MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO
MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO
EX D.LGS. 231/2001
Revisione n. 3 dd. 07.01.2016
Indice
2.1. CAPITOLO 1 - DESCRIZIONE DEL QUADRO NORMATIVO 5
2.1.1. Responsabilità delle Società 5
2.1.2. Esclusione della responsabilità 5
2.1.3. Autori del reato: soggetti in posizione apicale e soggetti sottoposti all’altrui direzione 6
2.1.5. Apparato sanzionatorio 7
2.1.6. Reati commessi all’estero 8
2.1.7. Modelli di organizzazione, gestione e controllo 8
2.1.8. Codici di comportamento predisposti dalle associazioni rappresentative degli enti 9
2.2. CAPITOLO 2 – DESCRIZIONE DELLA SOCIETA’ 10
2.2.1. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx xxx Xxxxxx X.x.X. 00
2.2.2. Modello di governance 12
2.2.3. Assetto organizzativo e assegnazione dei poteri 12
2.2.4. L’articolazione della Società 13
2.3. CAPITOLO 3 - METODOLOGIA SEGUITA PER LA PREDISPOSIZIONE DEL MODELLO 14
2.3.1.1. Pianificazione e avvio del progetto 15
2.3.1.2. Elaborazione della documentazione 16
2.3.2. Il Modello di organizzazione, gestione e controllo 16
2.4. CAPITOLO 4 - L’ORGANISMO DI VIGILANZA 17
2.4.1. L’Organismo di Vigilanza di Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx xxx Xxxxxx X.x.X 00
2.4.1.1. Principi generali in tema di istituzione, nomina, sostituzione e funzionamento dell’Organismo di Vigilanza 19
2.4.2. Funzioni e poteri dell’Organismo di Vigilanza 22
2.4.3. Obblighi di informazione nei confronti dell’Organismo di Vigilanza – Flussi informativi 24
2.4.3.2. Obblighi specifici 25
2.4.4. Reporting dell’Organismo di Xxxxxxxxx verso gli organi societari 26
2.4.5. Raccolta e conservazione delle informazioni 26
2.5. CAPITOLO 5 - SISTEMA DISCIPLINARE 27
2.5.1. Funzione del sistema disciplinare 27
2.5.2. Misure nei confronti di impiegati 27
2.5.2.1. Violazioni del Modello e relative sanzioni applicabili agli impiegati 28
2.5.3. Misure nei confronti dei dirigenti 30
2.5.4. Misure nei confronti dei membri del Consiglio di Amministrazione 30
2.5.5. Misure nei confronti dei membri del Collegio Sindacale 30
2.5.6. Misure nei confronti di consulenti e altri collaboratori 30
2.6. CAPITOLO 6 - PIANO DI FORMAZIONE E COMUNICAZIONE 31
2.7. CAPITOLO 7 - ADOZIONE DEL MODELLO – CRITERI DI AGGIORNAMENTO E ADEGUAMENTO DEL MODELLO 33
2.7.1. Adozione del Modello 33
2.7.2. Aggiornamento ed adeguamento 33
3.2. REATI PREVISTI DAL D.lgs 231/01 APPLICABILI A XXXXXXXXXX XXXXXXXXXX XXX XXXXXX XXX 00
3.2.1. Reati di malversazione e truffa 37
3.2.2. Reati di concussione e corruzione 37
3.2.3. Reati con finalità di terrorismo ed eversione dall’ordine democratico 40
3.2.5. Reati commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro 43
3.2.6. Delitti contro il patrimonio mediante frode 43
3.2.7. Reati di natura ambientale… 46
3.3. LE ATTIVITA’ SENSIBILI AI FINI DEL D.lgs. 231/2001 57
4.2. La Mappatura dei rischi/reati 60
1 PREFAZIONE
L’Interporto Cervignano del Friuli fu inserito nel Piano Regionale Integrato dei Trasporti della Re- gione Autonoma Friuli-Venezia Giulia (di seguito “la Regione”), nel 1988 quale unico interporto della Regione ed è inserito nel Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, definendo così il suo ruolo nell’ambito del sistema nazionale e regionale dei trasporti.
A seguito dello studio di fattibilità tecnico economica conclusosi nel 1990, la Regione ha dato av- vio alla fase di realizzazione della struttura, promuovendo la costituzione e la propria partecipa- zione al capitale sociale della Società per Azioni, a maggioranza pubblica, per la progettazione, la realizzazione e la gestione dell’interporto, secondo la previsione della Legge Regionale n°25 dell’11 giugno 1990.
L’Interporto Cervignano del Friuli è attivo dal 1998.
Interporto Cervignano del Friuli S.p.A., nell’obiettivo di creazione e mantenimento di un sistema di governance aderente ad elevati standard etici e, nel contempo, alla costante diffusione della cultura del controllo quale base di un’efficace gestione dell’attività aziendale, ha deciso di dotarsi di un Modello di Organizzazione per diffondere una maggiore sensibilizzazione verso comportamenti corretti, responsabili e consapevoli, atti ad evitare o a diminuire sensibilmente il rischio di incorrere in reati previsti dal Decreto 231/2001.
Sulla scorta delle indicazioni che derivano dalla giurisprudenza sino ad ora formatasi sul d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, che richiede che il Modello scaturisca anche da una visione organizzativa dei fenomeni aziendali e non esclusivamente giuridico formale, la Società ha posto in essere e con- cluso il progetto di attuazione di un Modello che potesse esplicare la propria funzionalità in modo efficiente ed efficace. Il Modello è stato approvato dal Consiglio di Amministrazione della Società in data 18.01.2012, con revisione del 24.06.2015 e con ulteriore revisione il 29.01.2016.
La volontà di adesione ai principi sottesi dal D.lgs. 231/01, di cui il presente Modello è esplicita conseguenza, trova anche espressione nel Codice Etico della Società che si riporta in allegato.
2 PARTE GENERALE
2.1. CAPITOLO 1 - DESCRIZIONE DEL QUADRO NORMATIVO
2.1.1. Responsabilità delle Società
Con il d.lgs. 231/2001 è stata introdotta nel sistema normativo italiano la disciplina della “respon- sabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”.
In particolare, tale disciplina si applica agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e asso- ciazioni anche prive di personalità giuridica.
Secondo la disciplina introdotta dal d.lgs. 231/2001, infatti, le società possono essere ritenute “responsabili” per alcuni reati commessi nell’interesse o a vantaggio delle società stesse, da esponenti dei vertici aziendali e anche da coloro che sono sottoposti alla direzione di questi ultimi.
La responsabilità amministrativa delle società è autonoma rispetto alla responsabilità penale
della persona fisica che ha commesso il reato e si affianca a quest’ultima.
Tale ampliamento di responsabilità mira sostanzialmente a coinvolgere nella punizione di determinati reati il patrimonio delle società e quindi gli interessi economici dei soci, i quali, fino all’entrata in vigore del decreto in esame, non pativano conseguenze dirette dalla realizzazione di reati commessi, nell’interesse o a vantaggio della propria società, da amministratori e/o dipendenti.
Il d.lgs. 231/2001 innova l’ordinamento giuridico italiano in quanto alle società sono ora applicabili, in via diretta ed autonoma, sanzioni di natura sia pecuniaria sia interdittiva in relazione a reati ascritti a soggetti funzionalmente legati alla società.
2.1.2. Esclusione della responsabilità
La responsabilità amministrativa della società è, tuttavia, esclusa se la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione dei reati, Modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Si ha esclusione della responsabilità ove le predette condizioni ricorrano, nel loro complesso, al momento della commissione del reato o illecito; tuttavia anche l’adozione e l’attuazione del “Modello” avvenute in un momento successivo alla commissione del reato o illecito svolgono comunque effetti positivi in ordine alle sanzioni irrogabili all’ente (artt. 12, comma 3, 17, comma 1, lett. c), e 18, comma 1, del d.lgs. 231/2001).
Lo stesso d.lgs. 231/2001 prevede che tali Modelli possano essere adottati sulla base di codici di comportamento (linee guida) elaborati dalle associazioni di categoria e comunicati al Ministero della Giustizia.
I Modelli organizzativi hanno pertanto una duplice funzione: in primo luogo una funzione di prevenzione, in quanto la commissione dei reati risulta più difficile dopo l’introduzione delle specifiche cautele procedurali e di controllo previste dai Modelli; in secondo luogo, nel caso in cui dovessero comunque verificarsi le fattispecie delittuose (ipotesi che non si può evidentemente escludere), evitare che le conseguenze di questi comportamenti possano ricadere sulla Società. La ratio della norma presuppone che i comportamenti individuali abbiano fraudolentemente eluso le procedure aziendali e che, pertanto, si possa operare una netta distinzione tra la volontà della società (manifestata dalle sue procedure e dal Modello organizzativo) e la volontà dei singoli soggetti.
La responsabilità amministrativa della società è, in ogni caso, esclusa se i soggetti apicali e/o i loro sottoposti hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.
2.1.3. Autori del reato: soggetti in posizione apicale e soggetti sottoposti all’altrui direzione
Come sopra anticipato, la società è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
– da “persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente stes- so” (soggetti “apicali”);
– da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti apicali.
La distinzione tra “volontà della Società” e “volontà dei singoli soggetti” è più facilmente ipo- tizzabile (e dimostrabile) per reati ascrivibili a soggetti sottoposti e dotati di minori poteri e re- sponsabilità rispetto ai soggetti apicali; per questi ultimi è implicita una situazione di maggiore coincidenza tra volontà del soggetto e volontà della società. A tale riguardo, la norma prevede una differenza nell’onere della prova, a seconda che il reato sia stato commesso da un soggetto apica- le o da un soggetto sottoposto1.
1 Nel caso in cui il reato è stato commesso da un soggetto apicale è a carico della Società dimostrare l’applicabilità della condizione esimente; nel caso di reato commesso da un soggetto sottoposto, l’applicabilità della condizione esimente viene presupposta sulla base dell’esistenza del Modello, la cui inef- ficacia deve essere provata da parte dell’accusa.
2.1.4. Fattispecie di reato
L’ente può essere ritenuto responsabile soltanto per i reati espressamente richiamati dal d.lgs. 231/2001, se commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai soggetti qualificati ex art. 5, comma 1, del decreto stesso.
Le fattispecie di reato possono essere comprese, per comodità espositiva, nelle seguenti catego- rie:
– delitti contro la Pubblica Amministrazione, (quali corruzione, malversazione ai danni dello Stato, truffa ai danni dello Stato e frode informatica ai danni dello Stato);
– delitti contro la fede pubblica (quali falsità in monete, carte di pubblico credito e valori di bollo);
– reati societari (quali false comunicazioni sociali, illecita influenza sull’assemblea);
– delitti in materia di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico;
– delitti contro la personalità individuale (quali prostituzione minorile, pornografia minorile, tratta di persone e riduzione e mantenimento in schiavitù);
– delitti di abuso di mercato (“market abuse”), relativi alla manipolazione dei mercati finan- ziari o all’uso improprio di informazioni privilegiate;
– attività di criminalità organizzata a livello transnazionale, comprendente l’associazione a delinquere e quella finalizzata ad attività illegali (stupefacenti, ecc.), il riciclaggio ed i reati di intralcio alla giustizia (favoreggiamento, ecc.).
– reati commessi per violazione delle norme antinfortunistiche sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (D.lgs.n°81/08);
– delitti contro il patrimonio mediante frode: riciclaggio, ricettazione, impiego di denaro di provenienza illecita (D.lgs 231/07)
– reati informatici (L.48/08)
– reati ambientali
– impiego di cittadini di Paese Terzi il cui soggiorno è irregolare
Le categorie sopra elencate potranno essere incrementate da ulteriori fattispecie meritevoli di tute- la, attraverso specifiche previsioni normative.
2.1.5. Apparato sanzionatorio
Sono previste dal d.lgs. 231/2001 a carico della società in conseguenza della commissione o ten- tata commissione dei reati sopra menzionati:
– sanzione pecuniaria fino a un massimo di Euro 1.549.370,69;
– sanzioni interdittive che, a loro volta, possono consistere in:
interdizione dall’esercizio dell’attività;
sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla com- missione dell’illecito;
divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione;
esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli concessi;
divieto di pubblicizzare beni o servizi;
– confisca (e sequestro preventivo in sede cautelare);
– pubblicazione della sentenza (in caso di applicazione di una sanzione interdittiva).
Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai soli reati per i quali siano espressamente previste2 e purché ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
a) la società ha tratto dalla consumazione del reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui dire- zione quando, in tale ultimo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;
b) in caso di reiterazione degli illeciti.
Le sanzioni dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione e del divieto di pubblicizzare beni o servizi possono essere applicate - nei casi più gravi - in via definitiva.
2.1.6. Reati commessi all’estero
L’ente può essere chiamato a rispondere in Italia in relazione a reati commessi all’Estero, anche al fine di evitare facili elusioni dell’intero impianto normativo.
I presupposti su cui si fonda la responsabilità dell’ente per reati commessi all’Estero sono:
(i) il reato deve essere commesso all’estero da un soggetto funzionalmente legato all’ente;
(ii) l’ente deve avere la propria sede principale nel territorio dello Stato italiano;
(iii) l’ente può rispondere solo nei casi e alle condizioni previste dalla normativa;
(iv) lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto non procede in autonomia a perseguire il reato.
