Actualidad Jurídica Iberoamericana Nº 18, febrero 2023, ISSN: 2386-4567, pp. 380-401
L’ELEMENTO SOGGETTIVO NELLA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PER VIOLAZIONE DELLA DISCIPLINA EUROPEA IN MATERIA DI CONTRATTI
PUBBLICI
THE SUBJECTIVE ELEMENT IN THE LIABILITY OF THE PUBLIC ADMINISTRATION FOR BREACH OF EUROPEAN PUBLIC
CONTRACT LAW
Actualidad Jurídica Iberoamericana Nº 18, febrero 2023, ISSN: 2386-4567, pp. 380-401
Xxxxxxxxxxx XXXXXXXXX
ARTICOLO CONSEGNATO: 00 xx xxxxxxx xx 2022 ARTICOLO APPROBATO: 0 xx xxxxxxxxx xx 0000
XXXXXXXX: L’evoluzione della responsabilità della pubblica amministrazione per danni causati nell’esercizio della propria attività può essere letta seguendo come filo conduttore la ricerca del miglior bilanciamento tra interesse del privato danneggiato al risarcimento del danno e interesse pubblico a evitare che l’onere risarcitorio addossato in capo all’amministrazione pregiudichi lo svolgimento futuro dell’azione amministrativa. In tale evoluzione ha svolto un ruolo particolarmente importante l’elemento soggettivo, che è passato dall’essere fondamento della responsabilità extracontrattuale a elemento utilizzato per ampliare o restringere la responsabilità risarcitoria dell’amministrazione. Nel settore degli appalti pubblici, che ha storicamente costituito un banco di prova per modificare il modello di responsabilità, la necessità di indagare la sussistenza di tale elemento è stata superata, aprendo la strada a un nuovo modello di responsabilità.
PAROLE CHIAVE: Responsabilità della pubblica amministrazione; diritto dei contratti pubblici; elemento soggettivo; danno.
ABSTRACT: The evolution of the public administration’s liability for damage caused in the exercise of its activity can be read by following as a guiding thread the search for the best balance between the injured private party’s interest in compensation for the damage and the public interest in avoiding that the burden of compensation borne by the administration undermines the future course of administrative action. In this evolution, the subjective element has played a particularly important role, which has gone from being the basis of non-contractual liability to an element used to broaden or restrict the administration’s compensatory liability. In the area of public procurement, which has historically been a test case for changing the liability model, the need to investigate the existence of this element has been overcome, paving the way for a new liability model.
KEY WORDS: Liability of public administration; public contract law; subjective element; damage.
SOMMARIO.- I. LA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PER I DANNI DA ESSA CAUSATI: UNA LUNGA E TORTUOSA EVOLUZIONE.- II. L’ELEMENTO SOGGETTIVO NELLA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.- III. LA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PER VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI.- IV. ALCUNE CONSIDERAZIONI DI SINTESI.
I. LA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PER I DANNI DA ESSA CAUSATI: UNA LUNGA E TORTUOSA EVOLUZIONE.
Il tema della responsabilità della pubblica amministrazione per i danni da essa cagionati ha subito una lunga e complessa evoluzione, il cui corso si è mosso parallelamente al mutamento della concezione del rapporto tra lo Stato e i soggetti privati.
Riepilogandone brevemente i passaggi rilevanti, essa ha preso le mosse dalla originaria negazione in radice della responsabilità del potere esecutivo, essendo questo il braccio operativo del sovrano, sulla scorta dell’antico dogma derivante dal diritto costituzionale inglese secondo cui “the king can do no wrong”1.
Anche con il mutare della concezione del potere sovrano, e del rapporto tra cittadino e pubblico potere, per lungo tempo sono perdurate forti limitazioni alla responsabilità della pubblica amministrazione, giustificate dall’esigenza di non pregiudicare la possibilità di quest’ultima di perseguire l’interesse pubblico, e dall’impossibilità di sindacare il merito delle scelte che fossero espressione del potere amministrativo.
Ciò ha determinato che, per tale lungo periodo temporale, il privato danneggiato da un provvedimento o da un comportamento della pubblica amministrazione è rimasto pressoché totalmente privo di tutela. Emblematico, in tal senso, è il caso giurisprudenziale nel quale la dottrina individua la nascita del diritto amministrativo, inteso come corpo normativo separato – speciale e derogatorio rispetto al diritto privato – che regola l’attività della pubblica amministrazione e
1 Sulla configurabilità di un “illecito” compiuto dallo Stato v. la ricostruzione compiuta da XXXXXX, H.: “Über Staatsunrecht”, in Grünhutsche Zeitchrift für das Privat-und öffentliche Recht der Gegenwart, vol. 40, 1913- 1914, nella traduzione a cura di XXXXXXXXX, A.: “L’illecito dello Stato”, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1988, p. 10 ss.. Per un’analisi della responsabilità dello Stato nell’ordinamento italiano pre-repubblicano v. XXXXXXXXXX, X.: “Lo Stato e il Codice civile”, X. Xxxxxxx, Firenze, 1880, pp. 59 ss. e 130 ss., nonché GIORGI, G.: “Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno”, Vol. V, Casa editrice libraria “Fratelli Cammelli”, Firenze, 1926, pp. 535 ss.. Quest’ultimo, a p. 536, ricorda che già nel Codice Giustineaneo “è proclamato sacrilegio il dubitare della giustizia delle risoluzioni prese dal Principe”.
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Assegnista di ricerca in diritto amministrativo
Università degli Studi “Xxxxxxxx x’Xxxxxxxx”, Chieti-Pescara xxxxxxxxxxx.xxxxxxxxx@xxxxx.xx
il rapporto tra questa e i privati. Ci si riferisce, in particolare, al c.d. Xxxxx Xxxxxx, sentenza con cui il Tribunal des conflits francese, nel 1873, decise un regolamento di giurisdizione in un giudizio che aveva a oggetto una richiesta di risarcimento formulata nei confronti di un’Amministrazione statale da parte di soggetti che si assumevano danneggiati da essa2. La sentenza ha affermato che “la responsabilité, qui peut incomber à l’Etat, pour les dommages causés aux particuliers par le fait des personnes qu’il emploie dans le service public, ne peut être régie par les principes qui sont établis dans le Code civil”. Il Tribunale dei conflitti da ciò negò che la responsabilità dello Stato presentasse i caratteri di generalità e assolutezza, essendo invece necessario contemperare l’interesse al corretto perseguimento degli obiettivi di servizio pubblico e, in generale, l’interesse pubblico cui è preposto l’apparato amministrativo che avrebbe cagionato il danno, con il diritto del privato a vedersi risarciti i danni subiti.
