PARERE
PARERE
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IN MATERIA DI MEDIAZIONE CREDITIZIA
ISTRUTTORIA CLAUSOLE VESSATORIE Maggio 2010 SETTORE MEDIAZIONE CREDITIZIA
Premessa… 2
1. Trattative e perfezionamento del contratto 4
2. Clausole di esclusiva e durata del contratto 5
3. Clausole di proroga e rinnovazione 7
4. Diritto di recesso 8
5. Trasparenza 9
6. Obblighi informativi del cliente 9
7. Costi di istruttoria 10
8. Esonero da responsabilità 11
9. Penale 12
10. Clausola di risoluzione automatica 13
11. Tassi di interesse 14
12. Foro competente e domicilio eletto 14
Analisi contratti di mediazione creditizia
Premessa
La Camera di Commercio di Milano da diverso tempo istituisce Commissioni di tecnici a cui demanda il compito di valu tare l’eventuale presenza di clausole inique nei contratti tra professionisti e consumatori in settori di importanza strategica per l’economia milanese.
Quest’attività si inserisce nell’esercizio de lle facoltà attribuite dal legislatore alle Camere di Commercio italiane, con la legge n. 580 / 93, e di recente annoverate tra le funzioni principali delle C.C.I.A.A. dall’art. 2, comma 2 lett. i) del d.lgs n. 23 del 15 febbraio 2010 al fine di poter sv olgere numerose funzioni per favorire una concorrenza corretta tra le impres e e tutelare in maniera sempre più adeguata i consumatori nell’interesse generale dell’economia.
Tra queste funzioni spicca la rilevazion e delle clausole vessatorie inserite nei contratti conclusi con i consumatori.
L’attuale Commissione, redattrice del pr esente parere, è stata incaricata specificatamente per l’analisi dei pr xxxxx di vessatorietà nei contratti di mediazione creditizia ed è stata costitui ta per conto della Camera di Commercio di Milano e della Camera di Commercio di Monza e Brianza ai sensi dell’art. 2, comma 2 del d.lgs n. 23 / 2010. Questa è così composta: Giorgio De Nova, Professore di Diritto Civile presso l’Un iversità degli Studi di Milano; Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Professore di Diritto Commercia le presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca; Xxxxx Xxxxxx, Profe ssore di Diritto Commerciale presso l’Università degli Studi di Brescia.
Il procedimento seguito per la rilevazione dei dati è consistito nella raccolta dei contratti di mediazione creditizia corrent emente utilizzati dalle società operanti nel settore.
Quindi si è proceduto all’audizione delle associazioni di categoria, come FIMAA Milano, FIAIP, FIMEC, AICOMEC, e delle associazioni dei consumatori della provincia di Milano, che hanno fatto pervenire sia singolarmente sia congiuntamente rilevanti osservazioni.
Infine le condizioni generali di detti cont ratti sono state sottoposte al vaglio di vessatorietà circa i profili critici rilevati in occasioni di tali audizioni.
I risultati di questa articolata procedura sono raccolti nel presente parere.
A questo proposito è doveroso porgere un sentito ringraziamento a coloro che, sia a titolo personale sia a nome delle a ssociazioni, si sono prodigati inviando tempestivamente alla Commissione i contra tti da analizzare, poiché questa fase del lavoro è stata resa complicata dallo scarso spirito di collaborazione di alcune società.
Nell’illustrare compiutamente le ragioni che hanno spinto la Camera di Commercio a riunire la presente Commissione, non si può non ribadire il mandato che le C.C.I.A.A. hanno ricevu to dal legislatore in tale senso e, soprattutto, la delicatezza della disciplina in materia di mediazione creditizia nell’attuale periodo storico.
Infatti, come attestano i dati diffusi dalla Banca d’Italia, l’indebitamento delle famiglie italiane ha visto aumentare nel 2008 gli oneri per il pagamento degli interessi e la restituzione del capitale.