2.1.7. Modelli di organizzazione, gestione e controllo
In caso di reato, la società non risponde se può dimostrare che:
a) l’organo dirigente della Società ha adottato ed efficacemente attuato un Modello di orga- nizzazione e di gestione idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
2 Si tratta in particolare di: reati contro la Pubblica Amministrazione, taluni reati contro la fede pubblica quali la falsità in monete, delitti in materia di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, nonché dei delitti contro la personalità individuale. Sono previste inoltre sanzioni interdittive per i delitti contro il patrimonio mediante frode, reati informatici e reati commessi in violazione della normativa sulla sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello, nonché di curarne l’aggiornamento, è stato affidato a uno specifico Organismo di Vigilanza, dotato di auto- nomi poteri di iniziativa e controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente il Modello di organizza- zione e gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’Organismo di Xxxxxxxxx.
La normativa definisce, inoltre, i requisiti dell’efficace attuazione del Modello:
– la verifica periodica e l’eventuale modifica quando sono scoperte significative violazio- ni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione e nell’attività;
– un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
Il d.lgs. 231/2001 delinea il contenuto dei modelli di organizzazione e di gestione prevedendo che gli stessi, in relazione all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, devono:
– individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
– prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni della società in relazione ai reati da prevenire;
– individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commis- sione dei reati;
– prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;
– introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
2.1.8. Codici di comportamento predisposti dalle associazioni rappresentative degli enti
Confindustria ha definito le Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo (di seguito, “Linee guida di Confindustria”).
In particolare, le Linee guida di Confindustria suggeriscono di utilizzare i processi di risk assess- ment e risk management e prevedono le seguenti fasi per la definizione del modello:
– identificazione dei rischi e dei protocolli;
– adozione di alcuni strumenti generali tra cui i principali sono un codice etico con riferimen- to ai reati ex d.lgs. 231/2001 e un sistema disciplinare;
– individuazione dei criteri per la scelta dell’organismo di vigilanza, indicazione dei suoi re- quisiti, compiti e poteri e degli obblighi di informazione.
Il Modello di organizzazione gestione e controllo di Interporto Cervignano del Friuli è stato redatto sulla base delle Linee guida di Confindustria, in considerazione del loro carattere di ampia rappresentatività, e delle linee guida UNI-INAIL relativamente alle misure di sicurezza sul lavoro.
2.2. CAPITOLO 2 – DESCRIZIONE DELLA SOCIETA’
2.2.1. Interporto Cervignano del Friuli S.p.A.
La Società “Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli”, successivamente denominata “Interpor- to Cervignano del Friuli”, è stata costituita nel 1991 a seguito di Legge Regionale 22/87 della Re- gione Friuli Venezia Giulia con lo scopo di progettare, realizzare e gestire l’interporto di Cervigna- no del Friuli.
Gli azionisti
Interporto Cervignano del Friuli S.p.A. (di seguito “Interporto”), era inizialmente posseduta con quota maggioritaria da Autovie Servizi, società di ingegneria e progettazione interamente con- trollata da Autovie Venete a sua volta facente capo alla Regione Friuli Venezia Giulia; dal me- se di ottobre 2007 è controllata da Friulia S.p.A. (81,63%); la restante parte del capitale socia- le è ripartito tra il Comune di Cervignano del Friuli (4,08%), Interporto di Trieste S.p.A.(2,05%), le rimanenti azioni sono state acquisite dalla Interporto (12,24%).
La concessione
Coerentemente con quanto disposto dalla normativa vigente (L.R. 22/87), la Regione ha stipulato una convenzione con Interporto per regolamentarne i compiti, le responsabilità e la durata della concessione; detta concessione prevede, a carico di Interporto le seguenti attività:
a) la predisposizione degli strumenti urbanistici e progettuali per la realizzazione delle opere previste nell’ambito dell’interporto;
b) la realizzazione di opere di urbanizzazione, di opere pubbliche e l’acquisizione dei terreni necessari alla realizzazione delle opere;
c) la gestione delle opere realizzate, sia in forma diretta che attraverso un soggetto terzo ge- store.
La Regione rimane estranea ai rapporti che il concessionario intrattiene con i soggetti terzi, ad ogni effetto di legge, fatti salvi i rapporti e gli indennizzi derivanti dalle procedure di esproprio.
La durata della concessione è correlata alla realizzazione delle opere; è prevista la cessazione al- la data del 31.12.2050 o in data precedente con il venir meno della finalità della stessa; quest’ultima può essere anche prorogata in caso di permanenza delle finalità oltre la data del 31.12.2050.
La Regione provvede all’approvazione degli strumenti urbanistici e progettuali nel rispetto della normativa in vigore ed esercita la sorveglianza sul regolare andamento della concessione, anche attraverso l’informativa che Interporto predispone a tal fine per la Regione stessa.
Sede legale e sede operativa
La sede legale ed operativa della società è a Cervignano.
La struttura interportuale
La struttura interportuale di Cervignano del Friuli, situata al centro di una zona che comprende i tre più importanti terminali portuali della Regione Friuli Venezia Giulia, Porto Nogaro, il porto di Monfalcone ed il porto di Trieste, ha una superficie operativa di 300.000 mq, è dotata di magazzi- ni, depositi, banchine, centri spedizione con un centro direzionale ed è adiacente ad uno scalo di smistamento ferroviario delle merci divenuto operativo nel corso del 1997. Sono altresì in previ- sione ed allo studio ulteriori ampliamenti della struttura per la fornitura di servizi logistici.
Il traffico, da e per Cervignano, si sviluppa seguendo diverse direttrici nazionali ed estere. Come anticipato in premessa, Interporto è stato costituito e svolge attività di :
1. progettazione, realizzazione e gestione dell’Interporto costituito da un’insieme di opere, in- frastrutture e impianti che consentono la ricezione, la custodia, la manipolazione e lo smi- stamento delle merci, ed attività di spedizione nazionale ed internazionale;
2. realizzazione delle opere di urbanizzazione e progettazione e costruzione delle infrastruttu- re ed impianti necessari all’attività di interscambio merci:
3. realizzazione di infrastrutture complementari di interesse per l’Interporto;
4. realizzazione e gestione di operazioni e interventi , mobiliari e immobiliari, beni e servizi, a favore di soggetti istituzionali, enti e consorzi, società pubbliche e private.
La gestione della struttura intermodale
Dal 1 febbraio 2011 la Società direttamente provvede alla gestione di tutta l’infrastruttura attraver- so l’utilizzo di proprio personale dando, ove necessario, in outsourcing servizi strumentali non strategici.
2.2.2. Modello di governance
Interporto è amministrato da un Amministratore Unico o da un Consiglio di Amministrazione composto da tre membri, dei quali uno è nominato da parte del Comune di Cervignano del Friuli, ai sensi dell’art. 2449 comma 1 codice civile.
L’assemblea dei soci nomina o l’Amministratore Unico o il Presidente ed i consiglieri che durano in carica tre esercizi e sono rieleggibili.
Ad oggi la società è amministrata da un Consiglio di Amministrazione composto da tre membri.
Al Consiglio di Amministrazione spettano i più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della Società; esso provvede a tutto quanto non sia per legge o per Statuto riservato all’Assemblea.
E’ necessaria tuttavia la preventiva autorizzazione dell’Assemblea ordinaria per la costituzione, con l’utilizzo delle risorse proprie della società, di uno o più patrimoni destinati ad uno specifico affare, ai sensi dell’articolo 2447 bis e seguenti del codice civile.
La società è sottoposta all’attività di direzione e coordinamento da parte della Capogruppo Friulia S.p.A..
Il Consiglio di Amministrazione può nominare:
- uno o più Amministratori Delegati con poteri disgiunti o congiunti, stabilendo i limiti della delega;
- il Direttore Generale determinandone le attribuzioni.
Attualmente il vertice della Società è costituito, oltre al Presidente, dal Direttore.
La firma e la rappresentanza sociale di fronte a terzi ed in giudizio, spetta al Presidente. Il Consiglio di Amministrazione ha la facoltà di attribuire la firma e la rappresentanza sociale di fronte a terzi ed in giudizio anche ad uno o più Amministratori Delegati, al Direttore Generale, a Dirigenti, a Procuratori ed anche a terzi.
Il Collegio Sindacale è costituito da tre sindaci effettivi e due supplenti. Il Collegio Sindacale è preposto, al controllo di legittimità degli atti ed alla verifica dell’efficacia del sistema di controllo in- terno e della struttura organizzativa, secondo quanto previsto dal Codice Civile.
La revisione contabile volontaria è esercitata dalla società di Revisione nominata dall’assemblea.
2.2.3. Assetto organizzativo e assegnazione dei poteri
Interporto ha una struttura organizzativa snella orientata a coprire le aree strategiche ed operative.
In particolare la struttura della Società è costituita dal Presidente, dal Direttore e da una Unità amministrativa, un responsabile del Piazzale e dall’unità movimentazione composta da 7 dipendenti. La Società ha affidato in service le funzioni di amministrazione e bilancio, risorse umane, tesoreria, nonché la gestione degli adempimenti connessi alla tutela della sicurezza e dell’igiene sul lavoro (RSPP) ed ambiente.
L’attribuzione dei poteri di impegno e spesa è attuata attraverso procure speciali deliberate dal Consiglio di Amministrazione; i poteri di impegnare la Società richiedono la firma singola, secon- do le deleghe approvate dal Consiglio di Amministrazione e fatte salve le operazioni riservate al Consiglio dal Codice Civile e dalle delibere.
2.2.4. L’articolazione della Società
Le attività svolte internamente
Interporto gestisce internamente le attività di:
• Segreteria generale e societaria
• Pagamento di stipendi e fornitori
• Rendicontazione alla Regione
• Acquisti
• Gestione delle Gare
• Acquisizione di contributi
• Gestione magazzini e palazzina direzionale
• Gestione e movimentazione del piazzale.
La gestione delle gare è curata dal personale interno, che assume il ruolo di RUP (Responsabile Unico di Procedura), con la collaborazione di consulenti tecnici e legali esterni.
Le attività esternalizzate
Sono affidate in outsourcing ad Autovie Venete S.p.A. con apposita convenzione, le seguenti atti- vità:
Contabilità generale, adempimenti Iva, imposte sui redditi e ritenute su lavoro autonomo:
Aggiornamento della contabilità generale
Liquidazione periodica Iva
Conteggio delle somme dovute quale sostituto di imposta a fronte di redditi per la- voro autonomo
Assistenza al Direttore nella redazione della bozza del bilancio di esercizio
Assistenza nell’elaborazione delle parti contabili delle rendicontazioni inerenti i con- tributi ricevuti da Interporto per la costruzione dell’infrastruttura
Predisposizione delle dichiarazioni annuali relative ad Iva ed imposte sui redditi e conteggio degli importi dovuti
Adempimenti relativi all’imposta comunale sugli immobili:
Calcolo degli importi dovuti alle scadenze di legge
Predisposizione delle dichiarazioni e di ogni altro adempimento periodico previsto dalla normativa
Gestione amministrativa del personale dipendente:
Sviluppo ed elaborazione delle buste paga
Predisposizione di tutte le obbligazioni mensili e periodiche inerenti la gestione stessa
Predisposizione prospetti mensili ferie, TFR, accantonamenti e costi
Funzioni di RSPP ed attività connesse
L’attività di gestione della tesoreria è affidata in outsourcing a Friulia S.p.A. con apposita conven- zione
Gestione ambientale
La materia è trattata nei protocolli 8 e 9.
2.3. CAPITOLO 3 - METODOLOGIA SEGUITA PER LA PREDISPOSIZIONE DEL MODELLO
2.3.1. Premessa
Il Modello organizzativo, è stato predisposto tenendo conto delle tipologie di reato attualmente contemplate dal D.lgs.231/01.
La Metodologia seguita nella predisposizione del Modello tiene conto della giurisprudenza sino ad ora formatasi sul D.lgs. 231/01, che richiede di individuare le “aree sensibili” o “a rischio” - cioè quei processi e quelle attività aziendali in cui potrebbe determinarsi il rischio di commissione di uno dei reati espressamente richiamati - tramite una visione organizzativa e di controllo dei feno- meni aziendali, non limitandosi quindi ad un’analisi giuridica e formale.
In tale ottica la società ha posto in essere e concluso un programma di attività (di seguito proget- to) volto alla definizione e redazione di un Modello di organizzazione gestione e controllo che, ba- sandosi sulla realtà operativa aziendale e sulle concrete modalità di commissione dei reati, potes- se esplicitare la propria funzionalità in modo efficiente ed efficace.
Le attività di progetto sono state svolte da un team di lavoro composto da esponenti aziendali e consulenti esterni, sotto la supervisione del Direttore di Interporto.
Si riportano di seguito le fasi di realizzazione del progetto:
Fasi | Attività |
Fase 1 | Pianificazione e avvio del progetto Esame della struttura organizzativa e di controllo e Identificazione preliminare delle aree di rischio: Esame delle deleghe, dei poteri, verifica dell’esistenza di controlli di linea adeguati e di controlli sugli outsourcers; Individuazione dei processi e delle attività nel cui ambito possono astrattamente essere commessi i reati ed individuazione delle persone che, in base alle funzioni e responsabilità, hanno una conoscenza approfondita delle attività sensibili e dei controlli; Predisposizione di una matrice: Organizzazione matriciale delle informazioni per associare le attività aziendali, le ipotesi di reato connesse e le unità organizzative incaricate; Organizzazione delle interviste: Organizzazione di interviste con il Direttore e con gli outsourcers. |
Fase 2 | Elaborazione della documentazione Predisposizione dei documenti che descrivono il Modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. 231/2001 articolato in tutte le sue componenti, coerente con le linee guida e con le pronunce giurisprudenziali in materia. In particolare: Modello organizzativo; Protocolli, dedicati alle singole attività sensibili identificate; Codice Etico. |
Fase 3 | Approvazione della documentazione Esame e validazione da parte della Direzione Generale della Società; Delibere di Consiglio; Rendicontazione in Assemblea. |
2.3.1.1. Pianificazione e avvio del progetto
È stata preliminarmente effettuata l’analisi del quadro di controllo della Società, allo scopo di veri- ficare la coerenza dei principali elementi organizzativi.
