Special Purpose Acquisition Company, tra private equity e mercato dei capitali: SPAXS, un caso “Made in Italy”
Dipartimento di Impresa e Management Cattedra Finanza Aziendale Avanzato
Special Purpose Acquisition Company, tra private equity e mercato dei capitali: SPAXS, un caso “Made in Italy”
RELATORE:
Xxxx. Xxxxx Xxxxxxxx
CANDIDATO:
Xxxxx Xxxx Xxxx. 681681
CORRELATORE:
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxx
ANNO ACCADEMICO 2017-2018
Alla mia Famiglia, perché ogni marinaio ha il suo porto di riferimento,
da cui deve esser pronto a salpare anche con venti contrari.
“…Condivido che i diritti di tutti, a prescindere dalla categoria sociale di appartenenza, costituiscono la base di una comunità civile. Ma oggi viviamo in un’epoca in cui si parla sempre e solo di diritti. Il diritto al posto fisso, al salario garantito, al lavoro sotto casa; il diritto a urlare e a sfilare; il diritto a pretendere. Lasciatemi dire che i diritti sono sacrosanti e vanno tutelati. Se però continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo. Perché questa “evoluzione della specie” crea una generazione molto più debole di quella precedente, senza il coraggio di lottare, ma con la speranza che qualcun altro faccia qualcosa. Una specie di attendismo che è perverso ed è involutivo. Per questo credo che dobbiamo tornare a un sano senso del dovere, consapevoli che per avere bisogna anche dare.”
“…Fca azzererà entro giugno l'indebitamento netto industriale. Nei primi dieci anni fatto ricorso dei mercati finanziari mentre negli ultimi cinque anni la riduzione del debito è stato uno dei principali obiettivi. A fine giugno la posizione finanziaria netta sarà positiva; rimane ancora qualcosa da fare ma direi che ci siamo. Una cravatta ben annodata è il primo passo serio nella vita, ha detto una volta Xxxxx Xxxxx. Se applichiamo la massima a Fca, possiamo dire che ci siamo presi sul serio.”
“Non ci adegueremo mai sugli allori dei risultati raggiunti perché l’unico approccio che conosciamo è quello di guardare sempre avanti, per raggiungere traguardi nuovi e più alti. Il nostro obiettivo ultimo, il vero traguardo, è quello che dobbiamo ancora raggiungere.”
Xxxxxx Xxxxxxxxxx, il generale da 1 miliardo di profitti l’anno
INDICE
1.1.1 Letteratura accademica 17
1.2 Il funzionamento delle SPAC e le figure apicali 20
1.2.1 La costituzione e i promoters 20
1.2.2 La quotazione, gli underwriters e gli investitori 24
1.2.3 La Business Combination e la Target company 34
1.3 SPAC ed evidenze contabili 39
1.4. SPAC: fusione diretta o inversa? 40
Capitolo 2: dalla genesi del fenomeno alle performances sul mercato statunitense 45
2.1 Le origini: blank check companies e penny stock 45
2.2 La Rule 419 e l’evoluzione normativa 48
2.5 Overview delle performances delle SPAC nel contesto americano 61
Capitolo 3: Le SPAC nel mercato italiano 69
3.1 Focus sul sistema imprenditoriale italiano 69
3.2 Il contesto normativo italiano: struttura e criticità rispetto al sistema USA
3.2.1 L’Assemblea della SPAC e l’indisponibilità del patrimonio 73
3.2.2. Il diritto di recesso ed il vincolo di durata 76
3.2.3 Clausole di protezione dei promotori 77
3.3 I mercati di riferimento: AIM Italia e MIV 78
Capitolo 4: Un caso italiano: SPAXS e Banca Interprovinciale 89
Conclusioni 105
Bibliografia 111
Sitografia 112
Introduzione
Lo scopo di questo elaborato è quello di analizzare in modo critico ed analitico un fenomeno che, dopo aver visto la sua genesi e la sua evoluzione negli USA., negli ultimi anni sta riscuotendo un notevole interesse tra gli “addetti ai lavori” nel panorama italiano: le Special Purpose Acquisition Company, o più comunemente SPAC1.
Da sempre, il tessuto industriale italiano è caratterizzato dalla presenza di piccole- medie imprese di cui ne sono croce e delizia, in quanto ambasciatori del “Made in Italy” da un lato, ma al contempo, miopi e incapaci, nella maggior parte dei casi, sia di prevedere quanto di reagire a particolari shock del mercato finanziario e non, dall’altro. Questo è stato particolarmente evidente a seguito della crisi economico- finanziaria del 2008, i cui effetti non potevano non esimersi per quegli operatori che, dalla dipendenza dalle banche e di una fragile struttura finanziaria e patrimoniale, ne facevano un elemento caratterizzante.
Pertanto, tra aziende sottocapitalizzate, un sistema banco-centrico fortemente rallentato dall’elevata presenza di crediti deteriorati e da norme sempre più stringenti in merito al capitale, negli ultimi anni si stanno affermando una serie di strumenti di finanza innovativa che senza dubbio possono rappresentare una valida risposta, in primis, ai bisogni di breve periodo, e successivamente, per rispondere ai principali obiettivi aziendali: il perseguimento dell’equilibrio economico- finanziario e la remunerazione degli azionisti.
Tra questi potenziali strumenti, uno di quelli più complessi ed intriganti è sicuramente rappresentato dalle SPAC, che si è deciso di approfondire nel presente
1 SPAC: xxxx://xxx.xxxxx.xx/xxx-xxxx-xxx-xxxx/- “Le SPAC sono veicoli societari, appositamente costituiti con l’obiettivo di reperire, attraverso il collocamento dei relativi strumenti finanziari presso investitori e la conseguente ammissione alle negoziazioni sull’AIM Italia, le risorse finanziarie necessarie e funzionali per porre in essere, previo svolgimento di un’attività di ricerca e di selezione, un investimento in una o più società operative (c.d. target). Esse, pertanto, fino al momento dell’investimento, contengono solo cassa (c.d. “shell company”).”
lavoro. L’obiettivo è quello di analizzare come le medesime si riescano a collocare tra due grandi estremi: l’equity private placement, più comunemente private equity, ed il mercato dei capitali, visto che, la prassi accademica le qualifica come un tipo di società che nascono come società aperte quotate su specifici mercati, ma al contempo presentino delle caratteristiche tipiche del private equity: dal management team caratterizzato da elevati standard professionali, al pieno coinvolgimento del medesimo nell’iniziativa, passando per le exit strategies.
Alla luce di tali premesse, la scelta ed il taglio del presente lavoro sono chiari: il primo capitolo presenta un’approfondita analisi della struttura e del funzionamento delle SPAC, soffermandosi su considerazioni prima di tipo puramente tecnico, analizzando le implicazioni contabili che tale operazione richiede, per concludersi poi con la considerazione se la modalità con cui avviene la business combination possa essere qualificata come una fusione diretta o come una fusione inversa.
Dopo aver introdotto il fenomeno analizzandone le sue peculiarità, il secondo capitolo presenta un duplice obiettivo: primo, quello di tracciare una descrizione delle Special Purpose Acquisition Company ab-origine, partendo dalle blank check companies e dalle penny stocks, con conseguente inquadramento normativo del mercato statunitense, e successivamente, procedere ad un confronto con due pietre miliari della finanza d’impresa, il private equity e l’IPO, che altro non sono, i due estremi entro i quali si colloca, per analogie e similitudini, il fenomeno SPAC. Il secondo capitolo termina con un breve excursus su quelle che sono state le performance delle SPAC sul mercato USA, e conclude così la prima metà dell’elaborato.
La seconda metà del lavoro, che considera gli ultimi due capitoli, volge la sua attenzione sul contesto italiano, dapprima mediante un’analisi preliminare del mercato domestico, nel terzo capitolo, che muove le sue considerazioni partendo da quello che è il sistema imprenditoriale italiano, con conseguente focus sul contesto normativo vigente entro il quale disciplinare le SPAC.
Successivamente vengono presentate quelle che sono le caratteristiche nonché criticità normative relativamente a tale veicolo di investimento rispetto a quella che è l’esperienza americana per poi muovere ad un’analisi di quelle che sono le opportunità di crescita per gli operatori, che fino ad ora hanno pagato l’essere troppo ingessati e l’avere una struttura finanziaria esile e passiva rispetto alle opportunità che il mercato presentava.
L’elaborato infine, si conclude con l’analisi di un case-study, SPAXS, il veicolo di investimento promosso da Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxx, che ha annunciato la business combination, nell’aprile 2018, con Banca Interprovinciale.
SPAXS, è la prima SPAC in Italia focalizzata nel settore dei servizi finanziari, creata appositamente per diventare un player di riferimento nell’ambito degli NPL (c.d. Non Performing Loans), nei servizi per le piccole-medie imprese ma soprattutto nell’offerta di servizi ad alta digitalizzazione rivolti anche alle famiglie; in termini di numeri però è la SPAC che ha destato maggior interesse degli investitori in quanto è il veicolo che ha raccolto il più elevato ammontare di risorse, circa 600 mln di euro, a fronte di ordini per circa 800 mln di euro, prevalentemente dall’estero.
Il case-study verrà analizzato in modo critico e analitico, procedendo ad effettuare, sulla base dei documenti societari, una valutazione della società target mediante specifici modelli di valutazione aziendale, mettendone in luce tutti quegli aspetti che sono risultati essere fondamentali per il successo della business combination.
Capitolo 1: Special Purpose Acquisition Company: dai tratti distintivi alle prospettive per gli investitori
La Special Purpose Acquisition Company, o più comunemente SPAC è un particolare veicolo societario che nasce grazie all’iniziativa di alcuni soggetti, definiti promoters (o in alternativa founders, management team o xxxxxxxx0), caratterizzati da elevato standing professionale nonché specializzati in industry specifiche e affiancati da operatori con elevata esperienza nei settori dell’M&A e del private equity, con l’obiettivo di quotarsi, mediante un IPO, su un mercato regolamentato, o su un sistema multilaterale di negoziazione3, al fine di raccogliere capitale dagli investitori e procedere successivamente all’integrazione con una società non quotata, definita target, entro un determinato periodo di tempo relativamente breve, solitamente 18 – 24 mesi, in modo tale che quest’ultima assuma lo status di società quotata.
Pertanto, è bene specificare, o meglio, porre l’attenzione, in breve, su determinati punti focali che caratterizzano il processo, nonché il funzionamento, di queste
2 Per semplicità questi termini verranno utilizzati, nel proseguo del lavoro, come sinonimi, con la premessa che in alcune SPAC i promoters, (coloro che versano il capital at risk relativamente all’iniziativa), possono non coincidere con il management team che cura la ricerca dell’opportunità di riferimento.
3Sistema multilaterale di negoziazione: https://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/bitApp/glossary.bit?target=GlossaryDetail&word=Sistemi%20Multilaterali% 20di%20Negoziazione :
“Sistemi di contrattazione privati che offrono la possibilità di negoziare strumenti finanziari quotati presso una Borsa, senza compiti regolamentari di ammissione e informativa.”; Approfondimento: “Le Multilateral Trading Facilities (MTFs, corrispondenti, secondo la vecchia dizione, agli ATS - Alternative Trading Systems) sono circuiti di negoziazione, gestiti da soggetti privati che permettono l'acquisto e la vendita, mediante l'incontro di interessi di negoziazione provenienti da una pluralità di soggetti, in base a regole non discrezionali, di strumenti finanziari già quotati presso una o più borse nazionali.
Le MTFs trattano titoli già quotati presso altri mercati.
Analogamente ai mercati organizzati, i MTF svolgono funzioni di organizzazione degli scambi, ma contrariamente a questi ultimi non possono decretare l'ammissione alle negoziazioni dei titoli oggetto di scambio e sono soggetti a regole e procedure di autorizzazione all'operatività in parte diverse da quelle previste per i mercati organizzati.”
particolari società, che nel corso dell’elaborato verranno trattati, nella loro totalità, in maniera più approfondita.
Innanzitutto, nel momento della quotazione della SPAC sul mercato vengono collocate delle specifiche unit composte da azioni e da uno o più warrant, che sin dal collocamento sono “in the money”4, quindi che risultano convenienti per l’investitore medesimo. Inizialmente, prima dell’affermazione trasversale di questo particolare prodotto finanziario, gli investitori erano rappresentati da fondi di investimento di tipo long only ed investitori HNWI (High Net Worth Individuals) mentre oggi, non di rado, possiamo trovare anche compagnie assicurative, fondi comuni di investimento etc, che comunque rientrano nella macro-area di investitori istituzionali5. È importante specificare come non tutte le emissioni sono di esclusiva competenza degli investitori di tipo istituzionale o di privati qualificati; infatti possiamo trovare anche gli investitori retail6 come
4“In the money”: xxxx://xxx.xxx-xxxxxx.xx/xxxxxxxx/00-xxxx-x-xxxxxxx-xxxxxx.xxxx
“...In the money significa che il prezzo fisso di acquisito al quale si ha diritto di ottenere ulteriori azioni e’ al di sotto del prezzo iniziale delle azioni stesse…”
5Investitore istituzionale: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxXxx/xxxxxxxx.xxx?xxxxxxxXxxxxxxxXxxxxx&xxxxxXxxxxxxxxxx%00Xxxxxxxxxxxx e
“Intermediario la cui attività caratteristica è quella di investire un patrimonio per conto di un soggetto che si trova in surplus finanziario. Approfondimento: Alla categoria degli investitori istituzionali appartengono: gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), i fondi comuni di investimento mobiliari, immobiliari, speculativi e le SICAV; i fondi pensione; le compagnie di assicurazione; L'attività svolta dall'investitore istituzionale può derivare da un mandato specifico, pertanto l'investimento avviene su base collettiva, come negli OICR e nei fondi pensione, oppure può derivare dall'intermediazione in senso stretto, come nel caso delle compagnie di assicurazione relativamente alle polizze vita.”
6 Investitore retail: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/x/xxxxxxxxxxxxxx.xxx
“Un investitore retail, noto anche come investitore individuale, è un investitore non professionale che acquista e vende titoli, fondi comuni di investimento o fondi negoziati in borsa (ETF) tramite società di intermediazione tradizionali o online x xxxxx di risparmio. Gli investitori retail investono importi molto minori rispetto ai grandi investitori istituzionali, come fondi comuni di investimento, pensioni e dotazioni universitarie, e commerciano meno frequentemente. Ma gli investitori retail più ricchi possono ora accedere a classi di investimento alternative come private equity e hedge fund. I critici dicono che gli investitori più piccoli non hanno le competenze per ricercare i loro investimenti. Di conseguenza, compromettono il ruolo dei mercati finanziari nell'allocazione efficiente delle risorse attraverso commerci affollati, causa la vendita di panico. Si dice che questi investitori non sofisticati siano vulnerabili ai pregiudizi comportamentali e potrebbero sottovalutare il potere delle masse che guidano il mercato. Gli investitori al dettaglio hanno un grande impatto sul sentimento del mercato.”
dimostra l’esperienza di Glenalta7, SPAC italiana collocata sul mercato AIM nel luglio 2017.
Successivamente al collocamento sul mercato, la maggior parte delle risorse raccolte viene separata tramite particolari meccanismi, rappresentati da trust (alternativamente, escrow account o fondi vincolati) su cui maturano interessi da investimenti c.d. risk-less (es. Treasury Bond U.S.A) in modo tale da essere indisponibili per i promoters ed essere destinati al completamento dell’operazione mediante l’integrazione societaria con la società target. Come menzionato in precedenza, la SPAC ha un orizzonte temporale limitato, in quanto entro, e non oltre, 24 mesi (salvo casi particolari dove si può avere una proroga di ulteriori 6 mesi), il management team deve identificare la società target e procedere con la cosiddetta business combination, che deve essere approvata con apposite maggioranze qualificate, circa il 75-80%, da parte dell’assemblea composta dagli azionisti/investitori. In caso contrario, se questa viene rigettata, il management team ha due vie alternative da poter percorrere: o presentare una nuova target oppure liquidare gli investitori; si noti che quest’ultima via è perseguita anche nel caso in cui nessuna business combination viene approvata, ed anche in questo caso segue il recesso da parte degli investitori che verranno rimborsati con la liquidità detenuta sui fondi vincolati mantenendo comunque la titolarità dei warrant. Una menzione specifica, a fini di completezza, sempre nell’ambito della fase relativa all’integrazione societaria, quindi ad IPO avvenuta, meritano le quattro categorie mediante le quali Lewellen8 categorizza le SPAC nel loro ciclo di vita:
• No target found (NT): la SPAC non ha annunciato l’intenzione di acquisire una società target;
7“Glenalta al debutto in borsa con 400 investitori.”:
xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xx-xxxxxxx/xxxxxxx/0000/00/Xxxxxxxx-xx-xxxxxxx-xx-Xxxxx-xxx-000-xxxxxxxxxxx-_- FinanceCommunity.pdf
8 Si veda “SPACs as an Asset Class” di Xxxxxx X. Xxxxxxxx, 2008
• Target found (TF): la SPAC ha annunciato, ma non completato, la proposta d’acquisto;
• Acquisition completed (AC): la SPAC ha completato l’acquisizione di una o più società target;
• Acquisition withdrawn (AW): la SPAC, dopo aver annunciato l’acquisizione la ritira.
Ultimo dei punti focali relativi alla vita della SPAC, ma uno dei più importanti per quanto riguarda il successo dell’intera operazione, è quello relativo alle modalità con cui può avvenire la business combination9:
• possono essere acquistate le azioni della società target dagli attuali soci;
• possono essere sottoscritte nuove azioni emesse dalla società target;
• può avvenire una fusione diretta o inversa tra la SPAC e la società target.
Il metodo maggiormente utilizzato per portare a termine l’operazione è quello della fusione, che verrà affrontato in maniera completa ed approfondita nel proseguo dell’elaborato.
Si noti come, in merito alle modalità con cui viene effettuata la business combination, ci sono due diverse interpretazioni: una parte della letteratura accademica che sostiene che l’operazione sia una fusione vera e propria, mentre una seconda interpretazione sostiene come questa sia una reverse merger, fenomeno caratterizzante fortemente il contesto statunitense.
La reverse merger è una particolare tipologia di fusione che nel caso delle SPAC interessa una società quotata inattiva o comunque priva di asset (tipicamente
9 Business Combination ( IFRS 3): xxxxx://xxxx.xxxxxxxx.xxx/XXXXXX/xxxxxxxx/00000x00-000x-00x0-0000-0000xx0x000x
“L'IFRS 3 definisce un'aggregazione aziendale come l'aggregazione di entità o imprese separate in un'unica entità segnalante e richiede che il metodo di acquisto della contabilità venga applicato a tutte le suddette operazioni, con eccezioni limitate, ad esempio le aggregazioni aziendali tra entità sotto controllo comune e le combinazioni coinvolgendo due o più entità reciproche."
definite shell company); tra l’altro, è un’operazione che nel contesto americano gode di una negativa reputazione, in quanto associata al processo di back-door listing.10 Nel primo caso invece, si parte dalla concezione che la SPAC nasce con l’obiettivo di far diventare pubblica una società operativa non quotata mettendo a disposizione capitali freschi e l’expertise necessaria dei suoi promoters, al fine di garantire il successo dell’operazione.
Le prime evidenze empiriche11 da un punto di vista accademico intorno alle Special Purpose Acquisition Company sono emerse nel 2007 sia riguardo l’ambito legale e sia per quanto concerne l’aspetto finanziario.
Di seguito, cronologicamente, vengono riportate le tappe principali, in termini di contributi accademici, di un percorso che vede affermarsi le SPAC come uno degli elementi maggiormente interessanti e strutturati negli ultimi tempi. Per quanto concerne l’ambito legale, Xxxx (2007), Xxxxxx (2007), Xxxxxx (2007), Xxxxxxxx (2008) e Xxxxxxxx (2008) hanno posto la loro attenzione su quelle che sono le caratteristiche strutturali delle SPAC, mostrando le differenze con le blank check companies che operavano negli anni ’90, e sui vantaggi e gli svantaggi per eventuali investitori senza però procedere con alcuna verifica empirica. Xxxx evidenzia la struttura delle SPAC e come questa possa rappresentare un incentivo per gli investitori, concludendo che l’introduzione delle medesime possa rappresentare un positivo sviluppo nei mercati finanziari con effetti positivi per tutti gli investitori. Xxxxxx, invece, fornisce una panoramica da un punto di vista storico affermando che le SPAC esistenti sul mercato relativamente al triennio
10 Back-door listing: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/x/xxxxxxxxxxxxxxx.xxx
“Indica una strategia di quotazione utilizzata da una società che non soddisfa i criteri per la quotazione in borsa. Per entrare nello scambio, la società che desidera diventare pubblica acquisisce una società già quotata."
11 Tratte dal paper “A Story on SPACs ”, Xxxxx Xxxxxxxxx – Xxxxx Xxxxxxxxx, 2011
2003 -2006 hanno superato di gran lunga, in termini di emissioni, coloro che le hanno precedute negli anni ’90. Inoltre, sottolinea come queste posseggono una struttura tale da permettere una sufficiente protezione per gli investitori rispettando, i dettami imposti dalla SEC12 oltre che rappresentare un esempio di creatività legale che col passare del tempo sta assumendo sempre più un profilo di una realtà affermata le cui unit vengono negoziate sui mercati finanziari. Xxxxxx sostiene invece come le SPAC si presentano come un’alternativa ai fondi di private equity, grazie alla loro architettura finanziaria. Attribuisce parzialmente il suddetto fenomeno a quelle che sono state le politiche di governo statunitense, in particolare a quelle del 2002 relative al Sarbanes – Xxxxx Act13 che imponevano restrizioni per quelle imprese di piccole dimensioni laddove queste approcciavano il mercato per raccogliere le risorse di cui necessitavano. Xxxxxxxx, diversamente, attribuisce l’esplosione del fenomeno SPAC a quelle che sono le imperfezioni del mercato, in particolare in termini di domanda e di offerta, le quali sono uno dei motivi dell’incapacità degli investitori di replicare la composizione dei portafogli degli hedge-funds e dei fondi di private equity. Ma soprattutto, sottolinea come l’interesse relativo alle SPAC è dovuto fortemente dalla domanda di quella tipologia di investitori, per i quali, altrimenti, sarebbe difficile accedere ad investimenti di tipo private equity. Xxxxxxxx, si sofferma su come la SPAC possa rappresentare una valida alternativa all’IPO tradizionale da un punto di vista di una
12 SEC: xxxxx://xx.xxxxxxxxx.xxx/xxxx/X.X._Xxxxxxxxxx_xxx_Xxxxxxxx_Xxxxxxxxxx :
“La Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti è un’agenzia indipendente del governo federale degli Stati Uniti. La SEC detiene la responsabilità primaria per l’applicazione delle leggi federali sui titoli, la proposta di norme sui titoli e la regolamentazione dell’industria dei titoli, degli scambi azionari e di opzioni della nazione e di altre attività e organizzazioni, compresi i mercati dei titoli elettronici negli Stati Uniti.”