Inoltre, sempre la Banca d’Italia, so ttolinea che <<il servizio del debito ha raggiunto il 10% del reddito disponibile, oltr e un punto in più rispetto alla fine del 2007>>; non solo << l’aumento del serviz io del debito ha reso più tese le condizioni finanziare delle famiglie, che nel 2008 hanno incontrato maggiori difficoltà nel rimborso dei debiti>> (Relazione annuale della Banca d’Italia per il 2008, pubblicata il 29 maggio 2009, “La condizione finanziaria delle famiglie e delle imprese”).
In questo quadro particolarmente delic ato, dunque, il presente parere vuole essere un punto di riferimento e guida pe r le condotte contrattuali di tutti gli operatori del settore della mediazione creditizia al fine di creare un mercato il più possibile solido ed armonico.
A tale proposito si vuole ricordare che lo spirito con cui la Camera di Commercio di Milano è chiamata a svolgere quest’attività attiene in primo luogo alla prevenzione delle condotte lesive degli equilibri contrattuali, obiettivo che deve essere sentito prim ario e comune da entrambe le parti
coinvolte, operatori e consumatori. Si vuole precisare che a breve verrà re so, dalla medesima Commissione anche un parere in materia di clausole vessatorie nei contratti di prestiti personali.
Alcune associazioni di categoria e impr ese, hanno già dichiarato di essere disponibili a riformulare i propri contratti e si auspica che il loro numero si accresca velocemente nel tempo, poiché resta ferma la facoltà per la Camera di Commercio di esercitare il proprio po tere inibitorio nei confronti dei trasgressori, ai sensi del Codice del Consumo e del recente decreto n. 23 / 2010.
La Commissione ha preso in considerazione sia clausole che compaiono pressoché in tutti i contratti analizzati, sia clausole che compaiono soltanto in alcuni dei contratti sottoposti al suo es ame in considerazione della rilevanza del loro contenuto ai fini della valutazione di “vessatorietà”.
È da sottolineare tra l’altro che nell’ ambito dei contratti di mediazione creditizia è emersa una sostanziale identità di impostazione dei modelli contrattuali delle associazioni dei mediator i creditizi e delle società finanziarie, vuoi per contenuti, vuoi per formulazione.
Circa il metodo di analisi la Co mmissione ha ritenuto opportuno attenersi al seguente sistema metodolo gico: in primo luogo valutare ogni criticità delle clausole con riferimento all’elenco legislativo delle clausole vessatorie contenuto nell’art. 33, comma 2, cod. cons.; in secondo luogo l’indagine, qualora il primo approccio non si fosse rivelato adeguato, si è basata sul primo alinea del medesimo art. 33, che esprime il principio generale della vessatorietà come un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto tra consumatore e professionista, malgrado la buona fede.
1. Trattative e perfezionamento del contratto.
Dall’analisi dei testi contrattuali forn iti dalle imprese e dalle associazioni di categoria risulta talvolta la pres enza di clausole, già predisposte nel formulario, in forza delle quali il Cliente dichiara di avere “trattato
individualmente” il contenuto del contratto e le relative pattuizioni. Si legge ad esempio che “Il mandante … dichiara … che ogni singola clausola è stata preventivamente oggetto di … specifica trattativa”.
Siffatte clausole sembrano essere pred isposte al fine di escludere in radice l’accertamento di vessatorietà del contenuto contrattuale, ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. cons. a mente del quale “ non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale ”.
Trattandosi di clausole già predispo ste in formulari contrattuali che le Società sottopongono ai clienti, esse devono essere considerate o del tutto inefficaci ai sensi dell’art. 34, comma 5, cod. cons. (in forza del quale “ Nel contratto concluso mediante sottoscrizion e di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore”), o comunque vessatorie ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. t), cod. cons., in quanto finirebbero per comportare una “limitazione della facoltà di opporre eccezioni” e una “inversione dell’onere della prova” (giacché la prova della assenza di una t rattativa individuale sarebbe rimessa al Cliente, che dovrebbe appunto provare la non corrispondenza al vero di quanto affermato nella clausola in esame).