Questa analisi ha compreso l’esame di quanto nel seguito descritto:
1. le attività, i ruoli e le responsabilità;
2. le modalità di attribuzione di xxxxxxx e poteri;
3. la tracciabilità e la verifica del processo.
E’ stata effettuata l’analisi dell’operatività aziendale al fine di individuare le attività sensibili, all’interno delle quali sia possibile commettere i reati e le condotte concrete con cui, nel contesto aziendale, potrebbero realizzarsi le fattispecie delittuose.
Si è quindi proceduto ad intervistare i responsabili dei processi o attività sensibili, per la rac- colta di informazioni aggiornate sullo stato dei processi e dei controlli.
Le attività individuate come sensibili, i possibili reati e le modalità di commissione degli stessi sono stati quindi associati alle funzioni aziendali preposte in una Matrice, che costituisce il presupposto di base della costruzione del Modello e la realizzazione di quanto indicato dalla normativa (art. 6 del Dlgs 231/01) e dalle linee guida di riferimento.
2.3.1.2. Elaborazione della documentazione
E’ stata messa a punto la documentazione che illustra il modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/01 di Interporto, articolato in tutte le sue componenti, secondo le disposi- zioni del Decreto e le indicazioni fornite dalle associazioni di categoria.
2.3.2. Il Modello di organizzazione, gestione e controllo
Il X.Xxx. 231/01 attribuisce un valore discriminante all’adozione ed efficace attuazione di Modelli di organizzazione, gestione e controllo nella misura in cui questi ultimi risultino idonei a prevenire, con ragionevole certezza, la commissione, o la tentata commissione, dei reati richiamati dal decreto.
Interporto ha predisposto un Modello che, sulla scorta delle indicazioni fornite dai codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative di categoria e delle indicazioni derivanti dalle pronunce giurisprudenziali in materia3, tiene conto della propria realtà aziendale e della propria storia, in coerenza con il sistema di governance della Società.
Il Modello comprende infatti i seguenti elementi costitutivi:
– processo di individuazione delle attività aziendali nel cui ambito possono essere commessi i reati richiamati dal D.Lgs. 231/01;
– previsione di protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni della Società in relazione ai reati da prevenire, nell’ambito delle attività sensibili individuate;
– modalità di gestione delle risorse finanziarie;
– codice etico;
– organismo di vigilanza;
3 Ci si riferisce, in particolare, alle seguenti ordinanze: Tribunale di Milano, 27-28 aprile 2004, 28 ottobre 2004, 9 novembre 2004 e 25 gennaio 2005, Tribunale di Ivrea, 20 maggio 2005, Tribunale di Sciacca, 30
maggio 2005, Tribunale di Roma, 4 aprile 2003, Tribunale di Pordenone, 11 novembre 2002
– flussi informativi da e verso l’organismo di vigilanza e specifici obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di vigilanza;
– programma di verifiche periodiche sulle attività sensibili e sui relativi standard di controllo;
– sistema disciplinare atto a sanzionare la violazione delle disposizioni contenute nel Modello;
– piano di formazione e comunicazione al personale dipendente e ad altri soggetti che inte- ragiscono con la Società;
– criteri di aggiornamento e adeguamento del Modello.
2.4. CAPITOLO 4 - L’ORGANISMO DI VIGILANZA
2.4.1. L’Organismo di Vigilanza di Interporto Cervignano del Friuli S.p.A.
Come detto, in base alle previsioni del D.lgs. 231/2001, la Società può essere esonerata dalla responsabilità conseguente alla commissione di reati se i suoi organi dirigenti hanno, tra l’altro, affidato i compiti di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello e di curarne l’aggiornamento, ad un organismo dotato di autonomi poteri di controllo.
Le Linee guida di Confindustria individuano quali requisiti principali dell’Organismo di Vigilanza
l’autonomia e indipendenza, la professionalità e la continuità di azione.
In particolare, secondo Confindustria:
i requisiti di autonomia ed indipendenza richiedono l’inserimento dell’organismo di vigilanza “come unità di staff in una posizione gerarchica la più elevata possibile”, la previsione di un “riporto” dell’organismo di vigilanza al massimo vertice aziendale operativo, l’assenza, in capo all’organismo di vigilanza, di compiti operativi che – rendendolo partecipe di decisioni ed attività operative – ne metterebbero a repentaglio l’obiettività di giudizio;
il connotato della professionalità deve essere riferito al “bagaglio di strumenti e tecniche”4
necessarie per svolgere efficacemente l’attività di organismo di vigilanza;
4 “ Si tratta di tecniche specialistiche proprie di chi svolge attività “ispettiva”, ma anche consulenziale di ana- lisi dei sistemi di controllo e di tipo giuridico e, più in particolare, penalistico”. Confindustria, Linee guida, cit., nella versione definitiva aggiornata al 31 marzo 2008. In particolare, si tratta di tecniche che possono esse- re utilizzate:
- in via preventiva, per adottare – all’atto del disegno del modello organizzativo e delle successive modifiche – le misure più idonee a prevenire, con ragionevole certezza, la commissione dei reati in questione;
la continuità di azione, che garantisce un’efficace e costante attuazione del modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001, particolarmente articolato e complesso nelle aziende di grandi e medie dimensioni, è favorita dalla presenza di una struttura dedicata esclusivamente e a tempo pieno all’attività di vigilanza del modello e “priva di mansioni operative che possano portarla ad assumere decisioni con effetti economici–finanziari”.
Peraltro le stesse Linee guida dispongono che “nel caso di composizione mista o con soggetti interni dell’Organismo, non essendo esigibile dai componenti di provenienza interna una totale indipendenza dall’ente, il grado di indipendenza dell’Organismo dovrà essere valutato nella sua globalità”.
In ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 6, comma 1, lett. b) del D.lgs. 231/2001 e tenuto conto delle caratteristiche della propria struttura organizzativa nonché delle evoluzioni interpretative sviluppate da Confindustria nella revisione delle proprie Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del d.lgs. 231/2001, Interporto intende identificare il proprio organismo di vigilanza (di seguito, ”Organismo di Vigilanza” o “OdV”) in un organismo monocratico, nominato dal Consiglio di Amministrazione in possesso delle prescritte caratteristiche di professionalità ed autonomia di azione.
Autonomia ed indipendenza
L’Organismo di Vigilanza,dovrà avere piena autonomia funzionale ed operativa, e riporterà diret- tamente al Consiglio di Amministrazione.
Per poter svolgere la vigilanza e le analisi in modo corretto, l’Organismo di Xxxxxxxxx deve poter accedere senza limitazioni a tutte le informazioni aziendali ritenute dallo stesso rilevanti, dive- nendo anche il soggetto destinatario delle eventuali segnalazioni effettuate da dipendenti o colla- boratori della società in merito a denunce di fatti illeciti rilevanti per il d.lgs. 231/01.
La posizione riconosciuta all’Organismo di Vigilanza nell’ambito dell’organizzazione aziendale è tale altresì da garantire l’autonomia dell’iniziativa di controllo da ogni forma di interferenza e/o di condizionamento da parte di qualunque componente dell’organizzazione stessa.
- correntemente, per verificare che i comportamenti quotidiani rispettino effettivamente quelli codifica- ti;
- a posteriori, per accertare come si sia potuto verificare un reato delle specie in esame e chi lo abbia commesso.
A titolo esemplificativo, le Linee guida di Confindustria menzionano le seguenti tecniche:
- campionamento statistico;
- tecniche di analisi e valutazione dei rischi e misure per il loro contenimento (procedure autorizzati- ve, meccanismi di contrapposizione di compiti);
- flow – charting di procedure e processi per l’individuazione dei punti di debolezza;
- tecniche di intervista e di elaborazione di questionari;
- elementi di psicologia;
- metodi per l’individuazione di frodi.
Si veda, ancora, Confindustria, Linee guida, cit., nella versione definitiva aggiornata al 31 marzo 2008.
Professionalità
La professionalità dell’Organismo di Xxxxxxxxx dovrà essere assicurata, oltre che dalle competenze specifiche maturate, dalla facoltà riconosciuta di avvalersi, per l’esecuzione delle operazioni tecniche necessarie per lo svolgimento delle proprie funzioni, delle specifiche professionalità dei responsabili delle varie funzioni aziendali e di consulenti esterni.
Inoltre, all’Organismo di Vigilanza saranno garantite (anche, se del caso, tramite supporto esterno) le necessarie competenze in materia di attività ispettiva, con particolare riferimento al campionamento statistico, alle tecniche di analisi e valutazione dei rischi, alle tecniche di intervista e di elaborazione dei questionari, oltre che all’individuazione delle frodi. Altrettanto dicasi per le competenze professionali in materia di diritto, particolarmente utili per l’individuazione delle attività a rischio di commissione di reati.
2.4.1.1. Principi generali in tema di istituzione, nomina, sostituzione e funzionamento dell’Organismo di Vigilanza
Istituzione
L’Organismo di Vigilanza è nominato dal Consiglio di Amministrazione e dura in carica tre esercizi sociali. E’ rieleggibile.
L’Organismo di Vigilanza cessa per scadenza del termine alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della sua carica, pur continuando a svolgere, ad interim, le proprie funzioni (in regime di c.d. prorogatio) fino a nuova nomina dei componenti dell’Organismo stesso.
Requisiti e decadenza
La nomina dell’Organismo di Vigilanza è condizionata dalla presenza dei requisiti soggettivi di eleggibilità di seguito elencati e descritti.
In particolare, in seguito all’approvazione del Modello, all’atto del conferimento dell’incarico, il nominato deve rilasciare una dichiarazione nella quale attesta l’assenza di:
relazioni di parentela, coniugio (o situazioni di convivenza di fatto equiparabili al coniugio) o affinità entro il IV grado con componenti del Consiglio di Amministrazione, del Collegio Sindacale e revisori incaricati dalla società di revisione, nonché soggetti apicali della So- cietà;
conflitti di interesse, anche potenziali, con la Società tali da pregiudicare l’indipendenza richiesta dal ruolo e dai compiti propri dell’Organismo di Vigilanza;
titolarità, diretta o indiretta, di partecipazioni azionarie di entità tale da permettere di esercitare un’ influenza dominante o notevole sulla Società, ai sensi dell’articolo 2359 cc.;
funzioni di amministrazione con deleghe o incarichi esecutivi presso la stessa Società o sue collegate;
funzioni di amministrazione – nei tre esercizi precedenti alla nomina quale membro dell’Organismo di Vigilanza ovvero all’instaurazione del rapporto di consulen- za/collaborazione con lo stesso Organismo – di imprese sottoposte a fallimento, liquida- zione coatta amministrativa o altre procedure concorsuali;
rapporto di pubblico impiego presso amministrazioni centrali o locali nei tre anni prece- denti alla nomina quale Organismo di Vigilanza ovvero all’instaurazione del rapporto di consulenza/collaborazione con lo stesso Organismo;
sentenza di condanna, anche non passata in giudicato, ovvero provvedimento che co- munque ne accerti la responsabilità, in Italia o all’estero, per i delitti richiamati dal d.lgs. 231/2001 od altri delitti comunque incidenti sulla moralità professionale;
condanna, con sentenza, anche non passata in giudicato, ovvero provvedimento che co- munque ne accerti la responsabilità, a una pena che importa l’interdizione, anche tempo- ranea, dai pubblici uffici, ovvero l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Laddove alcuno dei sopra richiamati motivi di ineleggibilità dovesse configurarsi a carico del soggetto nominato, questi decadrà automaticamente dalla carica.
I sopra richiamati motivi di ineleggibilità devono essere considerati anche con riferimento ad eventuali consulenti esterni di cui l’Organismo di Vigilanza può avvalersi nello svolgimento dei propri compiti.
In particolare, all’atto del conferimento dell’incarico, il consulente esterno deve rilasciare apposita dichiarazione nella quale attesta:
- l’assenza dei sopra elencati motivi di ineleggibilità o di ragioni ostative all’assunzione dell’incarico (ad esempio: conflitti di interesse, relazioni di parentela con componenti del Consiglio di Amministrazione, del Collegio sindacale, soggetti apicali in genere, e revisori incaricati dalla società di revisione, ecc.);
- la circostanza di essere stato adeguatamente informato delle disposizioni e delle regole comportamentali previste dal Modello.
Rinuncia, sostituzione
Qualora il nominato rinunciasse all’incarico, deve darne comunicazione scritta al Presidente del Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale.
Spetta al Consiglio di Amministrazione individuare ed eleggere un nuovo Organismo di Xxxxxxxxx, che rimane in carica per il tempo che avrebbe dovuto rimanere il soggetto rinunciatario o destituito.
Revoca
Al fine di assicurare l’indipendenza dell’Organismo di Vigilanza, il Consiglio di Amministrazione adotta forme di tutela nei confronti dello stesso per evitare rischi di ritorsioni, comportamenti discriminatori o comunque condotte pregiudizievoli nei suoi confronti per l’attività svolta.
