COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) BLANDINI Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) PORTA Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) SAMPAGNARO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) QUARTA Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXXXXX XXXXX XXXXX
Nella seduta del 06/04/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente, cointestatario unitamente al coniuge di un conto corrente di corrispondenza presso la banca convenuta, lamenta l’addebito non autorizzato operato dall’intermediario sul conto in oggetto e imputato a pagamento di talune rate scadute di un finanziamento chirografario concesso alla ditta individuale di cui il medesimo è titolare.
In particolare, esponeva il ricorrente che l’addebito operato dall’intermediario determinava l’azzeramento della disponibilità liquida presente sul conto personale; sicché, in mancanza della necessaria provvista, un assegno bancario emesso per l’importo di € 1.150,00 veniva reso insoluto per carenza della necessaria provvista, causando allo stesso “un notevole danno di immagine”.
Pertanto, con reclamo del 5 maggio 2015, il correntista chiedeva all’intermediario il rimborso dell’importo illegittimamente addebitato sul conto corrente cointestato nonché il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti, quantificati in € 20.000,00, e la rifusione di € 3.000,00 a titolo di spese di assistenza tecnica.
In riscontro al reclamo, la banca sottolineava la correttezza del proprio operato deducendo che: “in caso di ditta individuale non vi è separazione tra il patrimonio personale e quello aziendale, atteso che l’imprenditore risponde delle obbligazioni con tutto il suo patrimonio”;
la variazione del conto corrente di regolamento per le rate del finanziamento chirografario è stata concordata con il responsabile della filiale di riferimento (…) atteso che il conto intestato alla ditta individuale non presentava da tempo idonea capienza per consentire il pagamento delle rate del mutuo”; “in data 26.3.2015, appena creatasi la necessaria disponibilità sul conto (personale), pertanto la procedura ha addebitato automaticamente parte delle rate scadute del citato finanziamento”.
Ritenuto insoddisfacente il riscontro ricevuto, il ricorrente si è determinato a presentare l’odierno ricorso a mezzo del quale, deducendo la condotta contraria a buona fede dell’intermediario nell’esecuzione del contratto – non avendo lo stesso provato la sussistenza di un’autorizzazione all’addebito delle rate sul conto cointestato, né comunicato al medesimo di essersi avvalso della compensazione legale – ha chiesto all’Arbitro di disporre (a carico della banca convenuta) “la restituzione a mezzo assegno circolare della somma di € 1.313,45; il pagamento della notula spese pari ad € 3.000,00; un rimborso per danni morali, patrimoniali, esistenziali e biologici di € 20.000,00”.
Costituitasi, la convenuta si è opposta alle richieste di parte avversa evidenziando, in primo luogo, che il ricorrente - titolare dell’omonima ditta individuale - è intestatario di un conto corrente aziendale acceso in data 21 settembre 2010, sul quale insisteva un’apertura di credito dell’importo di € 5.000,00, scaduta il 3 settembre 2014, nonché di un finanziamento chirografario per l’importo di € 25.000,00 concesso alla stessa ditta in data
24 settembre 2010 e rimborsabile in n. 60 rate mensili; il finanziamento, assistito da garanzia prestata da società terza per l’importo di € 12.500,00, perfezionata in data 24 settembre 2010 e scaduta il 30 settembre 2015, presenta un’“esposizione debitoria a data corrente dell’importo di € 4.094,74 corrispondente alle ultime nove rate del finanziamento impagate (dall’1.1.2015 al 30.9.2015)”. Il ricorrente è altresì titolare, unitamente alla moglie, di un “conto corrente di corrispondenza semplice” acceso in data 12 ottobre 2009. La moglie del ricorrente è inoltre garante della ditta individuale intestata al marito, nei confronti della quale ha prestato le seguenti fideiussioni: fideiussione generica “omnibus limitata” per l’importo di € 6.500,00 perfezionata in data 23.9.2010; fideiussione “specifica limitata” a garanzia del finanziamento chirografario perfezionata in data 24.9.2010.
