FALLIMENTO DI UN CONTRAENTE E SORTE DEL PRELIMINARE INESEGUITO
FALLIMENTO DI UN CONTRAENTE E SORTE DEL PRELIMINARE INESEGUITO
(Note a margine di Trib. Torre Annunziata 29 aprile 2017)
di XXXXXXXX XXXXXXXX
1. La decisione. – 2. Il quadro normativo di riferimento. – 3. La po- sizione della giurisprudenza. – 4. Gli orientamenti dottrinali. - 5. Ri- flessioni conclusive.
1. La decisione.
La pronuncia qui esaminata risulta emessa all’esito di un giu- dizio proposto dalla curatela di un fallimento per conseguire una pronuncia risolutiva di un contratto ancora in essere, ed inese- guito, alla data dell’apertura della procedura fallimentare, non- ché la restituzione della somma versata a titolo di caparra dalla società medesima, all’epoca in bonis, al convenuto.
La parte convenuta nel costituirsi in via principale oppone, specularmente, l'inadempimento della curatela (rectius, della so- cietà all'epoca in bonis) all'obbligo di stipulare il definitivo, chiedendo a sua volta declaratoria di risoluzione contrattuale, nonchè accertarsi il proprio diritto alla ritenzione della caparra e, in subordine, contesta la pretesa restitutoria avanzata dal fal- limento assumendo che non vi era prova dell'incasso, da parte sua, della cifra indicata a titolo di caparra, chiedendone in con- seguenza il rigetto.
Il tribunale respinge le contrapposte domande di risoluzione per inadempimento, ritenendo non esservi prova degli inadem- pimenti che le parti si contestano a vicenda, accogliendo invece la domanda di risoluzione proposta dalla curatela sotto un di- verso profilo, riconducendo la stessa nell'alveo di applicazione
dell'art. 72, L.F., avendo interpretato la domanda giudiziale in questione come atto di esercizio di quel diritto potestativo che detta norma riconosce al curatore relativamente ai contratti an- cora pendenti al momento della declaratoria del fallimento; in conseguenza, parimenti respinge, la domanda della curatela fi- nalizzata ad ottenere la restituzione della caparra, ritenendo la stessa non sufficientemente provata, per avere la curatela for- nito, al riguardo, solo un indizio/principio di prova, costituito dalla avvenuta iscrizione del relativo credito nella contabilità/bi- lancio, non avvalorato da altre risultanze probatorie; di contro, il giudice ritiene priva di rilievo la circostanza che il convenuto, quale amministratore della fallita società di capitali, avesse fir- mato il relativo bilancio nella sua ritenuta qualità, sul rilievo che la domanda restitutoria era stata proposta nei confronti di detto soggetto come persona fisica, rispetto al quale, pertanto, gli atti dal medesimo posti in essere come amministratore non possede- vano valenza confessoria.
2. Il quadro normativo di riferimento
Nella vicenda esaminata dalla richiamata decisione, vengono in rilievo due profili, sostanzialmente: il primo, costituito dall’azione di risoluzione contrattuale (di un contratto prelimi- nare, in questo caso) per inadempimento, regolata dagli art. 1453 e 1455 c.c. ed il secondo, da un’azione ai sensi dell’art. 72, L.F., che, come noto, disciplina la sorte dei contratti pendenti al mo- mento della declaratoria di fallimento.
Le coordinate normative per l’esercizio dell’azione di risolu- zione per inadempimento di un contratto, sono dall’art. 1453 c.c. così individuate: i) deve trattarsi di un contratto a prestazioni corrispettive; ii) occorre l’inadempimento di uno dei contraenti alle sue obbligazioni; iii) il contraente non inadempiente, cui spetta in ogni caso il risarcimento del danno, ha la facoltà di agire o per l’adempimento, ovvero per la risoluzione, con la pre- cisazione che, ove il contraente abbia scelto di agire per conse- guire l’adempimento, legittimamente può cambiare idea, chie- dendo la risoluzione, essendogli invece precluso il contrario; iv)
infine, una volta che gli sia stata notificata la domanda di risolu- zione, al contraente inadempiente è preclusa la possibilità di adempiere alla propria obbligazione.
Per quanto riguarda invece la sorte di quei contratti che, al momento in cui di uno dei contraenti sia dichiarato il fallimento, risultino ineseguiti o comunque in mancanza di piena esecuzione da parte di ciascuno dei contraenti, è l’art. 72 L.F. a dettare la relativa disciplina, con una previsione alquanto articolata, pre- vedendosi: i) innanzitutto, nella richiamata eventualità, possono verificarsi due ipotesi, dipendenti dalla scelta del curatore – pre- via autorizzazione del comitato dei creditori – che può riguar- dare o il subentro nel contratto pendente, con la conseguente as- sunzione di tutti i relativi obblighi, oppure lo scioglimento dal contratto de quo, tranne l’ipotesi in cui, trattandosi di un con- tratto ad effetti reali, il trasferimento del diritto si sia già verifi- cato; in attesa che il curatore assuma una di dette decisioni, il contratto resta sospeso; ii) se il curatore ritarda nel compiere detta scelta, la norma riconosce alla controparte la facoltà di co- stituirlo in mora a tal fine, chiedendo al giudice delegato di as- segnargli un termine per compiere tale scelta: il termine non può superare i sessanta giorni, e se comunque il curatore non sceglie, il relativo silenzio/inerzia determina lo scioglimento del con- tratto; iii) il curatore può compiere la scelta di cui innanzi anche nel caso in cui ad essere inadempiuto sia un preliminare, con salvezza di quanto stabilisce l’art. 72bis, L.F.1; iv) a fronte della decisione del curatore di sciogliersi, al contraente non inadem- piente resta, come unico strumento per far valere il proprio cre- dito, l’insinuazione al passivo, mentre nulla gli compete a titolo di risarcimento del danno; v) se l’azione di risoluzione del con- tratto è stata promossa, prima del fallimento, nei confronti del contraente inadempiente, la stessa produce – con salvezza, ove prevista, degli effetti della trascrizione della relativa domanda – i propri effetti nei confronti della curatela e, se il contraente in- tende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, dovrà
1 Disposizione per il quale i contratti relativi agli immobili da costruire si sciol- gono nel caso in cui, prima che vi sia l’esercizio della facoltà di scelta riconosciuta dall’art. 72 L.F. al curatore, vi sia stata, da parte dell'acquirente, l’escussione della fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, con re- lativa comunicazione al curatore, escussione tuttavia preclusa successivamente alla comunicazione del curatore del subentro nel contratto.
