Guida alle società in Italia
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S.P.A.
SOMMARIO
• Società per azioni: S.p.a.
• Denominazione sociale
• Capitale minimo
• Forma contrattuale
• Adempimenti costitutivi
• Adempimenti conseguenti alla costituzione
• Struttura
• Organizzazione
• Amministrazione
• Rappresentanza
• Responsabilità per le obbligazioni sociali
• Controlli
• Scritture contabili
• Formalità e contabilità fiscali
• Fallimento
• Altre procedure concorsuali
• Trattamento tributario della società
• Trattamento tributario dei soci
• Trasferimento della posizione di socio
SOCIETA’ PER AZIONI | |
AUTONOMIA PATRIMONIALE | Società dotata di autonomia patrimoniale |
PERSONALITA' GIURIDICA | Società dotata di personalità giuridica. |
E' importante sapere:
a.1 Nella S.p.a. l'autonomia patrimoniale trova la sua espressione formale nel riconoscimento della personalità giuridica e nella perfetta insensibilità del patrimonio sociale rispetto alle pretese dei creditori particolari dei soci.
a.2 L'iscrizione nel registro delle imprese ha efficacia costitutiva: con l'iscrizione la S.p.a. acquista la personalità giuridica art. 2331, I co., c.c.
b. Non è configurabile una S.p.a. irregolare. La società non iscritta non è assimilabile ad altro tipo di società (es. collettiva di fatto).
c. Ancora non esistendo la S.p.a., prima dell'iscrizione nel Registro delle Imprese:
1. la emissione e la vendita di azioni sono nulle art. 2331, III co., c.c.
2. per le operazioni compiute in nome della società sono solidalmente ed illimitatamente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito art. 2331, II co., c.c.
3. la norma dell'art. 2331, II co., c.c., si applica anche ai promotori. Tuttavia, la società iscritta è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte e a rimborsare loro le spese sostenute necessarie alla costituzione. Ai fini del rimborso o del rilievo delle spese ed obbligazioni non afferenti la costituzione della S.p.a., ai promotori sarà necessario ottenere l'esplicita approvazione assembleare art. 2238 c.c.
4. I soci hanno diritto che il notaio rogante o gli amministratori richiedano l'iscrizione; in mancanza possono provvedervi essi stessi (ma a spese della società), od ottenere la condanna degli amministratori ad eseguire la formalità costitutiva art. 2330, II co., c.c.
5. Decorso un anno dal deposito dei decimi presso l'istituto di credito ai fini dell'omologazione, senza che l'iscrizione costitutiva abbia avuto luogo, i soci sottoscrittori possono ottenere la restituzione
DENOMINAZIONE SOCIALE
La S.p.a. agisce sotto una denominazione sociale che può esser formata in qualunque modo, purchè contenga l'indicazione di società per azioni art 2326 c.c.
E' importante sapere:
a. La denominazione sociale può contenere espressioni di fantasia. Se però contiene il nome di uno o più soci fondatori, nel caso di loro uscita dalla compagine sociale, questi non possono ottenere che il loro nome venga cancellato dalla denominazione.
b. Se la denominazione sociale è indicativa di un tipo di attività economica, in ossequio ai principi di verità in rapporto all'oggetto sociale e di affidamento a tutela dei terzi, la S.p.a. non può svolgere una diversa attività. In sede di omologa dell'atto costitutivo il giudice dovrebbe rifiutarne l'omologazione.
c. La denominazione sociale deve differenziarsi dalle altrui ditte o denominazioni sociali secondo le regole generali art. 2564 c.c.
CAPITALE MINIMO
La S.p.a. deve costituirsi con un capitale non inferiore a duecento milioni di lire art. 2327 c.c.
E' importante sapere:
a. La prescrizione dell'art. 2327 c.c. costituisce la base dell'organizzazione patrimoniale della s.p.a., visto che i soci rispondono per le obbligazioni sociali limitatamente alla quota conferita. Stante che il capitale sociale deve perciò esprimere l'ammontare complessivo di tutti i conferimenti, è necessario che l'intero capitale enunciato in atto costitutivo sia sottoscritto dai soci.
b. Capitali minimi di entità più elevata rispetto alla misura contemplata in codice civile sono prescritti da leggi speciali per particolari settori di attività.
c. Il capitale sociale non può scendere al disotto del limite dei duecento milioni di lire previsto per la costituzione. Nei casi in cui ciò avvenga si rende necessaria la reintegrazione del capitale perduto, ovvero la trasformazione della società, o il suo scioglimento art. 2447 c.c.
d. Il capitale sociale è suddiviso in azioni, titoli di credito di eguale valore nominale ed indivisibili, sottoscritte da uno degli amministratori.
Titolari delle azioni, e quindi soci, possono essere sia le persone fisiche, sia le persone giuridiche, come altri enti collettivi ancorché sforniti di personalità giuridica.
Le azioni devono essere consegnate a ciascun socio in numero proporzionale all'entità del conferimento. Esse costituiscono ed incorporano la partecipazione sociale, attribuendo al socio una serie rilevante di:
1. diritti patrimoniali (diritto al dividendo ed alla quota di liquidazione);
2. diritti amministrativi (diritto di intervento alle assemblee, diritto di voto, diritto di impugnare le deliberazioni assembleari, diritto di prender visione del libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee e del libro dei soci, diritto di prendere visione del progetto di bilancio e delle relative relazioni degli amministratori e dei sindaci, diritto di far accertare il verificarsi di una causa di scioglimento della società, ecc.);
3. diritti che sono ad un tempo patrimoniali ed amministrativi (diritto all'assegnazione di altre azioni in caso di aumento gratuito del capitale sociale, diritto di opzione nel caso di aumento del capitale sociale a pagamento);
4. diritti che non sussumibili nei sopra nominati (diritto di recesso nei casi tassativamente indicati dall'art. 2437 c.c.).
Le azioni non possono essere emesse per un valore inferiore a quello nominale impresso sul titolo; possono però essere emesse "sopra la pari" (ossia per un valore superiore a quello nominale) art. 2346 c.c.
Non possono emettersi azioni a voto plurimo art. 2351, ult. co., c.c. L'emissione e la vendita delle azioni prima della iscrizione della S.p.a. nel Registro delle Imprese sono nulle art. 2331, III co., c.c.
La vendita di azioni non interamente liberate è valida ed efficace. Tuttavia, coloro che hanno trasferito le azioni non liberate sono obbligati in solido con gli acquirenti per un triennio quanto all'ammontare dei versamenti ancora dovuti art. 2356 c.c.
Delle azioni, oltre alle cd. ordinarie, esistono varie categorie (art. 2348 c.c.): azioni a favore dei prestatori di lavoro, privilegiate, di priorità, di godimento, postergate, di risparmio, con prestazioni accessorie. Fermo il divieto del patto
leonino ex art. 2265 c.c., il quale tradizionalmente sanziona con la nullità quel patto che valga ad escludere taluno dei soci da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.
Le azioni circolano secondo le norme sui titoli di credito. Salvo la categoria delle azioni di risparmio (la cui emissione è consentita solo alle società quotate in borsa), le altre categorie di azioni sono nominative.
In statuto è possibile condizionare o limitare la futura circolazione delle azioni con l'apposizione di apposite clausole di prelazione o di gradimento.
Ex art. 1379 c.c., le clausole statutarie che prevedessero un divieto di alienazione tout court delle azioni, oppure che sottoponessero la dismissione a condizioni tali da rendere praticamente impossibile l'alienazione sono da considerarsi radicalmente nulle.
Anche in patti parasociali (i cd. sindacati di blocco, ad efficacia obbligatoria) è possibile vietare la circolazione azionaria; semprechè il divieto sia limitato ad un certo periodo di tempo, e corrisponda ad un apprezzabile interesse delle parti (art. 1379 c.c.).
Si deve ritenere che le clausole limitative della circolazione azionaria siano ammissibili solo per i trasferimenti inter vivos, e non anche per quelli mortis causa, visto il divieto dei patti successori (art. 458 c.c.).
e. Non è possibile distinguere fra capitale di rischio (capitale sociale rappresentato dai titoli azionari) e capitale di credito (emissione di prestito obbligazionario) in sede di costituzione della s.p.a. cfr. artt. 2410 e 2420 bis c.c.
