Circolare Informativa
Circolare Informativa
27 Agosto 2012
“RIFORMA FORNERO” – PRINCIPALI NOVITA’
La Legge 92/2012 (Riforma Fornero) entrata in vigore il 18 Luglio 2012 apporta significative modifiche alla regolamentazione del mercato del lavoro.
In sintesi le principali novità:
CONTRATTO A TERMINE
Contratto a termine “senza causa”
Dall’entrata in vigore della legge è possibile stipulare un contratto a termine “senza causa” per non più di 12 mesi, a condizione che tra le parti non siano intercorsi altri rapporti di lavoro, neanche in somministrazione, se non di apprendistato o di collaborazione coordinata e continuativa. Tale contratto non è tuttavia prorogabile mentre è ammessa la successiva stipula di altri contratti a termine nel rispetto del D.Lgs. 368/2001 (con causa e altre limitazioni).
La possibilità di stipulare un contratto a termine senza causa è ammessa anche per la prima missione nel contratto di somministrazione.
Protrazione del contratto a termine
Il rapporto di lavoro a termine ora può essere protratto dopo la sua scadenza (previa comunicazione al Centro per l’Impiego) per ulteriori 30 o 50 giorni, a seconda che il contratto abbia durata inferiore o superiore a 6 mesi corrispondendo al lavoratore una maggiorazione sulla retribuzione del 20% per i primi 10 giorni e del 40% per i successivi.
Successione dei contratti
Gli intervalli per la stipula di una successione di contratti a termine sono stati allungati da 10 a 60 giorni e da 20 a 90 giorni, a seconda che il contratto scaduto sia stato di durata inferiore o superiore a 6 mesi.
I contratti collettivi possono tuttavia prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti periodi tra un contratto e l’altro a:
20 giorni (anziché 60) in caso di contratto di durata fino a 6 mesi;
30 giorni (anziché 90) in caso di contratto di durata oltre i 6 mesi;
nei casi in cui l'assunzione a termine avvenga nell'ambito di un processo organizzativo
CDA STUDIO LEGALE TRIBUTARIO
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determinato: dall'avvio di una nuova attività, dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, dall'implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo, dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente.
Il “Decreto sviluppo” di cui al D.L. n. 83/2012, convertito in Legge 134/2012 entrata in vigore in data 11 Agosto 2012, ha esteso inoltre tale riduzione degli intervalli sulle riassunzioni a termine (20 e 30 giorni) ai lavoratori stagionali e in ogni altra ipotesi prevista dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello da parte di organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
In caso di mancato rispetto dei periodi di intervallo di cui sopra, il secondo rapporto si intende a tempo indeterminato.
Xxxxxx complessiva del contratto a termine
Ai fini del computo del periodo massimo di 36 mesi (comprendente anche proroghe e rinnovi) bisogna ora considerare anche i periodi di lavoro svolti in somministrazione tra i medesimi soggetti per mansioni equivalenti, quindi i periodi di lavoro svolti tramite agenzie interinali.
Impugnazione del contratto a termine da parte del dipendente
Con la riforma viene aumentato a 120 giorni il termine per l’impugnazione del contratto decorrenti dalla scadenza dello stesso, mentre il termine per la proposizione dell’azione giudiziaria viene portato a 180 giorni.
Contributo addizionale Inps
A partire dall’anno 2013 è previsto un aggravio contributivo nella misura del 1,40%, quale contributo addizionale calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori a tempo determinato.
Il contributo addizionale non si applica:
- ai lavoratori assunti a termine per sostituzione di altri lavoratori assenti;
- agli apprendisti;
- ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di attività stagionali;
- ai lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Tale contributo addizionale verrà restituito, nei limiti di 6 mensilità, al datore di lavoro che trasformi a tempo indeterminato il rapporto di lavoro, una volta decorso il periodo di prova.
APPRENDISTATO
Con la riforma il contratto di apprendistato diventa lo strumento tipico di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Le principali novità riguardano:
- la durata minima che viene stabilita in 6 mesi, fatta eccezione per le attività stagionali per le quali è possibile stipulare dei contratti più brevi;
- il rapporto tra n. di apprendisti e n. di maestranze presenti in azienda, che sale a 3 apprendisti ogni 2 maestranze specializzate e qualificate per le aziende che occupano più di 10 dipendenti; rimane invece inalterato il rapporto per le aziende che occupano fino a dieci dipendenti, per le quali il numero massimo di apprendisti non può essere superiore al 100% delle maestranze specializzate e qualificate presenti in azienda;
- la possibilità per l’apprendista di beneficiare dell’assicurazione sociale per l’impiego (Aspi) che andrà a sostituire l’attuale indennità di disoccupazione.