anche in questo caso insinuarsi al passivo fallimentare; vi) si pre- vede, poi, l’inefficacia di eventuali pattuizioni contrattuali che ricollegano, come effetto automatico del fallimento, la risolu- zione del contratto; vii) anche nell’ipotesi in cui lo scioglimento riguardi un contratto preliminare di vendita immobiliare tra- scritto ex art. 2645bis c.c., all'acquirente viene riconosciuto, per far valere il proprio credito, la sola possibilità di insinuazione al passivo, con esclusione, anche in questo caso, del risarcimento del danno, ma con il riconoscimento, invece, del privilegio pre- visto ex art. 2775bis x.x. (xxxxxxxxxx xxxxxxxx xxx xxxx xxxxxxx xxx xxxxxxxxxxx trascritto), purchè, però, alla data della dichiarazione di fallimento, perdurino gli effetti della trascrizione; viii) infine, in relazione a due specifiche ipotesi, riguardanti l’oggetto del preliminare di vendita trascritto ex art. 2645bis c.c., si esclude la già richiamata facoltà di scelta in favore del curatore: ciò av- viene o nel caso in cui esso riguardi un immobile ad uso abita- tivo, destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado, oppure un immo- bile, ad uso non abitativo, destinato a costituire la sede principale dell'impresa dell'acquirente.
3. La posizione della giurisprudenza.
Con riguardo alle disposizioni normative sopra richiamate, le posizioni della giurisprudenza, di merito e di legittimità, ap- paiono indubbiamente consolidate.
Infatti, in ordine alla risoluzione del contratto preliminare per inadempimento, con recentissima decisione la S.C. ha affermato che, ove vi sia stato il versamento di caparra confirmatoria, a fronte dell’inadempimento dell’altro contraente, la parte adem- piente che si sia avvalsa della facoltà di provocarne la risolu- zione mediante diffida ad adempiere, ai sensi dell'art. 1454 c.c., è pienamente legittimata ad agire in giudizio esercitando il di- ritto di recesso ex art. 1385, comma 2, c.c., e in tal caso, se ha versato la caparra, ha diritto di ricevere in restituzione il doppio
del relativo importo, ma non anche il risarcimento del danno ca- gionato dall'inadempimento che ha giustificato il recesso;2 in or- dine alla indispensabile valutazione della gravità dell’inadempi- mento, o comunque della sua non scarsa importanza per l’inte- resse della parte non inadempiente – ovvero, come nel caso de- ciso dalla pronuncia qui esaminata, dei contrapposti inadempi- menti che le parti si imputano a vicenda – la S.C. ha, sempre con recente decisione, affermato che la valutazione, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1455 c.c., della non scarsa importanza dell'i- nadempimento, sia nel caso in cui l’inadempimento abbia ri- guardato delle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, sia nell’ipotesi in cui, dalla complessiva motivazione della deci- sione risulti che il giudice lo abbia considerato tale da incidere in modo rilevante sull'equilibrio negoziale, deve ritenersi in re ipsa3; nell’ipotesi in cui – come del resto accaduto anche nel caso deciso dalla decisione qui annotata – le parti in lite si con- testano a vicenda degli inadempimenti, è compito del giudice, come afferma la giurisprudenza di legittimità, procedere ad una “valutazione comparativa degli opposti inadempimenti, avuto riguardo anche allo loro proporzionalità rispetto alla funzione economico -sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull'equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui qualora rilevi che l'inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l'eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all'interesse dell'altra parte a norma dell'art. 1455 c.c., deve ritenersi che il rifiuto di quest'ultima di adempiere la propria obbligazione non sia in buona fede e, quindi, non sia giustificato ai sensi dell'art. 1460, secondo xxxxx, c.c.”,4 a tanto consegue che, allorquando, nel compimento di tale verifica comparativa il giudice di merito, esaminando le responsabilità di ciascun dei contraenti, perviene a ritenere che i reciproci inadempimenti risultino di gravità equi- valente, per cui nessuno di essi consente di imputare alla contro- parte una responsabilità prevalente nella mancata stipula del de- finitivo, altro non potrà fare che dichiarare risolto il contratto in questione;5 va infine tenuto presente che, in ordine ai rapporti tra