In particolare, l’adozione di sanzioni disciplinari nonché di qualsiasi atto modificativo o interruttivo del rapporto della Società con l’Organismo è sottoposto alla preventiva approvazione del Consiglio di Amministrazione e, in caso di approvazione degli interventi modificativi o interruttivi adottati senza la unanimità di decisione, è data adeguata informazione da parte del Presidente del Consiglio di Amministrazione, o in sua carenza da parte del Collegio Sindacale, all’Assemblea dei soci, alla prima occasione utile.
Fermo restando quanto precede, al fine di garantire la necessaria stabilità all’Organismo di Vigilanza la revoca dell’Organismo di Vigilanza, ovvero dei poteri ad esso attribuiti nell’ambito della relativa carica, può avvenire soltanto per una giusta causa.
Conflitti di interesse, concorrenza
Nel caso in cui, con riferimento ad un’Operazione Sensibile (per ciò intendendosi qualsiasi operazione il cui compimento richiede l’esecuzione di un processo a rischio ai fini di cui al presente Modello), o categoria di Operazioni Sensibili, l’Organismo di Vigilanza si trovasse, o ritenesse di trovarsi o di potersi venire a trovare in una situazione di potenziale o attuale conflitto di interessi con la Società nello svolgimento delle proprie funzioni di vigilanza, deve comunicare ciò immediatamente al Presidente del Consiglio di Amministrazione.
La sussistenza di una situazione di potenziale o attuale conflitto di interessi determina l’obbligo di astenersi dal compiere atti connessi o relativi a tale operazione Sensibile nell’esercizio delle funzioni di vigilanza; in tal caso, l’Organismo di Vigilanza provvede a:
- sollecitare la nomina di altro soggetto quale sostituto di tale soggetto per l’esercizio delle funzioni di vigilanza in relazione all’Operazione Sensibile o categoria di Operazioni in questione;
- delegare la vigilanza relativa all’Operazione o categoria di Operazioni in questione ad un consulente esterno.
A titolo esemplificativo, costituisce situazione di conflitto di interessi in una data Operazione Sensibile o categoria di Operazioni Sensibili a causa di cariche sociali, rapporti di coniugio, parentela o affinità entro il quarto grado, lavoro, consulenza o prestazione d’opera retribuita, ovvero altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza ai sensi dell’art. 2399 lett.c) c.c. All’Organismo di Vigilanza si applica il divieto di concorrenza di cui all’art. 2390 c.c..
Remunerazione e rimborsi spese
La remunerazione spettante all’Organismo di Vigilanza è stabilita all’atto della nomina o con successiva decisione del Consiglio di Amministrazione.
All’Organismo di Xxxxxxxxx, spetta, inoltre, il rimborso delle spese sostenute per le ragioni dell’ufficio.
Nomina di consulenti esterni
L’Organismo di Xxxxxxxxx potrà giovarsi – sotto la sua diretta sorveglianza e responsabilità – nello svolgimento dei compiti affidatigli, della collaborazione della struttura della Società (compresi gli outsourcer della stessa) ovvero di consulenti esterni, avvalendosi delle rispettive competenze e professionalità. Tale facoltà consente all’Organismo di Vigilanza di assicurare un elevato livello di professionalità e la necessaria continuità di azione.
2.4.2. Funzioni e poteri dell’Organismo di Vigilanza
Le attività poste in essere dall’Organismo di Vigilanza non possono essere sindacate dalla Società, fermo restando però che il Consiglio di Amministrazione, quale organo dirigente è in ogni caso chiamato, anche ai sensi dell’articolo 2381, comma 5, del codice civile , a svolgere un’attività di vigilanza, sulla concreta adeguatezza e funzionalità del presente Modello e, conseguentemente, a valutare, in via indiretta, l’opportunità ed efficienza dell’operato dell’Organismo di Vigilanza anche in considerazione del fatto che, ai sensi delle disposizioni di cui al D.lgs. 231/2001, la responsabilità ultima del funzionamento e dell’efficacia del Modello è competenza dell’organo dirigente della Società.
All’Organismo di Xxxxxxxxx sono conferiti i poteri di iniziativa e controllo necessari per assicurare un’effettiva ed efficiente vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Modello.
In particolare, all’Organismo di Vigilanza sono affidati, per l’espletamento e l’esercizio delle proprie funzioni, i seguenti compiti e poteri:
Informazione e formazione
1. promuovere le iniziative per la diffusione della conoscenza del Modello;
2. prevedere corsi di formazione, per assicurare la corretta comprensione dei rischi cui è sot- toposta la Società e delle misure di mitigazione degli stessi, promuovendo la cultura del controllo.
Vigilanza sul corretto funzionamento, sulla efficacia a prevenire i reati e sulla realizzazione degli interventi migliorativi
1. vigilare sul funzionamento del Modello sia rispetto alla adeguatezza dello stesso a svolgere in concreto la funzione di prevenzione della commissione dei reati sia con riferi- mento alla sua capacità di far emergere in concreto eventuali comportamenti illeciti;
2. vigilare sulla persistenza nel tempo dei requisiti di efficienza ed efficacia;
3. vigilare sull’effettiva e concreta applicazione del Modello, verificando la congruità dei comportamenti all’interno della Società rispetto allo stesso;
4. approvare un programma annuale di verifiche, strutturato in modo da assicurare un adeguato monitoraggio delle aree sensibili e dell’efficacia dei controlli posti in essere; le verifiche potranno essere supportate da funzioni di controllo della Società o da con- sulenti esterni, sotto la diretta supervisione e responsabilità dell’Organismo di Vigilanza;
5. nei casi in cui l’Organismo ritenga opportuno, anche attraverso l’attività di verifica, di pro- muovere interventi migliorativi dei sistemi di controllo e delle procedure aziendali, all’Organismo di Vigilanza compete il potere e la responsabilità di richiedere alle funzioni aziendali competenti l’esecuzione degli interventi in questione;
6. verificare che gli elementi previsti dalla Parte Speciale per le diverse tipologie di reati (adozione di clausole standard, espletamento di procedure, ecc.) siano comunque adeguati e rispondenti alle esigenze di osservanza di quanto prescritto dal D.lgs. 231/2001, provvedendo, in caso contrario, ad un aggiornamento degli elementi stessi.
Aggiornamento del Modello
1. promuovere l’aggiornamento del Modello in conseguenza di: i) significative violazioni delle prescrizioni del Modello; ii) significative modificazioni dell’assetto organizzativo della Società; iii) modifiche normative, iv) riscontro di significative e gravi carenze e/o lacune nelle previsioni del Modello a seguito di verifiche sull’efficacia del medesimo
Rapporti con gli altri organi di controllo
1. mantenere un periodico collegamento con il Collegio Sindacale, con gli altri enti azien- dali preposti ad attività di monitoraggio del sistema di controllo, e con la società di revisio- ne.
Rapporti con il personale della Società ed i collaboratori esterni
1. fornire chiarimenti in merito al significato ed alla applicazione delle previsioni contenute nel Modello;
2. mantiene un periodico scambio di informazioni con il Direttore e la Segreteria della So- cietà, al fine di essere e mantenersi informato sulle notizie rilevanti
Poteri di indagine e di intervento
1. in termini generali, procedere all’effettuazione di indagini in ogni circostanza in cui ciò è reputato necessario; le indagini potranno essere supportate da funzioni di controllo della Società o da consulenti esterni, sotto la diretta supervisione e responsabilità dell’Organismo di Vigilanza;
2. controllare l’attività svolta dalla Società con il potere di accedere liberamente e sen- za necessità di consenso preventivo, per acquisire informazioni, documentazione e dati ri- tenuti necessari per lo svolgimento dei propri compiti e, in particolare, controllare l’effettiva presenza, la regolare tenuta ed efficacia della documentazione richiesta in conformità a quanto previsto nella Parte Speciale per le diverse tipologie di reati;
3. segnalare al Consiglio di Amministrazione, per gli opportuni provvedimenti, le violazioni accertate del Modello che possano comportare l’insorgere di una responsabilità in capo al- la Società;
4. promuovere l’attivazione di eventuali procedimenti disciplinari e proporre le eventuali sanzioni di cui al capitolo 5 del presente Modello.
Poteri di spesa
1. in relazione alle necessità di spesa connesse alle attività di cui sopra, compete all’Organismo di Vigilanza il compito di formulare e sottoporre annualmente all’approvazione del Consiglio di Amministrazione un budget dettagliato.
2.4.3. Obblighi di informazione nei confronti dell’Organismo di Vigilanza – Flussi informativi
2.4.3.1. Obblighi generali
Il corretto ed efficiente espletamento delle funzioni dell’Organismo di Vigilanza si basa sulla disponibilità, da parte dello stesso, di tutte le informazioni relative alle aree di rischio nonché di tutti i dati concernenti condotte funzionali alla commissione di reato. Per tale motivo, all’Organismo di Vigilanza deve essere dato accesso a tutti i dati e le informazioni sopra menzionate relative a Interporto.
Ai fini del presente Modello, l’Organismo di Vigilanza deve, inoltre, essere tempestivamente informato, mediante apposito sistema di comunicazione, in merito a quegli atti, fatti, comportamenti e/o eventi che possono determinare una violazione del Modello.
Devono essere trasmesse all’Organismo di Vigilanza, da parte dei soggetti apicali e dei loro sottoposti:
i) informazioni afferenti le singole attività sensibili, con le modalità che verranno definite dall’Organismo stesso; le risultanze periodiche dell’attività di controllo poste in essere, per quanto di rispettiva competenza ai sensi del presente Modello, al fine di dare attuazione al Modello stesso (report riepilogativi dell’attività, monitoraggio, indici consuntivi, ecc.);
ii) le anomalie o atipicità riscontrate, le notizie utili in relazione alla effettiva attuazione del Modello, ogni altra informazione o notizia relativa all’attività della Società nelle aree a rischio, che l’Organismo di Vigilanza ritenga, di volta in volta, di acquisire.
Il corretto adempimento dell’obbligo di informazione da parte del prestatore di lavoro non può dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.
Le segnalazioni di condotte non conformi al presente Modello dovranno essere portate tempestivamente all’attenzione dell’Organismo di Vigilanza, e devono avere ad oggetto ogni violazione o sospetto di violazione del Modello stesso; le segnalazioni devono essere trasmesse all’Organismo di Vigilanza in maniera tale da permettere la raccolta delle informazioni rilevanti rispetto alla commissione o al rischio di commissione dei reati facilitando il flusso di segnalazioni ed informazioni verso lo stesso e permettendo all’Organismo di ricevere tempestivamente eventuali chiarimenti; in tal senso.
In caso di dubbio su una condotta conforme o meno al presente modello, la Direzione chiede un parere all’Organismo di Xxxxxxxxx, il quale esprime la sua opinione in forma scritta.
Per quanto concerne consulenti, collaboratori esterni, ecc., è contrattualmente previsto un obbligo di informativa immediata a loro carico nel caso in cui gli stessi ricevano, direttamente o indirettamente, da un dipendente/rappresentante della Società una richiesta di comportamenti che potrebbero determinare una violazione del Modello.
2.4.3.2. Obblighi specifici
I responsabili ed i collaboratori esterni di Interporto sono tenuti a comunicare all’Organismo di Vigilanza completa informativa (con copia della documentazione in loro possesso) in relazione ai fatti di seguito indicati, se relativa a se stessi ovvero ad altri destinatari del Modello:
- provvedimenti e/o notizie provenienti da organi di polizia giudiziaria, o da qualsiasi altra autorità, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, per i reati di cui al D.lgs. 231/2001;
- richiesta di assistenza legale inoltrata dai destinatari del Modello in caso di avvio di procedimento giudiziario per i fatti previsti dal D.lgs.231/2001;
- rapporti preparati dai responsabili di altre funzioni aziendali nell’ambito della loro attività di controllo e dai quali possano emergere fatti, atti, eventi od omissioni con profili di criticità rispetto all’osservanza delle norme del d.lgs. 231/2001;
- provvedimenti disciplinari e archiviazione eventuale di tali provvedimenti
2.4.4. Reporting dell’Organismo di Vigilanza verso gli organi societari
Nello svolgimento delle proprie attività, l’Organismo di Vigilanza riferisce su base periodica annuale al Consiglio di Amministrazione ed al Collegio Sindacale della Società, in merito al complesso delle attività dallo stesso svolte, all’attuazione del Modello, all’emersione di eventuali aspetti critici, alla necessità di interventi modificativi, presentando una relazione scritta. L’Organismo di Interporto potrà inoltre essere convocato dagli organi sopra menzionati ogni qualvolta sia dagli stessi ritenuto opportuno, per riportare in merito a specifici fatti od accadimenti o per discutere di argomenti ritenuti di particolare rilievo nel contesto della funzione di prevenzione di reati.
Inoltre, in qualunque momento vi sia necessità di tempestiva informazione, su specifici fatti o accadimenti, l’Organismo informa senza indugio il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio Sindacale.
Stante la necessità di garantire l’indipendenza dell’Organismo di Interporto, laddove esso ritenga che per circostanze gravi e comprovabili sussistano violazioni attuali o potenziali del Modello da parte del Consiglio di Amministrazione o del Collegio Sindacale della Società, l’Organismo ha diritto di riferire direttamente ai soci nonché di ottenere la convocazione dell’Assemblea dei soci.
2.4.5. Raccolta e conservazione delle informazioni
Ogni informazione, segnalazione, report, relazione previsti nel Modello sono conservati dall’Organismo di Xxxxxxxxx in un apposito archivio (informatico o cartaceo) per un periodo di al- meno 10 anni.
Gli interventi dell’Organismo di Xxxxxxxxx sono tracciati mediante la redazione di appositi verbali di intervento, conservati dall’Organismo stesso.