Una tale dichiarata e generalizzata esclusione, o quantomeno limitazione, della responsabilità risarcitoria della pubblica amministrazione nell’ordinamento italiano non ha mai trovato formale cittadinanza. Anche nell’ordinamento pre- repubblicano, e, successivamente all’entrata in vigore della Costituzione, prima della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 22 luglio 1999, n. 500, la dottrina3 e la giurisprudenza4 hanno sempre riconosciuto che il potere pubblico, in assenza di una norma espressamente derogatoria, era assoggettato alla responsabilità risarcitoria. L’art. 28 della Costituzione, d’altra parte, per quanto in questa sede interessa, nel prevedere la diretta responsabilità dei funzionari e dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, secondo le leggi penali, civili e amministrative, per i danni conseguenti agli atti compiuti in violazione di diritti di terzi, precisa espressamente che in tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti xxxxxxxx0. Tale responsabilità, come chiarito dalla giurisprudenza, ha natura “concorrente e solidale”6.
Tuttavia, la necessità di quel bilanciamento tra interesse pubblico e interesse dei privati danneggiati che aveva indotto il Tribunale dei conflitti francese a negare
2 Tribunal des conflits, sentenza 8 febbraio 1873, n. 12, il cui testo è oggi disponibile in xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx. xxxx.xx/xxxx/xx/XXXXXXXX000000000000/. Per un commento v. BOSVOEUX-ONYEKWELU, C.: “Revenir sur une légende en sociologue: l’arret Blanco et le Xxxxx xx xx «xxxxxxxxx” xx xxxxx xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxx”, Xxxxx et Société, 2019, I, pp. 159 ss.. In termini generali, sulla pronuncia in questione e l’impatto della stessa sulla responsabilità dell’amministrazione, cfr. XXXXXXXX, X.: “L’evolution de la responsabilité administtrative dans la France su XIX e siècle”, Revue historique de droit francais et étranger, 1959, pp. 214 ss.
3 XXXXXXX, E.: “L’illecito degli enti pubblici”, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 1953, p. 106, osserva che “non sussiste alcuna valida ragione per escludere che i principi generali posti dal codice civile in materia di obbligo di risarcimento per danno ingiusto, si applichino anche allo Stato ed agli altri enti pubblici”.
4 Cfr. XXXXXXX, X.: “La responsabilità civile della pubblica amministrazione nel diritto italiano”, Riv. trim. dir. pubbl., 1989, pp. 1085 ss., e la giurisprudenza ivi citata.
5 Sull’art. 28 Cost., e in particolare sul dibattito sulla natura della responsabilità dello Stato ivi prevista e sul rapporto tra questa e la responsabilità del funzionario x. XXXXXX, X., XXXXXXX, M.: “Commento all’art. 28 Cost.”, in BRANCA G. (a cura di), “Commentario della Costituzione”, Zanichelli, Bologna, 1991, pp. 356 ss.
6 Così Cass. civ., ss. uu., 16 maggio 2019, n. 13246.
l’applicabilità tout cort delle norme sulla responsabilità civile allo Stato non era ignota nemmeno all’ordinamento nazionale7. In proposito, la dottrina distingueva tra le attività c.d. di impero e le attività c.d. di xxxxxxxx0. Mentre per i danni cagionati dalle seconde non vi era questione sull’equiparabilità dello Stato a un qualsiasi soggetto privato, e quindi all’applicabilità della disciplina prevista dal diritto comune in materia di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, i danni cagionati dalle attività d’impero non potevano dar luogo a pretese risarcitorie9. La ratio della non risarcibilità di tali danni era ricondotta a plurime ragioni, evolutesi nel tempo: in quanto esse erano espressione del potere dello Stato, per definizione sovraordinato rispetto al cittadino; in quanto esse erano frutto di scelte discrezionali della pubblica amministrazione, insindacabili dal giudice ordinario ai sensi dell’art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E (c.d. legge di abolizione del contenzioso amministrativo); per l’impossibilità di sussumere l’eventuale responsabilità del soggetto pubblico derivante da tali situazioni nelle forme di responsabilità conosciute dal codice civile.
Rispetto a tale ultimo profilo si deve considerare che l’ordinamento italiano prevede che il privato inciso dall’esercizio del potere pubblico non è titolare di una posizione giuridica soggettiva di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo. La dottrina e la giurisprudenza per lungo tempo hanno negato che, in mancanza di una disposizione normativa che attribuisse tutela risarcitoria alla lesione dell’interesse legittimo, questa fosse risarcibile sulla base delle norme di diritto comune esistenti: certamente era inapplicabile la responsabilità contrattuale, in assenza di un contratto tra la pubblica amministrazione e il cittadino; parimenti inapplicabile si riteneva la responsabilità extracontrattuale, giacchè l’“ingiustizia” del danno che costituisce uno degli elementi costitutivi della fattispecie disciplinata dall’art. 2043 cod. civ. si riteneva presupponesse necessariamente la lesione di un diritto soggettivo, nella specie assente10.
Vi era, quindi, un’area di immunità dalle azioni risarcitorie promosse nei confronti della pubblica amministrazione di estensione pari all’intera attività espletata dalla stessa nell’esercizio di funzioni pubblicistiche. Benché non siano mancati tentativi volti a superare tale limite11, esso venne meno solo con la citata
7 XXXXXX, G.: “Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno”, cit., p. 535, osserva che “dall’ammettere troppo facilmente, o dallo escludere fuori di proposito quella responsabilità [civile dello Stato per le colpe degli ufficiali pubblici] può dipendere, sia la rovina dello Stato, col divenirne lenta e impacciata l’amministrazione e soverchi gli oneri finanziari, sia per contrario il sacrifizio dell’individuo e della civile libertà, col rendersi illusorii i diritti che lo Statuto e i Codici garantiscono ai cittadini”.