2 Cass. civ., sez. II, 3 novembre 2017, n. 26206, in Giust. Civ., Mass., 2017.
3 Cass. civ., sez. II, 8 settembre 2017, n. 20957, in Guida al Diritto, 2017, 43,55.
4 Cass. civ., sez. II, 6 settembre 2017, n. 20846, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
5 App. Milano, sez. IV, 3 febbraio 2017, n. 448, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
risoluzione di diritto e risoluzione giudiziale, la S.C. ha precisato che, mentre nella proposizione di una domanda di risoluzione di diritto per l'inosservanza di una diffida ad adempiere, è implici- tamente contenuta, essendo infatti un petitum minore, la do- manda di risoluzione giudiziale ex art. 1453 cod. civ., ciò non vale per l'ipotesi inversa, in cui, cioè, sia stata proposta solo la domanda di risoluzione giudiziale, per cui in tale ultima ipotesi il giudice non potrà esaminare la risoluzione ipso jure, salvo che i fatti posti a fondamento di essa non siano stati allegati in fun- zione di un proprio effetto risolutivo;6 pertanto, nel caso in cui sia stata proposta una domanda di risoluzione di diritto, il giu- dice di merito, anche ove la ritenga infondata, alla luce del ri- chiamato orientamento di legittimità, deve ritenersi comunque tenuto ad esaminare anche la domanda di risoluzione giudiziale implicitamente contenuta nella prima; in ogni caso, la giurispru- denza di legittimità rileva come, in presenza di reciproche do- mande di risoluzione, allorquando non risulti possibile verificare la fondatezza degli addebiti che ciascuno dei contraenti addossa all’altro, con conseguente impossibilità di pronunciare la risolu- zione per colpa di una delle parti, si rende inevitabile (quanto indispensabile) dare atto dell’impossibilità di esecuzione del contratto per effetto della scelta, operata ex art. 1453 comma 2 x.x., x 0000 x.x., xx xxxxxxxx i contraenti, di domandare la riso- luzione, ed occorre statuire conseguentemente una risoluzione del contratto per mutuo dissenso, a maggiore ragione nel caso in cui la mancata esecuzione del contratto medesimo perduri da tempo;7 resta comunque fermo il fatto che anche in caso di ri- getto della domanda di risoluzione contrattuale in presenza di un inadempimento di scarso rilievo, tanto non comporta necessaria- mente il rigetto della domanda di risarcimento, se contestual- mente proposta, dato che anche un inadempimento ritenuto non sufficiente per pronunciare la risoluzione può comunque aver causato un danno risarcibile.8
Con riguardo all’art. 72 L.F., va rilevato – pur se appare in- vero pacifico – innanzitutto che l’esercizio della facoltà di scelta riconosciuta da detta norma al curatore, presuppone la persi- stente pendenza, al momento in cui è dichiarato il fallimento, del
6 Cass. civ., sez. I, 23 maggio 2014, n. 11493, in Giust. Civ., Mass., 2014.
7 Cass. civ., sez. II, 3 luglio 2013, n. 16637, in Guida al Diritto, 2013, 36, 98 (s.m.).
8 Cass. civ., sez. II, 16 giugno 2016, n. 12466, in Giust. Civ., Mass., 2016.
contratto in questione;9 inoltre, la giurisprudenza ritiene non ne- cessaria una forma specifica per manifestare la scelta del cura- tore, essendosi affermato che essa possa validamente venir ma- nifestata anche tramite un comportamento concludente ed ine- quivoco; si è affermato, infatti “L'art. 72 l. fall. non prescrive alcuna forma per la manifestazione delle intenzioni del curatore in merito alla eventuale prosecuzione del contratto e, per tale motivo, è ammesso che detta manifestazione di volontà si pro- duca per comportamenti concludenti; è un comportamento con- cludente, nel senso della manifestazione della volontà del Cura- tore di sciogliersi dall'accordo avente ad oggetto la modifica di un preliminare di vendita, la sua richiesta di autorizzazione al Giudice Delegato alla vendita a terzi dell'immobile”10; inoltre, detto atto, come riconosciuto dalla S.C., costituisce atto di eser- cizio di un diritto potestativo a carattere sostanziale, rientrante nella disponibilità del curatore, e che opera direttamente sul con- tratto,11 per cui se ne ammette il valido e tempestivo esercizio anche nella fase di appello del giudizio proposto ex art. 2932 c.c., con dichiarazione che è possibile inserire in qualsiasi atto la cui presenza sia rilevabile d’ufficio ai fini della decisione;12 va poi tenuto presente che, a seconda del momento temporale in cui interviene la risoluzione del contratto – rispetto al quale la di- chiarazione di fallimento costituisce lo spartiacque – si produ- cono conseguenze diverse in ordine alle procedure di insinua- zione esperibili; per la S.C., infatti “la risoluzione del contratto effettuata precedentemente alla dichiarazione di fallimento im- plica procedure di insinuazione differenti rispetto allo sciogli- mento del contratto operato successivamente alla dichiarazione di fallimento. Pertanto, ove in fase di insinuazione si opti per una soluzione ed in fase di opposizione si migri verso soluzione opposta, la domanda sarà nuova quindi inammissibile”;13 an- cora, in ordine alla individuazione del momento ultimo entro il quale il curatore può validamente esercitare la facoltà di scelta riconosciutagli dal primo comma dell’art. 72, L.F., la giurispru- denza di legittimità ha recentemente affermato “la facoltà del