Tanto premesso, la convenuta ha esposto di aver provveduto ad addebitare sul conto corrente personale cointestato l’importo di € 1.313,45 (in data 26 marzo 2015), “per il pagamento di alcune rate arretrate del finanziamento chirografario intestato alla ditta individuale”, affermando che “la modifica del conto di appoggio era stata concordata con il cliente ed accettata informalmente dallo stesso”. L’addebito ha causato l’azzeramento della disponibilità liquida presente sul predetto conto.
Il successivo 1° aprile 2015 è pervenuto l’assegno bancario emesso dal ricorrente in data 23 marzo 2015 per l’importo di € 1.150,00; di conseguenza, in assenza di disponibilità, il titolo è stato “reso insoluto in quanto pervenuto fuori termine per il protesto e consegnato in stanza in data 07.04.2015”. Peraltro, risultando il titolo fuori termine per il protesto, alcuna segnalazione pregiudizievole è stata effettuata a carico del traente.
Infine, la resistente ha affermato che: “il credito azionato non era costituito soltanto dall’esposizione del debitore principale, quanto piuttosto dall’obbligazione fideiussoria assunta dalla cointestataria del rapporto di conto corrente che è stato utilizzato per la parziale estinzione dell’esposizione in capo al titolare della ditta individuale”.
Ciò posto, la convenuta, ritenendo legittimo il proprio operato sulla base del disposto di cui agli articoli 1853 e 1854 cod. civ., si è opposta alle istanze risarcitorie e accessorie formulate dal ricorrente, in quanto sprovviste del necessario supporto probatorio, concludendo per il rigetto del ricorso.
DIRITTO
Il ricorso è imperniato sulla dedotta illegittimità della compensazione effettuata dalla banca sul conto corrente personale del ricorrente, mediante addebito dell’importo di € 1.313,45, a fronte del “pagamento di alcune rate arretrate del finanziamento chirografario intestato all’omonima ditta individuale”. Tale addebito (sul quale vi è contestazione) sarebbe stato effettuato – secondo quanto affermato dall’intermediario in sede di controdeduzioni – a seguito di accordi “informali” intervenuti con il cliente e dallo stesso accettati per “fatti concludenti”.
I menzionati rilievi pongono la questione dell’ammissibilità, nel caso di specie, della compensazione tra crediti e debiti relativi “a conti o rapporti diversi” - i cui effetti si sarebbero prodotti in data 26 marzo 2015 - nella misura in cui uno dei rapporti si configura quale conto personale cointestato con la moglie del ricorrente, e le posizioni a credito e a debito estinte si riferiscono, rispettivamente, al predetto conto personale e al mutuo intestato alla ditta.
Per il corretto inquadramento della fattispecie, giova premettere che, salvo patto contrario, quando tra la banca e il correntista esistono più rapporti o più conti, ancorché in monete differenti, i saldi attivi e passivi si compensano reciprocamente (art. 1853 c.c.). In applicazione della regola citata, in linea di principio, la banca può legittimamente estinguere il debito del cliente riveniente da un conto corrente bancario, compensandolo con il credito risultante su altro conto intestato al medesimo correntista. Il carattere legale della compensazione consente inoltre all’intermediario di non dover chiedere l’autorizzazione al cliente prima di procedere all’estinzione del debito, “fermo restando che dell’intervenuta compensazione – contro la cui attuazione non potrà in nessun caso eccepirsi la convenzione di assegno – la banca darà pronta comunicazione scritta al cliente” (art. 11, Circolare ABI, LG/000906 del 25/2/2005, recante “Condizioni generali relative al rapporto banca-cliente”).
La giurisprudenza non è tuttavia univoca nel ritenere se il meccanismo estintivo ottenuto
con la compensazione legale prevista dall'art. 1853 c.c. possa operare anche quando i rapporti sono entrambi in corso, come si è talora affermato (cfr. Cass. n. 3447 del 1986 e
n. 6558 del 1997), ovvero sul presupposto che i conti siano preventivamente chiusi (Cass. Civ., sez. I, 3 maggio 2007, n. 10208).