8 XXXXXXXXXX, X.: “Lo Stato e il Codice civile”, cit., p. 43.
9 XXXXXX, X.: “Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno”, cit., pp. 558 ss.
10 XXXXXXX, X.: “L’illecito degli enti pubblici”, cit., pp. 27 ss.
11 Sul piano legislativo, si rammenta già il progetto di legge Xxxxxxx-Nicotera sulla responsabilità dei pubblici funzionari, presentato alla Camera dei deputati nel 1876, su cui v. XXXXXXXXXX, X.: “Lo Stato e il Codice civile”, cit., pp. 138 ss., nonché il progetto presentato dalla Commissione Forti per la riforma della pubblica amministrazione, su cui v. XXXXXXX, X.: “L’illecito degli enti pubblici”, cit., pp. 235 ss. A livello
sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione n. 500/1999, che ha incluso la lesione dell’interesse legittimo nella nozione di “danno ingiusto” di cui all’art. 2043 cod. civ., e ha quindi ammesso la sua risarcibilità, nelle forme e alle condizioni previste dalla stessa disposizione codicistica.
Le peculiarità delle azioni risarcitorie promosse nei confronti della pubblica amministrazione non sono venute meno a seguito della sentenza n. 500/1999. Senza ripercorrerne i contenuti, basti rammentare che la stessa, nel predicare l’applicazione dell’art. 2043, richiede l’accertamento della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa come elemento ulteriore rispetto all’illegittimità del provvedimento amministrativo da cui è derivato il danno. Sotto tale profilo le Sezioni unite da un lato si sono preoccupate di individuare un modello di responsabilità nel diritto positivo e di valorizzare la distinzione tra illegittimità e illiceità; dall’altro lato, però, hanno introdotto una limitazione della tutela risarcitoria che, come meglio si vedrà infra, oltre ad essere a tratti di difficile applicazione, in taluni casi nemmeno pare necessaria.
Si è così avuto che, in assenza di una disciplina positiva sostanziale della responsabilità della pubblica amministrazione, la dottrina ha cercato di individuarne il fondamento nella disciplina processuale12. Il che, peraltro, sarebbe pure coerente con l’evoluzione di molti istituti chiave del diritto amministrativo, primi tra tutti i vizi del provvedimento, che sono stati delineati per la prima volta dalla legge di abolizione del contenzioso amministrativo, che era norma processuale, e poi riempiti di significato dalla giurisprudenza. La giurisprudenza amministrativa non sembra però aver seguito tale linea, e ha invece delineato un modello di responsabilità della pubblica amministrazione13 che, pur partendo dall’illecito aquiliano, prevede alcuni adattamenti, legati alla configurazione plurisoggettiva del soggetto agente, all’insindacabilità nel merito della discrezionalità amministrativa e, per quanto più in questa sede interessa, alle modalità di indagine sulla sussistenza dell’elemento soggettivo14.
giurisprudenziale, invece, si provò a sostenere che a seguito dell’annullamento di un provvedimento amministrativo che aveva inciso su un interesse legittimo oppositivo si sarebbe “riespanso” il preesistente diritto soggettivo, consentendo la proposizione di un’azione risarcitoria per la tutela di quest’ultimo. Sul punto cfr. sempre CASETTA, E.: “L’illecito degli enti pubblici”, cit., pp. 142 ss.
12 Richiamando a sostegno di tale tesi il contenuto della c.d. legge di abolizione del contenzioso amministrativo e, successivamente, la legge l. 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali, nonché, da ultimo, gli artt. 30 e 124 c.p.a.. Sul punto cfr. XXXXXXXX, X.: “La responsabilità dell’amministrazione: per l’autonomia degli schemi ricostruttivi”, Dir. amm., 2005, I, pp. 41 ss.; XXXXXXXXX, B.: “Natura oggettiva della responsabilità per danni in materia di appalti: nuovi fondamenti tra norme e principi”, cit., pp. 162 ss.
13 La matrice pretoria della disciplina in materia di responsabilità della pubblica amministrazione è rilevata già da CLARICH, M.: “La responsabilità civile della pubblica amministrazione nel diritto italiano”, cit., p. 1109. Sulla creazione, per tale via, di un autonomo modello di responsabilità v. anche FOLLIERI, E.: “Il modello di responsabilità per lesione di interessi legittimi nella giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo: la responsabilità amministrativa di diritto pubblico”, Dir. proc. amm., 2006, I, p. 22, che lo definisce “responsabilità di diritto pubblico”.
14 Le problematiche derivanti dal tentativo di applicare il modello di responsabilità extracontrattuali alla responsabilità della pubblica amministrazione sono ben tratteggiate da VALAGUZZA, S.: “Percorsi verso una
II. L’ELEMENTO SOGGETTIVO NELLA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
Una delle problematiche di maggior rilievo rispetto all’applicazione del modello di responsabilità extracontrattuale tratto dal diritto comune alla pubblica amministrazione è rappresentata dall’accertamento dell’elemento soggettivo15.
Prima della sentenza n. 500/1999 il giudice ordinario – allora unico giudice competente a decidere sulle vertenze risarcitorie, esclusivamente legate alla lesione di diritti soggettivi, in cui il danneggiante fosse una pubblica amministrazione – applicava il criterio della c.d. colpa in re ipsa16. Sulla base di tale criterio, la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al danneggiante non doveva essere accertata, essendo invece insita nell’accertamento, già compiuto dal giudice amministrativo, dell’illegittimità dell’atto o del provvedimento amministrativo che aveva cagionato il danno.
La sentenza n. 500/1999, invece, come anticipato, ha espressamente superato il meccanismo della colpa in re ipsa, introducendo la necessaria verifica dell’elemento soggettivo come elemento imprescindibile per fondare la responsabilità. Ciò ha reso necessario adattare la nozione di colpa adottata dal diritto civile, volta a indagare la colpevolezza di un soggetto privato, al fine di rapportarla all’apparato amministrativo. In tal senso, le Sezioni Unite hanno precisato che tale “colpa di apparato” sussiste quando “l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo […] sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi”17.
L’applicazione alla responsabilità della pubblica amministrazione di un elemento costitutivo dell’illecito extracontrattuale ha sin da subito manifestato talune criticità. Innanzitutto, per l’evidente difficoltà di indagare un elemento psicologico con riferimento non ad una persona fisica, ma ad un apparato18. In secondo luogo,
“responsabilità oggettiva” della pubblica amministrazione”, Dir. proc. amm., 2009, I, pp. 49 ss. Sul tema cfr. anche XXXXXXXX, E.: “Il modello di responsabilità per lesione di interessi legittimi nella giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo: la responsabilità amministrativa di diritto pubblico”, cit., pp. 00 xx.
