ il risarcimento accordato alla parte fedele do- vrebbe collocarla nella situazione in cui si sarebbe tro- vata se non avesse (avviato la trattativa, e) concluso il contratto 9. In quest’ottica, siccome la risoluzione eli- mina gli effetti del contratto la parte che la invoca
7 V., a titolo esemplificativo, Xxxxxxxxx, Il contratto: inadempimen- to e rimedi, Xxxxxxx`, 2010, 83 ss.; Id., Interesse positivo e interesse negativo nella risoluzione del contratto per inadempimento, in Riv. dir. civ., 2002, I, 637 ss.; Xxxxx, danno e risarcimento contrattuale, nel Trattato del con- tratto, diretto da Roppo, V, Xxxxxx, 2, Xxxxxxx`, 2006, 933 ss.; Belfio- re, Risoluzione per inadempimento e obbligazioni restitutorie, negli Scritti in onore di X. Xxxxxxx, II, Xxxxxxx`, 1988, 313 s.; De Cupis, Il danno. Teoria generale della responsabilita` civile, 3a ed., I, Xxxxxxx`, 1979, 346 ss.; Au- letta, La risoluzione per inadempimento, Xxxxxxx`, 1942, 142 s.; Xxxxxx- xx xx., Risoluzione per inadempimento: retroattivita` e risarcimento del dan- no, in Riv. dir. civ., 1935, 30 s. Con specifico riferimento al contratto preliminare, cfr. Xxxxxxx, Il contratto preliminare, nel Trattato Bessone, IX, 2, Xxxxxxxxxxxx, 1998, 124 s.
8 Sintetizziamo qui le argomentazioni di Trimarchi, Il contratto:
inadempimento e rimedi, cit., 83 ss.; Id., Interesse positivo e interesse ne- gativo, cit., 637 ss.
9 Cfr. Xxxxxxxxx, Il danno da risoluzione, Jovene, 2013, passim, spec. 113 ss., 263 ss.; Id., Risoluzione del contratto e risarcimento dell’in- teresse negativo, in Eur. e dir. priv., 2010, 785 ss.; Xxxxxxx, La tutela risarcitoria nella risoluzione, in Giur. it., 1985, I, 369 ss.; Bigiavi, Irre- troattivita` della risoluzione per inadempimento, in Riv. dir. comm., 1934, 702, nt. 1; Xxxxxxxxxx, Sul risarcimento del danno in caso di risoluzione del contratto bilaterale per inadempimento, in Riv. dir. comm., 1923, II,
330. Ritiene che il contraente deluso sia legittimato a scegliere tra risarcimento dell’interesse positivo e risarcimento dell’interesse negati- vo Luminoso, in Luminoso-Xxxxxxxxx-Xxxxxxxx, Della risoluzio- ne per inadempimento, nel Commentario Scialoja-Branca, Zanichelli-Foro it., 1990, sub artt. 1453-1454, 352 ss.
manifesta il proprio disinteresse per l’attuazione dello scambio: non puo` dunque pretendere di essere collo- cata nella situazione che si sarebbe verificata se il si- nallagma fosse stato attuato (interesse positivo), ma solo di essere ricondotta alla condizione in cui si sa- rebbe trovata se non avesse concluso il contratto (in- teresse negativo). La scelta di rinunciare all’attuazione del contratto e di chiederne invece la risoluzione non esprimerebbe solo la volonta` di sciogliere il rapporto con la parte inadempiente - rivelatasi inaffidabile - ma anche il disinteresse per l’operazione economica ogget- tivamente considerata. Il risarcimento, dunque, do- vrebbe collocare la parte fedele nella situazione in cui si sarebbe trovata se l’operazione economica per cui ha perso interesse non fosse mai stata programmata. L’argomentazione viene ribadita con particolare riferi- mento al preliminare, che si presta ad essere eseguito in forma specifica piu` facilmente di altri contratti (art. 2932 cod. civ.): su questo terreno, dunque, la scelta della risoluzione denoterebbe in modo particolarmente evidente il disinteresse per la prestazione promessa 10.
E` da ritenere preferibile la tesi prevalente, in base
alla quale il risarcimento del danno conseguente alla risoluzione si identifica con l’interesse positivo; oltre a trovare piena giustificazione nelle considerazioni gia` ricordate 11, essa e` in sintonia con la funzione svolta dal rimedio risolutorio nel contesto di una economia di mercato. La parte che a seguito di una grave alterazio- ne del sinallagma (art. 1455 cod. civ.) si orienta verso la risoluzione non manifesta alcun disinteresse per la prestazione attesa, ne´ per l’attuazione dell’operazione economica programmata con la conclusione del con- tratto: intende invece riacquistare la liberta` di tornare sul mercato per procurarsi una prestazione equivalente mediante la conclusione di un contratto sostitutivo. Come e` evidente, grazie alla risoluzione e alla conclu- sione di un contratto sostitutivo la vittima dell’ina- dempimento puo` procurarsi la prestazione attesa - e realizzare, cos`ı, un’operazione economica equivalente a quella programmata - in tempi molto piu` rapidi di quelli necessari per ottenere l’esecuzione in forma spe- cifica. Se dunque la scelta della risoluzione non espri- me alcun disinteresse per la prestazione attesa ne´ per l’attuazione dell’operazione economica programmata,
il risarcimento del danno che consegue all’applicazione del rimedio deve collocare la parte fedele nella situa- zione in cui si sarebbe trovata se il contratto fosse stato esattamente eseguito. Quando il contraente deluso, tornato sul mercato a seguito della risoluzione, puo` ottenere una prestazione equivalente a condizioni me- no favorevoli rispetto a quelle previste nel contratto inattuato, il risarcimento del danno deve allora com- pensare tale differenza: il riferimento al valore di mer- cato della prestazione risulta pienamente coerente con la funzione del rimedio risolutorio.
Opportunamente, dunque, la giurisprudenza prevalen- te identifica con l’interesse positivo il danno conseguen- te alla risoluzione del preliminare. Secondo un criterio che viene riproposto con formulazioni standardizzate, se e` inadempiente il promittente alienante il risarcimento del danno subito dal promissario acquirente si determi- na nella misura della differenza tra il valore di mercato del bene (per ipotesi, superiore) e il prezzo pattuito al momento della notificazione della domanda di risolu- zione 12; se invece lo scioglimento del contratto e` impu- tabile al promissario acquirente, il risarcimento dovuto al promittente alienante si identifica con la differenza tra il prezzo pattuito e il valore di mercato dell’immobile (per ipotesi, inferiore), sempre con riferimento al mo- mento in cui viene proposta la domanda di risoluzio- ne 13. Il risarcimento del danno dovuto alla parte fedele compensa, dunque, la differenza tra le condizioni pat- tuite nel contratto e quelle, per ipotesi meno favorevoli, che possono essere negoziate sul mercato mediante la conclusione di un contratto sostitutivo.
Ai fini del calcolo della differenza, il prezzo non
pagato deve essere rivalutato dal momento della con- clusione del contratto a quello della domanda di riso- luzione: il promissario acquirente, infatti, ha infatti conservato la disponibilita` della somma, che ha potuto destinare ad un uso economicamente produttivo 14. La differenza tra valore di mercato e prezzo (o tra prezzo e valore di mercato) - determinata con riferimento al momento della domanda di risoluzione - deve essere poi rivalutata alla data in cui viene pronunciata la sentenza che liquida il risarcimento 15.
Il momento rilevante ai fini della valutazione del dan- no e` quello della notificazione della domanda di risolu-
10 Cfr. Xxxxxxxx, Inadempimento e danno nel contratto preliminare, in Riv. dir. priv., 2007, 535 ss.; Xxxxxxxx, Xxx danni conseguenti alla risoluzione del contratto preliminare, in Giust. civ., 1993, I, 2967.
11 V., supra, nt. 8 e testo corrispondente.
12 Cfr. Cass., 11.11.2015, n. 22979, in Rep. Foro it., 2015, voce
«Contratto in genere», n. 300; Cass., 30.8.2012, n. 14714, in Rep. Foro it., 2012, voce «Contratto in genere», n. 532; Cass., 28.7.2010, n. 17688, in Contratti, 2011, 136, con nota di Xxxxxxxxxxx, Esecuzione in forma specifica e offerta di adempimento della controprestazione; Cass., 10.10.2008, n. 25016, in Rep. Foro it., 2008, voce «Contratto in ge- nere», n. 444; Cass., 30.1.2007, n. 1956, in Contratti, 2007, 875, con nota di Cavajoni, Prevedibilita` del danno e tempo di esecuzione dell’ob- bligazione; Cass., 29.11.2004, n. 22384, in Rep. Foro it., 2004, voce
«Contratto in genere», n. 515; Cass., 17.11.2003, n. 17340, in Giust. civ., 2004, I, 1305; Cass., 7.2.1998, n. 1298, in Rep. Foro it., 1998,
voce «Contratto in genere», n. 522; Cass., 22.2.1997, n. 1641, ivi, 1997, voce «Contratto in genere», n. 457; Cass., sez. un., 25.7.1994,
n. 6938, in Rep. Foro it., 1994, voce «Contratto in genere», n. 394.
13 Cass., 27.10.2003, n. 16091, in Danno e resp., 2004, 855, con nota di Xxxxx, Inadempimento del contratto preliminare e prevedibilita` del danno risarcibile; Cass., 1º.12.1983, n. 7199, in Giur. it., 1984, I, 1, 1453.
14 Cfr. Cass., 28.7.2010, n. 17688, cit.; Cass., 7.2.1998, n. 1298,
cit.; Cass., sez. un., 25.7.1994, n. 6938, cit.