13 Sarbanes-Xxxxx Act: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/x/xxxxxxxxxxxxxxxx.xxx:“The Sarbanes-Xxxxx Act of 2002 (SOX) è un atto approvato dal Congresso USA il 30 luglio 2002, per proteggere gli investitori dalla possibilità di attività fraudolente poste in essere dalle società. Il Sarbanes-Xxxxx Act del 2002, conosciuto anche come Corporate Responsibility Act del 2002, ha imposto riforme rigorose per migliorare l’informativa finanziaria delle società e prevenire le frodi contabili. L’atto è stato creato in risposta alla negligenza contabile nei primi anni 2000, quando scandali pubblici come Enron, Tyco International Plc e WorldCom hanno scosso la fiducia degli investitori nelle dichiarazioni finanziarie e richiesto una revisione degli standard normativi.”
società privata non quotata, sottolineandone i benefici da un punto di vista dell’iniezione di capitale e risorse, ma anche, e non meno importante soprattutto, della liquidità del titolo una volta quotato su un mercato borsistico. A fini di completezza del seguente paragrafo, è necessario sottolineare che, volutamente, una seconda parte di contributi accademici, caratterizzata da evidenze empiriche, verrà analizzata nel capitolo 2, dedicato interamente all’esperienza USA, soffermandosi sulle performances che tali veicoli d’investimento hanno avuto su tale mercato. È invero che la quasi totalità della letteratura riguardo le SPAC è di matrice internazionale, sia per ragioni temporali, in quanto il fenomeno si è sviluppato originariamente negli USA e successivamente si è espanso su scala internazionale, sia perché comunque il mercato italiano è un mercato “che conta pressochè lo stesso numero di società quotate di venticinque anni fa”14 e soprattutto perché su di questo nel corso nel tempo sono state mostrate non poche reticenze, senza considerare le pesanti conseguenze che la crisi economico-finanziaria ha lasciato sull’intero sistema economico italiano, in particolare su quelle piccole- medie imprese che potevano essere oggetto di business combination. All’interno di queste difficoltà relative al panorama accademico nazionale, possiamo però comunque trovare interessanti spunti, più articoli che paper in verità, di professionisti del settore15, che meritano attenzione.
14 “Lo sviluppo della SPAC (Special Purpose Acquisition Company) in Italia. Un nuovo modo di fare private equity e di quotare le imprese in Borsa” – Xxxxx Xxxxxxxxx, 2014, p. 9
15 Xxxxxx Xxxxx Ginevri e Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx, “Appunti sulle Special Purpose Acquisition Companies”: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxxxxx/xxxxx_xxxxxxxx_x._x_xxxxxxxx_x.x._xxxxxxx_xxxxx_ special_purpose_acquisition_companies_spac_2018.pdf
“C’è SPAC e SPAC” di Xxxxxx Xxxxx e Xxxxx Xxxxxx: xxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxx/xxx/xxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxxxx.xxx “Le SPAC approdano in Italia” di Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxxxxxxxx/Xxxxxxxxx00-XXXX.xxx
“Lo Sviluppo della SPAC (Special Purpose Acquisition Company) in Italia. Un nuovo modo di fare private equity e quotare le imprese in borsa.”, Xxxxx Xxxxxxxxx (Egea, 2014)
“SPAC e business combination. Analisi critica della quotazione di SeSa S.p.A.” di Xxxxxxxxx Xxxxx (Aracne, 2017)
1.2 Il funzionamento delle SPAC e le figure apicali
In via preliminare, prima di procedere approfonditamente con l’analisi dei momenti topici relativi al funzionamento di una SPAC, con successivo focus riguardo i soggetti coinvolti, viene presentato uno schema16 che, graficamente, cerca di semplificare il più possibile, agli occhi del lettore, quello che il ciclo di vita di questo particolare veicolo di investimento.
1.2.1 La costituzione e i promoters
Come già ampiamente accennato, le SPAC sono costituite dai promoters con lo scopo unico di procedere all’integrazione societaria, previo acquisizione o fusione, utilizzando le risorse raccolte in precedenza tramite IPO. Formalmente, il processo inizia nel momento in cui gli underwriters, per conto del management team, procedono con il deposito del prospetto (in Italia presso la CONSOB, negli USA
16 Si rimanda al seguente sito: xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xx/xxxxx/xxxxx-xx-xxxx-xx-xxx-xxxx
presso la SEC), in cui viene annunciata una IPO in data futura. In particolare, tale documento si caratterizza per essere molto corposo in quanto al suo interno viene spiegato minuziosamente il processo di trasformazione della società appena costituita, con un investimento minimo di circa 25,000 $ da parte dei promoters in una nuova società quotata, che sarebbe alla ricerca di un’acquisizione di una società target entro un periodo temporale stabilito ex-ante. Il prospetto descrive quelle che sono le esigenze di finanziamento della nuova società, la natura dei titoli emessi, rivela quello che è l’intero accordo di sottoscrizione, l’eventuale conflitto di interesse che può sorgere tra i promoters e gli investors, approfondisce il business proposto, e soprattutto si sofferma su quello che è il background del management team. Inoltre, fornisce i dettagli su come verranno utilizzati nel caso in cui avvenga l’acquisizione della target e, caso opposto, nel caso in cui la SPAC non sia in grado di eseguire l’acquisizione e quindi deve procedere con la fase di liquidazione. Una volta approvato il documento depositato da parte dell’autorità di riferimento (negli USA la SEC, in Italia la CONSOB), il management team e gli underwriter perfezionano una serie di passi preparatori al fine di procedere alla quotazione del veicolo societario costituito.
I fondatori, stricto sensu, di una SPAC di solito sono ex o attuali dirigenti di elevato standing professionale provenienti da diversi settori, che la prassi chiama SPAC promoters17, SPAC managers, o SPAC sponsors, indistintamente. In genere, dai prospetti depositati, si evince come la provenienza degli sponsor sia alquanto eterogenea, e soprattutto possiamo notare come alcuni di questi abbiano già avuto un’esperienza nelle blank check companies nel periodo ante 2003, anno domini per le Special Purpose Acquisition Company di “nuova generazione”.
Nella maggior parte dei casi, si rileva che i fondatori delle SPAC sono circa cinque con provenienza da società di investimento, fondi di private equity ed hedge funds.
17 Si rimanda al paragrafo “Che cos’è una SPAC” in merito alla specificazione relativa alla nomenclatura utilizzata nel seguente elaborato
Nel prospetto, i fondatori evidenziano di norma l’intenzione di dedicare solo poche ore di lavoro settimanale alla SPAC e mettono in guardia i potenziali investitori per quanto riguarda un eventuale rischio di conflitto di interesse rappresentato dal loro coinvolgimento in società competitor, informandoli inoltre dell’alta incertezza relativa al successo dell’operazione di fusione; in media, la remunerazione annua del fondatore di una SPAC si attesta intorno ai $ 75,000. Essi vendono circa l’80
% dell’intera equity stake tramite IPO e mantengono per sé il restante 20% in caso di esito positivo della business combination.
Oltre, all’investimento azionario, i founders si possono anche impegnare ad acquistare anticipatamente dei warrant. In generale, nell’esperienza USA, gli sponsors partecipano alla SPAC nei seguenti termini: mediante lo sponsor equity, che è rappresentato dal 20% del capitale post IPO e che viene acquistato previo corrispettivo simbolico, attraverso lo sponsor warrants che rappresenta una % tra l’1.5-4% del capitale ed infine attraverso lo sponsor co-investment, ossia delle unit acquistate alle stesse condizioni degli investitori in sede di quotazione, o azioni acquisite a ridosso dell’assemblea. In parte o in toto, le azioni degli sponsor sono sottoposte a clausola di lock-up.
Rileva, ai fini della misura in cui gli sponsor partecipano alla SPAC, che gli sponsor warrants, rappresentano il “capital at risk” che in caso di esito negativo dell’intera iniziativa non viene recuperato; mentre lo sponsor equity non partecipa alla distribuzione dei fondi in caso di liquidazione, bensì fornisce al management team, una quota significativa nella target in caso di esito positivo della business combination, indipendentemente da quelle che sono le performance successive delle azioni.
Un ultimo elemento che è necessario analizzare in merito alla figura dei promotori è quello legato alla reputazione. In genere, le SPAC cercano di segnalare al mercato la bontà dell’operazione tramite la figura dei loro promoters; per quanto, l’elevato track record in ambito private equity / hedge funds nel ruolo di investment manager possa essere importante può non bastare, e soprattutto non essere
sufficiente per risolve la questione del moral hazard (affrontata in seguito quando si parla degli investitori al paragrafo 1.2.2.).
Nel paper a cura di Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxx ne viene dato un taglio interessante. Gli autori sottolineano come il punto più discusso è relativo al modo in cui viene stabilita la reputazione di uno sponsor di una SPAC.
A differenza di una investment bank che conclude deal con una base definita di investitori o di un fondo di private equity che opera spesso con gli stessi investitori, la maggior parte delle SPAC sono operazioni one-shot indipendenti ed è infrequente infatti trovare più SPAC dello stesso fondatore; seconda evidenza che gli autori sottolineano è come la il successo o il fallimento dell’operazione non impattino la reputazione dello sponsor in termini di investment manager di per sé, e l’eventuale perdita reputazionale dovuta ad un eventuale fallimento potrebbe essere non elevata. Essi sostengono che non è semplice stabilire l’eventuale successo o insuccesso della SPAC, in quanto se la SPAC è liquidata senza aver proceduto con successo all’integrazione societaria, lo stesso promoter potrebbe rivendicare con successo il non aver concluso cattive operazioni. Terzo punto a sostegno di tale tesi, le evidenze empiriche in merito ad hedge funds e fondi di private equity potrebbero non essere sufficientemente trasparenti per gli investitori esterni che ne volessero misurare l’eventuale reputazione. Simili a quanto evidenziato da Xxxxxxxxx, Chidambaran e Xxxxxxx sono le osservazioni di Xxxxxxxxx e Stegemoller18 che riprendono la questione relativa alla reputazione degli sponsor, mediante il concetto di “skin in the game”19, sottolineando come
18 Xxxxxxxxx e Xxxxxxxxxxx, 0000, “Special Purpose Acquisition Corporations: A Public View of Private Equity”
19 Skin in the game: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/x/xxxxxxxxxxxxx.xxx
“Nell’ambito del business e del financing, il termine skin in the game viene utilizzato per indicare proprietari o titolari che detengono una partecipazione significativa in un veicolo di investimento, come le azioni di una società, in cui gli investitori esterni sono sollecitati ad investire. In questa fase, il termine “skin” (pelle), è una figura retorica per la persona o il denaro coinvolto, e “game” (gioco) è la metafora delle azioni sul campo di gioco in questione. Non è raro che un dirigente riceva azioni come compenso o per esercitare opzioni su azioni per acquistarle con uno sconto. Ciò che è raro è che un dirigente rischia i propri soldi nella società in cui lavora. Quando un dirigente mette, appunto, la pelle in gioco, è visto come un segno di buona fede, o nella situazione opposta di sfiducia, nel futuro dell’azienda, e quindi agli occhi degli investitori esterni ciò rappresenta un segno positivo. Inoltre, se i principali hanno investito il proprio denaro nel veicolo di investimento, allora gli investitori potenziali e quelli esistenti tradurranno questa
mentre questo meccanismo è oggetto di dibattito per quanto concerne il private equity, per le SPAC è un elemento vitale. Esso consiste nel fatto che un investimento nella società per cui si opera, da parte dei top-manager, in questo caso gli sponsor, è un segnale di buona fede o di fiducia, ed è visto come un segno positivo da parte degli investitori esterni. La ratio infatti è la seguente: se gli sponsor hanno investito il proprio denaro nel veicolo di investimento, allora gli investitori potenziali e quelli esistenti tradurranno questa mossa per dire che l'investimento è stabile e avrà maggiore fiducia che la società farà sempre del suo meglio per generare rendimenti per i suoi investitori. L'idea che sta dietro agli sponsor che mettono la loro skin in the game (letteralmente – pelle nel gioco) è quella di garantire che le aziende siano gestite da individui che condividono la stessa partecipazione alla società. Essi possono parlare tutto ciò che vogliono, ma il miglior voto di fiducia è mettere i propri soldi in gioco proprio come gli investitori esterni.
1.2.2 La quotazione, gli underwriters e gli investitori
Tipicamente la quotazione delle SPAC prevede che vengano collocate sul mercato delle unit che di solito corrispondono in un’azione ordinaria e in uno (o più) warrant, che permettono all’investitore di poter acquistare in futuro azioni della
mossa per dire che l’investimento è stabile e avrà maggiore fiducia che la società farà sempre del suo meglio per generare rendimenti per i suoi investitori. L’idea che sta dietro ai dirigenti che mettono la loro pelle nel gioco è quella di garantire che le aziende siano gestite da individui che condividono la stessa partecipazione alla società. I dirigenti possono parlare di tutto ciò che vogliono, ma il miglior voto di fiducia è mettere i propri soldi in gioco proprio come gli investitori esterni. Tuttavia, esistono dei limiti che emergono quando ai proprietari e ai dirigenti superiori viene chiesto di investire i propri soldi in sicurezza. Molte banche e altre istituzioni finanziarie impediscono ai dipendenti di avere una “skin” in cui viene gestito il capitale dei clienti, principalmente per evitare situazioni in cui vengono gestite informazioni rilevanti prima ancora di averne parlato con il cliente e soprattutto per garantire che le risorse personali siano separate da quelle dei clienti. Inoltre, le strutture di investimento come hedge fund, fondi di private equity, fondi comuni di investimento sono legalmente limitate a posizioni di investimento in partecipazioni di minoranza comprese tra lo 0.5% e il 2%.”
medesima a sconto. L’utilizzo dei fondi ottenuti tramite IPO è regolamentato da quanto stabilito nel prospetto.
Nello specifico, circa il 5% del capitale raccolto è utilizzato per pagare in anticipo le commissioni dei sottoscrittori, le spese amministrative e legali, i costi degli uffici, di registrazione dei titoli, e dei salari dei dipendenti. Il rimanente 95% dei fondi viene depositato in appositi fondi vincolati, aperti presso un’istituzione depositaria20, per essere investiti in titoli privi di rischio di elevata qualità, tipicamente i titoli di stato.
L’istituzione di un fondo vincolato è un aspetto essenziale in questo processo, in quanto esso dimostra ai potenziali investitori la volontà di assicurare gli investitori che la maggior parte dei fondi raccolti è preservato indipendentemente dal successo della business combination. In prima istanza, i sottoscrittori hanno interesse nello strutturare attentamente le offerte dei titoli che riguardano la SPAC in modo tale da suscitare l’interesse di potenziali investitori. In secondo luogo, essi fungono anche da market-maker in quanto procedono in via immediata all’attività di negoziazione degli strumenti emessi. Le unit (azioni + warrant) si dissolvono (ossia le componenti, azioni e warrants, circolano autonomamente) circa 45 giorni dopo l’IPO.
Per quanto concerne i warrant, Lakicevic e Xxxxxxxxx sottolineano come per il loro esercizio è necessario attendere il completamento dell’integrazione societaria, (in media, avviene, circa, dopo 7-8 mesi dalla data di deposito dei documenti, con cui si attesta la volontà di raccogliere risorse sul mercato). Negli USA, tali strumenti, nel periodo 2003-2005, venivano negoziati principalmente sui mercati
20 Si rimanda a: xxxxx://xxx.xxx.xxxxxxx.xxx/xxx/xxxx/00/000.00:
“Ai fini della sezione 716 del Xxxx-Xxxxx Act (15 U.S.C. 8305) e di questa regola, il termine “istituzione depositaria assicurata” include qualsiasi istituto di deposito assicurato come definito nella sezione 3 della legge federale sull’assicurazione sui depositi (12 U.S.C. 1813) e qualsiasi succursale o agenzia statunitense non assicurata di una banca estera. I termini succursale, agenzia e banca estera sono definiti nella sezione 1 della legge sull’attività bancaria internazionale del 1978 (12 U.S.C. 3101).”
illiquidi OTC21, e solo in seguito sull’AMEX/ NYSE e sul NASDAQ. Infatti, dal 2005 l’AMEX consentì la quotazione delle SPAC, previo regolamentazione dei requisiti patrimoniali minimi, la governance, il rispetto del Sarbanes Xxxxx Act e la quota di prezzo minima, e dal 2008 la negoziazione è stata ammessa anche per NASDAQ e NYSE. (Il NASDAQ rimane la prima scelta, in termini di mercato, su cui quotare una SPAC).
Avendo considerazione dell’intera operazione, possiamo evidenziare come gli underwriters non si limitano alla sola quotazione bensì ricoprono anche il ruolo di advisor. Infatti, a sostegno di tale evidenza Xxxxxxxxx dimostra come nel 47 % dei deal, la funzione dei sottoscrittori non si limita ad accompagnare la società in borsa, bensì anche di assiste la medesima per l’intero ciclo di vita. Per l’intero coinvolgimento, essi ricevono una fee che si attesta approssimativamente al 7 % dei proventi della quotazione. In genere, il sindacato di underwriters in media è composto da quattro membri, in particolar modo da investment bank altamente specializzate di piccole dimensioni. Tale evidenza è confermata dalle analisi di Xxxxxxx, Xxx e Schweizer22 in merito al profilo degli underwriters. Gli autori analizzano come questi possano essere più di uno e come concordano, con la società, una struttura unica ed alquanto peculiare riguardo le commissioni, in quanto una parte viene pagata loro dopo il processo di IPO ed una seconda viene conservata nel fondo vincolato, accanto al capitale degli investitori, e pagata ad acquisizione avvenuta. Come anticipato, un elemento interessante, che si evince dagli studi in questione, è come il profilo dell’underwriter è rappresentato da
21Mercato Over the counter(OTC): xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxXxx/xxxxxxxx.xxx?xxxxxxxXxxxxxxxXxxxxx&xxxxxXxxxxxx%00Xxxx%00xxx
“Un Mercato Mobiliare non Regolamentato (Over the Counter, OTC) è un luogo, fisico o virtuale, in cui gli operatori si incontrano al fine di collocare, scambiare o rimborsare valori mobiliari. L'assenza di regolamentazione riguarda il fatto che il funzionamento di tale mercato, i titoli e gli operatori ammessi non sono assoggettati alla disciplina specifica e alla autorizzazione delle Autorità di Vigilanza in materia di Mercati Regolamentati e non sono iscritti nell'apposito albo. Le modalità di contrattazione non sono standardizzate ed è possibile stipulare contratti "atipici". In generale i titoli trattati in un mercato OTC sono meno liquidi rispetto a quelli trattati sui mercati ufficiali. In Italia i mercati OTC assumono la configurazione di Sistemi di Scambi Organizzati (SSO).”
22 Xxxxxxx, Haβ e Xxxxxxxxx, “The Fast Track IPO – Success Factors for Taking Firms Public with SPACs”, 2014
operatori di nicchia del settore, e non invece dai soliti nomi che ci si aspetterebbe per una tale operazione, e che corrispondono al gruppo di investment banks che rientrano nella cosiddette “League Tables”; ciononostante, con la crescita del mercato, cui si sta assistendo negli ultimi anni, non di rado è possibile trovare qualche grande commercial bank tra gli underwriters. La ragione per cui, secondo gli autori, le big del settore ancora non sono scese in campo a pieno regime, è relativa al modo in cui le commissioni vengono pagate: anziché essere divise in due momenti diversi, questi player sarebbero più orientati per un pagamento immediato successivamente l’IPO; pertanto ci sarebbero meno incentivi per loro nell’assistere le SPAC sia per quanto riguarda la fase dell’accompagnamento in borsa ma anche per quanto concerne l’acquisizione della target, considerando anche il fatto che le SPAC, a livello dimensionale, sono un prodotto che è significativamente inferiore rispetto al segmento target seguito normalmente dalle grandi banche d’affari, e questo aspetto può andare, senza dubbio a rafforzare, la tesi per cui si preferisce un advisor di xxxxxxx.
Dall’analisi dell’elaborato di Cumming, Xxx e Schweizer si evince quindi come il collocamento in Borsa sia prerogativa di operatori di nicchia, o quasi. A tal punto, merita interesse quanto pubblicato da “Spac Insider23”, in merito al ranking relativo, in ordine, ai seguenti periodi: 1H, 1Q, 2Q del 2018, tutti successivi al paper in questione, riguardo gli underwriter che hanno preso parte ad operazioni aventi ad oggetto delle SPAC. Ciò che si evince è che al giorno d’oggi, con la crescita del mercato, e con il fenomeno SPAC non più così di nicchia come poteva essere qualche anno fa, anche le grandi investment bank stanno entrando nel mercato, non dimenticando comunque quegli operatori specializzati che hanno comunque ricoperto il ruolo di pionieri nel mercato delle SPAC:
23 Si veda: xxxxx://xxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxx/
(in giallo, sottolineate le investment bank appartenenti alla categoria “League Table24”)
1 HALF 2018:
24 Si veda: xxxxx://xxxxxxx.xx.xxx/xxxx/xxxxxx-xxxxxx/xxxxxx-xxx-xxxxxx
1Q 2018:
2 Q 2018:
Ѐ interessante rilevare, come sia nell’1H che nel 1 e 2 Q del 2018, siano presenti anche delle banche di investimento che appartengono alla macro-area delle “League Tables”, questo a riprova del fatto che dal momento in cui sono emersi i primi contributi riguardo alle SPAC, il mercato sta crescendo in maniera significativa e anche i gli operatori di elevato standing hanno deciso di entrare
occupando tra l’altro posizioni apicali, in termini di: numero di deal, dimensione media (in mln), e % della quota di mercato.
In merito al processo di quotazione in borsa, un elemento caratterizzante è il fenomeno dell’underpricing25che caratterizza tanto le IPO tradizionali, quanto le IPO di veicoli di investimento come le SPAC. Dopo esser sbarcata in borsa, l’obiettivo principale di una SPAC è quello di integrarsi con una società privata non quotata, la quale in via indiretta assumerà lo status di società quotata, e come affermano Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxx00, è interessante chiedersi se la valutazione della target sarà oggetto di underpricing, come accade per le IPO tradizionali. Ѐ possibile evincere come i modelli teorici sottolineano il ruolo, nonché l’utilizzo, dell’informazione da parte degli investitori nella spiegazione del fenomeno dell’underpricing in un IPO, riprendendo l’evidenza cui sono giunti Xxxxxx e Ritter27 mostrando come le società caratterizzate da elevata asimmetria informativa tendono a presentare, in media, un livello di underpricing maggiore. Xxxxxxxx e Xxxx00, evidenziano che le banche d’investimento con maggiore
25 Underpricing: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxXxx/xxxxxxxx.xxx?xxxxxxxXxxxxxxxXxxxxx&xxxxxXxxxxxxxxxxx
“Fenomeno tipico delle operazioni di OPV e IPO che si verifica quando il prezzo di collocamento è inferiore al prezzo di mercato dei titoli al momento della quotazione.” – Approfondimento: “Le società possono scegliere consapevolmente di offrire al pubblico i loro titoli ad un prezzo inferiore al presumibile prezzo di mercato al momento della quotazione per incentivare gli investitori ad aderire all’offerta, o per favorire la massima diffusione dei titoli fra un vasto pubblico, oppure per l’esistenza di rilevanti asimmetrie informative fra i partecipanti all’operazione.
Sull’entità dell’underpricing possono incidere anche altri fenomeni quali un eventuale squilibrio fra domanda e offerta dei titoli proposti nonché lo sconto riconosciuto agli investitori rispetto a titoli già quotati di società confrontabili oppure ancora fenomeni di natura comportamentale.”