2.5. CAPITOLO 5 - SISTEMA DISCIPLINARE
2.5.1. Funzione del sistema disciplinare
L’art. 6, comma 2, lett. e) e l’art. 7, comma 4, lett. b) del D.lgs. 231/2001 indicano, quale condizione per un’efficace attuazione del modello di organizzazione, gestione e controllo, l’introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello stesso.
Pertanto, la definizione di un adeguato sistema disciplinare costituisce un presupposto essenziale della valenza scriminante del modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.lgs. 231/2001 rispetto alla responsabilità amministrativa degli enti.
Le sanzioni previste dal sistema disciplinare saranno applicate ad ogni violazione delle disposizioni contenute nel Modello a prescindere dalla commissione di un reato e dallo svolgimento e dall’esito del procedimento penale eventualmente avviato dall’autorità giudiziaria, nel caso in cui il comportamento da censurare integri gli estremi di una fattispecie di reato rilevante ai sensi del D.lgs. 231/2001.
2.5.2. Misure nei confronti di impiegati
L’osservanza delle disposizioni e delle regole comportamentali previste dal Modello costituisce adempimento da parte dei dipendenti di Interporto degli obblighi previsti dall’art. 2104, comma 2, c.c.; obblighi dei quali il contenuto del medesimo Modello rappresenta parte sostanziale ed integrante.
La violazione delle singole disposizioni e regole comportamentali di cui al Modello da parte dei dipendenti di Interporto costituisce sempre illecito disciplinare.
Si precisa che i dipendenti di Interporto sono soggetti al Contratto Aziendale (di seguito “Contratto”).
Le misure indicate nel Modello, il cui mancato rispetto si intende sanzionare, sono comunicate a tutti i dipendenti con le modalità descritte nel capitolo 6.
I provvedimenti disciplinari applicabili nei confronti dei lavoratori dipendenti di Interporto per la violazione del Modello, sono conformi alle norme disciplinari contenute nel Contratto, e precisamente, a seconda della gravità delle infrazioni sono:
a. rimprovero verbale;
b. rimprovero scritto;
c. multa non superiore a 3 ore di retribuzione, da versarsi all’Istituto di Previdenza Sociale
d. la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un periodo non superiore a dieci giorni;
e. il licenziamento
I suddetti provvedimenti risultano comunque coerenti con quanto previsto dall’art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. “Statuto dei Lavoratori”) ed eventuali normative speciali applicabili.
Ad ogni notizia di violazione del Modello, verrà promossa un’azione disciplinare finalizzata all’accertamento della violazione stessa. La contestazione dovrà essere inviata al lavoratore entro 20 giorni dalla data in cui l’impresa è venuta a conoscenza del fatto. Il lavoratore entro 10 giorni dal ricevimento della contestazione può chiedere di essere sentito a sua difesa.. Una volta accertata la violazione, sarà comminata all’autore una sanzione disciplinare proporzionata alla gravità della violazione commessa ed all’eventuale recidiva.
Resta inteso che saranno rispettate le procedure, le disposizioni e le garanzie previste dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori e dalla normativa pattizia dei contratti integrativi aziendali in materia di provvedimenti disciplinari.
Per quanto concerne l’accertamento delle infrazioni concernenti il presente Modello, i procedimenti disciplinari e la comminazione delle sanzioni, restano validi i poteri già conferiti, nei limiti delle rispettive deleghe e competenze, al management di Interporto.
Si precisa comunque che ogni atto relativo al procedimento dovrà essere comunicato all’Organismo di Vigilanza per la valutazione di competenza.
2.5.2.1. Violazioni del Modello e relative sanzioni applicabili agli impiegati
In conformità a quanto stabilito dalla normativa rilevante e in ossequio ai principi di tipicità delle violazioni e di tipicità delle sanzioni, Interporto intende portare a conoscenza dei propri dipendenti le disposizioni e le regole comportamentali contenute nel Modello, la cui violazione costituisce illecito disciplinare, nonché le misure sanzionatorie applicabili, tenuto conto della gravità delle infrazioni.
Xxxxx restando gli obblighi in capo a Interporto derivanti dallo Statuto dei Lavoratori, i comportamenti che costituiscono violazione del Modello, corredati dalle relative sanzioni, sono i seguenti:
1. Incorre nel provvedimento di “rimprovero verbale” il lavoratore che violi una delle proce- dure interne previste dal Modello (ad esempio, che non osservi le procedure prescritte, ometta di dare comunicazione all'Organismo di Vigilanza delle informazioni prescritte, ometta di svolgere controlli, ecc.), o adotti nell’espletamento di attività nelle aree sensibili un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello stesso.
2. Incorre nel provvedimento di “rimprovero scritto” il lavoratore che sia recidivo nel violare le procedure previste dal Modello o nell’adottare, nell’espletamento di attività nelle aree sensibili, un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello.
3. Incorre nel provvedimento della “multa”, non superiore all’importo di 3 ore della nor- male retribuzione, il lavoratore che nel violare le procedure interne previste dal Modello, o adottando nell’espletamento di attività nelle aree sensibili un comportamento non conforme
alle prescrizioni del Modello, esponga l’integrità dei beni aziendali ad una situazione di og- gettivo pericolo. Tali comportamenti, posti in essere con la mancata osservanza delle di- sposizioni impartite dalla Società, determinano una situazione di pericolo per l’integrità dei beni della Società e/o costituiscono atti contrari agli interessi della stessa.
4. Incorre nel provvedimento della “sospensione” dal servizio e dal trattamento retributi- vo per un periodo non superiore a 10 giorni il lavoratore che nel violare le procedure in- terne previste dal Modello, o adottando nell’espletamento di attività nelle aree sensibili un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello, arrechi danno alla Società compiendo atti contrari all’interesse della stessa, ovvero il lavoratore che sia recidivo oltre la terza volta nelle mancanze di cui ai punti 1, 2, 3.
5. Incorre nel provvedimento della “licenziamento” il lavoratore che adotti nell’espletamento delle attività nelle aree sensibili un comportamento in violazione alle prescrizioni del Mo- dello, tale da determinare la concreta applicazione a carico della Società delle misure pre- viste dal d.lgs. 231/2001, nonché il lavoratore che sia recidivo oltre la terza volta nelle mancanze di cui al punto 4.
Il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sopra richiamate, saranno applicate anche tenendo conto:
– dell’intenzionalità del comportamento o del grado di negligenza, imprudenza o imperizia con riguardo anche alla prevedibilità dell’evento;
– del comportamento complessivo del lavoratore con particolare riguardo alla sussistenza o meno di precedenti disciplinari del medesimo, nei limiti consentiti dalle legge;
– delle mansioni del lavoratore;
– della posizione funzionale delle persone coinvolte nei fatti costituenti la mancanza;
– delle altre particolari circostanze che accompagnano l’illecito disciplinare.
E’ fatta salva la prerogativa di Interporto di chiedere il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione del Modello da parte di un dipendente. Il risarcimento dei danni eventualmente richiesto sarà commisurato:
– al livello di responsabilità ed autonomia del dipendente, autore dell’illecito disciplinare;
– all’eventuale esistenza di precedenti disciplinari a carico dello stesso;
– al grado di intenzionalità del suo comportamento;
– alla gravità degli effetti del medesimo, con ciò intendendosi il livello di rischio cui la Società ragionevolmente ritiene di essere stata esposta - ai sensi e per gli effetti del D.lgs. 231/2001 - a seguito della condotta censurata.
Responsabile ultimo della concreta applicazione delle misure disciplinari è l’Amministratore Delegato. Il predetto soggetto comminerà le sanzioni sentito il parere dell’Organismo di Xxxxxxxxx. In ogni caso l’Organismo di Xxxxxxxxx dovrà ricevere tempestiva informazione di ogni atto riguardante il procedimento disciplinare a carico di un lavoratore per violazione del presente Modello, fin dal momento della contestazione disciplinare. Viene comunque attribuito all’Organismo di Xxxxxxxxx, in collaborazione con il Vicepresidente, il compito di verificare e valutare l’idoneità del sistema disciplinare ai sensi e per gli effetti del D.lgs. 231/2001.
2.5.3. Misure nei confronti dei dirigenti
In caso di violazione delle disposizioni e delle regole comportamentali contenute nel Modello da parte di dirigenti, Interporto provvede a irrogare nei confronti degli autori della condotta censurata le misure disciplinari più idonee in conformità a quanto previsto dal CCNL per i dirigenti industria.
2.5.4. Misure nei confronti dei membri del Consiglio di Amministrazione
Alla notizia di violazione delle disposizioni e delle regole di comportamento del Modello da parte di membri del Consiglio di Amministrazione, l’Organismo di Vigilanza dovrà tempestivamente informare dell’accaduto il Collegio Sindacale e l’intero Consiglio di Amministrazione. I soggetti destinatari dell’informativa dell’Organismo di Vigilanza potranno assumere, secondo quanto previsto dallo Statuto, gli opportuni provvedimenti tra cui, ad esempio, censura scritta a verbale, sospensione del diritto al gettone di presenza o all’indennità di carica fino ad un massimo corrispondente a tre riunioni dell’organo, convocazione dell’assemblea dei soci, al fine di adottare le misure più idonee previste dalla legge (revoca per giusta causa, azione di responsabilità, etc.). misure più idonee previste dalla legge (revoca per giusta causa, azione di responsabilità, etc.).
2.5.5. Misure nei confronti dei membri del Collegio Sindacale
Alla notizia di violazione delle disposizioni e delle regole di comportamento del Modello da parte di uno o più sindaci, l’Organismo di Xxxxxxxxx dovrà tempestivamente informare dell’accaduto l’intero Collegio Sindacale e il Consiglio di Amministrazione. I soggetti destinatari dell’informativa dell’Organismo di Xxxxxxxxx potranno assumere gli opportuni provvedimenti tra cui, ad esempio, censura scritta a verbale, sospensione del diritto al gettone di presenza o alla indennità di carica fino ad un massimo corrispondente a tre riunioni dell’organo, convocazione dell’assemblea dei soci, al fine di adottare le misure più idonee previste dalla legge.
2.5.6. Misure nei confronti di consulenti e altri collaboratori
La violazione da parte di consulenti e collaboratori esterni, o altri soggetti aventi rapporti contrattuali con la Società, delle disposizioni e delle regole di comportamento previste dal Modello agli stessi applicabili, o l’eventuale commissione dei reati contemplati dal d.lgs. 231/2001 da parte degli stessi, sarà sanzionata secondo quanto previsto nelle specifiche clausole contrattuali che saranno inserite nei relativi contratti.
Tali clausole, facendo esplicito riferimento al rispetto delle disposizioni e delle regole di comportamento previste dal Modello, indicate nella parte speciale, potranno prevedere, ad esempio, l’obbligo, da parte di questi soggetti terzi, di non adottare atti o intrattenere comportamenti tali da determinare una violazione del Modello da parte di Interporto. In caso di violazione di tale obbligo, dovrà essere prevista la risoluzione del contratto con eventuale applicazione di penali.
Resta ovviamente salva la prerogativa di Interporto di richiedere il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione delle disposizioni e delle regole di comportamento previste dal Modello da parte dei suddetti soggetti terzi.
2.6. CAPITOLO 6 - PIANO DI FORMAZIONE E COMUNICAZIONE
2.6.1. Premessa
Interporto, al fine di dare efficace attuazione al Modello, assicura una corretta divulgazione dei contenuti e dei principi dello stesso all’interno ed all’esterno della propria organizzazione, compresi gli outsources di cui si avvale nello svolgimento delle proprie attività.
L’attività di comunicazione e formazione dovrà essere, in ogni caso, improntata a principi di completezza, chiarezza, accessibilità e continuità al fine di consentire ai destinatari la piena consapevolezza di quelle disposizioni aziendali che sono tenuti a rispettare e delle norme etiche che devono ispirare i loro comportamenti.
L’attività di comunicazione e formazione è coordinata dall’Organismo di Xxxxxxxxx, cui sono assegnati, tra gli altri, i compiti di “promuovere e definire le iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello, nonché per la formazione del personale e la sensibilizzazione dello stesso all’osservanza dei principi contenuti nel Modello.
2.6.2. Dipendenti
Ogni dipendente è tenuto a: i) acquisire consapevolezza dei principi e contenuti del Modello; ii) conoscere le modalità operative con le quali deve essere realizzata la propria attività; iii) contribuire attivamente, in relazione al proprio ruolo e alle proprie responsabilità, all’efficace attuazione del Modello, segnalando eventuali carenze riscontrate nello stesso.
L’Organismo valuta e definisce le modalità più adatte per la diffusione del Modello e per la formazione del personale, tenuto conto del livello di responsabilità e del ruolo aziendale del destinatario, garantendone l’accesso a tutti i dipendenti con i mezzi più idonei.
L’Organismo di Vigilanza monitorerà il livello di recepimento del Modello attraverso specifiche verifiche.
2.6.3. Altri destinatari
L’efficacia del presente Modello può essere inficiata anche dall’instaurazione di rapporti di collaborazione o commerciali con soggetti estranei agli obiettivi ed ai valori da esso previsti.
In tale ottica, l’attività di comunicazione dei contenuti e dei principi del Modello e del Codice Etico oltre che delle procedure interne e dei criteri adottati da Interporto, dovrà essere indirizzata anche nei confronti di quei soggetti terzi che intrattengano con Interporto rapporti di collaborazione contrattualmente regolati o che rappresentano la Società senza vincoli di dipendenza (ad esempio: consulenti, e altri collaboratori autonomi).