LAVORO INTERMITTENTE O “A CHIAMATA”
Vengono ridefiniti i requisiti per l’utilizzo del lavoro “a chiamata” stabilendo che:
- venga rimessa alla contrattazione collettiva la determinazione, con riferimento alle peculiarità e ai bisogni di ciascun settore merceologico, le situazioni che giustificano la stipulazione di contratti individuali di lavoro intermittente;
- indipendentemente da quanto stabilito dai ccnl, possono essere posti in essere rapporti di lavoro intermittente con soggetti con più di 55 anni di età e con meno di 24 anni di età, a condizione che le prestazioni contrattuali vengano svolte entro il 25° anno di età.
I contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge (18 luglio 2012), che non siano compatibili con le nuove norme, cesseranno di produrre effetti decorsi 12 mesi da tale data.
Con la riforma viene introdotto inoltre un obbligo di comunicazione preventiva alla Direzione Territoriale del Lavoro con modalità semplificate (sms, fax o posta elettronica) prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni. Le modalità operative di comunicazione contenute nella nota della Direzione Generale per le Politiche dei Servizi per il Lavoro del 9 Agosto 2012 dispongono di effettuare la comunicazione con apposito modulo mediante i seguenti canali:
1.FAX al n.000.000.000 a partire dal 13 agosto 2012; 2.SMS al n. 339.9942256 a partire dal 17 agosto 2012;
3.e-mail all’indirizzo xxxxxxxxxxxxx@xxxxxx.xxx.xx a partire dal 17 agosto 2012; 4.on-line al portale clic lavoro xxx.xxxxxxxxxx.xxx.xx a partire dal 1 ottobre 2012.
L’omissione della comunicazione preventiva comporta l’applicazione al datore di lavoro di una sanzione da 400 a 2.400 euro per ciascun lavoratore per cui non è stata effettuata la suddetta comunicazione.
LAVORO A PROGETTO
Viene ristretto il campo di corretta applicazione del lavoro a progetto:
- risulta eliminato il riferimento al “programma di lavoro o a una fase di esso” richiedendo tassativamente il risultato finale dell’attività del collaboratore;
- viene chiarito inoltre che il progetto non può consistere nell’esecuzione di compiti meramente esecutivi o ripetitivi;
- viene prevista la possibilità di recedere per giusta causa o con preavviso (solo per il collaboratore), se previsto nel contratto individuale; il committente potrà recedere invece per “inidoneità professionale del collaboratore, tale da non consentire la prosecuzione del rapporto”;
- risulta introdotto un “compenso minimo” per il collaboratore, facendo riferimento ad importi stabiliti per ciascun settore di attività, riferiti ai minimi salariali applicati a mansioni analoghe svolte dai lavoratori dipendenti, secondo quanto stabilito dai ccnl;
- il progetto non deve essere la riproposizione dell’oggetto sociale del committente (venendo altrimenti meno la sua specificità);
- la mancata individuazione del progetto determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato, senza possibilità di prova contraria.
PRESTAZIONI D’OPERA E COLLABORAZIONI COORDINATE E
CONTINUATIVE
Il nuovo art. 69bis del D.Lgs. 276/2003 prevede che le prestazioni lavorative rese da un soggetto titolare di partita iva siano considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano almeno 2 dei seguenti presupposti:
1. che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore a 8 mesi annui per due anni consecutivi;
2. che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi , costituisca più dell’80% dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi;
3. che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
Considerando che la collaborazione può tuttavia essere stipulata solamente nella forma del contratto a progetto, in mancanza di quest’ultimo, il rapporto si intende di
lavoro subordinato. Il committente può fornire comunque prova contraria. La presunzione non opera nei seguenti casi:
- la prestazione lavorativa sia connotata da elevata competenza teorica o capacità tecnico- pratiche e il reddito del prestatore sia non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legga 2 agosto 1990 n. 233, pertanto non sia inferiore a 18.000 euro;
- il titolare della partita iva svolga un’attività professionale per la quale sia necessaria l’iscrizione ad un Ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi ruoli o elenchi professionali e per l’esercizio della quale l’ordinamento detta specifici requisiti e condizioni.