9 Cass. civ., sez. I, 19 marzo 2015, n. 5523, in Diritto&Giustizia, 2015.
10 Trib. Bergamo, 19 maggio 2016, in Rivista dei Dottori Commercialisti, 2016, 4, 672.
11 Cass. civ., sez. II, 16 settembre 2015, n. 18149, in Giust. Civ., Mass., 2015.
12 Cass. civ., sez. II, 16 settembre 2015, n. 18149, cit.
13 Cass. civ., sez. I, 9 febbraio 2016, n. 2358, in Diritto&Giustizia, 2016.
curatore di sciogliersi dal contratto preliminare di vendita sti- pulato dal fallito e non ancora eseguito, ai sensi dell'art. 72, comma 4, l.fall., può essere esercitata fino all'avvenuto trasferi- mento del bene, ossia fino all'esecuzione del contratto prelimi- nare attraverso la stipula di quello definitivo, ovvero fino al pas- saggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., e dunque anche nel giudizio di appello: il limite alla proponibilità delle eccezioni in senso proprio, previsto dall'art. 345 c.p.c., non assume infatti rilevanza rispetto al compimento dell'atto in esame, il quale costituisce esercizio di un diritto potestativo di carattere sostanziale e manifestazione di una scelta discrezio- nale spettante al curatore, che opera direttamente sul contratto e può essere effettuata anche in sede stragiudiziale senza vincoli di forma”14; infine, va detto che, con ancor più recente deci- sione, la S.C. ha ribadito che nel caso in cui sia stato il contraente non inadempiente ad introdurre, prima che venisse dichiarato fallito il contraente inadempiente, l’azione di risoluzione del contratto, la relativa domanda, ove riguardi immobili, in tanto potrà essere opponibile al fallimento in quanto sia stata trascritta prima del fallimento;15 con la precisazione, inoltre, che allor- quando, anteriormente alla dichiarazione di fallimento, il pro- missario acquirente abbia proposto e trascritto domanda ex art. 2932 c.c. relativamente ad un contratto preliminare di compra- vendita, anche dopo fallimento del promittente venditore il cu- ratore può esercitare la facoltà di scelta riconosciutagli dall'art. 72 l. fall., salvo che il promissario acquirente ottenga la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., dato che, retroagendo gli effetti di tale sentenza al momento della trascrizione della domanda, la scelta del curatore non sarà opponibile al promissario acqui- rente,16 in quanto, ove la domanda di esecuzione in forma speci- fica sia stata trascritta prima della sentenza dichiarativa di falli- mento, ai sensi dell’art. 2652 c.c. si produce, come previsto dall’art. 45 della L.F., l'effetto dell'opponibilità della trascrizione anteriore;17 al riguardo, infatti, le Sezioni Unite della S.C. hanno inequivocamente affermato ”In base al combinato disposto dell'art. 45 l.fall. e art. 2652, 2653 e 2915 c.c., sono opponibili
14 Cass. civ., sez. I, 9 agosto 2017, n. 19754, in Giust. Civ., Mass., 2017.
15 Cass. civ., sez. I, 25 settembre 2017, n. 22280, in Diritto&Giustizia, 2017.
16 Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2017, n. 7778, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxx.xx
17 Cass. civ.. sez. VI (I), 5 settembre 2016, 17627, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
ai creditori fallimentari non solo gli atti posti in essere e tra- scritti dal fallito prima della dichiarazione di fallimento, ma an- che le sentenze pronunciate dopo tale data, se le relative do- mande sono state in precedenza trascritte. A questa regola per la risoluzione dei conflitti non fa eccezione la trascrizione della domanda ex art. 2932: la trascrizione della sentenza che acco- glie la domanda diretta a ottenere l'esecuzione in forma speci- fica dell'obbligo di contrarre prevale sulle trascrizioni e iscri- zioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della do- manda, ivi compresa l'iscrizione nel registro delle imprese della sentenza di fallimento a norma degli art. 16 e 17 l.fall”,18 per cui nel caso in cui il giudizio si sia svolto nei confronti del solo fal- lito dopo che è intervenuta la relativa dichiarazione, anche nel caso di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. con trascri- zione della sentenza nei registri immobiliari successivamente al fallimento, risulta legittimo l’esercizio, da parte della curatela, del potere di scioglimento ex art. 72 l.fall., in quanto in detta ipotesi sussiste la radicale inopponibilità alla curatela di tale de- cisione, che impedisce, altresì, il verificarsi dell’effettivo tipico della trascrizione (in questo caso della domanda giudiziale ex art. 2932 c.c.), cioè quello prenotativo.19
La spiegazione di tale preclusione ben si evince da un’altra decisione della S.C., in cui si è chiarito che “Il fallimento del promittente venditore di un immobile consente al curatore di op- tare per lo scioglimento del contratto ex art. 72 legge fall. e di ottenere il rigetto della domanda ex art. 2932 cod. civ., anche se questa è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, in quanto l'effetto prenotativo della trascrizione vale per le sen- tenze dichiarative e non per quelle costitutive, in relazione alla facoltà di scelta del curatore, che trova il solo limite nel giudi- cato.”20
4. Gli orientamenti dottrinali.
Anche la dottrina, sostanzialmente, appare allineata agli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati.
18 Cass. civ., Sez. Un., 16 settembre 2015, n. 18131, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx
19 Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2017, n. 19010, in Giust. Civ., Mass., 2017.
20 Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2014, n. 9076, in Giust. Civ., Mass., 2014.