15 Cfr. Cass., 30.8.2012, n. 14714, cit.; Cass., 28.7.2010, n. 17688,
cit.; Cass., 17.11.2003, n. 17340, cit.; Cass., 22.2.1997, n. 1641, cit.
zione perche´ a decorrere da essa l’inadempimento risulta definitivo. Il debitore convenuto in giudizio non puo` evitare lo scioglimento del contratto eseguendo la pre- stazione nel corso del processo (art. 1453, comma 3º, cod. civ.), sicche´ a seguito della notificazione della do- manda il creditore puo` ritenersi libero dal rapporto al- terato. Siccome da questo momento egli puo` tornare sul mercato e concludere un contratto sostitutivo, il valore di scambio dell’immobile funzionale alla quantificazione del risarcimento viene determinato in relazione ad esso; se invece indugia, e a seguito della notificazione della domanda non conclude un nuovo contratto, non puo` addebitare alla controparte le variazioni del valore di mercato dell’immobile verificatesi successivamente. Co- s`ı, se - stante l’inadempimento del promittente alienan- te - il promissario acquirente lo conviene in giudizio chiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno, non puo` pretendere di essere compensato per l’aumento del valore dell’immobile verificatosi a seguito della notificazione della domanda, quando avrebbe po- tuto tornare sul mercato ed acquistare un bene equiva- lente a quello atteso.
In sintonia con la giustificazione indicata, quando
l’inadempimento risulta definitivo e irreparabile in un momento anteriore a quello della notificazione del- la domanda, il risarcimento del danno merita di essere determinato in relazione ad esso. Se dunque il promit- tente alienante vende il bene a terzi, che trascrivono il loro acquisto nei registri immobiliari, il valore dell’im- mobile funzionale alla quantificazione del risarcimento viene determinato con riferimento alla data della tra- scrizione 16. Dopo che la stessa e` stata effettuata, risulta evidente che il trasferimento dell’immobile promesso in vendita non puo` essere effettuato, sicche´ non esiste alternativa alla risoluzione. Il promissario acquirente, dunque, puo` immediatamente tornare sul mercato ed acquistare un immobile equivalente a quello dedotto ad oggetto del preliminare inattuato.
Le regole qui sintetizzate sono razionali e perfetta- mente coerenti con la funzione svolta dal rimedio ri- solutorio in una economia di mercato. Rischiano tut- tavia di confliggere con il principio della riparazione integrale del danno 17 quando a causa della condotta della parte inadempiente quella fedele non e` in condi- zione di concludere un contratto sostitutivo. Si pensi all’ipotesi in cui il promissario acquirente abbia pagato un cospicuo acconto del quale anche a seguito della notificazione della domanda di risoluzione il promit- tente alienante rifiuta la restituzione, o alla situazione
in cui il promissario acquirente abbia ricevuto la con- segna anticipata dell’immobile del quale rifiuta la re- stituzione anche dopo essere stato convenuto in giudi- zio per la risoluzione del contratto. Tanto la mancata restituzione dell’acconto ricevuto dal promittente alie- nante, quanto la perdurante detenzione dell’immobile rimasto nella disponibilita` del promissario acquirente possono precludere, di fatto, la conclusione di un con- tratto equivalente a quello inattuato: non sarebbe cor- retto, allora, che l’incremento del valore dell’immobile verificatosi successivamente alla domanda di risoluzio- ne restasse a carico del promissario acquirente, ne´ che il decremento del valore dell’immobile prodottosi po- steriormente alla notificazione della medesima doman- da restasse a carico del promittente alienante. Al ve- rificarsi di queste condizioni, il risarcimento del danno dovuto alla parte fedele merita di essere determinato con riferimento al momento in cui viene pronunciata la sentenza o a quello, anteriore, in cui le condizioni necessarie per la conclusione di un contatto sostitutivo si sono realizzate: si pensi all’ipotesi in cui nel corso del giudizio il promittente alienante abbia restituito l’ac- conto, o il promissario acquirente abbia riconsegnato l’immobile.
3. Segue: l’applicazione giurisprudenziale del criterio della prevedibilita`. Il risarcimento del danno doman- dato contestualmente all’adempimento.
In giurisprudenza, si riscontrano pronunce che avva- lorano un’interpretazione correttiva del criterio della prevedibilita`, riferendo la valutazione prevista dalla legge non al momento in cui sorge l’obbligazione (art. 1225 cod. civ.), ma al tempo dell’inadempimen- to 18. Il promittente alienante che viola volontaria- mente il contratto trasferendo il bene a terzi sarebbe tenuto a risarcire il danno imprevedibile nel momento in cui sorge l’obbligazione, ma non il danno impreve- dibile quando si rende definitivamente inadempiente: se per ipotesi a seguito dell’inadempimento l’immobile e` interessato da un imprevedibile incremento di valore, il promittente alienante non sarebbe obbligato a corri- sponderlo al promissario acquirente a titolo di risarci- mento del danno. L’orientamento trova riscontro in una tesi dottrinale autorevole in base alla quale se il debitore si rende volontariamente inadempiente per contrarre con terzi a condizioni piu` favorevoli di quelle pattuite il criterio della prevedibilita` va riferito al mo- mento dell’inadempimento 19.
16 Cfr. Cass., 10.10.2008, n. 25016, cit.
17 Su cui x. Xxxxxx, Il principio della riparazione integrale dei danni, in
Contr. e impr., 1998, 1144.
18 Cfr. Cass., 30.1.2007, n. 1956, cit.; Cass., 21.5.1993, n. 5778, in
Giust. civ., 1993, I, 2963, con nota di Xxxxxxxx, Xxx danni conseguenti alla risoluzione del contratto preliminare.
19 A tale conclusione pervengono, sia pure sulla base di diversi ar- gomenti, Xx Xxxxxx, Prevedibilita` del danno e inadempimento doloso, Xxxxxxx`, 1999, 206 s., 210 ss.; Xxxxxxxxx, Causalita` giuridica e danno, in Visintini (a cura di), Risarcimento del danno contrattuale ed extra- contrattuale, Xxxxxxx`, 1984, 6 s.
Si ricava cos`ı dal testo dell’art. 1225 cod. civ. una norma incompatibile con il suo tenore letterale: la valutazione della prevedibilita` del danno, che secondo il dettato codicistico deve essere condotta in relazione al tempo in cui sorge l’obbligazione, viene posticipata al momento dell’inadempimento. A nostro avviso, in- vece, non mancano argomenti per escludere senz’altro l’applicazione del limite della prevedibilita`, in sintonia con una lettura dell’art. 1225 cod. civ. aderente al dato letterale. La condotta del promittente alienante che trasferisce il bene a terzi o si rende comunque inadem- piente - rifiutando il consenso alla stipulazione del definitivo - deve considerarsi dolosa, sicche´ il risarci- mento del danno dovuto al promissario acquirente si estende a quello imprevedibile tanto al momento della conclusione del contratto, quanto al tempo del verifi- carsi dell’inadempimento.
Una diversa soluzione darebbe luogo ad una disparita` di trattamento tra le parti, introducendo un fattore di squilibrio nel rapporto. Accettando l’offerta piu` van- taggiosa del terzo o rifiutando comunque la prestazione del consenso, il promittente alienante approfitta di circostanze sopravvenute alla conclusione del contrat- to per conseguire un lucro. Il promissario acquirente, che al contratto e` rimasto fedele, non potrebbe invece giovarsi di un fattore sopravvenuto quale sarebbe un incremento del valore dell’immobile imprevedibile nel momento in cui la controparte si rende inadempiente: per acquistare un immobile equivalente a quello voluto dovrebbe, anzi, pagare un corrispettivo che non viene integralmente compensato dal risarcimento. Se dun- que il promittente alienante sceglie di non adempiere, deve assumere il relativo rischio: le opportunita` di guadagno delineatesi dopo la stipulazione del prelimi- nare possono essere colte solo accettando l’eventualita` di dover compensare la controparte per l’imprevedibile incremento di valore del bene.
Nella fattispecie, d’altra parte, non sussistono le con- dizioni che giustificano in termini generali l’applicazio- ne del limite della prevedibilita`. La regola espressa dal- l’art. 1225 cod. civ. induce il creditore a comunicare al debitore le circostanze, relative alla sua sfera personale ed organizzativa, in virtu` delle quali la prestazione rive- ste per lui un particolare valore. Grazie alle informazioni acquisite, il debitore e` posto in condizione di adeguare al valore della prestazione le misure adottate per adem-
piere esattamente l’obbligazione, imputando al creditore i relativi costi tramite una variazione del corrispettivo ordinariamente preteso 20. Il limite della prevedibilita` consente, dunque, di adeguare il corrispettivo preteso al valore della prestazione, ricavabile dalle informazioni fornite dal creditore, mentre in assenza di esso il debi- tore si vedrebbe costretto ad ammortizzare il risarcimen- to del danno conseguente al proprio inadempimento esigendo un corrispettivo piu` elevato da tutti i propri creditori (id est, clienti), ivi compresi quelli per i quali la prestazione non assume affatto un peculiare valore.
Come e` evidente, tale giustificazione non si attaglia all’inadempimento del contratto preliminare. Il promit- tente alienante, infatti, non deve adottare precauzioni adeguate al valore che la prestazione assume per la con- troparte, ne´ sostenere i relativi costi: e` sufficiente che presti il proprio consenso alla conclusione del definiti- vo, accordando il trasferimento del diritto. Se invece si rende inadempiente sulla base di una valutazione di opportunita` diversa da quella compiuta contestualmen- te alla conclusione del contratto, non puo` pretendere di essere protetto dal limite della prevedibilita` 21.
D’altra parte, non mancano pronunce che corretta- mente riferiscono la valutazione al momento in cui e` sorta l’obbligazione inadempiuta, sicche´ l’applicazione del criterio risulta funzionale a favorire l’eliminazione delle asimmetrie informative tra creditore e debitore. Viene cos`ı escluso il risarcimento del danno impreve- dibile subito dal promittente alienante di cosa altrui, che sulla base di un accordo intercorrente con il pro- prietario e` obbligato a ritrasferirgli l’immobile a seguito della scadenza del termine pattuito per la conclusione del definitivo: una circostanza, questa, che all’atto del- la conclusione del preliminare non era stata portata a conoscenza del promissario acquirente 22. Si ammette, invece, la risarcibilita` del danno subito dal promittente alienante, che a seguito del mancato pagamento del corrispettivo aveva subito una procedura esecutiva, sicche´ il bene promesso era stato venduto all’asta per un prezzo inferiore al suo valore di mercato: nella fatti- specie, il rischio di insolvenza e la destinazione del prezzo al pagamento dei creditori erano stati portati a conoscenza del promissario acquirente 23.