00 Xx xxxxxxxx, xxx xxxx, xxx. XXXXXX, S.:, “La colpa nella responsabilità civile delle Amministrazioni pubbliche”, Xxxxxxx, Milano, 2008; FRACCHIA, F.: “L’elemento soggettivo nella responsabilità dell’amministrazione”, Dir. pubbl., 2008, II, pp. 445 ss.; TRIMARCHI XXXXX, F.: “L’elemento soggettivo nell’illecito provvedimentale”, Dir. amm., 2008, I, pp. 67 ss.; XXXXXXXXX, C.: “L’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa. Dialogo a-sincrono tra Corte di giustizia e giudici nazionali”, xxxxxxxxxxx.xx, 2018, VI, pp. 2 ss.
16 Cfr. Cass civ, sez. I, 24 maggio 1991, n. 5883; Id., 13 maggio 1997, n. 4186. XXXXXXXXX, X.: “Percorsi verso una “responsabilità oggettiva” della pubblica amministrazione”, cit., p. 60, ricorda che vi era comunque un orientamento minoritario, anche prima della sentenza n. 500/99, che predicava la necessità dell’accertamento dell’elemento soggettivo. I due orientamenti sono richiamati anche da XXXXXXX, M.: “La responsabilità civile della pubblica amministrazione nel diritto italiano”, cit., pp. 1102-1103.
17 Si tratta della c.d. dottrina dei tre canoni, sulla cui problematica applicazione x. XXXXXXXXX XXXXX, F.: “L’elemento soggettivo nell’illecito provvedimentale”, Dir. amm., 2008, I, pp. 67 ss., nonché XXXXXXXXX, C.: “L’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa. Dialogo a-sincrono tra Corte di giustizia e giudici nazionali”, xxxxxxxxxxx.xx, 2018, VI, pp. 2 ss.
18 XXXXXXXX, F.: “L’elemento soggettivo nella responsabilità dell’amministrazione”, Dir. pubbl., 2008, II, p. 484.
perché gli indici sintomatici della colpa, tratteggiati dalle Sezioni Unite – imparzialità, correttezza e buona amministrazione – non sono sempre agevolmente individuabili nella violazione di regole di diritto19. In terzo luogo, perché non è sempre agevole distinguere tra l’eccesso di potere, che ha determinato l’illegittimità dell’atto da cui è derivato il danno, e la violazione delle norme precauzionali che integra la colpa dell’apparato20.
La giurisprudenza, prima ordinaria poi amministrativa, si è quindi trovata dinanzi a una situazione di incertezza, e ha adottato pronunce che in taluni casi hanno di fatto sostanzialmente equiparato l’illegittimità del provvedimento alla colpa, in talaltri casi hanno dilatato molto l’area della scusabilità dell’errore commesso dalla pubblica amministrazione21.
Considerata sotto tale profilo, la sentenza n. 500/1999 se da un lato ha ampliato la tutela in favore del privato danneggiato dall’attività della pubblica amministrazione, dall’altro lato ha reso più difficoltoso invocare tale tutela22. La consapevolezza dei problemi causati dall’applicazione del modello di cui all’art. 2043 non solo rispetto alla presenza di un’attività discrezionale compiuta da un apparato, ma anche rispetto all’esigenza di offrire giustizia nel caso concreto che tenga conto del necessario bilanciamento tra interesse pubblico e interesse privato ha condotto la giurisprudenza alla ricerca di modalità di alleggerimento degli oneri probatori che la piena applicazione del modello addosserebbe in capo al danneggiato. Si è così giunti, come anticipato, all’elaborazione in via pretoria di un modello che ha nuovamente introdotto alcuni xxxxxxxxxx.xx modello civilistico puro, andando verso una forma di oggettivizzazione della colpa della pubblica amministrazione. Tale risultato è stato ricercato proprio riconsiderando il rilievo dell’elemento soggettivo, quando il provvedimento sia stato emanato illegittimamente.
Va considerato, in proposito, che la possibilità di una diversa gradazione del rilievo dell’elemento soggettivo al fine dell’accertamento della responsabilità non è ignota all’ordinamento. Se nel diritto penale l’accertamento della colpa è pressoché irrinunciabile, nel diritto civile vi sono forme di responsabilità che ne
19 AMANTE, E.: “L’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa nella prospettiva delle scienze comportamentali”, Riv. Corte conti., 2022, III, pp. 26 ss., sia pure con riferimento alla responsabilità amministrativa del funzionario, solleva una problematica con cui pare doversi confrontare anche con riferimento alla responsabilità dell’apparato amministrativo: la “razionalità limitata” del decisore pubblico, il quale è portato ad adottare non la scelta che realizza l’interesse pubblico più elevato, ma quella che si ritiene soddisfacente, anche alla luce di un contesto normativo e giurisprudenziale spesso estremamente mutevole.
20 XXXXXXXXX, X.: “Percorsi verso una “responsabilità oggettiva” della pubblica amministrazione”, Dir. proc. amm., 2009, I, p. 84.
21 XXXXXXXXX, X.: “L’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa. Dialogo a-sincrono tra Corte di giustizia e giudici nazionali”, cit., in particolare la casistica citata a pp. 13-14. V. anche VALAGUZZA, S.: “Percorsi verso una “responsabilità oggettiva” della pubblica amministrazione”, cit., I, pp. 54 ss.
22 In tal senso FRACCHIA, F.: “L’elemento soggettivo nella responsabilità dell’amministrazione”, cit., p. 468.
prescindono23. Ciò avviene, soprattutto, per quelle attività ritenute di notevole pericolo, anche sul piano sociale, i danni causati dalle quali l’ordinamento ritiene debbano essere sempre adeguatamente ristorati da chi assume il rischio connesso all’attività stessa24.