Infatti, con riguardo all’azione di risoluzione per inadempi- mento di un contratto, in dottrina essa viene, in linea generale, autorevolmente ricostruita in termini di atto di esercizio di un diritto a carattere potestativo, mirante a provocare la caduca- zione di un contratto originariamente sorto in condizioni di piena validità, e che tuttavia, per effetto della scelta esercitata da una delle parti, viene posto nel nulla ex tunc,21 aprendo la strada alla restituzione di tutto quanto dato, fatto e/o prestato, ed ovvia- mente ricevuto, dalle parti nell'adempimento delle obbligazioni gravanti su ciascuna di esse; per altra autorevole opinione, poi, detto rimedio vede il proprio ambito applicativo circoscritto ai soli contratti a prestazioni corrispettive, ed in relazione ai casi in cui il rapporto sinallagmatico entra in crisi, rendendo impossi- bile che la prestazione cui si è obbligata una parte possa trovare (o comunque, continuare a trovare) la propria giustificazione causale nella prestazione cui è tenuta la propria controparte con- trattuale;22 in ordine alla funzione che svolge la risoluzione, ap- pare evidente la sua natura di strumento rimediale, finalizzato, come autorevolmente si sostiene, a ricondurre ad un punto di equilibrio il rapporto tra le contrapposte prestazioni che le parti si erano impegnate ad eseguire, e che, tanto per scelta dei con- traenti, tanto per effetto di eventi indipendenti dalla loro volontà, in corso di rapporto è andato incontro ad una situazione di squi- librio,23 per cui essa produce effetti sia liberatori sia recuperatori, che tuttavia divergono per il rispettivo dies a quo, essendo i primi ex nunc ed i secondi ex tunc. 24
Con specifico riguardo alla risoluzione del contratto prelimi- nare, poi, in dottrina si è osservato come la stessa sia la conse- guenza dell'inadempimento di obblighi che, rispetto all'adempi- mento delle prestazioni pattuite nel contratto medesimo assu- mono carattere preparatorio e/o strumentale, come nel caso di preliminare di vendita di cosa altrui, allorquando il promittente alienante, al momento fissato per la conclusione del definitivo, non sia stato in grado di far acquistare la proprietà del bene alla sua controparte,25 oppure come conseguenza di fatti che, rispetto
21 XXXXXXX XXXXXXXXXX F., Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002, 72 e ss.
00 XXXXX X.-XX XXXX X., Xx contratto, in Trattato Diritto Civile, diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1993, X, 584 e ss.
23 GAZZONI F., Manuale di Diritto Privato, Napoli, XIV ed., 2009, 1017 e ss.
24 GAZZONI F., op. loc. cit.
25 GAZZONI F., Il contratto preliminare, Torino, 2010, 126.
all'adempimento, spiegano efficacia impeditiva integrando, in sostanza, un anticipazione dell'inadempimento26; si verifica, per detta opinione, simile ipotesi nel caso in cui sia promessa in ven- dita una cosa di proprietà del promittente alienante che, tuttavia nelle more del definitivo, proceda ad alienarla ad un terzo, dato che tale condotta costituisce definitivo e totale inadempimento da parte di quest'ultimo, che legittima il promissario acquirente a domandare la risoluzione, a maggiore ragione in quanto detto soggetto, in simile eventualità, risulta altresì privato della possi- bilità di chiedere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, e quindi di ottenere una sentenza con ef- fetti immediatamente traslativi, ex art. 2932 c.c.27
Con riguardo alla regolamentazione dei rapporti pendenti nel fallimento, la dottrina ha innanzitutto rilevato come, a seguito delle riforme introdotte nel 2006 e nel 2007, si è accentuata l'im- portanza della disciplina dei rapporti in questione, a maggiore ragione nel caso in cui il patrimonio aziendale risulta costituito non da beni di proprietà, bensì da beni utilizzati a seguito di con- tratti stipulati con terzi, importanza accresciuta allorquando, nella procedura fallimentare, venga ad assumere rilievo premi- nente il complesso aziendale come valore in sè, piuttosto che quello dei singoli beni che la compongono, in prospettiva della loro eventuale liquidazione;28 inoltre, la nozione che concorde- mente si accoglie in dottrina circa cosa debba intendersi per rap- porto pendente fa riferimento a quei contratti, rigorosamente si- nallagmatici, che al momento in cui una delle parti venga dichia- rata fallita, risultino in tutto, o anche solo in parte, non eseguiti;29 con riferimento a tale ultima ipotesi, quella cioè della incompleta esecuzione (o, il che è lo stesso, della mancata totale esecu- zione), vanno prese in considerazione solo le obbligazioni prin- cipali che nascono da simili contratti, con esclusione, quindi, della rilevanza dell'inadempimento di quelle obbligazioni che, in relazione all'oggetto del singolo contratto, possiedano natura accessoria.30
26 GAZZONI F., op. loc. ult. cit.
27 GAZZONI F., op. loc. ult. cit.
28 GUALANDI L., Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti, in BERTACCHINI E. - GUALANDI L. - PACCHI G. - PACCHI X. XXXXXXXXX G., Manuale di Diritto Fallimentare, Milano, 2007, p. 237.