FORMA CONTRATTUALE
Il contratto sociale può perfezionarsi in forma istantanea (art. 2328 c.c.) o per pubblica sottoscrizione (artt. 2333 ss. c.c.).
La S.p.a. costituita istantaneamente consiste nella stipulazione di un contratto (soggetto alle regole generali) formato da due documenti (atto costitutivo e statuto) che debbono avere la forma dell'atto pubblico sotto pena di nullità artt. 2328, I co., e 2332, I co., n. 2, c.c.
Quanto alla costituzione mediante pubblica sottoscrizione (di rarissima evidenza pratica), esauriti gli adempimenti indicati negli artt. 2333 a 2335 c.c., i sottoscrittori intervenuti in assemblea stipulano l'atto costitutivo anche in rappresentanza degli assenti. Atto costitutivo e statuto devono essere depositati al Registro delle Imprese, perciò si arguisce la necessaria presenza all'assemblea dei sottoscrittori di un notaio che rivesta della forma dell'atto pubblico il relativo verbale.
E' importante sapere:
a. E' valida, ancorchè sconsigliabile, la stipulazione di un contratto preliminare di S.p.a. Il preliminare deve esser stipulato in forma di atto pubblico art. 1351 c.c.
Non sarà però possibile ottenere una sentenza di esecuzione forzata in forma specifica ex art. 2932 c.c., che tenga luogo al contratto eventualmente non concluso nel caso di inadempimento all'obbligo di contrarre il definitivo. L'unico rimedio esperibile consisterà nell'azione di danni.
b. La copia autentica dell'atto costitutivo in forma di atto pubblico costituisce il titolo per la regolarizzazione della società mediante iscrizione nel registro delle imprese art. 2296 c.c.
ADEMPIMENTI COSTITUTIVI
Costituzione mediante pubblica sottoscrizione
La procedura di costituzione di s.p.a mediante pubblica sottoscrizione si rinviene agli artt. 2333 ss., c.c., cui si fa rinvio.
La formazione progressiva del contratto sociale è di rarissima applicazione pratica. L'esigenza sottesa all'istituto della pubblica sottoscrizione traducentesi nella formazione di una società di capitali tra persone che non si conoscono tra di loro ma che sono egualmente interessate all'iniziativa può infatti trovare realizzazione nella costituzione di una s.p.a. con capitale minimo, con contestuale delega in atto costitutivo agli amministratori di aumentare progressivamente il capitale sociale sino all'ammontare ritenuto necessario, e per un periodo massimo di 5 anni dall'iscrizione della s.p.a. nel Registro delle Imprese art. 2443, I co., c.c.
Costituzione in forma istantanea
La costituzione della s.p.a. si articola su 3 livelli:
1. Costituzione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico (cfr.scheda 3). Ex art. 2329 c.c., sono condizioni necessarie per la costituzione:
a) la sottoscrizione dell'intero capitale sociale;
b) per i conferimenti in denaro, il versamento di almeno i 3/10 presso un istituto di credito1; per i conferimenti di crediti o di beni in natura2, che questi siano completamente eseguiti e che sia presentata la relazione di stima giurata prevista dall'art. 2343 c.c.;
c) che sussistano le autorizzazioni governative e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali con riferimento all'oggetto sociale.
L'atto costitutivo deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese entro 30 giorni dalla sua stipulazione in forma di atto pubblico. Il deposito deve esser fatto dal notaio rogante o dagli amministratori designandi3. All'atto costituivo devono allegarsi i documenti comprovanti l'avveramento delle condizioni di cui all'art. 2329, I co., c.c., e le eventuali relazioni giurate di stima ex art. 2343 c.c.
2. Il Tribunale competente, sentito anche il P.M., esercita un controllo di mera legalità5 (formale e sostanziale) dell'atto costitutivo e dello statuto.
Se l'attività di giurisdizione volontaria informa della concreta sussistenza di tutte le condizioni di legge, il Tribunale provvede con decreto ad omologare atto costitutivo e statuto e ad ordinare l'iscrizione della società nel registro delle imprese.
In caso contrario, il Tribunale rifiuta l'omologa. Avverso il decreto di rifiuto è ammesso gravame art. 2330, IV co., c.c.
3. Alle suesposte attività segue l'obbligatoria (art. 2190 c.c.) iscrizione della S.p.a. nel Registro delle Imprese.
Onde scongiurare la sanzione penale dell'art. 2626 c.c. (che punisce il reato di “omissione ed esecuzione tardiva di denunzie, comunicazioni, depositi”), non potendo per tabulas sostenersi che l'iscrizione debba avvenire d'ufficio, sono gli amministratori a dover richiedere l'iscrizione della società nel registro delle
imprese entro 30 giorni dalla omologazione. E' importante sapere:
a. Entro 15 giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiedere la loro iscrizione nel registro delle imprese indicando per ognuno il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza art.2383, III co., c.c.
ADEMPIMENTI CONSEGUENTI ALLA COSTITUZIONE
1. C.C.I.A.A. Il deposito per l’iscrizione nel Registro delle Imprese, presso la C.C.I.A.A. della sede legale della società, deve esser fatto entro 30 gg. dalla data dell’atto notarile.
2. Registro Esercenti il Commercio. Iscrizione nel Registro Esercenti il Commercio (REC) tenuto presso la
C.C.I.A.A. L'iscrizione è limitata alle imprese collettive che svolgono attività commerciale.
3. Repertorio delle notizie economiche e amministrative. In attuazione della legge di riordino delle Camere di Commercio (L. 580/93), presso l’Ufficio del Registro delle Imprese è istituito il Repertorio delle notizie economiche e amministrative (Rea). Sono obbligati alla denuncia al Rea gli esercenti tutte le attività economiche e professionali la cui denuncia alla C.C.I.A.A. sia prevista dalle vigenti norme, purché non obbligati all’iscrizione in albi tenuti da ordini o collegi professionali.
4. Ufficio IVA. Dichiarazione iniziale all'Ufficio IVA e richiesta allo stesso dell'attribuzione del numero di codice fiscale e di partita IVA.
Termine: 30 gg. dall'inizio dell'attività ex art. 35 D.P.R. 633/72.
Ufficio competente: quello nella cui circoscrizione rientra la sede legale della società.
5. Ufficio delle Imposte Dirette. Ai fini dell'accertamento tributario, entro
90 gg. dall'iscrizione nel Registro delle Imprese deve trasmettersi copia dell'atto costitutivo all'Ufficio delle Imposte Dirette ove la società ha sede. Comunicazione all'Esattoria al fine di ottenere il numero di partita esattoriale utilizzabile per tutti i versamenti delle imposte – Conto fiscale
6. Enti Previdenziali. Comunicazione agli Enti Previdenziali se la società instaura rapporti di lavoro con operai o impiegati.
8. Ufficio del Registro. Registrazione dell'atto costitutivo, con pagamento della relativa imposta, all'Ufficio del Registro nel termine di 20 gg. dalla data dell'atto se formato in Italia; di 60 gg., e previa sua legalizzazione, se formato all'estero art. 13, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131
La tariffa D.P.R. n. 131/86 assoggetta ad aliquota del 4% il prelievo impositivo sul conferimento di immobili strumentali all'esercizio di un'attività d'impresa. Per i conferimenti in denaro, la relativa imposta di registro sconta l’aliquota proporzionale dell’1%.
9. Tassa di Concessione Governativa.La cd. tassa sulle società ammonta a lire 500.000.- da versarsi una tantum all'atto della costituzione della S.r.l. Sono inoltre assoggettati alla tassa di concessione governativa nella misura di lire 250.000.- tutti gli atti societari che devono essere depositati per l'iscrizione in base alle disposizioni del cod. civ. art. 61, D.L. 30 agosto 1993, n. 331
10. INVIM sui conferimenti in proprietà di beni immobili. Il D.P.R. 643/72 ricomprende tra le operazioni che danno luogo a prelievo impositivo anche i conferimenti immobiliari in società. La corresponsione a titolo d'imposta è tuttavia solo eventuale, costituendo la data di conferimento unicamente il dies a quo rispetto al quale commisurare il plusvalore tassabile.
E' importante sapere:
La direttiva CE n. 69/335, contenente disposizioni volte all'armonizzazione fiscale in ambito comunitario, prevede che le operazioni di conferimento di capitali non debbano subire un prelievo impositivo superiore all'1% del valore venale dei beni conferiti.