2. Clausole di esclusiva e durata del contratto.
In un significativo numero dei contra tti esaminati è presente la clausola di esclusiva, che impone al Cliente di non conferire uguale mandato creditizio ad altro mediatore, per l’intera durata de l contratto, talvolta già predefinita nel testo contrattuale – per lo più in un arco temporale di tre o sei mesi – altre volte da compilare a mano al momento del perfezionamento del contratto.
L’esame circa la vessatorietà di tali clausole va svolto alla luce dell’art. 33, comma 2, lett. t), cod. cons., nella parte in cui qualifica come tali le clausole che comportano restrizioni alla libertà contrattuale del consumatore nei rapporti con i terzi.
Pur potendosi ascrivere la concession e di un diritto di esclusiva al generico novero delle “restrizioni de lla libertà contrattuale”, non sembra tuttavia che le clausole in oggetto debbano presumersi in ogni caso vessatorie, in considerazione delle caratteristiche del contratto di mediazione e del modo con cui sorge in capo alla Società il diritto al corrispettivo delle proprie prestazioni, in forma di “provvigione” in caso di conclusione del contratto tra il Cliente e l’intermediario finanziario disposto a concedere il finanziamento.
La valutazione della vessatorietà è pertanto necessariamente legata alla combinazione di altri elementi contrattua li, che pure saranno oggetto di esame nel prosieguo del presente parere, ma che vengono ora presi in considerazione nei limiti in cui essi incida no sulla valutazione della clausola di esclusiva. Si allude in particolare ai seguenti aspetti: ( i) la durata del contratto; ( ii) la determinatezza della tipologia di finanziamento richiesto dal Cliente; ( iii) la determinatezza delle principali condizioni economiche del finanziamento richiesto dal Cliente (ammontare, durata e tassi massimi).
Si ritiene infatti che qualora siano pres enti tutti gli elementi ora indicati – ossia nei casi in cui il Cliente conferisca mandato, per un periodo di tempo sufficientemente contenuto, per la conclu sione di una determinata tipologia di finanziamento, per un determinato a mmontare, per una determinata durata e con determinati tassi (eventualmente con l’indicazione di un range di minimi e massimi per alcuni di tali elementi) – la clausola di esclusiva non rappresenti una limitazione della libertà negoziale co n i terzi, bensì una legittima tutela degli interessi del mediatore creditizio, che mette a disposizione del Cliente parte della propria attività, potendo contare sul fatto che il Cliente non concluda il medesimo finanziamento tramite altri mediatori.
Al contrario, si ritiene che le clausole di esclusiva siano vessatorie ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. t), cod. cons ., nonché ai sensi dell’art. 33, comma 1, cod. cons., qualora non individuino con suffici ente determinatezza gli elementi sopra indicati (durata, tipologia del fina nziamento, ammontare richiesto, durata del finanziamento, tassi di interesse), ovvero qualora, pur individuandoli in
modo formalmente determinato, non si ano idonei a delimitare in concreto l’ambito entro il quale il Cliente concede l’esclusiva (come avviene, ad esempio, nel caso del contratto che prevede che “il tasso nominale annuo [del finanziamento richiesto] non dovrà comunq ue essere superiore al 27%”, come si avrà modo di ribadire ulteriormente nel successivo par. 11).
Il medesimo giudizio di vessatorietà de ve essere esteso alle clausole che, pur non disponendo un vero e proprio di ritto di esclusiva, giungono comunque al medesimo risultato (sempre che manc hi, come sottolineato sino ad ora, una sufficiente determinazione dei “limiti” del mandato conferito al mediatore creditizio). Ciò avviene in tutti i casi – si tratta di quasi tutti i contratti privi di una clausola “espressa” di esclusiva – in cui il cliente è comunque tenuto al pagamento della provvigione o di una penale che economicamente la sostituisce (e non solo al rimborso di tu tte le spese sostenute dal mediatore), nel momento in cui il mediatore gli presenti un intermediario finanziario disposto a concedere il finanziamento richiesto, an che qualora il finanziamento non venga perfezionato, per decisione del Cliente.