29 XXXXX A., VATTERMOLI D., Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, 2009, 176 e ss.
30 GUALANDI L., op. cit., p. 238.
Con specifico riferimento alla ratio dell'art.72 L.F., poi, la dottrina afferma che detta norma rinviene la sua ragione d’essere nella ricostruzione proposta da quello studioso (Xxxxxxx) che at- tribuiva rilevanza fondamentale al principio del c.d. sinallagma funzionale, principio che, nei rapporti avente carattere bilaterali impedisce la dissoluzione del legame di interdipendenza tra le contrapposte prestazioni nel momento della rispettiva attua- zione;31 ritenendosi pertanto che detta norma mira a proteggere il rispetto del rapporto sinallagmatico, si afferma che da tanto discende che la parte in bonis è da considerarsi esonerata da pre- stare e/o pagare quanto da essa dovuto nel caso in cui la corri- spettiva prestazione che gli spetta potrà essergli corrisposta al massimo in moneta fallimentare.32
Funzione di tale disciplina viene allora individuata nell'intro- duzione di una regolamentazione in forza della quale, rispettiva- mente, o le obbligazioni originariamente assunte con il contratto rimasto ineseguito ricevano un'attenuazione, o comunque al fine di di permettere ai soggetti che dal fallimento della propria con- troparte contrattuale non hanno ancora subito conseguenze ne- gative, di astenersi dall'adempiere alla propria prestazione, non- chè di svincolarsi dai contratti in questione.33
Circa la natura della decisione del curatore di sciogliersi dal contratto, la medesima autorevole dottrina innanzi citata la rico- struisce in termini di atto di esercizio di un diritto potestativo di recesso, che si fonda in una causa giustificatrice individuabile ictu oculi, rappresentata dal fallimento, il cui sopravvenire de- termina un radicale mutamento nell'interesse che il fallito può avere nei riguardi del contratto non ancora eseguito, dato che lo sostituisce con quello della massa dei creditori.34
Per l'ipotesi in cui il contratto pendente sia un contratto preli- minare, la dottrina ha rilevato che la formulazione attuale dell'art. 72, L.F., al terzo comma, rappresenta in sostanza la po- sitivizzazione di ormai consolidati orientamenti dottrinali e giu-
31 COLESANTI V., Xxxxxx del processo e tutela del promissario di vendita im- mobiliare, in Riv. trim. dir. proc. civ., fasc.1, 2009, 93 e ss.
32 COLESANTI V., op. loc. cit.
33 INZITARI B., Sospensione del contratto per sopravvenuto fallimento ed in- certi poteri autorizzativi del comitato dei creditori, in xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxx- nioni/inzitari-23-12-06, par. 5.
34 INZITARI B., op. cit., par. 5.
risprudenziali, per cui anche quello che trova origine in un pre- liminare che risulta ineseguito, alla data della declaratoria di fal- limento, va considerato un rapporto pendente, conclusione che non è modificata e/o inficiata dall'oggetto dell'eventuale con- tratto definitivo, trovando invece applicazione per ogni tipologia di preliminare;35 invece, esulano dal perimetro applicativo dell'art. 72, L.F., non solo i contratti ad effetti reali in relazione ai quali sia già avvenuto il trasferimento del diritto – come ad esempio nel caso in cui sia già stata trasferita la proprietà, poi- chè, in tale ipotesi, come si afferma in dottrina, l'altro contraente ha tutto il diritto di conseguire la piena esecuzione del contratto36
- ma ogni tipologia contrattuale in cui, nel caso concreto, il re- lativo oggetto già prima del fallimento non era più nella dispo- nibilità di colui che in seguito è stato dichiarato fallito e, conse- guentemente, non poteva più ritenersi rientrante nell'alveo appli- cativo dell'art. 2740 c.c.,37 salvo, ovviamente, l'esperimento delle sempre possibili azioni revocatorie; a tale ultimo proposito, infatti, la dottrina testualmente afferma “Ben diverso profilo è quello della assoggettabilità di tali atti traslativi e costitutivi di diritti, per effetto del sopravvenuto fallimento, alle azioni revo- catorie che sono dirette a rendere inefficaci rispetto ai creditori fallimentari le attribuzioni patrimoniali effettuate dal fallito prima dell’apertura della procedura. Tali azioni nulla hanno a che fare con la disciplina del contratto, né tantomeno col so- pravvenire del fallimento sul contratto in corso di esecuzione. La revocatoria è rivolta a reintegrare la garanzia patrimoniale e conseguentemente investe le attribuzioni patrimoniali com- xxxxx dal fallito nel periodo sospetto, indipendentemente dal fatto che questa sia frutto dell’effetto reale del contratto o dell’attuazione di un diritto obbligatorio quale l’adempimento di una obbligazione.”38
Infine, con riguardo all’ipotesi prevista dall’ultimo comma della norma – e cioè nel caso in cui il contratto pendente sia una preliminare trascritto di vendita di immobile destinato a costi-
35 XXXXXXXX X., op. cit., p. 247.
36 DI XXXXXX X., Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da Xxxxxxxxx e Panzani, Torino, 2009, I, p. 725 e ss.
37 INZITARI B., op. cit., par. 4.
38 INZITARI B., op. loc. ult. cit.
xxxxx l’abitazione principale del promissario acquirente – la dot- trina ritiene che la scelta del curatore di subentrare nel contratto in questione non costituisce atto di esercizio di un potere discre- zionale, bensì un atto dovuto, essendo in tale ipotesi, sempre se- condo la norma richiamata, preclusa alla curatela la possibilità di liberarsi dal contratto, al quale è invece tenuto a dare esecu- zione al posto del fallito;39 risulta evidente, inoltre, che questa disposizione attribuisce, al promissario acquirente di simile im- mobile, una tutela molto forte, che produce l’ulteriore effetto di spezzare ogni potenziale collegamento con le previsioni conte- nute nell’art. 72, settimo comma, L.F., nonché nell’art. 2775bis c.c.40; pertanto, realizzandosi l’effetto traslativo della proprietà in modo forzoso, in quanto imposto ex lege, ne deriva, quale lo- gico corollario, l’applicazione (obbligata) anche di un’ulteriore norma della legge fallimentare, e precisamente dell’art. 108, in forza del quale su ordine del giudice vengono cancellate le iscri- zioni ipotecarie, sempre dopo che – ovviamente – sia stato pa- gato il prezzo.41
5. Riflessioni conclusive.
Dopo il tentativo di ricostruire la vicenda e gli istituti che in essa vengono in rilievo, almeno come desumibili dal testo della decisione qui in commento, come si è provato ad estrinsecare nelle pagine precedenti, appare opportuno, in conclusione, for- mulare alcune brevi considerazioni finali.