Quando il contraente fedele non opta per la risolu-
zione del preliminare, ma ne esige l’adempimento (art. 2932 cod. civ.), il risarcimento del danno compensa il
20 E` questa la giustificazione offerta dalla dottrina piu` accreditata: v., pur con accenti diversi, Trimarchi, Il contratto: inadempimento e rime- di, cit., 172 ss.; Id., Causalita` giuridica e danno, in Visintini (a cura di), Risarcimento del danno, cit., 5 ss.; Id., Sul significato economico dei criteri di responsabilita` contrattuale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1970, 520; Id., Xxxxxxxxx` e danno, Xxxxxxx`, 1967, 99 s.; Xxxxx, Xxxxx e risarcimento contrattuale, cit., 927 ss.; Xx Xxxxxx, Prevedibilita` del danno e inadempi- mento doloso, cit., 184 s.; Xxxxxxxx, Responsabilita` contrattuale ed extra- contrattuale, in La resp. civile, a cura di Xxxx e Xxxxxxx, nella Giuri- sprudenza Bigiavi, Agg. 1988-1996, I, Utet, 1997, 131; Id., Il danno
evitabile. La misura della responsabilita` tra diligenza ed efficienza, Cedam, 1990, 22 ss.; Breccia, Le obbligazioni, nel Trattato Iudica-Zatti, Xxxxxxx`, 1991, 644.
21 Per un’argomentazione meno sommaria v., volendo, Xxxxxxxxx, Inadempimento e risarcimento nei contratti di scambio, Xxxxxxxxxxxx, 2013, 531 ss.
22 Cfr. Cass., 18.9.2012, n. 15639, in Rep. Foro it., 2012, voce
«Contratto in genere», n. 531.
23 Cfr. Cass., 27.10.2003, n. 16091, cit.
ritardo con cui avviene il trasferimento del diritto o il pagamento del corrispettivo. Anche in questa ipotesi, naturalmente, il risarcimento compensa l’interesse po- sitivo: e` risarcibile solo il pregiudizio derivante dall’i- nadempimento, e non quello conseguente a comporta- menti che sarebbero stati ugualmente tenuti se il con- tratto fosse stato esattamente eseguito. Si esclude, dun- que, che il promissario acquirente possa ottenere a titolo di risarcimento del danno il pregiudizio derivan- te dal pagamento anticipato del corrispettivo espressa- mente previsto dal contratto preliminare 24.
D’altra parte, quando viene chiesta l’esecuzione in forma specifica (art. 2932 cod. civ.) l’inadempiente ri- sponde anche del pregiudizio subito dalla parte fedele successivamente alla notificazione della domanda 25. La soluzione, che si differenzia da quella riscontrata in re- lazione al danno da risoluzione, e` pienamente condivi- sibile: con la domanda volta ad ottenere l’adempimento del contratto preliminare l’attore sollecita la conclusio- ne del definitivo, sicche´ il convenuto e` obbligato a compensare le conseguenze del proprio inadempimento che si producono nel corso del giudizio.
Se durante il processo il convenuto conclude il con- tratto definitivo, il risarcimento compensa le conse- guenze del ritardo intercorrente tra la scadenza del termine previsto nel preliminare e la data in cui il definitivo viene effettivamente stipulato 26. Quando invece il convenuto resta inadempiente, il ritardo che assume rilevanza in ordine alla determinazione del risarcimento intercorre tra la scadenza del termine previsto nel preliminare e il momento in cui la sen- tenza costitutiva passa in giudicato 27: il criterio e` coe- rente con l’orientamento giurisprudenziale, recente- mente confermato dalle sezioni unite, che esclude la provvisoria esecutivita` della sentenza costitutiva pro- nunciata ex art. 2932 cod. civ. tanto in relazione al trasferimento del diritto quanto in ordine alla condan- na avente ad oggetto il pagamento del prezzo 28.
4. Rapporti con l’azione di adempimento: il muta- mento della domanda e la compensatio lucri cum damno.
Quando il contratto e` interessato da un inadempi- mento di non scarsa importanza, al creditore e` rimessa
la scelta tra l’adempimento e la risoluzione, salvo in ogni caso il risarcimento del danno (art. 1453 cod. civ.). Come si e` ricordato, se la risoluzione e` doman- data dal promissario acquirente il risarcimento del dan- no e` commisurato alla differenza tra il valore di mer- cato dell’immobile e il corrispettivo pattuito, determi- nata con riferimento al momento della notificazione della domanda 29. Quando a seguito della conclusione del contratto il valore dell’immobile aumenta, la cir- costanza che il promissario acquirente potesse appro- priarsi di esso tramite l’esecuzione in forma specifica (art. 2932 cod. civ.), ed abbia invece optato per la risoluzione, non giustifica una limitazione del risarci- mento. Come si osserva in giurisprudenza, infatti, al verificarsi di un inadempimento grave egli e` legittima- to a scegliere tra l’adempimento e la risoluzione del contratto: la seconda opzione non comporta affatto una limitazione della tutela risarcitoria in quanto e` giustificata dall’inadempimento grave del promittente alienante, il quale, d’altra parte, conserva la proprieta` dell’immobile interessato dall’incremento di valore 30. Sempre in relazione a una controversia generata da un contratto preliminare, le sezioni unite hanno recen- temente chiarito che il creditore puo` domandare il risarcimento del danno contestualmente al mutamento dell’azione di adempimento in quella di risoluzione (art. 1453, comma 2º, cod. civ.): lo ius variandi previ- sto dalla legge risulterebbe altrimenti vanificato, in quanto il creditore esercita l’azione di risoluzione pro- prio allo scopo di ottenere la restituzione delle presta- zioni eseguite e il risarcimento del danno che consegue
allo scioglimento del rapporto 31.
Ora, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato il promissario acquirente che in un primo momento ha esercitato nei confronti del promittente alienante l’azione di adempimento (art. 2932 cod. civ.) ‘‘puo` domandare nel corso del processo il risarcimento del danno senza chiedere contestualmente la risoluzione del contratto’’, come pure sarebbe legittimato a fare in base all’art. 1453, comma 2º, cod. civ. 32 La domanda di risarcimento proposta nel corso del processo non viene ritenuta inammissibile, in quanto nuova (artt. 187, comma 6º; 345 cod. proc. civ.), in considerazione del fatto che tra i due rimedi sussiste una relazione di
24 Cfr. Cass., 3.5.2001, n. 6207, in Rep. Foro it., 2001, voce «Ven-
dita», n. 35.
25 Cfr. Cass., 29.11.2004, n. 22384, in Rep. Foro it., 2004, voce
«Contratto in genere», n. 515.
26 Cfr. Cass., 3.5.2001, n. 6207, cit.
27 In questo senso Cass., 21.1.2000, n. 641, in Rep. Foro it., 2000, voce «Contratto in genere», n. 529.
28 Cfr. Cass., 12.6.2015, n. 12236, in Rep. Foro it., 2015, voce
«Contratto in genere», n. 339; Cass., sez. un., 22.2.2010, n. 4059, in Foro it., 2010, I, 2082 ed in Riv. dir. proc., 2011, 171, con nota di Xxxxxxx, Un passo indietro nella direzione della tutela giurisdizionale ef- fettiva: la condanna accessoria ad una pronuncia costitutiva non e` provvi-
soriamente esecutiva; Cass., 6.4.2009, n. 8250, in Rep. Foro it., 2009, voce «Contratto in genere», n. 402.
29 V., supra, § 2.
30 Cfr. Cass., 28.7.1992, n. 9043, in Rep. Foro it., 1992, voce «Con- tratto in genere», n. 358.
31 Cfr. Xxxx., sez. un., 11.4.2014, n. 8510, cit.
32 Cfr. Cass., 28.7.2010, n. 17688, in Contratti, 2011, 136; Cass., 28.7.2005, n. 15883, in Rep. Foro it., 2005, voce «Procedimento civi- le», n. 200; Cass., 22.2.2001, n. 2613, in Foro it., 2001, I, 2244; Cass.,
17.9.1970, n. 1511, in Rep. Giur. it., 1970, voce «Appello civile», n. 141; Cass., 24.10.1968, n. 3441, in Mass. Giur. it., 1968; T.A.R.
Lombardia, 18.4.2013, n. 365, per esteso in Pluris.
accessorieta`: si afferma, infatti, che il risarcimento co- stituisce un surrogato legale dell’adempimento doman- dato con l’atto di citazione, sicche´ l’oggetto della prima azione deve ritenersi compreso in quello della seconda. Viene cos`ı elaborata per via interpretativa una nuo- va figura di ius variandi, che non si identifica con quel- lo espressamente prevista dalla legge: il promissario acquirente che in prima battuta ha preteso l’esecuzione in forma specifica del preliminare puo` domandare il risarcimento nel corso del processo senza chiedere con- testualmente la risoluzione. Grazie a un’interpretazione elastica delle norme processuali, in definitiva, si favo- risce il transito dalla tutela in forma specifica alla tutela per equivalente: quando la prima risulta evidentemen- te impraticabile, la seconda puo` essere attivata nel corso del giudizio anche se il promissario acquirente
non ha domandato la risoluzione.
Si vuole cos`ı favorire, in primo luogo, l’adattamento del processo alle circostanze sopravvenute ed evitare di sanzionare in modo del tutto sproporzionato la condot- ta processuale dell’attore. Talvolta, il promissario ac- quirente viene a sapere nel corso del giudizio che l’im- mobile atteso e` stato alienato a terzi o radicalmente trasformato: se allora - anziche´ chiedere la risoluzione in esercizio dello ius variandi previsto dalla legge (art. 1453, comma 2º, cod. civ.) - domanda senz’altro il risarcimento del danno, il giudice ritiene ammissibile la seconda azione per evitare di porre a suo carico l’onere di intraprendere un nuovo processo. Sebbene proposta disgiuntamente dall’azione di risoluzione, la domanda di risarcimento e` fondata nel merito, sicche´ un’eventuale pronuncia di rigetto avrebbe il solo effet- to di sanzionare la condotta processuale dell’attore, che anziche´ esercitare lo ius variandi previsto dalla legge ha chiesto senz’altro il risarcimento. D’altra parte, la con- danna a risarcire il danno ha conseguenze sovrapponi- bili a quelle che deriverebbero dal binomio risoluzione- risarcimento: al promissario acquirente e` comunque dovuta una somma di denaro, che quando il risarci- mento viene domandato separatamente dalla risoluzio- ne comprendera` anche gli acconti da lui anticipati, altrimenti dovutigli quale oggetto di un’obbligazione restitutoria.