Xxxxx giungere sino ad un’affermazione generalizzata della responsabilità oggettiva della pubblica amministrazione, essendo ciò impedito anche dal chiaro e mai superato principio espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 500/1999, la giurisprudenza ha adottato una terza via. Il giudice amministrativo si è infatti attestato nell’utilizzazione del meccanismo della presunzione semplice, al fine di attribuire all’illegittimità del provvedimento amministrativo che ha cagionato il danno la funzione di indice sintomatico della colpa, e addossando quindi alla pubblica amministrazione l’onere di fornire la prova contraria, in termini di sussistenza di una ragione di scusabilità dell’errore commesso25. La colpa, in questo sistema, è sempre richiamata espressamente come elemento imprescindibile della fattispecie, senza che però poi, in concreto, venga realmente indagata. Ciò che, invece, è oggetto dell’indagine compiuta dal giudice amministrativo nei giudizi risarcitori è, con un’inversione logica, la sussistenza di ragioni di giustificazione che consentano di escludere la risarcibilità del danno lamentato dal ricorrente (ossia, se le ragioni di scusabilità dell’errore addotte dall’amministrazione siano fondate). Il perimetro delle ragioni di scusabilità dell’errore, poi, nella prassi applicativa della giurisprudenza è stato sensibilmente ampliato, includendovi l’esistenza di contrasti interpretativi giurisprudenziali, una formulazione incerta di norme recentemente entrate in vigore, una rilevante complessità del fatto, un’illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata26. Il che ha avuto l’effetto di limitare fortemente l’accoglimento delle azioni risarcitorie. In questa evoluzione, peraltro, la stessa natura degli indici di scusabilità dell’errore sembra essere mutata: essi da elementi – da considerarsi in negativo – che consentono di escludere la sussistenza della colpa essi sono divenuti ulteriori elementi – da considerare in positivo – fondativi della consapevolezza, da valutare unitamente all’illegittimità dell’atto27.
23 Le diverse impostazioni sono illustrate in VALAGUZZA, S.: “Percorsi verso una “responsabilità oggettiva” della pubblica amministrazione”, cit. pp. 51 ss., in cui l’A. conclude, peraltro, osservando che “vi è a questo punto da chiedersi se il concetto civilistico della responsabilità per colpa non sia stato richiamato con troppo automatismo, senza confrontarsi con i modelli di responsabilità extracontrattuale senza colpa, ammessi nel diritto civile”, p. 67.
24 Si pensi alla responsabilità dei padroni e dei committenti, disciplinata dall’art. 2049 cod. civ.; alla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose, disciplinata dall’art. 2050 cod. civ., alla responsabilità per danno cagionato da cose in custodia, disciplinata dall’art. 2051 cod. civ., al danno cagionato da animali, disciplinato dall’art. 2052 cod. civ.. Su tutte x. XXXXXXX, X.: “Manuale di diritto privato”, XVI ed., Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2013, pp. 727 ss..
25 Cons. Stato, sez. IV, 25 gennaio 2012, n. 483; Id., sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 1061.
26 Tra le tante, cfr. Cons. Stato, sez. III, 5 giugno 2014, n. 2867.
27 In tal senso si esprime Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 2022, n. 340, laddove, nel verificare la sussistenza di “indici presuntivi della colpevolezza” vi include anche “il grado di chiarezza della normativa applicabile,
L’evoluzione sin qui descritta può essere osservata utilizzando come filo conduttore la volontà di introdurre, in via pretoria, un bilanciamento tra interesse pubblico all’efficiente perseguimento dell’azione amministrativa e interesse privato al risarcimento del danno subito a causa dell’attività della pubblica amministrazione; interesse non considerato né dal legislatore, che non ha mai introdotto una disciplina sostanziale speciale sulla responsabilità della pubblica amministrazione, né dalla sentenza n. 500/1999, che si è limitata ad adattare all’apparato amministrativo il modello della responsabilità aquiliana. Si può osservare che, già come effetto del principio espresso dalla sentenza n. 500/1999, l’introduzione della generalizzata responsabilità risarcitoria della pubblica amministrazione è stata mitigata dal superamento del criterio della colpa in re ipsa, e dalla previsione del necessario accertamento dell’elemento soggettivo come elemento distinto dall’illegittimità dal danno. L’eccessivo irrigidimento della tutela risarcitoria che derivava da ciò è stato poi a sua volta mitigato con la previsione della presunzione di colpa. Alla necessità di non ampliare eccessivamente gli oneri risarcitori in capo alla pubblica amministrazione, così nuovamente emersi, è stato quindi posto un argine ampliando il perimetro degli errori riconosciuti come valida esimente della responsabilità. Nello stesso senso possono poi essere visti la previsione, ad opera del legislatore, di alcuni meccanismi limitativi dell’ammontare del danno risarcibile, quali l’esclusione dei danni che si sarebbero potuti evitare usando “l’ordinaria diligenza”, prevista in termini generali dall’art. 30, comma 3, cod. proc. amm., e il richiamo all’art. 1227 cod. civ., contenuto nell’art. 124, comma 2, cod. proc. amm., relativo alle richieste risarcitorie formulate nell’ambito di giudizi aventi a oggetto i contratti pubblici. Sempre sotto il profilo della quantificazione del danno, anche l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa può essere vista sotto il medesimo angolo visuale: si è infatti passati da un largo uso di criteri forfettari, alla richiesta di una rigorosa prova del danno effettivamente subito dal ricorrente28.
III. LA RESPONSABILITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PER VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI.
La disciplina della responsabilità della pubblica amministrazione per violazione della normativa, di derivazione eurounitaria, in materia di contratti pubblici è caratterizzata da termini almeno parzialmente divergenti rispetto alla disciplina generale sulla responsabilità civile della pubblica amministrazione.
la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della statuizione amministrativa, l’ambito più o meno ampio della discrezionalità dell’amministrazione”.
28 XXXXXXXXX, X.: “L’onere della prova in relazione alla domanda risarcitoria nel settore degli appalti pubblici”, Giorn. dir. amm., 2016, III, pp. 357 ss.; POLICE, A.: “La quantificazione del danno ingiusto ad opera del giudice amministrativo. Misura del risarcimento ed effettività della tutela”, in COMPORTI G. D. (a cura di): “Verso un’amministrazione responsabile”, Xxxxxxx, Milano, 2005.
Già prima della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 500/1999, infatti, l’art. 13 della legge n. 142/1992 aveva affermato la risarcibilità del danno cagionato dall’adozione di atti amministrativi contrari al diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture, o delle relative norme interne di recepimento.
L’adozione di tale norma costituiva recepimento di quanto previsto dalla Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (c.d. direttiva ricorsi)29. L’art. 2 della direttiva ricorsi prevedeva, e prevede ancora oggi, che debbano essere garantiti mezzi di strumenti efficaci e rapidi, diretti non solo ad annullare i provvedimenti illegittimi, ma anche a garantire il risarcimento del danno; risarcimento che, peraltro, il legislatore europeo consente anche come unico rimedio, ovviamente intendo per equivalente, per i casi in cui lo Stato membro, nella discrezionalità che gli è lasciata, decida di limitare la possibilità di annullamento degli atti di cui pure sia riconosciuta l’illegittimità, o di limitare l’efficacia temporale di tale declaratoria, e, quindi, di fatto, non reintegri il ricorrente vittorioso in forma specifica.