La decisione del tribunale oplontino, sulla scorta degli ele- menti che il lettore può ricavare dal testo della medesima, non appare invero criticabile, avendo il giudice fatto applicazione di consolidati orientamenti della S.C., per la decisione della con- troversia: questo, ovviamente, almeno per quanto è dato evin- cere dalla stessa.
Volendo tuttavia provare a formulare alcune ipotesi di lavoro
– andando alla ricerca di quello che non c’è, rectius, di quello che dalla decisione non emerge, ma non è detto che non ci sia -
39 XXXXXX X., Subentro del curatore nel preliminare ed operatività dell’art. 108, l.fall., in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
40 FARINA P., op. cit.
41 FARINA P., op. cit.
viene da chiedersi se detta decisione possa ritenersi comunque corretta nel caso in cui – lo si ripete, dal testo nulla di esplicito si può ricavare, per cui quelle che seguono sono ipotesi – invece, dagli atti di causa emergessero circostanze diverse ed ulteriori, sia con riguardo alla qualità soggettiva delle parti, sia con ri- guardo alle scansioni processuali, circostanze fattuali che, in un procedimento del tipo di quello deciso dalla pronuncia qui in commento, non è affatto infrequente riscontrare.
Dal primo punto di vista, dalla sentenza emergono comunque elementi che rendono non inverosimile l’ipotesi che l’affermata estraneità, incompatibilità e non sovrapponibilità delle vicende relative al convenuto-persona fisica con quelle inerenti lo svol- gimento, da parte del medesimo soggetto, dell’attività di organo della fallita società di capitali (amministratore, nel caso di spe- cie) possa invece non sussistere; infatti, visto lo strettissimo rap- porto di parentela (madre/figlio) tra le parti dell’originario con- tratto preliminare, nonché il ruolo di organo della società di ca- pitali in cui vi è stato il conferimento della omonima ditta indi- viduale, rivestito dal convenuto, non vi sarebbe affatto da sor- prendersi se dagli atti di causa emergesse – anche se la decisione tace sul punto, non essendovi alcun accertamento, né positivo né negativo, al riguardo, per cui lo si può solo ipotizzare - la titola- xxxx, in capo al convenuto ed all’interno della società poi fallita, di una posizione ulteriore, come ad esempio – per mera ipotesi, lo si ripete – la qualità di socio.
In tal caso, allora, si rivelerebbe non condivisibile la decisione del giudice, dal momento che la S.C., con una recente pronuncia, inserendosi peraltro nel solco di un orientamento invero conso- lidato, ha statuito “la delibera dell'assemblea ordinaria di rico- gnizione dei debiti sociali, in mancanza di relativa rituale impu- gnazione, ha carattere probatorio e vincolante, anche nei con- fronti dei soci dissenzienti: pertanto, il magistrato non deve ri- costruire la contabilità della società e ciò sia pur in caso di do- glianze "ad hoc", non suffragate da fatti e prove adeguatamente esposti in ricorso, da parte del socio”;42 contestazione, peraltro, nel caso di specie da ritenersi totalmente inesistente, dato che il bilancio, a leggere la sentenza, sarebbe stato approvato proprio dal convenuto/amministratore.
42 Cass. civ., sez. I, 25 maggio 2016, n. 10828, in CED, Cassazione, 2016.
In conseguenza, poiché per la S.C. tutte le decisioni societarie, non solo quella canonica di approvazione del bilancio, ma anche ogni altra diversa deliberazione assembleare, in mancanza di una rituale impugnazione, producono l'effetto proprio della vincola- tività per tutti i soci e costituiscono, ove la società chieda di ac- certare di essere creditrice verso taluni soci, in modo chiaro ed espresso, piena prova di tale credito che la società, con formale e valida deliberazione assembleare, abbia affermato vantare nei confronti di un determinato socio,43 allora, diversamente da quanto affermato nella decisione qui in commento, all’attività compiuta dal convenuto quale organo della società di capitali ben potrebbe riconoscersi valenza confessoria rispetto a vicende che lo riguardano come persona fisica, vista la coincidenza – in tale prospettata ipotesi - dei due profili; il che rileva a maggiore ragione considerando che, per la S.C., l’approvazione – e l’as- senza di contestazioni – della delibera assembleare possiede ef- ficacia probatoria piena del credito vantato dalla società nei con- fronti di un singolo socio, in ragione del fatto che il principio della libera valutabilità, da parte del giudice di merito, dei libri e delle scritture contabili - quindi anche del bilancio, senza dub- bio - dell'impresa soggetta a registrazione, ai sensi dell'art. 2709 c.c., è inapplicabile ai rapporti fra società e socio, in quanto ai rapporti in questione trova applicazione, anche con riguardo alle rispettive posizioni debitorie e creditorie, il principio della gene- rale vincolatività delle delibere assembleari,44 desumibile dall’art. 2377, 1° comma c.c.
Dal secondo punto di vista, in un inciso della decisione emerge che il tribunale ha dichiarato la risoluzione del contratto preliminare ancora pendente ai sensi dell’art. 72 della Legge Fal- limentare, e non per inadempimento del convenuto, ritenendo lo stesso non provato.