26 Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxx, “Security Design for a Non – Standard IPO: The Case of SPACs”, 2016
27 Xxxxxx and Xxxxxx, 1986, "Investment banking, reputation, and the underpricing of initial public offerings." Journal of Financial Economics 15(1-2):
xxxxx://xxxxxxxx.xxx.xxxxx.xxx/xxxxxx/0000.00/00000
28 Xxxxxxxx and Xxxx, 1994, “The Pricing of Initial Public Offerings: Tests of Adverse-Selection and Signaling Theories”: xxxxx://xxxxxxxxxx.xxxxx.xxx/xxxxxxx/xxxxxxxxx/x_0x0_0xx_0x0000_0xx_0x0_0xx_0x000-000.xxx
standing sono associate ad IPO meno rischiose con conseguenti rendimenti iniziali giornalieri minori. Sia la relazione tra underpricing e rischio di asimmetria informativa che il legame tra banche d’investimento di elevata reputation ed emissioni meno rischiose, sono essenziali nel valutare il ruolo della SPAC come forma non convenzionale per raccogliere risorse sul mercato, considerando che l’underpricing rappresenta un costo per l’emittente.
Nell’ottica del fenomeno dell’underpricing è interessante il contributo che viene dato da Xxxxxxxxx, Chidambaran e Goswami, i quali cercano di definire un livello di underpricing predeterminato, sulla base della seguente considerazione: le imprese che vogliono quotarsi tramite meccanismi tradizionali, dovendo fronteggiare una serie di costi, (laddove ne risultasse conveniente, dopo un’attenta analisi) possono scegliere di quotarsi tramite SPAC se, complice comunque il livello di underpricing implicito di tali veicoli societari, risultasse economicamente vantaggioso ai fini del processo di quotazione; alla luce di quanto definito il livello di underpricing della società target è costituito dal valore dell’equity detenuto dai founders, azioni e warrant, più le spese operative al netto dell’investimento iniziale da parte dei primi.
L’intuizione che sottende tale evidenza è la seguente: l’ammontare totale necessario per pagare la società target è uguale ai proventi dell’IPO e all’ammontare investito dai founders tramite i warrant meno le spese operative della SPAC. Dal momento che i founders ottengono una parte di equity, post integrazione societaria che si attesta intorno al 20%, e non contribuiscono alla formazione del valore della medesima, vediamo come l’ammontare totale necessario per pagare la società target, ai fini del perfezionamento dell’integrazione societaria, è minore di un ammontare pari alla cifra detenuta dai founders. Tale gap, rappresenta l’underpricing. Tali evidenze sono essenziali per comprendere le implicazioni economiche sottostanti l’intera operazione riguardante la SPAC. In breve, le azioni spettanti ai fondatori devono essere considerate come un compenso spettante ad un investitore informato che produce informazioni, che implicitamente dà segnali positivi al mercato, in merito ad una
società che si appresta a diventare pubblica; esiste quindi un impegno ex-ante nel destinare parte dell’equity della target ai founders, i quali ricoprono una posizione di forza nell’intera architettura del progetto, soprattutto alla luce degli incentivi nel dare determinati segnali al mercato e nello scegliere progetti capaci di creare elevato valore cercandone di minimizzare il rischio dell’intera operazione. Infine, un ultimo aspetto che merita attenzione è legato alla figura degli investitori e al ruolo che questi hanno nell’intero processo relativo alla SPAC; in particolar modo, tale analisi deve contestualmente considerare la figura dei promoters come termine di paragone. Ab origine, va da sé, che la decisione di quotarsi sottende la presenza di due tipologie di investitori: quelli informati, i founder appunto, che conoscono il reale valore della società, che sono tipicamente individui con track-record significativo alle spalle nell’ambito del private equity o degli hedge-funds, nel ruolo di investment manager, e gli investitori occasionali, e pertanto non informati. Il rapporto tra queste due classi è riconducibile a quello principal-agent in merito alla problematica del moral hazard29. Xxxxxxx X’Xxxxx00, sottolinea come l’azzardo morale sia molto elevato sia durante che dopo l’IPO. Egli qualifica come principal gli investitori non informati e come agent il management team. Inoltre, individua quelli che possono essere una serie di rimedi a tale asimmetria informativa, come i warrant e gli incentivi a disposizione del management team. In particolare, sottolinea come l’emissione di warrant emessi durante l’IPO rappresenta un modo per evitare i costi di agenzia e di azzardo morale, in quanto esercitabili solo dopo la conclusione dell’IPO, e nel caso della SPAC solo dopo il perfezionamento dell’integrazione societaria. In altri termini, il detentore del warrant potrà acquisire equity della società in futuro in relazione ai flussi di cassa generati dalla società a
29 Moral hazard: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/x/xxxxxxxxxxx.xxx
“L’azzardo morale è il rischio che una parte della transazione non abbia stipulato il contratto in buona fede, ha fornito informazioni fuorvianti sulle sue attività, passività o capacità di credito. In aggiunta, azzardo morale può anche significare che una parte ha un incentivo a correre rischi insoliti in un tentativo disperato di guadagnare un profitto prima che il contratto si risolva. L’azzardo morale può essere presente ogni volta che due parti entrano in accordo l’una con l’altra. Ogni parte in un contratto può avere l’opportunità di guadagno dall’agire contrariamente ai principi stabiliti dall’accordo.”
30 Xxxxxxx D’Xxxxx, “SPAC: a comparative study under US, Asia and Italian corporate framework. Soft law vs. Hard law.”, 2014
seguito dell’IPO, o in caso di SPAC a seguito della Business Combination. Allo stesso tempo, il management team non avrà la disponibilità immediata di tali risorse che saranno disponibili solo dopo l’eventuale esercizio da parte degli shareholders. In sintesi, l’emissione di warrant rappresenta una sorta di finanziamento controllato, direttamente correlato all’operazione di integrazione societaria e permette di evitare comportamenti opportunistici da parte dei promoters, e allo stesso tempo un monitoraggio del management team da parte degli azionisti. Infine, un’ulteriore modalità per evitare tali asimmetrie informative è quello di garantire degli incentivi monetari al management team, di circa il 20% dell’equity nella fase post-business combination. Questa opzione, indubbiamente, renderà più semplice e molto più snello il processo di ricerca, in primis, e integrazione societaria poi, di una società target ad alto potenziale. In merito alla categoria degli investitori, la prassi finanziaria rileva come la maggior parte di questi rientra nella categoria degli investitori istituzionali. Lakicevic e Vulanovic osservano come, in media, essi posseggono il 78.2% dell’equity stake della SPAC e le forniscono circa il 97% delle risorse. Tale discrepanza rappresenta il fattore di diluzione del capitale, il quale aumenta nei casi di conversione e rimborsi di strumenti partecipativi del capitale. Il modo in cui sia il management che gli underwriters compensano tale diluzione è rappresentato dall’istituzione di un escrow account dove confluiscono quasi tutti i proventi dell’IPO. Dal momento che gli investitori comprano unit composte da azioni e warrant, coloro che hanno investito inizialmente nella SPAC potrebbero vendere i loro warrant –in the money e detenere le azioni fino al momento dell’acquisizione in modo da poter assicurarsi, seppur minimi, ritorni positivi.
Genericamente, la struttura delle SPAC è tale da assicurare agli investitori dei pay- off che equivalgono alla detenzione di un risk-free più un’opzione call. (Negli U..S.A., prima della recente crisi finanziaria, il guadagno medio era maggiore di circa 4 volte rispetto ai T-Bill).
La medesima letteratura conferma che per gli investitori, nel periodo intercorrente l’IPO e l’integrazione societaria, in genere, il guadagno è leggermente superiore
allo 0, in quanto è possibile vendere i warrant sul mercato e riscattare le azioni. Le evidenze empiriche però dimostrano come nella fase successiva all’acquisizione i rendimenti tornano ad essere negativi e quindi il supporto all’acquisizione non si è rivelato azione efficace.
(Nello specifico, si assiste ad una sorta di compensazione dei valori del titolo tra il momento pre-acquisizione e quello post-acquisizione).
1.2.3 La Business Combination e la Target company
In genere, la data dell’IPO rappresenta il primo giorno di vita della SPAC sul mercato, ma, paradossalmente, può essere anche l’ultimo, a differenza delle società quotate tradizionali. Il motivo è il seguente: se, il management team, non è in grado di realizzare una business combination entro un determinato periodo di tempo, la SPAC si dissolve e gli investitori esistenti saranno autorizzati a ricevere quanto detenuto sul fondo vincolato, in proporzione alle azioni detenute. Teoricamente, il management team ha a disposizione un periodo di tempo che va dai 18 ai 24 mesi per completare il processo di acquisizione, ma in pratica, tale lasso di tempo può essere esteso di ulteriori 6 mesi, arrivando quindi ad un massimo di 30. Inoltre si evidenzia come il processo di liquidazione è, altresì, condizionato dalle regole relative ai meccanismi di quotazione in borsa. Nei primi anni, quando le SPAC erano negoziate solo sui mercati OTC, queste forme di tutela relative ai termini di liquidazione erano molto più blande se non assenti, ed erano gli stessi sponsors ed underwriters che si auto-imponevano un termine di liquidazione pari a 24 mesi. Nel 2008, invece, quando sia il NASDAQ che il NYSE annunciarono l’ammissione delle SPAC alle negoziazioni, ci fu un’ulteriore estensione ai termini di liquidazione fino a 36 mesi (in Italia, al massimo 30).
Nei prospetti che vengono depositati alle authority di riferimento, i fondatori della SPAC solitamente specificano il settore o il paese della target oggetto di acquisizione. Inoltre sono tenuti a presentare regolarmente la documentazione finanziaria trimestrale ed annuale.
Solitamente le SPAC utilizzano uno specifico documento (negli USA il cosiddetto “8-K Form” o il documento “425 Form”) per annunciare la business combination. Nel documento che annuncia l’integrazione societaria, il management fornisce delucidazioni in merito alla struttura dell’operazione proposta nonché svela il nome della target.
Inoltre il management team dichiara che il perfezionamento della business combination è condizionato dall’approvazione da parte di una percentuale minima degli azionisti, come specificato dal prospetto della quotazione.
Dopo l’annuncio relativo all’integrazione societaria e la concomitante approvazione del documento definitivo da parte dell’autorità di riferimento, il compito più incombente per il management team è quello di avere il supporto degli azionisti, per la business combination proposta, alla data del voto, ricordando che tutti gli azionisti hanno diritto a partecipare alla votazione relativa al progetto di fusione, e affinchè il deal venga approvato è necessario che in assemblea non si abbia una determinata percentuale di voti contrari, la cui soglia è indicata nel prospetto depositato in sede di IPO.
Nel periodo che andava dal 2003 al 2006, tipicamente la soglia di non-voto era del 20% dei voti totali, mentre dopo il 2006 si è attestato a circa il 30% in media; ciò significa che se più del 20% degli azionisti vota contro la proposta di business combination, il processo di fusione deve essere sospeso e la SPAC liquidata. Nel momento in cui viene annunciata la liquidazione della società, gli azionisti hanno diritto alla distribuzione delle risorse detenute sul fondo vincolato, pro-rata rispetto alle azioni detenute. Nel caso in cui, gli azionisti approvano la business combination, il management team, insieme agli underwriters, e ad i legali procedono alla definizione di un nuovo modulo e notificano l’emissione di nuovi titoli strumentali al perfezionamento della business combination. Approvata la transazione, tutti i fondi detenuti nel fondo vincolato sono disponibili per il management team della SPAC affinchè possano essere utilizzati per la nuova società costituita. Invece, per quanto riguarda la target company, oggetto dell’acquisizione, deve essere una società privata non quotata, e riguardo tal punto
possiamo notare delle differenze culturali tra l’esperienza USA e quella italiana riguardo le SPAC. In USA, è frequente rivolgere l’attenzione su società da ristrutturare o comunque che non godono di buona salute, mentre in Italia il profilo della società da acquisire è rappresentato da realtà medio-piccole ad alto potenziale. Come sottolinea Xxxxxxxx, le aziende private acquisite dalla SPAC vengono portate sul mercato senza dover fornire tutta la documentazione finanziaria, con annesse integrazioni, che un normale processo di quotazione tradizionale richiede. Proprio per questo le target firms vedono nella SPAC un modo attrattivo per accedere al mercato senza dover affrontare le varie lungaggini oltre che i significativi costi richiesti dal normale processo di quotazione. Inoltre, un ulteriore pros per i proprietari della target è l’ottenimento di liquidità previo pagamento in forma cash, oltre al beneficio dell’esperienza del management team nonchè della struttura della SPAC stessa, la quale riduce sensibilmente la minaccia di interferenze normative, o legislative, durante il processo di acquisizione. Le SPAC risultano avere un elevato appeal per diversi motivi: in primis, per quelle società che sono affamate di liquidità, perchè queste hanno significative disponibilità di cash, ma soprattutto perché, agli occhi dei fondi di private equity, esse rappresentano un potenziale exit-vehicle per le società che questi hanno in portafoglio, considerando, anche, che un significativo numero di professionisti, operanti nelle SPAC, sono attuali o precedenti manager di fondi medesimi. La maggior parte delle SPAC sono focalizzate nell’acquisire società target appartenenti a specifici settori (trasporti, healthcare, financial services, beni di consumo, telecomunicazioni, manifattura) o a precise aree geografiche (incluse Cina, India, Israele) in cui il management ha significativa conoscenza. Ѐ importante sottolineare che nell’acquisizione della target, la SPAC deve utilizzare almeno l’80% delle risorse vincolate sull’escrow account pena la liquidazione, il che significa la restituzione, pro-quota, di quanto depositato sul fondo agli investitori. Ѐ possibile, seppur abbastanza raro, trovare situazioni in cui la SPAC acquisisca più società target e non una sola. Mentre è prassi la circostanza che prevede il non aver ancora inquadrato la potenziale target al momento dell’IPO, e
di conseguenza non essere in grado di fornire informazioni dettagliate agli investitori prima della quotazione sul mercato.
Le azioni della SPAC posseggono, da un punto di vista strutturale, delle proprietà uniche ed interessanti che differiscono significativamente da quelle possedute dalle normali azioni ordinarie. Infatti, l’investitore è come se investisse in un’attività priva di rischio, nella prima fase del ciclo di vita della SPAC, quindi prima della business combination, e al contempo in un’opzione call su un titolo a lui sconosciuto, caratterizzato comunque da rischio sistemico. Inoltre, tali azioni sono caratterizzate da una data di scadenza e da una serie di diritti di gran lunga superiori a quelli tipici forniti da quelle ordinarie. Nell’ipotesi in cui, invece, la business combination non avvenga, l’investitore ha il diritto a ricevere parte della liquidità detenuta sul fondo in proporzione alle azioni detenute. Ѐ importante sottolineare che, da un punto di vista teorico, non dovrebbe mai accadere che il titolo azionario quoti al di sotto del valore attuale (che per esemplificazione potremmo identificare col termine floor) del montante della liquidità medesima considerata alla data di scadenza della società. In termini prettamente finanziari, il titolo azionario normalmente reagisce in due momenti specifici: nel momento in cui viene annunciata la business combination (nel dettaglio, al momento della firma della lettera di intenti con la società target) e alla data di decisione della stessa (tipicamente la data in cui viene convocata l’Assemblea o la data in cui si accerta che il livello degli azionisti recedenti è inferiore alla soglia prevista). Il mercato può reputare il progetto di integrazione societaria positivo, quindi il titolo si apprezzerà in quanto si ritiene che tale progetto possa creare valore, oppure può valutarlo negativamente ed in tal caso il valore del titolo si attesterà al valore floor, in caso opposto. Ma non solo, il titolo può reagire anche ad eventuali rumors del mercato, in via anticipata, relativamente ad un potenziale accordo con la target, ed
in tal caso, risulta difficile giustificare un voto positivo al progetto di integrazione societaria, in assenza dell’apprezzamento del titolo post-annuncio, da parte di un investitore razionale. Xxxx, è frequente l’idea che sostiene che un eventuale apprezzamento del mercato, sia strumentale ad un voto positivo alla business combination, ed in tal caso, la conclusione è che il mercato è in grado di leggere, in via anticipata, la qualità del deal, in contrasto con le numerose evidenze che ne dimostrano la sua inefficienza. La complessità della SPAC, è dovuta in parte, anche a quella che è la sua architettura finanziaria. Infatti, oltre alle azioni, sono previsti anche i warrant, che sono degli strumenti finanziari che attribuiscono il diritto a sottoscrivere delle azioni della società emittente ad un prezzo, e secondo un rapporto di cambio, già prefissati.
Le SPAC prevedono due tipologie di warrant: gli sponsor warrant che vengono sottoscritti dai promoter, ed i market warrant che invece vengono offerti insieme alle azioni al pubblico in maniera gratuita. Inoltre, è importante sottolineare come la presenza di warrant renda molto più attraente un qualsiasi collocamento azionario, non solo limitato alle SPAC, in primis per mettere in una condizione di privilegio coloro che li sottoscrivono, in quanto possono esercitare il loro diritto nel momento in cui il valore delle azioni si apprezza, ma soprattutto per poter splittare l’investimento in due tipi di titoli diversi: azioni e warrant che sono caratterizzati da due profili di rischio e rendimento differenti. Le caratteristiche principali dei warrant sono le seguenti:
• il prezzo di esercizio, al momento dell’emissione, “in the money”;
• l’opzione contenuta nel warrant è di tipo americano, ossia può essere esercitata in qualsiasi momento ante-scadenza. I momenti di esercizio sono due: o successivamente l’IPO, o in maniera dilazionata, al momento dell’integrazione societaria;
• il loro esercizio può avvenire senza che il portatore versi un corrispettivo monetario. Tale modalità di esercizio si chiama cashless, ed è caratterizzata da un prezzo d’esercizio nullo e da una variazione del
rapporto di esercizio, ossia il n° di azioni che si possono dall’esercizio di ciascun warrant;
• è possibile che nel momento in cui il prezzo dell’azione sia al di sopra di una data soglia, la società riscatta i warrant ad una cifra simbolica forzando i portatori alla conversione in modo tale che questi non perdano quanto guadagnato.
1.3 SPAC ed evidenze contabili
Per quanto le implicazioni contabili della SPAC possano essere molto complesse ed ampie da analizzare, ed ai fini di tale elaborato, ci limiteremo ad analizzarne gli aspetti principali. Innanzitutto, è bene specificare che la fusione può essere diretta o inversa, a seconda se è la SPAC che incorpora la target, o viceversa. Ѐ chiaro che come conseguenza principale si avrà che, nella prima ipotesi, ci sarà un continuum in termini di quotazione sul mercato di riferimento, altrimenti, nel secondo caso, sarà necessario un secondo processo di quotazione. Nella realtà, la prima ipotesi è quella che maggiormente viene utilizzata. A fini contabili, pertanto, è necessario effettuare alcuni distinguo: in primis, la SPAC è una società non operativa, quindi non può essere definita come “business combination” secondo l’accezione dei principi IFRS. Successivamente, la società risultante dalla fusione mantiene lo status di società quotata della società non operativa. Terzo, sempre nella società post-fusione, gli azionisti della target costituiranno la maggioranza del capitale.
Infine, il prezzo di mercato della SPAC può divergere dalla relativa quota del patrimonio netto a valori di mercato della medesima. Fumagalli sottolinea come a tal proposito, non esiste un unicum contabile per quanto riguarda la SPAC, anche perché da un lato non è possibile utilizzare a pieno il concetto di business combination e dall’altro, questo particolare tipo di operazione presenta dei tratti tipici della reverse acquisition, concetto analizzato nel successivo paragrafo, considerando anche le maggiori evidenze della letteratura internazionale.
1.4. SPAC: fusione diretta o inversa?
Ѐ indubbio come la business combination effettuata dalla SPAC avviene mediante un’operazione di fusione; il problema sta nel capire se, da un punto di vista accademico, sia statunitense che italiano, tale operazione deve essere considerata, o no, come una reverse merger.
Allo stesso modo, è alquanto evidente come la letteratura relativa a tale fenomeno abbia una struttura, nonché un profilo prettamente internazionale. Le evidenze a riguardo pertanto propendono, in maggioranza, per il processo della reverse merger, ma, per completezza informativa, segnaliamo le motivazioni per cui Xxxxxx Xxxxxxxxx in “Lo Sviluppo della SPAC (Special Purpose Acquisition Company" sostiene che il processo di business combination avvenga mediante la fusione classica. Come anticipato nel primo paragrafo dell’elaborato, Xxxxxxxxx sottolinea come la reverse merger è una prerogativa delle shell-company, società tipicamente non operative e prive di asset. Differentemente, la SPAC è un prodotto societario che nasce sulle ceneri delle blank check companies. Le due società sono simili ma con delle differenze31 che, se nell’immediato possano essere non- significative, nell’economia del discorso di Xxxxxxxxx si rivelano cruciali. (Le origini delle blank check companies verranno trattate nel dettaglio nel capitolo successivo). Per quanto riguarda l’altro lato della medaglia, ossia la letteratura USA, i riscontri sono totalmente opposti, ossia che la business combination avviene mediante fusione inversa. Essa è un modo alternativo per rendere quotata
31 Per le differenze si rimanda al seguente link: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxx- banking/questions/what-is-the-difference-between-shell-companies-and-blank-check- companies.html - “Shell companies e blank checks sono fondamentalmente simili. Una start-up che ha un piano per produrre o fornire “qualcosa” ma che al momento non ha alcuna attività/operazione, si qualificherebbe, una volta quotata, come shell company, proprio perché ha asset ed operazioni nominali/minimi. Ma, non si qualificherebbe come blank check company in quanto ha un vero piano aziendale. D’altra parte invece, una società inattiva che era solita avere operazioni ma che al momento gode di una buona quantità di risorse (brevetti, rivendicazioni da terze parti, e forse anche di una significativa perdita netta) potrebbe qualificarsi come blank check company (a causa della sua reale intenzione di fondersi), ma non come shell company (perché detiene un livello di asset maggiore rispetto a quello nominale/minimo). Una start-up che ha tali operazioni in essere non può essere qualificata come shell company. Tuttavia, sarebbe ancora soggetta agli obblighi di informativa su qualsiasi operazione di fusione inversa laddove mantenga ancora asset ed operazioni nominali.”
una società. Infatti anziché ricorrere ad un underwriter per collocare e negoziare le azioni sul mercato mediante il tradizionale processo di IPO, una società privata operativa, lavora con uno “shell-promoter” per poter individuare una shell- company con cui procedere alla business combination. Il processo prevede che la operating company si fonda con la shell company, o con una sussidiaria appositamente creata da quest’ultima. Nel corso della fusione, agli azionisti della società operativa viene assegnata una quota di maggioranza nella shell-company in cambio delle azioni possedute nella società operativa. Quindi, nella fase post- merger, la shell company conterrà attività e passività della società operativa ed è controllata dagli azionisti di quest’ultima. Il nome della shell company sarà cambiato con quello della operating-company, come il capitale umano relativo ai ruoli apicali della stessa, e le azioni continueranno ad essere negoziate sullo stesso mercato dove la shell-company era quotata prima della business combination. Quindi, alla fine di tale processo, il business della società operativa sarà ancora controllato dallo stesso gruppo di shareholders e dirigenti, ma, differentemente dallo scenario ante-merger, contenuto formalmente in una società quotata. Sebbene le fusioni inverse vengono spinte dai più come sostituti dell’IPO tradizionale, esse non forniscono né infusione di equity, né incrementano il grado di liquidità del titolo, caratteristiche, queste ultime due, principali dell’IPO. Con il duplice obiettivo di: completezza informativa sulla fusione inversa e come processo strumentale al successo di una SPAC di seguito, verranno analizzate le caratteristiche principali, dapprima in modo generico e successivamente in maniera più approfondita. Tipicamente, una shell-company è un tipo di società che colloca una classe di titoli, caratterizzata solamente da operazioni nominali e da assets che possono essere solo disponibilità liquide o equivalenti.