3. Clausole di proroga e rinnovazione.
La durata del contratto viene talvolta soggetta ad una clausola di proroga tacita, che opera in caso di mancata disd etta del Cliente. Nei pochi contratti in cui siffatta clausola è stata rinvenut a, essa non presenta connotati di vessatorietà ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. i), cod. cons ., (ai sensi del quale si presumono vessatorie le clausole che hanno ad oggetto o ad effetto di “stabilire un termine eccessivamente anticipato ri spetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione”.
La valutazione di questa tipologia di clausole, nell’ambito dei contratti di mediazione creditizia, al di là dei casi esaminati dalla Commissione, va svolta con particolare rigore nei casi in cui sia presente una clausola di esclusiva, per i motivi già evidenziati nel paragrafo pr ecedente. In mancanza della esclusiva –
sia essa espressa o implicit a, come poc’anzi chiarito – la valutazione di questa tipologia di clausole può invece sv olgersi secondo gli ordinari canoni interpretativi dell’art. 33 cod. cons..
4. Diritto di recesso.
I contratti esaminati presentano quasi sempre clausole aventi ad oggetto il recesso del Cliente, assai confuse e non sempre tecnicamente corrette.
Si esclude in questa sede, in quan to non attinente la valutazione di vessatorietà”, la eventuale presenza di clausole espressamente contrarie al diritto di recesso spettante ex lege al consumatore qualora il contratto sia concluso fuori dai locali commerciali del pr ofessionista, ai sensi degli artt. 64 ss. cod. cons. Non mancano tuttavia motivi pe r suggerire un attento vaglio critico dei testi contrattuali sotto questo profilo.
Al di là di tale aspetto, sono frequenti le clausole che negano espressamente la facoltà di recedere in capo al Cliente, o che comunque prevedono l’obbligo di pagamento di una somma qualora il recesso sia comunque esercitato. Da parte del professionista il recesso è talvolta escluso o semplicemente non è previsto.
L’esame delle clausole ora descritte va tenuto distinto da quelle che – non sempre in modo cristallino – prevedono l’obbligo per il Cliente di pagamento di una somma, variamente qualificata, in caso di rifiuto di concludere il contratto di finanziamento “procurato” dal mediator e. La vessatorietà di queste ultime, infatti, è stata svolta unitamente alle clausole di esclusiva, nel precedente par. 2.
La previsione di un obbligo di pagamento di una somma di denaro, quale “corrispettivo” della facoltà di esercitare il recesso – con natura analoga alla caparra penitenziale – ovvero quale “risarcimento” del danno cagionato al mediatore per non aver tenuto fermo un impegno assunto con la pattuizione della durata del contratto – e pertanto con natura di penale – non rappresenta di per sé una clausola vessatoria ai sensi dell’art. 33 cod. cons. , né alla luce del
comma 1 (squilibrio contrattuale), né ne ll’ambito del comma 2 (presunzioni della c.d. “lista grigia”). Ciò vale di norma, qualora la durata dell’impegno contrattuale del Cliente e l’ammontare de lla “penale” non siano eccessivi (su quest’ultimo aspetto si tornerà in seguito).
5. Trasparenza.
Pur essendo un tema estraneo alla valutazione di vessatorietà delle clausole contrattuali, si segnala che al cuni contratti sono completi di fogli informativi relativi alle informazion i generali in ordine alla figura del mediatore creditizio, nonché dotati di una apposita leggenda esplicativa e dell’elenco delle principali norme di tras parenza. Altri contratti sono invece in parte o del tutto sprovvisti di adeguato materiale informativo.