Nel recepire la direttiva il legislatore nazionale ha dovuto riconoscere la tutela anche risarcitoria per equivalente, nello specifico settore degli appalti pubblici, a prescindere dalla posizione giuridica soggettiva di cui era titolare il danneggiato – di diritto soggettivo o interesse legittimo – in quanto tale distinzione è sconosciuta al diritto europeo30.
La successiva evoluzione giurisprudenziale ha poi ulteriormente ampliato la tutela riconosciuta al soggetto danneggiato dall’erronea applicazione della disciplina in materia di appalti pubblici, facendo leva sull’elemento soggettivo. La Corte di giustizia, già nella sentenza 14 ottobre 2004, in C-275/0331, ha affermato che “ne saurait néanmoins être considérée comme un système de protection juridictionnelle adéquat dans la mesure où elle exige la preuve d’une faute ou d’un dol commis par les agents d’une entité administrative déterminée”32. La Corte ha poi negato che, in presenza di una disposizione nazionale che richieda la prova dell’elemento soggettivo, potesse esssere sufficiente a ritenere rispettata
29 La direttiva è stata successivamente modificata, per aspetti che in questa sede non rilevano, dalle direttive 2007/66/CE e 2014/23/UE.
30 La giurisprudenza aveva negato che tale disposizione fosse applicabile analogicamente alla lesione di interessi legittimi ad opera della pubblica amministrazione in casi diversi da quelli disciplinati. Xxxx, dalla portata eccezionale della norma in questione la giurisprudenza aveva tratto un’ulteriore conferma dell’irrisarcibilità della lesione di interessi legittimi. Cfr. Cass. civ., ss. uu., 5 marzo 1993, n. 2667; Id., 20 aprile 1994, n. 3732.
31 Su cui v. il commento di PROTTO, M.: “Per il diritto europeo la responsabilità della p.a. non richiede la prova dell’elemento soggettivo”, Urb. App., 2005, I, pp. 36 ss.
32 § 31.
la disposizione europea che impone l’adozione di mezzi di tutela che prescindano da tale accertamento la possibilità – rectius l’obbligo – del giudice nazionale di disapplicare la normativa nazionale contrastante con il diritto europeo33; ciò, infatti, sarebbe insufficiente rispetto al principio di certezza del diritto.
Nella sentenza della terza sezione 30 settembre 2010, in C-314/09, la medesima Corte, in termini apparentemente ancora più ampi, ha affermato che la necessità di accertare la sussistenza del dolo o della colpa, anche mediante l’utilizzo di presunzioni, non è compatibile con la garanzia di quelle forme di tutela piena, rapida ed effettiva previste dalla direttiva.
Tale principio espresso dalla Corte di giustizia è stato poi recepito dalla giurisprudenza amministrativa italiana, che quindi espressamente qualificato la responsabilità della pubblica amministrazione in tale ambito come responsabilità oggettiva34. Posta tale qualificazione, gli unici casi in cui la pubblica amministrazione potrebbe andare esente da responsabilità dovrebbero essere quelli del caso fortuito35, e della forza maggiore. L’approdo a tale conclusione, in realtà, non è stato immediato e lineare. Anche quando ha affermato la natura oggettiva della responsabilità, infatti, il giudice amministrativo ha tentato di ricondurre la stessa in categorie che consentissero di non differenziare il settore degli appalti pubblici dagli altri settori di attività della pubblica amministrazione, rievocando la teoria della colpa in re ipsa, o valorizzando la tesi della responsabilità da contatto sociale36. Si osservava, infatti, che l’affermazione di un modello di responsabilità che solo nel settore in questione prescindesse dall’accertamento dell’elemento soggettivo avrebbe causato un’ingiustificata disparità di trattamento a sfavore della pubblica amministrazione, trattata in modo deteriore rispetto a tutti gli altri soggetti dell’ordinamento37. Tali preoccupazioni sono state comunque superate, e oggi l’orientamento della giurisprudenza è pressochè univoco nell’affermare la natura oggettiva della responsabilità in questione, la sua alterità rispetto alla responsabilità extracontrattuale, e l’irrilevanza dell’elemento soggettivo38.
33 Su tale obbligo, da ultimo, Cons. Stato, Ad. Plen., 9 novembre 2021, nn. 17-18.
34 V. Cons. Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686, in cui si legge che si tratta di “una responsabilità non avente natura né contrattuale né extracontrattuale, ma oggettiva, sottratta ad ogni possibile esimente, poiché derivante da principio generale funzionale a garantire la piena ed effettiva tutela degli interessi delle imprese, a protezione della concorrenza, nel settore degli appalti pubblici”. Per un commento a tale pronuncia x. XXXXXXXXX, X.: “Natura oggettiva della responsabilità per danni in materia di appalti: nuovi fondamenti tra norme e principi”, Urb, app., 2013, II, pp. 162 ss.
35 Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2014, n. 6450.
00 Xxx. XXXXXXXXX, X.: “Natura oggettiva della responsabilità per danni in materia di appalti: nuovi fondamenti tra norme e principi”, cit., pp. 168-169.
37 Sul punto x. XXXXXXXXX, X.: “Natura oggettiva della responsabilità per danni in materia di appalti: nuovi fondamenti tra norme e principi”, cit., p. 170.
38 Cons. Stato, sez. II, 28 maggio 2021, n. 4102; Id., Ad. plen. 12 maggio 2017, n. 2; Id., sez. V, 2 gennaio 2019, n. 14; Id, sez, V, 25 febbraio 2016, n. 772; Id, sez. II, 20 novembre 2020, n. 7250.