Le motivazioni per le quali un tipo di società può esistere sono le seguenti: o in precedenza era una società operativa che venne quotata sul mercato e in seguito, per diverse ragioni, è stata costretta a cessare le operazioni e liquidare gli asset oppure non ha mai svolto alcuna attività ed è stata creata da zero con lo scopo di creare una public-shell.
La shell-company potrebbe avere o meno azioni negoziate pubblicamente. Tipicamente, le azioni della società operativa originaria venivano negoziate sui mercati, ed al cessare delle operazioni rimanevano comunque come flottante, seppur con un differente grado di liquidità. In altri termini, gli scambi avvenivano con molta meno frequenza. In genere, nel mercato statunitense, le azioni della società operativa originaria, a seguito del progetto di integrazione societaria, finiscono per essere negoziate sull’OTC Bullettin Board o in alternativa sul Pink Sheets, servizi di quotazione elettronica per azioni c.d. “Over-the-Counter”, anche se originariamente erano quotate al NYSE, al NASDAQ o su qualche altro mercato. Questo perché, non avendo più operazioni commerciali, tali società non sono in grado di soddisfare i continui criteri di quotazione delle borse, mentre sia l’OTC Bullettin Board che il Pink Sheets presentano dei requisiti minimi facilmente soddisfabili per queste particolari tipologie di società. Di norma la reverse merger è vista come un metodo di quotazione più veloce ed economico rispetto all’IPO tradizionale.
Ciò potrebbe essere anche vero, ma il paragone tra le due metodologie è fuorviante ed altresì irrilevante, per molte società. La motivazione per cui tale paragone è fuorviante è dovuta al fatto che IPO e reverse merger non sono sostanzialmente equivalenti. Nel caso di un IPO, la società si rivolge ad un underwriter per gestire, in primis, la vendita di milioni di dollari di azioni di nuova emissione al pubblico. Successivamente, il sottoscrittore aiuta la società a sviluppare un mercato secondario che garantisca una determinata liquidità del titolo, facilitandone il collocamento delle azioni in borsa, creando un mercato per le azioni ed emettendo report degli analisti e raccomandazioni agli investitori. Pertanto, una volta creato il mercato, gli investitori ed eventuali insider pre-IPO possono incassare parte o tutte le loro partecipazioni tramite la vendita delle azioni sul mercato, e l’impresa può utilizzare i proventi per future acquisizioni o altre operazioni. Viceversa, una reverse merger non è un’operazione di raccolta di capitale, in quanto nessuna azione è venduta per contanti nell’operazione, anzi: gli azionisti dell’operating- company ricevono delle azioni della shell-company in cambio di quelle che loro
hanno nella società operativa per l’appunto. Per quanto concerne gli azionisti della shell-company questi conservano le azioni che già possedevano. L’unico denaro che cambia di mano, all’interno dell’operazione, è quello relativo alle commissioni pagate dalla società operativa ai promotori, agli avvocati e ai commercialisti per aver definito le basi del deal.
Per essere sicuri dell’esito dell’operazione, in molti casi la reverse merger è accompagnata dal c.d. PIPE Financing, acronimo di “Private Investment In Public Equity”. Il PIPE financing consiste in un acquisito di azioni di una società da parte di un investitore privato, di un fondo comune, o di un qualsiasi altro investitore qualificato a sconto rispetto al valore di mercato corrente con la finalità di raccogliere capitale. Esso si divide in due categorie diverse: quello tradizionale, dove le azioni ordinarie o privilegiate sono emesse ad un prezzo stabilito per raccogliere capitale, e quello strutturato dove viene emesso debito convertibile in azioni ordinarie o privilegiate. Questa particolare tecnica di finanziamento è più efficiente delle offerte secondarie, a causa di un minor numero di vincoli normativi con la SEC, ed è ottima per le piccole e medie imprese quotate che possono incontrare delle difficoltà in termini di accesso alle forme di finanziamento convenzionali. Tali forme di finanziamento sono emerse come uno strumento vitale per le piccole aziende quotate in quanto per molte delle medesime il PIPE financing rappresenta l’unico strumento a disposizione. Quindi, se una società privata ha già esaurito tutte le forme di finanziamento a disposizione può quotarsi tramite reverse merger e accedere a tal strumento, che, come rovescio della medaglia, può essere però molto costoso. Alla luce di ciò, appare evidente come, al termine dell’intero processo di reverse merger, la società operativa risulterà comunque quotata sui mercati OTC Bullettin Board o sui Pink Sheets, ma, differentemente dal caso di IPO tradizionale, in tal circostanza non avremo un underwriter che svilupperà un mercato secondario per sostenere il titolo nella fase post-quotazione, e le azioni medesime verranno negoziate ad un valore minore rispetto al caso di una IPO tradizionale, ceteris paribus.
La conclusione è evidente: lo strumento della fusione inversa di solito è una prerogativa di quelle società che, in primis, vengono giudicate di bassa qualità e, soprattutto, non hanno a disposizione strumenti di finanziamento di elevato standing.
Quindi, con la reverse merger si hanno alcuni dei vantaggi associati all’IPO tradizionale ma nessuno dei benefici relativi ad una società quotata con il metodo classico.
La considerazione principale riguardo la fusione inversa è che: indubbiamente, rappresenta un metodo di quotazione che può essere più veloce ed economico di un IPO tradizionale, ma, al contempo, è un paragone poco significativo, visto che l’errore risiede proprio nel paragonarle e non tanto nel confrontarle, in quanto ci sono sostanziali differenze alla base che rendono le due operazioni differenti e non perfettamente sostituibili.
Capitolo 2: dalla genesi del fenomeno alle performances sul mercato statunitense
2.1 Le origini: blank check companies e penny stock
Per risalire agli albori del fenomeno SPAC è necessario tornare indietro nel tempo, e più precisamente dobbiamo focalizzarci sugli anni ’80 e sul mercato statunitense. Quello fu un periodo di crescita esplosiva nei mercati dei capitali, ed uno dei tanti effetti che ne scaturì fu l’incremento del livello di attività fraudolenta, in particolar modo per quanto riguardava le c.d. penny stock e le c.d. blank check companies, che erano le società che le emettevano, e nel cui perimetro, le prime rientravano. Tipicamente, le penny stock, sono dei titoli a bassa capitalizzazione emessi dalle blank check companies (la cui definizione viene menzionata in seguito) per l’appunto, che vengono negoziate al di fuori dei principali mercati ad un prezzo relativamente basso.
Generalmente, sono considerati altamente speculativi e ad elevato rischio a causa della loro bassa liquidità, dell’elevato spread bid – ask, della loro ridotta capitalizzazione, per l’appunto, e per la limitata divulgazione informativa degli emittenti. Prima dell’ammissione ai principali mercati, questi venivano negoziati principalmente sui mercati OTC, nello specifico sull’OTCBB, l’OTC Bullettin Board e sul Pink Sheets, in quanto caratterizzati da regolamentazione molto esigua. Proprio quest’ultimo fattore ha permesso, nel corso del tempo, l’affermazione di diversi schemi fraudolenti da parte dei dealers-brokers, i quali riuscivano a manipolare facilmente le aspettative di investitori alquanto incauti. Uno di questi schemi era quello di vendere i suddetti titoli a prezzi gonfiati, che non ne rispecchiavano assolutamente il valore, per poter guadagnarci sulle commissioni di vendita, o comunque sul differenziale tra prezzo praticato e prezzo fair relativo al mercato. La prassi, come confermato da appositi testi legislativi statunitensi, era
quella di sponsorizzare le “shell corporation”, o blank check companies; queste, ricordiamo, erano delle società senza storia operativa, asset tangibili e pochissimi dipendenti, con l’unico obiettivo, specificato nello statuto, di essere alla ricerca di potenziali opportunità di investimento da mettere in atto attraverso fusioni o acquisizioni; in particolare, il prototipo di schema fraudolento prevedeva che i promotori della blank check company registrassero quest’ultima presso la SEC, distribuendone successivamente le azioni della medesima ad underwriters, brokers, associates e altri soggetti compiacenti per poi scaricare il titolo , con un elevato mark-up, ad investitori ignari dell’intera situazione. Ciò avveniva mediante o una fusione con una società privata, la quale era oggetto di esaltanti campagne di marketing che ne sottolineavano le brillanti prospettive, oppure mediante il semplice creare euforia intorno al titolo attraverso opportuni rumors. Un’altra modalità poteva essere lo scambio ripetuto di azioni tra i soggetti che hanno collaborato a tale schema in modo da creare un’apparente liquidità, o ancora, utilizzare tattiche di vendita “high-pressure” per vendere i titoli ad investitori retail. Il momento in cui questo meccanismo veniva ad emergere, soprattutto, agli occhi degli investitori era quando, dopo aver annunciato l’opportunità di investimento e creato euforia intorno alla società, questi si rendevano conto che i titoli in cui avevano investito erano fortemente illiquidi, di poco valore, e che nessuno era disposto a comprarli.
Fu così che nel 1990 fu promulgato il Penny Stock Reform Act (PSRA), affinchè si potesse rendere necessaria una regolamentazione per le blank check companies e, di conseguenza, per le penny stock, in modo tale da evitare, o quanto meno contrastare, tali pratiche fraudolente. Tale provvedimento normativo, in prima istanza, era finalizzato a limitare l’utilizzo dei proventi dell’IPO delle blank check companies fino a quanto non venivano fornite informazioni relative alla società da acquisire; esso fu un grande passo in avanti, ma non fu il solo.
Infatti a questo, ne seguì uno successivo: la Rule 419 (verrà trattata ampiamente, insieme all’evoluzione normativa, nel paragrafo successivo.)
Di converso però, non tutte le blank check companies, all’epoca, nacquero con scopi fraudolenti, e pertanto il loro ridimensionamento, a seguito dello scandalo che le travolse, fu significativo a tal punto da creare un vuoto nei mercati dei capitali. Solo in seguito, con la crescita dell’economia negli anni ’90, è riemersa la necessità di quotarsi da parte delle piccole imprese, le quali però non erano il profilo adatto per le IPO tradizionali. E fu così che, Xxxxx Xxxxxxxx, presidente di “GKN Securities”, cercò di reintrodurre le blank check companies, anche attraverso l’introduzione del concetto di reverse merger, gettando le basi per quelle particolari tipologie di società che oggi chiamiamo SPAC, di cui sono la moderna evoluzione. Nello specifico, le blank check companies che Xxxxxxxx aveva in mente sarebbero state esenti dalla Rule 419, la quale veniva applicata solamente alle offerte di titoli inferiori ai 5 milioni di $, differenza questa significativa in termini sia di disciplina che di empatia verso il mercato, viste le negative esperienze precedenti.
Tuttavia, per poter attrarre gli investitori verso quella parte del mercato, fino ad ora caratterizzata da poco appeal, egli avrebbe comunque rispettato volontariamente molte delle disposizioni della Rule 419, per es. il collocare a garanzia, mediante l’utilizzo di fondi vincolati, la maggior parte dei proventi dell’IPO, concedere ai promotori un lasso di tempo determinato per trovare la società target con cui procedere con la business combination, e, cosa fondamentale rispetto al passato, attribuire agli investitori il diritto di recesso. Il risultato fu che quella che, circa 15 – 20 anni prima, era una nicchia di mercato, caratterizzata da truffe e da broker-dealer che effettuavano operazioni ai limiti del legale, ora e successivamente, sarebbe stata caratterizzata da requisiti specifici che minimizzavano le frodi, ma soprattutto andando a rappresentare una nicchia di mercato notevolmente più attrattiva per gli investitori.
2.2 La Rule 419 e l’evoluzione normativa
Ѐ alquanto interessante quanto sottolineato nel paper di Xxxxx Xxxxxx (2017) “Innovation, Imitation and Regulation in Finance: The Evolution Of Special Purpose Acquisition Corporations”32 per quanto concerne l’aspetto della regolamentazione delle SPAC. Egli sottolinea come il mercato delle SPAC sia ampiamente auto-regolato, sebbene all’interno dei confini di un ambiente normativo esterno che coinvolge, in ordine, la Federal Securities of Law, la Security Exchange Commission (SEC) e le normative sulla borsa.
Le Special Purpose Acquistion Company sono state originariamente create e progettate per evitare la Rule 419 del Securities Act, e rimanendo al di fuori del campo di applicazione dei regolamenti definiti ad hoc, i promoters della SPAC sono liberi di modificare la struttura aziendale più di quanto lo sarebbero se fossero sottoposti alla Rule 419. In sintesi, potremo riassumere quanto appena detto con la seguente frase: il design delle SPAC è ancora all’interno dei confini di ciò che il mercato è disposto ad accettare.
La struttura delle prime SPAC, indubbiamente, riflette in modo chiaro ed evidente quello che è l’ambito legale in cui queste sono state create. I fondi detenuti sull’escrow account, i limiti di tempo entro i quali procedere all’integrazione societaria, il voto degli azionisti riguardo l’aggregazione aziendale e, non per ultimi, la concessione di diritti di conversione emulano tutte quelle che sono le disposizioni legislative del Securities Act Rule 419. In sintesi, le SPAC sono state progettate per imitare le caratteristiche delle società cui la Rule 419 si applica, nonostante esse non ne siano assoggettate.
Pertanto, alla luce di ciò, è stato possibile introdurre gradualmente modifiche alla struttura della SPAC nel corso del tempo, senza doversi preoccupare delle implicazioni legali e quindi man mano molte funzionalità standard del design delle SPAC sono divenute opzionali.
32 Xxxxx Xxxxxx, “Innovation, Imitation and Regulation in Finance: The Evolution Of Special Purpose Acquisition Corporations” (2017), in Review of Integrative Business & Economics Research
Nell’ottica di quanto riportato, per capire in che modo questi cambiamenti sono correlati ad un contesto normativo in continua evoluzione, è necessario prima rivedere i limiti stabiliti dalla legge e dalla normativa relativa ai mercati regolamentati.
Successivamente al crollo del mercato azionario del 1987, negli USA fu introdotto il Securities Act Rule 419 che aveva come obiettivo principale quello di proteggere gli investitori di titoli penny stocks emessi dalle blank check companies. Le Special Purpose Acquisition Company seguirono presto tale norma, nonostante fossero state create per emulare le protezioni garantite dalla Rule 419 sebbene non vi fosse alcun obbligo previsto dalla legge.
Successivamente, in seguito a dei problemi relativi alla manipolazione del mercato delle penny stocks, in particolare riguardo le blank check companies, alla fine degli anni ’80, alle restrizioni imposte sulle negoziazioni, nei primi anni ’90 furono imposte delle regole speciali per quanto riguardava la raccolta di capitale sul mercato. Queste norme erano le seguenti: il Penny Stock Reform Act (PSRA) of 1990, il Securities Exchange Act of 1934 – Rule 3a51-1, il Securities Act of 1933 Rule 419.
La sezione 503 del PSRA forniva la definizione iniziale di penny stocks, successivamente ampliata dalla SEC nella Rule 3a51-1 la quale specificava le misure quantitative relativamente alle penny stock firm. Inoltre la sezione 504 del PSRA ha limitato le negoziazioni impendendo agli intermediari di vendere titoli rientranti nella categoria penny stock emessi dalle blank check companies a quegli investitori che non avevano firmato alcuna rinuncia dopo essere stati informati dei rischi associati a tali investimenti. La sezione 508 della PSRA, invece ha dato mandato alla SEC di prescrivere restrizioni in merito alla raccolta di capitale da parte di quelle società che emettono penny stock. Collettivamente queste restrizioni rientrano in quella che è, maggiormente conosciuta ai più, la Rule 419 e sono progettate principalmente per impedire l’espropriazione degli azionisti dei fondi.
La Rule 419 ha creato un problema per le blank check companies, in particolare la sezione 504 del PSRA: essa ha limitato il pool di investitori in penny stock e ne ha ridotto la liquidità. Una soluzione semplice era quella di creare blank check companies di dimensioni maggiori, in modo tale che queste potessero essere svincolate dalle penny stock e quindi, automaticamente, dalla disciplina della Rule
419. Tuttavia, il bypassare una regola avrebbe implicato un rischio normativo di non poco conto, in quanto la definizione di penny stock poteva essere facilmente cambiata oppure restrizioni alle attività di trading avrebbero potuto essere estese a tutte le blank check companies, in maniera indistinta. Una soluzione migliore, pertanto, sarebbe potuta essere quella di creare delle blank check companies non emittenti penny stock con protezioni simili a quelle offerte alle società dalla Rule
419. Pertanto con questo vuoto normativo, si è giunti ad un duplice obiettivo, evitare da un lato restrizioni all’attività di negoziazione delle penny stock, e dall’altro alla nascita delle SPAC. Esse infatti offrono una protezione simile a quella offerta dalla Rule 419, limitando l’utilizzo dei proventi dell’offerta al pubblico, l’esercizio dei warrant prima della business combination e consentendo il diritto di recesso agli azionisti, conferendo pro-quota quanto detenuto sul fondo vincolato, se il progetto di integrazione societaria non viene approvato.
Sia le SPAC che le società regolamentate dalla Rule 419 depositano la maggior parte dei loro fondi nei trust. Dopo aver dedotto i costi di sottoscrizione, il 90% dei proventi, secondo la Rule 419, deve essere depositato in fondi vincolati. Il rimanente 10% viene utilizzato per finanziare l’individuazione di un’opportunità di investimento adatta. Le SPAC, addirittura, depositano su tali fondi la maggior parte delle risorse raccolte mediante IPO; pertanto, siccome le emissioni delle SPAC sono meno significative di quelle tradizionali, è usuale che, per sostenere i costi di ricerca, pocanzi menzionati, venga depositato meno del 10% come previsto dalla legge.
Inoltre, la Rule 419 permette l’esercizio dei warrants anche prima della business combination a condizione che il denaro venga aggiunto a quello depositato sul fondo vincolato. Differentemente, per quanto concerne le SPAC, l’esercizio del
warrant può avvenire solamente dopo la business combination, e poiché il prezzo d’esercizio è spesso inferiore al valore di liquidazione queste restrizioni sono importanti per evitare che gli azionisti del fondo vengano espropriati, da coloro che detengono i warrant, prima dell’aggregazione aziendale; ancora, tali condizioni impediscono ai titolari dei warrant di esercitare ulteriori diritti di voto prima dell’integrazione societaria. Ulteriori differenze tra la disciplina della Rule 419 e quella delle SPAC è relativa alle regole inerenti la business combination per quanto concerne la dimensione della società target, i diritti di voto e i limiti di tempo. In particolare, per quanto riguarda la dimensione della società target, emergono interessanti differenze, come: per la Rule 419, il valore del patrimonio netto della società target deve essere almeno pari all’80% dei proventi dell’offerta, mentre per quanto concerne la SPAC il valore del patrimonio netto della target deve essere pari ad almeno l’80% del valore del patrimonio netto della SPAC. Anche per quanto riguarda i limiti di tempo sussistono delle differenze rilevanti, per le società disciplinate dalla Rule 419 vi è un limite, alquanto stringente, pari a 18 mesi entro i quali è necessario o completare la business combination oppure procedere con la liquidazione della medesima, mentre per quanto concerne i promotori delle SPAC questi hanno una maggiore flessibilità in quanto il termine massimo entro il quale procedere all’integrazione societaria può essere allungato anche 24 mesi ed in xxx xxxxxxxxxxx x 00, xx xxxxxx xxxx come per esempio quello in cui la società target viene individuata ma ancora non si è proceduto all’integrazione aziendale.
Non ultimo, è necessario sottolineare che, per i promoters della SPAC, il mancato raggiungimento della business combination è un evento molto costoso, in quanto, alla luce del loro ruolo, in primis rinunciano a qualsiasi richiesta in termini di distribuzione delle risorse in caso di liquidazione, ma soprattutto perché le loro quote, azioni e warrants sono vincolati dal trust. Si noti però che tali limitazioni valgono solamente per le azioni ed i warrant assegnati agli insider ad un valore nominale prima dell’IPO, mentre per quanto concerne le azioni acquistate durante l’IPO o sul mercato secondario, gli insider ne possono richiedere la distribuzione
in un’eventuale fase di liquidazione. Indubbiamente, mantenere i titoli vincolati dal trust riduce il rischio di espropriazione, ma allo stesso tempo significa anche che per i promoters, qualsiasi business combination verrà vista migliore di nessuna. I limiti di tempo necessari al raggiungimento dell’integrazione societaria, uniti ad una soglia di conversione più alta, riducono indubbiamente il rischio di dover liquidare la SPAC e costringere i promotori alla cancellazione del loro investimento, ma non necessariamente migliorano quella che è la qualità delle proposte relative al processo di integrazione societaria.
Per quanto concerne l’approvazione della business combination, le società che rientrano nell’ambito di applicazione della Rule 419, detengono un voto riguardo l’approvazione della medesima, mentre gli investitori pubblici che non votano a favore del progetto di integrazione societaria, astensioni incluse, hanno diritto al riscatto, pro-quota, della liquidità detenuta nel trust. Le SPAC, fino a poco tempo fa, utilizzavano un procedimento a due stadi dove gli investitori che votavano contro il processo di integrazione societario avevano il diritto di effettuare una votazione separata per convertire le proprie azioni; se tale procedimento, da un lato, avrebbe potuto ridurre i riscatti, dall’altro esponeva le SPAC stesse al rischio che gli azionisti maggiori esercitassero pressioni sulla società per effettuare una migliore offerta di rimborso in cambio di un voto positivo riguardo il processo di aggregazione aziendale. Quindi, le votazioni, combinate all’incertezza relativa alle intenzioni di voto, avevano come effetto quello di prolungare il processo di approvazione della business combination.
Pertanto, in risposta a tali problemi, le SPAC hanno abbandonato il voto sulla business combination, lasciando l’opzione agli azionisti di riscattare le proprie azioni tramite un’offerta pubblica, dopo che la business combination è avvenuta.
La SPAC è un prodotto finanziario che possiamo immaginare in una posizione intermedia tra due pietre miliari della finanza d’azienda: il mercato dei capitali ed il private equity. In questo paragrafo, e nel successivo, verranno presentate quelle che sono differenze e analogie che le SPAC presentano sia con il processo tradizionale di IPO che con il private equity.
Tipicamente, sia il processo di IPO tradizionale sia quello che coinvolge le SPAC ha come obiettivo ultimo quello di raccogliere risorse essenziali per perseguire obiettivi di crescita e di sostenibilità nel medio-lungo periodo, oltre che ammettere alla quotazione sui mercati regolamentati le società quotande; ma per quanto il fine possa essere, in prima istanza, simile, emergono delle interessanti differenze a riguardo.