2.7. CAPITOLO 7 - ADOZIONE DEL MODELLO – CRITERI DI AGGIORNAMENTO E ADEGUAMENTO DEL MODELLO
2.7.1. Adozione del Modello
Il presente Modello è stato predisposto ed adottato da Interporto sulla base delle norme contenute nel D.lgs. 231/2001 nonché delle Linee Guida emanate da Confindustria e recepisce, altresì, i più recenti orientamenti ed evoluzioni giurisprudenziali in materia.
Essendo il presente Modello un “atto di emanazione dell’organo dirigente” (in conformità alle precisazioni dell’art. 6 co. lett. a) del D.lgs. 231/2001) le successive modifiche e integrazioni del presente Modello sono rimesse alla competenza del Consiglio di Amministrazione di Interporto, il quale delibera in via preventiva nei casi sottospecificati ed in via di ratifica di decisioni adottate dall’Organismo di Vigilanza in tutti gli altri casi.
2.7.2. Aggiornamento ed adeguamento
L’aggiornamento del Modello è da considerarsi necessario per i casi in cui si verifichino:
i) intervento di modifiche normative o di interpretazione delle norme in tema di re- sponsabilità amministrativa degli enti, che comportino l’identificazione di nuove attività sensibili;
ii) modificazioni dell’assetto interno della Società e/o delle modalità di svolgimento delle attività d’impresa che comportino l’identificazione di nuove attività sensibili, (o varia- zione di quelle precedentemente identificate);
iii) commissione dei reati richiamati dal d.lgs. 231/2001 da parte dei destinatari delle pre- visioni del Modello o, più in generale, di significative violazioni del Modello;
iv) riscontro di significative e gravi carenze e/o lacune nelle previsioni del Modello a se- guito di verifiche sull’efficacia del medesimo;
v) formulazione di osservazioni da parte del Ministero della Giustizia sulle Linee Guida a norma dell’art. 6 del d.lgs. 231/2001 e degli artt. 5 e ss. del D.M. 26 giugno 2003, n. 201.
La proposta di aggiornamento è predisposta a cura dell’Organismo di Vigilanza ed è approvata dal Consiglio di Amministrazione della Società.
Una volta approvate le modifiche, l’Organismo di Vigilanza coordina, con le modalità indicate nel capitolo 6, la corretta comunicazione dei contenuti all’interno e all’esterno della Società.
Al di là dei casi sopradescritti, è responsabilità dell’Organismo di Vigilanza di apportare senza indugio quelle modifiche al Modello che, a giudizio dello stesso Organismo, siano necessarie a migliorarne la funzionalità e la capacità di prevenzione dei reati.
In occasione della presentazione della relazione riepilogativa annuale l’Organismo di Vigilanza presenta al Consiglio di Amministrazione un’apposita nota informativa delle variazioni apportate in attuazione della regola sopraindicata, al fine di farne oggetto di delibera di ratifica da parte del Consiglio di Amministrazione.
Il Modello sarà, in ogni caso, sottoposto a procedimento di revisione periodica con cadenza almeno triennale da disporsi mediante delibera del Consiglio di Amministrazione.
3 PARTE SPECIALE
3.1. PREFAZIONE
La Parte Speciale del Modello definisce nel dettaglio i principi generali richiamati nella prima parte del presente documento. Essa ha l’obiettivo di evidenziare i rischi di reato a cui la società è soggetta ed i relativi controlli previsti per ogni area definita sensibile.
Il sistema dei controlli
Il sistema dei controlli, in base alle indicazioni fornite dalle Linee guida di Confindustria, nonché alle “best practice” internazionali, prevede:
standard di controllo “generali”, presenti in tutte le attività sensibili e nel seguito descritti;
standard di controllo “specifici”, descritti nei Protocolli, redatti per ogni attività sensibile e riportati in Allegato.
Standard di controllo generali
Tenuto conto delle ridotte dimensioni aziendali, gli standard di controllo generali sono rispettati attraverso l’utilizzo di outsoucer e di consulenti esterni, che consentono di raggiungere un livello adeguato di separazione di ruoli e funzioni. In generale, nei processi aziendali, si agisce per prassi consolidata.
E’ prevista una frequente reportistica al Consiglio di Amministrazione, che esercita un controllo sulle operazioni critiche e sulle attività sensibili. I controlli effettuati dal Consiglio di Amministrazione sono tracciati dai verbali di riunione del Consiglio stesso.
Sono definiti i poteri autorizzativi e di firma, che sono:
coerenti con le responsabilità organizzative e gestionali assegnate, prevedendo indicazio- ne delle soglie di approvazione;
chiaramente definiti e conosciuti all’interno della Società.
.
L’intero sistema dei controlli e in particolare gli standard di controllo presenti nella Società, unitamente alle previsioni del Codice Etico che costituiscono parte integrante del Modello, sono stati elaborati per costituire un presidio efficace al fine di prevenire qualsiasi tipologia di reato rilevante ai fini della normativa 231.
3.2. REATI PREVISTI DAL D.lgs 231/01 APPLICABILI A INTERPORTO CERVIGNANO DEL FRIULI SPA
La conoscenza della struttura e delle modalità realizzative dei reati, alla cui commissione è colle- gato il regime di responsabilità a carico della società, è funzionale alla prevenzione dei reati stessi.
Nel seguito viene riportata una descrizione sintetica delle fattispecie di reato previsti dal D.Lgs 231/01, corredata di alcune esemplificazioni.
3.2.1. Reati di malversazione e truffa
Malversazione a danno dello Stato o dell’Unione Europea (art. 316-bis c.p.)
Questo delitto consiste nell’effettuare un mutamento di destinazione (rispetto al fine per il quale sono erogati) di contributi, sovvenzioni o finanziamenti ottenuti dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee5.
Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.)
La fattispecie di delitto si realizza qualora la società consegua per sé o per altri erogazioni dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee, mediante presentazione di dichiarazioni (scritte o orali), o di altra documentazione materialmente e/o ideologicamente falsa ovvero attra- verso l’omissione di informazioni dovute.
Truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640, comma 2, n.1, c.p.)
Si tratta della normale ipotesi di truffa (art. 640 c.p.), aggravata dal fatto che il danno economico ricade sullo Stato o su altro ente pubblico.
La condotta consiste in qualsiasi tipo di menzogna (compreso l’indebito silenzio su circostanze che devono essere rese note) tramite la quale si ottiene che taluno cada in errore su qualcosa e compia, di conseguenza, un atto di disposizione che non avrebbe compiuto se avesse conosciuto la verità.
Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.)
La fattispecie si realizza se il fatto previsto dall’art. 640 c.p. (ossia la truffa) riguarda contributi, fi- nanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.
Frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art.640-ter c.p.)
3.2.2. Reati di concussione e corruzione
Corruzione per un atto d’ufficio o contrario ai doveri d’ufficio (artt. 318, 319 e 319-bis c.p.) La corruzione (art.318) si realizza quando il pubblico ufficiale per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa.
5 Qui e altrove, allorché si parla di “Comunità Europee” utilizzando la terminologia impiegata dalle norme incrimina- trici all’epoca della loro promulgazione e/o dei loro aggiornamenti, si intende fare riferimento all’Unione Europea e alle sue Istituzioni.
La nozione di pubblico ufficiale è quella definita dall’art. 357 c.p.
La fattispecie dell’art. 319 c.p. si realizza, invece, quando il pubblico ufficiale, per omettere o ritar- dare un atto del suo ufficio, ovvero per compiere un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa.
Si ha circostanza aggravante se il fatto di cui all’art. 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene (art. 319-bis c.p.).
Esempi
L’attività delittuosa del funzionario pubblico o del soggetto incaricato di pubblico servizio può, dunque, estrinsecarsi sia in un atto conforme ai doveri d’ufficio (ad esempio: velocizzare una pra- tica la cui evasione è di propria competenza), sia, e soprattutto, in un atto contrario ai suoi doveri (ad esempio: accettare denaro per garantire lo svolgimento di una attività non dovuta).
Corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.)
Tale fattispecie si realizza se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 c.p. siano commessi dal pubbli- co ufficiale per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo. La norma si applica a tutti i pubblici ufficiali e non soltanto ai magistrati.
Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.)
Le disposizioni dell’articolo 319 c.p. si applicano anche se il fatto è commesso da persona incari- cata di un pubblico servizio; quelle di cui all’articolo 318 c.p. si applicano anche alla persona inca- ricata di un pubblico servizio, quale definito dall’art. 358 c.p., ma solo qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
Pene per il corruttore (art. 321 c.p.)
Colui che corrompe commette una autonoma fattispecie di reato rispetto a quella compiuta dal pubblico ufficiale (o dall’incaricato di pubblico servizio) che si è lasciato corrompere nei modi e ponendo in essere le condotte contemplate negli articoli sopra richiamati.
Istigazione alla corruzione (art.322 c.p. come modificato dall’art.1 comma 75 della legge 06.11.2012 n.190)
Si configura allorché il privato tiene il comportamento incriminato dal sopra illustrato art. 321 c.p., ma il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) rifiuta l’offerta illecitamente avanzatagli.
Induzione indebita a dare o promettere utilità ( ex. art 319-quater c.p.)
Concussione (art. 317 c.p. come modificato dall’art.1 comma 75 della legge 06.11.2012 n.190) Tale fattispecie si realizza quando “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio [...] abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere inde- bitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità”.
La differenza tra la concussione e corruzione risiede nell’esistenza di una situazione idonea a de- terminare uno stato di soggezione del privato nei confronti del pubblico ufficiale.
Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi del- le Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e degli Stati esteri (art. 322-bis c.p.)
Le disposizioni degli artt. da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma c.p., si applicano anche a membri delle Istituzioni comunitarie europee, nonché ai funzionari delle stesse e dell’intera struttu- ra amministrativa comunitaria, e alle persone comandate presso la Comunità con particolari fun- zioni o addette ad enti previsti dai trattati. Le stesse disposizioni si applicano anche alle persone che nell’ambito degli Stati membri dell’Unione Europea svolgono attività corrispondenti a quelle che nel nostro ordinamento sono svolte da pubblici ufficiali o da incaricati di un pubblico servizio.
Definizioni
Pubblica Amministrazione
La Pubblica Amministrazione è un insieme di enti e soggetti pubblici (comune, provincia, regio- ne, stato, ministeri, etc.) e talora privati (organismi di diritto pubblico, concessionari, amministra- zioni aggiudicatrici, s.p.a. miste), e tutte le altre figure che svolgono in qualche modo la funzione amministrativa nell'interesse della collettività e quindi nell'interesse pubblico, alla luce del principio di sussidiarietà.
“La nozione di Pubblica Amministrazione …. sembra quindi debba intendersi in senso ampio e ta- le da ricomprendere l’insieme di tutti i soggetti, ivi inclusi i privati concessionari di servizi pubblici, le imprese pubbliche e gli organismi di diritto pubblico secondo la terminologia comunitaria, che sono chiamati ad operare, in relazione all’ambito di attività considerato, nell’ambito di una pubblica funzione.” (Consiglio Stato, parere n. 11482/2004).
Nozione di Pubblico ufficiale (art. 357 c.p.)
“Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali, coloro i quali esercitano una pubblica funzio- ne legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dal- la manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.
Persona incaricata di un pubblico servizio (art. 358 c.p.)
“Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazio- ne di opera meramente materiale”.
Va precisato che nello svolgimento delle attività di erogazione di strumenti agevolativi il personale della Società riveste il ruolo di “persona incaricata di pubblico servizio”, con gli effetti che ne conseguono ai sensi della normativa 231.
3.2.3. Reati con finalità di terrorismo ed eversione dall’ordine democratico
La commissione di reati può individuarsi nel finanziamento delle organizzazioni o dei gruppi terro- ristici. La società, nello svolgere la propria attività potrebbe instaurare dei rapporti con soggetti che perseguono direttamente o quali presta nome, finalità di terrorismo od eversione dall’ordine costi- tuzionale, agevolandoli o mettendo a loro disposizione risorse finanziarie.
3.2.4. Reati societari
False comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 c.c. come modificati dall’art.1 comma 77 della legge 06.11.2012 n.190 e dalla legge 27.05.15 n.69)
Fuori dai casi previsti dall’art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.
La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
Ai fini 231, è prevista la sanzione pecuniaria per l’ente da 200 a 400 quote.
Se, in seguito alla commissione del reato, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo.
Fatti di lieve entità Condotte rilevanti (art.2621-bis c.c.)
Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all’articolo 2621 sono di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta.
Salvo che costituiscano più grave reato, si applica la stessa pena di cui al comma predicente quando i fatti di cui all’articolo 2621 riguardano società che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell’articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n.267. In tale caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale.
Ai fini 231, è prevista la sanzione pecuniaria per l’ente da 100 a 200 quote.
Se, in seguito alla comunicazione del reato, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo.
Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione (art. 2624 c.c.)
Il reato consiste in false attestazioni od occultamento di informazioni, da parte dei responsabili della revisione, concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione.
Impedito controllo (art. 2625 c.c.)
Il reato consiste nell’impedire od ostacolare, mediante occultamento di documenti od altri idonei artifici, lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali, ovvero alle società di revisione.
Formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.)
Tale reato può consumarsi quando: viene formato o aumentato fittiziamente il capitale della società mediante attribuzione di azioni o quote sociali in misura complessivamente superiore all’ammontare del capitale sociale; vengono sottoscritte reciprocamente azioni o quote; vengono sopravvalutati in modo rilevante i conferimenti dei beni in natura, i crediti ovvero il patrimonio della società, nel caso di trasformazione.
Indebita restituzione dei conferimenti (art. 2626 c.c.)