A considerare, come persuasivamente autorevole dottrina, immediatamente applicabile detta direttiva nel nostro ordinamento si registrerebbero strappi alla disciplina delle imposte di Registro ed Invim (supra nn. 8 e 10).
STRUTTURA
Il numero dei soci non può essere inferiore a due. Il venir meno, durante societate, della pluralità dei soci non è causa di scioglimento della s.p.a., salvo il disposto dell'art. 2362 c.c., che sanziona tale anomalia nella compagine societaria con la illimitatezza della responsabilità patrimoniale dell’unico socio, per le obbligazioni sorte nel periodo in in cui tutte le azioni erano concentrate in unica mano.
La legge disciplina dettagliatamente la struttura ed il funzionamento della s.p.a., prevedendo la necessità di alcuni organi senza i quali sarebbe impossibile aversi il tipo s.p.a:
1. E' obbligatoriamente prevista l'assemblea dei soci in qualità di organo deliberativo.
2. E' obbligatoriamente previsto un organo amministrativo.
3. E' previsto un organo deputato al controllo della gestione amministrativa.
ORGANIZZAZIONE
L'assemblea
E' organo collegiale consistente nella riunione dei soci (aventi diritto di voto od anche solo di partecipazione), che avviene con le modalità statuite dalla legge, al fine di adottare deliberazioni sugli argomenti sottoposti al suo esame.
L'assemblea è ordinaria o straordinaria, a seconda delle materie di rispettiva competenza (senza pretese di completezza cfr. artt. 2364, 2365, 2357, 2383,
2410, 2420 bis, 2433 c.c., nonchè artt. 152, 161, 187 l. fallim.).
A fini didattici si suole ripetere che l'assemblea è l'organo sovrano della S.p.a. in quanto esprime la volontà sociale. In realtà, la stessa architettura legislativa dà conto della impossibilità per l'organo deliberativo di un'ingerenza effettiva nella gestione amministrativa della società: l'assemblea, infatti, non è in misura di imporre all'organo amministrativo le proprie determinazioni, ma solo di indicare pareri ed istruzioni che legittimamente possono venir disattesi, salve l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e la possibilità di loro revoca in ogni tempo.
E' importante sapere:
a. Un'eventuale clausola dell'atto costitutivo che devolvesse all'assemblea poteri gestori così ampi che l'organo amministrativo risulterebbe esautorato
dei compiti istituzionali suoi propri, sarebbe invalida. L'interpretazione è suffragata dalla lettera dell'art. 2364, I co., n. 4, c.c. nella parte in cui non fa riferimento all'attività di gestione complessivamente intesa, bensì più limitatamente ad "oggetti inerenti alla gestione della società".
b. L'art. 2363 c.c. dispone che, se l'atto costitutivo non statuisce diversamente, l'assemblea è convocata nella sede della società. Nei casi di divergenza tra sede legale e sede effettiva dell'attività di gestione, è opportuno che l'atto costitutivo indichi il luogo di convocazione nella sede amministrativa.
Negli statuti si usava prevedere la possibilità che l'adunanza si potesse svolgere in qualsiasi altro luogo in Italia o all'estero. Nel primo caso, seppur con notevole incoerenza, la clausola si ritiene valida; nel secondo caso, la giurisprudenza si è giustamente orientata per la nullità della clausola.
c. Salve le ipotesi legislativamente previste di convocazione obbligatoria (artt. 2364, 2386 ult. co., 2406, 2408, 2367, 2409 III co., 2451), normalmente l'assemblea è convocata dagli amministratori ogni qualvolta lo ritengano opportuno.
A mente dell'art. 2367 c.c., gli amministratori devono convocarla senza ritardo allorquando ne sia stata fatta richiesta dalla minoranza dei soci che rappresentino almeno il quinto del capitale sociale.
Premesso un tanto, può valutarsi opportuno prevedere in statuto la sufficienza di una rappresentanza inferiore al quinto del capitale sociale.
Ed una tale valutazione d'opportunità potrebbe attagliarsi a tutte quelle ipotesi che indicano i soci titolari di una certa potestà in quanto siano collettivamente titolari di un certo pacchetto azionario: nulla osta alla validità della clausola dello statuto sociale che contenga una modificazione più favorevole ai soci rispetto al dato testuale positivo. Senza pretesa di esaustività, suscettive di modificazioni statutarie in melior si appalesano le disposizioni degli artt. 2367, 2374, 2408, 2409 c.c.
d. I quorum legali costitutivi e deliberativi per la validità delle deliberazioni assembleari possono essere oggetto di una variazione statutaria solo in aumento artt. 2368 e 2369 c.c.
Tuttavia, dal momento che non è normativamente richiesto alcun quorum costitutivo in sede di seconda convocazione dell'assemblea ordinaria, in dottrina (e di recente anche in giurisprudenza) si reputa giustamente invalida quella clausola che vorrebbe stabilirlo: si correrebbe infatti il rischio di paralizzare l'assunzione di deliberazioni essenziali alla stessa vita della società (es. approvazione del bilancio, nomina di amministratori o sindaci).
Ed ugualmente invalida, e per gli stessi motivi, deve considerarsi quella clausola statutaria che richiedesse una maggioranza più elevata rispetto a quella indicata in legge, per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria in seconda convocazione.
Dato che per l'assemblea straordinaria non sono richiesti dalla legge quorum costitutivi, in statuto sarebbe possibile contemplarli.
e. La legge non detta alcuna regola riguardo alle modalità di votazione in assemblea. Spetta pertanto allo statuto sociale determinare le formalità espressive del voto che si reputano preferibili: voto per appello nominale, per alzata di mano, per acclamazione ecc.
L'ammissibilità del voto segreto nelle società di capitali è negata da prevalente dottrina e da giurisprudenza dominante sulla scorta di indicazioni normative afferenti la disciplina del conflitto d'interessi, dell'impugnazione delle delibere assembleari e del recesso del socio dalla compagine sociale (artt. 2373, 2377 e 2437 c.c.); norme che tutte presuppongono il voto palese onde evidenziare i soggetti dissenzienti. Si sconsiglia pertanto prevedere statutariamente la possibilità di voto segreto.
f. Le deliberazioni adottate dalle assemblee devono venire verbalizzate. Il verbale dell'assemblea ordinaria deve essere sottoscritto dal Presidente dell'assemblea e dal segretario. L'assemblea straordinaria, il cui verbale è redatto da un notaio, può prescindere dall'assistenza del segretario
Quanto al contenuto del verbale, onde evitare le incertezze che di recente si registrano nella giurisprudenza di merito relativamente alla ammissibilità del cd. verbale sintetico, appare consigliabile la previsione in statuto della redazione in tutte le assemblea del verbale cd. analitico.
Dal (preferibile) verbale analitico risultano: i nomi dei soci intervenuti, il numero delle azioni di cui essi sono portatori, la qualità degli intervenuti (se ad es. sono rappresentanti ex art. 2372 c.c.), e soprattutto come hanno votato nelle singole deliberazioni.
g. E' prassi statutaria, soprattutto nelle società ad ambia base sociale, la previsione della nomina di scrutatori che collaborino nelle operazioni di scrutinio.
Il Consiglio di Amministrazione
L'amministrazione della S.p.a. è necessariamente devoluta ad un organo amministrativo solitamente collegiale, la cui composizione può contare anche soggetti non soci.
Il Collegio Sindacale
Il collegio sindacale è l'organo sociale al quale è demandata la funzione interna di controllo (ma è altresì titolare di funzioni consultive e, nei casi di legge, di amministrazione attiva) ed è composto da 3 o 5 membri soci o non soci - cui devono obbligatoriamente affiancarsi 2 sindaci supplenti art. 2397 c.c.
AMMINISTRAZIONE
Se più di uno, gli amministratori costituiscono l'organo cui è demandata la gestione della società. Tale organo è denominato Consiglio di Amministrazione (C.d.A). L'amministrazione della s.p.a. può essere affidata ad un amministratore unico.
E' importante sapere:
a. L'amministrazione può essere affidata a soci, come a non soci art. 2380 c.c.
b. L'amministrazione può essere affidata solo a persone fisiche. La prima nomina degli amministratori avviene in atto costitutivo.