In primis, relativamente al processo di quotazione della SPAC, come sottolineato da Xxxxxx Xxxxxxxx00, l’investitore è maggiormente tutelato da eventuali sopravvenienze passive e/o insussistenze attive eventualmente riferibili al periodo pre-quotazione, mediante le cosiddette “Reps & Warranties” (ossia quelle clausole con cui il socio/venditore garantisce all’acquirente che la società target ha una certa consistenza patrimoniale, e che permettono alle parti di allocare eventuali rischi connessi ad eventuali imperfezioni relative all’oggetto della transazione) oppure mediante le clausole di “reverse earn-out” che assicurano comunque una tutela dell’investitore mediante la ricezione di una remunerazione parziale nel caso in cui non vengano realizzati gli obiettivi economico-finanziari che il management team aveva stabilito.
Inoltre, sempre in merito al processo di quotazione, un altro elemento da considerare è quello relativo al collocamento delle azioni presso il pubblico. Anche in tal caso emergono delle differenze, tra IPO tradizionale e SPAC, che si ritiene
33 Si rimanda alla post-fazione in “Lo Sviluppo della SPAC (Special Purpose Acquisition Company) in Italia. Un nuovo modo di fare private equity e di quotare le imprese in Borsa”, Egea 2014, p. 134
utile esaminare in modo più approfondito: le IPO classiche prevedono la presenza di un intermediario che procede al collocamento, in modo tale da poter superare le problematiche di asimmetria informativa tra investitori e società oggetto di quotazione; ciò è dovuto al fatto che la banca d’affari, che di solito assume il ruolo di intermediario, garantisce mediante la propria reputation, che ricordiamo è uno dei loro asset principali, la bontà dell’operazione. In altri termini, l’intermediario non ha alcun interesse ad assumere comportamenti tipici di moral hazard, perché questi ha rapporti continuativi con gli investitori, per esempio si veda l’attività di brokerage sui mercati secondari, e quindi in caso di comportamenti opportunistici si precluderebbe, di fatto, future opportunità di business.
(Si noti che, in teoria, sarebbe la società quotanda che potrebbe spingere per tali comportamenti, non avendo di fatto relazioni continuative con gli investitori, e che quindi potrebbe essere incentivata a sfruttare eventuali asimmetrie informative; in tal, caso ciò contrasterebbe con gli interessi dell’intermediario, che dopo aver ottenuto il mandato, sposta il suo interesse verso gli investitori e non più verso la società medesima, come nella fase pre-mandato).
Sempre nelle IPO tradizionali, il prezzo viene deciso tramite il sistema di open- price, ossia vengono raccolte delle manifestazioni di interesse da parte degli investitori dal bookrunner, ruolo ricoperto da una banca d’affari anche in tal caso, durante la fase di pre-marketing, in modo tale da individuare, di concerto con la società quotanda, la c.d. forchetta di prezzo, entro cui decidere successivamente il prezzo di emissione, tenendo presente sia la qualità degli ordini di ciascun investitore e sia meccanismi inerenti le quantità di azioni immessa sul mercato (c.d. overallotment options).
Per quanto riguarda le SPAC, il discorso è ben diverso: prima di tutto, per quanto concerne sia l’opportunità di investimento che la definizione del prezzo, questi sono una prerogativa dei promotori, di conseguenza sia il rischio di asimmetria informativa che la fase di price discovery, caratterizzanti il processo classico, non fanno più riferimento alla figura dell’intermediario. Inoltre, sempre tenendo presente le differenze con il processo tradizionale, possiamo notare che la figura
dell’intermediario è presente attivamente sia nella fase che porta all’ammissione del veicolo societario sui mercati regolamentati e sia durante la fase di fund raising, mediante il quale vengono raccolte le risorse; è necessario inoltre specificare che la “vera” IPO per la SPAC non è tanto quella in cui viene ammessa sui listini, bensì è il momento in cui si procede con la business combination, ed in questo caso, l’intermediario, di cui sopra, svolge un ruolo meno centrale, ossia quello dell’equity research, ma non per questo irrilevante.
Un’ ulteriore differenza tra le due casistiche proposte è la seguente: nel processo classico di IPO, una buona parte del “book” viene costruito mediante scelte prese con significativa discrezione da parte del bookrunners, i quali considerano diversi parametri, nella fase della raccolta degli ordini, come la tipologia di investitore, il numero di azioni richieste, collocazione geografica, strategia di investimento del medesimo etc.
Nelle SPAC la situazione cambia perché, come detto in precedenza, la “vera” IPO è rappresentata dall’aggregazione aziendale, e quindi le precedenti allocazioni possono o essersi già modificate oppure si possono modificare in modo repentino senza alcun controllo né della società target e quindi dei suoi azionisti né da parte del management team; in altri termini, se nell’IPO classica, la società emittente ed i soci si garantiscono la visibilità degli investitori, e quindi anche di esprimersi a riguardo, nella SPAC ciò non è possibile in quanto il flottante già sussiste, non è conosciuto, e soprattutto deve essere accettato, in quanto non viene scelto da loro. Infine, in merito alle differenze che meritano attenzione, rilevano delle considerazioni riguardo al fenomeno dell’underpricing.
Per definizione, l’underpricing34 è “un fenomeno che si verifica quando il prezzo di collocamento è inferiore al prezzo di mercato dei titoli al momento della
34 Underpricing: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxx.xxxx : “Fenomeno tipico delle operazioni di OPV e IPO che si verifica quando il prezzo di collocamento è inferiore al prezzo di mercato dei titoli al momento della quotazione.
Approfondimenti: Le società possono scegliere consapevolmente di offrire al pubblico i loro titoli ad un prezzo inferiore al presumibile prezzo di mercato al momento della quotazione per incentivare gli investitori ad aderire all’offerta, o per favorire la massima diffusione dei titoli fra un vasto pubblico, oppure per l’esistenza di rilevanti asimmetrie informative fra i partecipanti all’operazione. Sull’entità dell’underpricing possono incidere anche altri fenomeni quali un eventuale squilibrio fra
quotazione”. Esso è quello sconto che permette all’emittente di garantirsi la massima diffusione del titolo, rendendolo così maggiormente appetibile agli occhi degli investitori, o che la medesima è costretta ad accettare, il c.d. “money left on the table”, a causa delle elevate asimmetrie informative tra i soggetti coinvolti, in particolar modo tra la società emittente ed il mercato.
Ѐ interessante rilevare come il livello di underpricing sia a volte anche significativo per quanto concerne le IPO tradizionali, mentre per quanto riguarda le SPAC, in media, è tendenzialmente pari a zero; tale evidenza è giustificata dal fatto che le asimmetrie informative, che riguardano sia il prezzo dei titoli che il futuro utilizzo delle risorse raccolte con la quotazione, sono pressochè eliminate. La ragione che sottende tale evidenza risiede nel fatto che per quanto concerne il prezzo, questo è privo di volatilità fino al momento in cui viene annunciata la business combination, mentre per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse raccolte, vengono depositate su un fondo vincolato, ossia indisponibile per il management team, su cui maturano interessi.
Ultimi due aspetti che differenziano SPAC ed IPO tradizionale sono: il maggiore cash-out al momento in cui si esce dall’investimento, dovuto al fatto di poter riscattare le azioni mediante l’utilizzo del trust, anziché scaricare le azioni sul mercato secondario, generando così una percezione negativa riguardo l’immagine della società, i minori tempi e costi per quanto riguarda il processo di quotazione per quanto riguarda la SPAC, e in tal caso basti pensare al risparmio in termini di tempistiche, in quanto si evitano le lungaggini relative alla documentazione richiesta dagli organi di vigilanza, e di risorse riguardo le fee, che nel processo tradizionale vengono pagate alle banche d’affari che assistono la società durante l’intero processo e che si attestano ad una percentuale importante di quanto raccolto.
domanda e offerta dei titoli proposti nonché lo sconto riconosciuto agli investitori rispetto a titoli già quotati di società confrontabili oppure ancora fenomeni di natura comportamentale.”
Come affermato nel precedente paragrafo, e riprendendo anche il titolo dell’elaborato, la più grande peculiarità della SPAC è quella di porsi in una posizione intermedia tra il mercato dei capitali ed il private equity.
Pertanto, dopo aver mostrato le maggiori evidenze riguardanti l’IPO, in questo paragrafo faremo altrettanto con il private equity.
Come sottolineato da X. Xxxxxxxxx00 (2014), l’investimento in una Special Purpose Acquisition Company equivale ad un investimento in private equity, in quanto, l’apertura di capitale che avviene tramite l’integrazione societaria con una SPAC può essere paragonata all’accordo con un fondo medesimo. Nello specifico, Fumagalli sottolinea alcuni punti che possiamo ricondurre sia alle SPAC sia ad un fondo di private equity tradizionale: in primis, i promoters dell’iniziativa, in ambedue le circostanze, sono dei professionisti che hanno sia un elevato standing professionale e che godono di una significativa reputation, ove entrambi gli elementi sono fondamentali per garantire il successo dell’operazione. Altro aspetto in comune, è il fatto che il management team è coinvolto nell’iniziativa, in termini di co-investimento, e questo, senza dubbio, è un segnale positivo nei confronti del mercato, in quanto è un segnale della “qualità” dell’operazione. Ultimi due punti da condividere per SPAC e private equity sono il non aver un target predefinito di investimento, ed il fatto che il management team è remunerato, almeno parzialmente, in base ai risultati ottenuti dall’investimento.
Queste sono le analogie tra SPAC e private equity. Per quanto concerne le differenze, esse sono le seguenti: in primis, l’investimento in una SPAC è dotato di una maggiore liquidità rispetto all’investimento in un fondo di private equity; tipicamente le quote relative ai fondi di private equity non sono facilmente liquidabili prima della loro naturale scadenza e, nel caso in cui queste vengono
35 Si veda: “Lo Sviluppo della SPAC (Special Purpose Acquisition Company) in Italia. Un nuovo modo di fare private equity e di quotare le imprese in Borsa.”, X. Xxxxxxxxx, 2014
liquidate, il loro net asset value subisce un forte sconto sui mercati secondari, non dimenticando inoltre che un eventuale cessione implica il placet dei general partners. Una seconda differenza riguarda il coinvolgimento delle figure apicali, in questo caso il management team per la precisione. Nel caso delle SPAC il loro coinvolgimento è immediato, ossia il loro investimento viene effettuato contestualmente alla costituzione della società; differentemente in un fondo di private equity “l’ammontare sottoscritto non viene versato immediatamente dall’investitore, ma nel tempo, proporzionalmente agli investimenti deliberati dal gestore o alle commissioni e spese dello stesso: in base alle esigenza di liquidità del fondo, il gestore richiede quindi agli investitori la proporzione dell’ammontare sottoscritto corrispondente all’importo necessario (richiami degli impegni o draw- downs)”36. Diversamente dal private equity inoltre, gli investitori godono del cosiddetto diritto di voice in merito alla proposta di investimento effettuata dal management team, e non sostengono quei costi ricorrenti come le c.d. management fees.
Un’ulteriore differenza tra SPAC e private equity, è che nel primo caso viene effettuato un unico investimento nella società target, mentre nel secondo si preferisce l’effetto differenziazione.
Un aspetto interessante che viene sottolineato da X. Xxxxxxxxx (2014), e che merita attenzione, riguarda le differenze in merito alle operazioni di minoranza, tra SPAC e private equity, soprattutto per quelle che sono le implicazioni che tali operazioni hanno nel rapporto tra impresa e private equity nei paesi continentali. Ѐ prassi per quegli operatori di private equity che investono in quote di minoranza garantirsi un’exit dall’investimento mediante degli accordi parasociali caratterizzati dal c.d. drag along37, o diritto di trascinamento, a loro favore.
36 Si veda xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxx.xxx/xx/000-xxxxxxx/x/00000-xxxxxxx-xxxxxx-xxxx-xxxxxxxxxxxx
37 Si veda: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx/x-xxxxx-xxxxxxxxxxx/
Patto drag-along (c.d. diritto di trascinamento): tale accordo è finalizzato alla tutela del socio di maggioranza che, qualora decida di cedere le proprie azioni, ha il diritto di vendere anche la partecipazione posseduta dal socio di minoranza alle medesime condizioni contrattuali a lui riservate e, comunque, ad un prezzo non inferiore ad un determinato valore. L’utilità di questa clausola emerge, soprattutto, quando è
Altro aspetto caratterizzante i fondi di private equity è il loro attivismo all’interno della società. Infatti, nonostante l’entrata nel capitale azionario come investitore di minoranza, è una tipica prassi quella di definire accordi parasociali che prevedono dei diritti di veto, in loro favore, per quanto concerne le operazioni di maggior rilievo da un punto di vista economico-finanziario oltre che strategico. E proprio questo aspetto, nel contesto continentale, Italia inclusa, rappresenta una criticità a causa delle tradizionali difficoltà che caratterizzano la relazione tra un fondo e un imprenditore, poco abituati a condividere il timone di comando oltre che fortemente reticenti ad aperture del capitale di rischio e molto più inclini all’utilizzo di strumenti di debito.
Differentemente invece, la SPAC, sotto quest’ultimo punto di vista, risulta molto più affabile agli occhi di un eventuale imprenditore, che aprendo una quota di minoranza del capitale, ha la possibilità di negoziare privatamente il valore della società con il management team, non essendo vincolato inoltre da alcuna tipologia di patto parasociale, es. il patto drag along, con le uniche limitazioni in termini di governance che sono quelle imposte alle società aperte.
Ulteriori evidenze in merito al raffronto tra SPAC e private equity giungono dalla post-fazione di X. Xxxxxxxx, sempre nella medesima pubblicazione di X. Xxxxxxxxx. Le considerazioni effettuate, in favore delle SPAC, sono: orizzonte temporale di massimo 24 mesi, estendibile in casi eccezionali a 30, molto più contenuto rispetto all’investimento in un fondo di private equity che tipicamente si attesta intorno ad un periodo di 10-12 anni. Passato tale orizzonte temporale, o la business combination è avvenuta, o la medesima SPAC viene posta in liquidazione e gli investitori possono esercitare il loro diritto di recesso.
Come già anticipato in precedenza, l’investimento in una SPAC gode di una liquidità notevolmente superiore rispetto ad un investimento in un fondo, sia dopo l’avvenuta business combination, in quanto la società risultante dall’aggregazione
formulata una proposta di acquisto della totalità delle partecipazioni societarie e vi è il rischio che il socio di minoranza metta in atto comportamenti ostruzionistici.
aziendale risulta quotata sul mercato e ciò permette, facilmente, un eventuale disinvestimento, sia in caso di pendenza del progetto di aggregazione aziendale, in quanto l’investitore può esercitare il suo diritto di recesso ricevendo pro-quota la liquidità detenuta sul fondo vincolato. Si noti che l’esercizio di tale diritto è uno dei punti di forza a favore della SPAC, in quanto mette in condizione gli investitori davanti ad una duplice opportunità: esprimere il proprio gradimento riguardo l’opportunità di investimento, oppure in caso di parere negativo a riguardo, concretizzare quella exit strategy che prevede il rimborso della liquidità detenuta nel trust, mantenendo comunque i warrant che rimangono quotati sul mercato. Nondimeno, altri punti che rendono il meccanismo della SPAC maggiormente flessibile e poco ingessato, rispetto ad un tradizionale fondo, e quindi, per certi versi, maggiormente appetibile per gli imprenditori sono: la possibilità di procedere ad aumenti di capitale significativi mantenendo comunque una partecipazione di controllo. Inoltre, dal punto di vista dell’imprenditore è comunque preferibile l’entrata di un socio di minoranza che non caratterizza la sua posizione con particolari strategie di way-out e/o di corporate governance (caratteristiche che contraddistinguono i fondi di private equity) come nel caso della SPAC. Questo perché, nel caso delle strategie di exit, un fondo tradizionale tipicamente le negozia ex-ante definendo apposite clausole, da quelle già citate di drag-along, alla c.d. put-option, mentre per quanto concerne la SPAC tale problematica viene evitata sin dall’origine, ossia dal momento in cui si procede con la business combination, e l’investitore, in caso di non gradimento del progetto di aggregazione aziendale può vendere le azioni sul mercato secondario. Ai fini del confronto tra private equity e SPAC, in termini di letteratura internazionale, si aggiungono i risultati cui sono pervenuti Xxxxx e Xxxxxxx (2008)38. In particolare, nel paper menzionato, gli autori si soffermano sui seguenti punti di forza, rispetto al private equity, che la SPAC presenta, e che in parte coincidono con quanto è stato analizzato con la letteratura nazionale: in primis, l’investimento in una SPAC
38 Si veda: “SPACs as Alternative Investments: An Examination of Performance and Factors that Drive Prices”, Xxxxx & Xxxxxxx (2008)
è aperto anche agli investitori retail, differentemente dai fondi tradizionali, ove, solitamente, il prototipo di investitore è rappresentato da hedge funds e banche di investimento; inoltre, in termini di trasparenza dell’investimento, come più volte sottolineato, le SPAC ne godono di molta di più a causa dello status di società quotata, rispetto ad un classico fondo di investimento, non dimenticando, in ultimo, che le SPAC, sono più veloci nel reperire le risorse da nuovi investitori, essendo avvantaggiate dallo status di società quotata, differentemente dai classici fondi di private equity.
2.5 Overview delle performances delle SPAC nel contesto americano
I contributi offerti dalla letteratura internazionale sono diversi. I più rilevanti sono quelli offerti da Xxxxxxxxx e Xxxxx (2009) “Why SPAC investors should listen to the market”, da Shachmurove e Vulanovic “SPAC IPOs” (2017) e da Lakicevic e Vulanovic “A Story on SPACs” (2013).
Nel primo paper gli autori analizzano quelli che sono i rendimenti di 43 SPAC per le quali è stato proposto e accettato il deal dagli investitori. In questi casi, le SPAC vengono trattate come normali società con asset e business operativi ed azioni quotate sui mercati regolamentati. Gli autori sottolineano che, in media, c’è un ritorno sull’investimento negativo sostanziale dopo che è stata fatta l’acquisizione; in particolare, dopo sei mesi, il ritorno è del -24%. Tale evidenza è sottolineata anche da Jog e Xxx (2007). Inoltre, a riprova di ciò, tali risultati sembrano persistere anche dopo il periodo di sei mesi. Gli autori sottolineano che a fronte dei data-set disponibili su un intero anno il ritorno cumulato, in media, è del -55%. A primo impatto, il trend sembra che gli azionisti comunque approvano delle transazioni che distruggono valore. Xxxxxxxxx e Xxxxx però non estendono tale considerazione all’intero fenomeno delle SPAC che hanno proceduto ad un’acquisizione, tutt’altro. Essi dividono il loro campione di 43 società in due sottogruppi, che chiamano “Good SPACs” e “Bad SPACs”. Le “Bad SPACs” sono quelle SPAC i cui investitori hanno approvato il deal quando il prezzo, alla data di
approvazione o, in alternativa, l’ultimo prezzo di chiusura più prossimo alla medesima data, era al di sotto del valore del trust pro-quota. Gli investitori, in quest’ultimo caso, avranno un punto di vista diametralmente opposto al mercato visto che quest’ultimo ha valutato il deal come value-destroying. Inoltre, gli autori ricordano come gli investitori che hanno votato a favore potevano comunque riscattare la liquidità posta sul fondo ad un valore pro-quota. Differentemente, le “Good SPACs” sono quelle in cui gli investitori hanno approvato il deal nel momento in cui il prezzo dell’azione era superiore al valore del trust pro-quota. Così, a condizione che i prezzi di mercati riflettano le condizioni della società, essi hanno approvato un deal che crea valore, anche dopo gli effetti di diluizione. Nel campione analizzato, gli autori trovano 20 “Good SPAC” e 23 “Bad SPAC”. In termini di risorse raccolte nel momento dell’IPO, i due gruppi presentano delle similarità sia in termini di risorse raccolte sia in termini di liquidità proveniente dall’IPO detenuta nel trust, circa il 90%. Gli autori sottolineano, inoltre, come i fondatori delle “Bad SPAC” generalmente impiegano più tempo nell’annuncio del deal rispetto ai fondatori delle “Good SPAC”, (393 giorni vs 331 giorni, nel secondo caso), sebbene il deal è approvato in minor tempo (246 gg vs 300 gg dall’annuncio). Per quanto concerne invece il prezzo dell’azione al momento dell’annuncio, per le “Good SPAC”, in media, questo era il 104.1% del valore del trust pro-quota, con mediana intorno al 99.4%, mentre per le “Bad SPAC” questo si attestava intorno al 97.7%, con mediana dello stesso valore. Non sorprende pertanto, che la differenza principale appare alla data di approvazione, una volta che gli investitori hanno valutato il deal proposto: per le “Good SPAC” il prezzo dell’azione, in media, era del 130.6% del valore del trust, differentemente dalle “Bad SPAC” il cui valore si attestava intorno al 93.4%. Inoltre, i due autori, focalizzandosi sui due momenti topici, quello dell’annuncio e quelli dell’approvazione del deal ci mostrano come per le “Good SPAC” c’è una risposta immediata al momento dell’annuncio con conseguente rialzo del valore rispetto a quanto detenuto, pro-quota, sul trust fino ad arrivare a circa il 131%. Per quanto concerne le “Bad SPAC” invece, il valore delle azioni rimane al di sotto del valore
pro-quota del trust, per cadere poi pochi giorni prima la data di approvazione. In particolare, emerge che le “Bad SPAC” performano in maniera negativa immediatamente dopo la data di approvazione e continuano a peggiorare durante i primi sei mesi di negoziazione. Il ritorno medio cumulato dopo 26 settimane è del
-39%. Dopo un anno, il ritorno cumulativo medio è del -79%. In contrasto, la performance grezza delle “Good SPAC” è essenzialmente piatta per le prime 26 settimane dopo la data di approvazione del deal, a quel punto il ritorno medio cumulativo è appena del -6.2%. In nessun punto, nei primi sei mesi, il ritorno medio cumulativo grezzo delle “Good SPAC” statisticamente differisce dallo zero. Ulteriori riscontri riguardo le performance del mercato statunitense possiamo ritrovarli nell’elaborato di Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxxxx (2017). I due autori si soffermano su due momenti principali: le performance tra l’IPO e l’acquisizione e quelle tra il momento dell’acquisizione e il post-business combination. In particolare, sottolineano come la SPAC spende due anni nella fase che va tra il momento dell’IPO e quello dell’acquisizione o liquidazione. Durante tale periodo, le azioni, le unit, ed i warrant sono negoziabili liberamente ed il prezzo di tali titoli dovrebbe essere allineato al valore del trust pro-quota una volta che il valore del medesimo è identificato. Alla luce di ciò, gli autori sottolineano come la letteratura, al momento degli annunci topici in merito al ciclo di vita della SPAC, osserva i c.d. abnormal return39. In particolare, la letteratura si sofferma soprattutto sui ritorni nel momento in cui viene annunciata l’acquisizione. Lakicevic e Xxxxxxxxx (2013) analizzano i ritorni avuti dopo l’annuncio dell’acquisizione per unit, azioni e warrants. Essi sottolineano come tutte e tre i titoli segnano dei positivi abnormal return: in particolare, le azioni presentano un ritorno dell’1.2%, le unit del 2.42% ed i warrants addirittura del 10.4%. Tran (2012) e Xxxxxxxxx (2017) riportano un ritorno di circa l’1% alla data dell’annuncio. Xxxxxxxxx e Stegemoller
39 Si veda: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/x/xxxxxxxxxxxxxx.xxx
“Un abnormal return è un termine utilizzato per descrivere i rendimenti generate da un determinate titolo o portafoglio in un period diverso dal tasso di rendimento atteso. Il tasso di rendimento atteso è il rendimento stimato basato su un modello di determinazione del prezzo delle attività utilizzando una valutazione storica medio o multipla di lungo periodo.”