In qualche caso, tuttavia, il mutamento della doman-
da di adempimento in quella di risarcimento si giusti- fica in considerazione del fatto che il promissario ac- quirente ha un interesse meritevole di tutela a non conseguire la risoluzione del contratto. Si allude, in
particolare, al contratto preliminare di vendita misto a permuta, che vede il promissario acquirente di una porzione di edificio trasferire al promittente alienante, nonche´ costruttore, la proprieta` del terreno sul quale l’immobile e` destinato ad essere edificato 33. Se il pro- mittente alienante-costruttore non trasferisce la pro- prieta` della porzione di fabbricato promessa, il promis- sario acquirente ha un interesse meritevole di tutela a non conseguire la risoluzione, ma solo il risarcimento del danno. Per effetto della risoluzione, infatti, acqui- sirebbe nuovamente la proprieta` del terreno e dell’edi- ficio sovrastante: sarebbe dunque tenuto a compensare l’opera del costruttore in base alla disciplina dell’acces- sione (art. 936 cod. civ.) e a sostenere costi assai rile- vanti per l’amministrazione del bene e l’alienazione di quella porzione di esso che eccede le sue reali esigenze. La valutazione dei costi di gestione e di transazione conseguenti alla risoluzione appare difficile, anche per- che´ non e` possibile prevedere con sicurezza per quanto tempo il promissario acquirente dovra` sostenerli; il co- struttore, d’altra parte, appare essere in una posizione migliore di quella della controparte per gestire l’immo- bile e ricollocare sul mercato le unita` abitative che lo compongono. Se dunque il costruttore convenuto in giudizio con un’azione di adempimento non trasferisce la porzione dell’immobile promessa, sembra opportuno riconoscere al promissario acquirente (in un primo tempo, alienante del terreno) la legittimazione a do- mandare il risarcimento del danno disgiuntamente dal- la risoluzione. L’applicazione del solo rimedio risarci- torio risponde a un interesse meritevole di tutela ed appare giustificato sul piano oggettivo, in quanto lo scenario conseguente alla risoluzione non appare au- spicabile, ne´ le conseguenze del rimedio risultano de- terminabili con un accettabile grado di precisione.
E` da valutare, ancora, come debba essere quantifica-
to il risarcimento del danno quando a causa della ri- soluzione il promissario acquirente ottiene un lucro che non avrebbe conseguito se il contratto fosse stato attuato. Se si ritiene che il risarcimento debba limitarsi a riprodurre la situazione che si sarebbe verificata qua- lora il promissario acquirente avesse esercitato con suc- cesso l’azione di adempimento, senza considerare gli altri effetti della risoluzione, dall’interesse positivo - quantificato sulla base della differenza tra il valore di mercato dell’immobile ed il prezzo pattuito - non deve essere detratto il lucro conseguito grazie allo sciogli- mento del rapporto. Se invece si pensa che il risarci-
33 Cfr., in senso favorevole al mutamento della domanda, Cass., 28.7.2005, n. 15883, cit. Diversamente orientata Cass., 14.3.2013,
n. 6545, per esteso in Pluris: dopo aver preteso in prima battuta, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., il trasferimento coattivo dell’edificio pro- messo, nel corso del giudizio il proprietario del terreno chiede in via subordinata la condanna generica del costruttore al risarcimento del danno derivante dall’inadempimento senza domandare contestualmen-
te la risoluzione del contratto; la subordinata con cui viene chiesta la condanna generica a risarcire il danno viene dichiarata inammissibile in quanto nuova: il giudice osserva che essa non risulta ancorata all’e- sercizio dello ius variandi previsto dalla legge - non avendo l’attore chiesto la risoluzione del contratto - ed afferma che la domanda di adempimento puo` essere convertita in quella di risoluzione, ma non in quella di risarcimento.
mento debba compensare le conseguenze pregiudizie- voli dell’inadempimento, ma anche considerare le con- seguenze favorevoli verificatesi a seguito della risolu- zione, dall’interesse positivo deve essere detratto il lu- cro conseguito dal promissario acquirente (compensatio lucri cum damno): quest’ultimo, altrimenti, verrebbe collocato in una posizione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il contratto fosse stato esattamente eseguito.
Si orienta nel primo senso una sentenza della Corte Suprema canadese 34 che ha avuto grande risonanza nei sistemi di common law 35. Stante l’inadempimento del proprietario, che rifiuta il trasferimento, il promissario acquirente di un edificio destinato a scopo residenziale domanda l’adempimento del contratto, per poi orien- tarsi nel corso del processo verso (la risoluzione) e il risarcimento del danno. Come spesso accade, al mo- mento della conclusione del contratto egli intende reperire le risorse necessarie per pagare il corrispettivo vendendo un altro immobile di cui e` proprietario; a seguito del rifiuto di accordare il trasferimento opposto dalla controparte, tuttavia, egli sceglie di continuare a risiedere in tale immobile e di conservarne la proprieta`. L’edificio promesso e non trasferito acquisisce, nel tempo, un valore commerciale superiore al prezzo pat- tuito; tuttavia, anche il valore dell’immobile di cui l’attore decide di conservare la proprieta` a seguito del- l’inadempimento del convenuto aumenta sensibilmen-
te. E` da valutare, allora, se l’incremento di valore del-
l’immobile di cui il promissario acquirente ha conser- vato la proprieta` debba essere dedotto dal risarcimento del danno.
Confermando la sentenza di secondo grado, la Su- prema Corte canadese esclude che tale incremento di valore debba essere dedotto dal quantum risarcibile. Si ritiene, infatti, che il risarcimento del danno debba riprodurre la situazione che si sarebbe verificata qualo- ra fosse stata esercitata con successo l’azione di adem- pimento: in tal caso il promissario acquirente avrebbe ottenuto il trasferimento coattivo di un edificio il cui valore e` divenuto superiore al prezzo pattuito e, nello stesso tempo, avrebbe conservato la proprieta` di un secondo immobile parimenti interessato da un incre- mento di valore.
Nell’economia dell’argomentazione, peraltro assai la- conica, il rimedio specifico (adempimento coattivo) sembra esercitare una potente forza di attrazione sul
rimedio per equivalente (risarcimento del danno). La soluzione, tuttavia, non puo` essere condivisa, in quan- to appare incompatibile con la fisionomia dell’opera- zione economica programmata dalle parti. Nel mo- mento in cui il contratto viene concluso, il promissario acquirente non dispone del denaro necessario per pa- gare il prezzo, che puo` conseguire solo vendendo l’im- mobile nel quale attualmente risiede. Quando il pro- prietario rifiuta il trasferimento, egli chiede in un pri- mo momento l’esecuzione in forma specifica; si orien- ta, poi, verso (la risoluzione e) il risarcimento del dan- no, decidendo contestualmente di conservare la pro- prieta` dell’immobile in cui risiede. Come e` evidente, la scelta di rinunciare all’adempimento - che avrebbe comportato il contestuale pagamento del prezzo - ed optare per (la risoluzione e) il risarcimento del danno e` conseguente alla decisione di conservare la proprieta` della residenza attuale. Scegliendo di non venderla, egli rinuncia a disporre del denaro necessario per pa- gare il prezzo e a conseguire, dunque, il trasferimento coattivo del diritto: di qui la scelta di optare per (la risoluzione e) il risarcimento. Il danno da risoluzione non puo` riflettere la situazione che si sarebbe verificata qualora il contratto fosse stato coattivamente attuato proprio perche´ l’attore ha scelto di non realizzare i presupposti dell’esecuzione in forma specifica e di op- tare, invece, per lo scioglimento del rapporto; la som- ma dovuta deve essere invece determinata tenendo conto di tutte le conseguenze che la risoluzione produ- ce sulla sfera della parte fedele - ivi comprese quelle favorevoli - sicche´ dal quantum risarcibile deve essere detratto l’incremento di valore dell’immobile.
Va dunque condivisa la diversa soluzione adottata dalla Cassazione italiana in relazione a un caso che presenta forti analogie con quello appena considera- to 36. Il promittente alienante, nonche´ costruttore del- l’immobile, si rende definitivamente inadempiente vendendo a terzi il terreno e il fabbricato che costitui- scono oggetto del preliminare. Il promissario acquiren- te, che ha pagato solo un modesto acconto, acquista allora un altro terreno sul quale fa costruire da un appaltatore una villetta monofamiliare: il prezzo non pagato al promittente alienante in conseguenza della risoluzione viene dunque destinato a tale investimen- to. Ora, siccome risultano aumentati tanto il valore dell’immobile atteso e non trasferito, quanto il valore dell’edificio successivamente realizzato, la Supr. Corte
34 Supreme Court of Canada, Xxxxxxxxx v. Paramadevan, [1996] 2 S. C. R. 415, cit.
35 La rilevanza della sentenza e` segnalata da X. Xxxxx, Understanding Specific Performance, in Comparative Remedies for Breach of Contract, ed. by X. Xxxxx xxx X. Xxxxxxxxxx, Xxxx, 0000, 228 s. A commento del caso, cfr. X. Xxxx, Against Supercompensation: A Proposed Limitation on the Land Buyer’s Right To Elect Between Damages and Specific Perfor- mance as a Remedy for Breach of Contract, 35 Xxx. U. Chi. L.J. 555, 559
s. (2004); O.V. Da Xxxxx, The Supreme Court of Canada’s Lost Oppor- tunity: Semelhago x. Xxxxxxxxxxx, 00 Queen’s L.J. 475 (1998); D.H. Xxxxx, ‘‘Will That Be Performance ... Or Cash?’’: Semelhago v. Para- madevan and the Notion of Equivalence, 37 Alta. L. Rev. 589 (1999). Nella dottrina italiana, cfr. Xxxxxxxxx, Inadempimento del contratto e risarcimento del danno, Xxxxxxx`, 2012, 133 s.