Si tratta di un adempimento comunq ue significativo, in considerazione del fatto che il cliente ha diritto di prendere visione delle principali norme di trasparenza, nonchè del foglio inform ativo contenente le informazioni sul mediatore creditizio, sulle caratteristiche e sui rischi tipici del servizio, sulle condizioni economiche e sulle principali clausole contrattuali. Prima della conclusione del contratto, inoltre, il cliente ha diritto di ottenere su sua richiesta copia completa del contratto medesimo, idonea per la stipula, comprensiva del documento di sintesi, riepilogativo delle principali condizioni.
6. Obblighi informativi del cliente.
Nel corso delle audizioni delle associ azioni di consumatori, sono state sovente sollevate critiche o perplessità circa le clausole che prevedono il generale e / o generico obbligo del Client e di fornire informazioni veritiere e complete in merito alla propria situ azione personale e patrimoniale, facendo derivare conseguenze onerose per il Cliente stesso in caso di mancato rispetto di tale obbligo (conseguenze qualificabili per lo più, al di là della terminologia
presente nei formulari, come risoluzi one per inadempimento con penale a carico del Cliente).
Ferma restando la necessità di una valutazione, nel caso concreto, della non eccessività della penale pattuita, si ritiene che siffatte clausole non siano vessatorie ai sensi dell’art. 33 cod. cons. . Esse infatti non rientrano ad avviso della Commissione in alcuna delle fattispec ie di cui al comma 2, né comportano uno squilibrio dei diritti ed obblighi de lle parti. Ciò in quanto il mediatore creditizio deve essere in grado di fare affidamento sulla rappresentazione fornita dal Cliente circa la sua situazion e personale e patrimoniale, dalla quale dipende il “merito creditizio” che il medi atore deve a sua volta rappresentare all’intermediario finanziario cui chiedere il finanziamento per conto del Cliente. E’ inoltre fatta salva una diversa valutazione – alla stregua del comma 1 –
nei casi in cui l’obbligo sia accompagnato da una clausola risolutiva espressa particolarmente penalizzante per il Client e, che sia tale da impedirgli di far valere la “non gravità” del proprio inadempimento (cfr. infra, par. 10).
7. Costi di istruttoria
Con riferimento a quasi tutti i contra tti è stata sollevata in sede di audizione delle associazioni dei consumator i una problematicità circa gli aspetti economici dei contratti con particolare ri guardo al problema costi e spese e loro collegamenti alle penali contrattuali.
La Commissione non è certo chiamata a giudicare le scelte economiche dei mediatori creditizi; ciò che può, inve ce, essere valutato è da un lato la trasparenza delle clausole inerenti le sp ese ed i compensi e ciò ai sensi dell’art. 16 della L. 108 / 1996, dall’altro la loro even tuale vessatorietà ai sensi dell’art. 33 cod. cons.
Sotto il primo profilo sono state individuate, nello stesso contesto contrattuale, richieste oltr e che di provvigioni, di spese relative all’istruttoria, di spese documentate, di spese per servizi opzionali, nonché di ulteriori spese richieste per il completamento della pratica dalla società finanziatrice.
In alcuni contratti il costo dell’istruttoria è predeterminato ed il mediatore è addirittura esonerato dall’obbligo del rendiconto
Posto che il riferimento normativo in tema di rimborso spese è l’art. 1756
c.c. che attribuisce al mediatore, salvo patto contrario o usi contrari, il diritto al rimborso delle spese anche qualora l’affare non sia stato concluso, ai fini della trasparenza sembra però necessario far capire al cliente quantomeno la distinzione fra spese di istruttoria, spese documentate ed ulteriori spese al fine di evitare duplicazioni.
Sotto il secondo profilo si è rilevato che in quasi tutte le previsioni contrattuali dette spese sono inoltre poste a carico del cliente a titolo di penale anche tutte le volte che il contratto non va a buon fine indipendentemente da una colpa del cliente, con criteri di determinazione del quantum incerti od eccessivi, come si vedrà infra.