(2014) paragonano i ritorni sull’annuncio dell’acquisizione per la SPAC con le IPO tradizionali e trovano dei significativi ritorni positivi per le SPAC. Xxxxxxx (1987) e Xxxxxxx, Xxxxxxx e Xxxxxxxx (2001) riportano ritorni positivi per gli acquirenti, laddove il deal viene finanziato con cassa. Sempre Lakicevic e Xxxxxxxxx (2013) calcolano un ritorno del portafoglio, sempre per le SPAC, relativamente al periodo, post-annuncio, che va dal 2007 al 2009 prendendo la data dell’IPO come basis point. Essi riportano che per gli investitori che adottano le strategie “buy and hold”40 il ritorno è pari al 9.6%. Xxxxxxxxx (2017) osserva, nel campione preso a riferimento, che il ritorno tra l’annuncio e l’attuazione della fusione è del 4.4%.
Come già preannunciato, gli autori si soffermano anche su quelle che sono le maggiori evidenze nel periodo che va dall’acquisizione al post-deal, e che di seguito riportiamo: Lakicevic e Xxxxxxxxx (2013) riportano che gli azionisti, al momento della fusione hanno subito una perdita di 3.81 punti %. In aggiunta, il ritorno dopo sette giorni dal momento dell’acquisizione è stato del -9.59%. Jog e Xxx (2007) riportano che il ritorno sull’investimento per il management team, in caso di successo, è stato del 1,900%, mentre allo stesso tempo per gli investitori del -3%. Ancora, Xxxxxxxxx e Xxxxx (2011) riportano un ritorno del -23% per i primi sei mesi successivi all’acquisizione ed un -55% dopo un anno. Xxxx e X’Xxxxx (2012) trovano che il ritorno medio per la prima metà dell’anno è pari al
-14%, dopo un anno si arriva al -33% e dopo tre anni al -54%. Datar et al. (2012) riportano che per gli investitori “buy and hold” delle SPAC, che hanno completato l’acquisizione nel periodo 2003-2008, dopo un mese dalla medesima il ritorno è pari al -5.37%, dopo sei mesi del -20.93% mentre dopo un anno si attesta al - 38.32%. Sempre Lakicevic e Xxxxxxxxx (2013) costruiscono un portafoglio con tutte le SPAC che hanno completato l’acquisizione nel periodo 2004-2009 e
40 Si veda: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/x/xxxxxxxxxx.xxx
“Buy and hold è una strategia di investimento passive per la quale un investiture acquista azioni e le trattiene per un lungo periodo indipendentemente dalle fluttuazioni del mercato. Un investitore che utilizza una strategia buy and hold seleziona attivamente le azioni ma non ha alcuna preoccupazione per i movimenti di prezzo a breve termine e gli indicatori tecnici.”
calcolano il ritorno sull’investimento con strategia “buy and hold” per un ipotetico investitore che compra una unit in data di IPO e la mantiene fino all’ultima settimana di giugno del 2009. Il ritorno è stato del -26.89%. Il risultato empirico, che gli autori sottolineano nella loro pubblicazione, è che, nel complesso, la letteratura costantemente ritiene l’underperfomance delle SPAC un asset finanziario. Infine, sempre in termini di performance, merita attenzione il contributo di Xxxxxxxxx e Xxxxxxxxx (2013); anche in tal caso, come in precedenza, gli autori analizzano le performance dei titoli della SPAC nei momenti topici: IPO, annuncio del progetto di fusione, e fusione stessa. Gli autori, nel definire il campione, partono da un campione di 161 SPAC che hanno condotto un IPO e che sono presentate così come sono nella forma del prospetto finale. In media, al momento dell’IPO, l’emissione delle SPAC è pari a 14.85 milioni di unit ad un prezzo medio di 7.84$. I proventi medi, prima della decisione degli underwriters di esercitare l’opzione di overallotment, sono pari a 126.40 milioni di $, di cui 119 milioni di questi sono depositati in un fondo vincolato. Questo rappresenta circa il 95% dei proventi lordi, in media, e non mostra cambiamenti rispetto al prospetto preliminare. Sempre attenendoci a valori medi, la commissione degli underwriters è pari al 7% dei proventi lordi; la fee è divisa in due parti, il 3.94% viene pagato al momento dell’IPO, ed il pagamento del restante 3.06% è condizionato al successo dell’operazione di fusione. In media, i manager della SPAC acquistano
3.75 milioni di warrant ad un prezzo di 0.95$, e li depositano nei fondi vincolati. Gli autori, inoltre, dividono il campione in due sottoinsiemi: il primo che copre il periodo gennaio 2003 - aprile 2006, ed il secondo che copre il periodo aprile 2006
– luglio 2009. Le ragioni di tale divisione sono le seguenti: primo, essa permette di vedere i cambiamenti nella struttura della SPAC nel corso del tempo, come per esempio l’incremento della dimensione media dell’IPO, il decremento nel numero delle azioni che possono essere comprate con i warrant, e l’incremento nella remunerazione differita degli underwriters; secondo, il campione viene diviso in due parti nello stesso punto in cui Jog e Sun (2007) hanno effettuato le loro osservazioni in merito al processo. Andando a guardare le evidenze tra i due
periodi, i fondatori delle SPAC hanno offerto circa il 106.00% in più di unit nel secondo periodo (18.34 vs 8.90) e venduto ad un prezzo più elevato del 22% (8.40 vs 6.89), che tipicamente ha condotto ad un incremento del 147% dei proventi lordi dal primo al secondo periodo, aumentando di fatto l’interesse per il prodotto SPAC. Per quanto concerne il momento dell’IPO, gli autori si soffermano su un campione di 107 SPAC e mostrano come la media generale, nel primo giorno, dell’underpricing è pari allo 0.0001%, diversamente da quanto trovato da Xxx e Jog, il cui risultato è pari allo 0.38%. Tale risultato presenta un’elevata aspettativa anche alla luce dell’elevato volume di scambi, pari a 2.2 milioni di unit. Ciò supporta l’ipotesi che gli investitori delle SPAC non hanno incentivi a divergere dal prezzo di offerta delle unit nel primo giorno delle negoziazioni.
Il discorso cambia per quanto concerne le performance intorno al momento in cui avviene l’annuncio del progetto di fusione. Gli autori, infatti, sottolineano come le evidenze della letteratura sono scarse, non uniformi, e soprattutto riguardano solamente le azioni ordinarie delle SPAC. Lakicevic e Xxxxxxxxx invece, oltre che sulle azioni ordinarie, si soffermano anche sulle performance delle unit e dei warrants. Di seguito vengono riportate le conclusioni rilevanti. Per quanto riguarda i c.d. abnormal return in merito alle azioni ordinarie, all’annuncio dell’operazione questi si attestano allo 0.85%, con una significatività dell’osservazione sotto la soglia stabilita all’1%. Tale risultato è supportato dalle evidenze della letteratura riguardo l’M&A. Xxxxxxx (1987) xx Xxxxxxx et all (2001) riportano positivi ritorni per gli acquirenti laddove i deal è finanziato con cassa. Pertanto, se gli abnormal return sono calcolati su un periodo di due giorni, che include annuncio e day after relativamente al deal, per le azioni ordinarie questi sono positivi e si attestano ad un livello pari all’1.2%. Mentre laddove il periodo viene allungato a sette giorni dopo l’annuncio, gli autori sottolineano come per le azioni ordinarie questi ritorni anomali sull’investimento vengono meno, e ciò è dovuto al fatto che gli azionisti possono comunque riscattare le loro azioni, pro-quota, con quanto depositato sul fondo vincolato indipendentemente dall’outcome della fusione, ed inoltre non hanno alcun incentivo ad aumentare il prezzo più alto alla data dell’annuncio.
Per quanto concerne le unit invece, gli autori sottolineano come sia importante analizzarne il comportamento visto che queste sono composte da azioni ordinarie più warrant, che possono essere esercitati solo dopo che la business combination si è conclusa con successo, ma soprattutto perché il movimento del loro prezzo sintetizza il movimento delle sue componenti, per l’appunto. In base al campione analizzato, i detentori di unit beneficiano di un abnormal return del 2.42%. Si noti che se questo è calcolato per un periodo di due giorni che include la data dell’annuncio ed il giorno successivo, allora è pari al 3.43%. Mentre se è calcolato per un periodo pari a sette giorni dall’annuncio allora il valore si attesta al 7.88%. Tali evidenze sono interessanti soprattutto perché basandosi su una mancanza di significatività di un eventuale overperformance relativa alle azioni ordinarie delle SPAC nel periodo dell’annuncio della fusione, portano gli autori a concludere che gli abnormal return delle unit sono largamente dovuti alle performance dei warrant. Successivamente, dopo aver esaminato azioni ordinarie e unit, analizzano il comportamento dei warrant, le cui maggiori evidenze sono le seguenti: i detentori dei warrant ottengono dei significativi abnormal return, nel giorno dell’annuncio del progetto di fusione, pari al 10.49%. Performance simili le osserviamo anche il giorno dopo l’annuncio in cui si registra un incremento del 4.20%. Si noti come questa forte correlazione positiva duri solo due giorni e dopo il secondo giorno dopo l’annuncio, tali ritorni divengono negativi, conducendo ad un rendimento cumulativo pari al 6.6% nei sette giorni di negoziazione dopo l’annuncio. Dopo l’annuncio del deal, ciò che ci si aspetta è una reazione dei prezzi dei warrant. Per quanto concerne invece l’analisi delle performance dei titoli della SPAC, intorno al momento in cui avviene la fusione, la situazione è questa: i detentori di equity della SPAC hanno ottenuto un ritorno del -3.81% nel giorno in cui è stata completata la fusione. Tali abnormal return sono stati negativi in ogni giorno, per sette giorni, successivi alla fusione. Infatti, gli autori sottolineano come questi abnormal return cumulativi per i sette giorni successivi all’evento sono stati pari al -9.59%. Ciò è alquanto interessante, ma non deve sorprendere dal momento in cui la data della fusione viene determinata in anticipo, ossia nel momento in cui
questa viene annunciata. Ciò potrebbe essere dovuto ai premium price che le parti a favore della fusione erano disposte a pagare prima del giorno in cui si esprimesse il voto. Dal campione analizzato, il giorno della fusione i detentori di warrants hanno un guadagno in termini di abnormal return pari a 4.76%, mentre quello cumulativo è pari al 7.36% sette giorni dopo la data di fusione.
Come ultima analisi, vengono riportate le conclusioni relative ai titoli delle SPAC nel complesso, quindi considerando sia unit, azioni ordinarie e warrant nei periodi di riferimento. Lakicevic e Xxxxxxxxx calcolano il ritorno in termini di strategia “buy and hold” per un ipotetico investitore che compra le unit della SPAC nella data dell’IPO e le detiene fino all’ultima settimana di giugno 2009. Per i casi che fanno parte di tale campione, il ritorno medio con una strategia di investimento passiva (“buy and hold”, per l’appunto) è pari a -28.69%. Le SPAC che hanno completato con successo la fusione offrono in media 7.33 unit, per la vendita, nella data di IPO; tali unit consistono in 1.43 warrant la cui dimensione media, calcolata in proventi raccolti con l’IPO, si attesta al 98.785 milioni di $. Ciò risulta interessante visto che gli azionisti originari della SPAC godono del diritto di veto riguardo il progetto di fusione, e come risultato del non esercizio di tale diritto, essi si impegnano in attività distruttrici di valore. Il secondo campione presentato dagli autori è quello di quelle società che hanno annunciato la fusione ma sono ancora in fase di approvazione. Anche qui, per i casi analizzati, il ritorno della strategia “buy and hold”, per il periodo che va dalla data di IPO a quella dell’ultima settimana di giugno 2009, è pari al 9.6%. In media, tali SPAC presentano dimensioni maggiori di quelle che hanno completato la fusione (177$ mln vs 98 mln $), ed hanno minori warrant per unit (1.25 vs 1.43) che però sono prezzate ad un livello più elevato al tempo dell’IPO (8.5 vs 7.33), ed hanno una % in termini di risorse depositate sul fondo vincolato (98.6% vs 93.3%). Due potenziali spiegazioni a riguardo del perché gli investitori di unit beneficiano di ritorni positivi sono le seguenti: primo, gli investitori sono disposti ad aumentare il prezzo sia delle azioni che dei warrants in quanto assegnano loro, con riferimento alla transazione, alte probabilità di creazione del valore; secondo, sia i promoter che
gli underwriters, sotto pressione a causa del completamento della fusione, sono disposti a comperare dagli investitori originari della SPAC ad un prezzo maggior del loro valore originario. Nell’ultimo campione invece vengono analizzare quelle SPAC che hanno completato l’IPO ma che stanno ancora cercando l’opportunità di investimento nell’ultima settimana di giugno 2009. I proventi lordi da IPO, in questo caso, sono 233 mln di $ i cui warrant sono pari a 0.97 unit. Il ritorno per gli investitori, sempre seguendo una strategia “buy and hold”, nello stesso periodo, è pari a -8.22%.
Le evidenze empiriche del lavoro di Xxxxxxxxx e Xxxxxxxxx sono le seguenti: le SPAC hanno una struttura societaria complessa in cui gli incentivi dei promotori, degli underwriters e degli investitori sono interdipendenti e dove il successo del progetto di fusione si concretizza in ritorni significativi per i promoters. Inoltre gli autori evidenziano le differenze in termini di reazione che i titoli della SPAC hanno nel momento in cui vengono annunciate operazioni societarie rilevanti. Mentre i detentori di tutti e tre gli strumenti, unit, azioni e warrant beneficiano di abnormal return positivi al momento in cui viene annunciata l’operazione, possiamo vedere come la reazione più forte è osservata per quegli investitori che detengono warrants, mentre per coloro che detengono azioni ordinarie la reazione è molto più mite. Tali evidenze sono in linea con le aspettative, considerando le modalità con cui le SPAC originariamente sono state strutturate.
Capitolo 3: Le SPAC nel mercato italiano
3.1 Focus sul sistema imprenditoriale italiano
Il sistema imprenditoriale italiano, da sempre caratterizzato da un tessuto di piccole e medie imprese quasi sempre a conduzione familiare, negli ultimi anni ha dovuto fare i conti con la crisi economico-finanziaria che ne ha incagliato la crescita oltre che i livelli di produttività. In particolare, gli effetti negativi di tale fase di crisi hanno fatto sì che le PMI si sono ritrovate gioco-forza davanti ai loro limiti che da
fisiologici hanno assunto i caratteri della patologia: in particolare, le difficoltà che hanno dovuto fronteggiare da un lato sono rappresentate dal credit crunch41, dovuto sia dall’elevato stock di crediti non performanti, sia dalle severe regole in materia di requisiti patrimoniali degli istituti finanziari, e dall’altro dal ricorrente status di sotto-patrimonializzazione delle stesse società, il tutto, contornato da una scarsa attività da parte dagli investitori in capitale di rischio, in termini di scambi, per quanto riguarda il segmento AIM, dedicato alle piccole e medie imprese.
Secondo quanto riporta l’ultimo rapporto disponibile, del 2017, di Cerved42 sulle PMI, queste sono in un periodo di ripresa, che seppur lenta, non le ha ancora riportate ai livelli antecedenti alla crisi. Indubbiamente, il report sottolinea come questa fase di stagnazione e di recessione che ha caratterizzato l’economia italiana sia stato maggiormente invasivo per le piccole e medie imprese rispetto alle grandi, e ciò possiamo constatarlo anche dal fatto che si è passati dalle 150mila unità nel 2007 alle 136mila sette anni dopo, nel 2014, segnando un -10% in termini di base produttiva. Netti miglioramenti si sono potuti osservare dal 2015 in cui si è assistito ad una crescita del +3.1% del numero di PMI arrivando a toccare le 145mila unità nel 2016. Ciò è stato dovuto sia da quello che è stato il saldo positivo tra piccole- medie imprese nate/morte e sia dall’aumento della dimensione delle microimprese. Ancora, il report di Cerved sottolinea come tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 vengono confermati i trend osservati nell’ultimo triennio, in particolare per quanto concerne la diminuzione delle PMI che escono dal mercato o mediante liquidazione volontaria o mediante procedura concorsuale.
41 Si veda: xxxx://xxx.xxxxxx00xxx.xxx/xxx/XxxxXxXxxx0/000-xxxxxx/Xxxxxxxx/X/Xxxxxx- crunch.shtml?uuid=ddfd09c6-5804-11dd-93cb-a54c5cfcd900DocRulesView=Libero:
“Vuol dire ‘stretta creditizia', e può emergere dagli spontanei andamenti dell'economia o essere provocata dalle autorità monetarie. Si ha il primo caso quando le banche sono preoccupate della solvibilità di coloro a cui prestano i soldi e quindi tirano i remi in barca, concedendo prestiti a condizioni più rigide: aumentando i tassi o chiedendo più garanzie. Si ha la stretta pilotata dalle Banche centrali quando sono queste che inducono le banche a fare meno prestiti, e questo pesante invito può assumere varie forme: alzando i tassi di interesse, o aumentando la riserva obbligatoria (la percentuale dei depositi che non è disponibile per i prestiti ma che deve essere mantenuta presso la Banca centrale, o attraverso strumenti ormai dimenticati come il ‘massimale' sui crediti (la percentuale massimo di cui una banca può aumentare i crediti rispetto all'anno prima). Nel 2007-2008 si è parlato molto di credit crunch, ma si trattava di una stretta del primo tipo: le banche stese hanno irrigidito gli standard di prestito perché erano preoccupate del loro capitale, che veniva eroso dalle minusvalenze dovute alla crisi dei mutui.”
42 Si veda: xxxxx://xxxx.xxxxxx.xxx/xxxxxxx-xxxxxxx/xxxxxxxx-xxxxxx-xxx-0000/
*Il seguente grafico è tratto dal sito Cerved: xxxxx://xxxx.xxxxxx.xxx/xxxxxxx-xxxxxxx/xxxxxxxx-xxxxxx- pmi-2017/
Un’ultima nota di merito, riguardo il sistema imprenditoriale italiano, in particolare, riguarda i numeri sul Conto Economico delle stesse PMI negli ultimi anni successivi al periodo di crisi: si è registrato un aumento dei ricavi ad un tasso del 2.3% nel 2016, in aumento, seppur contenuto, rispetto al 2015 (+2.8%); il volano di tale crescita sono state senza dubbio le PMI operanti nel comparto industriale. Il valore aggiunto ha registrato una crescita del +4.1%, mentre il costo del lavoro ha segnato un +4.4%. I margini operativi lordi invece hanno fatto registrare una crescita più contenuta per le medie imprese, mentre hanno subito un rallentamento per quanto concerne quelle di piccole dimensioni. Nel complesso, la crescita complessiva è stata del 3.6%. A livello di stato patrimoniale invece, possiamo notare un incremento degli investimenti da 6.2% al 7.8% rispetto alla voce delle immobilizzazioni materiali.
Alla luce di quanto detto e delle difficoltà cui sono andate incontro le PMI italiane negli ultimi anni, vediamo come la SPAC si pone come strumento ottimale sia per la risoluzione delle patologie cui abbiamo accennato in apertura del capitolo: il rilancio, la crescita come spinta ad un eventuale internazionalizzazione, un’adeguata patrimonializzazione, diversificazione delle fonti di finanziamento, e conseguentemente riduzione della dipendenza dalle banche per quanto concerne gli imprenditori, sia in quanto è un veicolo maggiormente flessibile rispetto ad un
fondo di private equity, accessibile tra l’altro anche ad investitori retail e maggiormente trasparente rispetto ai fondi tradizionali, ma soprattutto in quanto la medesima, essendo quotata sull’AIM (e sul MIV), segmento dedicato alle PMI, garantisce a questo una maggiore visibilità, un maggiore flottante ed un maggiore numero di scambi, il cui livello prima d’ora era molto modesto.
3.2 Il contesto normativo italiano: struttura e criticità rispetto al sistema USA
Le SPAC “moderne” non nascono come una entità ex-novo ai primi del duemila, bensì riprendono la loro struttura societaria dalle blank check companies, che avevano caratterizzato la scena statunitense nel periodo fine anni 80. Pertanto, la questione principale intorno alle SPAC risiede nella possibilità di poterle replicare nel contesto italiano, in particolar modo tenendo presente il diritto societario ed i mercati finanziari italiani. Tale problematica è stata risolta considerando che per quanto l’oggetto sociale delle SPAC, come per gli intermediari finanziari cui fanno riferimento gli articoli che seguono, prevede lo svolgimento di attività di assunzione di partecipazioni, come si può evincere dagli artt. 106 o 113 del TUB (Testo Unico Bancario), risulta necessario specificare che gli aspetti caratterizzati le SPAC possono essere replicate nel contesto italiano mediante l’utilizzo dello schema previsto per le società per azioni. Inoltre, riguardo il contesto italiano, c’è da sottolineare che tale adattabilità delle SPAC non avviene in via del tutto pacifica.
Nei successivi paragrafi vedremo come Donativi e Corigliano (2010)43 da un lato e X. Xxxxxxxxx (2014) dall’altro si soffermeranno, nei loro elaborati, sia sulla struttura normativa sia sulle criticità che la medesima presenta rispetto all’esperienza USA.
Pertanto, gli elementi caratterizzanti le SPAC che meritano particolare attenzione, alla luce di quella che è poi la loro attinenza con gli schemi previsti dal legislatore
43 Si veda: “Le SPAC (Special Purpose Acquisition Companies): il modello internazionale e la sua compatibilità col diritto italiano” X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxxx, XXXXX 0000
per quanto concerne le S.p.A. Essi sono: l’approvazione del progetto di integrazione societaria da parte dell’assemblea, l’indisponibilità del patrimonio fino a quando il progetto di integrazione societaria non è concluso, il diritto di recesso per quanto concerne il socio dissenziente, il vincolo di durata che riguarda la società, ed infine quelle che sono le clausole a protezione dei promoters.