Entro 15 giorni dalla notizia della nomina gli amministratori devono chiedere la loro iscrizione nel registro delle imprese indicando nome e cognome, luogo e data di nascita, domicilio e cittadinanza art. 2383, IV co., c.c.
Gli amministratori che hanno la rappresentanza della s.p.a. devono vieppiù depositare presso il registro delle imprese le loro firme autografe art. 2383, IV
co., c.c.
c. Gli amministratori possono essere nominati per un periodo non superiore a 3 anni. Una volta decorso il periodo di carica sono rieleggibili, salvo che l'atto costitutivo non disponga altrimenti art. 2383 c.c.
d. Non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che comporti l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici, o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi art. 2382 c.c.
e. Gli amministratori hanno diritto ad un compenso che può essere stabilito in atto costitutivo.
Se sul punto l'atto costitutivo è silente, gli amministratori hanno comunque diritto ad un compenso per l'opera svolta. La misura del compenso sarà determinata dal giudice artt. 1709 e 2233 c.c.
Nella prassi societaria il compenso varia notevolmente a seconda che si tratti di amministratore con funzioni di sola partecipazione ai lavori del C.d.A., od anche a funzioni operative (amministratori delegati o membri del comitato esecutivo).
E' pertanto consigliabile prevedere in statuto i relativi compensi e le relative differenze di trattamento.
L'art. 2432 c.c. informa della possibilità di attribuzione di una partecipazione agli utili netti risultanti dal bilancio, fatta deduzione della quota di riserva legale. Solitamente una tal partecipazione agli utili è statuita a titolo di compenso ulteriore o premio per la fruttuosa gestione sociale; ma nulla esclude essa possa invece costituire compenso esclusivo per l'opera prestata.
f. Gli amministratori sono revocabili per giusta causa (nel qual caso ad essi non è riconosciuta la perdita del mancato guadagno- si veda ad es. l'art. 2390 c.c.), ed in ogni altra ipotesi in cui l'assemblea lo ritenga opportuno (nella qual fattispecie, difettando una giusta ed obiettiva causa, all'amministratore revocato spetterà il risarcimento dei danni) art. 2383, III co., c.c.
Nulla osta quindi a che in statuto siano puntualmente indicate ulteriori cause di revoca (non ascrivibili al novero normativo di "giusta causa"), semprechè siano specificamente valutate quali espresse condizioni risolutive del rapporto di amministrazione.
g. Dal momento che gli amministratori hanno una spiccata autonomia nella gestione della "cosa" sociale potendosi sottrarre alle direttive impartite loro dalla stessa assemblea, può risultare opportuna la clausola statutaria che li vincoli più efficacemente al "deciso" assembleare, purché con riferimento a materie che siano specificamente determinate. Si cfr. la lettera precedente. Sarà probabilmente censurabile in sede di omologazione dell'atto costitutivo quella clausola che invece avvinghiasse ogni iniziativa degli amministratori al previo benestare dell'organo deliberativo.
h. Poiché è fortemente discusso se siano cumulabili le posizioni di amministratore e di lavoratore subordinato dipendente dalla società (dubbio essendo che l'amministratore possa autoassumersi, o perlomeno attivamente contribuire ad un'autoassunzione), è altamente sconsigliabile il cumulo originario in atto costitutivo.
Tuttavia si segnala che non dovrebbe esserci motivo di negare la possibilità di un rapporto di lavoro subordinato con l'amministratore senza delega di
poteri.
i. In statuto è ben possibile derogare alle norme contenute all'art. 2386 c.c. in materia di sostituzione di amministratori mancanti. Numerose sono le clausole di deroga al principio della cooptazione (che consente al C.d.A. di auto integrarsi sino al tempo della assemblea più prossima).
La più famosa è la cd. clausola simul stabunt simul cadent (insieme stanno ed insieme cadranno) che vede cessare l'intero C.d.A. nel caso di cessazione della minoranza, della maggioranza, od anche di uno solo degli amministratori; un'altra è quella che prevede scadenze annuali di solo una parte degli amministratori, al fine di assicurare in qualche modo una certa continuità personale dell'organo.
Ma la materia è affidata alla contemplazione degli interessi dei soci in sede di formulazione del contratto sociale.
l. Stante che le nomine dei successivi amministratori spettano all'assemblea ordinaria, è consigliabile stabilire in atto costitutivo le possibilità di composizione sia monocratica che collegiale dell'organo amministrativo. In tal maniera si scongiura, pro futuro, la necessità di una modificazione dell'atto costitutivo ad opera dell'assemblea straordinaria, a fronte della valutata opportunità di avvalersi di un C.d.A. ovvero di un amministratore unico.
m. L'art. 2388 c.c. prevede che per la validità delle deliberazioni assunte dal
C.d.A. sono necessari la presenza della maggioranza degli amministratori in carica e il voto favorevole della maggioranza assoluta degli amministratori presenti. Tuttavia, l'atto costitutivo può prevedere maggioranze (costitutive e deliberative) più elevate. Il voto non può esser dato per rappresentanza
n. Al fine precipuo di favorire il controllo, è auspicabile che lo statuto preveda: le formalità per le convocazione e per le adunanze del C.d.A., il procedimento di formazione delle delibere consiliari, le modalità di espressione del voto, la formalità della verbalizzazione come elemento essenziale alla validità della determinazione consiliare (e non con funzione meramente certificativa, come qualcuno ritiene).
o. Il C.d.A., se l'atto costitutivo (o l'assemblea) lo consente, può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto di alcuni dei suoi membri. In alternativa può delegare le proprie attribuzioni ad alcuno o più dei suoi membri individualmente (amministratori delegati)art. 2381 c.c.
Non possono essere delegate le attribuzioni relative a:
1. redazione del bilancio (art. 2423 c.c.);
2. facoltà di aumento del capitale sociale (art. 2443 c.c.);
3. adempimenti inerenti la riduzione del capitale per perdite (artt. 2446 e 2447 c.c.).
E' invalida la clausola:
1. che spoglia il consiglio del potere di revocare la delega,
2. che impedisce al C.d.A. di avocare a sè l'attività delegata, o di sostituirsi al delegato,
3. che inibisce al C.d.A. d'impartire direttive al delegato,
4. che, in altri modi, vale ad eliminare la competenza concorrente del
C.d.A. nello espletamento delle attività di gestione.
E' parimenti invalida quella clausola che tout court esime da responsabilità quegli amministratori che non sono investiti della delega di poteri:
quantomeno il dovere di vigilanza fa carico agli amministratori, esista o meno un "organo" delegato art. 2392, II co., c.c.
RAPPRESENTANZA
Nella s.p.a. la rappresentanza spetta agli amministratori e, precisamente, a quello o a quelli fra essi, cui il relativo potere è attribuito dall'atto costitutivo (o dall'assemblea, con successiva dichiarazione di nomina)art. 2328, n. 9, c.c. Di norma il legale rappresentante è il presidente del C.d.A. e/o l'amministratore delegato.
Nel difetto di indicazione statutaria, la rappresentanza attiva spetta all'intero
C.d.A. e compete a tutti i consiglieri congiuntamente (questo perchè l'attività di gestione e la relativa responsabilità sono imputate all'organo nel suo complesso, non ai suoi singoli componenti).
E' importante sapere:
a. Si ritiene che in ogni caso almeno uno degli amministratori deve essere investito della rappresentanza generale (sostanziale e processuale).
b. La rappresentanza può essere attribuita anche ad un terzo (direttore generale) o ad un organo terzo (cd. comitato di direzione). Sono figure assimilabili agli institori, soggetti che perciò derivano il loro potere rappresentativo da un contratto di lavoro, e sono gerarchicamente subordinati all'imprenditore (in questo caso agli amministratori preponenti).
Soprattutto se la società è di modeste dimensioni, può esser utile far in statuto divieto agli amministratori di preporre all'esercizio dell'impresa dei direttori generali o degli institori. Può però esser controproducente estendere il suddetto divieto anche alla possibilità per gli amministratori di nominare dei mandatari speciali con rappresentanza.
c. Qualora vi siano più amministratori investiti del potere di rappresentanza, deve esser stabilito (preferibilmente in statuto) se essi hanno il potere di agire disgiuntamente oppure debbano agire congiuntamente.
d. Gli amministratori che hanno la rappresentanza della s.p.a. possono compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale; semprechè dall'atto costitutivo o dallo statuto non risultino delle limitazioni art. 2384 c.c.