8. Esonero da responsabilità
In vari modelli contrattuali esamin ati è previsto che il mediatore creditizio non potrà essere ritenuto in alcun modo responsabile dell’operato delle banche e degli intermediari finanziari, anche in caso di mancata concessione del finanziamento richiesto. A detta clausola si accompagna normalmente anche l’altra secondo cui il cliente prende atto che nel caso di mancata erogazione del finanziamento da parte di banche ed intermediari finanziari il mediatore creditizio non sarà tenuto a comunicarne il motivo.
Dal combinato disposto di queste clau sole risulta una forte limitazione di responsabilità del mediatore creditizio che appare eccessiva. La mancata erogazione del finanziamento potrebbe, infatti, essere causata anche da un difetto nell’operato del mediatore, co me una mancata documentazione od una valutazione errata sui presupposti della richiesta. Sembra pertanto che nella fattispecie possano ravvisarsi aspetti di vessatorietà vuoi sotto il profilo di una limitazione della facoltà di porre eccezion i, vuoi sotto il profilo dell’eccezione di inadempimento da parte del cons umatore ai sensi dell’art. 33, comma 2,
lettere t), r) cod. cons. Il cliente si potr ebbe, infatti, trovare esposto alla richiesta di rimborsi o di compensi secondo quan to previsto nella parte economica del contratto senza poter valutare le ca use del mancato accoglimento della domanda di finanziamento.
Da un altro punto di vista la pr evisione secondo cui il mediatore creditizio non è in alcun modo tenuto a comunicare al cliente i motivi della mancata concessione del finanziamento an che quando ne sia in possesso pare non in linea con la previsione di cui all’art. 33 comma 1, cod. cons.
9. Penale
Ai sensi dell’art. 33, comma 2, lettera f) cod. cons. sono vessatorie le clausole che impongono al consumatore in caso di inadempimento o di ritardo di inadempimento, il pagamento di una somma di danaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo.
Nei vari modelli analizzati sono presenti clausole che non solo prevedono l’applicazione di una penale a carico del consumatore qualora lo stesso fornisca notizie o documentazione non corrispondenti al vero o nel caso abbia assunto un comportamento di non collaborazione all’espletamento dell’incarico di mediazione, ma anche la possibilità di porre a carico del cliente penali in ipotesi non riconducibili a fattispecie di inadempimento.
L’art. 1382 c.c. richiede, viceversa, che la fattispecie “penale” sia inquadrata nell’ambito di un inadempi mento in presenza del quale scatta l’obbligo di pagamento; inoltre occorre sempre valutare quali sono gli elementi che rendono rilevante l’inadempimento.
La genericità delle clausole risco ntrate non consente perlopiù di effettuare tali valutazioni.
In altri casi si parla di penali in caso di rinunzia al finanziamento da parte del cliente senza aggiungere alcuna sp ecificazione. Tenuto presente che le condizioni di finanziamento sono soggette fisiologicamente a variazioni anche rilevanti sul piano economicofinanziario per il cliente ci possono essere soglie al
di sopra o al di sotto delle quali le condizioni economiche successivamente intervenute giustificano il rifiuto del cliente di accettare il finanziamento originariamente richiesto o prospettatogli.
Deve poi essere effettuato un contro llo circa l’eccessività dell’ammontare della penale che non potrà certo essere p ari a l’intero compenso od a tutte le tipologie di rimborsi previsti nei contratti.
In alcuni modelli si è riscontrata altres ì la presenza di una clausola in base alla quale la penale sarà dovuta an che dopo la scadenza dell’incarico senza che ci sia alcun limite di tempo a tale previsione. Una clausola siffatta può essere valutata in contrasto con l’art. 33, comma 2, lettera t) cod. cons. in quanto limitativa della libertà contrattuale del cliente.