La stessa Corte di giustizia, in precedenza, aveva però chiarito che i presupposti necessari e sufficienti in presenza dei quali poteva dirsi accertata la responsabilità di uno Stato membro per danni derivanti dalla violazione, da parte dello Stato stesso, del diritto eurounitario sono: i) l’esistenza di un diritto direttamente conferito al singolo dalla norma europea violata; ii) una violazione grave e manifesta di tale norma europea; iii) un nesso di causalità tra la violazione della norma e il danno39. In relazione al secondo presupposto, la Corte aveva precisato che esso presenta alcune caratteristiche proprie della nozione di colpa, e che la sua sussistenza può essere esclusa in determinate circostanze, che rendano “scusabile” l’errore; a tal fine, deve essere verificato il grado di discrezionalità di cui dispone lo Stato in relazione all’attuazione del precetto europeo, l’esistenza di comportamenti di un’istituzione comunitaria che abbiano potuto indurre in errore lo Stato, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione, la scusabilità o inescusabilità di un eventuale errore di diritto40. In tale quadro, la Corte aveva poi negato, in termini generali, che potesse essere richiesto l’accertamento della colpa come elemento fondativo della responsabilità ulteriore rispetto alla violazione grave e manifesta del diritto comunitario41. Così interpretata, la “violazione grave e manifesta del diritto comunitario” sembra avere molti tratti in comune con la nozione di colpa che la giurisprudenza nazionale ha adottato con riferimento alla generale responsabilità della pubblica amministrazione, e al perimetro degli errori scusabili che consentono di superare la presunzione di colpevolezza che discende dall’illegittimità del provvedimento che ha causato il danno. Le sentenze della Corte di giustizia che hanno affrontato il tema della responsabilità dello Stato in materia di appalti non hanno esplicitato tale ragionamento, essendosi limitate ad affermare, come si è visto, che la colpa della stazione appaltante non poteva essere oggetto di indagine. Non vi è però ragione per ritenere che la Corte abbia inteso introdurre un trattamento differenziato per i danni conseguenti alla violazione della disciplina in materia di contratti pubblici rispetto a quello riservato alla violazione di altra disciplina di fonte europea.
La giurisprudenza nazionale si è invece limitata a recepire quanto affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza 30 settembre 2010, in C-314/09, giungendo a creare una differenza nelle modalità di tutela risarcitoria riconosciuta dinanzi a una lesione causata dall’attività provvedimentale della pubblica amministrazione, derivante dal settore in cui si è realizzato il danno. Nella generalità dei casi il danneggiato, al fine di vedersi ristorato il danno, dovrà provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale previsti dall’art. 2043 cod. civ., sia pure potendo ricorrere alla presunzione di colpa in presenza di un
39 Corte giust., 19 novembre 1991, in C-6/90 e C-9/90, § 40, ma anche Id., 5 marzo 1996, in C-46/93 e C-48/93, § 51.
40 Xxxxx xxxxx., 0 xxxxx 0000, xxx., §§ 00 ss.
41 Corte giust., 5 marzo 1996, cit., § 79.
provvedimento di cui sia stata accertata l’illegittimità; il medesimo danneggiato, invece, non dovrà preoccuparsi della sussistenza dell’elemento soggettivo quando il danno afferisca alla materia dei contratti pubblici. In tale materia, poi, nemmeno la pubblica amministrazione potrà dimostrare la scusabilità del proprio errore adducendo uno di quegli elementi che la giurisprudenza ritiene sufficienti, quali la complessità della normativa o del quadro fattuale, o la presenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, potendo andare esente da responsabilità solo se dimostri che il danno è stato causato da forza maggiore o dal caso fortuito42.
IV. ALCUNE CONSIDERAZIONI DI SINTESI.
La giurisprudenza ha giustificato il differente regime della responsabilità risarcitoria previsto nel settore degli appalti pubblici sulla base del rilievo per cui l’effettività della tutela giurisdizionale, anche risarcitoria, imposta dalla direttiva ricorsi, osterebbe alla subordinazione della responsabilità alla constatazione dell’esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall’Amministrazione aggiudicatrice. Ciò costituirebbe la necessaria garanzia della realizzazione dei principi di massima concorrenza e di non discriminazione.
Tale giustificazione non pare però convincente. Rispetto all’interesse del soggetto danneggiato, infatti, non vi è differenza tra il danno causato, ad esempio, dall’illegittimo annullamento di un provvedimento di aggiudicazione di un appalto e il danno causato dall’illegittima esclusione da un concorso pubblico, o dall’illegittimo provvedimento di chiusura di un’attività commerciale. Nemmeno pare potersi acriticamente sostenere che il danno causato nella prima ipotesi presenti caratteri di potenziale lesività super-individuali – in termini di sfiducia del mercato, o di discriminazione tra imprese – maggiori rispetto ai danni causati nelle altre ipotesi. Né sembra potersi sostenere, infine, che l’indagine sulla sussistenza dell’elemento soggettivo pregiudichi l’effettività della tutela imposta dalla direttiva ricorsi: ciò significherebbe infatti affermare che al di fuori del settore dei contratti pubblici la disciplina in materia di responsabilità extracontrattuale non offre al danneggiato una tutela effettiva.
42 Cfr. Cons. Stato, sez. II, 28 maggio 2021, n. 4102, in cui si legge che “in materia di risarcimento da mancato affidamento di gare pubbliche di appalto e concessioni non è necessario provare la colpa dell’amministrazione aggiudicatrice, “poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria; le garanzie di trasparenza e di non discriminazione operanti in materia di aggiudicazione dei pubblici appalti fanno sì che una qualsiasi violazione degli obblighi di matrice sovranazionale consente all’impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente aggiudicatore e dunque della imputabilità soggettiva della lamentata violazione” (Cons. Stato, Ad. plen. 12 maggio 2017, n. 2; Sez. V, 2 gennaio 2019, n. 14; Sez, V, 25 febbraio 2016, n. 772; Sez. II, 20 novembre 2020, n. 7250)”. Peraltro, si dovrebbe anche dubitare della possibilità di ricorrere all’esimente della forza maggiore o del caso fortuito, giacchè la sentenza della Corte di Giustizia afferma la responsabilità dell’amministrazione pure se, nel caso concreto, questa aveva agito uniformandosi a un parere reso da un organo appositamente istituito dall’ordinamento austriaco per la decisione in prima istanza di contestazioni in materia di appalti pubblici.
La differenza sembra invece potersi leggere come ulteriore momento della ricerca giurisprudenziale di un bilanciamento tra l’interesse pubblico all’esercizio senza rischi dell’attività amministrativa e l’interesse privato al risarcimento dei danni che da essa possano derivare; bilanciamento che, come si è visto, può ritenersi il filo conduttore, e la ragione di fondo, degli sviluppi della normativa e della giurisprudenza in xxxxxxx00.