3.2.1 L’Assemblea della SPAC e l’indisponibilità del patrimonio
Normalmente, l’Assemblea che delibera il progetto di integrazione societaria viene convocata sia in sede ordinaria e sia in sede straordinaria, questo perché, come sottolinea X. Xxxxxxxxx (2014), lo scopo dei promoters è quello di far sì che partecipi il più elevato numero di azionisti, essendo la SPAC una società caratterizzata da un azionariato diffuso. E proprio per questo motivo, molto spesso queste forme non sono gradite agli investitori istituzionali a causa del grado di riservatezza relativo alla loro specifica attività. Per quanto concerne gli aspetti tipici caratterizzanti le assemblee, l’autore sottolinea come le maggioranze relative alle approvazioni assembleari sono quelle previste dalla legge. Ancor più quelle relative alle SPAC quotate solitamente sono raggiungibili molto più facilmente (è necessario un quorum deliberativo pari a due terzi del capitale rappresentato nell’assemblea, mentre il quorum costitutivo è pari al 20 % del capitale, nel caso della convocazione unica); mentre per quanto concerne le società che sono quotate sul mercato AIM Italia, ma che comunque non possono considerarsi come società che fanno ricorso al capitale di rischio44, la questione diventa più complessa in
44 Si noti come l’articolo 2325 bis del Codice Civile definisce le “Società che fanno ricorso al capitale di rischio” quelle che hanno azioni (i) che sono quotate sui mercati regolamentati oppure che (ii) sono diffuse tra il pubblico in maniera rilevante. In merito a queste ultime, il Regolamento Emittenti CONSOB del 14/05/1999 n.11971 modificato con delibera del 23/12/2003 n.14372 e aggiornato con delibera del 9/05/2012 n.18241, all’art.2 bis definisce come tali quelle che contestualmente: (i) hanno azionisti diversi dai soci di controllo per un numero superiore a 500 e che detengono, complessivamente, una % del capitale sociale almeno pari al 5%, e (ii) non abbiano la possibilità di poter redigere il bilancio in forma abbreviata, ai sensi dell’art. 2435 bis, 1° comma , Codice Civile
Si veda: xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxx-xxxxxx/xxxxx-xxxxxx/xxxxxx-x/xxxx-x/xxxxxxx-x/xxx0000xxx.xxxx
quanto le maggioranze sono più difficili da ottenere: il quorum deliberativo è di due terzi del capitale, con contestuale presenza in assemblea di un terzo del medesimo, mentre il quorum costitutivo è di un terzo del capitale sociale. L’autore pertanto evidenzia come le delibere finalizzate all’approvazione del progetto di integrazione societaria siano condizionate dal fatto che il numero dei soci che decidono di esercitare il diritto di recesso non superi la soglia prevista dallo Statuto della società, e quindi necessitano di un intervallo di tempo per avere la sicurezza dell’esito positivo dell’operazione.
Per converso, è grazie a questa condizione che possiamo notare come, viene ad emergere il primo vincolo relativo alle SPAC, ossia quello di non proseguire con l’aggregazione aziendale laddove sia presente un determinato numero di soci che vi si oppone. In tal caso, infatti è prerogativa sia dei promotori che degli underwriters, sia nel momento pre-assembleare che in quello successivo alla medesima, di trovare degli investitori nuovi che possano sostituire quelli recedenti, tant’è vero che questi cercano sempre di arrivare al giorno in cui viene convocata l’assemblea consci del potenziale interesse della società target da parte degli investitori più rilevanti, avendone già verificato il gradimento del suddetto deal, in precedenza. Come già specificato per quanto riguarda il discorso assembleare, gli investitori istituzionali hanno poco interesse a parteciparvi per una ragione di motivi, che vanno dalla compliance, in stretto senso, ai pochi incentivi causati da uno scarso data-set informativo: indubbiamente, essi preferiscono esprimere il proprio parere con un’adeguata base informativa, vista la rilevanza dell’operazione che sottende il voto. Per quanto riguarda invece il regime delle deleghe, questo è quello previsto dalla legge: per le SPAC che sono quotate sui mercati principali tale meccanismo viene favorito dagli stessi amministratori, mentre per le società che sono quotate sul mercato AIM Italia, che come già specificato, non sono qualificabili come “Società che fanno ricordo al mercato del capitale di rischio” il
Essendo le SPAC delle società delle società che possono redigere il bilancio consolidato, in quanto carenti dei requisiti previsti per i ricavi nonché per i dipendenti, queste non rientrano nella suddetta definizione di “Società che fanno ricorso al capitale di rischio”
limite previsto è di 20 deleghe ed altresì non vi è possibilità di nomina per alcun rappresentante designato come previsto dall’art.135-undecies del Testo Unico di Intermediazione Finanziaria (TUIF). Si noti, che anche nell’eventualità del caso, i promoter della SPAC propendessero per una raccolta delle deleghe, per la legge viene considerata tale solamente quella effettuata nei confronti di più di 200 azionisti. In merito all’assemblea, X. Xxxxxxxxx (2014) sottolinea un’ultima problematica: quella dell’identificazione degli azionisti che detengono una partecipazione non rilevante. Tale problematica, generalmente, è molto diffusa in Italia, soprattutto laddove, nel caso delle SPAC, prima della business combination, il numero degli scambi è molto ridotto. Al fine di ovviare a tale problematica, è stato introdotto l’articolo 83-duodecies, sempre del TUIF, che può essere applicato sia alle SPAC che sono quotate su AIM Italia e sia se quotate sui mercati principali. Nello specifico, con tale articolo viene introdotta la possibilità che una società quotata, laddove previsto dallo statuto, può fare richiesta dell’elenco degli azionisti purchè questi, in modo anticipato, non hanno dichiarato la loro indisponibilità per l’identificazione, a degli intermediari depositari, i quali agiscono tramite la Montetitoli S.p.A.45. La finalità di tale operazione risiede nella ratio che sottende il progetto di aggregazione aziendale, e a sua volta degli interessi delle parti coinvolte: un approccio win-win tra promoter/investitori permette di conseguire l’interesse delle parti, cercando di minimizzare conflitti di interesse, i quali possono essere deleteri per la finalità dell’operazione.
Per quanto concerne invece la caratteristica dell’indisponibilità del patrimonio, Donativi e Corigliano (2010) sottolineano come questa problematica vada a contrastare quanto previsto dal Codice Civile per quanto concerne l’amministrazione societaria.
In particolare, esso afferma ai sensi dell’art. 2380 bis che “la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni
45 Per maggiori dettagli riguardo Montetitoli S.p.A.: xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxx.xxx/xx/000- italian/m/21199-monte-titoli
necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”. 46 Affinchè si possa ovviare a tale circostanza, pertanto, è necessario creare un compromesso che garantisca l’aderenza al contenuto normativo, la soluzione è quella di definire specificatamente nello statuto che i proventi che vengono raccolti tramite IPO devono essere depositati su un escrow account ed utilizzati per perseguire quanto definito dall’oggetto sociale, ed essere indisponibili per gli amministratori.
3.2.2. Il diritto di recesso ed il vincolo di durata
Una delle caratteristiche principali delle SPAC di diritto italiano è quella relativa al diritto di recesso. Tale istituto che è disciplinato dall’articolo 243747 del codice civile è concesso sia agli azionisti dissenzienti che partecipano alla riunione assembleare e sia a coloro che sono assenti. In particolare, Donativi e Corigliano (2010) sottolineano come la fattispecie cui si fa riferimento nel contesto specifico delle SPAC è quella enunciata alla lettera b) del suddetto articolo, ma a cui gli autori vi riconoscono una efficacia parziale in quanto non copre l’intera casistica relativa alle modalità con cui può realizzarsi una business combination. Infatti essi sottolineano come con un acquisto di una partecipazione di minoranza non sussiste il requisito di trasformazione societaria. Un’ulteriore menzione merita l’esercizio della facoltà di recesso nel caso di voto contrario alla proroga del termine della durata della società, entro cui deve essere completata la business combination: infatti, essendo lo statuto delle SPAC caratterizzato dal vincolo di durata (che verrà esaminato successivamente), possiamo osservare come in caso di voto contrario alla proroga della durata della società, si viene a creare quella fattispecie ex-lege che permette al socio dissenziente di esercitare il suo diritto di recesso, garantendogli un’uscita dall’investimento.
46 Si veda: xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxx-xxxxxx/xxxxx-xxxxxx/xxxxxx-x/xxxx-x/xxxxxxx-xx- bis/art2380bis.html
47Si veda: xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxx-xxxxxx/xxxxx-xxxxxx/xxxxxx-x/xxxx-x/xxxxxxx-x/xxx0000.xxxx
Donativi e Corigliano (2010) inoltre, si soffermano anche sull’aspetto relativo al vincolo di durata, precedentemente accennato, della società medesima, e su come questo possa essere replicato nel contesto italiano. Gli autori sottolineano come questo possa adattarsi al contesto normativo italiano in due modalità: la prima mediante l’inserimento nello statuto della società di una specifica clausola di scioglimento, che operi in maniera automatica laddove non si concretizzi il progetto di integrazione societaria; l’altra modalità è quella definire un termine, in termini temporali, alla cui scadenza si procede con lo scioglimento della società.
3.2.3 Clausole di protezione dei promotori
Una delle tante peculiarità che sottendono la SPAC è che difficilmente i promotori dell’iniziativa rinunciano alla centralità all’interno del progetto, sia in termini di ruoli apicali quanto in termini gestionali, stricto sensu.
Innanzitutto, i promoter sottoscrivono, in conformità con i dettami dell’ordinamento italiano, delle azioni che si differenziano rispetto a quelle sottoscritte dagli investitori. Esse presentano le suddette caratteristiche: in primis, esse non sono trasferibili fino a quando la business combination non è completata; successivamente, sono caratterizzate dall’assenza del diritto di voto per quanto concerne le assemblee ordinarie e quelle straordinarie; in seguito, vi è l’esclusione per quanto riguarda il diritto di partecipazione alla distribuzione degli utili, sia in termini assoluti che relativamente ad un dato periodo predeterminato; inoltre, in merito al diritto di liquidazione, esse sono caratterizzate dalla postergazione, in caso di scioglimento della società, rispetto alle azioni ordinarie. Per quanto concerne invece la conversione delle suddette, questa deve essere prevista, in termini di modalità e di tempistiche da parte dello statuto societario. Tipicamente, viene definito un rapporto di cambio che fa corrispondere ad un’azione ordinaria più azioni speciali e che queste vengano convertite in maniera differita e secondo specifiche modalità: solitamente, una parte è convertita successivamente alla delibera con cui viene approvato il progetto di integrazione aziendale, mentre la
parte rimanente sarà convertita, mantenendo inalterato il rapporto di cambio, laddove il prezzo delle azioni stesse sia maggiore o uguale a delle soglie predefinite. In caso contrario, nel caso in cui tale circostanza non si dovesse verificare, il rapporto di conversione delle azioni rimanenti sarà pari a uno ad uno. Inoltre, come forma di tutela oltre che per evitare possibili circostanze che minano la centralità dei fondatori, è frequente trovare nello statuto delle clausole di “good leaver”, replicando così quanto avviene, molto frequentemente, nel mercato del private equity. Nello specifico, con le suddette clausole, si evita che si vengano a creare delle circostanze come una distribuzione di utili o un cambiamento degli amministratori da parte dell’assemblea ordinaria, che possano compromettere il funzionamento della SPAC così come definito ab-origine. Nello specifico possiamo notare come in caso di revoca dall’incarico senza una giusta causa di uno o più amministratori, lo statuto può disporre la conversione automatica di tutte le azioni speciali in ordinarie, per esempio, oppure può prevedere che la distribuzione degli utili viene condizionata all’approvazione anche di coloro che sono detentori di azioni speciali.
Pertanto, alla luce di quanto detto in merito sia alla struttura che alle criticità presentate dalle SPAC, vediamo come tale prodotto finanziario di matrice US sia stato riprodotto con esito più che positivo nel contesto italiano, mantenendo intatti i suoi caratteri distintivi che hanno permesso il perseguimento degli interessi delle parti coinvolte: dai promoters, agli investitori, passando, of course, per il mercato.
3.3 I mercati di riferimento: AIM Italia e MIV
In Italia le Special Purpose Acquisition Company possono quotarsi su due mercati: l’AIM Italia (Alternative Investment Market) e, dal 2010, anche sul MIV48 (Mercato telematico degli Investment Vehicles) istituito mediante modifiche al Regolamento dei mercati organizzati, che è stato approvato con delibera n. 17302
48 Si rimanda a xxxx://xxx.xxx.xx/xxx_xxxxxxxxxxxxx/00_xxxxxx0x0x_xxx.xxx
nel maggio 2010. Prima di tale modifica le SPAC potevano essere quotate solo sull’AIM, segmento dedicato alle PMI.
In seguito verranno analizzate le caratteristiche ed i vantaggi relativamente alla possibilità di quotazione su entrambi i mercati.
L’Alternative Investment Market, o AIM, introdotto il 25 gennaio 2012,
è un segmento dedicato alle piccole e medie imprese caratterizzate da alto potenziale di crescita, che presenta numerose facilitazioni relativamente al processo di quotazione, sia per quanto riguarda i minori obblighi che per quanto concerne le risorse finanziarie relative all’investimento. AIM Italia49 inoltre è un Multilateral Trading Facility (MTF) ossia un mercato che è regolamentato dalla stessa Borsa Italiana e non vincolato all’attività di vigilanza relativa all’Autorità di controllo. Di seguito riportiamo le caratteristiche principali50 oltre che i requisiti necessari per potersi quotare: in primis, il processo di quotazione, oltre che tutta la permanenza sul suddetto mercato, viene seguito da un NOMAD (Nominated Advisor); il processo di quotazione richiede delle tempistiche molto celeri (circa 10 giorni dal momento in cui si riceve la domanda di ammissione); il mercato inoltre è rivolto sia agli investitori istituzionali che a quelli retail. In particolare, durante la fase di ammissione, il collocamento dei titoli sarà, in un primo istante, rivolto agli istituzionali, mentre solo successivamente, nel mercato secondario, questi possono essere negoziati dagli investitori retail.
Per quanto concerne i requisiti necessari vediamo come non è prevista una capitalizzazione minima per poter essere ammessi, il flottante deve essere pari almeno al 10%, la società emittente può utilizzare sia i principi contabili nazionali che gli IFRS, oltre che è necessaria, come già indicato pocanzi, la presenza di un NOMAD, tipicamente o un intermediario finanziario oppure una società di consulenza iscritta al registro di Borsa Italiana, sia per quanto concerne la fase di quotazione che per quanto riguarda l’intera permanenza sul medesimo mercato; non sono previsti particolari adempimenti in termini di Corporate Governance.
49 Per una descrizione completa, si rimanda al sito ufficiale: xxxx://xxx.xxx-xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxxxx.xxxx
50 Si rimanda a xxxx://xxx.xxx.xx/xxx_xxxxxxxxxxxxx/000_0xx000x0x0_xxx.xxx
Infine, per quanto riguarda sia la documentazione che gli adempimenti post- quotazione che il segmento AIM richiede sono: il documento di ammissione ed un bilancio cui è stato espresso il parere di una società di revisione contabile per quanto concerne il primo aspetto, mentre per quanto riguarda i secondi che venga redatto il bilancio nonché la relazione semestrale, poi che venga rispettata la normativa cosiddetta price-sensitive, come avviene per tutte le società quotate sull’MTA.
Per quanto concerne il MIV (Mercato degli Investment Vehicles) questo è un mercato dedicato a quei veicoli di investimento con un chiaro focus strategico, in particolare: fondi di private equity, fondi chiusi immobiliari, fondi di fondi, fondi specializzati, fondi multi-strategy, investment companies, real-estate investment companies ed infine special purpose acquisition company. Si noti come questo mercato è accessibile sia agli investitori istituzionali che ai retail. I punti di forza51 del MIV sono i seguenti: è designato sulle esigenze specifiche che riguardano i veicoli di investimento, non presenta particolari restrizioni in termini di domicilio fiscale o sede legale, è caratterizzato da un’elevata efficienza del mercato secondario garantita da una negoziazione continua di scambi, garantisce un’elevata visibilità e soprattutto gode di uno standing migliore rispetto ai peers che non sono quotati, garantisce la possibilità di coniugare da un lato la flessibilità regolamentare e dall’altro lo status relativo al mercato regolamentato, ed è in grado di accettare sia strumenti che strutture legali alquanto sofisticate. Le principali caratteristiche inerenti ai segmenti del segmento MIV, sono quindi le seguenti:
• fondi chiusi: questo è un segmento in cui vengono negoziati sia quote dei fondi chiusi mobiliari che dei fondi chiusi immobiliari;
• investment companies: in tale segmento invece, vengono negoziate azioni di società il cui oggetto sociale, in modo esclusivo, prevede investimenti in partecipazioni di maggioranza o di minoranza sia di società quotate che
51 Si veda per maggiori dettagli: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxx/xxxxxxxxxxxxxx.xxx
di società non quotate garantendo un discreto livello di diversificazione del portafoglio;
• real estate investment companies: anche in tal caso parliamo di società la cui attività è quella di effettuare investimenti in quote di maggioranza o di minoranza e/o in attività di locazione, con un livello di diversificazione sufficiente, ma nel settore immobiliare, differentemente dal punto precedente;
• SIV (Special Investment Vehicle): questo è un segmento che è riservato ai soli investitori professionali, e prevede la negoziazione di società caratterizzate sia da un livello di diversificazione sufficiente come le SPAC, sia da un livello di complessità significativo come i veicoli multi- strategy. Per quanto concerne l’ammissione dei suddetti veicoli alla quotazione, sono previsti i seguenti step: in primis, è necessario presentare una domanda di ammissione conforme al Regolamento dei mercati organizzati e gestiti a Borsa Italiana, successivamente è richiesta la pubblicazione di un prospetto informativo che deve essere approvato dalla CONSOB, e nel caso di società estere appartenenti all’UE questo deve essere approvato da un’Autorità equivalente alla CONSOB e successivamente validato in Italia, e come ultimo step, affinchè possano iniziare le negoziazioni, è necessario che Borsa Italiana, dopo aver validato la correttezza, nonché l’efficacia dei passaggi precedenti, stabilisca la data di inizio delle medesime.
Di seguito, vengono riportate delle figure che sintetizzano le caratteristiche dei mercati AIM Italia e MIV e i requisiti necessari all’ammissione.
AIM Italia, fonte: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx
AIM Italia, fonte:
xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxx-xxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx
MIV, fonte: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxx/xxxxxxxxxxxxxx.xxx
Di seguito viene riportato prima un confronto tra un veicolo quotato ed uno non quotato e successivamente un confronto tra il segmento MIV e quello AIM Italia:
Fonte delle due immagini: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxx/xxxxxxxxxxxxxx.xxx
Negli ultimi tempi in Italia si è assistito al ritorno, ciclico tra l’altro, della questione inerente al ruolo delle piccole-medie imprese all’interno del tessuto economico italiano. In particolare, la questione ripresentava le solite problematiche che affliggono da sempre il contesto economico-finanziario italiano, in particolare: eccessiva dipendenza dalle banche, che in seguito alla crisi dei sub-prime del 2008 hanno dovuto affrontare oltre ad un irrigidimento dei requisiti patrimoniali minimi, anche il problema dei crediti deteriorati, finendo così per attuare una stretta creditizia; inadeguatezza sia dei mercati azionari che di quelli obbligazionari; incapacità di offrire delle alternative in termini di fonti di finanziamento alle imprese e all’intero sistema; scarsa propensione ad una cultura manageriale in favore di una cultura imprenditoriale che, da tratto distintivo del contesto italiano, è finito per diventare un elemento che ne limita lo sviluppo; ed in ultimo il solito leitmotiv inerente ad opportunità di crescita, nazionale e non, scarsa patrimonializzazione et cetera.
Alla luce di tale premessa, il seguente paragrafo ha come scopo quello di effettuare una panoramica riguardo a quello che è stato lo sviluppo, negli ultimi tempi, di un sistema da banco-centrico ad un sistema che ha visto la nascita di strumenti finanziari innovativi (mini bond, cambiali finanziarie), oltre che di specifiche iniziative (es. ELITE, programma promosso da Borsa Italiana, e il Fondo di Garanzia promosso dal MISE), che hanno indubbiamente fornito una serie di soluzioni alle imprese per poter affrontare al meglio le sfide che il mercato presentava. Di seguito viene effettuata una rapida trattazione dei suddetti strumenti, partendo dal sistema creditizio nel periodo concomitante alla crisi, mettendone in luce le rispettive caratteristiche e finalità.
Il momento in cui sono iniziate le prime difficoltà significative nel rapporto tra privato – istituti di credito è stato nell’autunno 2008. Dall’elaborato di Xxxxx
Panetta52 “Un sistema finanziario per la crescita” (2014), si evince come tale rapporto diviene negativo per la prima volta nei seguenti momenti temporali: nel 2009, e nel periodo che va dal 2011 al 2014, con una restrizione del credito ai privati di circa 114Mld di €, con una seguente diminuzione degli impieghi pari all’8%, ed aumento dei tassi attivi pari al 2%. Pertanto, tale stretta creditizia ha impattato negativamente sia sugli investimenti che sulla crescita delle imprese.