36 Cfr. Cass., 10.9.1991, n. 9485, in Giur. it., 1992, I, 1, 1082.
ritiene che il danno subito dal promissario acquirente debba essere commisurato alla differenza tra il pregiu- dizio e il lucro conseguenti alla risoluzione, in applica- zione del principio della compensatio lucri cum xxxxx. L’incremento di valore dell’immobile realizzato a segui- to della risoluzione del contratto deve essere detratto dal risarcimento del danno positivo; in termini piu` precisi e analitici, dalla differenza tra il valore dell’im- mobile atteso e il prezzo pattuito nel contesto del pre- liminare inattuato (danno positivo) occorre dedurre la differenza tra il valore acquisito dall’immobile succes- sivamente realizzato e il prezzo che remunera il suo acquisto (lucro conseguito).
5. Il risarcimento del danno e la ritenzione della ca- parra confirmatoria: due rimedi non cumulabili, ne´ sovrapponibili.
Sul rapporto tra il risarcimento del danno conse- guente alla risoluzione del contratto preliminare e la caparra confirmatoria si registra un’importante pro- nuncia delle sezioni unite 37, seguita sul punto specifico dalla giurisprudenza posteriore 38. Dal tenore dell’art. 1385 cod. civ., confrontato con la disciplina della clau- sola penale (art. 1382 cod. civ.), si desume che la caparra confirmatoria non costituisce la misura minima del danno risarcibile, sicche´ il risarcimento domandato contestualmente alla risoluzione puo` non essere accor- dato o essere liquidato in misura inferiore a quella della caparra. L’oggetto della domanda con cui viene chiesto l’accertamento del diritto di ritenere la caparra o la condanna della controparte a pagarne il doppio non puo` dunque ritenersi compreso in quello della doman- da di risarcimento. Ne consegue che quando il con- traente deluso chiede con l’atto di citazione la risolu- zione e il risarcimento del danno, non e` legittimato a domandare in sede di gravame o nel corso del giudizio di primo grado l’accertamento della ritenzione della caparra o la condanna della controparte a pagarne il doppio: la relativa azione deve ritenersi inammissibile in quanto nuova (artt. 187, comma 6º; 345 cod. proc. civ.).
La soluzione viene argomentata dalle sezioni unite sotto il profilo esegetico (artt. 1385, 1382 cod. civ.) e in relazione alla dinamica processuale. Se la parte fedele potesse ripiegare nel xxxxx xxx xxxxxxxx xxxxx xxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxx, xxxxxxx indotta a domandare con frequenza la risoluzione e il risarcimento del danno per tentare di conseguire una somma piu` elevata, ras- sicurata dalla possibilita` di mutare la domanda. Il con-
venuto, d’altra parte, potrebbe scegliere di contestare la fondatezza dell’azione di risarcimento dimostrando l’assenza del danno per poi scoprire che l’eccezione sollevata risulta inutile, in quanto l’attore si e` succes- sivamente orientato verso la ritenzione della caparra.
In altra sede, pur condividendo l’argomentazione adottata dalla Supr. Corte sul punto specifico, e` stata proposta una giustificazione alternativa, incentrata sul- le differenze di carattere funzionale che intercorrono tra risarcimento e caparra 39.
Il risarcimento del danno da risoluzione compensa le conseguenze dello scioglimento del contratto - a sua volta, causato dall’inadempimento - ed e` commisurato all’interesse positivo: il rimedio tende a collocare la parte fedele nella situazione in cui si sarebbe trovata se lo scambio fosse stato attuato. La caparra confirma- toria, invece, remunera la perdita delle opportunita` alternative alle quali le parti rinunciano quando accet- tano di vincolarsi concludendo il contratto prelimina- re: essa compensa, dunque, l’interesse negativo del contraente deluso, ed in particolare quella sua compo- nente che si identifica con gli affari trascurati a causa dell’affidamento riposto nell’attuazione del contratto.
Il risarcimento del danno puo` essere ottenuto solo a seguito dell’inadempimento, in quanto compensa il pregiudizio che ne deriva riportando la parte fedele alla condizione in cui si sarebbe trovata se il contratto fosse stato esattamente eseguito. La caparra confirmatoria viene invece consegnata contestualmente alla conclu- sione del contratto, in quanto compensa un affidamen- to attuale. Scegliendo di obbligarsi, le parti rinunciano alle opportunita` alternative che possono configurarsi contestualmente o successivamente alla conclusione del contratto: se il loro affidamento e` ben riposto, in quanto la controparte risulta adempiente, la caparra viene restituita o imputata alla prestazione dovuta; se invece viene deluso dall’inadempimento grave della controparte, viene compensato tramite la ritenzione della caparra o la corresponsione del suo doppio (art. 1385 cod. civ.).
Il contrente deluso, dunque, e` chiamato ad effettuare una scelta tra due rimedi che proteggono interessi di- versi. Xxx` decidere di chiedere il risarcimento del dan- no derivante dall’inadempimento, e dal conseguente scioglimento del rapporto, oppure scegliere di ritenere la caparra che remunera l’affidamento da lui riposto nell’attuazione del contratto e la conseguente rinuncia a cogliere opportunita` alternative ad esso. La vittima dell’inadempimento, invece, non puo` pretendere di ottenere il risarcimento del danno conseguente all’ina-
37 Cass., sez. un., 14.1.2009, n. 553, cit.
38 Cfr. Cass., 30.11.2015, n. 24337, per esteso in De Jure; Cass., 20.10.2015, n. 21926, in Guida al dir., 2016, fasc. 1, 73; Cass.,
15.10.2014, n. 21854, ivi, 2015, 6, 64; Cass., 17.12.2013, n. 28204,
per esteso in De Jure; Cass., 6.3.2012, n. 3474, in Riv. notar., 2013,
402; Cass., 27.5.2010, n. 13000, in Riv. dir. proc., 2011, 955.
39 V., xxxxxxx, Xxxxxxxxx, Inadempimento e affidamento del con- traente deluso: una riflessione su risarcimento e caparra, in Riv. dir. priv., 2013, 232 ss.
dempimento (che la colloca nella situazione in cui si sarebbe trovata se il contratto fosse stato attuato), e, insieme, di ritenere la caparra confirmatoria (che com- pensando il suo affidamento tende a ricondurla alla situazione in cui si sarebbe trovata se non avesse con- cluso il contratto ed avesse conservato la possibilita` di approfittare di affari alternativi): si tratta, evidente- mente, di due pretese incompatibili, perche´ la prima risulta incentrata sul danno conseguente alla mancata attuazione del rapporto (interesse positivo), mentre la seconda assume a riferimento la situazione che si sa- rebbe verificata se il contratto non fosse stato concluso (interesse negativo). Xxxx perche´ se opta per il risarci- mento del danno, che compensa la lesione dell’inte- resse positivo, il contraente deluso deve accettare il rischio di ottenere una somma inferiore alla caparra confirmatoria, che liquida convenzionalmente la com- ponente piu` rilevante dell’interesse negativo.
La ricostruzione effettuata sul piano sostanziale proietta la sua luce sullo scenario processuale, dove devono ritenersi inammissibili condotte finalizzate a realizzare una sovrapposizione tra i due rimedi. Come si e` anticipato, il contraente deluso non puo` chiedere l’accertamento del diritto di recedere e ritenere la ca- parra ricevuta (esigere il doppio di quella data) dopo aver domandato la risoluzione e il risarcimento del danno: il mutamento della domanda, infatti, gli con- sentirebbe di ripiegare sulla caparra dopo aver speri- mentato la difficolta` di provare il danno conseguente allo scioglimento del rapporto 40. Deve parimenti escludersi che egli sia legittimato a chiedere l’accerta- mento del diritto di recedere e ritenere la caparra (esi- gerne il doppio) in via alternativa o subordinata rispet- to alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno 41. In dottrina, peraltro, si propone una soluzio- ne che recepisce l’alternativita` tra i due rimedi, ma la differisce ad una fase piu` avanzata dell’iter processuale: l’attore potrebbe proporre le due domande in via cu- mulativa o subordinata con l’atto di citazione, ma do- vrebbe sciogliere l’alternativa entro la prima udienza di trattazione o al piu` tardi entro l’udienza di precisazione delle conclusioni 42.
Quando l’immobile e` stato consegnato al promissario
acquirente, che non paga il corrispettivo dovuto, e` da valutare se il promittente alienante possa cumulare la ritenzione della caparra confirmatoria con la restituzio- ne del valore di godimento. La soluzione affermativa
adottata da una sentenza di legittimita` merita di essere condivisa, perche´ non comporta una duplicazione di poste risarcitorie 43. La caparra confirmatoria ritenuta dal promittente alienante compensa la perdita di op- portunita` alternative a quella rappresentata dal preli- minare inattuato, ma non i vantaggi ricavabili dalla detenzione del bene anticipatamente consegnato alla controparte; puo` dunque essere cumulata con la resti- tuzione del valore di godimento dell’immobile, che la Supr. Corte identifica, a nostro avviso impropriamen- te, con il risarcimento del «danno derivante dall’illegitti- ma occupazione». Si, tratta, invece, di una prestazione dovuta al promittente alienante quale oggetto di un’obbligazione restitutoria: come tale, gli spetterebbe anche se egli fosse la parte inadempiente e il promis- xxxxx acquirente fosse legittimato a recedere ed esigere il pagamento del doppio della caparra.
6. Il godimento dell’immobile anticipatamente conse- gnato: risarcimento o restituzione?
Il problema considerato al termine del paragrafo pre- cedente si ripropone quando, come avviene piu` di fre- quente, il promittente alienante che ha consegnato anticipatamente l’immobile domanda la risoluzione del contratto. Alcune sentenze ritengono che - stante l’inadempimento del promissario acquirente, dedotto a fondamento della domanda di risoluzione - l’equiva- lente pecuniario dell’occupazione dell’immobile pro- trattasi dal momento della consegna a quello della risoluzione debba essere attribuito al promittente alie- nante a titolo di risarcimento del danno 44. Siccome non deriva dall’inadempimento, ma consegue al com- portamento tenuto dalla parte fedele in attuazione del contratto preliminare, il «danno da illegittima occupazio- ne» sarebbe riconducibile all’interesse negativo: si af- ferma infatti espressamente che esso contribuisce a collocare il promittente alienante nella situazione preesistente alla conclusione del contratto 45. Si ag- giunge, poi, che si tratterebbe di un «danno in re ipsa», risarcibile a prescindere da una sua concreta dimostra- zione 46.