LAVORO ACCESSORIO
La riforma ridefinisce il lavoro accessorio come quelle “attività di natura meramente occasionale
che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a
5.000 euro nel corso di un anno solare”. Il limite del corrispettivo annuo percepito da ogni singolo committente, che rivesta la qualità di imprenditore commerciale o professionista, non può superare tuttavia i 2.000 euro.
Sono stati inoltre soppressi l’elenco delle attività di natura occasionale che potevano essere prestate con la formula del lavoro accessorio e le norme che permettevano alle imprese familiari di ricorrere al lavorio accessorio per un importo complessivo, in ciascun anno fiscale, fino a 10.000 euro, nonché quelle che prevedevano le discipline sperimentali (fino al 31.12.2012) che legittimavano il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di titolari di contratto di lavoro parziale e di percettori di prestazioni integrative di salario o sostegno del reddito.
Con l’approvazione del Decreto Sviluppo è stata introdotta tuttavia una deroga solo per l’anno 2013 durante il quale possono essere rese prestazioni di lavoro accessorio in qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, nel limite di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare da percettori di prestazioni integrative salariali o di sostegno al reddito.
Nel settore agricoltura vengono introdotte alcune limitazioni, quali:
- l’esclusione delle casalinghe dal novero dei soggetti abilitati a rendere prestazioni di natura occasionale nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale;
- l’impossibilità per i piccoli produttori agricoli, con volume di affari non superiore a 7.000 euro, di avvalersi di prestazioni rese da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
I voucher dovranno essere orari, numerati progressivamente e datati. Per i buoni già richiesti al momento dell’entrata in vigore della legge resta in vigore la normativa precedente.
LAVORO A TEMPO PARZIALE
Le nuove disposizioni prevedono che i contratti collettivi stabiliscano condizioni e modalità che consentano al lavoratore di richiedere l’eliminazione o la modifica delle clausole flessibili ed elastiche. E’ riconosciuta al dipendente in determinati casi la facoltà di revocare il consenso prestato all’inserimento di clausole flessibili ed elastiche (es. presenza di patologie oncologiche o lavoratori studenti).
ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE CON APPORTO DI
LAVORO
Le novità principali riguardano:
- la presunzione della natura subordinata del rapporto se non è presentato il rendiconto, non c’è partecipazione agli utili e l’associato svolge attività poco qualificata; la presunzione non è tuttavia assoluta e l’associante può dimostrare il contrario;
- il numero degli associati che non può essere superiore a 3 per la medesima attività, con l’unica eccezione del caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il 3° grado e di affinità entro il 2° grado.
La clausola di salvaguardia fa salvi i contratti in essere alla data di entrata in vigore della legge, purché siano stati certificati secondo quanto previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 276/2003. I contratti certificati avranno valore fino alla loro cessazione.
CONVALIDA DIMISSIONI
Per contrastare il cosiddetto fenomeno delle “dimissioni in bianco” viene rafforzato il regime della convalida, che diviene “condizione sospensiva” della risoluzione del rapporto di lavoro, e viene aumentato il periodo di tempo entro cui la convalida può avvenire.
L’obbligo di convalida presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente per territorio delle dimissioni volontarie o della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro diventa infatti obbligatorio per la lavoratrice madre fino ai primi 3 anni di età del bambino.
In tutti gli altri casi di dimissioni volontarie è stata introdotta invece una condizione sospensiva dell’efficacia della cessazione del rapporto di lavoro al verificarsi della convalida presso:
- la sede della Direzione Territoriale del Lavoro territorialmente competente;
- la sede del Centro per l’Impiego territorialmente competente;
- le sedi individuate dalla contrattazione collettiva.
In alternativa, l’efficacia delle dimissioni o della risoluzione consensuale è sospensivamente
condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione al Centro per l’Impiego.
Il rapporto di lavoro si intende comunque risolto qualora il lavoratore non aderisca, entro il termine di 7 giorni dalla ricezione all’invito (da inviarsi o consegnare al lavoratore entro 30 gg. dalla comunicazione di dimissioni):
- a presentarsi presso la Direzione Territoriale del Lavoro o il Centro per l’Impiego territorialmente competenti;
- ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmessa dal datore di lavoro tramite comunicazione scritta.
In mancanza di convalida o di trasmissione da parte del datore di lavoro entro 30 gg. dalla comunicazione delle dimissioni dell’invito a convalidare le dimissioni, queste ultime divengono inefficaci.