RESPONSABILITA' PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI
Nella s.p.a. per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio presente e futuro artt. 2325 e 2740 c.c.
I soci godono della limitazione della propria responsabilità e quindi rischiano solo quanto hanno conferito in società.
I creditori sociali, pertanto, possono ottenere soddisfazione delle loro ragioni di credito solo sui beni componenti il complesso patrimoniale della s.p.a.
E' importante sapere:
a. I soci sono obbligati solamente al conferimento. Il socio in mora nel pagamento dei decimi può esser escusso dagli amministratori anche con esecuzione forzata. Sono più frequenti, tuttavia, o la vendita delle azioni a rischio del socio moroso, oppure la dichiarazione di decadenza del socio con l'annullamento delle azioni che non hanno trovato compratore art. 2344 c.c.
b. In caso di fallimento della società, il socio è tenuto ad effettuare i conferimenti promessi nelle mani del curatore fallimentare anche qualora non
sia ancora scaduto l'eventuale termine originariamente previsto per il richiamo dei decimi. Il giudice delegato può, infatti, emettere decreto ingiuntivo al cospetto dei soci a responsabilità limitata (ancorché il credito della società nei confronti del socio ancora non sia esigibile) affinchè essi eseguano i versamenti ancora dovuti.
c. Ai fini di ottenere linee di credito dai finanziatori della società di nuova costituzione, assai di sovente vengono richieste delle garanzie reali e personali su beni del complesso patrimoniale dei singoli soci.
E' ben vero che una banca a fronte di un fido ben potrebbe ottenere un'ipoteca sull'immobile intestato alla società; tuttavia, atteso che anche in difetto di una tale garanzia reale la banca creditrice potrebbe comunque aggredire l'immobile quantomeno in via chirografaria, più appetibile appare la costituzione d'una garanzia reale su beni di un terzo rispetto alla s.p.a.
Ecco che se detti beni appartengono agli stessi soci della società, si vulnererebbe in capo loro il beneficio della limitazione della responsabilità per le obbligazioni sociali.
Lo stesso è a dirsi della prestazione di garanzie personali (fideiussioni, garanzie autonome, avalli, mandati di credito, lettere di patronage ecc.); soprattutto per le fattispecie fideiussorie cd. omnibus, che sono in grado di esporre debitoriamente il garante per cifre - anche considerevoli - delle quali è, a priori, conosciuta la sola entità massima art. 1938 c.c.
CONTROLLI
La S.p.a. soggiace a controlli cd. interni (collegio sindacale) ed a controlli cd. esterni (autorità giudiziaria; limitatamente alle società quotate e a quelle che per la natura della loro attività operano nel mercato mobiliare: CONSOB, revisione contabile e certificazione dei bilanci).
Il Collegio Sindacale
Il collegio sindacale è l'organo sociale al quale è demandata la funzione interna di controllo (ma è altresì titolare di funzioni consultive e, nei casi di legge, di amministrazione attiva) ed è composto da 3 o 5 membri soci o non soci cui devono obbligatoriamente affiancarsi 2 sindaci supplenti art. 2397 c.c. I sindaci devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero di grazia e giustizia art. 2397, II co., c.c.
E' importante sapere:
a. I sindaci sono nominati per la prima volta in atto costitutivo e durano in carica (non più e non meno di) tre anni. Non possono essere revocati se non per giusta causa art. 2400 c.c.
b. Possono assumere la carica di sindaco solo le persone fisiche. Non possono pertanto assumere la carica di sindaco le persone giuridiche od altri enti collettivi sforniti di personalità.
c. Non possono essere eletti sindaci (e se eletti decadono dall'ufficio) gli ineleggibili alla carica di amministratore (art. 2382 c.c.), nonché i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori, e coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate da un rapporto continuativo di prestazione d'opera retribuita. Il socio può essere eletto sindaco.
d. La nomina dei sindaci - con l'indicazione per ciascuno di essi del cognome e del nome, luogo e data di nascita e domicilio - alla stessa stregua
della cessazione dall'ufficio, devono essere iscritte, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese nel termine di quindici giorni art. 2400, ult. co., c.c.
e. Secondo l'art. 2403 bis c.c., i sindaci possono avvalersi dell'opera di dipendenti ed ausiliari quanto all'espletamento di specifiche operazioni attinenti al controllo della regolare tenuta della contabilità e della corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili (tutte attività che comunque non lambiscono i compiti di vigilanza sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo).
Soprattutto se la società è di dimensioni modeste può essere opportuno prevedere statutariamente l'inoperatività dell'art. 2403 bis c.c.
f. E' per contro assai opportuna la previsione statutaria che, in deroga alla sola possibilità testualmente offerta dall'art. 2405, I co., c.c., imponga il dovere in capo ai sindaci di assistere alle riunioni del comitato esecutivo. Infatti, ove questo esista, pressoché tutte le decisioni inerenti la gestione aziendale sono ad esso devolute.
g. La disposizione dell'art. 2404 c.c., nella parte in cui sanziona con la decadenza dall'ufficio il sindaco assente ingiustificato a 2 adunanze del collegio sindacale, può trovare deroga in sede statutaria.
h. La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita in atto costitutivo, deve essere determinata per l'intero periodo di durata del loro ufficio dall'assemblea all'atto della nomina.
La misura del compenso non può subire modificazioni per tutta la durata dell'incarico.
i. Ex art. 2408 c.c., ogni socio può denunziare i fatti (rectius: le attività degli amministratori) che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve tener conto della denuncia nella relazione all'assemblea.
Se la denunzia è fatta da tanti soci che rappresentino 1/20 del capitale sociale, il collegio sindacale deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati e presentare le sue conclusioni ed eventualmente proposte all'assemblea, convocando immediatamente la medesima se la denunzia appare fondata e vi è urgente necessità di provvedere.
Nelle PMI, ove la base sociale è solitamente esigua, la percentuale del ventesimo del capitale sociale ai fini dell'art. 2408 c.c., è opportuno venga ridotta con disposizione statutaria.
Autorità giudiziaria
Già in sede di omologazione, l'autorità giudiziaria interviene con procedimento camerale ad attuare un controllo di legittimità (formale e sostanziale) dell'atto costitutivo della s.p.a. Sul punto si cfr. la scheda n. 4.
Durante societate l'autorità giudiziaria può essere adita dal socio (più spesso da una collettività di soci) titolare di un pacchetto azionario rappresentativo di almeno 1/10 del capitale sociale art. 2409 c.c.
I provvedimenti, intesi alla eliminazione delle gravi irregolarità, indicati nell'art. 2409 c.c. possono anche essere adottati su richiesta del P.M., sicché una funzione latamente di controllo (o meglio, di sanzione a conclamati stati di illegalità) può esercitarsi addirittura d'ufficio.
E' importante sapere:
a. La percentuale che attivamente legittima i soci a denunziare al Tribunale
quei fatti che fondatamente ritengono censurabili poiché espressivi di gravi irregolarità attinenti la gestione amministrativa della "cosa" sociale, può subire statutariamente modificazione in diminuzione.
Tuttavia, la norma dell'art. 2409 c.c. va necessariamente coordinata con quella dell'art. 2408 c.c. che disciplina la denunzia al collegio sindacale.
L'art. 2408 c.c. richiede la titolarità di una aliquota di capitale minore (1/20) rispetto a quella (pari a 1/10) legislativamente richiesta per la denuncia al Tribunale. La disparità di previsione si giustifica con la maggiore gravità dei provvedimenti ai quali la denunzia all'autorità giudiziaria può portare.
In considerazione di quanto espresso, è preferibile a che sia mantenuto lo scarto differenziale tra le previsioni percentuali, pena lo snaturamento della ratio legis.
SCRITTURE CONTABILI
Gli amministratori devono tenere le scritture contabili del libro giornale, del libro degli inventari, nonchè le altre scritture richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa art. 2214 c.c.
La S.p.a. deve inoltre tenere:
▪ il libro dei soci;
▪ il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee;
▪ il libro delle adunanze e delle deliberazioni del C.d.a.;
▪ il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale;
▪ il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo (se esistente).
L'eventuale esistenza di categorie di azioni diverse da quella ordinaria comporta la ricaduta d'una modificazione dell'interna organizzazione della S.p.a.