Deve presumersi, allora, che la domanda proposta dalla cura- tela sia stata una domanda di risoluzione per inadempimento, e non ex art. 72 L.F., e che, invece, il tribunale, nell’esercizio del suo potere – quale giudice di merito – di interpretazione della domanda, abbia inteso accoglierla sotto il differente profilo di cui alla richiamata disposizione della legge fallimentare, in ap- plicazione del noto brocardo per il quale da mihi factu, dabo tibi
43 Cass. civ., sez. I, 25 maggio 2016, n. 10828, cit.
44 Cass. civ., sez. I, 19 ottobre 2006, n. 22475, in Giust. Civ., Mass., 2006, 10.
ius; applicazione, questa, teoricamente non censurabile, da un lato ma, per altro verso, non immune ad una censura formula- bile, altrettanto teoricamente, sulla scorta di quell’orientamento di legittimità secondo cui ”Il principio secondo cui l'interpreta- zione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo a un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato,”45 anche per- ché, va detto, non appaiono sovrapponibili né fungibili la risolu- zione per inadempimento, da un lato, e l’azione ex art. 72 L.F., dall’altro; consegue a tanto che, in tale ultima eventualità, non potrebbe escludersi la possibilità di una violazione dell’art. 112 c.p.c.; sul punto, del resto, la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che “Xxxxxx al giudice interpretare la domanda o le do- mande proposte, tenendo presente il contenuto sostanziale della domanda (petitum e causa petendi) quale desumibile dagli atti del giudizio e dalle allegazioni delle parti, ma senza sostituire alla domanda proposta una diversa domanda, cadendo altri- menti nella pronuncia ultra petita o extra petita.”46
In questa prospettiva, non potendosi evincere nulla in propo- sito dalla sentenza, non è possibile capire se la curatela, per la prova dell’inadempimento, abbia o meno articolato richieste istruttorie: in caso affermativo, non è infondato ipotizzare che i mezzi istruttori non siano stati ammessi, il che solleva un inter- rogativo: infatti, nel caso in cui la curatela avesse, eventual- mente, articolato delle richieste di prova - testimoniale, ad esem- pio – non potrebbe escludersi la sussistenza di un vizio di moti- vazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di al- tra prova, in quanto quale conseguenza di tale omessa statui- zione potrebbe ipotizzarsi l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia, nel caso in cui la prova non ammessa, ovvero non esaminata in concreto, dovesse rivelarsi idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudi- zio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a tro- varsi priva di fondamento, come del resto ritiene la S.C.47
45 Cass. civ., sez. II, 18 gennaio 2017, n. 1203, in Guida al Diritto, 2017, 18, 74.
46 Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 2016, n. 1419, in Foro Amm. (Il), 2016, 9, 2118.
47 Cass. civ., sez. VI, 7 marzo 2017, n.5654, in Giust. Civ., Mass., 2017.
Infine, un altro aspetto su cui può provarsi a formulare un’ipo- tesi di lavoro attiene all’affermazione del Tribunale circa l’es- sere, la domanda della curatela volta ad ottenere la restituzione della caparra, sostenuta esclusivamente da un indizio di prova: affermazione, questa, che contiene altresì il riconoscimento che detta domanda, se da un lato non risultava pienamente provata, dall’altro, specularmente, era impossibile da ritenere del tutto in- fondata (avendo la curatela fornito prova che il relativo credito era stato regolarmente iscritto in bilancio, a quanto è dato leg- xxxx nella decisione).
In una tale situazione, salta all’occhio del lettore la circo- stanza per la quale non vi è traccia alcuna di una richiesta di CTU contabile; richiesta che, invero, in un simile contesto probatorio e fattuale, avrebbe dovuto essere, verosimilmente, formulata si- curamente, o quasi, da parte della curatela; orbene, poiché tra le due ipotesi che su tale assenza possono formularsi, ovvero, da un lato, che la curatela (rectius, la relativa difesa) abbia omesso di formulare una simile istanza e, dall’altro, che tale richiesta sia stata disattesa, esplicitamente oppure implicitamente, da parte del giudice, la seconda appare quella più verosimile (anche per- ché, come detto, nulla evincendosi al riguardo dalla sentenza, non può escludersi) allora, a carico della sentenza potrebbe ipo- tizzarsi un ulteriore profilo di vizio di motivazionale, per avere omesso di provvedere sull’istanza di CTU contabile, se ipoteti- camente proposta (il dubitativo è d’obbligo) dalla curatela istante.
In proposito, infatti, va tenuto presente che, per la S.C., se è pacifico che il giudice di merito, nell'esercizio del proprio potere discrezionale di accoglimento (o di rigetto), anche implicito, di una istanza di consulenza tecnica avanzata da una delle parti del processo, è tenuto unicamente ad evidenziare, in sede di motiva- zione della propria decisione, la esaustività delle altre prove, ac- quisite o prodotte nel corso dell'istruttoria, ai fini della pronuncia definitiva sulla controversia,48 è altrettanto indubbio, però, che al giudice medesimo, per converso, è preclusa la possibilità di negare ingresso a detta istanza, omettendo di confutare le ragioni addotte dalla parte a sostegno della medesima, e ritenere nel con- tempo indimostrati i fatti che, per effetto della consulenza stessa,
48 Cass. civ., sez. lav., 8 gennaio 2003, n. 87, in Diritto&Giustizia, 2003, 5, 95.
si sarebbero potuti invece, provare;49 principio, questo, che per i giudici di legittimità vale a maggiore ragione nel caso in cui l’oggetto dell'accertamento sia costituito da elementi, rispetto ai quali, la consulenza si presenti come lo strumento d’indagine più efficiente e la parte si trovi, per converso, se non nell'impossibi- lità, quanto meno nella pratica difficoltà di offrire adeguati pa- rametri di valutazione.50
49 Cass. civ., sez. lav., 8 gennaio 2003, n. 87, cit.
50 Cass. civ., sez. lav., 8 gennaio 2003, n. 87, cit.