Secondo un altro punto di vista, invece, il valore di godimento dell’immobile anticipatamente consegna- to costituisce oggetto di un’obbligazione restitutoria. Al promittente alienante non spetta il risarcimento del danno conseguente a un comportamento tenuto in attuazione del rapporto, ma, piuttosto, la restitu-
40 V., supra, ntt. 37-38.
41 Cfr. Cass., 6.3.2012, n. 3474, in Riv. notar., 2013, 402; Cass.,
22.2.2011, n. 4278, in questa Rivista, 2011, I, 821, con nota di Ga- lasso, Recesso, risoluzione del contratto e ritenzione della caparra confir- matoria; Trib. Firenze, 11.6.2014 per esteso in De Jure; Trib. Pesca- ra, 11.4.2011, ivi; Trib. Salerno, 28.6.2010, n. 1533, ivi.
42 Cfr. Toschi Vespasiani, Recesso, risoluzione per inadempimento del preliminare ed abuso del diritto, in Contratti, 2013, 551.
43 Cfr. Cass., 8.6.2012, n. 9367, in Rep. Foro it., 2012, voce «Con- tratto in genere», n. 522.
44 Cfr. Cass., 21.11.2011, n. 24510, in Rep. Foro it., 2011, voce
«Danni civili», n. 238; Cass., 29.1.2003, n. 1307, ivi, 2003, voce
«Danni civili», n. 261; Cass., 29.11.2001, n. 15185, ivi, 2001, voce
«Vendita», n. 33; Cass., 17.7.1997, n. 6586, in Giur. it., 1998, 1113. 45 In questi termini la motivazione di Xxxx., 29.1.2003, n. 1307, cit. 46 Cfr. Cass., 21.11.2011, n. 24510, cit.
zione per equivalente del valore della prestazione ese- guita 47.
E` da condividere tale secondo orientamento: e` suffi-
ciente considerare, infatti, che il valore di godimento dell’immobile deve essere attribuito al promittente alienante anche se la risoluzione consegue al suo ina- dempimento 48. La consegna anticipata dell’immobile e il godimento dello stesso da parte del promissario ac- quirente integrano un’attribuzione patrimoniale che a seguito della risoluzione merita di essere restituita, a prescindere dalla parte alla quale e` imputabile lo scio-
glimento del rapporto. E` dunque corretto affermare che
non e` onere del promittente alienante provare il pre- giudizio subito, ma non perche´ il godimento dell’im- mobile da parte del promissario acquirente comporti un danno che non richiede dimostrazione: la ragione e`, piuttosto, che l’equivalente pecuniario del valore di godimento non risarcisce un pregiudizio, ma restituisce una prestazione eseguita in attuazione del contratto.
Come si osserva in dottrina, tuttavia, il promissario acquirente, nonostante la consegna dell’immobile, po- trebbe non averne tratto alcuna utilita`, in quanto pri- ma di utilizzarlo attende la conclusione del contratto definitivo 49. Si tratta spesso di una scelta ragionevole, anche in considerazione del fatto che l’utilizzazione dell’immobile puo` comportare la necessita` di sostenere costi rilevanti: si pensi alle spese di trasloco e ristrut- turazione. Ci si puo` chiedere, allora, se la restituzione per equivalente del valore di godimento del bene in- contri il limite dell’utilita` che ne ha tratto l’accipiens, cioe` il promissario acquirente.
Si ripropone su questo terreno una soluzione recen- temente indicata con riferimento alla restituzione delle prestazioni di fare conseguente alla risoluzione per ina- dempimento 50. Fermo restando che la restituzione del valore di godimento e` dovuta a prescindere dalla parte alla quale e` imputabile lo scioglimento del rapporto, il limite dell’utilita` della prestazione trova applicazione solo quando la risoluzione consegue all’inadempimento del solvens, che si identifica nella fattispecie con il promittente alienante; la misura dell’obbligazione re- stitutoria non e` invece limitata all’utilita` della presta- zione se la risoluzione e` imputabile all’accipiens, vale a dire il promissario acquirente.
Come il risarcimento del danno, anche le restituzioni conseguenti alla risoluzione per inadempimento tendo- no a collocare la parte fedele nella situazione in cui si
sarebbe trovata se il contratto fosse stato esattamente eseguito: l’obiettivo dell’indifferenza tra adempimento ed inadempimento orienta l’applicazione di entrambi i rimedi 51. Ora, se la risoluzione consegue all’inadempi- mento del promissario acquirente il promittente alie- nante consegue la restituzione del valore di godimento dell’immobile, rapportato al prezzo pattuito, a prescin- dere dall’utilita` che la controparte ne ha ricavato: la differenza tra il valore di godimento del bene, commi- surato al prezzo contrattuale, e l’utilita` che ne ha tratto il promissario acquirente non puo` essere addebitata al promittente alienante, che altrimenti verrebbe collo- cato in una posizione deteriore rispetto a quella in cui si sarebbe trovato qualora il contratto fosse stato esat- tamente eseguito. Se invece la risoluzione consegue all’inadempimento del promittente alienante, lo stesso puo` ottenere la restituzione del valore di godimento dell’immobile solo nei limiti dell’utilita` che ne ha trat- to il promissario acquirente: qualora quest’ultimo do- vesse restituire il valore di godimento dell’immobile per una somma eccedente i vantaggi che ne ha ricava- to, la differenza graverebbe sul suo patrimonio, sicche´ il binomio risoluzione-risarcimento non compensereb- be integralmente le conseguenze dell’inadempimento.
7. Il risarcimento delle spese sostenute tra interesse positivo e interesse negativo.
Come si e` anticipato nel paragrafo introduttivo, le difficolta` che interessano la determinazione del valore dell’immobile promesso in vendita comportano non solo la concorrenza del risarcimento con altri rimedi (esecuzione in forma specifica e ritenzione della capar- ra), ma anche l’adozione di criteri di quantificazione riconducibili all’interesse negativo.
Si allude in prima battuta alle spese sostenute dalle parti, che possono contribuire a determinare, sia pure per difetto, il loro interesse alla realizzazione dell’ope- razione prefigurata dal contratto preliminare (interesse positivo). Una domanda di risarcimento incentrata sulle spese sostenute e` sintomatica della difficolta` di provare il danno derivante dalla lesione dell’interesse positivo, non essendo possibile dimostrare direttamen- te la differenza tra il valore dell’immobile e il prezzo
pattuito. E` da ritenere, dunque, che essa meriti di es-
sere accolta, previa valutazione della ragionevolezza delle spese affrontate dal contraente deluso; tale valu-
47 Cfr. Cass., 3.7.2014, n. 16629, in Contratti, 2014, 156, con nota di Xxxxxxxxxx, Consegna anticipata della cosa ed inefficacia del contratto preliminare di vendita; Cass., 27.10.2003, n. 16091, cit.; Cass., 29.10.1993, n. 10752, in Rep. Foro it., 1993, voce «Indebito», n. 11; Cass., 5.4.1990, n. 2802, ivi, 1990, voce «Contratto in genere», n. 307. 48 V. infatti, in relazione alla risoluzione per inadempimento del
promittente alienante, Cass., 5.4.1990, n. 2802, cit.
49 Cfr. Xxxxxxxxx, Il contratto preliminare, nel Trattato del contratto, diretto da Xxxxx, III, Xxxxxxx`, 2006, 491.
50 V., volendo, Xxxxxxxxx, La restituzione delle prestazioni di fare nella patologia del contratto, in Riv. dir. priv., 2015, 523 ss.
51 Si tratta di un’acquisizione della dottrina piu` recente: cfr. Xxxx- xxxxx, Le restituzioni de iure condendo, in Eur. e dir. priv., 2012, 797; Xxxxxxxx, Le restituzioni contrattuali, Xxxxxxxxxxxx, 2012, passim, spec. 73 ss., 83, 88 ss., 157 ss. e piu` di recente Id., Restituzioni e risoluzione del contratto, in Le obbligazioni restitutorie, a cura di X’Xxxxxx, Xxxxxx- xxxxxx, 2015, 96 ss.; Xxxxxxxx, Il sinallagma rovesciato, Xxxxxxx`, 2010, 443 ss.
tazione puo` essere condotta ai sensi dell’art. 1226, che giustifica il riferimento alle spese quale ‘‘indicatore in- diretto’’ dell’interesse positivo 52, e dell’art. 1227, com- ma 2º, cod. civ., ritenuto estensibile al comportamento tenuto dalla parte fedele anteriormente al verificarsi dell’inadempimento 53. Dall’analisi della giurispruden- za di legittimita`, si ricava l’impressione che la Supr. Corte sia piu` aperta dei giudici di merito ad ammettere la determinazione del risarcimento nella misura delle spese sostenute: vengono infatti cassate le sentenze di merito che rigettano le domande cos`ı articolate.
Vengono in considerazione, in primo luogo, le ‘‘spese sostenute dal promittente alienante per l’esecuzione delle prestazioni di cui e` debitore’’, come quelle funzionali a realizzare operazioni di ristrutturazione e trasformazio- ne dell’immobile promesso in vendita. Sul punto si riscontra una sentenza di legittimita` che ammette la risarcibilita` delle spese sostenute dal promittente alie- nante, riconducendole espressamente all’interesse ne- gativo: soluzione che viene espressamente condivisa in sede di commento 54.
Anche a nostro avviso la soluzione e` condivisibile, ma in sintonia con l’opinione gia` espressa in ordine alla ‘‘definizione’’ del danno da risoluzione riteniamo opportuno argomentarla diversamente: la risarcibilita` delle spese sostenute dal promittente alienante, quale parte fedele al contratto, si puo` ammettere nella misura in cui esse rappresentano, sia pure per difetto, l’inte- resse positivo 55. Con ogni probabilita`, il prezzo dovuto al promittente alienante (P) e` superiore alla somma del valore di mercato del bene (V) e delle spese da lui sostenute (S): P > V + S. L’attuazione del contratto, altrimenti, risulterebbe svantaggiosa; sostenendo le spese propedeutiche al trasferimento del bene, inoltre, il promittente alienante assume un rischio - quello relativo all’insolvenza della controparte - a fronte del quale pretendera` un aumento del corrispettivo. Se dunque il prezzo e` superiore alla somma delle spese e del valore dell’immobile, la differenza tra il prezzo e il valore, che rappresenta l’interesse positivo, e` superiore alle spese sostenute: P - V (interesse positivo) > S. Le spese sostenute dal promittente alienante denotano dunque, sia pure per difetto, il suo interesse all’attua- zione dello scambio. All’importo delle spese, come pre- cisa la stessa Supr. Corte, occorre aggiungere l’even-
tuale decremento del valore dell’immobile dal momen- to della conclusione del contratto a quello in cui viene proposta la domanda di risoluzione 56.