Ex art. 2376 c.c., infatti, se esistono diverse categorie di azioni, la delibera assembleare pregiudizievole i diritti ad esse afferenti deve venire approvata anche dall'assemblea speciale dei soci della categoria interessata.
In ragione dell'esistenza di dette assemblee speciali dovranno perciò tenersi i libri delle adunanze e delle deliberazioni degli azionisti privilegiati, di risparmio ecc.
Se la società ha emesso titoli obbligazionari, la società deve anche tenere il libro delle obbligazioni e il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti
Tutti i libri, prima d'esser messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio a norma dell'art. 2215 c.c.art. 2421 c.c.
Gli amministratori devono altresì conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite art. 2214 c.c.
Ulteriore gravoso adempimento di carattere contabile che incombe sugli organi societari consiste nella redazione (ad opera degli amministratori), nel controllo con relativa relazione (del collegio sindacale), nell'approvazione (dell'assemblea ordinaria) nel deposito (nel registro delle imprese) del bilancio di esercizio artt. 2423 ss. c.c.
Il bilancio di esercizio è composto da stato patrimoniale, conto economico e
nota integrativa. Gli amministratori dovranno corredare i documenti contabili di una relazione sulla gestione art. 2428 c.c.
Le PMI si potranno giovare delle più agevoli formalità connesse alla redazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata; facilitazione che consiste nelle sensibili semplificazioni previste per stato patrimoniale, nota integrativa e relazione sulla gestione amministrativa art. 2435 bis c.c.
E' importante sapere:
a. Il periodo di conservazione di libri, scritture contabili e corrispondenza commerciale è di dieci anni.
b. L'obbligo di vidimazione annuale dei libri sociali obbligatori è stato eliminato con l'art. 7 bis del d.l. 10.06.1994 n. 357 (conv. in L. 08.08.1994 n. 489). Per questi libri sono necessarie le sole bollatura e numerazione.
c. Si reputerebbe come non apposta la clausola statutaria che limitasse ai soci il (peraltro già modesto) diritto di ispezionare il libro dei soci e quello delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee (ordinarie e straordinarie).
FORMALITA' E CONTABILITA' FISCALI
I libri che devono essere tenuti obbligatoriamente ai fini fiscali sono:
▪ il libro giornale e il libro degli inventari (art. 2214 c.c.);
▪ il registro dei beni ammortizzabili (qualora esistano);
▪ le scritture dei sostituti d'imposta;
▪ le rilevazioni di magazzino;
▪ i registri IVA.
Il regime contabile per le società di capitali agli effetti fiscali è il solo: Regime ordinario
La contabilità ordinaria consiste nella tenuta delle scritture contabili obbligatorie ai sensi del D.P.R. 600/73 (artt. 14 ss.):
▪ libro giornale;
▪ libro degli inventari;
▪ registri prescritti ai fini IVA;
▪ libro mastro (scritture ausiliarie ex art 14, I co., lett. c, D.P.R. 600/73);
▪ registro dei beni ammortizzabili;
▪ libri paga, matricola, registro infortuni;
▪ registro riepilogativo di magazzino (le rilevazioni di magazzino sono obbligatorie per le imprese che superano congiuntamente per due esercizi consecutivi i limiti di 10 miliardi di lire di ricavi e 2 miliardi di rimanenze di magazzino).
FALLIMENTO
La s.p.a. soggiace al fallimento in caso di insolvenza. E' importante sapere:
a. Il fallimento della Sp.a. non produce il fallimento dei soci. I soci sono solamente tenuti a conferire in società quanto si erano impegnati all'atto della sottoscrizione delle azioni. Il giudice delegato alla procedura può, su proposta del curatore del fallimento, ingiungere ai soci con decreto di eseguire i versamenti ancora dovuti, ancorchè non sia ancora scaduto il termine stabilito per il pagamento.
ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI
La S.p.a. in stato d'insolvenza, sussistenti le condizioni legali d'ammissibilità, può chiedere d'essere ammessa alla procedura, alternativa al fallimento, del concordato preventivo artt. 160 ss., legge fallim.
La S.p.a. che si trovi in temporaneo stato d'impossibilità ad adempiere le proprie obbligazioni, ricorrenti le condizioni di legge, può chiedere di essere ammessa alla procedura dell'amministrazione controllata artt. 187 ss., legge fallim.
TRATTAMENTO TRIBUTARIO DELLA SOCIETA'
La s.p.a. è soggetto passivo ai fini IRAP. La s.p.a. sconta altresì l'IRPEG. E' importante sapere:
a. L’IRAP è un’imposta locale (ossia applicabile alle attività produttive esercitate nell’ambito territoriale di ogni regione amministrativa, sì che, nel caso in cui l’attività di una certa società si esplicasse nell’ambito di più regioni, la relativa imposta andrebbe calcolata in relazione al valore della produzione netta relativo alla regione nel cui territorio esso valore è stato realizzato). L’imposta è proporzionale e sconta un’aliquota pari al 4.25% sul valore netto della produzione. Detto valore, in sintesi estrema, è dato dalla differenza tra i ricavi o proventi dell’attività e le spese (tra le quali non possono comprendersi il costo del lavoro e gli interessi passivi).
Il nuovo tributo regionale non è deducibile dalle imposte sui redditi, vale a dire che il relativo importo pagato non potrà essere utilizzato per abbattere le imposte sul reddito delle persone fisiche.
b. L'IRPEG è imposta ad aliquota non progressiva ma proporzionale, fissata nella misura del 37%. Presupposto dell'imposta è la consecuzione da parte della persona giuridica di una qualsiasi categoria di reddito di cui all'art. 6
T.U.I.R. 917/86 art. 86 D.P.R. 917/86
c. Il carico delle imposte sui redditi effettivamente sopportato dalla S.p.a. corrisponde ad una percentuale pari al 37%; sicché potrà approssimativamente dirsi fiscalmente conveniente la costituzione di una
S.p.a. (in luogo di una società personale) allorquando l'entità del reddito imponibile IRPEF dei singoli soci comporterebbe il rischio della progressione di scaglione in relazione alla futura distribuzione dell'utile derivante dall'esercizio dell'impresa sociale.
d. La tassazione avviene solo in capo alla società. Il socio che percepisce il dividendo è protetto dal meccanismo del credito d'imposta che elimina la doppia imposizione. Tale meccanismo importa che il dividendo incassato dal socio viene conteggiato nella dichiarazione personale dei redditi aumentato di 9/16 (ossia il corrispondente del 37% già pagato dalla società a titolo IRPEG); in secondo luogo il socio conteggerà sul proprio reddito complessivo la solita IRPEF ad aliquota progressiva, ma detrarrà a titolo di credito d'imposta l'importo pari a 9/16 dell'ammontare degli utili percepiti.
e. Avuto riguardo alla tassazione del solo dividendo, il credito d'imposta può risultare conveniente per il socio in relazione alla sua aliquota personale IRPEF: nel caso di socio "povero" (con aliquota personale inferiore al 37%) si assisterà ad un conguaglio a credito per il socio; nel caso di socio "ricco" (con
aliquota personale superiore al 37%) si assisterà ad un conguaglio a debito per il socio.
TRATTAMENTO TRIBUTARIO DEI SOCI
La società sconta l'IRPEG e l'IRAP nelle misure di legge.
Il singolo socio persona fisica è soggetto passivo IRPEF. Al fine di eliminare una doppia imposizione sul medesimo reddito (a titolo IRPEG in capo alla società ed a titolo IRPEF in capo al socio), è riconosciuto al socio percepiente il dividendo un credito di imposta nella misura dei 9/16 degli utili percepiti; fermo restando che la personale aliquota progressiva IRPEF deve determinarsi anche in ragione della capacità contributiva sintomatizzata dal reddito di partecipazione alla società.
Il singolo socio che sia invece persona giuridica, sul reddito effettivamente conseguito a titolo di dividendo pagherà l'IRPEG. Tuttavia, anche al socio persona giuridica spetta il credito di imposta nella misura sopraesposta.
Fra gli aspetti fiscali rilevanti, sono tassate le plusvalenze realizzate dai soci di
s.p.a. nel caso di cessione a titolo oneroso delle azioni: cd. tassazione del "capital gain".
E' importante sapere:
a. Come detto, la tassazione avviene solo in capo alla società.