CONGEDO DI PATERNITA’ E VOUCHER PER L’ACQUISTO DI SERVIZI DI BABY-SITTING
Congedo di paternità
Per il periodo transitorio 2013-2015, al fine di promuovere “una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”, sono state introdotte le seguenti novità:
- obbligo per il padre lavoratore dipendente, entro i 5 mesi dalla nascita del figlio, di xxxxxxxsi dal lavoro per un periodo di 1 giorno;
- facoltà per il padre lavoratore dipendente, sempre entro i 5 mesi dalla nascita del figlio, di xxxxxxxsi per ulteriori 2 giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima.
L’Inps, per tali giorni, corrisponde un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione.
Voucher per acquisto di servizi di baby-sitting
Sempre per il periodo di 2013-2015 la legge di riforma prevede che un decreto, da emanarsi entro un mese dall’entrata in vigore della riforma, disponga la regolamentazione per la corresponsione alla madre lavoratrice di voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting ovvero per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati, di cui usufruire al termine del periodo di congedo di maternità e per gli 11 mesi successivi, in alternativa al congedo parentale.
DISABILI
Allo scopo di agevolare l’inserimento e l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone con
disabilità, sono stati modificati i criteri previsti dalla Legge 68/99, prevedendo che vengano inseriti nella base di computo aziendale tutti i lavoratori con contratto di lavoro subordinato.
Inoltre, ai fini dell’esonero, viene ora previsto che nel personale di cantiere del settore edile si ricomprenda anche quello direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere, indipendentemente dall’inquadramento previdenziale dei lavoratori.
LICENZIAMENTI INDIVIDUALI
Con la riforma Fornero viene modificata la disciplina generale contenuta nella Legge 604/66 (legge sui licenziamenti) e sono apportate importanti modifiche all’art. 18 della Legge 300/70.
Le novità principali in materia di licenziamenti che interessano tutte le aziende, indipendentemente dal requisito dimensionale, sono le seguenti:
- nella comunicazione di licenziamento devono essere ora indicati obbligatoriamente i motivi
del recesso, pena l’inefficacia del licenziamento;
- il recesso per licenziamenti disciplinari ha effetto dall’avvio del procedimento (data di consegna della lettera di contestazione);
- i termini per la proposizione dell’azione giudiziaria da parte del lavoratore scendono da 270 gg. a 180 gg.;
- la reintegrazione al posto di lavoro, con opzione per la risoluzione del rapporto in cambio di 15 mensilità, rimane in essere solo nelle seguenti ipotesi:
o licenziamento nullo perché discriminatorio (credo politico, fede religiosa, appartenenza sindacale, razza, lingua, sesso, handicap, ecc.);
o licenziamento nullo perché in concomitanza con il matrimonio;
o licenziamento nullo perché in violazione dei divieti a sostegno della maternità e paternità (nei periodi di gravidanza e puerperio);
o licenziamento riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante;
o licenziamento verbale.
Le retribuzioni maturate dal licenziamento alla data di reintegrazione vengono ora decurtate di quanto percepito dal lavoratore per altra attività lavorativa o che avrebbe dovuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione; sui relativi contributi non saranno inoltre applicate sanzioni da parte degli istituti previdenziali.
Qualora il lavoratore reintegrato non rientri al lavoro nel termine di 30 gg. dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, il rapporto di lavoro cessa;
- in caso di disposizione da parte del giudice di reintegrazione del lavoratore al posto di lavoro, e opzione del lavoratore per l’indennità sostitutiva, il rapporto si estingue non più
con il pagamento dell’indennità ma con la comunicazione dell’esercizio dell’opzione;
- il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro 15 gg. dalla sua impugnazione da parte del lavoratore. Il lavoratore non può rifiutare la revoca. Qualora risulti assente ingiustificato per mancata ripresa del servizio, potrà essere licenziato all’esito del procedimento disciplinare.
NORME APPLICABILI SOLO ALLE AZIENDE CON PIÙ DI 15 DIPENDENTI O 5 DIPENDENTI (SE DATORE DI LAVORO AGRICOLO)
Licenziamento per giustificato motivo oggetto
Per il datore di lavoro che intende procedere con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo è stato introdotto l’onere di promuovere, prima di intimare il recesso, un tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi alla Direzione Territoriale del Lavoro. Il tentativo è finalizzato a cercare soluzioni alternative al licenziamento. Tale comunicazione, indirizzata alla DTL e per conoscenza al lavoratore, deve contenere sia i motivi in base ai quali il datore di lavoro intende procedere al licenziamento sia le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
Al termine della procedura, nel caso in cui venga confermato il licenziamento, il lavoratore ha diritto all’Aspi (equivalente all’attuale indennità di disoccupazione). Il licenziamento avrà effetto dalla data di avvio del procedimento, pertanto avrà effetto retroattivo, fatto salvo l’eventuale diritto al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva.