La “condotta tipica” prevede, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, la restituzio- ne, anche simulata, dei conferimenti ai soci o la liberazione degli stessi dall’obbligo di eseguirli.
Illegale ripartizione degli utili o delle riserve (art. 2627 c.c.)
Tale condotta criminosa consiste nel ripartire utili o acconti sugli utili non effettivamente con- seguiti o destinati per legge a riserva, ovvero ripartire riserve, anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite.
Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.) Questo reato si perfeziona con l’acquisto o la sottoscrizione, fuori dei casi consentiti dalla legge, di azioni o quote sociali proprie o della società controllante che cagioni una lesione all’integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.
Operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.)
La fattispecie si realizza con l’effettuazione, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, di riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra società o scissioni, che cagionino danno ai creditori.
Omessa comunicazione del conflitto di interessi (art. 2629 bis c.c.)
La fattispecie si realizza con la violazione delle disposizioni di legge e di statuto che obbligano alla pubblicità dei conflitti di interesse.
Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.)
Il reato si perfeziona con la ripartizione di beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell’accantonamento delle somme necessario a soddisfarli, che cagioni un danno ai cre- ditori.
Corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da una a tre anni.
Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste.
Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo' 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.
Ai fini del presente Decreto, la violazione comporta l’applicazione della sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote.
Se, in seguito alla commissione del reato, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo.
Illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.)
La “condotta tipica” prevede che si determini, con atti simulati o con frode, la maggioranza in as- semblea allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto.
Aggiotaggio (art. 2637 c.c.)
La realizzazione della fattispecie prevede che si diffondano notizie false ovvero si pongano in es- sere operazioni simulate o altri artifici, concretamente idonei a cagionare una sensibile alterazio- ne del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento del pubblico nella stabilità patrimoniale di banche o gruppi bancari.
Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638 c.c.)
La condotta criminosa si realizza attraverso l’esposizione nelle comunicazioni alle autorità di vigi- xxxxx previste dalla legge, al fine di ostacolarne le funzioni, di fatti materiali non rispondenti al ve- ro, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sog- getti sottoposti alla vigilanza; ovvero attraverso l’occultamento con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte, di fatti che avrebbero dovuto essere comunicati, concernenti la situazione medesima.
3.2.5. Reati commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela
dell’igiene e della salute sul lavoro
Questa tipologia di reati è stata introdotta dalla L.123/2007, che, modificando il D.lgs 231/2001, ha introdotto l’art.25 septies.
Le sanzioni previste dalla 231 si applicano in caso di violazione degli articoli 589 e 590 terzo comma del codice penale, se commessi con violazione delle norme antiinfortunistiche e sulla tute- la dell’igiene e della salute sul lavoro.
Omicidio colposo (art. 589 cp)
La fattispecie si realizza quando chiunque cagiona per colpa la morte di un’altra persona.
Lesioni personali colpose (art 590 cp)
La fattispecie si realizza quando chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale; le le- sioni sono gravi o gravissime quando rientrano in una delle ipotesi previste dall’art 583 del Codice penale.
Rimangono fuori dall’ambito di rilevanza normativa della Società (ai fini della responsabilità civile e penale) gli infortuni derivanti dalla sussistenza del cd. rischio elettivo ossia il rischio diverso da quello a cui il lavoratore sarebbe ordinariamente esposto per esigenze lavorative ed abnorme ed esorbitante rispetto al procedimento di lavoro e che il lavoratore affronta per libera scelta con atto volontario puramente arbitrario per soddisfare esigenze meramente personali6.
3.2.6. Delitti contro il patrimonio mediante frode
Con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 290, Supplemento Ordinario n. 268 del 14 dicembre 2007 è stato emanato il Decreto Legislativo 231/07 di recepimento della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
Il D. Lgs. 231/07 introduce (art. 63, co. 3), per qualsiasi tipologia di società, i reati di ricettazione, riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita tra quelli che importano la responsabilità dell’ente (D.Lgs. 231/01, art. 25-octies). I reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita erano già rilevanti ai fini del D.Lgs. 231/200 ma esclusivamente se realizzati trasnazionalmente (ex art. 10 L. 146/06). A seguito dell'introduzione dell'art. 25- octies, i predetti reati – unitamente alla ricettazione – divengono rilevanti anche su base nazionale per specifiche tipologie di società -intermediari finanziari, operatori non finanziari e professionisti.
6 Confindustria, Linee Guida nella versione definitiva aggiornata al 31 marzo 2008
Ricettazione (art 648 cp):
La fattispecie si realizza quando al fine di procurare a sè o ad altri un profitto, si acquista, si riceve o si occulta denaro o cose provenienti da qualsiasi delitto, o comunque ci si intromette nel farli acquistare, ricevere o occultare.
Autoriciclaggio
Art. 648-ter. 1 cod. pen.
1. Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro
25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impie- ga, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.
2. Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro
12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
3. Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all'articolo 7 del de- creto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.
4. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
5. La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o fi- nanziaria o di altra attività professionale.
6. La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'indivi- duazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.
7. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.
(4) Articolo aggiunto dalla Legge 15 dicembre 2014, n. 186, art. 3, comma 3, "Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonché per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio."
In relazione al delitto dell'autoriciclaggio, la tutela, malgrado la sua collocazione tra i delitti contro il patrimonio, è essenzialmente rivolta all'amministrazione della giustizia, all'ordine economico ed al risparmio.
E' punibile chiunque abbia commesso o concorso a commettere, a monte, un delitto non colposo, dal quale siano derivati dei proventi ("denaro, beni e altre utilità"), successivamente poi reimmessi dallo stesso soggetto nel circuito legale, attraverso il loro impiego, trasferimento o sostituzione "in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative" lecite, con lo scopo di ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei proventi stessi.
Il qualsivoglia delitto con colposo a monte, a prescindere dal fatto che sia stato realizzato in autonomia operativa ovvero in concorso, deve essere attribuibile al / ad almeno uno dei / a tutti i soggetti attivi dell'autoriciclaggio.
Le pene sono quelle della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000.
In connessione con la minore gravità del delitto a monte, la reclusione sarà da uno a quattro anni e la multa da 2.500 a 12.000 euro "se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni".
Sarà nuovamente applicata la più grave pena (di cui al primo comma dell'art. 648 ter.1) qualora il denaro, i beni o le altre utilità provengano da un delitto commesso "con le condizioni e le finalità" di cui all'associazione di stampo mafioso.
Importa un aggravamento di pena l'aver commesso il fatto "nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale".
Importa invece la diminuzione della pena fino alla metà l'essersi "efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto" a monte.
Non sono punibili "le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale": è il caso in cui i proventi derivanti dal delitto non colposo a monte rimangono nel patrimonio dell'autore del delitto stesso, senza uscire verso terze destinazioni di "ripulitura" nel preciso quantum.
La nozione di "impiego" può riferirsi ad ogni forma di utilizzazione di capitali illeciti e, quindi, non si riferisce al semplice investimento.
La condotta della "sostituzione" del denaro, dei beni o di altre utilità di provenienza delittuosa, consiste nell" 'occultamento" della illegittima provenienza del denaro, dei beni, delle utilità mediante il rimpiazzo degli stessi. Il "trasferimento" implica il passaggio del denaro, dei beni o delle altre utilità da un soggetto ad un altro soggetto in modo che si disperdano le tracce della illegittima provenienza. Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, è richiesta la ricorrenza del dolo generico, inteso quale consapevolezza della provenienza delittuosa del bene e volontà della realizzazione delle condotte sopra indicate.
3.2.7 - Reati di natura ambientale
Con l’articolo 2 del Decreto Legislativo 7 luglio 2011, n. 121, che ha previsto l’inserimento nel De- creto dell’art.25 undecies, sono state introdotte nuove tipologie di reato presupposto concernenti lo stato di conservazione dell’ambiente.
La Legge 22 maggio 2015 n.68 recante “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente” (G.U. Serie Generale n.122 del 28-05-2015), ha poi modificato in maniera significativa il D.Lgs.152/06 ed ha introdotto all’interno del codice penale un lungo elenco di reati ambientali (collocati nel nuovo Ti- tolo VI-bis intitolato “Dei delitti contro l’ambiente”), per una buona parte dei quali è previsto l’essere presupposto per la responsabilità amministrativa dell’impresa. Ne è derivata, così, un’importante mo- difica ed integrazione del surrichiamato articolo 25 undecies del D.Lgs.231/01, con data di entrata in vigore 29 Maggio 2015.
Oltre al raddoppio dei termini di prescrizione, la riforma aggiunge al suo rigore punitivo anche ag- gravanti in relazione al fenomeno delle ecomafie e una cd. “aggravante ambientale” che prevede au- menti di pena e la procedibilità d’ufficio.
Di più: a seguito di condanna, il giudice può ordinare il ripristino dello stato dei luoghi, la pena acces- xxxxx della incapacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione e di disporre in ordine alla confi- sca, anche per equivalente.
Le nuove fattispecie per le quali è prevista la responsabilità` delle persone giuridiche sono riferibili a:
1. Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali sel- vatiche protette: art. 727-bis codice penale;
2. Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto: art. 733-bis codice pena- le;
3. Scarichi di acque reflue industriali senza autorizzazione o con autorizzazione sospesa o revoca- ta: art. 137 D.lgs. 152/06 (codice dell'ambiente) e s.m.i.;
4. Attività di gestione rifiuti non autorizzata: art. 256 D.lgs. 152/06 (codice dell'ambiente) e s.m.i.;
5. Inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio: art. 257 D.lgs. 152/06 (codice dell'ambien- te) e s.m.i.;
6. Obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari: art. 258 D.lgs. 152/06 (codice dell'ambiente) e s.m.i.;
7. Traffico illecito di rifiuti: art. 259 D.lgs. 152/06 (codice dell'ambiente) e s.m.i.;
8. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: art. 260 D.lgs. 152/06 (codice dell'ambiente)
e s.m.i.;
9. Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti: art. 260 bis D.lgs. 152/06 (codice dell'ambiente) e s.m.i.
10. Commercio di specie animali e vegetali in xxx xx xxxxxxxxxx x xxxxxxxxx x xxxxxxxxxx xx xxxxxxx- xx vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica: artt. 1 – 2 e 6 Legge 7 febbraio 1992, n. 150;
11. Misure a tutela dell'ozono stratosferico e dell'ambiente: art. 3, comma 6, legge 28 Dicembre 1993, n. 549 e s.m.i.;
12. Inquinamento provocato da navi: artt. 8 e 9 D.lgs. 6 novembre 2007, n. 202.
13. Inquinamento ambientale: art. 452-bis c.p.
14. Disastro ambientale: art. 452-quater c.p.
15. Delitti colposi contro l’ambiente: art. 452-quinquies c.p.
16. Circostanze aggravanti: art. 452-octies c.p.
17. Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività: art. 452-sexies c.p.
A conclusione dell’attività di analisi dei rischi descritta in precedenza, la Società, alla luce della particolare attività svolta, ha obiettivamente ritenuto di poter escludere la possibilità che possano verificarsi eventi legati alle ipotesi descritte nei sub numeri:
1. Uccisione, distruzione, cattura,prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali sel- vatiche protette: art. 727-bis codice penale;
10. Commercio di specie animali e vegetali in via di estinzione e commercio e detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica: artt. 1 – 2 e 6 Legge 7 febbraio 1992, n. 150;
12. Inquinamento provocato da navi: artt. 8 e 9 D.lgs. 6 novembre 2007, n. 202.
Il Modello di Organizzazione e Gestione, con riferimento al presente punto 3.2.7 ”reati di natura ambientale”, prende quindi in considerazione le ipotesi di seguito elencate.
8.1. Scarichi di acque reflue industriali Condotte rilevanti
Art. 133 Decreto Legislativo 3 Aprile 2006, nr. 152 e s.m.i.
1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da 3.000 euro a 30.000 euro.
Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a
20.000 euro.
2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da 6.000 euro a 60.000 euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione e da 600 euro a 3.000 euro.
3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, e punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
1.500 euro a 15.000 euro. […]
8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da
1.500 euro a 6.000 euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.
9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.
Art.137 Decreto Legislativo 3 Aprile 2006,nr.152 e s.m.i.
1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da
1.500 euro a 10.000 euro.
2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle
tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena e dell'arresto da tre mesi a tre anni.
3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni.
(…)
5. Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da 6.000 euro a 120.000 euro. (comma così modificato dall'articolo 1 della legge n. 36 del 2010)
9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.
11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni.
8.2. Attività di gestione rifiuti non autorizzata Condotte rilevanti
Art.256 Decreto Legislativo 3 Aprile 2006, nr. 152 e s.m.i.
1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro 5.200 a euro 52.000 se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi.
5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).
6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro.
8.3. Bonifica dei siti Condotte rilevanti
Art.257 Decreto Legislativo 3 Aprile 2006,nr.152 e s.m.i.
1. Chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 1.000 euro a 26.000 euro.
2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da 5.200 euro a
52.000 euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.
8.4. Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari
Condotte rilevanti
Art.258 Decreto Legislativo 3 Aprile 2006,nr.152 e s.m.i.
1. I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 euro a 15.500 euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 26 euro a 160 euro.
2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 euro a
15.500 euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 15.500 euro a 93.000 euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dalla carica di amministratore.
4. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.
8.5. Traffico illecito di rifiuti Xxxxxxxx rilevanti
Art.259 Decreto Legislativo 3 Aprile 2006,nr.152 e s.m.i.
1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell'ammenda da 1.550 euro a 26.000 euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.