Il socio che percepisce il dividendo è protetto dal meccanismo del credito d'imposta che elimina la doppia imposizione. Tale meccanismo importa che il dividendo incassato dal socio viene conteggiato nella dichiarazione personale dei redditi aumentato di 9/16 (ossia il corrispondente del 37% già pagato dalla società a titolo IRPEG); in secondo luogo il socio conteggerà sul proprio reddito complessivo la solita IRPEF ad aliquota progressiva, ma detrarrà a titolo di credito d'imposta l'importo pari a 9/16 dell'ammontare degli utili percepiti.
b. Ai fini dell'implemento della aliquota progressiva IRPEF è necessaria la concreta distribuzione al socio persona fisica dell'utile conseguito dalla società. Sicchè, se la società optasse per una politica di autofinanziamento deliberando la non distribuzione di tutti o di parte degli utili ai soci, quelli tra essi che sono persone fisiche non vedranno calcolata l'aliquota personale IRPEF sul complesso reddituale comprensivo degli utili non distribuiti. Diversamente, nelle società personali il reddito d’impresa viene attribuito ai singoli soci ai fini IRPEF a prescindere dalla concreta distribuzione e/o riscossione dell'utile.
c. Se il socio è una persona giuridica il problema di cui alla precedente nota a) si smitizza stante che la S.p.a. come il socio sono entrambi soggetti passivi IRPEG.
d. Visto che il carico delle imposte effettivamente sopportato dalla S.p.a. corrisponde ad una percentuale pari al 53,20%; potrà ritenersi fiscalmente conveniente la costituzione di una S.p.a. (in luogo di una società personale) allorquando l'entità del complessivo reddito imponibile IRPEF dei singoli soci comporterebbe il rischio della progressione di scaglione d'aliquota in relazione alla futura distribuzione degli utili connessi all'esercizio dell'impresa sociale.
e. Avuto riguardo alla tassazione del solo dividendo, il credito d'imposta può risultare conveniente per il socio in relazione alla sua aliquota personale IRPEF: nel caso di socio "povero" (con aliquota personale inferiore al 37%) si
assisterà ad un conguaglio a credito per il socio; nel caso di socio "ricco" (con aliquota personale superiore al 37%) si assisterà ad un conguaglio a debito per il socio.
f. Ragioni di carattere perequativo hanno indotto il legislatore a prevedere l'obbligatoria nominatività dei titoli azionari. Non tanto motivazioni intese ad assicurare un'entrata tributaria hanno indotto a tale soluzione; quanto piuttosto l'ossequio al sommo principio della commisurazione del prelievo tributario alla capacità contributiva del soggetto passivo della imposta.
Deve rilevarsi, allora, una contraddizione legislativa laddove, in totale spregio al principio di capacità contributiva, per la categoria delle azioni di risparmio, nonchè per le altre azioni quotate, è al socio consentita la possibilità di optare per la tassazione degli utili a mezzo "cedolare secca" (una sorta di ritenuta alla fonte) nella misura del 12.5%.
E' evidente che detta speciale tassazione non consente di individuare l'aliquota personale IRPEF del socio, tenendo altresì conto del reddito di partecipazione alla S.p.a., vulnerando in tal maniera la progressività dell'imposta.
g. Le persone fisiche che detengono partecipazioni subiscono, nel caso di cessione delle stesse, una tassazione diversificata a seconda del “regime” prescelto e dell’entità delle partecipazioni in proporzione al patrimonio della società.
L’imposta sostitutiva si applica sulle plusvalenze realizzate, al netto delle minusvalenze, con aliquota che varia dal 27%, per la cessione di partecipazioni qualificate, al 12.50% per la cessione delle altre partecipazioni. Si intendono “qualificate” le seguenti partecipazioni:
▪ in società quotate: oltre il 2% dei diritti di voto ovvero oltre il 5% del capitale sociale;
▪ in società non quotate: oltre il 20% dei diritti di voto ovvero oltre il 25% del capitale sociale.
La regolamentazione descritta entra in vigore il 1° luglio 1998. Sono previste disposizioni transitorie per il passaggio dalla vecchia alla nuova tassazione.
TRASFERIMENTO DELLA POSIZIONE DI SOCIO (I parte)
Trasferimento per atto tra vivi
Le azioni sono beni mobili destinati alla circolazione. Esse circolano secondo le norme dettate dal legislatore per la circolazione dei titoli di credito
La legge ha stabilito la nominatività obbligatoria dell'azione (salvo che per le azioni di risparmio che possono essere emesse anche al portatore), sicchè per la circolazione del titolo è necessaria la duplice annotazione (sul titolo e sul registro della società emittente).
Clausole statutarie possono condizionare (es. le clausole di prelazione) ovvero limitare (es. le clausole di gradimento) la libera circolazione delle azioni.
Patti parasociali, convenzionalmente stipulati tra tutti od alcuni soltanto dei soci, possono del pari condizionare (es. sindacati di collocamento) oppure limitare (sindacati di blocco) la libera circolazione delle azioni.
E' importante sapere:
a. Quanto alle formalità per la valida circolazione del titolo azionario vi è da dire che, costituendo l'azione un bene mobile, inter partes la proprietà del titolo si trasferisce con il semplice accordo delle parti art. 1376 c.c
Si ritiene correntemente che le formalità della duplice annotazione (sul fronte o a tergo del titolo e nel libro dei soci) attengano all'efficacia del trasferimento nei confronti della società.
Da ciò si desume che la legittimazione attiva all'esercizio dei diritti (patrimoniali ed amministrativi) pertinenti al titolo si acquista solo a seguito dell'espletamento di dette formalità; impregiudicata restando, per l'acquirente ormai già proprietario ex art. 1376 c.c., l'azione di responsabilità per danni nei confronti del suo dante causa.
Per ragioni di mera comodità, in alternativa a tali formalità, la legge prevede la possibilità che il titolo sia trasferito mediante girata contenente la data e l'indicazione del giratario (non è possibile la cd. girata in bianco), e sottoscritta dal girante (nonchè dal giratario se le azioni non sono state interamente liberate), con l'autentica di un notaio, agente di cambio (?) o azienda di credito autorizzata. Al trasferimento mediante girata deve seguire l'annotazione nel libro dei soci a cura della società: il giratario che, esibendo il titolo, si dimostri possessore di esso in base ad una serie continua di girate, ha diritto all'iscrizione nel registro della società. Da quel momento il trasferimento (pur valido inter partes ex art. 1376 c.c.) ha effetto (ed è quindi opponibile) anche nei confronti della società.
b. Alla libera circolazione delle azioni ostano pochi limiti di fonte legislativa:
1. le azioni corrispondenti ai conferimenti in natura sono inalienabili sin quando la valutazione di tali conferimenti non sia stata controllata ex art. 2343 c.c.;
2. le azioni con prestazioni accessorie non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori art. 2345 c.c.
3. altri limiti si rinvengono in leggi speciali.
c. Come segnalato in epigrafe, alla libera circolazione delle azioni possono ostare determinate clausole statutarie. E' bene immediatamente chiarire che dette clausole possono esclusivamente limitare, non già vietare, l'alienazione dei titoli azionari, atteso che per stessa valutazione legislativa l'azione è un bene mobile necessariamente destinato alla circolazione. Una clausola che prevedesse un divieto di alienazione sarebbe nulla.L'art. 2355, ult. co., c.c., prevede la possibilità a che l'atto costitutivo sottoponga a particolari condizioni la alienazione delle azioni nominative.
Una clausola di tal fatta, piuttosto frequente nella pratica delle società a ristretta base azionaria (che quindi vedono con disfavore l'ascesa al capitale di comando di soggetti terzi rispetto agli originari promotori l'iniziativa economica) è la cd. clausola di prelazione, con la quale l'atto costitutivo impone al socio, che voglia cedere le proprie azioni, di offrirle prima in vendita agli altri soci, indicando le condizioni di vendita e, se richiesto, il nome del terzo disposto ad acquistare le azioni alle medesime condizioni.
Si discute in dottrina se questa prelazione debba considerarsi di matrice contrattuale, con efficacia perciò meramente obbligatoria ed inter partes, oppure debba intendersi quale prelazione assimilabile a quella legale, e quindi con efficacia reale.