I regimi di tutela previsti sono così differenziati:
1. Reintegrazione al posto di lavoro e risarcimento del danno: quando l’illegittimità del licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo è riconosciuta:
a. al lavoratore ritenuto inidoneo alle mansioni per malattia fisica o psichica;
b. al lavoratore non più idoneo al disimpegno delle mansioni per infortunio sul lavoro o malattia professionale, ma utilizzabile per mansioni equivalenti o inferiori;
c. al disabile obbligatoriamente assunto, quando risulti scoperta la quota di riserva;
d. al lavoratore per superamento del periodo di comporto;
oppure quando il licenziamento dissimuli un licenziamento determinato da ragioni discriminatorie.
2. Reintegrazione al posto di lavoro o indennizzo (a discrezione del giudice): quando il giudice accerta “la manifesta insussistenza del fatto” addotto quale giustificato motivo.
3. Risarcimento del danno (senza reintegro al posto di lavoro): quando “non ricorrono gli estremi” del giustificato motivo oggettivo.
Licenziamento disciplinare
Per il licenziamento disciplinare sono ora previsti 3 regimi di tutela:
1. diritto alla reintegrazione al posto di lavoro e al risarcimento del danno, se il giudice ritiene
insussistente il fatto contestato o il fatto rientri tra le condotte punibili con la più lieve sanzione conservativa, con eliminazione della sanzione minima di risarcimento pari a 5 mensilità ed introduzione della sanzione massima della sanzione nella misura di 12 mensilità; rimane confermato il diritto al versamento dei contributi per l’intero periodo non lavorato;
2. nelle altre ipotesi (in cui non ricorrono gli estremi di giusta causa o giustificato motivo soggettivo), riconoscimento di un’indennità al lavoratore tra un minimo di 12 mensilità ed un massimo di 24 mensilità;
3. qualora il licenziamento sia stato effettuato in violazione delle procedure di garanzia (mancato rispetto dei termini e altre violazioni formali), al lavoratore spetta un’indennità variabile tra 6 e 12 mensilità.
APPALTO DI OPERE E SERVIZI
In tema di appalto di opere e di servizi la riforma ha introdotto le seguenti novità:
- al committente, chiamato a rispondere in solido con l’appaltatore di un credito vantato dal lavoratore dipendente dello stesso, viene riconosciuto il beneficio di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore. In tal modo l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore. Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare inoltre l’azione di regresso nei confronti del coobbligato (appaltatore) secondo le regole generali;
- il lavoratore ora non può più convenire in giudizio il solo committente in quanto, qualora intenda avvalersi della sua responsabilità solidale, lo deve convenire in giudizio unitamente all’appaltatore ed eventualmente anche agli ulteriori subappaltatori (litisconsorzio);
- viene riconosciuta altresì la possibilità per i contratti collettivi nazionali di derogare al regime della responsabilità solidale.
L’art. 13-ter del c.d. “Decreto Sviluppo” (D.L. n. 83/2012, convertito, con modificazioni nella legge n. 134/2012, pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11 agosto 2012) ha riscritto inoltre il comma 28 della legge n. 248/2006 ed ha introdotto i commi 28-bis e 28-ter, stabilendo che l’appaltatore ora risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti di quanto dovuto, dell’IRPEF su redditi da lavoro dipendente per i lavoratori interessati e dell’IVA dovuta all’Erario relativamente alle prestazioni effettuate a seguito del contratto di subappalto.
La disposizione, così come è scritta, esclude il committente ed, inoltre, non ripropone il limite dei due anni dalla cessazione e del rapporto cui si riferisce l’art. 29 del D.L.vo n. 276/2003. Ciò significa che il coinvolgimento in solido trova soltanto il limite della prescrizione
dei singoli tributi interessati.
Il committente non deve tuttavia provvedere al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatore se quest’ultimo non documenta che quanto dovuto all’Erario ed all’IVA è stato correttamente versato dallo stesso e dagli eventuali subappaltatori. L’inosservanza delle modalità di pagamento, con la “non correttezza” dei versamenti IRPEF ed IVA da parte dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori è punita con una sanzione a carico del committente compresa tra 5.000 e 200.000 euro.
CDA Studio Legale Tributario Sezione Lavoro