8.6. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti Condotte rilevanti
Art.260 Decreto Legislativo 3 Aprile 2006,nr.152 e s.m.i.
1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.
2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice.
4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.
8.7. Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti
Condotte rilevanti
Art.260-bis Decreto Legislativo 3 Aprile 2006,nr.152 e s.m.i.
5. Si applica la pena di cui all’articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un cer- tificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di tracciabilità dei rifiuti for- nisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-
fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della trac- ciabilità dei rifiuti.
7. Si applica la pena di cui all’articolo 483 c.p. in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Ta- le ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati.
8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI – AREA Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale.
8.8. Misure a tutela dell'ozono stratosferico e dell'ambiente Condotte rilevanti
Legge 28 dicembre 1993, n. 549 e s.m.i.
art. 3, comma 6 (Cessazione e riduzione dell'impiego delle sostanze lesive)
1. La produzione, il consumo, l'importazione, l'esportazione, la detenzione e la commercializzazione delle sostanze lesive di cui alla tabella A allegata alla presente legge sono regolati dalle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 3093/94.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è vietata l'autorizzazione di impianti che prevedano l'utilizzazione delle sostanze di cui alla tabella A allegata alla presente legge, fatto salvo quanto disposto dal regolamento (CE) n. 3093/94.
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono stabiliti, in conformità alle disposizioni ed ai tempi del programma di eliminazione progressiva di cui al regolamento (CE) n. 3093/94, la data fino alla quale è consentito l'utilizzo di sostanze di cui alla tabella A, allegata alla presente legge, per la manutenzione e la ricarica di apparecchi e di impianti già venduti ed installati alla data di entrata in vigore della presente legge, ed i tempi e le modalità per la cessazione dell'utilizzazione delle sostanze di cui alla tabella B, allegata alla presente legge, e sono altresì individuati gli usi essenziali delle sostanze di cui alla tabella B, relativamente ai quali possono essere concesse deroghe a quanto previsto dal presente comma. La produzione, l'utilizzazione, la commercializzazione, l'importazione e l'esportazione delle sostanze di cui alle tabelle A e B allegate alla presente legge cessano il 31 dicembre 2008, fatte salve le sostanze, le lavorazioni e le produzioni non comprese nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 3093/94, secondo le definizioni ivi previste. (1)
4. L'adozione di termini diversi da quelli di cui al comma 3, derivati dalla revisione in atto del regolamento (CE) n. 3093/94, comporta la sostituzione dei termini indicati nella presente legge ed il contestuale adeguamento ai nuovi termini.
5. Le imprese che intendono cessare la produzione e la utilizzazione delle sostanze di cui alla tabella B allegata alla presente legge prima dei termini prescritti possono concludere appositi accordi di programma con il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dell'ambiente, al fine di usufruire degli incentivi di cui all'art. 10, con priorità correlata all'anticipo dei tempi di dismissione, secondo le modalità che saranno fissate con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con il Ministro dell'ambiente.
6. Chiunque vìoli le disposizioni di cui al presente articolo, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda fino al triplo del valore delle sostanze utilizzate per fini produttivi, importate o commercializzate. Nei casi più gravi, alla condanna consegue la revoca dell'autorizzazione o della licenza in base alla quale viene svolta l'attività costituente illecito (2).
8.9. Sanzioni
Art.279 Decreto Legislativo 3 Aprile 2006,nr.152 e s.m.i.
(articolo così modificato dall'articolo 3, comma 13, d.lgs. n. 128 del 2010)
1. Chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua l'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 258 euro a 1.032 euro. Con la stessa pena è punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'articolo 269, comma 8. Chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall'articolo 269, comma 8, è assoggettato ad una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 1.000 euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità competente.
2. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente ai sensi del presente titolo è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione
3. Chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un'attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell'articolo 269, comma 6, o ai sensi dell'articolo 272, comma 1, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032 euro.
4. Chi non comunica all'autorità competente i dati relativi alle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 6, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a 1.032 euro.
5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell'arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualita dell'aria previsti dalla vigente normativa
6. Chi, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda fino a 1.032 euro.
7. Per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 276, nel caso in cui la stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 277 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.493 euro a 154.937 euro. All'irrogazione di tale sanzione provvede, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di recidiva.
Per quanto concerne le tipologie di reato previste nel presente punto 8. “Reati di Natura Ambientale”, la Società, a fattor comune, al fine di porre ostacolo all’eventuale insorgenza di comportamenti illeciti, ha posto in essere gli elementi di contrasto di seguito elencati.
8.10. Inquinamento ambientale Condotte rilevanti
Art. 452-bis c.p.
E’ punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.
Ai fini 231, è prevista la sanzione pecuniaria per l’ente da 250 a 600 quote. E’ prevista espressamente l’applicazione delle sanzioni interdittive elencate nell’art. 9 del D.Lgs. 231/01 per l’azienda, per un periodo non superiore ad un anno.
8.11. Disastro ambientale Condotte rilevanti
Art. 452-quater c.p.
Fuori dai casi previsti dall'articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale e' punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo. Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.
Ai fini 231, è prevista la sanzione pecuniaria per l’ente da 400 a 800 quote. E’ prevista espressamente l’applicazione delle sanzioni interdittive elencate nell’art. 9 del D.Lgs.231/01 per l’azienda.
8.12. Delitti colposi contro l’ambiente Condotte rilevanti
Art. 452-quinquies c.p.
Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452-bis e 452 quater è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi.
Se dalla commissione dei fatti di cui al comma precedente deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo.
Ai fini 231, è prevista la sanzione pecuniaria per l’ente da 200 a 500 quote.
8.13. Circostanze aggravanti Condotte rilevanti
Art. 452-octies c.p.
Quando l’associazione di cui all’articolo 416 è diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, le pene previste dal medesimo articolo 416 sono aumentate.
Quando l’associazione di cui all’articolo 416-bis è finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo ovvero all’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale, le pene previste dal medesimo articolo 416-bis sono aumentate.
Le pene di cui ai commi primo e secondo sono aumentate da un terzo alla metà se dell’associazione fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.
Ai fini 231, è prevista la sanzione pecuniaria per l’ente da 300 a 1000 quote.
8.14. Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività Condotte rilevanti
Art.452-sexies c.p.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività.
La pena di cui al primo comma è aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento:
1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l’incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà. Ai fini 231, è prevista la sanzione pecuniaria per l’ente da 250 a 600 quote.
Prescrizioni
Assoluto divieto per tutti i destinatari di:
- porre in essere condotte finalizzate a violare le prescrizioni in materia di gestione dei rifiuti, delle fonti emissive e degli scarichi di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose,
- falsificare o alterare le comunicazioni ambientali nei confronti della P.A., ivi compresi i dati e le informazioni relative alle emissioni in atmosfera da comunicare alle Autorità di controllo;
- abbandonare o depositare in modo incontrollato i rifiuti ed immetterli, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee;
- violare gli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari per la gestione dei rifiuti;
- falsificare/alterare e/o compilare i certificati di analisi dei rifiuti riportando informazioni non corrette e/o veritiere sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti stessi;
- violare l’obbligo di prevedere, al verificarsi di un evento potenziale in grado di contaminare il sito, la messa in opera di misure di prevenzione e bonifica necessarie, fornendo tempestiva comunicazione alle autorità competenti.
Le sopraelencate prescrizioni costituiscono una declinazione analitica di quelle, più generali, che trovano posto nell’ambito dei sottoelencati documenti che improntano la politica ambientale complessiva della Interporto Cervignano del Friuli S.p.A.
3.2.8 - Impiego di cittadini di paese terzi il cui soggiorno è irregolare
Il D.Lgs 109/2012 del 16.07.2012, pubblicato in G.U. in data 25.07.2012, ed entrato in vigore il 09.08.2012 realizza un ulteriore aggiornamento dei reati del L.Lgs 231/01 introducendo il reato di “impiego di cittadini di Paese terzi il cui soggiorno è irregolare”.
Viene così introdotto il legge l’art. 25 duodecies che si riporta integralmente:
“In relazione alla commissione del delitto di cui all’art. 22 comma 12 bis del D.Lgs. 25.07.1998, n. 286, si applica all’Ente la sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, entro il limite di 150.000 euro”
3.3. LE ATTIVITA’ SENSIBILI AI FINI DEL D.lgs. 231/2001
L’analisi dei processi aziendali di Interporto, svolta nel corso del Progetto, ha consentito di individuare le attività nel cui ambito potrebbero astrattamente realizzarsi le fattispecie di reato richiamate; quest’analisi è sintetizzata nella matrice che associa alle attività aziendali i possibili reati, riportata in allegato; di seguito vengono riportate le attività sensibili identificate, per ciascuna delle quali è stato redatto un protocollo, riportato in allegato.
Relativamente alle attività poste in essere sulla tutela e sicurezza del lavoro, il Modello Organizzativo ha recepito le indicazioni previste dall’art.30 del D.lgs. 81/2008, emanato in attuazione della L.123/07; tali indicazioni sono dettagliate nel protocollo specifico.
Si precisa che tutte le attività relative alla sicurezza sul lavoro per la gestione delle attività dell’Interporto sono a carico dell’Associazione Temporanea di Imprese, così come previsto dagli artt.9 e 26 del contratto di gestione tecnica e operativa dell’Interporto, stipulato in data 29 giugno 2006. Quanto definito ai sensi della normativa sulla sicurezza si riferisce esclusivamente agli spazi ad uso ufficio utilizzati dalla Società.
Le tipologie di reati informatici, e le relative prescrizioni, considerata la residua applicabilità alla struttura societaria, sono contenuti nel Codice Etico della Società e non è stato redatto un protocollo specifico.
1. Gestione gare ed appalti
L’attività è relativa alle procedure di affidamento di lavori ed acquisizione di forniture e servizi per il corretto funzionamento dell’Azienda. La Società applica le procedure previste dalla normativa su gli appalti pubblici (L.163/06).
2. Gestione di contributi erogati dalla Regione o da altri Enti Pubblici
L’attività è relativa alla presentazione di domande ed all’ottenimento di contributi da parte della Regione o di altri Enti pubblici (compresi contributi a valere su Fondi della Comunità Europea), ed alle successive attività di resocontazione dell’utilizzo dei fondi e di altri adempimenti connessi all’ottenimento dei contributi.
3. Gestione delle risorse finanziarie e acquisti
L’attività attiene genericamente alla gestione delle disponibilità finanziarie della società, sia per le movimentazioni dalla gestione degli incassi e dei pagamenti dell’operatività ordinaria sia per gli investimenti e disinvestimenti della liquidità, compresi i servizi di tesoreria prestati da Friulia Spa. Tratta inoltre dell’attività di acquisto di beni e servizi inerenti all’attività della società nonché la gestione degli aspetti autorizzativi e amministrativo/contabili relativi alla offerta di omaggi, alle sponsorizzazioni anche nei confronti di Pubbliche Amministrazioni ed enti assimilati e alle spese di rappresentanza, organizzazione di convegni, spese promozionali, ecc.
4. Amministrazione del personale e rapporti con Enti previdenziali, gestione di ispe- zioni e verifiche da parte degli Enti previdenziali
Questa attività comprende alcuni segmenti del processo di gestione del personale, che possono risultare rilevanti per evitare la commissione di reati; in particolare: la selezione, l’assunzione, la valutazione del personale; la definizione ed il controllo delle spese sostenute dal personale dipendente; la definizione dei sistemi di incentivazione; la gestione dei rapporti con gli Enti Pubblici preposti alla gestione dei rapporti previdenziali ed assistenziali (INPS, INAIL, Ispettorato del lavoro, ecc.).
5. Rapporti con autorità, gestione di ispezioni e verifiche da parte delle Autorità di Xxxxxxxxx ; ottenimento di autorizzazioni, licenze e provvedimenti amministrativi occasionali
Si tratta dell’attività di gestione dei rapporti intrattenuti da alcune funzioni all’interno della società con organismi di vigilanza (ad es.: Garante Privacy, ecc.) relativi allo svolgimento di attività regolate dalla legge, nonché la conduzione dei rapporti con i soggetti pubblici per l’ottenimento di eventuali autorizzazioni e licenze.
6. Contenzioso legale
Gestione dei contenziosi in essere (per recupero di crediti, contenziosi con il personale o di altro tipo) e gestione dei rapporti con i legali esterni incaricati.
7. Gestione della Contabilità generale, dei libri inventari e predisposizione del Bilan- cio, attività relative alle riunioni assembleari, e relativi ad adempimenti di oneri informativi obbligatori per legge; Gestione adempimenti sociali e rapporti con gli organi societari
Gestione della contabilità generale, elaborazione dei bilanci e conseguenti adempimenti obbligato- ri, predisposizione della documentazione oggetto di esame da parte dell'assemblea dei soci. Ela- borazione di reporting gestionali per i soci e per l'assemblea, aggiornamento e tenuta dei libri so- ciali obbligatori.
8. Gestione della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro
Gestione della sicurezza del luogo di lavoro, con riferimento al personale dipendente ed altri col- laboratori ai fini della loro salvaguardia e tutela da rischi connessi alla incolumità ed allo stato di salute.
9. Tutela dell’Ambiente
Gestione della tutela dell’Ambiente al fine di assicurare l’applicazione ed il rispetto delle prescri- zioni, delle procedure e della prassi in materia ambientale
Per ogni attività sensibile è stato elaborato un protocollo ed una scheda di sintesi da cui poter trarre tutte le necessarie indicazioni che se effettivamente eseguite consentirebbero di prevenire il concretizzarsi di ipotesi di reato ex Legge 231.