Rileva in proposito che il rapporto di conto corrente è strutturato in modo da consentire la continua variazione del saldo per effetto delle molteplici operazioni che il titolare può compiere, e il saldo valorizzato in ciascun conto rappresenta il risultato delle registrazioni delle singole poste attive e passive di un rapporto unitario (arg. ex artt. 1823, comma 1 e 1852, cod. civ.); ne deriva che l’annotazione del saldo come posta di un conto distinto presuppone non solo che sia in corso, tra le stesse parti, il conto nel quale l'annotazione deve essere effettuata, ma anche che il relativo credito sia esigibile. Infatti, se uno dei conti è assistito da apertura di credito, il credito della banca sarà esigibile - e quindi compensabile con i saldi attivi di altri conti dello stesso cliente - soltanto alla scadenza del termine o del preavviso previsti dall'art. 1845 x.x. (Xxxx., xxx., xxxx. 0x xxxxxx 0000, x. 00000). Xx è giunti per questa via ad affermare: “Poiché il contratto di conto corrente obbliga le parti soltanto all'annotazione dei crediti derivanti dalle reciproche rimesse, la compensazione legale prevista dall'art. 1853 cod. civ. esige almeno che il saldo attivo o passivo di un conto risulti esigibile in un momento in cui sia in corso un distinto rapporto di conto corrente, nel quale la posta attiva o passiva proveniente dall'altro conto possa essere annotata (Cass. civ. n. 2801/2009; in senso conforme, ABF Napoli, Dec. n. 4484/2015). Inoltre, non si è mancato di osservare come l’art. 1853 c.c. è “dettato in tema di rapporti di conto corrente, e avendo dunque natura di lex specialis, non può essere
esteso analogicamente al [diverso] contratto di deposito” (cfr. ABF Roma, Decisione n. 323 del 02 febbraio 2012).
Così delineati i tratti principali della fattispecie in esame, la Cassazione ha avuto modo di precisare che la banca – informandosi ai principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto – non può manifestare la volontà di avvalersi della compensazione legale a mezzo della semplice annotazione sul conto, ma deve comunicare tale volontà al correntista che, in presenza della convenzione di assegno, confida sulle disponibilità esistenti sul rapporto, le quali non possono, proprio per questo, essere diminuite con atto unilaterale della banca non prevedibile. La comunicazione dell’avvenuto addebito in conto ha natura recettizia; pertanto dal momento in cui la stessa è conosciuta dal cliente si realizzano gli effetti della compensazione legale, sebbene questi retroagiscano al momento della coesistenza dei crediti e debiti compensati.
Ciò posto, la contestazione del cliente che, a fronte della intervenuta operazione di compensazione, lamenti di non esserne stato prontamente informato e di essere andato incontro, per tale motivo, a conseguenze pregiudizievoli (rappresentate, come nel caso di specie, dall'avere emesso un assegno privo di provvista e di essersi esposto alle procedure di legge e al disvalore morale) impone al giudicante di valutare il comportamento dell’intermediario alla stregua del fondamentale principio della buona fede nella esecuzione del contratto, al fine di verificare, sulla base delle circostanze del caso concreto, se l'invio della comunicazione sia stato o meno tempestivo ovvero se l'eventuale ritardo possa ritenersi giustificato; e ciò atteso che la violazione dell'obbligo di pronta comunicazione, pur non incidendo sulla validità ed efficacia dell'operazione di compensazione - da ritenersi perfezionata in forza della mera annotazione in conto della posta passiva proveniente dall'altro rapporto - può tuttavia essere fonte, per la banca, di una responsabilità risarcitoria (Cass. civ., n. 18947/2005).
Orbene, nella fattispecie, dalla documentazione agli atti risulta che in data 26 marzo 2015,
sul conto corrente “personale” cointestato del ricorrente è pervenuto un bonifico per l’importo di € 1.400,00, in esito al quale il rapporto ha evidenziato un saldo a credito correntista pari a € 1.313,45; lo stesso giorno la banca ha addebitato sul medesimo conto l’importo di € 1.313,45, con causale “pagamento rata mutuo/prestito” (chirografario) - concesso, invero, all’“azienda”- azzerandone di fatto il saldo ivi esistente; ciò malgrado nel contratto di finanziamento fosse indicato uno specifico conto di appoggio per l’addebito delle rate di rimborso. Il finanziamento era altresì assistito – secondo quanto dichiarato dalla banca – da una garanzia “specifica limitata per € 12.500,00” rilasciata da una società terza, “perfezionata il 24/09/2010 e scaduta il 30/09/2015”.