10. Clausola di risoluzione automatica
In uno dei contratti esaminati è pres ente una clausola di risoluzione automatica del contratto nell’ipotesi in cui il cliente non completi la raccolta di tutta la documentazione che il mandatario riterrà necessaria nel termine indicato dal mandatario stesso. Xxxxxxx detto termine il contratto si intenderà automaticamente risolto per disinteresse e colpa del mandante. A tale risoluzione è poi collegato l’obbligo di pagamento di una penale predeterminata.
Ciò induce a ravvisare un signific ativo squilibrio ai sensi dell’art. 33 comma 1, cod. cons. e la possibile integ razione della previsione di cui all’art. 33 comma 2, lettere b) e t) in quanto il ve rificarsi di una situazione che determina, in forza di una apposita clausola, la ri soluzione del contratto, non consente al cliente di far valere l’eventuale no n gravità del suo inadempimento, con l’aggravante di una imposizione di una penale automaticamente predeterminata.
11. Tassi di interesse
In uno dei contratti esaminati è prev ista la possibilità per il mediatore creditizio di reperire finanziamenti aven ti un tasso di interesse entro un limite massimo che è superiore alla soglia dell’usura. Il contratto è quindi in realtà strutturato come se non ci fosse nessun lim ite, tranne quello di legge, alla determinazione dei tassi di finanziament o senza che il cliente possa eccepire alcunché. Con ciò la posizione del cliente diventa assolutamente debole e rimessa al comportamento discrezionale del mandatario. Viene meno uno degli elementi fondamentali per la valutazione da parte del cliente della convenienza dell’operazione in base ai presupposti in iziali e la sua possibilità di rinunziare all’operazione quando il finanziamento g li sia offerto a tassi più elevati di quelli di mercato. Questa clausola pu ò considerarsi non conforme a quanto previsto dall’art. 33 comma 2, lettera d) cod. cons.
12. Foro competente e domicilio eletto
In merito al foro competente in caso di controversie tra professionista e consumatore è noto che l’art. 33, comma 2, lettera u) cod. cons. prevede un foro esclusivo speciale (quello delle resi denza o del domicilio elettivo del consumatore) che non può essere de rogato nemmeno da clausole che stabiliscono un foro coincidente con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 cpc., se diversi da quello del consumatore.
Si è rilevato che in alcuni contratti il foro è ancora predeterminato in modo non conforme al dettato legislativ o o mediante una scelta precostituita di un foro che non è quello di residenza del cliente, o tramite una elezione di domicilio presso lo stesso mediatore creditizio.
In altri casi le clausole in argomen to lasciano indeterminata l’indicazione del foro competente o fanno riferimento a lla possibilità di una trattativa privata.
Detta specificazione appare un po’ st rana all’interno di un formulario che fa presumere che una trattativa non vi sia in realtà mai stata. L’osservazione, formulata in sede di audizione delle associazioni dei mediatori creditizi,
secondo la quale con tale xxxxxxxx si vo leva preservare la possibilità di deroga alla norma quando il cliente sia esso stesso una persona giuridica non pare persuasiva perché tale alternativa non è formulata in modo trasparente. Manca, infatti, il chiarimento che quando si fa riferimento alla trattativa privata c’è diversificazione tra consumatore e persona giuridica.
Sotto questo profilo pare apprezzabile la modifica apportata al proprio modello successivamente all’audizione da Aicomec che in tema di foro competente ha introdotto la specificazione: ( indicare il foro di residenza del cliente se persona fisica).
Tutto ciò premesso, si invitano le società e le Associazioni di categoria, oggetto della presente indagine, a modificare i propri modelli contrattuali in conformità al parere espresso dalle Camere di Commercio di Milano e Monza e Brianza e a darne riscontro al Servizio Armonizzazione del Mercato.
Milano, 28 maggio 2010
Il Segretario Generale
della
Camera di Commercio di Milano (Xxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx)
Monza, 28 maggio 2010
Il Segretario Generale della
Camera di Commercio di Monza e Xxxxxxx (Xxxxxx Xxxxxxxx)