Certo, e` sempre possibile che il promittente alienan- te abbia concluso un contratto svantaggioso, in quanto le spese affrontate per eseguire la prestazione superano i vantaggi che avrebbe ricavato dall’attuazione dello scambio. In questo caso, le spese eccedono l’interesse positivo: S > P - V. Il rischio che il risarcimento superi l’interesse positivo - e collochi, cos`ı, il promittente alienante in una situazione migliore di quella che sa- rebbe derivata dall’attuazione dello scambio - puo` tut- tavia essere neutralizzato includendo nel quantum risar- cibile solo le spese ragionevolmente sostenute, in ap- plicazione degli artt. 1226 e 1227 cod. civ.
Recentemente, invece, il giudice di legittimita` ha
escluso che il promittente alienante possa ottenere, oltre al risarcimento del danno da risoluzione, la com- pensazione delle ‘‘spese sostenute a causa della conserva- zione della proprieta` del bene’’ 57. Nella fattispecie, i pro- missari acquirenti rifiutano di concludere il contratto definitivo, sicche´ il promittente alienante conserva la proprieta` dell’immobile promesso in vendita e deve sostenere le relative spese di gestione. Cassando la sentenza di secondo grado, che aveva incluso tale voce nel quantum risarcibile, la Supr. Xxxxx ritiene che il promittente alienante possa ottenere il risarcimento del danno da risoluzione - commisurato alla differenza tra il prezzo pattuito e il valore di mercato dell’immo- bile - ma non essere compensato delle spese di gestione sostenute fino al momento della domanda di risoluzio- ne. Il risarcimento di tali spese risulterebbe incompa- tibile con l’opzione per il rimedio risolutorio, che de- nota la volonta` di conservare la proprieta` del bene, mentre sarebbe stato dovuto qualora il promittente alienante avesse chiesto l’esecuzione in forma specifica, confermando, cos`ı, l’intenzione di alienare l’immobile. L’argomentazione non appare condivisibile. Il rifiuto di concludere il contratto definitivo opposto dai pro- missari acquirenti comporta tanto l’inadempimento di un’obbligazione assunta con il contratto preliminare (prestazione del consenso alla conclusione del defini- tivo), quanto la mancata accettazione di una prestazio- ne ad essi dovuta in qualita` di creditori (trasferimento della proprieta` dell’immobile) 58: il promittente alie-
52 Cfr. Trimarchi, Interesse positivo e interesse negativo, cit., 645 e 647 s.
53 Cfr. Xxxxxx-Xxxxxx, Interesse positivo, interesse negativo e incentivi nella responsabilita` contrattuale: un’analisi economica e comparata, in Riv. dir. civ., supplemento 2008, 232 ss.
54 Cfr. Cass., 31.8.2005, n. 17562, in Corr. giur., 2005, 1684, con nota adesiva di Mariconda, Risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di compravendita immobiliare e danno risarcibile. Parimenti adesivo il commento di Toschi Vespasiani, Risoluzione del contratto preliminare e profili risarcitori, in La resp. civ., 2006, 344 ss.
55 In questo senso v., incisivamente, Xxxxxxxxx, Interesse positivo e
interesse negativo, cit., 644 s. e 647 s.
56 Cfr. Cass., 31.8.2005, n. 17562, cit.
57 Cfr. Cass., 19.9.2013, n. 21438, in Rep. Foro it., 2013, voce
«Danni civili», n. 120.
58 L’oggetto del contratto preliminare, infatti, viene oggi pacifica- mente identificato non solo con la prestazione del consenso alla con- clusione del definitivo, ma anche e soprattutto con la produzione degli effetti di quest’ultimo, tra cui, in primis, il trasferimento del diritto: cfr. Roppo, Il contratto, 2a ed., nel Trattato Iudica-Zatti, 2011, 614; Sacco, in Sacco-De Nova, Il contratto, nel Trattato di diritto civile, 3a ed., II, Utet, 2004, 281. Su questa base, si ammette che il preliminare di
nante, dunque, subisce oltre al danno derivante dalla risoluzione del contratto il pregiudizio dovuto al rifiuto di acquistare la proprieta` del bene e alla conseguente conservazione della titolarita` del diritto. Al danno de- rivante dalla mancata attuazione dello scambio si ag- giunge, dunque, quello conseguente al rifiuto di rice- vere la prestazione. Quest’ultimo e` disciplinato dalle regole in tema di mora del creditore (artt. 1206 ss. cod. civ.), che pongono a carico del debitore l’onere di offrire la prestazione e su questa base lo tutelano contro i danni e i rischi derivanti dal prolungamento del rap- porto. Al debitore viene offerta una tutela provvisoria e interinale, destinata a cessare quando si libera del- l’obbligazione avente ad oggetto la prestazione rifiutata dal creditore: cio` che puo` avvenire tramite il deposito (sequestro) liberatorio o grazie alla risoluzione del con- tratto.
A nostro parere, infatti, il debitore che subisce il rifiuto della prestazione puo` invocare gli effetti della mora accipiendi anche se non effettua il deposito (se- questro) liberatorio ed esige la controprestazione, ma
opta per la risoluzione. Grazie alla mora del creditore, egli puo` ricollocare sul mercato la prestazione rifiutata confidando nella protezione offerta dalla legge contro i pregiudizi e i rischi derivanti dal prolungamento del rapporto: nell’intervallo tra il rifiuto e la risoluzione, dunque, le spese di gestione e custodia del bene e il rischio dell’impossibilita` sopravvenuta della prestazio- ne gravano sul creditore costituito in mora (art. 1207 cod. civ.).
Un argomento decisivo a favore di tale ricostruzione si desume dalla genesi dell’istituto. Nel codice civile previgente, in sintonia con il modello francese, la mora del creditore non aveva rilevanza autonoma: essendo previsto solo il deposito, la tutela offerta dalla legge al debitore si identificava con la liberazione dall’obbliga- zione avente ad oggetto la prestazione rifiutata (artt. 1259 ss.) 59. Introducendo la mora del creditore, il co- dificatore del ‘42 sceglie di anticipare la tutela del debitore al momento dell’offerta, proteggendolo contro gli inconvenienti e i rischi derivanti dal prolungamen- to del rapporto obbligatorio: perdurando il rifiuto del creditore, tuttavia, il debitore puo` liberarsi non solo tramite il deposito o il sequestro, ma anche ottenendo la risoluzione del contratto. Se il legislatore avesse in- teso tutelare il debitore solo quando a seguito del ri- fiuto dell’offerta effettua il deposito (sequestro) e pre- tende l’esecuzione della controprestazione, si sarebbe limitato a confermare l’impianto della legislazione pre- vigente; la scelta di anticipare la tutela del debitore a
un momento anteriore al deposito e di introdurre il nuovo istituto denota, invece, la compatibilita` degli effetti della mora accipiendi con la risoluzione del con- tratto.
Ecco perche´ non risulta condivisibile l’argomentazio- ne della Supr. Corte, che esclude il risarcimento delle spese di gestione dell’immobile per il solo fatto che il promittente alienante ha domandato la risoluzione del contratto. Piuttosto, sarebbe stato necessario verificare se i promissari acquirenti fossero stati costituiti in mora mediante l’offerta di concludere il contratto definitivo, che avrebbe potuto essere effettuata nelle forme d’uso: non essendo espressamente prevista dalle regole che prevedono l’offerta formale, la prestazione di contrarre puo` essere ricondotta a quelle di fare (art. 1217 cod. civ.). Qualora l’accertamento avesse avuto esito posi- tivo, il promittente alienante avrebbe potuto essere indennizzato, in base alla disciplina della mora accipien- di, per le spese sostenute a causa del prolungamento del rapporto obbligatorio e della conseguente conservazio- ne della proprieta` del bene (art. 1207 cod. civ.).
Il periodo da assumere a riferimento per la quantifi- cazione delle spese e` quello intercorrente tra il rifiuto dell’offerta e la data in cui viene notificata la domanda di risoluzione: in questo momento - in relazione al quale, infatti, viene determinato il danno da risoluzio- ne - il promittente alienante manifesta chiaramente l’intenzione di sciogliere il rapporto con la controparte, che non e` piu` responsabile per il prolungamento del vincolo, ma per la definitiva inattuazione dello scam- bio. Il momento della notificazione della domanda, dunque, segna il passaggio dalla responsabilita` per il prolungamento del rapporto obbligatorio (mora acci- piendi) alla responsabilita` per la mancata attuazione dello scambio (danno da risoluzione).
Il risarcimento del danno derivante dal rifiuto ille- gittimo della prestazione, naturalmente, si presta ad essere ridotto ai sensi dell’art. 1227, comma 2º, cod. civ. se il debitore ritarda ingiustificatamente il momen- to della liberazione aumentando il pregiudizio conse- guente al prolungamento del vincolo. Nel caso speci- fico, se il promittente alienante, pur essendo in condi- zione di vendere il bene a terzi, avesse conservato la proprieta` dell’immobile sostenendo onerose spese di gestione, il debito risarcitorio dei promissari acquirenti avrebbe dovuto essere ridotto e parametrato sul perio- do di tempo strettamente necessario per ricollocare il bene sul mercato.
Anche le spese sostenute dal promissario acquirente per utilizzare l’immobile ed adattarlo alle sue esigenze
vendita di cosa altrui possa essere attuato mediante il trasferimento diretto del bene dal proprietario al promissario acquirente: cfr. Cass., 10.6.2010, n. 13987, in Giust. civ., 2011, I, 160; Cass., 27.9.2009, n.
17458, in Rep. Foro it., 2009, voce «Contratto in genere», n. 380; Cass., sez. un., 18.5.2006, n. 11624, in Foro it., 2006, I, 2009 ed in
Corr. giur., 2006, 1394; Cass., 24.11.2005, n. 24782, in Riv. notar.,
2006, 1362; Cass., 5.11.2004, n. 2117, in Contratti, 2005, 681.