Ulteriori elementi a sostegno della tesi inerente ad un sistema di finanziamento dipendente in toto, o quasi, dalle banche emergono dall’elaborato di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx00 (2014); egli sottolinea la forte fragilità oltre che la significativa pro- ciclicità del rapporto che intercorre tra banca e PMI, ossia aumentare l’offerta nelle fasi positive del mercato, e razionarla in quelle negative. Nello specifico oltre ad identificare quelle cause specifiche come la crisi del debito sovrano, e quelle strutturali come il banco-centrismo, Forestieri sostiene che i punti di debolezza per le imprese italiane sono rappresentati da: basso livello di capitalizzazione, livello elevato dei debiti bancari sul totale (circa il 66,5%), il grado di composizione dei prestiti bancari (in particolare questi sono composti maggiormente da prestiti a breve termine); un peggioramento della sostenibilità del debito causato da un peggioramento sia del MOL che del valore aggiunto; a ciò si aggiunge sia un aumento delle imprese caratterizzate da uno squilibrio finanziario, sia un generale aumento delle imprese caratterizzate da indicatori finanziari letteralmente esplosi (es. l’indice di copertura del debito per il 30% del debito medesimo è inferiore ad 1, mentre per più del 50% è minore di 2). Pertanto, tali evidenze ci mostrano come più che una scelta, è stata una vera e propria necessità quella di creare fonti di finanziamento alternative a quella bancaria, visto che alla luce dei numeri sintetizzati precedentemente, veniva messa a rischio la sopravvivenza dell’intero ecosistema delle piccole-medie imprese, se non si fosse corso ai ripari. Tra queste fonti di finanziamento alternative a quelle classiche, soprattutto per quanto
52 Si veda: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx-xxxxxxxxxx/xxx-xxx-0000/Xxxxxxx- 27012014.pdf
53 Si veda: xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxx/XXX/0000-00.xxx
riguarda il mercato domestico, senza dubbio troviamo i mini-bond54, ossia dei titoli di debito a medio-lungo termine, creati ad-hoc per quelle aziende, piccole-medie imprese, che non sono quotate in Borsa, con cui queste possono reperire facilmente del capitale con cui finanziare operazioni straordinarie, di rifinanziamento, piani pluriennali fornendo in cambio, a coloro che li sottoscrivono un titolo di credito. Per quanto concerne gli emittenti, questi devono essere delle società non quotate che non appartengono alla categoria delle micro-imprese, con l’ultimo bilancio approvato certificato da parte di un revisore esterno. Si sottolinea come tale forma di finanziamento alternativa, è destinata a società solide aventi uno storico di buoni risultati che vogliono perseguire obiettivi di crescita con forme di finanziamento diverse dal canale bancario, e non a società in stress finanziario. Per quanto riguarda la figura dei sottoscrittori invece, questi sono rappresentati dalle seguenti categorie: investitori istituzionali professionali, società di investimento, SGR, SICAV, intermediari finanziari iscritti all’elenco previsto dal Testo Unico Bancario (art. 107) e tutte quelle banche autorizzate ad esercitare dei servizi di investimento. Le altre figure coinvolte nell’emissione sono: revisori esterni che certificano i bilanci, l’advisor che assiste la società lungo l’intero percorso di emissione, i legali, l’arranger che colloca i titoli sul mercato e la società di rating (non obbligatoria, ma fortemente consigliata) che valuta la solvibilità della società emittente. Una seconda forma di finanziamento di breve termine (1-36 mesi) alternativa a quelle tradizionali è rappresentata dalle cambiali finanziarie che possono essere emesse, come nel caso precedente solo da banche e da micro- imprese con un fatturato annuo di oltre i 2 milioni di euro e un numero di dipendenti che sia non inferiore alle 10 unità. Si noti come in tale caso, l’ammontare55 complessivo relativo al valore che è in circolazione non deve superare il valore dell’attivo corrente della società emittente. Per quanto concerne i requisiti richiesti per l’emissione di tali cambiali questi sono i medesimi previsti
54 Si veda: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxx/xxxxx-xx-xxxxx/xxxxxxxx-000.xxx
55 Si veda: xxxxx://xxx.xxx.xx/xxxxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxx/00000/xxxxxxxx-xxxxxxxxxxx-xx-xxxxx-xxxxx- per-pmi.html
per i mini-bond: bilanci certificati, sottoscrittori rappresentati da investitori professionali qualificati e presenza di un arranger che cura l’emissione. Spostando l’attenzione dagli strumenti di finanziamento a delle iniziative promosse, a livello nazionale, per stimolare la crescita delle piccole-medie imprese ne troviamo due di indubbia rilevanza: ELITE, programma internazionale promosso da Borsa Italiana, ed il Fondo di Garanzia per le PMI promosso dal MISE. Per quanto concerne ELITE, nello specifico è “una piattaforma di servizi integrati pensata per aiutare le piccole e medie imprese a realizzare i loro progetti di crescita”56. In particolare, essa offre un programma suddiviso in tre parti: “Get Ready”, “Get Fit” e “Get Value” con lo scopo di affiancare le PMI durante i seguenti momenti: cambiamento culturale e organizzativo, avvicinamento ai mercati, migliorare i con controparti bancarie ed imprenditoriali, sostegno verso l’internazionalizzazione. Ad oggi, esso conta circa 900 aziende ad elevato potenziale, ed un network composto da circa 200 partner e 200 investitori. Una seconda spinta per lo sviluppo e la crescita delle piccole e medie imprese italiane è sicuramente rappresentata dal Fondo di Garanzia57 posto in essere con la Legge n.662/96 ed operativo dal 2000. Grazie a tale fondo le piccole-medie imprese possono accedere a fonti finanziarie grazie ad una garanzia pubblica che affianca o, in determinati casi addirittura si sostituisce a quelle garanzie reali che vengono richieste alle suddette società nel momento in cui si accede al finanziamento. È importante specificare che il Fondo non contribuisce previo denaro, bensì permette alle imprese di accedere a finanziamenti senza dover presentare garanzie aggiuntive, tra l’altro molto onerose. Il Fondo garantisce sia le micro-imprese che le PMI iscritte al Registro delle Imprese sia i professionisti iscritti agli Ordini Professionali o che comunque aderiscono alle specifiche associazioni elencate dal MISE. Ai fini del corretto funzionamento dell’attività del Fondo, è necessario che il soggetto beneficiario della garanzia, l’impresa o il professionista, deve essere in grado di rimborsare
56 Fonte: xxxxx://xx.xxxxx-xxxxxx.xxx/xx/xxxx/0000
57 Fonte: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxxxx.xxx/xx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxx-xx-xxxxxxxx-xxx-xx- pmi
quanto garantito e soprattutto deve essere considerato solvibile, secondo le seguenti modalità: in genere, vengono valutate le evidenze di bilancio relative agli ultimi due esercizi, mentre per le start-up, la valutazione non potendo essere fatta sullo storico, viene effettuata su base previsionale. Il Fondo agisce in tutti i settori fuorché in quello finanziario, con un intervento, che di solito, si attesta fino all’80% del finanziamento, sia su operazioni di breve che di medio-lungo periodo, con un importo massimo garantito di 2,5 milioni di €, utilizzabile in una o più operazioni fino a concorrenza dell’importo massimo stabilito. Si noti come le limitazioni sono poste al totale dell’importo mentre nel finanziamento non sono previste soglie massime.
Alla luce di quanto evidenziato pocanzi, è indubbio specificare che se nei primi momenti successivi alla crisi c’è stata una evidente difficoltà nel ripartire, o quantomeno riposizionarsi in termini di competitività a livello nazionale e non, potenzialmente giustificabile vista la portata dell’evento, è anche vero che negli ultimissimi anni, sono stati introdotti una serie di strumenti ed iniziative che rappresentano una ghiotta opportunità da dovere (più che potere) cogliere al volo, in modo tale da poter ritornare ai livelli di eccellenza ante-crisi, senza doversi nascondere dietro al leitmotiv dei bassi livelli di produttività e di marginalità dovuti più che ad eventi di mercato, a difetti strutturali dell’imprenditoria italiana.
Capitolo 4: Un caso italiano: SPAXS e Banca Interprovinciale
SPAXS58 è una Special Purpose Acquisition Company italiana, promossa da Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxx nel gennaio 2018, la prima in Italia a focalizzarsi
58 Come fonte del suddetto capitolo si veda il prospetto pubblicato da Banca IMI che ha agito in qualità di joint global coordinator, Nomad e Specialist: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxx.xxx?xxxxxxxxx000000.xxx
sul settore bancario e/o finanziario, in particolare nei servizi alle piccole-medie imprese caratterizzate da rating non elevato o addirittura assente, alla gestione dei non-performing loans e soprattutto sull’offerta di servizi ad elevata digitalizzazione. SPAXS, ad oggi, ha raccolto in sede di IPO, circa 600 Mln di € a fronte di ordini per circa 800 (Mln di €), quindi possiamo affermare che la risposta del mercato a questa iniziativa è stata indubbiamente più che positiva. La società target individuata, ai fini del completamento dell’operazione è stata Banca Interprovinciale, una banca snella, operante nel tessuto industriale modenese con focus sulle PMI e posseduta da circa 300 soci, ideale per il perseguimento degli obiettivi di SPAXS: collocarsi in una posizione di leadership mediante un servizio dinamico, flessibile e “su misura” per quelle piccole medie imprese che sono mal servite dal mercato del credito, mediante l’abbattimento di quella struttura non sempre flessibile delle banche tradizionali che al momento fanno fatica a recepire quei driver innovativi che stanno, sempre più, caratterizzando il settore bancario e/o finanziario. Di seguito, prima di analizzare nel dettaglio le attività svolte da SPAXS, viene effettuata una presentazione degli sponsor e del management team di SPAXS, con una rapida analisi del loro track-record professionale; nello specifico, come sponsor, troviamo:
• Xxxxxxx Xxxxxxx, che ricopre anche la carica di Amministratore Delegato, e Presidente Esecutivo. Egli ha avuto una lunga e comprovata esperienza nella gestione, riorganizzazione e rilancio di istituti finanziari; tra queste, si sottolineano l’esperienza come managing director e amministratore delegato del Gruppo Intesa Sanpaolo, in cui ha contribuito con successo alla fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi, e quella in Poste Italiane, oltre che quelle meno recenti in Banco Ambroveneto, Olivetti e Cir. Inoltre, è stato Ministro dello Sviluppo, delle Infrastrutture e dei Traporti per il governo Xxxxx;
• Xxxxxx Xxxxxx, a capo della divisione NPL di SPAXS, che vanta un’esperienza decennale nel settore, tra Banca IFIS e Toscana Finanza;
Come membri del management team invece, i soggetti coinvolti sono:
• Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, a capo della divisione SME di SPAXS, che ha maturato precedenti esperienze sia in ambito bancario che nel settore delle piccole-medie imprese, nello specifico in Banca Popolare di Vicenza, MPS, Meliorbanca ed Efibanca;
• Xxxxx Xxxxxxxx, a capo della divisione Direct Bank e Digital & Operations di SPAXS, in passato ha avuto esperienze sia in ambito finanziario che nel business develoment. È stato managing director di CSE Consulting e prima ancora, ha ricoperto la stessa carica in WeBank S.p.A.;
• Xxxxxxxxx Xxxx, a capo delle funzioni centrali e CFO di SPAXS, carica già ricoperta in BMPS dal 2016; inoltre, è stato managing director, per la divisione investment-banking per Nomura (sei mesi) e Goldman Sachs (14 anni).
Si noti, ai fini dell’allineamento degli interessi tra promotori, manager e investitori, che gli sponsor guadagneranno la maggior parte delle loro azioni speciali solamente dopo il raggiungimento di un rendimento del 60% (secondo le evidenze di Banca IMI) da parte degli azionisti ordinari che hanno investito al momento dell’IPO, che la maggior parte del compenso del management è su base variabile e verrà corrisposto solamente dopo il raggiungimento del break-even, che tutti i dipendenti saranno azionisti della società, e che non ci sarà alcuna diluizione dagli incentivi delle azioni dei top manager, che verranno pagati con le azioni speciali di Xxxxxxx Xxxxxxx.
Di seguito viene riportato uno spaccato dei segmenti, con annessi valori stimati, che sono serviti da SPAXS:
1. SME business: lo scopo è quello di offrire dei servizi di tipo bancario / finanziario alle piccole-medie imprese, con un fatturato tra i 30 e i 250 Mln di
€, sia se qualificate come performing sia se qualificate come un-likely to pay. In particolare, il vantaggio competitivo su cui la società intende puntare, per incalzare le banche tradizionali in tale segmento, è quello dell’utilizzo di specifici “Tutor” (figure altamente qualificate) e di tecnologie avanzate nel rapporto con le controparti, considerando che le attività di turnaround e di crossover saranno immediatamente operative mentre quella dell’invoice lending richiederà un tempo di attivazione maggiore. Alla luce di ciò, emerge come da un punto di vista strategico, l’approccio di SPAXS, potrebbe essere definito da “Oceano Blu”, ossia di non cercare la competizione diretta su linee di business in cui ci sono già banche consolidate, bensì di cercare delle nicchie profittevoli non sfruttate come quelle che si focalizzano sulle piccole-medie imprese. Ciò è avvalorato anche dal fatto che, ad oggi, la Società rappresenta un unicum nel contesto italiano, con un business model molto più simile alle
c.d. Challenger Banks d’Oltremanica: essere caratterizzati da una struttura snella, soprattutto da lato costi e dipendenti, avere poca o nessuna presenza fisica sul territorio ed elevati ritorni sul capitale (ROE tra il 10 e il 40%)59. I ricavi relativi all’area SME, possono essere ricondotti a tre tipologie diverse di attività, che secondo i promotori dell’iniziativa sono ampie, e con poca concorrenza, dove la giusta tecnologia, unita alle diverse expertise convogliate nel progetto possono portare ad un rapido sviluppo del business, soprattutto in termini di margini e di crescita:
• turnaround lending, oggi “nicchia da oltre 2 miliardi”60, in cui SPAXS si pone l’obiettivo di rilevare crediti UTP (un-likely to pay) di dimensione sia mid che large con elevato potenziale in termini di ritorno sull’equity, fornendo oltre a nuova finanza, anche servizi di advisory ed iniezioni di capitale. In particolare il vantaggio di SPAXS è quello di fornire al cliente un’ampia gamma di servizi bancari, ad un costo minore rispetto alla media di mercato, una leva significativa e un migliore rapporto con le banche
59 Fonte: PWC, “Who are you calling a ‘Challenger?”
60 Fonte: xxxxx://xxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxx-0-xxxxxxxx/
creditrici; in altri termini, essendo un nuovo player sul mercato degli UTP, slegato dalle caratteristiche tradizionali tipiche dei player del settore, si presenta come il profilo ideale per fornire nuova finanza alle società in difficoltà. In particolare, lo scopo è quello di acquistare a sconto degli UTP rispetto al loro valore di libro, riportarli a livelli accettabili di performance in un tempo ragionevole, ed ottenere il rimborso ad un valore superiore di quello iscritto a bilancio dalla società. Nuova finanza ed iniezioni di capitale, da parte di soggetti specializzati, potranno essere forniti per accelerare il percorso di ripristino della performance dei suddetti UTP. Si noti come il turnaround portfolio è caratterizzato da elevati livelli di rischio, e sono cruciali per il successo dell’operazione, sia individuare UTP su cui c’è un sufficiente margine di intervento per poterli risanare in un tempo ragionevolmente congruo, sia acquistarli ad un prezzo di acquisto che garantisca un tasso interno di rendimento adeguato per la società;
• crossover lending, con tali forme di finanziamento, SPAXS intende supportare quelle realtà ad elevato potenziale ma che hanno un rating medio-basso o addirittura assente, e che troverebbero difficoltà laddove si rivolgessero ad una banca tradizionale. In questo segmento la Società, intende operare attraverso dei “Tutor”, reputati cruciali per il successo del segmento, che sono dei professionisti, dall’elevata expertise industriale e finanziaria, responsabili delle relazioni con i clienti, supportati nello svolgimento della loro attività da big data ed intelligenza artificiale. Ancora, SPAXS, in tale segmento, intende offrire un’ampia gamma di servizi: dai prodotti tipicamente bancari, ad attività di advisory sia in termini di supporto per eventuali progetti di crescita sia come consulenza finanziaria. Le aspettative, in termini di margine, su tale segmento sono elevati, ma considerati in linea con il panel di società comparabili relativamente ad attività per SME, sia italiane che non;
• invoice lending, ove l’obiettivo è quello di fornire un’offerta completa, veloce e funzionale attraverso canali digitali e partner specializzati, in particolar modo destinati a soddisfare le esigenze tipiche delle supply- chain dei distretti industriali, una nicchia di mercato non completamente servita. Essendo un segmento abbastanza saturo, risultano essenziali per il successo le conoscenze, finanziarie ed industriali, dei “Tutor”, oltre che la velocità di esecuzione nell’uso delle piattaforme digitali, la semplificazione dei processi, uniti ad una perfetta integrazione inter ed intra le diverse linee di business.
Di seguito, sono rappresentate le evidenze principali del triennio 2020-2023 per quanto concerne gli aspetti economico-finanziari.
Fonte: Intesa Sanpaolo Research Department
In particolare, si noti come SPAXS intenda passare dagli 84-102Mln € di ricavi del 2020 ai 420Mln € nell’anno 2023 con un ROE del 24%.
2. NPL business: in tale segmento, SPAXS intende diventare una figura di riferimento, mediante sia l’acquisizione di crediti in sofferenza, garantiti e non, sia attraverso la loro gestione grazie a specifiche piattaforme di servicing. Nello specifico, il mercato dei crediti non performanti in Italia, a dicembre 2017, presentava delle dimensioni più che significative, circa 165 Mld €, di cui il 70%
era rappresentato da prestiti alle imprese. Secondo le stime di PwC61, nella prima metà del 2018 sono già state concluse transazioni per circa 37 Mld €, per arrivare ad un valore totale, nel 2018 di circa 70 Mld €. In particolare, l’obiettivo della società è quello di collocarsi in un mercato dalle dimensioni significative, basti pensare che gli NPL relativi alle imprese sono circa tre volte quelli relativi al segmento retail, ma soprattutto non esplorato a fondo, caratterizzato da strumenti e procedure poco innovative, e con un livello di concorrenza abbastanza limitato. Alla luce di ciò, il vantaggio competitivo di SPAXS è quello di essere un player di riferimento lungo l’intero processo relativo agli NPL, utilizzare un approccio data-centrico, basato su specifiche piattaforme di cui nessuno è dotato nel mercato domestico, sin dalla fase del pricing del credito, avere un management dall’elevato standing sia per quanto concerne il mercato dei capitali (lato debito) e la cartolarizzazione, che la gestione degli NPL, stricto sensu, oltre ad essere caratterizzata da una struttura snella con bassi costi di finanziamento, elevato leverage, ed un tasso interno di rendimento, che secondo gli analisti di settore è notevolmente superiore a quello dei competitors. Per quanto concerne le singole aree di business identificate dalla società, all’interno del settore degli NPL, queste sono:
• investimenti diretti in NPL, nello specifico portafogli di NPL aziendali e singoli crediti deteriorati dismessi da banche o da altri operatori, di grandi dimensioni al momento trattati da fondi di grandi dimensioni ma che si trovano a fronteggiare costi di finanziamento elevati, differentemente da SPAXS che gode di un cost of funding molto contenuto;
• attività di business servicing che permette di costruire una piattaforma interna per poter gestire al meglio il portafoglio di NPL;
• attività di finanziamento ad altri investitori di NPL, sfruttando una struttura dei costi molto bassa ed una catena del valore integrata.
61 Fonte: PwC, “The Italian NPL market”, giugno 2018
Alla luce di quanto espresso fino ad ora, gli obiettivi di SPAXS per quanto concerne tale segmento, sono quelli di generare ricavi tra i 119-145Mln € entro il 2020 e circa 250Mln € entro il 2023, con un ROE del 25%.
Di seguito vengono riportate le principali evidenze economico – finanziarie per il segmento NPL: nel 2020, SPAXS si pone come obiettivo il raggiungimento di ricavi totali per un livello compreso tra 119-145Mln € mentre nel 2023, il target è di 250Mln € con un ROE del 25%.
Fonte: Intesa Sanpaolo Research Department
3. Direct Banking: è il terzo segmento di business in cui la società intende collocarsi e che secondo le stime corrisponde a circa il 37% della raccolta, ma soprattutto ne rappresenta uno dei tratti distintivi, visto che la stessa SPAXS ha come obiettivo quello di non porsi più come un semplice istituto che raccoglie depositi della clientela, bensì come una challenger bank sul modello anglosassone che fornisce un apporto pro-attivo alla relazione con il cliente, che lo assiste nel soddisfacimento di tutti i suoi bisogni finanziari, migliorandone così la fedeltà. I servizi del direct banking sono rivolti sia ad una clientela retail che alle piccole-medie imprese e sono diversi:
• Risparmi: SPAXS si pone come obiettivo quello di offrire conti correnti e depositi a termine ad una clientela rappresentata sia dalle piccole-medie
imprese che dai retail, a tassi competitivi con un’offerta del prodotto configurabile dal cliente stesso;
• Pagamenti: tutti i principali sistemi di pagamento verranno offerti alla clientela retail tramite una piattaforma innovativa che permette la creazione di portafogli personali integrati ed innovativi anche aggregando dei conti provenienti da banche diverse;
• CFO digitale: servizio ideato per le piccole-medie imprese, ha come obiettivo, tramite la figura dei Tutor, quello di mettere a disposizione i principali sistemi di pagamento e di effettuare analisi dei cash-flow;
• Prodotti di terze parti: tale servizio è ideato per offrire alla clientela prodotti finanziari di parti terze, relativi a quelle aree dove SPAXS non è coinvolta (e nel caso lo fosse non riuscirebbe ad avere un ruolo centrale a causa della presenza consolidata delle banche tradizionali).
Come già fatto in precedenza, di seguito vengono espositi i target di SPAXS relativamente all’area Direct Bank. Si noti come le proiezioni relative ai ricavi, e in proporzione tutte le altre voci principali, sono molto più contenute rispetto alle precedenti stime degli altri segmenti di business.
Fonte: Intesa Sanpaolo Research Department
Si noti come il successo del direct banking, ma anche dei segmenti relativi agli NPL e alle PMI, secondo gli analisti è dovuto principalmente dal fatto di avere costi di finanziamento molto bassi. In particolare, SPAXS si aspetta di generare,
nel 2020, ricavi per 13Mln €, mentre per il 2023, ricavi per 40Mln €, dovuti soprattutto ai depositi e ai pagamenti. L’implementazione di tale segmento è ad uno stato avanzato, e le tempistiche relative al lancio del brand nel mercato retail si attestano alla prima metà del 2019, mentre l’offerta di prodotti di parti terze dovrebbe partire dal 2019.
Alla luce di quanto detto, in particolare per quanto concerne i target che SPAXS si è posta nel triennio 2020-2023, è utile effettuare delle considerazioni in merito a quelli che sono i principali rischi a riguardo, prima definendoli in maniera generica e poi ponderandoli con una analisi SWOT.
Secondo gli analisti di Banca IMI, i principali rischi, che SPAXS deve fronteggiare sono i seguenti:
• esecuzione del business model: di per sé, gli obiettivi posti dalla società, che deve comunque considerarsi una start-up, sono altamente ambiziosi: nel 2023, il management team si aspetta di avere asset per un valore pari a 6.3Mld €, con depositi della clientela retail e aziendale pari a 4.4Mld €, ricavi totali pari a 710Mln €, una profittabilità del 25%;
• competizione: sebben la società ha deciso di competere in settori di mercato inesplorati, la competizione potrebbe rappresentare una minaccia per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, in particolare nel settore degli NPL che ad oggi è una terra di conquista per diversi player vista la sua dimensione, e nel settore delle piccole-medie imprese vista la presenza delle banche tradizionali;
• sviluppo macroeconomico: in tal caso, ad inficiare il perseguimento degli obiettivi di SPAXS può essere l’andamento delle principali variabili macroeconomiche che vanno ad influenzare quella che è la domanda di prestiti bancari da parte del segmento SME, il livello del rischio percepito in termini di costi, il tasso di recupero etc.
Alla luce di ciò, si noti come gli analisti di Banca IMI sottolineano come la giusta combinazione tra i diversi segmenti di business posti in essere da SPAXS
rappresenta una valida mossa per contrastare tali rischi. In particolare, essi si soffermano sulla minore sensitività della società agli andamenti del ciclo economico rispetto alle banche tradizionali, in particolare per quanto concerne il segmento degli NPL, moderatamente invece per quanto riguarda il segmento dell’invoice lending; è indubbiamente ciclico e quindi molto sensibile all’andamento delle variabili macroeconomiche, e quindi maggiormente rischioso, il segmento dedicato alle SME. Ancora, andando a rappresentare in maniera più razionale quanto detto pocanzi, possiamo definire un’analisi SWOT composta dai seguenti blocchi: punti di forza, indubbiamente rappresentati dalla qualità del management, dal non avere legami col passato ed essere un profilo totalmente nuovo sulla scena domestica, una struttura dei costi molto contenuta ed un grado di leverage significativo, se comparato con i player tradizionali, una convergenza tra l’interesse degli investitori con quello del management, un’elevata profittabilità ed una solida base patrimoniale; punti di debolezza, dovuti al fatto di essere un brand totalmente nuovo, senza una storia alle spalle e quindi sconosciuto ai clienti ed al mercato, non avere alcuna esperienza nel settore degli NPL, una base dei depositi tutti da costruire, e la profittabilità è distribuita verso la fine del Business Plan; opportunità, rappresentate dal settore degli NPL, che negli ultimi anni sta assumendo una centralità sempre più marcata nel comparto bancario-finanziario, dal definire una digitalizzazione dei processi nel settore bancario, e ciò può rappresentare un enorme vantaggio competitivo, in un contesto caratterizzato dalla disruption della tecnologia attuale, e dalle attività di invoice lending e del turnaround; minacce, dovute da una competizione con player non-bancari nel settore degli NPL, con le banche tradizionali nel settore SME, dall’attuale contesto economico domestico e dal nuovo trend del digital banking, oltre che dalla scommessa di puntare su tre segmenti di business sin dalle prime fasi dalla costituzione della società.
Senza dubbio, uno degli aspetti più significativi di tale operazione è rappresentato dal processo di valutazione, in quanto SPAXS è caratterizzata sia dal fatto di essere