Sembra prevalere l'opinione che considera la clausola in parola quale una prelazione legale e, dunque, avente efficacia reale: la vendita delle azioni ai terzi, in violazione della preventiva offerta in opzione ai soci, è viziata di
nullità (rectius: affetta da inefficacia assoluta, visto che comunque la fonte della prelazione è puramente negoziale), e non già mera occasione di responsabilità contrattuale del socio alienante verso la s.p.a.
Siccome spesso sorgono delicate questioni in relazione alle modalità dell'offerta agli altri soci, per evitare abusi (connessi ad es. ad un'offerta di prelazione eseguita nei confronti di solo alcuni soci, in luogo di tutti; oppure afferenti le differenze di entità del prezzo indicato ai soci rispetto a quello che l'alienante intende far pagare al terzo), può essere assai opportuno prevedere statutariamente la devoluzione di tali formalità dell'esecuzione della prelazione ad uno o più arbitratori ex art. 1349 c.c.
d. Altro tipo di condizione statutaria ex art. 2355 c.c. alla libera trasferibilità delle azioni è costituita dalla cd. clausola di gradimento attraverso la quale il trasferimento delle azioni è subordinato al "gradimento" degli organi sociali (solitamente il solo C.d.A., ma talvolta il collegio sindacale o, seppur assai raramente, e comunque nelle sole S.p.a. a ristretta base azionaria, l'assemblea) della persona dell'acquirente.
Molto si è discusso circa la validità di dette clausole, potendosi verificare per il socio che non riuscisse a scovare un potenziale acquirente gradito all'organo sociale, una situazione di concreta intrasferibilità della sua partecipazione azionaria: come è stato efficacemente detto, il socio potrebbe trovarsi ad esser "prigioniero del titolo".
Attualmente, in seguito all'entrata in vigore dell'art. 22 della legge 281/85, sono ritenute legittime ed ammissibili le sole clausole che non condizionino la trasferibilità del titolo al "mero gradimento" dell'organo sociale deputato ad esprimerlo.
In definitiva, le clausole in commento devono preferibilmente contenere a priori la descrizione delle caratteristiche personali dell'acquirente gradito (cittadinanza, appartenenza a determinati ceti sociali, professione religiosa, posizione politica ecc.), o comunque indicare le ragioni obiettive che osterebbero ad un gradimento.
Alcuni autori, ma l'opinione sebbene autorevole è minoritaria, ritengono sussista il "mero gradimento" ( e perciò l'invalidità della clausola) ancorquando la previsione statutaria imponga alla società l'onere di indicare, in luogo dell'acquirente sgradito, quello gradito: si è infatti sostenuto che "se nella clausola non sono indicati dei parametri di giudizio, il gradimento è e resta mero anche se, in caso di rifiuto, si indichi il nome di altro possibile acquirente". In senso contrario però la recente Cassazione.
Si è pure sostenuta l'inefficacia delle clausole di gradimento che impongano la motivazione al rifiuto: neppure la motivazione sarebbe, secondo questa angolazione visuale, di per sé sufficiente a scongiurare una totale discrezionalità in capo all'organo sociale, e quindi ad ossequiare il precetto legislativo di cui all'art. 22, legge 281/85.
La clausola di "mero gradimento" è contra legem e quindi sostanzialmente nulla, ancorché la lettera della legge si riferisca ad una generica inefficacia.
La clausola che è invece formulata in modo generico (senza espresso riferimento ad un "mero gradimento", ma anche senza indicazione dei criteri idonei a renderlo "non mero"), sarebbe eccessivo sanzionarla con la nullità, per cui correntemente la si considera inefficace a permettere all'organo sociale
di operare il gradimento in piena discrezionalità.
Al pari della clausola di prelazione, anche la clausola di gradimento pare avere efficacia reale, sicché atto traslativo e gradimento sociale concorrono entrambi al trasferimento della titolarità del titolo. In senso contrario si è però sostenuto che il gradimento è solo condizione di opponibilità del trasferimento del titolo nei confronti della S.p.a. (altri ancora ritengono che il gradimento sia necessario unicamente per la legittimazione all'esercizio dei soli diritti amministrativi pertinenti al titolo). Sul tema: l'ultima giurisprudenza della Cassazione propende per l'orientamento enunciato per primo, le corti di merito sono invece dell'opinione che il rifiuto del gradimento incide sulla sola legittimazione dell'acquirente sgradito all'esercizio dei diritti sociali, salva l'efficacia inter partes dell'atto traslativo.
Consolidata giurisprudenza di legittimità stabilisce che la clausola di gradimento, poiché destinata ad incidere su diritti soggettivi dei soci, non può essere introdotta nella statuto che con deliberazione unanime.
Parte della dottrina e della giurisprudenza di merito ritengono non omologabile lo statuto della S.p.a. che contenga una clausola di mero gradimento, in considerazione del contrasto statutario con la disposizione inderogabile dell'art. 22 legge 281/85.
La clausola di gradimento è ammissibile solo per i trasferimenti per atto tra vivi. L'applicabilità della clausola di gradimento ai trasferimenti della titolarità delle azioni per causa di morte importerebbe violazione del divieto dei patti successori (art. 458 c.c.) nel caso di successione ab intestato, ed un inammissibile divieto di succedere con riferimento alla successione ex lege.
e. Sovente, accanto all'atto costitutivo della società, i soci (od alcuni tra essi) concludono dei patti destinati a regolare comportamenti che le parti si prefiggono di tenere gli uni nei confronti degli altri. Sono i cosiddetti patti parasociali: accordi di natura privatistica aventi efficacia meramente obbligatoria tra le parti contraenti (ossia sono inopponibili alla società ex art. 1372 c.c.), salvo si configurino quali contratti a favore di terzi (terzo che può essere tanto la società, quanto un non socio), nel qual caso il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione art. 1411, II co., c.c. Per quanto di interesse sul fronte della limitazione per patto parasociale del trasferimento azionario, sono frequenti nella pratica i cd. sindacati di blocco. Questi patti parasociali possono prevedere sia limitazioni, sia divieti alla circolazione delle azioni: in quest'ultimo caso, però, il sindacato di blocco è valido sol se contenuto entro convenienti limiti di tempo, purchè corrisponda ad un apprezzabile interesse (meritevole di tutela giuridica) di almeno una delle parti art. 1379 c.c.
Salva la menzionata eccezione ricavabile dalla disciplina del contratto a favore di terzi, al cospetto degli estranei al patto, gli accordi parasociali si configurano come res inter alios acta; pertanto la alienazione delle azioni effettuata in spregio al loro precetto dà luogo al solo risarcimento del danno. E' utile quantificare a priori l'entità della misura del danno, inserendo nel patto parasociale una clausola penale per l'ipotesi di violazione.
La circolazione delle azioni può altresì subire influenze dai cd. sindacati di collocamento. Essi sono contratti parasociali in virtù dei quali due o più soggetti si obbligano reciprocamente (o anche verso la società) a sottoscrivere
azioni (di solito in sede di aumento a pagamento del capitale sociale) ed a collocarle sul mercato alle condizioni ed al momento opportuni, trattenendo per sè i titoli che non troveranno collocazione. In caso di violazione al precetto dell'accordo, identica è la conseguenza ed il relativo consiglio sopra espressi con riferimento all'inosservanza del sindacato di blocco.
Trasferimento per causa di morte
La successione a causa di morte nella proprietà dei titoli azionari è disciplinata dall'art. 7 del R.D. 29 marzo 1942, n. 239.
Testualmente vi si dispone:
"Nel caso di morte dell'azionista, la società emittente, se non vi è opposizione, addiviene alla dichiarazione del cambiamento di proprietà sui titoli azionari e nel libro dei soci, su presentazione del certificato di morte, di copia del testamento se esista e di un atto di notorietà giudiziale o notarile, attestante la qualità di erede o di legatario dei titoli. La società trattiene detti documenti".
E' importante sapere:
a. Come già avvertito, una clausola di gradimento può ammettersi solo quanto ai trasferimenti di azioni per atto tra vivi.
Prospettare l'applicabilità della clausola di gradimento ai trasferimenti della titolarità delle azioni per causa di morte importerebbe violazione del divieto dei patti successori (art. 458 c.c.) nel caso di successione ab intestato, ed importerebbe un inammissibile divieto di succedere con riferimento alla successione ex lege.
Fonte: laconsulenza.it