In tal senso dovrebbero già potersi leggere i principi espressi dalla Corte di giustizia nelle sentenze 14 ottobre 2004, in C-275/03 e 30 settembre 2010, in C-314/09, da cui la giurisprudenza nazionale ha tratto il principio per cui la responsabilità della pubblica amministrazione nel settore de quo sarebbe oggettiva. Esse, infatti, dovrebbero essere lette nel quadro dei principi espressi giurisprudenza europea in materia di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto comunitario; principi che consentivano di tener conto delle peculiarità dell’azione amministrativa e che escludono la necessità dell’accertamento di un comportamento colposo dello Stato solo quando per “colpa” si intendano elementi ulteriori rispetto a quelli ammessi dall’ordinamento europeo.
Ove invece si acceda alla tesi secondo cui l’ordinamento europeo ha voluto riconoscere un trattamento differenziato alla responsabilità risarcitoria della pubblica amministrazione nel settore degli appalti pubblici, o che tale risultato sia stato perseguito dal giudice nazionale, si dovrebbe ammettere che la scelta derivi dal rilievo pratico della difficoltà per il soggetto danneggiato di ottenere tutela risarcitoria quando il danneggiante sia una pubblica amministrazione, e quindi di incrementarne l’effettività. In tal senso, quindi, l’introduzione consapevole di una forma di responsabilità oggettiva in tale settore potrebbe rappresentare la soluzione individuata come miglior bilanciamento tra gli interessi pubblici e gli interessi privati nello specifico settore in questione. La giustificazione della differenza, in tale ipotesi, andrebbe ricercata nella volontà di evitare di disincentivare la concorrenza in un settore vitale per l’intero sistema economico e il cui corretto funzionamento è peraltro esso stesso un obiettivo di interesse pubblico.
La soluzione così individuata, però, potrebbe rappresentare un precursore per un generale ripensamento del modello di responsabilità della pubblica amministrazione, così come nel 1992 la previsione della risarcibilità dei danni cagionati dall’amministrazione pubblica nella materia degli appalti precorse la generale affermazione della risarcibilità dei danni agli interessi legittimi. Tale soluzione, peraltro, opera facendo leva su un elemento della fattispecie risarcitoria
43 Il che, peraltro, come osserva XXXXXXXXX, B.: “La responsabilità civile della pubblica amministrazione: profili comunitari e comparati”, Dir. proc. amm., 2017, II, p. 525, è comune a numerosi ordinamenti: “l’esigenza di riconoscere al potere discrezionale dell’amministrazione uno statuto particolare all’interno delle questioni risarcitorie non è estranea ad alcuno dei sistemi considerati, e assume portate e ruoli alquanto diversificati”.
– l’elemento soggettivo – che tradizionalmente la giurisprudenza ha utilizzato per individuare il giusto punto di equilibrio – diverso da quello che discenderebbe dalla mera applicazione dei principi del diritto civile – tra onere risarcitorio posto in capo alla pubblica amministrazione e tutela del privato danneggiato. Si potrebbe osservare che l’elemento soggettivo, nella disciplina della responsabilità della pubblica amministrazione, perde la qualificazione di pilastro della responsabilità civile, per diventare un elemento il cui accertamento limita l’onere risarcitorio, e consente di far entrare nel bilanciamento tra interesse l’interesse pubblico a non addossare in capo alla pubblica amministrazione oneri risarcitori di entità tale da rischiare di pregiudicarne l’attività futura. Non pare casuale, infatti, che quando l’indagine sulla sussistenza della colpa ha reso eccessivamente difficile per i privati ottenere la tutela risarcitoria (o, per dirla diversamente, quando tale indagine è diventa un limite alla tutela risarcitoria in un settore economicamente sensibile, quale è quello degli appalti pubblici, e quindi un disincentivo al corretto funzionamento del relativo mercato) la giurisprudenza ha individuato una soluzione introducendo la responsabilità oggettiva.
Si deve però parimenti osservare che anche dopo l’affermazione della natura oggettiva della responsabilità nel settore in questione la giurisprudenza ha introdotto alcuni correttivi, volti a compensare la perdita della possibilità di accertare l’elemento soggettivo come modalità di bilanciamento nel caso concreto tra interessi pubblici e interessi privati. Ci si riferisce, in particolare, all’irrigidimento dell’onere della prova sulla sussistenza e sull’ammontare del danno addossato in capo al privato, e ai criteri di riduzione dell’ammontare del danno stesso. La medesima intenzione sembra potersi leggere anche nel riconoscimento dell’assoggettamento della pubblica amministrazione alla responsabilità precontrattuale. Se, infatti, a prima vista ciò rappresenta un’ulteriore forma di responsabilità e quindi una maggiore tutela per il soggetto privato, proprio pensando al settore degli appalti pubblici (in cui è peraltro facile immaginare che tale forma di responsabilità possa essere più frequentemente invocata) sembra che in alcuni casi si inquadrino nella responsabilità precontrattuale fattispecie che dovrebbero invece essere sussunte nella responsabilità oggettiva, nei termini declinati dalla giurisprudenza amministrativa in adesione alle sopra richiamate pronunce dalla Corte di giustizia. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha infatti affermato, nell’ammettere la responsabilità precontrattuale, che la stessa può derivare anche da comportamenti dell’Amministrazione che violino la disciplina sugli appalti pubblici; e che quando il privato danneggiato invochi tale responsabilità, deve dimostrare la colpa dell’Amministrazione44.
Viene quindi da chiedersi, alla luce di tale evoluzione, se sia corretto cercare di inquadrare la responsabilità civile della pubblica amministrazione nell’alveo dei
44 Cons. Stato, Ad Plen., 4 maggio 2018, n. 5; Id., 29 novembre 2021, n. 21.
paradigmi civilistici, o se non sarebbe più corretto affermare che la responsabilità della pubblica amministrazione ha caratteristiche sue proprie, elaborate dalla giurisprudenza, e rispetto alla cui elaborazione, anzi, il costante tentativo di “adattamento” di forme e modelli civilistici della responsabilità alle problematiche che derivano dal fatto che il danneggiante sia una pubblica amministrazione rappresenta un limite anche rispetto all’interesse del soggetto danneggiato. In tale riflessione, gli approdi raggiunti dalla giurisprudenza europea e amministrativa sul rilievo dell’elemento soggettivo nel settore degli appalti pubblici, interpretati alla luce della giurisprudenza europea sulla violazione ad opera degli Stati di obblighi nascenti dal diritto eurounitario, e affiancati ad alcuni criteri di quantificazione/ limitazione dell’onere risarcitorio, sembrano costituire un utile punto di partenza.
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