59 Cfr. Xxxxxxxx, Della mora del creditore, nel Commentario Scialoja- Branca, Zanichelli-Foro it., 1973, sub artt. 1206-1217, 2.
possono rappresentare, sia pure per difetto, il suo inte- resse all’attuazione dello scambio (interesse positivo). Se il contratto e` vantaggioso per il promissario acqui- rente, il valore che l’immobile ha per lui e` superiore alla somma del prezzo pattuito per il suo acquisto (P) e delle spese da lui sostenute (S): V > P + S. Questo significa che la differenza tra valore e prezzo, che rap- presenta l’interesse positivo, e` superiore alle spese: V - P > S. Queste ultime indicano, sia pure per difetto, l’interesse positivo del promissario acquirente. All’im- porto delle spese dovra` essere aggiunto l’eventuale in- cremento del valore dell’immobile dal momento della conclusione del contratto a quello della notificazione della domanda di risoluzione.
Certo, non si puo` escludere che il promissario acqui- rente abbia concluso un contratto svantaggioso, in quanto le spese necessarie per utilizzare l’immobile su- perano il vantaggio che avrebbe ricavato dall’attuazio- ne dello scambio; le spese eccedono, allora, l’interesse positivo: S > V - P. Vale, allora, il correttivo gia` indi- cato con riferimento ai costi sostenuti dal promittente alienante. Il rischio che il risarcimento commisurato alle spese ecceda l’interesse positivo, e collochi cos`ı il promissario acquirente in una situazione migliore di quella che sarebbe derivata dall’attuazione del contrat- to, puo` essere neutralizzato includendo nel quantum risarcibile solo i costi ragionevolmente sostenuti, in applicazione degli artt. 1226 e 1227 cod. civ.
Non manca un riscontro giurisprudenziale. In consi- derazione della difficolta` di provare su basi oggettive la lesione dell’interesse positivo - dovuta al fatto che tra la conclusione del contratto preliminare e la risoluzio- ne dello stesso erano intercorsi solo quattro mesi 60 - una recente pronuncia di legittimita` afferma che al promissario acquirente devono essere riconosciute a titolo di risarcimento del danno le spese ‘‘di consulenza’’ da lui sostenute per progettare la ristrutturazione del- l’immobile e il trasferimento dei propri uffici al suo interno 61. Viene cos`ı cassata la sentenza di secondo grado che aveva negato al promissario acquirente il risarcimento delle spese sostenute. Nel caso specifico, l’esiguita` del periodo di tempo intercorrente tra la con- clusione e la risoluzione del contratto esclude che il promissario acquirente possa dedurre a fondamento della domanda di risarcimento un incremento del va- lore di scambio dell’immobile; le spese sostenute, allo- ra, consentono di determinare, sia pure per difetto, il valore d’uso del fabbricato, che sarebbe stato destinato all’esercizio di attivita` imprenditoriale.
8. Nel campo dell’interesse negativo: le opportunita` di guadagno trascurate dal contraente deluso.
L’altra componente dell’interesse negativo e` costitui- ta dalle opportunita` di guadagno trascurate dal con- traente deluso a causa dell’affidamento riposto nell’at- tuazione del contratto; a differenza delle spese sostenu- te, tuttavia, tale voce di danno non puo` rappresentare neppure indirettamente l’interesse positivo, rispetto al quale si pone in rapporto di radicale incompatibilita` 62. La parte fedele, infatti, non verrebbe compensata per un pregiudizio cagionato dall’inadempimento, ma tu- telata in conseguenza del verificarsi di un rischio che ha assunto concludendo il contratto.
Stipulando il preliminare, il promittente alienante assume il rischio che il valore del bene aumenti, nel qual caso egli, essendo vincolato al contratto, perde- rebbe l’opportunita` di ricavare dalla vendita un corri- spettivo piu` elevato: se tale evenienza si verificasse ed ottenesse a titolo di risarcimento del danno ‘‘da riso- luzione’’ la differenza tra il piu` alto valore di mercato acquisito dal bene e il prezzo pattuito, verrebbe com- pensato per un pregiudizio che costituisce la realizza- zione di un rischio consapevolmente assunto quando ha scelto di obbligarsi. Nello stesso modo, il promissa- rio acquirente assume il rischio che dopo la conclusio- ne del preliminare il valore del bene diminuisca, nel qual caso egli, in quanto vincolato al contratto, perde- rebbe l’opportunita` di effettuare l’acquisto per un prez- zo piu` contenuto: se tale evenienza si verificasse - ed ottenesse quale risarcimento del danno ‘‘da risoluzio- ne’’ la differenza tra il corrispettivo pattuito e il piu` basso valore di mercato - verrebbe ugualmente tutelato contro la realizzazione di un rischio consapevolmente assunto.
L’ammissibilita` di tale voce di danno, in definitiva, sarebbe tanto incompatibile con il dato normativo - in base al quale il risarcimento compensa il pregiudizio derivante dall’inadempimento, piuttosto che il danno conseguente all’affidamento nell’attuazione del con- tratto (art. 1223 cod. civ.) - quanto inconciliabile con l’operazione economica realizzata dalle parti, che verrebbero tutelate contro la realizzazione di rischi vo- lontariamente assunti.
Non solo. Come si osserva in dottrina 63, le opportu- nita` trascurate a causa dell’affidamento nell’attuazione del rapporto sono di difficile dimostrazione. Si tratta, infatti, di occasioni di guadagno ipotetiche, alle quali la parte fedele ha rinunciato concludendo il contratto inattuato. Si e` anticipato che una determinazione at-
60 Nel caso di specie, la risoluzione si era verificata ‘‘di diritto’’ a seguito della dichiarazione con cui il promissario acquirente si era avvalso di una clausola risolutiva espressa inserita nel contratto preli- minare (art. 1456 cod. civ.).
61 Cfr. Cass., 28.11.2014, n. 25351, in Rep. Foro it., 2014, voce
«Contratto in genere», n. 373.
62 Sul punto x. Xxxxxxxxx, Interesse positivo e interesse negativo, cit., 645 s.
63 Il riferimento e` ancora a Id., op. ult. cit., 639.
tendibile dell’interesse positivo risulta talvolta ostaco- lata dalla difficolta` di stimare con precisione il valore della prestazione attesa dalla parte fedele: e` quanto si osserva proprio in relazione al danno derivante dall’i- nadempimento del preliminare 64. Per quanto possa ri- sultare complessa, tuttavia, tale determinazione assume pur sempre a riferimento un contratto effettivamente concluso. Assai piu` difficile appare la prova delle op- portunita` di guadagno perse a causa dell’affidamento riposto nell’attuazione del contratto: proprio perche´ la parte fedele le ha trascurate esse non possono essere dimostrate, ma solo congetturate sulla base di semplici ipotesi.
Ciononostante, si riscontrano pronunce giurispru- denziali che affermano la risarcibilita` del danno conse- guente alla «incommerciabilita`» del bene dal momen- to della conclusione del contratto a quello della sua risoluzione 65. Proprio perche´ il promittente alienante ha confidato nell’attuazione del preliminare, non si potrebbe pretendere che dimostri di aver trascurato concrete possibilita` di guadagno: il danno derivante dalla perdita di opportunita` alternative a quella rap- presentata dal contratto inattuato sarebbe, dunque, «in re ipsa» e non richiederebbe alcuna dimostrazione. Ancorche´ non dimostrato, esso potrebbe essere valu- tato equitativamente ai sensi dell’art. 1226 cod. civ.
L’analisi delle motivazioni conferma le nostre per- plessita`. La prova delle opportunita` alternative trascu- rate dal contraente deluso appare proibitiva, sicche´ si sceglie di eludere il problema, anziche´ risolverlo, esclu- dendo che debba essere fornita. Tale conclusione, che si addice alla caparra confirmatoria, e` invece incompa- tibile con il risarcimento del danno; il giudice di me- rito, infatti, si troverebbe a valutare equitativamente un danno che non e` stato effettivamente dimostrato,
ne´ predeterminato dalle parti al momento della con- clusione del contratto.
Risulta dunque confermata l’opportunita` di una va- lutazione differenziata delle due componenti ricondu- cibili alla categoria dell’interesse negativo. Le spese sostenute dal contraente deluso possono essere risarcite in quanto concorrono a determinare, sia pure appros- simativamente, l’interesse positivo. Il ricorso a tale in- dicatore puo` risultare utile, in particolare, quando la parte fedele non riesce a dimostrare che il valore di mercato dell’immobile e` stato interessato da una varia- zione tale da rendere l’acquisto (per il promissario ac- quirente) o la vendita (per il promittente alienante) realizzabili a condizioni deteriori rispetto a quelle pat- tuite nel contratto inattuato. Per converso, le oppor- tunita` alternative trascurate a causa dell’affidamento riposto nell’attuazione del contratto non sono facil- mente dimostrabili, ma solo congetturabili. Il loro ri- sarcimento, inoltre, compenserebbe un pregiudizio che costituisce la realizzazione di un rischio consapevol- mente assunto con la conclusione del contratto.
Un’ultima considerazione. Tra le sentenze che seguo- no l’orientamento qui criticato, alcune concludono che il quantum risarcibile coincide con l’importo della caparra confirmatoria ricevuta dal promittente alie- nante 66. Sebbene egli abbia optato per la risoluzione e il risarcimento del danno, lo stesso viene determinato nella misura della caparra. Xxxxxx´ non mettano a fuo- co correttamente il danno risarcibile, tali pronunce offrono un significativo riscontro ad un’ipotesi formu- lata nelle pagine precedenti 67. La caparra confirmato- ria compensa le opportunita` alternative a cui le parti rinunciano concludendo il contratto, sicche´ i giudici che ammettono la risarcibilita` di tale pregiudizio rin- vengono in essa un essenziale punto di riferimento.
64 V. supra, § 1.
65 Cfr. Cass., 3.12.2009, n. 25411, in Rep. Foro it., 2009, voce
«Vendita», n. 79; Cass., 5.11.2001, n. 13630, ivi, 2001, voce «Vendi- ta», n. 34; Trib. Gallarate, 27.6.2005, per esteso in Xxxxxx.
00 Xxx. Cass., 3.12.2009, n. 25411, cit.; Trib. Gallarate, 27.6.2005, cit.
67 X. xxxxx, § 0.