Appare dunque che la banca, lungi dall’attuare una compensazione legale ex art. 1853
c.c. – peraltro dalla stessa opposta per la prima volta in sede di controdeduzioni e non anche palesata nel riscontro al reclamo – quale meccanismo estintivo del saldo creditore in essere sul conto personale cointestato ai coniugi, non ancora chiuso all’epoca dei fatti, e di talune rate scadute del rapporto di mutuo concluso con la ditta individuale, abbia semplicemente posto in essere una mera annotazione contabile di addebito sul conto personale dei clienti, nonostante la banca fosse espressamente tenuta, ai sensi dell’art. 2 del contratto di prestito aziendale, “a procedere ai relativi addebiti” sul diverso c/c “intestato all’impresa”. A tale esito argomentativo induce, tra l’altro, l’affermazione della banca secondo cui: “in data 26.3.2015, appena creatasi la necessaria disponibilità sul conto (personale) la procedura ha addebitato automaticamente parte delle rate scadute del citato finanziamento”, senza che tra le parti fosse stata pattuita la variazione del conto di appoggio, in deroga alla predetta clausola, tale da giustificare l’addebito de quo.
Né, d’altro canto, appare che la banca abbia formalmente costituito in mora la debitrice del
prestito, ovvero che abbia inteso soddisfare il proprio credito nei confronti del fideiussore
(coniuge cointestatario del conto personale di cui si verte) formulando la “semplice richiesta scritta” al garante, prevista dagli artt. 6 e 7 dei contratti di garanzia.
Si osserva, peraltro, che ove la banca avesse inteso compensare il credito con il debito dei due distinti rapporti riconducibili al correntista, alla stregua della normativa citata e dei principi ermeneutici innanzi ricostruiti, una condotta improntata ai canoni di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto avrebbe dovuto suggerire all’intermediario di informarne prontamente i clienti, che per tale motivo hanno lamentato di essere andati incontro alle conseguenze pregiudizievoli rappresentate dall'avere emesso un assegno privo di provvista e di essersi esposti al disvalore morale.
Una tale condotta non è stata osservata dalla convenuta, la quale si è limitata a produrre un dettaglio contabile delle rate di mutuo pagate nonché una nota tardiva, datata 13 ottobre 2015, recante peraltro la mera “informativa periodica relativa alle operazioni di pagamento di cui al D.lgs. n. 11/2010 e ad altre operazioni effettuate sul conto corrente”, inidonea a manifestare la volontà di volersi avvalere della compensazione legale o a comunicare di essersene già avvalsa (cfr. Cass. civ. n. 18945/2005, cit.).
Per quanto innanzi, la compensazione operata dalla banca è da ritenersi illegittima e la somma addebitata deve essere rimborsata al ricorrente.
Viceversa si rigetta il capo della domanda concernente il ristoro dei danni patrimoniali che si assumono patiti in quanto sprovvista di qualsivoglia supporto probatorio in ordine all’an ed al quantum del pregiudizio lamentato e alla sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta dell’intermediario e il verificarsi dell’evento dannoso. Al medesimo esito deve pervenirsi con riferimento alla richiesta di rimborso delle spese sostenute per l’assistenza tecnica – che questo Collegio riconosce sub specie di risarcimento di danno patrimoniale – poiché sfornita di elementi di prova.
Parimenti non sussistono i presupposti per l’accoglimento della richiesta risarcitoria in ordine al danno non patrimoniale, d'altra parte genericamente formulata e priva di alcun riscontro documentale atto a comprovare il concreto pregiudizio che il ricorrente avrebbe subito (cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sent. 11.11.2008 n. 26972).
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l’intermediario tenuto alla restituzione dell’importo di € 1.313,45.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1